More stories

  • in

    Allargamento Ue 1/ Nuovo slancio in sei dei Paesi candidati

    Bruxelles – Nel giorno dell’ultimo pacchetto annuale sull’Allargamento di questa Commissione europea – che ha avuto il merito di rimettere al centro delle priorità Ue i dieci Paesi sulla strada dell’adesione – le buone notizie arrivano per sei di loro. Montenegro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova e Ucraina. Se quest’ultima merita un discorso a parte, per le altre cinque vale il minimo denominatore comune sottolineato dall’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell: “Si sono allineati pienamente alla nostra politica estera e di sicurezza comune”.Perché non è tollerato alcun “business as usual” nei confronti di Mosca, come rimproverato invece a Georgia, Serbia e Turchia. In un contesto geopolitico segnato indelebilmente dall’aggressione della Russia in Ucraina, non si può prescindere dal posizionamento strategico dei Paesi candidati all’Ue. Quasi una cartina tornasole per poi analizzare lo stato dell’arte di tutti gli altri parametri che Bruxelles richiede alle capitali che hanno scelto il percorso europeo.La guerra alle porte dell’Europa ha d’altra parte sicuramente restituito “nuovo slancio” al processo di allargamento del blocco Ue, perché l’adesione – come evidenziato da Borrell – “diventa una scelta strategica”. Anche da parte di Bruxelles. E in effetti due settimane fa si sono aperti ufficialmente i negoziati con l’Albania, quelli sul cosiddetto “cluster dei fondamentali”, mentre Ucraina e Moldova hanno tenuto la prima conferenza intergovernativa che dà il via ai negoziati a giugno 2024. Tappa raggiunta anche dalla Macedonia del Nord, e sempre più nitida all’orizzonte per la Bosnia-Erzegovina, con cui nel marzo 2024 il Consiglio europeo ha deciso di aprirà i negoziati. Ben più avanti infine il Montenegro che, “avendo soddisfatto i parametri intermedi per i capitoli sullo Stato di diritto, è in procinto di chiudere provvisoriamente ulteriori capitoli negoziali”.Le raccomandazioni ai Paesi candidatiPer quanto riguarda Podgorica, il documento Ue sottolinea che nel complesso il Montenegro “ha accelerato i preparativi per l’adesione all’Ue e ha lavorato in modo efficace”. Secondo la Commissione europea, l’impegno politico delle autorità montenegrine per l’obiettivo strategico dell’integrazione europea è stata “una priorità costante per il Paese”. I negoziati di adesione con il Montenegro sono vecchi di oltre un decennio, aperti nel giugno 2012. Ad oggi sono stati aperti 33 capitoli negoziali sui 35 totali, di cui 3 sono stati chiusi provvisoriamente.Tra i Balcanici che finalmente avanzano verso l’Ue c’è l’Albania, fresca dell’apertura dei negoziati sul cluster dei fondamentali, che riguardano “Magistratura e diritti fondamentali, Giustizia, libertà e sicurezza, Appalti pubblici, Statistiche, Controllo finanziario”. Secondo la valutazione della Commissione europea è fondamentale che Tirana “intensifichi ulteriormente il ritmo delle riforme orientate all’Ue, in particolare per quanto riguarda lo Stato di diritto”. L’obiettivo è consolidare i risultati ottenuti “nell’applicazione della legge, nella lotta efficace alla corruzione e alla criminalità organizzata e nella promozione dei diritti fondamentali, tra cui la libertà dei media, i diritti di proprietà e le minoranze”.Nel caso della Macedonia del Nord, il cui percorso di adesione è stato recentemente spacchettato da quello dell’Albania per permettere a Tirana di avanzare, l’Ue ribadisce l’importanza di “attuare in buona fede” gli accordi bilaterali esistente con i Paesi vicini, in primis con la Grecia e la Bulgaria, che stanno frenando il percorso di Skopje verso Bruxelles. Il piccolo Stato balcanico deve accelerare l’impegno sulla “lotta alla corruzione e la criminalità organizzata”, oltre che “rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario”. Skopje si è in ogni caso dimostrata “ancora una volta un partner affidabile” per quanto riguarda il suo posizionamento nei confronti della guerra in Ucraina, “inviando un forte segnale della sua scelta strategica di adesione all’Ue”.Anche la Bosnia-Erzegovina ha dimostrato “risultati tangibili, tra cui la gestione della migrazione, il pieno allineamento con la politica di sicurezza comune ed estera dell’Ue e l’approvazione di leggi sull’integrità del sistema giudiziario, la lotta al riciclaggio di denaro e il conflitto di interessi”. A questo punto, la Commissione europea sta preparando il quadro negoziale in vista della sua adozione da parte del Consiglio, previa l’attuazione da parte di Sarajevo di una serie di raccomandazioni indicate dall’esecutivo Ue nell’ottobre del 2022. Con la Bosnia rimane però qualche attrito sull’allineamento anti-Mosca: nonostante “buoni progressi, l’attuazione delle misure restrittive rimane una sfida a causa di ostacoli politici”, rileva la Commissione.Rimane Moldova, che solo pochi giorni fa ha deciso con un referendum serratissimo di emendare la costituzione nazionale prevedendo l’accesso all’Unione europea come obiettivo. Per il commissario Ue all’Allargamento, Olivér Várhelyi, “negli ultimi anni Moldova ha fatto molta strada”. Nonostante “le continue interferenze russe e l’impatto della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”, si legge nel documento. Dopo la prima conferenza intergovernativa del giugno 2024, la valutazione di Bruxelles è la seguente: “l’esame analitico dell’acquis Ue procede senza intoppi”. Un esito che fa sì che la Commissione auspichi l’apertura dei negoziati con la repubblica confinante con l’Ucraina “il prima possibile nel 2025”.

  • in

    La Macedonia del Nord ha un nuovo governo nazionalista. A rischio il compromesso Ue con la Bulgaria

    Bruxelles – Sono bastati meno di 50 giorni ai nazionalisti in Macedonia del Nord per occupare le posizioni politiche di vertice dopo il doppio trionfo alle urne dell’8 maggio e per riaccendere tutte le maggiori tensioni politiche di Skopje nella regione balcanica. Il Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (Vmro-Dpmne) è tornato al governo dopo otto anni all’opposizione grazie al via libera arrivato ieri (23 giugno) dall’Assemblea della Macedonia del Nord, con 77 voti a favore e 22 contrari (su 120 totali) e ora il suo leader, Hristijan Mickoski, è ufficialmente a capo del nuovo esecutivo di Skopje. Ma così come successo in occasione dell’insediamento della nuova presidente della Repubblica, Gordana Siljanovska-Davkova, l’inizio non lascia sperare in una transizione politica facile soprattutto sul piano delle relazioni con i vicini regionali per il prosieguo della strada verso l’adesione all’Unione Europea.Il leader di Vmro-Dpmne e primo ministro della Macedonia del Nord, Hristijan Mickoski (Armend Nimani / Afp)“Continueremo a stare insieme ai nostri partner dell’Ue e armonizzeremo la politica estera comune“, ha assicurato il nuovo capo del governo della Macedonia del Nord nel suo discorso d’insediamento davanti al Parlamento nazionale a proposito delle relazioni internazionali con Russia e Ucraina. Tuttavia è stato chiarissimo il passaggio sui passi per arrivare all’adesione all’Unione, che secondo gli accordi stretti a Bruxelles dovrebbe passare per un compromesso costituzionale per il riconoscimento della minoranza bulgara del Paese (con concessioni linguistiche): “Non passerà, e non ci saranno cambiamenti costituzionali finché sarò qui“. Non si tratta certo di una sorpresa, dal momento in cui già in campagna elettorale Mickoski aveva promesso di mantenere una linea dura sulle questioni linguistiche e storiche, ovvero quelle puramente identitarie. Tuttavia, dopo i tentativi fallimentari dell’ultimo anno e mezzo da parte del governo guidato dai socialdemocratici di emendare la Costituzione per riconoscere la minoranza bulgara (senza mai trovare i due terzi dei deputati necessari per approvare la mozione), potrebbe essere questo il momento di svolta per un nuovo – temuto – stop dei negoziati di adesione Ue per la Macedonia del Nord.È proprio la Bulgaria uno degli ostacoli più grandi per Skopje tra i Ventisette. Era il 9 dicembre 2020 quando si registrava in Consiglio Affari Generali lo stop di Sofia all’avvio dei negoziati di adesione Ue con la Macedonia del Nord, tenuti in stallo per oltre un anno e mezzo fino alla svolta dell’estate 2022. Grazie all’iniziativa del presidente francese, Emmanuel Macron, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi anche quello macedone ha dato l’approvazione all’intesa: con la firma del protocollo bilaterale tra Sofia e Skopje si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Macedonia del Nord (e Albania, legata dallo stesso dossier) il 19 luglio 2022, dopo un’attesa lunga quasi tre anni. Ma per aprire il primo Cluster dei negoziati di adesione Ue sono necessarie non solo tutta una serie di riforme – dal settore giudiziario alla gestione appalti pubblici, dalla lotta alla corruzione alla riforma della pubblica amministrazione – ma anche quegli emendamenti alla Costituzione sulle minoranze nel Paese che il neo-premier Mickoski si rifiuta di attuare.La neo-presidente della Macedonia del Nord, Gordana Siljanovska-Davkova (credits: Robert Atanasovski / Afp)Nell’ultimo mese è poi tornato a scricchiolare anche il rapporto con un altro storico avversario della Macedonia del Nord a livello regionale: la Grecia. Proprio come aveva fatto la neo-presidente della Repubblica Siljanovska-Davkova (candidata di Vmro-Dpmne) nel giorno del suo insediamento il 12 maggio, anche il neo-premier Mickoski ha fatto ripetutamente riferimento al suo Paese come ‘Macedonia’, e non ‘Macedonia del Nord’. L’assenza della locuzione ‘Nord’ ha un significato nazionalistico preciso, a partire dall’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991 e soprattutto dalla candidatura all’adesione Ue dal 2005. Il percorso di Skopje è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia per la contesa identitaria sull’uso del nome della patria di Alessandro Magno, perché entrambi i Paesi lo rivendicano come parte esclusiva della propria storia ed eredità culturale. Solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018 dagli allora primi ministri greco, Alexis Tsīpras, e macedone, Zoran Zaev, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord e ha rinunciato a utilizzare il Sole di Verghina – simbolo della dinastia reale macedone – ricevendo in cambio da Atene il riconoscimento della lingua macedone e il via libera all’adesione di Skopje alla Nato e all’Unione Europea.Da sinistra: gli allora primi ministri della Grecia, Alexis Tsīpras, e della Macedonia del Nord, Zoran Zaev, in occasione della firma dell’Accordo di Prespa (12 giugno 2018)Il ministro degli Affari Esteri greco, Georgios Gerapetritis, aveva già condannato apertamente l’atteggiamento di metà maggio della neo-presidente macedone, definendolo “una flagrante violazione dell’Accordo di Prespa e della Costituzione del nostro Paese vicino”, e aveva avvertito in modo minaccioso che “i progressi nel percorso europeo dipendono dalla piena attuazione dell’Accordo di Prespa e principalmente dall’uso del nome costituzionale del Paese”. La nuova provocazione in arrivo dall’esecutivo appena insediatosi a Skopje non va certo nella direzione di una distensione. Ma anche a Bruxelles la linea di Atene (e indirettamente di Sofia) è condivisa appieno: “Affinché la Macedonia del Nord possa continuare il suo percorso di successo verso l’adesione all’Ue, è fondamentale che il Paese prosegua sulla strada delle riforme e del pieno rispetto degli accordi vincolanti, compreso l’Accordo di Prespa”, erano state le parole dei presidenti della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel, all’indirizzo del nuovo establishment nazionalista di Skopje.

  • in

    “Sono la presidente della Macedonia”. La neo capa di Stato cancella metà nome del Paese e riaccende le tensioni diplomatiche con Atene

    Bruxelles – Sono bastati pochi giorni dal trionfo alle urne per i nazionalisti in Macedonia del Nord e già il delicato equilibrio diplomatico messo in piedi nel 2018 ha subito un grosso scossone, provocando dure reazioni nella regione balcanica, e profonda perplessità a Bruxelles, sulla serietà del nuovo establishment politico nel rispettare gli impegni assunti a livello internazionale per raggiungere l’obiettivo dell’adesione all’Unione Europea. Perché nel discorso inaugurale della neo-eletta presidente macedone, Gordana Siljanovska-Davkova, non è mai comparso il nome costituzionale del Paese concordato con la Grecia nel 2018 – Macedonia del Nord, appunto – in linea con l’opposizione dura dei nazionalisti di Vmro-Dpmne all’Accordo di Prespa.La bandiera con il Sole di Verghina, simbolo della dinastia reale macedone (Armend Nimani / Afp)“Rispetterò la Costituzione e le leggi, proteggerò la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza della Macedonia” e “dichiaro che svolgerò la carica di presidente della Macedonia in modo coscienzioso e responsabile”, così ha giurato ieri (12 maggio) la prima presidente donna nella storia poco più che trentennale della Macedonia (oggi del Nord) indipendente dal 1991. L’assenza di “Nord” non è un dettaglio di poco conto, tutto al contrario. La Macedonia del Nord è un Paese candidato all’adesione Ue dal 2005, ma il suo percorso è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia per la contesa identitaria sull’uso del nome della patria di Alessandro Magno: sia Skopje sia Atene lo rivendicano come parte esclusiva della propria storia ed eredità culturale. Solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018 dagli allora primi ministri greco, Alexis Tsīpras, e macedone, Zoran Zaev, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord e ha rinunciato a utilizzare il Sole di Verghina – simbolo della dinastia reale macedone – ricevendo in cambio da Atene il riconoscimento della lingua macedone e il via libera all’adesione di Skopje alla Nato e all’Unione Europea.Da sinistra: gli allora primi ministri della Grecia, Alexis Tsīpras, e della Macedonia del Nord, Zoran Zaev, in occasione della firma dell’Accordo di Prespa (12 giugno 2018)Quanto andato in scena ieri a Skopje è stato un primo assaggio – tanto temuto quanto in realtà atteso – dopo la travolgente vittoria elettorale di Vmro-Dpmne mercoledì scorso (8 maggio) non solo alle presidenziali, ma anche alle legislative, in cui la coalizione guidata dai nazionalisti si è fermata a soli tre seggi dalla maggioranza assoluta nella futura Assemblea parlamentare. Sia per le posizioni intransigenti mostrate nel corso degli ultimi anni sia per la retorica inasprita nel corso della campagna elettorale, ci si aspetta un aumento della tensione diplomatica tra Skopje e i vicini regionali con cui sono ancora latenti delicate questioni nazionaliste, in primis con la Grecia. Dopo che l’ambasciatore greco in Macedonia del Nord ha lasciato in protesta la cerimonia di insediamento di Siljanovska-Davkova, il ministro degli Affari Esteri greco, Georgios Gerapetritis, ha condannato apertamente il gesto della neo-presidente macedone, definendolo “una flagrante violazione dell’Accordo di Prespa e della Costituzione del nostro Paese vicino“. Il ministro del gabinetto guidato da Kyriakos Mītsotakīs ha anche reso noto che il testo ufficiale del giuramento faceva riferimento al Paese come ‘Macedonia del Nord’ e, di conseguenza, la scelta di definirlo solo ‘Macedonia’ è stata intenzionale: “I progressi nel percorso europeo dipendono dalla piena attuazione dell’Accordo di Prespa e principalmente dall’uso del nome costituzionale del Paese”.La neo-presidente della Macedonia del Nord, Gordana Siljanovska-Davkova (credits: Robert Atanasovski / Afp)Un principio condiviso in tutta l’Unione, in particolare dai leader delle istituzioni Ue. “Affinché la Macedonia del Nord possa continuare il suo percorso di successo verso l’adesione all’Ue, è fondamentale che il Paese prosegua sulla strada delle riforme e del pieno rispetto degli accordi vincolanti, compreso l’Accordo di Prespa”, ha messo in chiaro la numero uno della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dopo essersi congratulata con la prima presidente della Repubblica donna del Paese balcanico. Lo stesso ha fatto il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ancora più duro nel commentare la scelta “molto deludente” di Siljanovska-Davkova: “L’Ue ricorda l’importanza di continuare ad attuare gli accordi giuridicamente vincolanti, compreso l’accordo di Prespa con la Grecia”. Dal Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) è arrivata una forte esortazione al prossimo governo guidato dai nazionalisti: “Hanno a disposizione un nuovo inizio per dimostrare che sono impegnati nel percorso di adesione Ue“, ha spiegato oggi (13 maggio) alla stampa il portavoce Peter Stano, rifiutandosi però di “speculare su cosa succede se non rispetteranno gli impegni”. In altre parole, se Bruxelles deciderà di bloccare i negoziati di adesione avviati nell’estate del 2022 dopo tre anni di attesa.Perché nel frattempo si teme anche un’escalation nei rapporti con la Bulgaria, negli ultimi anni il vicino più problematico per Skopje su questioni di natura puramente identitaria. “La prospettiva europea della Macedonia del Nord dipende dalla rigorosa attuazione dei trattati internazionali di cui è parte, nonché dal quadro negoziale approvato dal Consiglio europeo nel luglio 2022, che non sarà rivisto”, ha già messo in chiaro il presidente bulgaro, Rumen Radev. Era il 9 dicembre 2020 quando si registrava in Consiglio Affari Generali lo stop della Bulgaria all’avvio dei negoziati di adesione Ue con Skopje, tenuti in stallo per oltre un anno e mezzo fino alla svolta dell’estate 2022. Solo grazie all’iniziativa del presidente francese, Emmanuel Macron, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi anche quello macedone ha dato l’approvazione all’intesa: con la firma del protocollo bilaterale tra Sofia e Skopje si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alla prima conferenza intergovernativa il 19 luglio 2022.

  • in

    In Macedonia del Nord i nazionalisti si prendono tutto. E il percorso di adesione Ue è ancora più scivoloso

    Bruxelles – È una vittoria schiacciante, senza appello e su due fronti. I nazionalisti in Macedonia del Nord hanno trionfato sia alle elezioni presidenziali sia alle elezioni legislative per il rinnovo dell’Assemblea parlamentare e ora sono pronti a tornare a governare dopo otto anni all’opposizione. Un risultato che potrebbe però avere contraccolpi pesanti non solo per la polarizzazione politica all’interno del Paese balcanico, ma anche per i rapporti già fragili con alcuni vicini nella regione e per i progressi di Skopje nel percorso verso l’adesione all’Unione Europea.La neo-presidente della Macedonia del Nord, Gordana Siljanovska-Davkova (credits: Robert Atanasovski / Afp)Il ballottaggio delle presidenziali andato in scena ieri (8 maggio) ha visto una prima volta nella storia poco più che trentennale della Macedonia (oggi del Nord): la candidata dei nazionalisti di Vmro-Dpmne, Gordana Siljanovska-Davkova, si è imposta sul capo di Stato uscente e candidato dell’ormai ex-partito al governo Unione Socialdemocratica di Macedonia (Sdsm), Stevo Pendarovski,con il 65,14 per cento delle preferenze e diventerà la prima presidente donna del Paese dal 12 maggio. La carica è perlopiù cerimoniale, ma per la prossima capa dello Stato la sua elezione rappresenta “un passo avanti per i diritti delle donne, sarò al loro fianco”. Tuttavia la vittoria dilagante sembra piuttosto legata a un segnale di risposta degli elettori alla frustrazione per i casi di corruzione nel Paese e per il continuo stallo della Macedonia del Nord nel percorso di adesione all’Unione Europea, anche dopo l’avvio del negoziati inter-istituzionali nel luglio 2022.A dimostrarlo è il risultato delle elezioni legislative svoltesi in parallelo al ballottaggio delle presidenziali. Quando ormai è stata scrutinata la quasi totalità delle schede elettorali, la coalizione guidata dai nazionalisti di Vmro-Dpmne ha conquistato il 43,23 per cento dei voti e potrà contare su 58 seggi all’Assemblea nazionale, tre in meno rispetto alla soglia minima per la maggioranza parlamentare. Tracollo dei socialdemocratici, scesi al 15,36 per cento delle preferenze dopo otto anni di governo e superati in termini di seggi parlamentari anche dalla coalizione guidata dal principale partito della minoranza albanese Unione Democratica per l’Integrazione (19 a 18). Il leader dell’Sdsm ed ex-premier, Dimitar Kovačevski, ha non solo definito il risultato “un duro colpo” per il partito, ma ha anche annunciato l’intenzione di dimettersi dalla presidenza una volta trovato un sostituto. A questo punto i nazionalisti dovranno impegnarsi in colloqui con i partiti più piccoli entrati all’Assemblea per andare alla ricerca di una coalizione che sostenga il nuovo esecutivo.Il leader di Vmro-Dpmne, Hristijan Mickoski (Armend Nimani / Afp)L’incognita più grande per il futuro della Macedonia del Nord riguarda però l’atteggiamento che i futuri ministri (e presumibilmente il capo dell’esecutivo) di Vmro-Dpmne terranno nei confronti di Grecia e Bulgaria nell’ambito del percorso di adesione all’Unione Europea, considerato il fatto che dalla nascita della Repubblica i motivi di tensione con i vicini regionali sono stati tutti causati da questioni nazionaliste. La Macedonia del Nord è un Paese candidato all’adesione Ue dal 2005, ma il suo percorso è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia, per la contesa identitaria e sul cambio del nome del Paese balcanico: solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord e ha potuto accedere alla Nato (in attesa dell’ingresso Ue). Ma il leader di Vmro-Dpmne e indiziato principale per diventare il nuovo premier, Hristijan Mickoski, si è sempre rifiutato di riconoscere il nuovo nome. Al momento dalla Grecia non ci sono reazioni, ma non è da escludere che possano riemergere vecchie tensioni tra Atene e Skopje sull’uso del nome della patria di Alessandro Magno.La questione più grave per le tempistiche dell’adesione Ue per la Macedonia del Nord può invece coinvolgere un altro Paese membro Ue, la Bulgaria. Era il 9 dicembre 2020 quando si registrava in Consiglio Affari Generali lo stop della Bulgaria all’avvio dei negoziati di adesione Ue con Skopje, tenuti in stallo per oltre un anno e mezzo fino alla svolta dell’estate 2022. Grazie all’iniziativa del presidente francese, Emmanuel Macron, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi anche quello macedone ha dato l’approvazione all’intesa: con la firma del protocollo bilaterale tra Sofia e Skopje si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Macedonia del Nord (e Albania, legata dallo stesso dossier) il 19 luglio 2022, dopo un’attesa lunga quasi tre anni. Ma per aprire il primo Cluster dei negoziati di adesione Ue sono necessarie non solo tutta una serie di riforme – dal settore giudiziario alla gestione appalti pubblici, dalla lotta alla corruzione alla riforma della pubblica amministrazione – ma soprattutto emendamenti alla Costituzione a proposito delle minoranze nel Paese, in primis quella bulgara.È proprio qui che potrebbe cascare il palco con un governo nazionalista in Bulgaria. Mickoski ha promesso di mantenere una linea dura sulle questioni linguistiche e storiche, quelle puramente identitarie su cui si è bloccato tutto a Bruxelles da dicembre 2020 a luglio 2022: “Non voteremo modifiche costituzionali sotto dettatura bulgara né ora né in futuro“, è la minaccia del leader di Vmro-Dpmne. Nell’ultimo anno e mezzo il governo guidato dai socialdemocratici ha tentato di emendare la Costituzione per riconoscere la minoranza bulgara, ma non ha mai trovato i numeri necessari per far approvare la mozione all’Assemblea nazionale (per cui sono necessari almeno i due terzi dei deputati). Nemmeno dopo questa tornata elettorale emergerà una maggioranza sufficiente e l’unica speranza per i macedoni è che l’aspra retorica nazionalista di Vmro-Dpmne si affievolisca nei prossimi mesi, favorendo accordi di compromesso dietro le quinte come successo nel 2018 per far passare a livello costituzionale gli Accordi di Prespa. Anche su questo scenario aleggia un’incognita minacciosa, ovvero quella della campagna elettorale in Bulgaria, che il 9 giugno andrà a elezioni anticipate per la sesta volta in tre anni. Il rischio è che il risultato di ieri alle urne in Macedonia del Nord inasprisca la retorica nazionalista anche a Sofia, rendendo di nuovo il rapporto tra i due Paesi un tema di scontro politico in grado di frenare il percorso di Skopje verso l’Unione Europea.

  • in

    I Ventisette hanno autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati per dispiegare Frontex nei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il dispiegamento degli agenti Frontex su tutte le frontiere dei Balcani Occidentali si avvicina sempre di più. Dopo la raccomandazione della Commissione Europea dello scorso 26 ottobre, il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (venerdì 18 novembre) di autorizzare i negoziati con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia per ampliare gli accordi sulla cooperazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
    Gli accordi negoziati nell’ambito del nuovo mandato di Frontex consentiranno all’agenzia di assistere i quattro Paesi balcanici nella gestione delle persone migranti in arrivo, nel contrastare l’immigrazione irregolare e nell’affrontare la criminalità trans-frontaliera. I nuovi accordi consentiranno al personale Frontex di esercitare poteri esecutivi, come i controlli di frontiera e la registrazione delle persone.
    In altre parole, se il nuovo quadro giuridico sarà negoziato secondo i termini di Bruxelles, i corpi permanenti dell’Agenzia Ue potranno essere dispiegati in tutta regione: non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi. In questo scenario, Frontex potrà operare con pieni poteri esecutivi anche alle frontiere tra Macedonia del Nord-Albania, Macedonia del Nord-Serbia, Albania-Montenegro, Montenegro-Serbia, Montenegro-Bosnia ed Erzegovina e Serbia-Bosnia ed Erzegovina. Rimane anche sul fronte della gestione congiunta delle frontiere il buco nero del Kosovo, dal momento in cui non c’è ancora l’unanimità tra i Ventisette sul riconoscimento della sua sovranità (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia si oppongono).
    A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “Le sfide migratorie nella rotta dei Balcani Occidentali non iniziano alle frontiere dell’Unione”, ha commentato il ministro dell’Interno della Repubblica Ceca e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Vít Rakušan: “La cooperazione con i nostri partner, anche attraverso l’invio di personale Frontex, è essenziale per individuare e bloccare tempestivamente i movimenti migratori irregolari“. Secondo il ministro ceco, questo accordo “migliorerà la protezione delle frontiere esterne dell’Unione”, contribuendo allo stesso tempo “agli sforzi dei Paesi dei Balcani Occidentali per impedire ai contrabbandieri di utilizzare i loro territori come tappe di transito“.
    Lo stato dell’arte degli accordi Frontex con i Balcani Occidentali
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento rivisto. È per questo motivo che per la Commissione era considerato cruciale il via libera alle raccomandazioni dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo.
    Nel corso del tappa a Skopje dello scorso 26 ottobre (nel contesto del suo viaggio nei Balcani Occidentali), la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha messo il cappello sulla firma del secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà a Frontex di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania). Si tratta del primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue della Macedonia del Nord, in cui ha rivestito un ruolo significativo la traduzione anche in lingua macedone, “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen.
    A questo si aggiunge un nuovo pacchetto di assistenza da 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali. I finanziamenti di Bruxelles – arrivati a 171,7 milioni di euro – serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, specifica l’esecutivo Ue.

    Con il via libera del Consiglio dell’Ue, l’esecutivo comunitario potrà negoziare con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia l’operatività dei corpi permanenti non più solo alle frontiere esterne dell’Unione ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo poteri esecutivi

  • in

    Frontex, energia e negoziati di adesione Ue. In Macedonia del Nord von der Leyen definisce le linee del viaggio nei Balcani

    Bruxelles – Il ritorno a Skopje dopo tre mesi e mezzo è quasi un trionfo per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che non a caso ha iniziato proprio in Macedonia del Nord il suo tour di quattro giorni nei Balcani Occidentali. Forte dell’impegno mai messo in dubbio dai partner macedoni per l’avvio dei negoziati di adesione all’Ue, per la numero uno dell’esecutivo Ue è arrivato il momento dell’incasso: “Ricordo molto chiaramente le promesse fatte quel giorno“, ha fatto riferimento von der Leyen al suo intervento alla sessione plenaria del Parlamento nazionale del 14 luglio, solo cinque giorni prima dell’avvio delle prime conferenze intergovernative con Skopje e Tirana.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski (Skopje, 26 ottobre 2022)
    “Come avevo promesso, il processo di screening dell’acquis comunitario è iniziato immediatamente, ora è in carreggiata e il processo negoziale sta guadagnando slancio”, ha rivendicato la presidente della Commissione, affiancata dal primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, in conferenza stampa ieri sera (26 ottobre). “Rispetteremo pienamente la vostra identità e la vostra lingua“, è il passaggio-chiave del suo intervento, legato alle controversie con la vicina Bulgaria e alle tensioni interne scoppiate a inizio luglio tra i nazionalisti macedoni. Lo stesso capo del governo di Skopje ha confermato che “l’Unione Europea si è dimostrata un partner credibile, non ci sono alternative alla nostra adesione, è il luogo a cui apparteniamo”.
    La dimostrazione tangibile è il primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione. Come promesso – “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen – Ue e Macedonia del Nord hanno siglato l’accordo di cooperazione operativa nella gestione delle frontiere da parte di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), tradotto anche in lingua macedone: “Dimostra che non ci sono dubbi sul fatto che è la vostra lingua e noi la rispettiamo pienamente, sono profondamente convinta che non ci vorrà molto tempo prima di avere 25 lingue ufficiali nell’Ue”.
    A proposito dell’accordo su Frontex – firmato dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, e dal ministro dell’Interno macedone, Oliver Spasovski – il corpo permanente dell’Agenzia Ue potrà effettuare operazioni congiunte con le autorità di Skopje in Macedonia del Nord nell’ambito del contrasto alla migrazione irregolare e potrà essere dispiegato sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania), come la Commissione sta spingendo per fare anche con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia. Se il piano riceverà l’approvazione del Parlamento Europeo e sarà adottato dal Consiglio dell’Ue, Frontex potrà aumentare la propria presenza in Macedonia del Nord (attualmente conta 300 agenti) attraverso un piano operativo condiviso con Skopje.

    The Frontex agreement we are signing today is important.
    Not just because it strengthens our cooperation on migration.
    But because it is translated in the Macedonian language.
    On equal footing with all 24 EU languages.
    The Macedonian language is your language. pic.twitter.com/r5cxEqFAnm
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 26, 2022

    La Macedonia del Nord e la politica energetica Ue
    Tutto questo avviene “in un contesto molto impegnativo”, in cui la Russia “sta usando l’energia come arma e manipolando pesantemente il mercato”, ha ricordato von der Leyen. Ma anche in questo caso le parole d’ordine sono “solidarietà e unità” per affrontare l’aumento dei prezzi e i problemi di sicurezza degli approvvigionamenti anche della Macedonia del Nord: “Risolveremo questa crisi e la supereremo insieme, l’Unione Europea è al vostro fianco”. Le parole della numero uno della Commissione sono state accompagnate dai fatti: “Stiamo presentando un pacchetto di sostegno energetico per l’intera regione dei Balcani occidentali, si comincia con 80 milioni di euro di sovvenzioni per la Macedonia del Nord come sostegno immediato al bilancio”. La finalizzazione è prevista entro la fine dell’anno, “in modo che possiate ottenere i finanziamenti già a gennaio”, con l’orizzonte di “altri 500 milioni di euro per l’intera regione per investire in connessioni ed efficienza energetica e risorse rinnovabili“.
    “Uniti possiamo affrontare la crisi energetica, oggi e nel futuro”, ha confermato il premier Kovačevski, facendo eco alle parole di von der Leyen. Grazie al Piano economico e di investimenti dell’Ue per i Balcani Occidentali saranno finanziari “parchi eolici, centrali solari e nuove interconnessioni di gas con Serbia e Kosovo“. Anche la Macedonia del Nord è coinvolta nel progetto di appalti comuni europei per gasdotti e Gnl (gas naturale liquefatto): “Questo rafforza il nostro potere d’acquisto, vi invitiamo a stare con noi per andare insieme sul mercato globale”. Infine, grazie allo stretto legame tra Bruxelles e Skopje, “anche voi beneficerete delle proposte legali che abbiamo adottato per ridurre i prezzi del gas e dell’elettricità nell’Unione Europea, perché siamo in un’unica Unione dell’Energia“, ha concluso con forza la presidente von der Leyen: “Qualsiasi cosa facciamo, la faremo insieme”.

    La presidente della Commissione ha iniziato a Skopje il suo tour nella regione, per ribadire il sostegno di Bruxelles ai partner prima del vertice del 6 dicembre a Tirana: “Stiamo rispondendo alla crisi energetica con unità e solidarietà”. E con un pacchetto di sovvenzioni contro il caro-prezzi

  • in

    Dopo un’attesa di quasi tre anni sono iniziati i negoziati di adesione Ue di Albania e Macedonia del Nord

    Bruxelles – Dopo anni di un processo fermo ai box per trovare il giusto assetto per ripartire, il 19 luglio 2022 segna una nuova data da segnare in rosso nel calendario della politica di allargamento dell’Unione Europea nella regione dei Balcani Occidentali. Con le prime conferenze intergovernative svoltesi oggi a Bruxelles, Albania e Macedonia del Nord hanno avviato i negoziati di adesione Ue, andando a unirsi a Montenegro e Serbia (i cui processi sono iniziati rispettivamente nel 2012 e nel 2014).
    “È il vostro successo e dei vostri cittadini, avete dimostrato resistenza ai nostri valori comuni e fede in quelli dell’accesso all’Unione”, ha salutato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la giornata “storica” per l’Ue e per i due Paesi balcanici: “Avete fatto tutto questo perché era importante per i vostri Paesi, noi continueremo a supportarvi”. A questo punto inizierà l’esame dell’acquis dell’Ue, che “consentirà ad Albania e Macedonia del Nord di familiarizzare con i diritti e gli obblighi della nostra Unione”, dai trattati agli accordi internazionali, mentre parallelamente si procederà a un avvicinamento in alcune aree-chiave: “L’Albania entrerà nel Meccanismo di protezione civile dell’Ue, per aumentare la resistenza contro incendi, terremoti e alluvioni, mentre la Macedonia del Nord negozierà un accordo con Frontex per rafforzare la cooperazione in materia di migrazione”. Nel frattempo, “con i progressi nei negoziati arriveranno i benefici per il commercio, l’energia, i trasporti e la massimizzazione dei fondi europei per nuovi lavori”, ha assicurato von der Leyen, che ha esortato infine a “stare uniti fino a quando non sarete membri a pieno diritto”.

    We will now start the screening of the EU acquis – and proceed very quickly. Dear @P_Fiala, @EU2022_CZ will also play an important role in advancing this negotiations process. The people of 🇦🇱🇲🇰 deserve it. pic.twitter.com/r39GHTWGpp
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 19, 2022

    A prendere immediatamente parola è stato il premier albanese, Edi Rama, che solo un mese fa criticava aspramente l’Unione per l’incapacità di liberare i due “ostaggi” dal ricatto bulgaro: “Ringrazio la presidente von der Leyen che ha saputo lottare per l’Ue e per noi, l’ex-cancelliera tedesca, Angela Merkel, perché senza di lei non saremmo qui, e i recenti sforzi del presidente francese, Emmanuel Macron, che è arrivato a una proposta per sbloccare una situazione assurda”. Il premier Rama ha definito gli ultimi tre anni “una tempesta perfetta”, per i veti prolungati, la pandemia Covid-19, i terremoti che hanno colpito il Paese e le conseguenze della guerra russa in Ucraina: “Sappiamo che questa è solo la fine dell’inizio della prima parte del processo, ma ne avevamo bisogno per continuare a costruire un’Albania e una regione balcanica forti e democratiche“, ha sottolineato con forza Rama.
    Da sinistra: Il premier della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (19 luglio 2022)
    Da rilevare nel punto con la stampa europea è stato un passaggio specifico del discorso della numero uno della Commissione. Rivolgendosi al premier macedone, Dimitar Kovačevski, la presidente von der Leyen ha assicurato di poter “contare sul mio sostegno” per garantire che tutti i passaggi del processo negoziale siano tradotti in lingua macedone, “senza note a piè di pagina, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Ue”. Una dimostrazione pratica della volontà di Bruxelles di rimanere fedele alle promesse fatte a Skopje – anche la settimana scorsa dalla stessa leader dell’esecutivo comunitario direttamente al Parlamento nazionale – in merito al riconoscimento della lingua e dell’identità macedone nella contesa identitaria con la Bulgaria. “L’Ue ci accoglierà come un Paese a cui riconosce la propria lingua madre, è un principio sancito per sempre, che non sarà sottoposto a trattative“, ha esultato il premier macedone, che ha voluto rimarcare come la proposta di mediazione francese per superare il veto della Bulgaria sia “la migliore possibile, che rispetta le nostre linee rosse, e ora siamo pronti per entrare nell’Ue con un processo veloce come è stato quello di adesione alla Nato” nel 2020. “Il nostro sogno si sta avverando”, ha commentato il premier macedone, sottolineando che “siamo una piccola Unione Europea, un Paese multietnico e multi-confessionale unito nella diversità”.
    A rendere la questione più complessa è però la posizione controversa della Bulgaria, che non si è ammorbidita nemmeno dopo la firma protocollo bilaterale che ha permesso di avviare i negoziati di adesione Ue della Macedonia del Nord. In una dichiarazione unilaterale presentata al Coreper (gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio), la delegazione bulgara ha ribadito che Sofia considera il macedone solo un dialetto della propria lingua e che il riferimento alla lingua ufficiale della Repubblica di Macedonia del Nord nei documenti di Bruxelles non ne implica il riconoscimento.
    Tre anni di stallo
    Macedonia del Nord e Albania sono Paesi candidati all’adesione Ue rispettivamente dal 2005 e dal 2014. Il processo di adesione di Skopje è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia, per la contesa identitaria e sul cambio del nome del Paese balcanico: solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Era il 19 ottobre 2019 quando il Consiglio Ue, stimolato per due volte dalla Commissione ad aprire i negoziati di adesione con Skopje e Tirana, chiudeva la porta ai due Paesi, con l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi e la richiesta di implementare le riforme strutturali prima di sedersi ai tavoli negoziali. Dopo cinque mesi, al Consiglio del 25-26 marzo 2020, era arrivato il via libera dei Ventisette, che sembrava aver risolto tutte le questioni rimaste in sospeso. Tuttavia, il 9 dicembre 2020 si era registrato – nemmeno troppo a sorpresa – lo stop della Bulgaria, con il veto all’avvio dei negoziati di adesione di Skopje.
    Da allora il processo è rimasto in stallo sia per la Macedonia del Nord, sia per l’Albania, legate dallo stesso dossier sull’allargamento. A nulla sono servite le pressioni della Commissione e di Paesi membri come l’Italia e la Germania, con due vertici Ue-Balcani Occidentali – il primo a Kranji (Slovenia) nel 2020 e il secondo lo scorso 23 giugno a Bruxelles – che hanno prodotto risultati insoddisfacenti per le ambizioni dell’allargamento dell’Unione in tutta la regione balcanica. La svolta si è concretizzata solo con la spinta decisiva del presidente francese Macron (che fino al 31 giugno era anche a capo della presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue), con la proposta di mediazione tra Sofia e Skopje per risolvere una volta per tutte una disputa che ha rischiato di far saltare il banco, a causa della frustrazione sempre più esplicita dei leader balcanici. Grazie a questa iniziativa, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi – dopo aver accantonato la prima proposta definita “irricevibile” dalla Macedonia del Nord – anche il Parlamento macedone ha dato l’approvazione nella giornata di sabato (16 luglio). Con la firma del protocollo bilaterale tra Bulgaria e Macedonia del Nord si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Skopje e Tirana, dopo un’attesa lunga quasi tre anni.

    Finito lo stallo iniziato il 19 ottobre 2019 con il primo veto in Consiglio ai due Paesi balcanici e proseguito nell’ultimo anno e mezzo con l’opposizione della Bulgaria a Skopje. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Avete dimostrato resistenza e fede nei nostri valori comuni”

  • in

    Von der Leyen a Skopje ha sperimentato personalmente le divisioni in Macedonia del Nord sulla proposta francese

    Bruxelles – Non una passerella a Skopje per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ma un vero e proprio bagno di realtà sulla situazione particolarmente delicata in Macedonia del Nord, a proposito del possibile sblocco dello stallo sui negoziati di adesione all’Ue. Nel suo discorso di oggi (giovedì 14 luglio) alla sessione plenaria del Parlamento nazionale la numero uno dell’esecutivo comunitario ha vissuto in prima persona il significato delle divisioni del Paese balcanico sulla proposta francese aggiornata per superare il veto bulgaro: da una parte dell’emiciclo – quello dell’opposizione nazionalista di VMRO-DPMNE (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) – è stata fischiata, mentre la maggioranza le ha riservato una lunga standing ovation per il suo ergersi a tutela dell’identità nazionale macedone, al pari di tutte le altre nell’Unione Europea.
    “Volevo esser qui con voi per dirvelo direttamente: l’Europa vi sta aspettando e speriamo che facciate un nuovo passo verso l’Unione“, ha esordito davanti ai deputati macedoni la presidente von der Leyen. Il riferimento è al voto del Parlamento, che stabilirà se il governo guidato da Dimitar Kovačevski potrà presentare ufficialmente la risposta positiva a Bruxelles sulla nuova versione della mediazione francese, che tiene conto delle richieste della Macedonia del Nord sul riconoscimento della lingua macedone al pari di tutte le altre in uso nel Paesi membri dell’Unione e dell’esclusione delle questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) dal quadro dei negoziati a livello UE.
    “Dobbiamo cogliere l’opportunità che abbiamo davanti”, ha esortato la leader della Commissione, indicando nella “prossima settimana” il momento in cui si potrà compiere “il primo passo della proposta francese rivista”. La decisione “spetta a voi e voi solamente”, ha sottolineato von der Leyen, che però ha voluto anche ricordare che “se deciderete di approvarla, nei giorni immediatamente successivi si terrà una Conferenza intergovernativa“, il primo passo del processo negoziale. E ancora, se saranno introdotti gli emendamenti alla Costituzione sul piano dei diritti fondamentali, “questo completerà automaticamente la fase di apertura dei negoziati e si attiverà un’altra conferenza intergovernativa, senza ulteriori decisioni”. È stato a questo punto che dai banchi dell’opposizione si sono alzati fischi e proteste, con una deputata che è arrivata al podio di von der Leyen e ha appoggiato un foglio con la scritta “la Macedonia dice NO!“, con quel’нe (‘no’) che è diventato il simbolo delle proteste nazionaliste dell’ultima settimana a Skopje (anche durante il discorso della presidente della Commissione).
    La protesta dell’opposizione nazionalista al Parlamento della Macedonia del Nord durante il discorso della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (14 luglio 2022)
    Ma al Parlamento della Macedonia del Nord c’è tutto uno schieramento – che al momento costituisce la maggioranza delle forze politiche rappresentate – che ha applaudito a lungo alle parole della presidente von der Leyen. Il momento di standing ovation si è registrato dopo la “garanzia” offerta dalla presidente della Commissione Europea non solo sul fatto che “non ci possono essere dubbi che lingua macedone è la vostra lingua, né sul rispetto della vostra identità nazionale“, ma anche che “il processo si baserà su principi e standard europei non negoziabili”, a cui proprio la proposta francese aggiornata fa riferimento: “Il principio dell’autoidentificazione è importante per ognuno di noi, potete contare su di me”, ha insistito con forza von der Leyen. Altri applausi sono arrivati sulla precisazione che “Le questioni bilaterali [con la Bulgaria, ndr] come l’interpretazione della storia non sono condizioni per l’accesso all’UE“, sgombrando il campo dai dubbi che temi come l’istruzione, la storia e la cultura possano entrare nei negoziati tra Skopje e Bruxelles. Allo stesso tempo “la cooperazione regionale e le buone relazioni fanno parte del Dna europeo ed è un elemento essenziale del processo di allargamento”, ha avvertito la numero uno dell’esecutivo comunitario, per ricordare che comunque tutte queste criticità tra i due Paesi dovranno essere risolte bilateralmente. 

    I assured President @SPendarovski and Prime Minister @DKovachevski of my full support to progress towards making North Macedonia an EU Member State. pic.twitter.com/hDhEVQQKJd
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 14, 2022

    Durante il suo discorso al Parlamento nazionale, la presidente della Commissione Ue è stata fischiata dai nazionalisti sul tentativo di sblocco dei negoziati di adesione, ma applaudita a lungo dalla maggioranza per aver garantito il rispetto della lingua e dell’identità macedone