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    La Macedonia del Nord pronta per un nuovo governo. L’UE: “Zaev ha dato l’esempio, ora al lavoro con il successore”

    Bruxelles – Dopo un mese e mezzo di crisi di governo, la Macedonia del Nord è pronta per un nuovo esecutivo. Il primo ministro, Zoran Zaev, si è ufficialmente dimesso, inviando la lettera di dimissioni al presidente dell’Assemblea nazionale, Talat Xhaferi, e lasciando posto a un governo ad interim che guiderà la transizione.
    Si attende solo il voto del Parlamento di Skopje che dovrà accettare formalmente le dimissioni di Zaev. A quel punto il presidente della Repubblica della Macedonia del Nord, Stevo Pendarovski, avrà dieci giorni di tempo per consegnare il mandato di formare un nuovo governo alla coalizione guidata dall’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM) – il partito dell’ex-premier Zaev – che a sua volta dovrà riuscire a esprimere una maggioranza parlamentare nell’arco di 20 giorni.
    Entro la fine di gennaio tutto l’iter dovrà essere completato. Lo scenario più probabile è un gabinetto guidato dal nuovo leader socialdemocratico, Dimitar Kovačevski, economista 47enne laureati ad Harvard, che due giorni fa (martedì 21 dicembre) ha presenziato con Zaev alla firma dei protocolli d’intesa dell’accordo Open Balkan con Albania e Serbia. Un altro scenario potrebbe essere quello di elezioni anticipate, come richiesto dall’opposizione del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO DPMNE). Questo nel caso in cui non si riuscisse a trovare nemmeno un’alternativa parlamentare guidata dal partito di destra in coalizione con l’Alleanza per gli Albanesi, l’estrema sinistra di Levica e il partito di etnia albanese BESA.
    La crisi di governo in Macedonia del Nord si era aperta a inizio novembre, dopo il crollo del partito del premier Zaev alle elezioni amministrative anche nella capitale Skopje. Il primo ministro aveva annunciato che si sarebbe dimesso, ma da allora la situazione era rimasta congelata. Zaev è stato a capo del governo della Macedonia del Nord dal 2017, confermato anche alle elezioni anticipate del 30 agosto 2020. Tre anni fa era riuscito a raggiungere un accordo con la Grecia per il cambio di nome del Paese, condizione imposta da Atene per l’adesione alla NATO e all’UE. Con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Il 27 marzo 2020 Skopje ha fatto ingresso nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (diventandone il 30esimo Paese membro), mentre si è rivelata più complicata la strada per l’accesso all’Unione Europea.

    Prime Minister @Zoran_Zaev set an example for the region with the #Prespa agreement, consolidating good neighbourly relations. It was good working with you, I look forward further advancing North Macedonia’s EU path, on which you firmly anchored the country, w/the next government
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) December 23, 2021

    “È stato un piacere lavorare con Zaev, che ha dato un esempio per la regione con l’accordo Prespa, consolidando le relazioni di buon vicinato”, è stato il saluto dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri, Josep Borrell. “Non vedo l’ora di far avanzare ulteriormente con il prossimo governo il percorso della Macedonia del Nord verso l’UE, su cui hai saldamente ancorato il Paese”, si è rivolto direttamente all’ex-premier l’alto rappresentante Borrell.
    Le dimissioni di Zaev – e il nuovo governo in Bulgaria guidato da Kiril Petkov – aprono la strada a un possibile nuovo rapporto tra Skopje e Sofia, per cercare una soluzione alla questione dello stallo nel processo di adesione UE della Macedonia del Nord (e dell’Albania, vincolata dallo stesso dossier) causato dal veto della Bulgaria all’apertura dei quadri negoziali con il Paese confinante per questioni di natura puramente nazionalistica. Dopo l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi all’avvio dei negoziati con Tirana protrattasi in Consiglio fino al marzo 2020, il processo si ero rimesso in moto l’anno scorso solo per pochi mesi. Nemmeno il vertice UE-Balcani Occidentali dello scorso 6 ottobre in Slovenia è riuscito a portare sostanziali novità per risolvere la crisi tra la Macedonia del Nord e la Bulgaria. Nel 2022 ci riproveranno due nuovi governi nazionali, non appena si chiarirà il quadro politico macedone.

    Dopo le dimissioni ufficiali dell’ex-premier (attese da oltre un mese), entro fine gennaio Skopje attende un nuovo esecutivo, con cui l’alto rappresentante Borrell vuole “far avanzare il percorso del Paese verso l’UE”

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    Ribaltone al governo in Macedonia del Nord, ma l’agenda europea del Paese non cambierà

    Bruxelles – Si entra nella settimana decisiva in Macedonia del Nord per capire in quale direzione andrà la risoluzione della crisi di governo che si è aperta otto giorni fa, dopo il crollo del partito del premier Zoran Zaev alle elezioni amministrative. L’opposizione di destra del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO DPMNE) è pronta a guidare una nuova coalizione, ma il voto anticipato rimane un’opzione realistica.
    “Rimarremo impegnati nell’agenda europea del Paese“, ha assicurato il leader nazionalista Hristijan Mickoski. Lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, crescita economica e sviluppo di un sistema giuridico efficiente: “Queste sono le nostre priorità”, ha aggiunto il presidente di VMRO DPMNE per accreditarsi agli occhi degli osservatori internazionali. Il maggiore partito di opposizione ha annunciato di essere in grado di mettere insieme una nuova maggioranza parlamentare, con l’Alleanza per gli Albanesi, l’estrema sinistra di Levica e il partito di etnia albanese BESA. Con questa coalizione risicata (61 deputati su 120 all’Assemblea Nazionale) Mickoski proverà ad assumere la guida di un nuovo governo. Se dovesse fallire, ha già annunciato che “si andrà quanto prima a elezioni anticipate”.
    In realtà, per il momento il passo indietro del premier Zaev è solo informale. Il presidente della Repubblica di Macedonia, Stevo Pendarovski, non ha ancora ricevuto la lettera di dimissioni e la crisi di governo è rimasta congelata al Parlamento: Mickoski ha annunciato che aspetterà fino alle 14.30 di oggi (lunedì 8 novembre), dopodiché VMRO-DPMNE presenterà una mozione di sfiducia al governo. Non ci si aspetta comunque nessun ripensamento dal premier socialdemocratico, dopo l’annuncio dello scorso 31 ottobre in tarda serata: “Mi prendo la responsabilità dei risultati di queste elezioni, mi dimetto da primo ministro”. Il voto locale ha consegnato l’amministrazione di 42 città su 80 al partito di opposizione di destra, compresa la capitale Skopje, mentre all’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM) ne sono rimaste solo 16.
    Zaev è al governo dal 2017, confermato anche alle elezioni anticipate del 30 agosto 2020. Tre anni fa era riuscito a raggiungere un accordo con la Grecia per il cambio di nome del Paese, precondizione imposta da Atene per l’adesione alla NATO e all’UE: con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Il 27 marzo 2020 Skopje ha fatto ingresso nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (diventandone il 30esimo Paese membro), mentre si è rivelata più complicata la strada per l’accesso all’Unione Europea.
    Dopo lo stallo che si è protratto fino al marzo 2020 in Consiglio per l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi all’avvio dei negoziati con Macedonia del Nord e Albania, è stata la Bulgaria a porre il veto all’apertura dei quadri negoziali con Skopje per questioni di natura puramente nazionalistica. Da quasi un anno il processo di adesione UE si è bloccato di nuovo e nemmeno il vertice UE-Balcani Occidentali dello scorso 6 ottobre in Slovenia ha portato sostanziali novità per risolvere la crisi tra Macedonia del Nord e Bulgaria.

    La destra nazionalista di VMRO DPMNE proverà a guidare una nuova maggioranza (risicata) all’Assemblea Nazionale, ribadendo le priorità per l’adesione all’UE. Non è da escludere l’opzione delle elezioni anticipate

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    La Commissione UE presenta il Pacchetto Allargamento 2021: “Evidenti progressi, ma ora rispettiamo le promesse”

    Bruxelles – Appena adottato dal collegio dei commissari, il nuovo Pacchetto Allargamento 2021 dell’UE è stato immediatamente presentato alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento Europeo, come da tradizione inter-istituzionale. “Abbiamo evidenziato progressi su quasi tutti i dossier, ecco perché vi chiedo di mantenere saldo il vostro supporto al processo di integrazione dei Balcani Occidentali”, ha sottolineato con forza il commissario per la Politica di vicinato e di allargamento, Olivér Várhelyi, illustrando i punti della comunicazione pubblicata oggi (martedì 19 ottobre) dall’esecutivo comunitario.
    “Come avete visto dal viaggio nella regione da parte della presidente Ursula von der Leyen a settembre e durante il vertice UE-Balcani Occidentali, la Commissione Europea è fortemente impegnata in questo processo di allargamento”, ha ricordato Várhelyi agli eurodeputati. Il Piano economico e di investimenti presentato nella comunicazione dello scorso anno rimane il punto centrale anche di questo Pacchetto di Allargamento UE, ma a differenza del 2020 la Commissione può ora contare anche sullo strumento di assistenza pre-adesione IPA III, dopo l’accordo raggiunto dai negoziatori di Consiglio e Parlamento UE. “Possiamo avanzare con ancora più decisione per implementare i punti positivi della Dichiarazione di Brdo”, ha espresso la propria soddisfazione il commissario Várhelyi, ricordando le prospettive dell’Agenda verde e dell’innovazione per i Balcani, del roaming dati gratuito e del Mercato Unico regionale.
    Il commissario per la Politica di vicinato e di allargamento, Olivér Várhelyi, in commissione AFET del Parlamento UE (19 ottobre 2021)
    Per quanto riguarda i dossier relativi ai sette Paesi che hanno intrapreso il cammino di adesione all’UE (i sei balcanici – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – e la Turchia), “la comunicazione mette a fuoco le riforme sullo Stato di diritto, sul sistema giudiziario ed economiche”. Tuttavia, il membro del gabinetto von der Leyen ha ripreso i governi dei 27 Paesi membri UE: “Se i partner adempiono ai loro obblighi sul piano delle riforme, anche noi dobbiamo rispettare le promesse, ne va della credibilità di tutta l’Unione”.
    Il riferimento è allo stallo sull’avvio dei negoziati con Macedonia del Nord e Albania, a causa del veto della Bulgaria all’apertura dei quadri negoziali con Skopje. Várhelyi ha ribadito quanto già sostenuto dalla presidente von der Leyen nel suo viaggio di fine settembre, cioè che la scadenza per organizzare le prime conferenze intergovernative è “al più tardi entro la fine dell’anno”. La pressione è tutta sul Consiglio, come ha confermato anche il presidente della commissione AFET, David McAllister: “Oggi i rappresentanti della presidenza di turno slovena ci hanno confermato che la loro intenzione è quella di iniziare entro fine anno. Dipende solo da loro”.
    I dossier del Pacchetto Allargamento UE 2021
    Partendo dalle considerazioni sui sei partner balcanici, “tutti si sono impegnati a creare un Mercato Comune regionale“, ha evidenziato il commissario, ma ora “dovrebbero concentrarsi sul superamento delle difficoltà incontrate”. Si auspica soprattutto uno scenario in cui “tutti Paesi della regione ne facciano parte e che sia sotto l’ombrello dell’UE”. Sul piano politico, invece, “le molte tornate politiche degli ultimi anni hanno dimostrato un miglioramento degli standard di trasparenza e questo è merito anche vostro”, Várhelyi ha voluto così ringraziare i relatori per ciascuno dei Paesi balcanici.
    Per quanto riguarda Montenegro e Serbia, “sono soddisfatto che abbiano accettato l’applicazione della metodologia rivista”, che ha aperto le prime conferenze politiche intergovernative lo scorso giugno. Il Pacchetto Allargamento UE 2021 sottolinea che a Podgorica “è attualmente garantito un equilibrio generale” nei progressi sui negoziati. Le priorità per il Montenegro rimangono i capitoli 23 e 24 (sull’indipendenza della magistratura e il rispetto dello Stato di diritto): “Vogliamo vedere sforzi sul piano della libertà di espressione e dei media e su quello della lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata”, ha spiegato il commissario. La Serbia deve invece “accelerare e approfondire” le riforme sull’indipendenza del sistema giudiziario, sulla lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, sulla libertà dei media e sul trattamento interno dei crimini di guerra, “per aprire al più presto nuovi cluster”. Ma per Várhelyi “è necessario anche migliorare l’allineamento con la politica estera e di sicurezza dell’UE“.
    Il commissario per la Politica di vicinato e di allargamento, Olivér Várhelyi, in commissione AFET del Parlamento UE (19 ottobre 2021)
    C’è poi il capitolo Kosovo, che riguarda da vicino Belgrado: “I progressi della Serbia sulla normalizzazione delle relazioni con Pristina sono essenziali e determineranno il ritmo generale dei negoziati di adesione del Paese“, si legge nel rapporto 2021. Oltre all’impegno nel dialogo mediato da Bruxelles, dal governo di Pristina – che dopo le elezioni anticipate dello scorso febbraio “gode di una chiara maggioranza parlamentare” – ci si aspetta invece che attui un piano d’azione per le riforme. La Commissione attende anche “con urgenza” che il Consiglio tratti la proposta di liberalizzare i visti dei cittadini kosovari: “La nostra valutazione rimane uguale a quella del luglio 2018, tutti i parametri di riferimento sono stati soddisfatti”, ha tagliato corto il commissario Várhelyi.
    Dopo aver ricordato che “Albania e Macedonia del Nord continuano a soddisfare le condizioni per l’apertura dei negoziati di adesione” e che “entrambi sono a uno stadio avanzato nel percorso di riforme”, il commissario per l’Allargamento ha ribadito che “le questioni bilaterali pendenti tra Bulgaria e Macedonia del Nord devono essere risolte in via prioritaria“. Inoltre, “è fondamentale” che gli Stati membri concludano le discussioni “senza ulteriori ritardi”, per organizzare le prime conferenze intergovernative entro il 31 dicembre 2021.
    La nota dolente nei Balcani Occidentali rimane la Bosnia ed Erzegovina, il cui obiettivo strategico di integrazione nell’Unione Europea “non si è tradotto in azioni concrete”. Il Pacchetto Allargamento UE 2021 sottolinea che “l’ambiente politico è rimasto polarizzato, poiché i leader politici hanno continuato a impegnarsi in una retorica divisiva“. Fonti di “profonda preoccupazione” per il commissario Várhelyi riguardano “il blocco delle istituzioni statali e le richieste di ritirare le riforme”. L’esortazione a tutti gli attori politici è di “affrontare le 14 priorità-chiave” e di “astenersi da dichiarazioni di indipendentismo in contrasto con gli Accordi di Dayton”.
    L’ultimo dossier riguarda la Turchia, che è sì “un partner per l’Unione Europea in aree come la migrazione, la lotta al terrorismo e l’economia”, ma che “non ha affrontato in modo credibile il continuo deterioramento dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali e dell’indipendenza del sistema giudiziario”, ha ricordato Várhelyi agli eurodeputati. Ankara “deve invertire questa tendenza negativa come questione prioritaria”, ma dovrà anche portare avanti i progressi sul fronte della de-escalation nel Mediterraneo orientale, “per lo sviluppo di una relazione cooperativa e reciprocamente vantaggiosa”, ha concluso il commissario europeo. Tuttavia, per la Turchia la strada verso l’accesso all’Unione Europea rimane, per il momento, sbarrata.

    Il commissario Várhelyi ha illustrato i punti principali del nuovo pacchetto alla commissione AFET del Parlamento UE “Se i nostri partner nei Balcani adempiono le riforme, i Paesi membri non possono tirarsi indietro”

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    Vertice UE-Balcani: sotto la patina di ottimismo si nasconde l’ennesimo fiasco per l’allargamento dell’Unione

    Dall’inviato
    Kranj – Più delle parole, scritte e pronunciate in questa giornata slovena, a spiegare il clima del vertice UE-Balcani Occidentali è bastato osservare il linguaggio del corpo dei tre leader europei intervenuti in conferenza stampa. Totalmente assente il consueto sorriso sul volto della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen. Frenetico il modo di gesticolare del presidente del Consiglio UE, Charles Michel. Tendente al glaciale lo sguardo del premier sloveno e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Janez Janša. Se poi ci aggiungiamo quello che manca nella dichiarazione di Brdo, il quadro è completo: oltre gli annunci di facciata e l’ottimismo del linguaggio diplomatico, il vertice UE-Balcani Occidentali è stato un fiasco per le prospettive di adesione della regione all’Unione.
    Un fiasco, non un fallimento. Perché il processo di allargamento dell’Unione Europea non si è fermato, né ha fatto passi indietro. È solamente rimasto fermo ai soliti problemi e ai soliti punti di forza. Da una parte, il veto della Bulgaria all’apertura dei quadri negoziali con la Macedonia del Nord (trascinando nello stallo anche l’Albania), le continue difficoltà nella normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo e la mancanza di volontà politica di diversi Paesi membri nell’espandere l’Unione oltre le sue frontiere attuali. Dall’altra, il Piano economico e di investimenti da quasi 30 miliardi di euro per la regione stanziato da Bruxelles, i progressi nei negoziati di adesione di Serbia e Montenegro e il progressivo allineamento dei Sei balcanici alle richieste europee sul fronte delle riforme, del rispetto dello Stato di diritto e degli obiettivi della doppia transizione verde e digitale dell’economia.
    Il premier sloveno e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Janez Janša (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Di più non si vede. Ed è un problema, perché il vertice di oggi (mercoledì 6 ottobre) era atteso come la chiave di volta per il futuro prossimo della regione nell’Unione. Invece il primo punto delle conclusioni è una riconferma da parte dell’UE del “suo impegno nei confronti del processo di allargamento”. Allargamento in grassetto, per far capire che già un’intesa su questo termine è un successo: alcuni tra i Ventisette avrebbero voluto eliminarlo, alla fine l’ha spuntata la presidenza slovena. L’ostacolo su cui però si sono incagliate le ambizioni del premier Janša è stato il riferimento a una scadenza per portare a termine il processo di allargamento dell’UE nei Balcani. Questa mattina, prima dell’incontro tra i capi di Stato e di governo europei e balcanici, nessun leader si era sbilanciato su una data certa e ora si capisce il perché.
    “L’assenza del riferimento al 2030 è il risultato della discussione di oggi“, ha spiegato senza troppi giri di parole Janša. “La Slovenia voleva una data ultima su cui basare il calendario dei negoziati, come è successo con noi nel 2004”, ma non tutti i Paesi membri UE si sono mostrati convinti che questo possa (o piuttosto debba) accadere “entro la fine del decennio”, ha aggiunto il premier sloveno. Tuttavia, Janša ha cercato il più possibile di nascondere il fiasco di questo vertice (che avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello della sua presidenza del Consiglio dell’UE). “Ci sono molti punti positivi nella dichiarazione”, dalla tabella di marcia per l’abolizione del roaming dati tra l’Unione e i Balcani alla promessa di continuare a sostenere il piano di vaccinazione anti-COVID dei sei Paesi, “per raggiungere tassi simili alla media dell’UE “entro la fine del 2021”.
    L’ottimismo (forzato) delle istituzioni europee
    Ribadendo quanto dichiarato questa mattina, la presidente von der Leyen ha sottolineato che “la posizione della Commissione Europea è chiara: non siamo completi senza i Balcani e farò tutto il possibile per far avanzare questo processo“. Parole a cui è difficile non credere e che spiegano la frustrazione per un dialogo con gli Stati membri tutt’altro che facile. Solo una settimana fa, durante il suo viaggio nella regione, la leader dell’esecutivo UE aveva promesso che entro la fine dell’anno saranno avviati i negoziati con Macedonia del Nord e Albania. Un obiettivo ambizioso, ma che sarà quasi impossibile raggiungere: non è un caso se questa scadenza non è stata menzionata nemmeno di sfuggita.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Con un sorriso tirato, von der Leyen ha chiesto “pazienza” ai cittadini balcanici: “Capisco perfettamente la vostra frustrazione per la lentezza del processo“. Altro indizio che per la presidente dell’esecutivo comunitario il vertice UE-Balcani Occidentali sarebbe potuto andare decisamente meglio. Allo stesso tempo, ha riferito alla stampa di sentirsi ottimista sul futuro allargamento dell’UE, per tre ragioni. Primo, perché “la maggioranza dei Paesi membri si è impegnata nel rafforzarlo”. Secondo, per il Piano economico “che parla da solo sulle nostre ambizioni strategiche”. Terzo, per “l’eccellente messaggio offerto alla regione” dall’accordo tra Serbia e Kosovo (mediato da Bruxelles) per mettere fine alla cosiddetta ‘battaglia delle targhe’: “È il perfetto esempio di cosa si può raggiungere quando ci si siede al tavolo del dialogo”, ha aggiunto von der Leyen.
    Il presidente del Consiglio UE Michel ha invece insistito a più riprese sui valori fondamentali che legano l’Unione e i Balcani, a partire dalle “fondamenta della lotta alla corruzione e del rispetto dello Stato di diritto“. Nella dichiarazione finale si fa riferimento anche al “primato della democrazia e dei valori fondamentali”, al rispetto dei diritti umani, della parità di genere e delle persone appartenenti a minoranze. Tutti temi oggetto di riforme socio-economiche, da cui dipende il proseguo del sostegno dell’UE ai Paesi della regione.
    Facendo riferimento ai temi di discussione del Consiglio informale di ieri sera, Michel ha ricordato che, da un punto di vista strategico, l’Unione vuole proteggere i propri interessi “con partner che condividono i nostri valori”. In quest’ottica, la centralità del vertice UE-Balcani Occidentali è evidente. Nel documento finale non si parla esplicitamente dei concorrenti nell’estensione dell’influenza politica ed economica nella penisola, ma si può leggere tra le righe il riferimento a Russia e Cina. In particolare, quando viene sottolineato che l’Unione Europea è “di gran lunga” il principale investitore e donatore nella regione e nella richiesta ai leader balcanici di riconoscere e trasmettere nei dibattiti pubblici nazionali “la scala e la portata senza precedenti di questo sostegno”.
    Cosa c’è nella dichiarazione di Brdo
    Oltre ai punti già menzionati – la necessità di condivisione dei valori europei da parte dei Paesi della regione, il Piano economico di investimenti e il supporto nella lotta contro il COVID-19 – nella dichiarazione di Brdo spiccano le aspettative nei confronti del dialogo decennale tra Pristina e Belgrado: “Attendiamo progressi concreti dalle due parti sulla piena normalizzazione delle loro relazioni“. Un fattore indispensabile “per la stabilità e lo sviluppo dell’intera regione”, ma soprattutto per garantire che entrambi i Paesi possano continuare “sui loro rispettivi percorsi europei” (anche se nel caso del Kosovo l’UE deve fare i conti con cinque Paesi membri che non ne riconoscono l’indipendenza, ovvero Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia).
    Il presidente del Consiglio UE, Charles Michel (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Al vertice UE-Balcani Occidentali di Kranj spazio anche all‘Agenda verde e al Mercato comune regionale, secondo le linee dell’intesa raggiunta al vertice di Sofia del novembre 2020. Nell’ottica del Green Deal europeo, l’Agenda “è un fattore chiave per la transizione verso economie moderne, a zero emissioni di carbonio ed efficienti nell’uso delle risorse”. C’è anche un richiamo al tema del momento: “La sicurezza energetica dovrebbe essere prioritaria, compresa la diversificazione delle fonti e delle rotte”, si legge nel documento. Il Mercato comune regionale viene invece visto come un trampolino di lancio per “rafforzare l’integrazione dei Balcani Occidentali nel Mercato Unico dell’UE”.
    Come emerso dalle tappe in Serbia e in Bosnia ed Erzegovina del recente viaggio di von der Leyen, la dichiarazione sottolinea che “è una priorità sviluppare ulteriormente la connettività dei trasporti, all’interno della regione e con l’UE“. Non solo per “migliorare l’efficienza e la sicurezza dei servizi di trasporto”, ma anche per “raggiungere gli obiettivi di mobilità verde e sostenibile”, grazie al rafforzamento del trasporto ferroviario e delle vie navigabili. Attesa anche l’attuazione del piano d’azione dell’Agenda dell’innovazione per i Balcani occidentali, lanciata oggi per “promuovere l’eccellenza scientifica e la riforma dei sistemi educativi”.
    Non ci si aspettava molto dal capitolo “rotta balcanica”, ma si commenta da solo il posto riservato nelle discussioni alla questione migratoria: nella dichiarazione occupa il 23esimo punto su 30. In modo molto approssimativo sono state delineate le aree di interesse: miglioramento dei sistemi di asilo, lotta al traffico di migranti e alla “migrazione illegale”, gestione delle frontiere e capacità di accoglienza. Una particolare attenzione è stata posta invece sui sistemi di rimpatrio, “compresa la conclusione di accordi di riammissione con i principali Paesi di origine”. A ruota segue il tema Afghanistan e non a caso si fa riferimento alla necessità di “affrontare le sfide in evoluzione e coordinare risposte comuni”.
    Con questo stato dell’arte, ricominceranno gli incontri bilaterali tra governi, i confronti tra i singoli Paesi della regione con la Commissione Europea e il dialogo Serbia-Kosovo. Ma “per promuovere ulteriormente i nostri interessi comuni”, i leader europei e balcanici hanno espresso la disponibilità a “rinvigorire il dialogo politico”. Il vertice UE-Balcani Occidentali diventa un evento regolare. Ci si rivede nel 2022, con la sensazione che non si riprenderà da basi più avanzate di quelle poste da questo summit controverso e, in parte, deludente.

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    Attesa per il vertice UE-Balcani Occidentali: impegno per l’allargamento, ma nessuno si sbilancia sulle tempistiche

    Dall’inviato
    Kranj –  Sotto l’acqua battente di una giornata d’autunno in Slovenia c’è appena il tempo di una passerella veloce per i leader europei e balcanici, prima dell’inizio del vertice UE-Balcani occidentali. “Buongiorno! Tutto bene, grazie”, ha tagliato corto Mario Draghi, percorrendo in velocità il tappeto rosso ormai pieno di pozzanghere. Il premier italiano non si è sbottonato, tenendo la stessa linea di “no comment” verso la stampa mostrata ieri sera (martedì 5 ottobre), all’arrivo al castello di Brdo per il vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’UE.
    In verità, sono stati pochi i leader disponibili a parlare con i giornalisti. Non Angela Merkel, nascosta sotto l’ombrello nero con il logo della presidenza slovena del Consiglio dell’UE, non Emmanuel Macron, che ha schivato con un sorriso beffardo le domande sulle prospettive dell’autonomia militare dell’Unione, dopo le discussioni alla cena dei Ventisette. Hanno fatto eccezione il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel – protagonista di un scambio di pacche sulle spalle con l’omologo albanese, Edi Rama – e il premier del Kosovo, Albin Kurti, che ha richiamato l’Unione Europea a “rispettare gli impegni presi” sia sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari, sia sull’allargamento dell’UE nei Balcani”. Riguardo alle ultime difficoltà del dialogo Pristina-Belgrado, Kurti ha indicato nel reciproco riconoscimento “l’unica soluzione credibile, giusta e sostenibile” per la normalizzazione dei rapporti con la Serbia (il presidente serbo, Aleksander Vučić, non ha rilasciato dichiarazioni), mentre ai cinque Paesi UE che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia) il premier Kurti ha chiesto che “si allineino al più presto agli altri”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, prima del vertice UE-Balcani Occidentali (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Più inclini a rilasciare dichiarazioni i leader delle istituzioni europee, a partire dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Oggi lanciamo un messaggio molto chiaro, che vogliamo i Paesi dei Balcani occidentali nell’Unione Europea, perché siamo un’unica famiglia“, ha sottolineato con forza, ricalcando le rassicurazioni fornite nel corso del suo viaggio della settimana scorsa nella regione. La capa dell’esecutivo comunitario aveva indicato nel 31 dicembre 2021 la data entro cui dovranno iniziare i negoziati per l’adesione di Albania e Macedonia del Nord, ma al momento nessun leader europeo si è voluto sbilanciare su una data certa, né per i due Paesi bloccati dal veto della Bulgaria, né per l’intero processo di allargamento ai Sei balcanici.
    “Per noi questo vertice sarà l’occasione di confermare la prospettiva europea dei Balcani”, ha confermato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ma anche per “ribadire che siamo pronti a mobilitare grossi investimenti per sostenere le loro riforme economiche e la lotta alla corruzione”. Michel ha definito quello di oggi “uno scambio di vedute aperto e libero”, finalizzato a “capire i prossimi passi” sulla strada dell’allargamento UE. Commenti in perfetto stile diplomatico, che nascondo incertezze e divisioni sulle tempistiche di questo processo. Sembra improbabile che nei prossimi mesi si assisterà a un’accelerazione, anche considerata la situazione interna dei due Paesi che ‘pesano’ di più a Bruxelles: la Francia è prossima alle elezioni presidenziali e difficilmente Macron si esporrà troppo su questo tema delicato, la Germania è impegnata nella formazione del nuovo governo e per il momento non spingerà più di quanto già fatto.
    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, prima del vertice UE-Balcani Occidentali (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Nemmeno l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è voluto sbilanciare sul tema dell’ostacolo bulgaro sulla strada dell’adesione UE della Macedonia del Nord (e di rimando dell’Albania, dal momento in cui i quadri negoziali di Skopje e Tirana sono affrontati da Bruxelles come un unico pacchetto). L’alto rappresentante ha però esortato tutti i Paesi membri a mantenere il processo di allargamento “una strada credibile e di cui ci si può fidare”, una volta soddisfatti i criteri per avviare i negoziati. Nel frattempo, il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha esortato i convenuti a Kranj a  a impegnarsi a fondo nel dialogo: “Serve nuovo e forte impulso, è giunto il momento di superare i ritardi e gli attuali blocchi”, si legge nella lettera inviata al presidente del Consiglio Europeo prima dell’inizio del vertice UE-Balcani Occidentali. “Questo nuovo slancio non può che avere un effetto positivo nella regione e potrebbe contribuire alla sua trasformazione democratica e alle relazioni di buon vicinato”, ha ricordato Sassoli, avvertendo che “ogni ulteriore esitazione rischia di incoraggiare altri attori che desiderano acquisire influenza nella regione”.

    We call on leaders at the #EUWBSummit2021 to give new impetus to the accession process.
    Enlargement, based on common values, benefits us all – it is time to move forward.
    Further delay risks encouraging others who wish to gain influence in the region. https://t.co/450JxorPdd
    — David Sassoli (@EP_President) October 6, 2021

    Si è aperto in Slovenia il summit tra i leader UE e balcanici, per rafforzare le prospettive europee dei Paesi della regione e il loro processo di adesione. Rimane però difficile un’accelerazione entro la fine dell’anno

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    I negoziati di adesione UE di Albania e Macedonia del Nord dovrebbero iniziare “entro la fine del 2021”

    Bruxelles – C’è una nuova data-limite per l’apertura dei negoziati di adesione all’UE di Albania e Macedonia del Nord: il 31 dicembre 2021. Ma stavolta sarà bene che non si riveli l’ennesima promessa non mantenuta da Bruxelles, o il processo di allargamento dell’Unione nei Balcani Occidentali rischierà di essere compromesso alla radice.
    L’obiettivo è stato fissato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, durante la prima conferenza stampa del suo viaggio di tre giorni nelle sei capitali balcaniche. Accanto a lei, sulla tribuna a Tirana, lo sguardo del premier albanese, Edi Rama, è uno di quelli ancora pieni di fiducia nella prospettiva europea del Paese, ma con una punta di frustrazione per i continui rinvii delle istituzioni UE, nonostante tutte le richieste per l’apertura dei capitoli negoziali siano già state soddisfatte.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il premier albanese, Edi Rama, a Tirana (28 settembre 2021)
    “Voglio essere molto chiara, io e il mio gabinetto siamo fortemente convinti che il futuro dell’Albania sia nell’Unione Europea”, ha esordito von der Leyen. “Per questo motivo vogliamo che le prime conferenze intergovernative si possano organizzare entro la fine dell’anno“. La presidente dell’esecutivo comunitario ha riconosciuto gli sforzi del Paese nell’intraprendere il cammino europeo – in particolare “sulla riforma del sistema giudiziario, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata” – e ha definito il vertice UE-Balcani Occidentali in programma il prossimo 6 ottobre a Kranj (Slovenia) “un’occasione per dialogare direttamente con un futuro membro dell’Unione come è l’Albania”.
    Il premier albanese Rama ha dimostrato una particolare lucidità nel distinguere i problemi e le posizioni delle diverse istituzioni europee. “Io non scommetto più su nessuna data, ma aspetto in serenità ciò che succederà: ci vuole pazienza, noi siamo pronti, il resto dipende dai nostri interlocutori”, ha commentato sulla questione delle tempistiche per l’adesione all’UE. “Apprezzo l’obiettivo fissato dalla Commissione, ma capisco perfettamente cosa sta succedendo al Consiglio e nei singoli Paesi membri”, ha aggiunto Rama. Con un sorriso amaro, il primo ministro ha ricordato che “l’Albania è in una situazione assurda. Siamo ostaggio del veto della Bulgaria alla Macedonia del Nord, anche se potremmo già sederci al tavolo dei negoziati a Bruxelles”. Da Tirana non c’è comunque nessuna intenzione di tirarsi indietro: “Siamo fortunati a essere nati in questo continente e poter aspirare all’accesso all’Unione Europea, che è a servizio dei cittadini”, ha ribadito Rama.

    Delighted to start my visit to the Western Balkans in Albania.⁰My message is clear: Albania’s future is in the EU. The @EU_Commission stands firmly by this commitment. With good progress on justice reforms, Albania has clearly delivered. Now the EU should do too. pic.twitter.com/VLYjz7s8oU
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 28, 2021

    L’apertura dei negoziati di adesione all’UE per Albania e Macedonia del Nord passa però dalla questione scottante dello stallo imposto in seno al Consiglio dalla Bulgaria. Ed è proprio a Skopje che l’atmosfera si fa più pesante. “Il veto rischia di mettere in discussione la credibilità dell’Unione Europea come partner“, è stato il duro commento del premier macedone, Zoran Zaev, durante la conferenza stampa congiunta con von der Leyen, arrivata nella capitale della Macedonia del Nord nel primo pomeriggio. “Noi ci siamo impegnati a seguire i valori europei, ma con questo veto è la stessa Unione a metterli in discussione”, ha aggiunto.
    Anche per Skopje comunque non è in discussione il cammino europeo, almeno per il momento: “Questo processo non ha alternative e serve un nuovo impegno da parte di tutti, perché non si incoraggino le forze contrarie all’unità e ai valori europei”, ha ribadito con forza il premier macedone. Zaev ha espresso la sua gratitudine alla presidente von der Leyen per il “continuo impegno profuso per l’adesione della Macedonia all’UE” e ha chiesto che durante il summit in programma mercoledì prossimo a Kranj “i ventisette leader europei ribadiscano l’impegno per l’allargamento dell’Unione ai Balcani“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il premier macedone, Zoran Zaev, a Skopje (28 settembre 2021)
    Il riferimento al veto della Bulgaria è stato esplicito: “Ci aspettiamo che Sofia approvi il quadro come gli altri ventisei Paesi membri“, è stata l’esortazione del primo ministro, che ha anche sottolineato che il via libera non può riguardare altro se non “i nostri successi sul piano delle riforme”. Per qualsiasi altra questione che sta bloccando l’avvio dei negoziati Zaev si è detto disponibile a impegnarsi in colloqui bilaterali “con il mutuo rispetto della dignità nazionale”.
    Anche a Skopje la presidente della Commissione Europea ha confermato che il suo obiettivo è quello di avviare i negoziati di adesione all’UE di Macedonia del Nord e Albania entro la fine del 2021: “Sarò sincera, adesso è compito dell’Unione Europea risolvere la questione dello stallo“. Anche per il popolo macedone “il futuro è nell’Unione Europea e il mio gabinetto è fortemente legato a questa promessa”, ha ribadito von der Leyen, che ha chiesto di “non perdere la pazienza e la fiducia” nell’Europa: “Avete il supporto di tanti a Bruxelles e non solo, arriviamo fino in fondo”.

    North Macedonia has made outstanding progress on EU-related reforms and taken courageous decisions. I support the formal opening of accession negotiations with North Macedonia & Albania, as soon as possible.  You will be part of the EU.
    It is not a question of if, but when. pic.twitter.com/LkOX9XBAH8
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 28, 2021

    Vaccini e investimenti
    Se gli ostacoli al processo di adesione all’UE di Albania e Macedonia del Nord sono stati inevitabilmente il tema cruciale nelle prime due tappe del viaggio di von der Leyen nei Balcani, la presidente della Commissione Europea ha voluto anche sottolineare il contributo dell’Unione alla ripresa economica e sociale della regione dopo la pandemia COVID-19.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
    Per quanto riguarda l’invio di vaccini, da maggio a oggi sono state donate 430 mila dosi a Tirana e 270 mila a Skopje grazie al pacchetto Team Europe, del valore di quasi 40 miliardi di euro: “Sappiamo di avere un inizio difficile, ma ora siamo in grado di aiutarvi nello sforzo di proteggere tutta la popolazione”, ha ribadito von der Leyen. Un’altra “notizia positiva” è l’adozione dell’equivalenza del certificato COVID digitale, “grazie alla quale è stata eliminata ogni restrizione di viaggio legata alla pandemia” tra l’Unione Europea e i due Paesi balcanici.
    Altro punto su cui ha insistito von der Leyen è il Piano economico e di investimenti da 29 miliardi di euro, annunciato il 6 ottobre dello scorso anno e sbloccato dall’accordo tra Parlamento e Consiglio dell’UE sullo strumento di assistenza pre-adesione IPA III. La presidente della Commissione Europea ha sottolineato che servirà a “sostenere la ripresa della regione dopo questa crisi, puntando su investimenti per il futuro digitale e sostenibile dei Balcani”. Inoltre, per rafforzare la convergenza economica a lungo termine con i Paesi membri dell’UE, “proporremo di aumentare il budget di altri 600 milioni di euro entro la fine dell’anno“, ha promesso von der Leyen.
    Il capitolo Serbia-Kosovo
    Un ultimo punto di confronto con i leader della regione balcanica ha riguardato la tensione crescente tra Belgrado e Pristina, scatenata dalla ‘battaglia delle targhe’. La leader dell’esecutivo UE si è detta “molto preoccupata per la situazione che si è creata” tra Serbia e Kosovo e ha chiesto “un immediato ritorno al dialogo”, portando l’esempio positivo della nascita dell’Unione Europea: “È un processo lungo, ma che conduce a un futuro di pace e di sviluppo”. L’unica soluzione per i due Paesi è “confrontarsi positivamente al tavolo dei negoziati”, ha sottolineato von der Leyen.
    Non è solo l’esecutivo comunitario a essere preoccupato per le implicazioni della nuova causa di conflittualità tra Pristina e Belgrado. “La Serbia e il Kosovo devono trovare urgentemente una soluzione pacifica e sostenibile per garantire la sicurezza di tutti i cittadini”, si legge in una dichiarazione firmata dai relatori del Parlamento UE per la Serbia, Vladimír Bilčík, e per il Kosovo, Viola von Cramon-Taubadel, e dai presidenti della delegazione alla commissione parlamentare di Stabilizzazione e associazione UE-Serbia, Tanja Fajon, e per le relazioni con Bosnia ed Erzegovina e Kosovo, Romeo Franz.
    Le richieste degli eurodeputati vanno dal “ritiro della polizia speciale e di qualsiasi unità dell’esercito” allo “smantellamento dei posti di blocco” in Kosovo. Ma “devono cessare” anche tutte le “azioni unilaterali, le provocazioni e la retorica infiammatoria, che aumentano le tensioni e colpiscono il benessere delle comunità locali”. Per i leader di Serbia e Kosovo l’esortazione è di “utilizzare la piattaforma del dialogo facilitato dall’UE per risolvere tutte le questioni aperte, comprese quelle relative alla libertà di movimento”.
    La questione ha un impatto diretto sulle stesse prospettive europee di Serbia e Kosovo, dal momento in cui “la normalizzazione delle relazioni è una precondizione per l’adesione all’UE“, hanno ricordato gli europarlamentari. “È essenziale per garantire la stabilità e la prosperità nella regione in generale” e per questo motivo le due parti devono “impegnarsi nuovamente in modo attivo e costruttivo” per cercare un accordo “globale, sostenibile e giuridicamente vincolante”.

    ‘Serbia and Kosovo must urgently find a peaceful and sustainable solution in order to ensure the security and safety of all citizens.’
    Joint statement with @VladoBilcik, @tfajon & @RomeoFranz1 👇 https://t.co/CvtB22zPFq
    — Viola von Cramon (@ViolavonCramon) September 28, 2021

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    Allargamento UE, Sassoli riceve presidenti dei Parlamenti balcanici: “Istituzioni siano motore di pace e democrazia”

    Bruxelles – Se la politica di allargamento dell’UE rispecchiasse fedelmente le espressioni di intenti, l’Unione sarebbe già da tempo ben avviata sulla strada dei trentatré Paesi membri. I progressi dei sei Stati dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Eerzegovina, Macedonia del nord, Montenegro, Kosovo, Serbia), in materia di riforme e cooperazione regionale sono stati evidenziati a più riprese a Bruxelles ma, per motivazioni che variano da caso a caso, l’orizzonte dell’adesione è ancora lontano. Rimane però una certezza: se le promesse non saranno seguite da fatti concreti, l’entusiasmo cederà il passo alla disillusione e i Balcani guarderanno con sempre più interesse ad altre potenze, come Russia e Cina.
    Di tutto questo si è parlato nel corso del secondo vertice del Parlamento Europeo e dei presidenti dei Parlamenti dei Balcani Occidentali (lunedì 28 giugno), a distanza di un anno e cinque mesi dal primo incontro di questo tipo a Bruxelles. Un’occasione per ribadire il ruolo centrale delle istituzioni democratiche nel processo di allargamento UE nella regione, con l’impegno a rafforzarne la dimensione parlamentare.
    Il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, firma la dichiarazione congiunta durante il secondo vertice con i presidenti dei Parlamenti dei Balcani Occidentali (28 giugno 2021)
    Tutto ciò è emerso non solo dallo scambio di vedute durante la riunione, ma anche da quanto messo nero su bianco nella dichiarazione congiunta del presidente del Parlamento UE, David Sassoli, degli omologhi dei Parlamenti portoghese e sloveno (rispettivamente Igor Zorčič ed Eduardo Ferro Rodrigues), in rappresentanza delle presidenze attuali e future del Consiglio dell’UE, e di quelli balcanici: Gramoz Ruçi (Albania), Bakir Izetbegović (Bosnia ed Erzegovina), Glauk Konjufca (Kosovo), Talat Xhaferi (Macedonia del Nord), Aleksa Bečić (Montenegro) e Ivica Dačić (Serbia).
    Anche in vista del summit UE-Balcani Occidentali che dovrebbe tenersi a Lubiana durante il semestre di presidenza slovena, la prospettiva dei Parlamenti nazionali dovrà essere sempre più quella di uno “spazio inclusivo di dialogo”, con l’obiettivo di “favorire la riconciliazione” e di “fornire un contributo diretto alla pace, alla stabilità, alla prosperità e al rafforzamento della democrazia” in tutta la regione. Il focus su cui lavorare rimane l’attuazione delle riforme richieste da Bruxelles, dallo Stato di diritto all’indipendenza della magistratura, dal pluralismo all’indipendenza del media e della magistratura, fino alla parità di genere e alla lotta contro i cambiamenti climatici.
    Ma se le istituzioni balcaniche dovranno dimostrare un vero impegno su questi punti, altrettanto fondamentale sarà quello che l’Unione Europea dovrà mettere in campo. Non solo attraverso il dialogo interparlamentare con l’Eurocamera e il coinvolgimento della società civile dei Balcani durante la Conferenza sul futuro dell’Europa, ma soprattutto “tenendo fede alle promesse” del Consiglio dell’UE. L’invito è ad accelerare il processo di allagamento, “un interesse politico, economico e di sicurezza della stessa Unione”, conclude la dichiarazione congiunta.

    Very positive 2nd summit with the speakers from the #WesternBalkans!
    Enlargement means hope, for all sides! We call on the Council to keep its promises and speed up the enlargement process.
    This is a geostrategic investment, for a strong, united Europe. https://t.co/znHkqeU1NH pic.twitter.com/ounhDFgGXS
    — David Sassoli (@EP_President) June 28, 2021

    L’esortazione ai governi dei Ventisette nel rispettare le promesse fatte ai Paesi balcanici è stata ribadita con forza anche dal presidente del Parlamento UE, che dopo l’incontro ha parlato di “speranza per tutte le parti” se si procederà sulla strada dell’allargamento dell’Unione. Il processo di adesione dei Balcani occidentali “basato sul merito” rappresenta un “investimento geostrategico, per un’Europa forte e unita“, ha commentato su Twitter.
    Secondo Sassoli, questa consapevolezza scaturisce dalle conseguenze della pandemia COVID-19, che “ha ulteriormente evidenziato quanto dipendiamo gli uni dagli altri per affrontare le sfide attuali e future”. In questo senso, gli atti di solidarietà e cooperazione a livello finanziario e umanitario confermano gli sforzi dell’UE per “contribuire allo sviluppo sostenibile e alla ripresa socio-economica a lungo termine” della regione.
    Ma il vero “motore di pace e democrazia” sono proprio i Parlamenti nazionali, che “possono favorire la comprensione reciproca e la riconciliazione nei Balcani occidentali”. Con questo obiettivo, l’Eurocamera “rimarrà un partner impegnato verso un futuro europeo comune” e offrirà sostegno in diversi modi: sia nell’area della “mediazione e dialogo”, sia nel “rafforzamento delle capacità parlamentari”, ma anche attraverso “l’osservazione elettorale e le azioni per i diritti umani”, è stata la promessa del presidente del Parlamento Europeo al termine del vertice.
    Da sinistra, i presidenti: Igor Zorčič (Assemblea nazionale slovena), Talat Xhaferi (Assemblea della Macedonia del Nord), Aleksa Bečić (Assemblea del Montenegro), Bakir Izetbegović (Camera dei Popoli della Bosnia ed Erzegovina), David Sassoli (Parlamento Europeo), Gramoz Ruçi (Assemblea di Albania), Ivica Dačić (Assemblea nazionale della Serbia) e Glauk Konjufca (Assemblea del Kosovo)

    Nella dichiarazione congiunta firmata durante il secondo vertice interparlamentare è stato ribadito l’impegno a collaborare per “favorire la riconciliazione nella regione”. Dal presidente dell’Eurocamera l’invito al Consiglio dell’UE a “rispettare le promesse” per l’adesione dei sei Paesi

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    Allargamento UE, al via prime conferenze intergovernative con Serbia e Montenegro. Ma è ancora stallo in Consiglio su Albania e Macedonia

    Bruxelles – Prende sempre più slancio la prospettiva europea di Serbia e Montenegro. Dopo l’adozione della nuova metodologia per i negoziati di adesione dei due Paesi dei Balcani occidentali, ieri sera (martedì 22 giugno) sono state avviate le prime conferenze intergovernative con i rappresentanti politici di Belgrado e Podgorica. A presiederle, il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e la segretaria di Stato portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Ana Paula Zacarias.
    “Sono lieto che il Montenegro e la Serbia abbiano accettato la metodologia rivista, aprendo la porta alle prime conferenze intergovernative politiche”, ha sottolineato il commissario Várhelyi, dopo aver accolto prima il team montenegrino guidato dal primo ministro, Zdravko Krivokapić, e successivamente quello serbo della premier, Ana Brnabić. “Come abbiamo visto stasera, su questa base rilanceremo il processo di adesione rendendolo più prevedibile, più credibile, più dinamico e soggetto a un orientamento politico più forte”.
    Sul fronte di Podgorica, “questo incontro invia un forte segnale politico dell’impegno dell’Unione Europea“, aprendo la porta a un confronto politico “aperto” sulle riforme chiave. Il Montenegro ha già aperto tutti i capitoli negoziali, ma Várhelyi ha precisato che ora sono necessarie “discussioni sullo Stato di diritto, che determineranno il ritmo dei nostri negoziati“. La priorità “assoluta” su cui è stato trovato un accordo è “soddisfare i parametri intermedi stabiliti nei capitoli sullo Stato di diritto”, vale a dire il 23 (potere giudiziario e diritti fondamentali) e il 24 (giustizia e affari interni). “Mi ha fatto piacere sentire l’impegno e il piano molto dettagliato del primo ministro per affrontare le questioni in sospeso”, ha sottolineato il commissario, che ha assicurato anche il sostegno di Bruxelles per la ricostruzione dell’economia montenegrina dopo la crisi COVID-19.

    At 1st political Intergovernmental Conference w #Montenegro under revised methodology tonight: Strong political signal & political dialogue on key reforms. 🇲🇪 already opened all chapters & needs to focus on rule of law to fulfil opening benchmarks in chapters 23&24. pic.twitter.com/dSkPbHMfG0
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) June 22, 2021

    A stretto giro, si è tenuta anche la prima conferenza intergovernativa con i rappresentanti serbi. “Abbiamo avuto una discussione sostanziale su ciò che dovrà essere fatto e abbiamo anche fatto il punto sui progressi”, è stato il commento del commissario Várhelyi. Per quanto riguarda i progressi, è stato aperto il primo cluster (gruppo tematico di capitoli negoziali) sullo Stato di diritto. Di conseguenza, “possiamo passare a dinamizzare il processo di adesione per la Serbia durante la presidenza slovena”, a partire dal primo luglio e per tutto il prossimo semestre.
    I passi in avanti anche sul terzo cluster (competitività e crescita inclusiva) e il quarto (Agenda verde e connettività sostenibile) danno la speranza che si crei un “nuovo slancio per tutti noi”, ha aggiunto Várhelyi. Ma “serve che la Serbia sia all’altezza“: un messaggio politico che la premier Brnabić “ha sentito da tutti noi”. Anche in relazione alle questioni in sospeso a livello regionale, dialogo Belgrado-Pristina su tutte.

    At 1st political Intergovernmental Conference w #Serbia under revised methodology tonight. We had a substantial discussion on what needs to be done&took stock of progress. 🇷🇸 has done significant work in last months&accelerated reforms, be it on the rule of law or clusters 3&4. pic.twitter.com/YqhAm6sOGC
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) June 22, 2021

    Ma il commissario europeo si è trovato costretto a commentare anche i (non) risultati del Consiglio Affari Generali di ieri sul tema dell’allargamento dell’UE nei Balcani occidentali. Perché se “la presidenza portoghese ha compiuto enormi sforzi in tutti i fascicoli-chiave” – dall’accordo politico con il Parlamento UE sullo strumento IPA III di finanziamento del Piano economico e degli investimenti, alla nuova metodologia negoziale per Serbia e Montenegro – è anche vero che il quadro negoziale per l’avvio del processo di adesione di Albania e Macedonia del Nord è ancora in stallo.
    “Negli ultimi mesi abbiamo percorso molto terreno”, ma “non siamo stati in grado di concludere questo lavoro durante il semestre portoghese”. Durante la presidenza slovena, “che è pronta a portarlo avanti”, è necessario un “vero impegno per aprire le prime conferenze intergovernative con entrambi i Paesi“, ha concluso Várhelyi. “Nonostante l’impegno profuso, non è stato possibile arrivare a un’intesa tra i ministri”, ha confermato in conferenza stampa la segretaria di Stato portoghese Zacarias. “Abbiamo preso nota degli ultimi sviluppi e sottolineato l’importanza strategica del processo di allargamento dell’Unione”.
    A bloccare l’avvio delle conferenze intergovernative con Tirana e Skopje, come sei mesi fa, è stato il veto della Bulgaria sul quadro negoziale per l’adesione della Macedonia del Nord. La conferma è arrivata dallo stesso viceministro degli Esteri bulgaro, Rumen Alexandrov, a margine del vertice dei ministri UE di ieri: “Il nostro approccio è costruttivo e in buona fede, ma ci aspettiamo che Skopje inizi a mettere in pratica gli impegni assunti ad alto livello“, compresa “l’esplicita rinuncia alle rivendicazioni territoriali, etniche e storiche nei confronti della Bulgaria e all’istigazione all’odio verso i bulgari”. Tutte motivazioni, più o meno di facciata, che da mesi giustificano la posizione assunta dal governo di Sofia in seno al Consiglio.

    Rilanciato il processo di adesione dei due Paesi dei Balcani occidentali con “forti segnali politici da parte dell’Unione”, ha rivendicato il commissario Várhelyi. Il veto della Bulgaria su Skopje blocca ancora l’avvio degli altri due negoziati