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    Georgia a rischio paralisi: si acuisce la crisi politica, tra tensioni istituzionali e violenze di piazza

    Bruxelles – La Georgia sembra sempre di più una polveriera pronta ad esplodere. Le proteste, violente, contro il governo filorusso durano da quattro giorni, con decine di feriti ricoverati in ospedale sia tra i manifestanti sia tra la polizia (che sta reprimendo con la forza il dissenso) e con i disordini estesi ormai a diverse città oltre la capitale Tbilisi. All’acuirsi dello scontro in piazza si sta sommando anche un duro scontro a livello politico e istituzionale, che rischia di paralizzare (o destabilizzare ulteriormente) il piccolo Paese caucasico, sempre più in bilico tra l’Europa e la Russia.Non si placano le protesteA cominciare dalla notte di giovedì (28 novembre), per quattro giorni migliaia di cittadini hanno occupato viale Rustaveli, l’arteria di Tbilisi dove ha sede il Parlamento nazionale. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’annuncio da parte del governo, guidato dal premier Irakli Kobakhidze e dal suo partito Sogno georgiano, di sospendere fino al 2028 i negoziati per l’adesione all’Ue (un obiettivo sancito dalla Costituzione).L’esecutivo ha addotto come giustificazione il “ricatto” da parte di Bruxelles – che ha congelato quest’estate il percorso di Tbilisi verso il club a dodici stelle in seguito all’approvazione di una serie di provvedimenti che considera liberticidi e antitetici ai valori europei – nei confronti della Georgia, la quale secondo Kobakhidze continuerà sul percorso di avvicinamento all’Unione “con dignità”, senza compromettere la propria sovranità. I georgiani hanno contestato questa decisione come l’ennesima dimostrazione che il partito di governo sta cercando di avvicinare Tbilisi alla Russia di Vladimir Putin e di allontanarlo dall’Europa.I manifestanti sparano fuochi artificiali contro la polizia in tenuta antisommossa per le strade di Tbilisi, nella notte tra il 30 novembre e il primo dicembre 2024 (foto: Giorgi Arjevanidze/Afp)Così, sono scesi in piazza con le bandiere nazionali e quelle dell’Ue: per quattro giorni, hanno eretto barricate e avviato una vera e propria guerriglia urbana, sparando fuochi artificiali contro le forze di sicurezza che, in tenuta antisommossa, hanno risposto caricando violentemente i manifestanti e impiegando proiettili di gomma ad altezza uomo, granate stordenti, spray urticanti e cannoni ad acqua per disperderli. Alcune immagini immortalano dei manifestanti dare fuoco a delle effigi di Bidzina Ivanishvili, l’oligarca filorusso fondatore di Sogno georgiano ed eminenza grigia della nazione caucasica.Durante il weekend le proteste, anziché placarsi, si sono intensificate e si sono estese anche a diverse altre città in tutto il Paese. Secondo le cifre circolate nelle prime ore di oggi (2 dicembre), almeno 44 persone sarebbero finite in ospedale, tra cui 27 manifestanti, 16 poliziotti e un giornalista, mentre gli arresti sarebbero già oltre il centinaio.Si aggrava lo scontro istituzionaleL’ondata di proteste sta scuotendo il Paese almeno dal 27 ottobre scorso, all’indomani di controverse elezioni che hanno visto trionfare per la quarta volta di fila Sogno georgiano e che le opposizioni parlamentari (e gli osservatori elettorali) hanno denunciato come irregolari, chiedendone la ripetizione sotto monitoraggio internazionale.Ma il caos in Georgia non è solo nelle strade. Anche ai più alti vertici dello Stato si sta andando verso un muro contro muro dagli esiti imprevedibili e potenzialmente rischiosi. Dopo aver partecipato di persona alle proteste di piazza, sabato scorso (30 novembre) la presidente europeista Salomé Zourabichvili ha dichiarato che “non c’è alcun Parlamento legittimo e, quindi, un Parlamento illegittimo non può eleggere un nuovo presidente”, aggiungendo che “nessuna inaugurazione può aver luogo e il mio mandato continuerà fino a quando un Parlamento legittimamente eletto sarà formato”.La presidente della Repubblica georgiana Salomé Zourabichvili durante un comizio anti-governativo di fronte al Parlamento, il 28 novembre 2024 (foto: Giorgi Arjevanidze/Afp)Zourabichvili, il cui mandato scade il prossimo 14 dicembre, ha più volte rifiutato di riconoscere i poteri del nuovo emiciclo definendolo “incostituzionale”, mentre i parlamentari delle opposizioni lo stanno boicottando evitando di occupare i propri seggi in Aula. Ma le forze governative dispongono ugualmente dei numeri per insediare la nuova legislatura e hanno avviato i lavori della nuova assemblea, nominando peraltro il proprio candidato alla successione di Zourabichvili nella figura dell’ex calciatore Mikheil Kavelashvili.Se le parti non scenderanno a compromessi – ed è difficile al momento vedere come possano farlo – il rischio è che lo scontro istituzionale frontale possa degenerare in un più concreto conflitto per catturare, o mantenere, il potere politico in un Paese le cui strutture democratiche stanno scricchiolando sempre di più e il tessuto sociale sembra prossimo al punto di rottura. A gettare ulteriore benzina sul fuoco, Kobakhidze ha riportato che l’intelligence e i servizi di sicurezza georgiani avrebbero riferito di tentativi di “rovesciare il governo con la forza” da parte di “specifici partiti politici”, senza scendere nei dettagli di queste gravi accuse.Nel frattempo, nelle ultime ore si sono susseguite una serie di dimissioni negli apparati statali georgiani tra ambasciatori, funzionari pubblici (inclusi quelli di vari ministeri e della banca centrale) e insegnati in polemica con la decisione di interrompere il dialogo con Bruxelles.Le reazioni dall’esteroGli sviluppi in Georgia continuano a rimanere sotto l’attenzione dei principali attori internazionali. A nome dell’Ue, l’Alta rappresentante Kaja Kallas e la commissaria all’Allargamento Marta Kos (entrambe entrate in carica il primo dicembre) hanno dichiarato in una nota congiunta che la sospensione dei negoziati di adesione “segna uno scarto rispetto alle politiche di tutti i precedenti governi georgiani e alle aspirazioni della vasta maggioranza del popolo georgiano”. Quanto all’eccessiva violenza contro i manifestanti, Bruxelles ammonisce Tbilisi che “queste azioni da parte del governo georgiano avranno dirette conseguenze” sulle relazioni bilaterali con l’Ue, che rimane in attesa del rapporto finale dell’Osce sulla condotta delle elezioni del 26 ottobre (elezioni che l’Eurocamera di Strasburgo ha chiesto di ripetere).L’Alta rappresentante Ue per la politica estera Kaja Kallas e la commissaria all’Allargamento Marta Kos rendono omaggio alle vittime dell’aggressione russa a Kiev, il primo dicembre 2024 (foto: Sergei Chuzavkov/EU)Dall’altro lato dell’Atlantico, gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione della Strategic partnership avviata con il Paese caucasico nel 2009, un meccanismo di cooperazione bilaterale nelle aree relative a democrazia, difesa e sicurezza, economia, commercio ed energia e scambi culturali. Le motivazioni di Washington sono da rintracciarsi nel “regresso democratico” dell’ex repubblica sovietica sotto la guida di Sogno georgiano, che “ha rifiutato l’opportunità per legami più stretti con l’Europa e reso la Georgia più vulnerabile al Cremlino”. Kobakhidze ha detto di non essere preoccupato dalla decisione del presidente uscente Joe Biden e di aspettare l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca per lavorare proficuamente con la nuova amministrazione.I commenti che giungono da Mosca sono invece di tenore opposto, con il dito puntato dal numero due del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev contro presunte interferenze straniere nelle vicende domestiche georgiane, volte secondo lui ad aizzare una rivoluzione colorata anti-russa. Secondo l’ex presidente della Federazione, Tbilisi si starebbe “muovendo rapidamente lungo il sentiero ucraino, verso l’oscuro abisso”, in un riferimento neanche troppo velato alla crisi iniziata a Kiev con le proteste dell’Euromaidan e precipitata con l’invasione russa del febbraio 2022. “Di solito, questo genere di cose finisce molto male”, ha aggiunto minaccioso.

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    Kallas, la priorità Ue è l’Ucraina: “La Russia non può vincere”. E respinge le accuse di doppi standard in Medio Oriente

    Bruxelles – Due priorità urgenti, la guerra della Russia in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente. Sulla prima pochi dubbi, Kiev “deve vincere con l’assistenza militare ed economica necessaria“, sul secondo tante incognite. Kaja Kallas, indicata dai governi dei 27 per sostituire Josep Borrell come Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, si è sottoposta questa mattina (12 novembre) allo scrutinio dell’Eurocamera, in contemporanea con l’audizione di Raffaele Fitto. Insieme all’italiano e agli altri vicepresidenti esecutivi della Commissione europea designati, Kallas dovrà attendere fino a domani – o addirittura la settimana prossima – per conoscere l’esito del suo ‘esame’.Sulla vocazione europeista dell’ex eurodeputata liberale, che a Bruxelles fa parte della famiglia politica di Renew, e sulla conoscenza del palcoscenico internazionale acquisita nei quattro anni da primo ministro dell’Estonia, nessuna perplessità. Ma il via libera a Kaja Kallas non arriverà oggi: fonti parlamentari confermano che i gruppi politici hanno deciso di valutare le audizioni dei sei vice di von der Leyen a pacchetto, per scongiurare eventuali pugnalate alle spalle, in particolare su Fitto e sulla socialista spagnola Teresa Ribera.Per Kallas, quarantasettenne “cresciuta dietro la cortina di ferro”, nell’allora repubblica sovietica di Estonia, il nemico pubblico numero uno non può che essere la Russia di Vladimir Putin. Insieme a Cina, Corea del Nord e Iran, gli attori che “mirano a cambiare l’ordine internazionale“. In quattro, producono “più munizioni dell’intera alleanza euroatlantica”, ha evidenziato la liberale estone, annunciando la stesura di un libro bianco sulla difesa nei primi cento giorni del suo mandato e una stretta collaborazione con il futuro commissario Ue alla difesa.Sull’Ucraina, Kallas si pone in piena continuità rispetto alla linea tracciata dal predecessore Borrell, fatta di sostegno economico e militare da un lato, politico e diplomatico dall’altro. “La guerra finirà quando la Russia si renderà conto di aver commesso un errore“, ha affermato Kallas, fugando ogni dubbio sulla possibilità che l’Ue avalli una trattativa di pace con Mosca che non sia “una pace sostenibile”, alle condizioni di Kiev.Anzi, secondo l’ex premier estone il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, “dovrebbe preoccuparsi di come rispondiamo alla guerra della Russia in Ucraina”, perché strettamente legata all’antagonismo tra Washington e Pechino. Per Kallas, il legame transatlantico resterà imprescindibile, perché “siamo l’alleanza più forte e dobbiamo rimanere vicini”. Agli eurodeputati sovranisti della commissione Affari Esteri (Afet) che la incalzavano sulla politica definita “fallimentare” delle sanzioni europee a Mosca, Kallas ha risposto duramente: “State solo ripetendo le false narrazioni russe”.Per Kallas, la ragione per cui non l’Ue non deve cedere e fare concessioni a Mosca è naturale: “Se l’aggressione paga da qualche parte”, sarebbe “un invito ad altri a farlo altrove”. Se la Russia ottenesse qualcosa, allora “tutti potrebbero fare guerre e prendere ciò che vogliono“. Chiarendo questo punto, Kallas ha inevitabilmente prestato il fianco alle accuse di applicare doppi standard in Ucraina e in Medio Oriente.Kallas sulla sospensione dell’Accordo Ue-Israele: “Discuterne con Tel Aviv”Accuse prontamente respinte: “Siamo il più grande donatore per l’Autorità Nazionale Palestinese e in supporto al popolo palestinese”, ha rivendicato Kallas. L’impressione però è che, proprio sulla posizione rispetto alla sproporzionata risposta militare israeliana, possa consumarsi una rottura tra il corso di Borrell e quello di Kallas a capo della diplomazia europea. Il primo che dal 7 ottobre 2023 cerca di spingere costantemente gli Stati membri ad aumentare la pressione sul governo di Netanyahu, la seconda più prudente sulle critiche a Tel Aviv.L’ex premier estone ha elencato su quali punti si basa la posizione comune Ue -“il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, l’azione umanitaria, il sostegno all’Anp e il diritto di Israele a esistere, la soluzione dei due Stati” -, ma ha preferito non rispondere a chi le chiedeva quali strumenti ha in mano Bruxelles per fare sì che Israele metta fine alla mattanza a Gaza e all’occupazione coatta dei territori palestinesi.“Sono una forte sostenitrice del diritto internazionale e umanitario, che significa proteggere la popolazione e non attaccare le infrastrutture civili”, si è difesa Kallas, che ha poi proseguito: “Siamo concentrati nel portare aiuti umanitari a Gaza, ma stiamo anche sollevando la questione con Israele“. Di mezzo c’è l’Accordo di associazione Ue-Israele, uno dei più comprensivi mai siglati da Bruxelles con un Paese partner, che prevede chiari vincoli sul rispetto dei diritti umani. E che l’Ue potrebbe sospendere alla luce delle decine di rapporti di organizzazioni internazionali che documentano le atrocità di guerra israeliane.“Dovrebbe tenersi un Consiglio di associazione con Israele in cui tutti gli Stati membri possano sollevare la questione”, ha affermato Kallas. Omettendo che lo stesso Borrell sta spingendo per discuterne senza Tel Aviv, perché il governo di Benjamin Netanyahu si è già rifiutato di partecipare a un Consiglio di Associazione dedicato al rispetto dei diritti umani. Il momento forse più controverso è però stato quando Kallas – per ben due volte – ha scelto di citare David Ben Gurion, storico primo ministro dello Stato di Israele, per dimostrare il suo attaccamento ai diritti del popolo palestinese. Lo Stato di Israele si fonda “sulla sicurezza e sulla giustizia”, Kallas ha riportato da Ben Gurion. Che però, già dopo la Nakba palestinese, si rifiuto sempre di considerare definitive le frontiere dello Stato di Israele, aprendo la strada alle annessioni successive.

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    L’Ue reagisce al “modello di comportamento provocatorio” della Russia nella regione baltica

    Bruxelles – Un’altra provocazione russa nell’arco di pochi giorni nell’area baltica, a dimostrazione dell’aumento delle preoccupazioni dei Paesi membri Ue e Nato, dall’Estonia alla Finlandia. Ma questa volta interviene anche l’Unione Europea, per mettere in chiaro che gli occhi di Bruxelles sono vigili sulle mosse del Cremlino e delle sue mire espansionistiche. “Questo incidente di confine fa parte di un più ampio modello di comportamento provocatorio e di azioni ibride da parte della Russia, anche ai suoi confini marittimi e terrestri nella regione del Mar Baltico”, è l’attacco dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in una dichiarazione in risposta alla rimozione “unilaterale” delle boe luminose poste dall’Estonia sul fiume Narva per delimitare il confine nord-orientale con la Russia.La prima ministra dell’Estonia, Kaja KallasA rendere nota l’azione “compiuta nell’ombra della notte” – alle 3 del mattino di ieri (23 maggio) – dalla Guardia di frontiera russa è stato il ministero degli Affari esteri estone con una nota, in cui ha definito l’azione “un incidente di confine provocatorio“. Da Tallinn la risposta “rimane calma e lucida” in contatto con alleati e partner Ue e Nato, a partire dalla richiesta ufficiale a Mosca di spiegazioni attraverso i rappresentanti di frontiera e i canali diplomatici e “l’immediata restituzione” delle boe luminose. La premier estone, Kaja Kallas, ha rincarato la dose con un post su X: “L’azione della Russia si inserisce nel più ampio schema del suo comportamento provocatorio in tutta Europa, anche ai confini con i Paesi vicini“.L’autocrate russo, Vladimir Putin (credits: Natalia Kolesnikova / Afp)Il riferimento implicito è a quanto accaduto all’inizio della settimana, con il giallo della bozza di documento ufficiale del ministero della Difesa russo per rivedere la frontiera marittima della Russia nel Mar Baltico orientale. Una proposta senza alcuna consultazione con i vicini della regione – ma scomparsa dal sito del ministro poche ore più tardi – motivata secondo la Russia dal fatto che la misurazione sovietica del confine del 1985 avrebbe utilizzato carte nautiche della metà del XX secolo e di conseguenza non corrisponderebbe pienamente alle coordinate cartografiche “più moderne”. Le modifiche sarebbero dovute entrare in vigore nel gennaio 2025 ed erano rivolte agli equipaggi delle navi, alle forze dell’ordine e ai funzionari della difesa e della sicurezza che operano nel Golfo orientale della Finlandia.A pochi giorni dalla prima provocazione diplomatica, la nuova azione del Cremlino viene seguita con preoccupazione da tutte le capitali baltiche e scandinave, ma anche dalle istituzioni Ue “in cooperazione e solidarietà con l’Estonia e gli altri Stati membri”, spiega l’alto rappresentante Borrell. “L’Unione Europea ha monitorato attentamente la situazione fin dall’inizio” e ora “si aspetta una spiegazione da parte della Russia” sulle sue azioni “inaccettabili” lungo la frontiera.

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    La premier estone Kallas nella lista dei ricercati del Cremlino. Per l’Ue è “una medaglia al valore”

    Bruxelles – Una “medaglia al valore” per il supporto “inflessibile” in difesa dei “principi su cui è stata fondata l’Unione Europea”. Riassume così la solidarietà dell’Unione verso la prima ministra estone, Kaja Kallas, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, dopo la notizia arrivata in giornata (13 dicembre) sull’inserimento della leader del Paese baltico nella lista dei ricercati internazionali della Russia. “Non ci faremo intimidire dai guerrafondai del Cremlino”, ha messo in chiaro Michel a nome dei Ventisette.

    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la prima ministra dell’Estonia, Kaja KallasÈ la prima volta che un capo di Stato o di governo viene inserito nella black list dei ricercati internazionali della Russia. Decisione motivata dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, per gli “atti ostili contro la nostra memoria storica”, vale a dire per la distruzione di monumenti dedicati alla ai soldati sovietici dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Dal 24 febbraio 2022 Kallas si è ritagliata un ruolo di irreprensibile leader al fianco di Kiev – tra i più decisi al tavolo dei 27 leader Ue – e potrebbe essere in lizza per succedere al norvegese Jens Stoltenberg come nuova segretaria generale della Nato. Da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina, la premier dell’Estonia (supportata nelle sue azioni dalla conferma alle urne lo scorso anno) ha ordinato la rimozione di centinaia di monumenti di epoca sovietica costruiti fino alla dichiarazione d’indipendenza del Paese nel 1991.“La mossa della Russia non sorprende, questa è l’ennesima prova che sto facendo la cosa giusta: il forte sostegno dell’Ue all’Ucraina è un successo e danneggia la Russia“, ha commentato la stessa premier Kallas in un post su X (subito ricondiviso dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen). “Nel corso della storia la Russia ha nascosto le sue repressioni dietro le cosiddette forze dell’ordine, lo so dalla storia della mia famiglia”, ha continuato la premier estone, facendo riferimento al mandato di arresto del Kgb per la deportazione della nonna e della madre in Siberia ai tempi dell’Unione Sovietica: “Il Cremlino spera ora che questa mossa serva a mettere a tacere me e altri, ma non sarà così, al contrario continuerò a sostenere con forza l’Ucraina” e “l’aumento della difesa dell’Europa”.

    La prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas (credits: Raigo Pajula / Afp)Parole di solidarietà sono arrivate anche da Madrid: “La mossa di Putin è un’altra prova del tuo coraggio e della leadership dell’Estonia nella difesa della democrazia e della libertà”, si è schierato al fianco di Kallas il premier spagnolo, Padro Sánchez. Così come l’ex-premier del Belgio (tra il 1999 e il 2008), Guy Verhofstadt: “Come persona inserita nella lista nera della Russia dal 2015, benvenuta Kaja Kallas, è un onore essere riconosciuto come un fermo oppositore dello Stato terrorista russo”, ha commentato sarcasticamente l’eurodeputato liberale, sottolineando però con forza che “inserire un leader dell’Ue in carica su una lista di ricercati deve tradursi in sanzioni Ue più severe e in passi reali verso un’Unione di difesa”.Messaggio simile a quello espresso anche dal partito europeo Alde – a cui aderisce il Partito Riformatore Estone di Kallas – che ribadisce come “i liberali non si tireranno indietro” nella lotta “per la libertà in Europa”. Facendo riferimento al post della leader di Tallin, l’eurodeputato di Italia Viva e vicepresidente del gruppo di Renew Europe al Parlamento Ue, Nicola Danti, ha messo in chiaro che “le sue parole sono le parole di tutti noi” e che “Kallas è una donna coraggiosa, una vera europeista e un riferimento” per il gruppo liberale a Bruxelles.

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    La premier estone Kallas spinge l’UE sulla difesa comune e sull’adesione dell’Ucraina: “Se non ora, quando?”

    Bruxelles – Di fronte alla minaccia russa, i Baltici cercano di prendere il timone per guidare l’Unione Europea sull’onda dell’intransigenza nella risposta al Cremlino. Ora come nel prossimo futuro. “A Mosca sono sicuri che prima o poi ci stancheremo della nostra iniziativa e chiederemo di tornare al tavolo dei negoziati. Putin ci metterà alla prova e noi dovremo resistere, questa è una maratona in cui esercitare pazienza strategica”, così ha esortato i Ventisette a sostegno dell’Ucraina la prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, dall’Aula del Parlamento UE di Strasburgo.
    L’Estonia condivide con la Russia circa 300 chilometri di confine e, dopo l’invasione dell’Ucraina, “niente può più essere come prima“, ha attaccato Kallas. Non può esserlo soprattutto nel rapporto con il Cremlino sul tema della sicurezza europea e globale, il tema del dibattito all’Eurocamera di questa mattina (mercoledì 9 marzo) in cui la premier estone è intervenuta. Tracciando le linee di intervento del “dopo” l’invasione, la leader del Paese baltico ha indicato due aree su cui l’UE dovrà concentrarsi: la difesa comune e il sostegno all’Ucraina. “Il nostro atteggiamento di deterrenza deve diventare una politica di contenimento intelligente”, ovvero “consolidare ciò che il mondo libero ha realizzato nelle ultime settimane”, dalla denuncia dell’aggressione dell’Ucraina all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a larghissima maggioranza, all’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja sui crimini contro l’umanità da parte dell’establishment russo.
    La premier dell’Estonia, Kaja Kallas (9 marzo 2022)
    La questione più urgente è la difesa comune. La decisione di utilizzare il Fondo europeo per la pace per assistere l’Ucraina “è solo un primo passo verso il rafforzamento della nostra sicurezza continentale”, ha commentato Kallas, sottolineando che “il rafforzamento delle nostre capacità di difesa comune devono andare mano nella mano con la NATO“. Difesa comune europea significa “pianificare la nostra spesa in modo saggio e coordinato” e “concentrarci sulle capacità troppo costose per ogni singolo Stato membro”, come i missili a lungo raggio. Nel delineare la strategia – che sarà oggetto del confronto tra i leader UE di domani e venerdì (10-11 marzo) – la premier estone ha spinto perché “le nostre capacità europee siano mobili e all’avanguardia“, perché “se la Russia può avere una forza militare enorme, noi possiamo competere con una tecnologia di qualità e all’avanguardia”.
    Ma il nuovo ordine mondiale non dovrà dimenticare “chi guarda all’Unione Europea come un luogo sicuro e pacifico“. L’Ucraina “è stata attaccata dalla Russia nel 2014 perché voleva entrare nell’UE e il 24 febbraio perché cerca di prendere il posto che le spetta tra di noi”, ha puntato il dito la premier Kallas. È nell’interesse dei Ventisette che Kiev “diventi più stabile, più prospera e solidamente fondata sullo Stato di diritto, come il caso dell’Estonia dimostra”, e di qui la necessità di “dare una prospettiva di adesione” all’Ucraina: “È un dovere morale, perché gli ucraini stanno combattendo anche per l’Europa. Se non ora quando?”
    La leader del Paese baltico non ha avuto esitazioni a definire l’azione di Bruxelles come “unità da Unione geopolitica“, che “ha sorpreso Putin, il mondo e oserei dire anche noi stessi”, dal momento in cui “abbiamo cambiato più nelle ultime due settimane che nei precedenti trent’anni”. È notizia di questa mattina che gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) hanno dato il via libera per inasprire le sanzioni contro Russia e Bielorussia. “Un nuovo pacchetto di sanzioni economiche contro più di 100 responsabili del governo e dell’oligarchia russa sta già circolando tra i Paesi membri”, ha confermato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.

    🔴 #Ukraine | Approbation par le COREPER II de nouvelles sanctions à l’encontre de dirigeants et oligarques russes et de membres de leurs familles impliqués dans l’agression russe contre l’Ukraine. ⤵️ 1/5 #PFUE2022 pic.twitter.com/SHatb7ZD4z
    — Présidence française du Conseil de l’UE 🇫🇷🇪🇺 (@Europe2022FR) March 9, 2022

    Nel suo intervento alla plenaria del Parlamento UE, la premier estone Kallas ha parlato sia dei profughi in arrivo dall’Ucraina, sia del popolo russo. Sono già 2 milioni quelli in fuga dal territorio ucraino verso l’UE “e continueranno ad arrivare, perché in un conflitto i rifugiati si dirigono verso dove c’è sicurezza, e non è la Russia”. L’obiettivo di Putin è quello di “terrorizzare i civili”, una strategia già sperimentata a Grozny, nel corso della seconda guerra cecena: “Asili, ospedali, edifici residenziali sono presi di mira, in violazione del diritto internazionale umanitario”.
    Ma la guerra di Putin è anche contro il proprio stesso popolo. “Ha lasciato i russi senza accesso alla verità, vivono isolati dall’informazione”, ha attaccato Kallas. “Il nostro compito è quello di rompere questo muro di bugie“, mobilitando “il nostro potenziale tecnologico per vincere la guerra per la verità” anche grazie al “ruolo enorme delle piattaforme globali di Internet”. La premier estone si è rivolta direttamente ai cittadini russi, ricordando che “l’Unione Europea non sta agendo contro di voi, ma è il vostro governo che sta istituendo pratiche familiari al passato sovietico”, dal razionamento delle derrate alimentari alla censura, fino all’indottrinamento dei bambini. “State vedendo solo l’inizio di una privazione che peggiorerà, capiamo che vi farà male, come lo fa a noi, ma dobbiamo mettere fine alla barbarie di Putin”, ha concluso con una nota tetra la prima ministra estone dal podio di Strasburgo.

    Intervenuta alla plenaria del Parlamento UE, la prima ministra Kaja Kallas ha avvertito che “Putin ci metterà alla prova e noi dovremo resistere, questa è una maratona in cui esercitare pazienza strategica”

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    Paesi baltici e Polonia in prima linea per le sanzioni alla Russia. Kallas: “Il dialogo è un’illusione”

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