Kallas a Israele, “riprendete i negoziati per il cessate il fuoco” a Gaza. E stop ad attacchi “inutili” in Siria
Bruxelles – Per la prima volta da quando siede a capo della diplomazia europea, Kaja Kallas prova ad alzare la voce sulle atrocità israeliane a Gaza. E lo fa dopo che – solo pochi giorni fa – il Consiglio europeo non è riuscito nemmeno a partorire una condanna per la ripresa dei bombardamenti sulla popolazione civile che hanno decretato la fine della tregua tra Israele e Hamas. Da Gerusalemme, l’Alta rappresentante Ue sottolinea “la pericolosa escalation” che sta causando “insopportabili incertezze per gli ostaggi” e “orrore e morte per il popolo palestinese“.In questi mesi Kallas è sembrata quasi disinteressarsi del conflitto in Medio Oriente di fronte agli sviluppi in Ucraina. Ha mantenuto un basso profilo, uscendo spesso in ritardo e con estrema cautela, scegliendo di non criticare apertamente l’alleato israeliano. Ha presieduto un controverso Consiglio di Associazione Ue-Israele, in cui la questione delle violazioni dei diritti umani a Gaza è passata in secondo piano rispetto a quanto avevano chiesto alcuni Stati membri e lo stesso predecessore di Kallas, Josep Borrell. Ora, di fronte alla fallimentare iniziativa personale da 40 miliardi per l’Ucraina – bocciata dai Paesi membri – e al precipitare della situazione a Gaza – dove le vittime palestinesi in 18 mesi di conflitto avrebbero toccato quota 50 mila -, Kallas si è imbarcata in un delicato viaggio tra Egitto, Israele e Cisgiordania nel tentativo di rilanciare la credibilità sua e dell’Unione europea.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas a Bruxelles in occasione del Consiglio di Associazione Ue-Israele, 24/02/25Ieri sera (23 marzo) al Cairo, a margine dell’incontro con il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty, l’Alta rappresentante ha dichiarato che l’Ue “si oppone fermamente alla ripresa delle ostilità da parte di Israele, che ha causato una spaventosa perdita di vite umane a Gaza”. Promettendo che Bruxelles “utilizzerà gli strumenti che ha a disposizione” per fare pressione sul governo di Benjamin Netanyahu. Oggi – in una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, in cui è apparsa a tratti imbarazzata – Kallas ha ribadito “che riprendere i negoziati è l’unico modo fattibile per porre fine alle sofferenze di entrambe le parti”, perché “la violenza alimenta altra violenza”.Dall’altra parte però, c’è sempre il muro di gomma del governo di estrema destra israeliano. Sa’ar, che ha sostituito pochi mesi fa quell’Israel Katz, ora ministro delle Finanze, che pochi giorni fa ha minacciato la popolazione palestinese di punizione collettiva, ha dichiarato che per Israele “è naturale aspettarsi più sostegno dall’Europa“. Ha accusato Hamas di aver respinto per due volte la proposta americana di estendere la prima fase del cessate il fuoco – che avrebbe previsto la liberazione degli ostaggi israeliani ma senza il ritiro delle truppe di Tel Aviv da Gaza -, e soprattutto ha affermato che “Israele sta agendo in conformità con il diritto internazionale“, in barba a decine di rapporti delle agenzie delle Nazioni Unite, di organizzazioni per i diritti umani e di media internazionali.EDITORS NOTE: Vittime dei bombardamenti israeliani nel nord di Gaza, 20/03/25 (Photo by BASHAR TALEB / AFP)Sa’ar ha ricordato che durante le sei settimane di cessate il fuoco Israele “ha permesso a 25 mila camion di aiuti umanitari l’ingresso a Gaza”. Ma l’ultimo è entrato più di venti giorni fa e medici e operatori umanitari sul campo avvertono che la malnutrizione si sta nuovamente diffondendo nella martoriata enclave palestinese. Il ministro israeliano ha citato l’articolo 23 della quarta Convenzione di Ginevra per la protezione dei civili in tempi di guerra, che afferma l’obbligo di concedere il libero passaggio degli aiuti sussiste quando “la Parte contraente sia sicura di non aver alcun serio motivo di temere che gli invii possano essere sottratti alla loro destinazione (…) o che il nemico possa trarne evidente vantaggio per i suoi sforzi militari o la sua economia”.E “Hamas utilizza gli aiuti per finanziare le proprie operazioni e ripristinare le proprie capacità”, ha proseguito il ministro. Rispondendo a una domanda sull’eventuale dispiegamento di forze israeliane per distribuire gli aiuti, ha affermato: “Quando rinnoveremo la concessione degli aiuti, dovremo assicurarci che ciò avvenga in modo diverso”.Insomma, Israele continua a essere nel giusto e “sta combattendo la battaglia del mondo libero” contro “l’Iran, gli Houthi, Hamas e Hezbollah”. Una guerra “contro la civiltà occidentale”, ha insistito il ministro. Da qui l’imbarazzo di Kallas, le cui parole è evidente che per “il partner commerciale e di investimento molto importante” non hanno alcun valore. L’Alta rappresentante ha ricordato che “Israele ha il diritto di difendersi dagli attacchi terroristici, ma le azioni militari devono essere proporzionate”. Non solo a Gaza, ma anche “gli attacchi israeliani in Siria e in Libano rischiano di provocare un’ulteriore escalation”. In particolare, i raid sulle capacità militari siriane e su presunte cellule di Hezbollah a Damasco “sono azioni inutili, perché la Siria non sta attaccando Israele e questo non farà che alimentare la radicalizzazione”.Nel pomeriggio l’Alta rappresentante è attesa a Ramallah, dove incontrerà Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, e Mohammad Mustafa, primo ministro e ministro degli Esteri palestinese. LEGGI TUTTO