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    Gaza, l’Ue si appiglia alla fragilissima tregua per congelare le sanzioni a Israele

    Dall’inviato a Strasburgo – Le opinioni dei Paesi membri, come al solito, su Israele e Gaza, sono “molto divergenti”. Di fronte al cessate il fuoco mediato da Donald Trump – per la verità già violato da entrambe le parti – i ministri degli Esteri dei 27 hanno deciso di congelare la proposta della Commissione europea di imporre sanzioni economiche e politiche contro Israele. “Al momento non procediamo, ma non le escludiamo nemmeno“, ha affermato l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Esponendosi ancora una volta alle critiche di incapacità di giocare un ruolo nella risoluzione del conflitto, se non proprio di doppi standard.Ieri (20 ottobre), a Lussemburgo, il Consiglio dell’Ue Affari esteri ha scelto di “mantenere le proposte sul tavolo”, ma di non prendere alcuna decisione al riguardo, vista la “fragilità” della situazione sul campo. Il capo della diplomazia Ue ha spiegato che la proposta non verrà cestinata perché “dobbiamo constatare un miglioramento degli aiuti umanitari a Gaza, il rilascio delle entrate palestinesi bloccate dalle autorità israeliane, l’ingresso di giornalisti e operatori umanitari nel territorio e la registrazione senza restrizioni delle Ong internazionali”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)L’assunto di Kallas – e della stessa Ursula von der Leyen e di diverse capitali – è che le minacce di sospensione di alcune agevolazioni commerciali e di sanzioni contro due ministri estremisti di Israele fossero in sostanza solo un mezzo per richiamare Tel Aviv al rispetto del diritto internazionale e per avvicinare la fine del conflitto. Ma manca un punto fondamentale, quello della responsabilità giuridica. Il governo di Benjamin Netanyahu ha violato i termini dell’accordo di associazione che lega Israele e l’Ue – oltre a diversi sacri e basilari principi del diritto internazionale e umanitario – e a constatarlo è stata proprio la Commissione europea ancora a giugno.Mettere da parte le proposte di sanzioni solo perché nel frattempo la situazione sul campo è cambiata rischia di compromettere la credibilità dell’Unione, che continua a ergersi come guardiana di un’ordine geopolitico fondato sulla certezza del diritto internazionale. Secondo Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, si tratta di una “decisione incredibilmente stupida”. Per la politologa, oltre alla responsabilità per violazioni del diritto internazionale umanitario che “non sono scomparse”, non va sottovalutata “la questione degli incentivi”. Se “la pressione viene meno, è probabile che il governo israeliano non attuerà il piano”.Questa mattina, al Parlamento europeo di Strasburgo si è tenuto un dibattito sulle prospettive dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas e sul ruolo dell’Ue nel costruire la pace. All’emicilo è intervenuta la commissaria per il Mediterraneo, Dubravka Šuica: “La situazione sta evolvendo rapidamente ed è anche molto fragile”, ha affermato, sottolineando “la situazione umanitaria rimane catastrofica“. Secondo la commissaria, per l’implementazione della prima fase del piano trumpiano, restano “tre aspetti critici”: la restituzione dei corpi di tutti ostaggi israeliani deceduti, il rispetto da parte dell’esercito israeliano delle linee di ritiro concordate, l’accesso senza restrizioni degli aiuti umanitari.La commissaria Ue per il Mediterraneo, Dubravka ŠuicaŠuica ha indicato la strategia che seguirà la Commissione europea, che insiste sul “ruolo cruciale” di Bruxelles nell’assicurare a Gaza aiuti umanitari su larga scala. “Tramite ponti aerei” e “approfondendo tutte le vie d’accesso”, anche il “corridoio marittimo di Cipro“. L’Ue potrà fare la sua parte nell’evacuazione medica dei pazienti, attivando il meccanismo di protezione civile. Attraverso il quale “potrebbe considerare” inoltre di sostenere le operazioni di “decontaminazione e rimozione delle macerie”.Ci sono poi le due missioni Ue, EUBAM Rafah, per facilitare il transito di persone in entrate e uscita dal valico meridionale tra Gaza e l’Egitto, e EUPOL COPPS, con cui l’Unione ha sostenuto e addestrato le forze di polizia palestinesi in Cisgiordania e che “potrebbe rafforzare l’attività a Gaza”. Infine, Šuica ha ribadito “l’interesse” dell’Ue a “contribuire alla governance” transitoria della Striscia e ha assicurato che la Commissione europea “mobiliterà tutti gli strumenti a disposizione” per promuovere la soluzione dei due Stati.Nulla, ancora una volta, sull’urgenza di assicurare le responsabilità di Israele nella devastazione di Gaza, nel massacro di decine di migliaia di civili, nell’occupazione coatta della quasi totalità ormai del territorio che dovrebbe costituire il futuro Stato palestinese. L’eurodeputata liberale belga, Hilde Vautmans, ha sottolineato che “dal 2023 a oggi sono stati distrutti – a Gaza e in Cisgiordania, ndr – centinaia di progetti finanziati dall’Ue”, tra cui scuole e ospedali. “Da noi si dice che chi rompe paga“, ha affermato Vautmans. Un principio che finora, per Israele, nessuno a Bruxelles ha osato evocare.Nella giornata di domenica, Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei e ha interrotto tutti gli aiuti a Gaza “fino a nuovo ordine”, dopo che due soldati israeliani sono stati uccisi in un attacco armato da parte di membri di Hamas.Benedetta Scuderi, eurodeputata di AVS che ha partecipato in prima persona ad una delle spedizioni umanitarie della Global Sumud Fotilla, ha ricordato che “i check point restano, gli aiuti sono controllati chi li usava per affamare, le terre sono ancora confiscate”. Scuderi ha affermato che “dall’inizio della tregua almeno 8 bambini palestinesi sono stati uccisi da Israele” e che “la pace non può esserci senza la fine dell’occupazione e la giustizia per i crimini di guerra commessi”. Altrimenti, la pace “è solo una copertura per l’oppressione”. O un appiglio per continuare a non agire.

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    In arrivo il 19esimo pacchetto di sanzioni alla Russia, Kallas: “L’adozione già in settimana”

    Bruxelles – Il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia potrebbe essere adottato dall’Ue nel giro di qualche giorno. Questa, almeno, è la speranza dell’Alta rappresentante Kaja Kallas, che oggi (20 ottobre) ha presieduto il Consiglio Affari esteri a Lussemburgo. Quello della guerra in Ucraina era uno dei principali temi sul tavolo dei ministri, che sembrerebbero prossimi all’accordo finale sull’ennesimo round di misure restrittive.La data cerchiata in rosso sul calendario è il 23 ottobre, quando i capi di Stato e di governo dei Ventisette si riuniranno a Bruxelles per il Consiglio europeo convocato da António Costa. “Ci aspettiamo che questa settimana venga adottato il 19esimo pacchetto di sanzioni”, ha dichiarato il capo della diplomazia comunitaria arrivando in Lussemburgo, indicando esplicitamente l’appuntamento dei leader come momento della possibile approvazione da parte delle cancellerie. Al termine della riunione odierna, Kallas ha addirittura suggerito di mettersi già al lavoro sul 20esimo pacchetto.Col 19esimo, intanto (confezionato dalla Commissione il mese scorso), vengono messe nel mirino le banche e le piattaforme di criptovalute della Federazione, i proventi dell’export di combustibili fossili e le reti coinvolte nell’elusione delle sanzioni già esistenti, sia in Russia sia in altri Paesi. Si allunga ancora la lista dei vascelli appartenenti alla cosiddetta flotta ombra del Cremlino con l’inserimento di 118 nuove imbarcazioni.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Allo stesso tempo, l’Ue starebbe lavorando ad un approccio più aggressivo nei confronti di questi velieri fantasma. L’idea sarebbe quella di permettere agli Stati membri di effettuare perquisizioni e altre operazioni sulle navi, dalle quali secondo Kallas partirebbe anche una parte degli attacchi ibridi al Vecchio continente, soprattutto a livello di lanci di droni e di disturbo delle frequenze radio e gps (jamming). Ricorrendo anche alle missioni marittime civili e militari a dodici stelle, come l’Aspides, e nominando un “coordinatore speciale” incaricato di “raccogliere le migliori pratiche” dagli Stati membri, spiega l’ex premier estone.Da un lato, si starebbe mettendo a punto una serie di misure di complemento al diritto internazionale del mare sancito dalla Convenzione di Montego Bay del 1982 (Unclos), per colmare le lacune normative che impediscono un’azione efficace contro questo genere di comportamenti pirateschi. Dall’altro, Bruxelles vorrebbe siglare una serie di accordi con gli Stati di bandiera delle imbarcazioni stesse (che spesso non sono russe), stabilendo una serie di impegni e obblighi in capo agli armatori dei natanti.Inoltre, verranno colpiti anche commercianti e raffinerie di Paesi terzi (soprattutto cinesi) e diventeranno impossibili le transazioni coi colossi energetici russi come Rosneft e Gazpromneft. Tra le nuove restrizioni compare anche un divieto totale di importare da Mosca il gas naturale liquefatto (gnl): era già previsto per il gennaio 2027, ma verrebbe così anticipato di oltre un anno. Infine, sono state identificate 45 società – russe e non – accusate di rifornire il Paese aggressore di beni a duplice uso.Il primo ministro slovacco Robert Fico (foto: Consiglio europeo)Tra i motivi per cui Kallas si mostra ottimista sull’imminente approvazione del pacchetto c’è il ritiro del veto austriaco sulle nuove misure restrittive. Per settimane, Vienna aveva bloccato le sanzioni chiedendo dei risarcimenti per la banca austriaca Raiffeisen in relazione alle perdite dovute alle contromisure russe. Stando a fonti diplomatiche, rimarrebbe solo la Slovacchia di Robert Fico (recentemente estromesso dalla famiglia dei Socialisti europei) a mantenere l’opposizione contro il nuovo pacchetto. Ci si aspetta che Ursula von der Leyen si attivi personalmente per disinnescare l’ostruzionismo di Bratislava, come già avvenuto in passato.Parallelamente, procedono a rilento i lavori sull’utilizzo dei beni russi congelati, il cui valore si aggira intorno ai 175 miliardi di euro. Secondo Kallas, c’è un “forte sostegno” da parte degli Stati membri, ma “vanno ancora definite le modalità giuridiche e fiscali” della faccenda, che continua a dimostrarsi particolarmente spinosa. Infine, l’Alta rappresentante certifica che 25 cancellerie si sono impegnate a diventare parte del Tribunale speciale per i crimini d’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina: “Ora serve una stima dei costi, poi potremo procedere”, chiosa, annunciando l’esistenza di uno stanziamento preliminare di 10 milioni.

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    Bruxelles presenta il Patto per il Mediterraneo, von der Leyen: “È una chiara offerta ai nostri vicini”

    Bruxelles – La Commissione europea ha presentato oggi (16 ottobre) una strategia per il Mediterraneo, anticamera di uno “spazio mediterraneo comune” tra l’Unione e i 10 partner meridionali. L’obiettivo di una “progressiva integrazione”, indicato da Ursula von der Leyen, rimane piuttosto lontano. Per ora, l’embrione di tale spazio, va forse cercato nell’idea di facilitare i rilasci dei visti e la mobilità tra le due sponde del Mediterraneo, soprattutto per giovani e studenti.Il Patto è rivolto ai 10 partner affacciati sul Mediterraneo: Marocco, Tunisia, Algeria, Libia, Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Libano e Siria. Prosegue il lavoro cominciato nel 2021 con l’Agenda per il Mediterraneo, ma con una nuova “metodologia”, ha affermato Dubravka Šuica, la commissaria europea a cui von der Leyen ha affidato un nuovo portafoglio dedicato unicamente all’area mediterranea. “Stiamo creando un partenariato tra pari”, ha assicurato Šuica, basato – si legge nella nota dell’esecutivo Ue – sui principi di “comproprietà, co-creazione e responsabilità congiunta“.Il Patto è il primo risultato di un anno di consultazioni con i governi dei 10 Paesi partner, con le istituzioni europee, diverse agenzie e organizzazioni internazionali e “un’ampia gamma” di componenti della società civile nel vicinato meridionale. Il mese prossimo, in occasione del trentesimo anniversario del processo di Barcellona che diede i natali al partenariato Euromediterraneo, sarà sottoposto all’approvazione di Stati membri e dei partner coinvolti. A quel punto, nel primo trimestre dell’anno prossimo, la Commissione europea dovrebbe partorire un piano d’azione specifico, che indicherà i Paesi a bordo e le parti interessati per ciascun progetto.La parola chiave è “flessibilità”, ha dichiarato Šuica, spiegando che “coloro che sono pronti ad aderire al patto e al piano d’azione che verrà sono i benvenuti” e che “gli altri verranno dopo”. Il patto è aperto anche alla collaborazione con partner al di fuori dell’area: Paesi del Golfo, Africa subsahariana, i Balcani occidentali e la Turchia. Il rafforzamento della cooperazione tra l’Ue, il Medio oriente, il Nord Africa e la regione del Golfo “è uno degli obiettivi principali del patto”, precisa la Commissione.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Finora, non è molto di più di una dichiarazione di intenti, fondata su tre pilastri: le persone e la mobilità, l’integrazione e la sostenibilità economica, la sicurezza e la gestione della migrazione. “L’obiettivo è creare vantaggi reciproci“, mette in chiaro Bruxelles. “Oggi facciamo un’offerta chiara ai nostri vicini”, ha affermato von der Leyen, consapevole che nel Mediterraneo si gioca un’importante partita geopolitica e che l’Unione, nonostante la vicinanza geografica, rischia di rimanere ai margini. Come dimostrato anche dal conflitto tra Israele e Hamas e dall’esclusione dell’Ue dai negoziati per un processo di pace.Von der Leyen ha parlato di “oltre 100 idee e azioni concrete”. Dalla creazione di un’università del Mediterraneo – idea che già di Romano Prodi, quando guidava l’esecutivo comunitario – al “collegamento delle nostre istituzioni culturali e delle nostre società civili”, dalla “costruzione di fabbriche di Intelligenza artificiale in tutto il Mediterraneo” a “una nuova iniziativa per le start-up mediterranee”.E poi, la gestione della migrazione, più che mai cruccio dell’attuale Commissione europea. “Da parte europea, mobiliteremo i nostri strumenti finanziari – ha messo sul piatto von der Leyen – e, cosa fondamentale, faremo tutto il possibile per mobilitare gli investimenti privati”.Se da un lato l’Ue chiede cooperazione nel limitare sempre di più gli attraversamenti del Mediterraneo da parte di persone migranti che puntano all’Europa, dall’altra apre ad “ampliare le partnership per i talenti con il Marocco, la Tunisia e l’Egitto” e a “facilitare il rilascio dei visti, in particolare per gli studenti“, ha annunciato Šuica, sottolineando che “se i giovani voglio venire, ci sono percorsi legali”.Bruxelles vuole mettere in cantiere anche “azioni” relative alla modernizzazione delle relazioni commerciali e di investimento, alla promozione dell’energia e delle tecnologie pulite, alla resilienza idrica, all’economia blu e all’agricoltura, alla connettività digitale e dei trasporti, nonché alla creazione di posti di lavoro. Tra gli obiettivi c’è il supporto per decarbonizzare la regione, allineando a poco a poco standard e regole ambientali su quelle del blocco. Tutto questo, attraverso i 42 miliardi di euro per il Mediterraneo che la Commissione europea vuole mettere a bilancio dal 2028 al 2034, il doppio rispetto alle risorse attuali.

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    L’Ue sgomita per non rimanere tagliata fuori dal piano di pace per Gaza

    Bruxelles – La grande esclusa dai negoziati, fin dall’inizio. Da un lato gli Stati Uniti, dall’altro Turchia, Qatar, Egitto. L’Unione europea ha assistito inerme per due anni all’atroce conflitto tra Israele e Hamas a Gaza, limitandosi a lanciare vani appelli al rispetto del diritto internazionale e cercando di facilitare l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. Ora che prende piede il piano in 20 punti stilato da Donald Trump, Bruxelles sgomita per poter fare la sua parte.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, non ha dubbi: “Siamo i maggiori donatori alla Palestina in termini di aiuti umanitari, ma anche all’Autorità palestinese. Pertanto, ritengo che, dato il nostro contributo, dovremmo essere presenti al tavolo delle trattative per discutere”, ha affermato ieri (9 ottobre) a Parigi, dove il presidente Emmanuel Macron ha riunito i ministri degli Esteri di alcuni Paesi europei e arabi per discutere dell’implementazione del piano di Trump. Al tavolo, oltre alla Commissione europea rappresentata da Kallas, c’erano gli ‘E4’ (Francia, Germania, Regno Unito, Italia) e 5 della Lega Araba (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Giordania, Egitto). E poi Spagna, Canada, Turchia e Indonesia.Il vertice, pianificato dopo la presentazione del piano da parte di Trump e Netanyahu, ha assunto un nuovo senso d’urgenza dopo l’ok di Hamas e del gabinetto di sicurezza israeliano al cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e il ritiro delle truppe israeliane a una linea concordata. “La prima fase dell’accordo di Gaza rappresenta un passo importante verso la pace. Ovviamente, dobbiamo pianificare il futuro e questo è il motivo per cui siamo qui. Qualsiasi piano, per funzionare, necessita anche del sostegno internazionale”, ha dichiarato il capo della diplomazia europea.Il primo messaggio, è di unità nel sostenere il piano trumpiano. Ma sulla sua implementazione, i dubbi rimangono. Così come i timori di rimanerne tagliati fuori. “L’UE ha un ruolo importante da svolgere in termini di attuazione”, è la linea ribadita oggi dalla Commissione europea.L’Eliseo insiste perché il futuro della Striscia non sia lasciato nelle sole mani di Donald Trump: “Abbiamo tutti un ruolo da svolgere nella Forza di stabilizzazione” che avrà il compito di garantire la pace e nella governance dell’autorità di transizione, ha rivendicato Macron. Secondo l’Eliseo, il processo va inquadrato nell’ambito delle Nazioni Unite. Francia e Regno Unito spingono perché sia l’Onu a garantire i tempi e le regole di ingaggio di una presenza militare internazionale a Gaza. Dopodiché, bisognerà dipanare i dubbi sul ‘Consiglio di Pace’  immaginato da Trump e da Tony Blair, che amministrerà temporaneamente la Striscia e includerebbe altri capi di stato “da annunciare”.Anche dal punto di vista militare, l’Unione europea “è pronta a fare la sua parte”, dispiegando nuovamente la missione EUBAM Rafah al valico di frontiera di Rafah e rinnovando il mandato della missione EUPOL COPPS, che ha l’obiettivo di formare e supportare le forze di polizia palestinesi, perché possa “aiutare anche la forza di stabilizzazione”.

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    Pronto il 19esimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia. Von der Leyen: “Le minacce aumentano, aumentiamo la pressione”

    Bruxelles – Energia, banche e criptovalute. Nel 19esimo pacchetto di sanzioni europee alla Russia c’è tutto quello che Ursula von der Leyen aveva anticipato pochi giorni fa al presidente statunitense Donald Trump, a partire dal cambio di marcia verso l’abbandono del gas naturale liquefatto russo. “Negli ultimi mesi la Russia ha dimostrato tutto il suo disprezzo per la diplomazia e il diritto internazionale”, ha affermato la leader Ue. Oltre ai pesanti raid su abitazioni civili e edifici governativi in Ucraina, il presunto disturbo al Gps dell’aereo della presidente della Commissione europea e le violazioni dello spazio aereo polacco e rumeno.Se “le minacce alla nostra Unione aumentano, noi rispondiamo aumentando la pressione”, ha proseguito von der Leyen. Alla fine, la stretta sugli import energetici dalla Russia arriva: “È ora di chiudere il rubinetto. Siamo pronti a farlo. Abbiamo risparmiato energia, diversificato le forniture e investito in fonti a basse emissioni di carbonio come mai prima d’ora”, ha assicurato la leader rivelando il divieto di importazione di GNL russo a partire dal primo gennaio 2027. Un anno prima dunque, rispetto al calendario previsto da REPowerEU.In più, von der Leyen ha annunciato l’abbassamento al tetto sul prezzo del petrolio russo a 47,6 dollari al barile. L’Unione stringe le maglie sulle principali compagnie energetiche del Cremlino: Rosneft e Gazprom Neft saranno “soggette al divieto totale di transazioni“, mentre saranno congelati i beni sul territorio europeo a “raffinerie, commercianti di petrolio e società petrolchimiche nei Paesi terzi, compresa la Cina”. Nella lista nera dell’Ue finiscono altre 118 navi della flotta fantasma con cui il Cremlino aggira le sanzioni sul greggio. In totale, Bruxelles ha individuato e sanzionato oltre 560 imbarcazioni.La seconda traccia seguita dalla Commissione europea sono le “scappatoie finanziarie utilizzate da Mosca per eludere le sanzioni”. E dunque, divieti di transazioni per altre banche in Russia e in Paesi terzi e “per la prima volta le nostre misure restrittive colpiranno le piattaforme per le criptovalute“. Infine, come sottolineato dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, “dobbiamo interrompere le forniture all’industria militare russa, in modo che non possa alimentare la sua macchina da guerra”. Il 19esimo pacchetto aggiunge ulteriori prodotti chimici, componenti metallici, minerali ai divieti di esportazione. “Stiamo rafforzando i controlli sulle esportazioni verso entità russe, cinesi e indiane“, ha spiegato Kallas: nell’elenco delle misure restrittive finiscono 45 nuove società in Russia e in Paesi terzi. “Il nostro messaggio è chiaro: chi sostiene la guerra della Russia e cerca di eludere le nostre sanzioni ne subirà le conseguenze”, ha proseguito il capo della diplomazia europea.Parallelamente, von der Leyen ha annunciato che “presto” la Commissione europea presenterà una proposta per l’utilizzo dei profitti generati dagli asset russi congelati in Ue per finanziare la spesa militare dell’Ucraina. La presidente della Commissione europea si è rivolta alle capitali: “Conto ora su di voi per un’adozione rapida del pacchetto”.

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    Israele, l’Ue propone sanzioni a due ministri e dazi su merci per 6 miliardi. Ora dipende dagli Stati membri

    Bruxelles – Mentre Israele cinge d’assedio Gaza City e “Gaza brucia” – così ha esultato il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz -, la Commissione europea rompe gli indugi e presenta le prime sanzioni politiche ed economiche a Tel Aviv dall’inizio del conflitto. Sono tre le linee direttive: Bruxelles potrà congelare immediatamente circa 20 milioni di fondi previsti per Israele, mentre dovrà passare dalle capitali per l’imposizione di dazi commerciali su circa 6 miliardi di merci e di misure restrittive su due dei ministri più estremisti del governo di Benjamin Netanyahu.A sbloccare un’impasse lunga due anni, l’indignazione e la mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica, che hanno convinto Ursula von der Leyen ad annunciare le tardive misure la scorsa settimana, nel suo discorso sullo stato dell’Unione. “Voglio essere molto chiara: l’obiettivo non è punire Israele. L’obiettivo è migliorare la situazione umanitaria a Gaza”, ha affermato oggi l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, presentando il pacchetto.Con il capo della diplomazia Ue, c’era il responsabile per il commercio, Maroš Šefčovič, che ha snocciolato cifre e volumi degli scambi tra i due partner e gli effetti della sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele messa sul piatto dall’esecutivo comunitario. Tenendo presente che l’Ue rappresenta un terzo del commercio totale di Israele con il mondo, mentre Israele è solo il 31esimo partner commerciale del blocco.Kaja Kallas, Maroš Šefčovič e Dubravka Šuica presentano le misure restrittive contro IsraeleLa Commissione europea ha proposto la sospensione delle agevolazioni commerciali previste dall’accordo di associazione per lo scambio di merci, per la partecipazione agli appalti pubblici, per le norme sulle proprietà intellettuali. Mentre non verrebbero toccate le disposizioni sul flusso di capitali e doganali. Negando l’accesso preferenziale al mercato dell’Ue, alle merci israeliane sarebbero applicate gli stessi dazi doganali che l’Ue applica a Paesi terzi con cui non ha un accordo di libero scambio.Nel 2024, Israele ha esportato in Ue merci per 16 miliardi di euro, mentre in direzione di Tel Aviv sono partite merci per 26,7 miliardi di euro. In sostanza, le misure colpirebbero il 37 per cento delle esportazioni israeliane – soprattutto prodotti agricoli -, perché il restante 63 per cento – principalmente macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici – rimarrebbe soggetto a tariffe zero o molto basse, secondo i termini del regime MFN (Most Favored Nation) dell’Organizzazione mondiale del commercio.L’effetto, sarebbe dunque l’imposizione di dazi aggiuntivi su merci israeliani per il valore di 5,8 miliardi di euro. Secondo i calcoli della Commissione europea, ciò si tradurrebbe – se il commercio rimarrà allo stesso livello del 2024 – in 227 milioni di euro di dazi doganali nell’arco di un anno. Viceversa, se Israele dovesse rispondere alzando barriere analoghe, i dazi colpirebbero merci europee per il valore di circa 8 miliardi. Bruxelles è rimasta sorda agli appelli – e alle decisioni unilaterali di alcuni Paesi membri – per imporre restrizioni specifiche al commercio di armi e materiale a doppio uso civile-militare. Anzi, secondo il regime MFN, rimarranno in gran parte esenti da dazi.La proposta, il cui limitato effetto economico è inversamente proporzionale all’alto valore politico, dovrà essere approvata dagli Stati membri a maggioranza qualificata. Il che significa che – al netto dell’opposizione di Paesi con un peso specifico minore, come Ungheria e Repubblica Ceca – a deciderne le sorti saranno in particolare Italia e Germania, i cui governi non hanno mai risolto del tutto l’ambiguità nei confronti della condotta dell’esercito israeliano a Gaza. Se dovessero farsi da parte, Bruxelles dovrà a quel punto informare della sospensione il Consiglio di associazione Ue-Israele, e attendere 30 giorni prima dell’entrata in vigore dei dazi.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Ancora più complessa la strada per il sì alle misure restrittive contro i ministri della Sicurezza nazionale e delle Finanze, gli estremisti religiosi Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Per approvare le sanzioni è necessaria l’unanimità dei 27. Un anno fa, le capitali Ue respinsero la stessa proposta, messa sul tavolo dall’allora Alto rappresentante Josep Borrell. Nel frattempo, i due sono stati sanzionati da diversi partner dell’Ue, tra cui Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia. E così hanno fatto, in maniera autonoma, anche Paesi Bassi e Slovenia.“Conoscete molto bene la situazione in seno al Consiglio. Anche se vediamo che l’opinione pubblica sta davvero cambiando, a livello politico le posizioni sono molto simili a quelle che ci sono state finora“, ha ammesso Kallas, scura in volto. Oltre al divieto di ingresso nell’Ue e al congelamento di eventuali fondi sul territorio europeo per i due ministri, la proposta include sanzioni per 3 coloni israeliani e 6 organizzazioni responsabili di violenze nei territori palestinesi occupati e 10 membri del direttivo politico di Hamas.Del pacchetto presentato oggi, rischia di sopravvivere soltanto lo stop al sostegno bilaterale a Israele, su cui la Commissione procederà in autonomia. Si parla di 6 milioni di euro all’anno fino al 2027 attraverso lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) e di 14 milioni in progetti di cooperazione istituzionale, compresi i gemellaggi e progetti di gemellaggio nell’ambito del meccanismo di cooperazione regionale Ue-Israele.

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    L’UE cerca una cooperazione tutta nuova con l’India: “E’ priorità strategica”

    Bruxelles – La Commissione europea continua nel suo lavorio di avvicinamento all’India con una nuova strategia volta a rafforzare le relazioni bilaterali. La cosa di per sé non sorprende, visti i tempi: tensioni commerciali con un partner, quello statunitense, improvvisamente meno amico, una Cina sempre più ‘ingombrante’ a livello geo-politico, una Russia cancellata dalla lista dei Paesi ‘amici’, dialogare con Nuova Delhi è praticamente un passo obbligato. Colpisce che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel presentare questa strategia, affermi che “ora è il momento di concentrarsi su partner affidabili e di raddoppiare i partenariati fondati su interessi condivisi e guidati da valori comuni”. Con la nostra nuova strategia UE-India, “stiamo portando le nostre relazioni a un livello superiore”.La diplomazia è in fin dei conti uno strumento di ipocrisia, un artificio utile a nascondere ciò che si pensa davvero per toni più amichevoli. Se critiche e attacchi difficilmente risultano produttivi, elogi e manifestazione di stima e affetto invece sì, quindi ben vengano le parole di rito e di circostanza, nella loro non veridicità. Ma del resto, sottolinea la comunicazione agli Stati, “portare il partenariato strategico UE-India a un livello superiore è una priorità strategica“.Il primo ministro indiano Narendra Modi (foto: Andrew Caballero-Reynolds/Afp)Sul conflitto russo-ucraino e le sanzioni a Mosca l’India ha sposato un linea ambigua e doppiogiochista: comprare petrolio da Mosca, e mantenere buoni rapporti con il Cremlino in chiave anti-cinese per il controllo della regione sfociate nella partecipazione dell’India all’esercitazione militare russa ai confini dell’Unione europea. Logiche tutte indiane che poco si sposano con le parole di von der Leyen: definire l’India di Mohdi un partner “affidabile” è un azzardo, tanto più che la stessa Commissione europea è consapevole della scommessa che sta compiendo, sia pur inevitabile.La nuova strategia UE-IndiaSullo sfondo resta l’accordo commerciale che l’UE è intenzionata chiudere entro fine anno per mettersi al riparo dalle possibili ricadute negative dell’accordo sui dazi con gli Stati Uniti e nuove eventuali tensioni commerciali. Ma intanto rilancia la cooperazione, nel rispetto di quel principio secondo cui ‘si coopera finché si può’, in cinque aree: sostenibilità, innovazione e tecnologia, sicurezza e difesa, connettività, coordinamento ad ogni livello.Più nello specifico, per ciò che riguarda la sostenibilità si intende intensificare la cooperazione sulle energie rinnovabili, lo sviluppo di capacità nell’idrogeno verde e l’espansione della finanza verde, oltre che lavorare insieme per la sicurezza alimentare e la risposta ai cambiamenti climatici. Per ciò che riguarda innovazione e tecnologia, si sottolinea l’impegno a promuovere tecnologie emergenti critiche e l’impegno sulle questioni digitali, con particolare attenzione al rafforzamento della sicurezza economica all’interno del Consiglio per il Commercio e la Tecnologia (TTC). Questa nuova strategia prevede anche una potenziale partnership UE-India per le startup, e l’invito per l’India ad associarsi al programma Horizon Europe per la ricerca.L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfidaIl capitolo relativo alla difesa è forse quello più delicato, visto che si chiede a Nuova Delhi di “intensificare l’impegno sulla guerra della Russia contro l’Ucraina, sulle flotte ombra e sulle sanzioni”. Non è chiaro qui quanto possa ottenere l’UE, dato un partner che comunque ha interessi a mantenere buone relazioni con Mosca. L’UE ci prova.“L‘India è oggi uno degli attori più importanti al mondo e un partner naturale per l’Unione Europea“, sostiene l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas. “Sono molti gli ambiti in cui i nostri interessi, i nostri punti di forza e la nostra volontà politica coincidono”.

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    Per la prima volta in quasi due anni, l’Eurocamera voterà una risoluzione sul massacro a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre 22 mesi, il Parlamento europeo ha calendarizzato per la prossima plenaria una risoluzione su Gaza, dopo quasi due anni in cui sul tema, a Strasburgo, si sono tenuti solo dibattiti senza voto. I gruppi della maggioranza centrista stanno lavorando per definire il testo, che potrebbe ottenere il supporto di altre forze progressiste (pur coi distinguo del caso). Il voto seguirà un dibattito con l’Alta rappresentante Kaja Kallas sulla situazione nella Striscia e il ruolo dell’Ue.Non suona particolarmente rivoluzionaria, ma la notizia segna comunque una novità: dopo aver discusso il tema per oltre 22 mesi con accesi dibattiti nell’emiciclo, l’Eurocamera voterà finalmente la sua prima risoluzione sulla mattanza in corso a Gaza. Un cambio di passo politico che arriva con grande ritardo, e che finora era stato bloccato dalle differenze di vedute dei principali gruppi politici dell’Aula.Ma stavolta sembra essersi registrata una convergenza tra i tre pilastri della maggioranza europeista. Socialisti (S&D), Popolari (Ppe) e liberali (Renew) si sono messi al lavoro su un testo comune che andrà al voto giovedì prossimo (11 settembre), nell’ultimo giorno della sessione plenaria di Strasburgo. I negoziati sono tutt’ora in corso, confermano a Eunews fonti parlamentari, ma dovrebbero portare ad un punto di caduta accettabile per tutti.L’eurodeputato del M5s Danilo Della Valle (foto: Jan Van De Vel/Parlamento europeo)Se per il momento i gruppi centristi preferiscono non sbottonarsi, dalle fila dell’opposizione arrivano prese di posizione più nette. L’eurodeputato del Movimento 5 stelle Danilo Della Valle ha esortato l’assemblea a “lanciare un forte messaggio di pace e solidarietà verso il popolo palestinese“, annunciando che la delegazione pentastellata presenterà degli emendamenti “per chiedere l’embargo di armi a Israele, la sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele e la protezione diplomatica degli attivisti della Global Sumud Flotilla che rischiano il carcere solo perché trasportano generi alimentari negati oggi da Israele a Gaza”.Il gruppo cui appartiene il M5s, la Sinistra (The Left), è da tempo il più vocale dell’emiciclo sullo sterminio dei palestinesi nella Striscia perpetrato dallo Stato ebraico. La co-leader Manon Aubry sta raccogliendo le firme per presentare un’altra mozione di censura dell’esecutivo comunitario a guida Ursula von der Leyen, criticando proprio l’immobilismo di Bruxelles sul dossier mediorientale. Anche da altre forze progressiste dell’Aula ci si aspetta un supporto di principio alla risoluzione, in attesa che venga finalizzato il testo. “Il nostro scopo è sottolineare che, oltre alla crisi umanitaria, è a rischio l’esistenza stessa della Palestina“, ci fanno sapere da un gruppo del centro-sinistra.La risoluzione, che non sarà vincolante, seguirà un dibattito con Kaja Kallas martedì (9 settembre) dal titolo “Gaza al punto di rottura: l’azione dell’Ue per combattere la carestia, la necessità urgente di rilasciare gli ostaggi e di muoversi verso una soluzione a due Stati”. L’Alta rappresentante, il cui ruolo la costringe a fare il parafulmine degli Stati membri senza affidarle alcun potere reale, ha condiviso pubblicamente la sua crescente frustrazione personale nei confronti dell’inerzia dimostrata dalle cancellerie.I Ventisette si muovono in ordine sparso sulla Palestina – 11 di loro la riconoscono già, altri hanno annunciato di volerlo fare a breve (l’ultimo in ordine cronologico è il Belgio), altri ancora rischiano la crisi di governo solo per aver scoperchiato questo vaso di Pandora – e un fronte unitario a livello europeo è pura fantascienza, come evidenziato plasticamente dall’impossibilità di concordare persino una misura cosmetica e simbolica come la sospensione parziale dei fondi Horizon+ destinati a Tel Aviv.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Intervenendo ieri (3 settembre) ad un evento pubblico, il capo della diplomazia a dodici stelle ha respinto al mittente “l’accusa secondo cui l’Europa sarebbe inattiva” rispetto al genocidio in corso nella Striscia e al regime di apartheid messo in piedi in Cisgiordania. “Siamo i più attivi su questo tema“, ha risposto, rivendicando come l’Ue sia il primo donatore internazionale per l’Autorità nazionale palestinese (Anp). Ma ha riconosciuto che questo “non è sufficiente a cambiare la situazione sul terreno“, ammettendo che questo le provoca “frustrazione“. In Medio Oriente, concede, “non stiamo usando il nostro potere geopolitico perché non siamo uniti”.Il punto, ha proseguito scaricando il barile sull’alleato transatlantico, è che “se l’America sostiene tutto ciò che fa il governo israeliano, allora la leva che hanno è lì”. Forse Kallas dimentica che c’è un gruppo di Paesi membri, capitanati dalla Germania, che continua a bloccare ogni mossa concreta che possa mettere lo Stato ebraico di fronte alle proprie responsabilità. Le opzioni, teoricamente, sarebbero molte: dalla sospensione dell’accordo di associazione alle sanzioni contro il governo di Benjamin Netanyahu (ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità).Nel gabinetto di Tel Aviv, ministri come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir inneggiano continuamente all’annessione dei territori occupati e all’espulsione forzata dei palestinesi dalla loro terra, suggerendo di trattare alla stregua di “terroristi” gli attivisti della Global Sumud Flotilla, in viaggio verso Gaza nonostante le difficoltà legate al meteo avverso. E proprio sulla missione internazionale di solidarietà si è finalmente espressa ieri la premier italiana Giorgia Meloni, uscendo dal silenzio delle ultime settimane.La premier italiana Giorgia Meloni (foto: Andrea Di Biagio via Imagoeconomica)Rispondendo ad una lettera aperta della segretaria Pd Elly Schlein – a bordo delle navi umanitarie ci sono anche due eletti del suo partito, l’eurodeputata Annalisa Corrado e il senatore Arturo Scotto, oltre a Benedetta Scuderi (Avs) e Marco Croatti (M5s) – la premier garantisce che “il governo italiano assicura che saranno adottate tutte le misure di tutela e di sicurezza dei connazionali all’estero in situazioni analoghe” e suggerisce alla spedizione di considerare “la possibilità di avvalersi di canali alternativi e più efficaci di consegna” degli aiuti ai gazawi.“Avvalersi dei canali umanitari già attivi”, ragiona Meloni, eviterebbe di esporre gli attivisti “ai rischi derivanti dal recarsi in una zona di crisi e al conseguente onere a carico delle diverse autorità statuali coinvolte di garantire tutela e sicurezza”. Insomma, secondo l’inquilina di Palazzo Chigi la Flotilla farebbe meglio a non cacciarsi nella tana del leone, perché andrà a finire che dovranno scomodarsi le cancellerie.Peccato che sia proprio il vuoto lasciato dalle cancellerie di tutto il mondo che i partecipanti all’iniziativa stanno tentando di riempire coi propri corpi, mettendo a repentaglio la propria incolumità. In passato Israele ha fermato le precedenti spedizioni umanitarie con la forza, bloccandole in acque internazionali e addirittura bombardando i natanti coi droni.