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    Israele, l’Ue propone sanzioni a due ministri e dazi su merci per 6 miliardi. Ora dipende dagli Stati membri

    Bruxelles – Mentre Israele cinge d’assedio Gaza City e “Gaza brucia” – così ha esultato il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz -, la Commissione europea rompe gli indugi e presenta le prime sanzioni politiche ed economiche a Tel Aviv dall’inizio del conflitto. Sono tre le linee direttive: Bruxelles potrà congelare immediatamente circa 20 milioni di fondi previsti per Israele, mentre dovrà passare dalle capitali per l’imposizione di dazi commerciali su circa 6 miliardi di merci e di misure restrittive su due dei ministri più estremisti del governo di Benjamin Netanyahu.A sbloccare un’impasse lunga due anni, l’indignazione e la mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica, che hanno convinto Ursula von der Leyen ad annunciare le tardive misure la scorsa settimana, nel suo discorso sullo stato dell’Unione. “Voglio essere molto chiara: l’obiettivo non è punire Israele. L’obiettivo è migliorare la situazione umanitaria a Gaza”, ha affermato oggi l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, presentando il pacchetto.Con il capo della diplomazia Ue, c’era il responsabile per il commercio, Maroš Šefčovič, che ha snocciolato cifre e volumi degli scambi tra i due partner e gli effetti della sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele messa sul piatto dall’esecutivo comunitario. Tenendo presente che l’Ue rappresenta un terzo del commercio totale di Israele con il mondo, mentre Israele è solo il 31esimo partner commerciale del blocco.Kaja Kallas, Maroš Šefčovič e Dubravka Šuica presentano le misure restrittive contro IsraeleLa Commissione europea ha proposto la sospensione delle agevolazioni commerciali previste dall’accordo di associazione per lo scambio di merci, per la partecipazione agli appalti pubblici, per le norme sulle proprietà intellettuali. Mentre non verrebbero toccate le disposizioni sul flusso di capitali e doganali. Negando l’accesso preferenziale al mercato dell’Ue, alle merci israeliane sarebbero applicate gli stessi dazi doganali che l’Ue applica a Paesi terzi con cui non ha un accordo di libero scambio.Nel 2024, Israele ha esportato in Ue merci per 16 miliardi di euro, mentre in direzione di Tel Aviv sono partite merci per 26,7 miliardi di euro. In sostanza, le misure colpirebbero il 37 per cento delle esportazioni israeliane – soprattutto prodotti agricoli -, perché il restante 63 per cento – principalmente macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici – rimarrebbe soggetto a tariffe zero o molto basse, secondo i termini del regime MFN (Most Favored Nation) dell’Organizzazione mondiale del commercio.L’effetto, sarebbe dunque l’imposizione di dazi aggiuntivi su merci israeliani per il valore di 5,8 miliardi di euro. Secondo i calcoli della Commissione europea, ciò si tradurrebbe – se il commercio rimarrà allo stesso livello del 2024 – in 227 milioni di euro di dazi doganali nell’arco di un anno. Viceversa, se Israele dovesse rispondere alzando barriere analoghe, i dazi colpirebbero merci europee per il valore di circa 8 miliardi. Bruxelles è rimasta sorda agli appelli – e alle decisioni unilaterali di alcuni Paesi membri – per imporre restrizioni specifiche al commercio di armi e materiale a doppio uso civile-militare. Anzi, secondo il regime MFN, rimarranno in gran parte esenti da dazi.La proposta, il cui limitato effetto economico è inversamente proporzionale all’alto valore politico, dovrà essere approvata dagli Stati membri a maggioranza qualificata. Il che significa che – al netto dell’opposizione di Paesi con un peso specifico minore, come Ungheria e Repubblica Ceca – a deciderne le sorti saranno in particolare Italia e Germania, i cui governi non hanno mai risolto del tutto l’ambiguità nei confronti della condotta dell’esercito israeliano a Gaza. Se dovessero farsi da parte, Bruxelles dovrà a quel punto informare della sospensione il Consiglio di associazione Ue-Israele, e attendere 30 giorni prima dell’entrata in vigore dei dazi.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Ancora più complessa la strada per il sì alle misure restrittive contro i ministri della Sicurezza nazionale e delle Finanze, gli estremisti religiosi Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Per approvare le sanzioni è necessaria l’unanimità dei 27. Un anno fa, le capitali Ue respinsero la stessa proposta, messa sul tavolo dall’allora Alto rappresentante Josep Borrell. Nel frattempo, i due sono stati sanzionati da diversi partner dell’Ue, tra cui Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia. E così hanno fatto, in maniera autonoma, anche Paesi Bassi e Slovenia.“Conoscete molto bene la situazione in seno al Consiglio. Anche se vediamo che l’opinione pubblica sta davvero cambiando, a livello politico le posizioni sono molto simili a quelle che ci sono state finora“, ha ammesso Kallas, scura in volto. Oltre al divieto di ingresso nell’Ue e al congelamento di eventuali fondi sul territorio europeo per i due ministri, la proposta include sanzioni per 3 coloni israeliani e 6 organizzazioni responsabili di violenze nei territori palestinesi occupati e 10 membri del direttivo politico di Hamas.Del pacchetto presentato oggi, rischia di sopravvivere soltanto lo stop al sostegno bilaterale a Israele, su cui la Commissione procederà in autonomia. Si parla di 6 milioni di euro all’anno fino al 2027 attraverso lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) e di 14 milioni in progetti di cooperazione istituzionale, compresi i gemellaggi e progetti di gemellaggio nell’ambito del meccanismo di cooperazione regionale Ue-Israele.

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    L’UE cerca una cooperazione tutta nuova con l’India: “E’ priorità strategica”

    Bruxelles – La Commissione europea continua nel suo lavorio di avvicinamento all’India con una nuova strategia volta a rafforzare le relazioni bilaterali. La cosa di per sé non sorprende, visti i tempi: tensioni commerciali con un partner, quello statunitense, improvvisamente meno amico, una Cina sempre più ‘ingombrante’ a livello geo-politico, una Russia cancellata dalla lista dei Paesi ‘amici’, dialogare con Nuova Delhi è praticamente un passo obbligato. Colpisce che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel presentare questa strategia, affermi che “ora è il momento di concentrarsi su partner affidabili e di raddoppiare i partenariati fondati su interessi condivisi e guidati da valori comuni”. Con la nostra nuova strategia UE-India, “stiamo portando le nostre relazioni a un livello superiore”.La diplomazia è in fin dei conti uno strumento di ipocrisia, un artificio utile a nascondere ciò che si pensa davvero per toni più amichevoli. Se critiche e attacchi difficilmente risultano produttivi, elogi e manifestazione di stima e affetto invece sì, quindi ben vengano le parole di rito e di circostanza, nella loro non veridicità. Ma del resto, sottolinea la comunicazione agli Stati, “portare il partenariato strategico UE-India a un livello superiore è una priorità strategica“.Il primo ministro indiano Narendra Modi (foto: Andrew Caballero-Reynolds/Afp)Sul conflitto russo-ucraino e le sanzioni a Mosca l’India ha sposato un linea ambigua e doppiogiochista: comprare petrolio da Mosca, e mantenere buoni rapporti con il Cremlino in chiave anti-cinese per il controllo della regione sfociate nella partecipazione dell’India all’esercitazione militare russa ai confini dell’Unione europea. Logiche tutte indiane che poco si sposano con le parole di von der Leyen: definire l’India di Mohdi un partner “affidabile” è un azzardo, tanto più che la stessa Commissione europea è consapevole della scommessa che sta compiendo, sia pur inevitabile.La nuova strategia UE-IndiaSullo sfondo resta l’accordo commerciale che l’UE è intenzionata chiudere entro fine anno per mettersi al riparo dalle possibili ricadute negative dell’accordo sui dazi con gli Stati Uniti e nuove eventuali tensioni commerciali. Ma intanto rilancia la cooperazione, nel rispetto di quel principio secondo cui ‘si coopera finché si può’, in cinque aree: sostenibilità, innovazione e tecnologia, sicurezza e difesa, connettività, coordinamento ad ogni livello.Più nello specifico, per ciò che riguarda la sostenibilità si intende intensificare la cooperazione sulle energie rinnovabili, lo sviluppo di capacità nell’idrogeno verde e l’espansione della finanza verde, oltre che lavorare insieme per la sicurezza alimentare e la risposta ai cambiamenti climatici. Per ciò che riguarda innovazione e tecnologia, si sottolinea l’impegno a promuovere tecnologie emergenti critiche e l’impegno sulle questioni digitali, con particolare attenzione al rafforzamento della sicurezza economica all’interno del Consiglio per il Commercio e la Tecnologia (TTC). Questa nuova strategia prevede anche una potenziale partnership UE-India per le startup, e l’invito per l’India ad associarsi al programma Horizon Europe per la ricerca.L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfidaIl capitolo relativo alla difesa è forse quello più delicato, visto che si chiede a Nuova Delhi di “intensificare l’impegno sulla guerra della Russia contro l’Ucraina, sulle flotte ombra e sulle sanzioni”. Non è chiaro qui quanto possa ottenere l’UE, dato un partner che comunque ha interessi a mantenere buone relazioni con Mosca. L’UE ci prova.“L‘India è oggi uno degli attori più importanti al mondo e un partner naturale per l’Unione Europea“, sostiene l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas. “Sono molti gli ambiti in cui i nostri interessi, i nostri punti di forza e la nostra volontà politica coincidono”.

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    Per la prima volta in quasi due anni, l’Eurocamera voterà una risoluzione sul massacro a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre 22 mesi, il Parlamento europeo ha calendarizzato per la prossima plenaria una risoluzione su Gaza, dopo quasi due anni in cui sul tema, a Strasburgo, si sono tenuti solo dibattiti senza voto. I gruppi della maggioranza centrista stanno lavorando per definire il testo, che potrebbe ottenere il supporto di altre forze progressiste (pur coi distinguo del caso). Il voto seguirà un dibattito con l’Alta rappresentante Kaja Kallas sulla situazione nella Striscia e il ruolo dell’Ue.Non suona particolarmente rivoluzionaria, ma la notizia segna comunque una novità: dopo aver discusso il tema per oltre 22 mesi con accesi dibattiti nell’emiciclo, l’Eurocamera voterà finalmente la sua prima risoluzione sulla mattanza in corso a Gaza. Un cambio di passo politico che arriva con grande ritardo, e che finora era stato bloccato dalle differenze di vedute dei principali gruppi politici dell’Aula.Ma stavolta sembra essersi registrata una convergenza tra i tre pilastri della maggioranza europeista. Socialisti (S&D), Popolari (Ppe) e liberali (Renew) si sono messi al lavoro su un testo comune che andrà al voto giovedì prossimo (11 settembre), nell’ultimo giorno della sessione plenaria di Strasburgo. I negoziati sono tutt’ora in corso, confermano a Eunews fonti parlamentari, ma dovrebbero portare ad un punto di caduta accettabile per tutti.L’eurodeputato del M5s Danilo Della Valle (foto: Jan Van De Vel/Parlamento europeo)Se per il momento i gruppi centristi preferiscono non sbottonarsi, dalle fila dell’opposizione arrivano prese di posizione più nette. L’eurodeputato del Movimento 5 stelle Danilo Della Valle ha esortato l’assemblea a “lanciare un forte messaggio di pace e solidarietà verso il popolo palestinese“, annunciando che la delegazione pentastellata presenterà degli emendamenti “per chiedere l’embargo di armi a Israele, la sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele e la protezione diplomatica degli attivisti della Global Sumud Flotilla che rischiano il carcere solo perché trasportano generi alimentari negati oggi da Israele a Gaza”.Il gruppo cui appartiene il M5s, la Sinistra (The Left), è da tempo il più vocale dell’emiciclo sullo sterminio dei palestinesi nella Striscia perpetrato dallo Stato ebraico. La co-leader Manon Aubry sta raccogliendo le firme per presentare un’altra mozione di censura dell’esecutivo comunitario a guida Ursula von der Leyen, criticando proprio l’immobilismo di Bruxelles sul dossier mediorientale. Anche da altre forze progressiste dell’Aula ci si aspetta un supporto di principio alla risoluzione, in attesa che venga finalizzato il testo. “Il nostro scopo è sottolineare che, oltre alla crisi umanitaria, è a rischio l’esistenza stessa della Palestina“, ci fanno sapere da un gruppo del centro-sinistra.La risoluzione, che non sarà vincolante, seguirà un dibattito con Kaja Kallas martedì (9 settembre) dal titolo “Gaza al punto di rottura: l’azione dell’Ue per combattere la carestia, la necessità urgente di rilasciare gli ostaggi e di muoversi verso una soluzione a due Stati”. L’Alta rappresentante, il cui ruolo la costringe a fare il parafulmine degli Stati membri senza affidarle alcun potere reale, ha condiviso pubblicamente la sua crescente frustrazione personale nei confronti dell’inerzia dimostrata dalle cancellerie.I Ventisette si muovono in ordine sparso sulla Palestina – 11 di loro la riconoscono già, altri hanno annunciato di volerlo fare a breve (l’ultimo in ordine cronologico è il Belgio), altri ancora rischiano la crisi di governo solo per aver scoperchiato questo vaso di Pandora – e un fronte unitario a livello europeo è pura fantascienza, come evidenziato plasticamente dall’impossibilità di concordare persino una misura cosmetica e simbolica come la sospensione parziale dei fondi Horizon+ destinati a Tel Aviv.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Intervenendo ieri (3 settembre) ad un evento pubblico, il capo della diplomazia a dodici stelle ha respinto al mittente “l’accusa secondo cui l’Europa sarebbe inattiva” rispetto al genocidio in corso nella Striscia e al regime di apartheid messo in piedi in Cisgiordania. “Siamo i più attivi su questo tema“, ha risposto, rivendicando come l’Ue sia il primo donatore internazionale per l’Autorità nazionale palestinese (Anp). Ma ha riconosciuto che questo “non è sufficiente a cambiare la situazione sul terreno“, ammettendo che questo le provoca “frustrazione“. In Medio Oriente, concede, “non stiamo usando il nostro potere geopolitico perché non siamo uniti”.Il punto, ha proseguito scaricando il barile sull’alleato transatlantico, è che “se l’America sostiene tutto ciò che fa il governo israeliano, allora la leva che hanno è lì”. Forse Kallas dimentica che c’è un gruppo di Paesi membri, capitanati dalla Germania, che continua a bloccare ogni mossa concreta che possa mettere lo Stato ebraico di fronte alle proprie responsabilità. Le opzioni, teoricamente, sarebbero molte: dalla sospensione dell’accordo di associazione alle sanzioni contro il governo di Benjamin Netanyahu (ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità).Nel gabinetto di Tel Aviv, ministri come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir inneggiano continuamente all’annessione dei territori occupati e all’espulsione forzata dei palestinesi dalla loro terra, suggerendo di trattare alla stregua di “terroristi” gli attivisti della Global Sumud Flotilla, in viaggio verso Gaza nonostante le difficoltà legate al meteo avverso. E proprio sulla missione internazionale di solidarietà si è finalmente espressa ieri la premier italiana Giorgia Meloni, uscendo dal silenzio delle ultime settimane.La premier italiana Giorgia Meloni (foto: Andrea Di Biagio via Imagoeconomica)Rispondendo ad una lettera aperta della segretaria Pd Elly Schlein – a bordo delle navi umanitarie ci sono anche due eletti del suo partito, l’eurodeputata Annalisa Corrado e il senatore Arturo Scotto, oltre a Benedetta Scuderi (Avs) e Marco Croatti (M5s) – la premier garantisce che “il governo italiano assicura che saranno adottate tutte le misure di tutela e di sicurezza dei connazionali all’estero in situazioni analoghe” e suggerisce alla spedizione di considerare “la possibilità di avvalersi di canali alternativi e più efficaci di consegna” degli aiuti ai gazawi.“Avvalersi dei canali umanitari già attivi”, ragiona Meloni, eviterebbe di esporre gli attivisti “ai rischi derivanti dal recarsi in una zona di crisi e al conseguente onere a carico delle diverse autorità statuali coinvolte di garantire tutela e sicurezza”. Insomma, secondo l’inquilina di Palazzo Chigi la Flotilla farebbe meglio a non cacciarsi nella tana del leone, perché andrà a finire che dovranno scomodarsi le cancellerie.Peccato che sia proprio il vuoto lasciato dalle cancellerie di tutto il mondo che i partecipanti all’iniziativa stanno tentando di riempire coi propri corpi, mettendo a repentaglio la propria incolumità. In passato Israele ha fermato le precedenti spedizioni umanitarie con la forza, bloccandole in acque internazionali e addirittura bombardando i natanti coi droni.

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    Un attacco russo ha colpito la delegazione Ue a Kiev. Bruxelles promette nuove sanzioni

    Bruxelles – Nell’attacco missilistico condotto questa notte dalla Russia su Kiev è stata colpita anche la sede della delegazione Ue in Ucraina. Immediate le condanne dei vertici comunitari, secondo i quali il Cremlino non dimostra alcun reale interesse per la pace. Intanto le trattative internazionali procedono a rilento, mentre i Ventisette discutono di garanzie di sicurezza e nuove sanzioni contro Mosca.Durante la notte tra il 27 e il 28 agosto, l’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina ha coinvolto la sede della delegazione dell’Unione europea, danneggiandola gravemente secondo le informazioni fornite dai funzionari che vi lavoravano. Stando ai rapporti locali, il raid avrebbe ucciso una decina di persone e ne avrebbe ferite una trentina, danneggiando una serie di edifici inclusa anche la sede del British Council, l’istituto di promozione della lingua inglese all’estero.Secondo Katarina Mathernova, ambasciatrice Ue a Kiev, il palazzo della delegazione sarebbe stato “gravemente danneggiato dall’onda d’urto” provocata dal bombardamento di un edificio civile nelle vicinanze. “Questa è la vera risposta di Mosca agli sforzi di pace“, ha aggiunto. Al momento attuale non risultano vittime tra il personale della delegazione.L’attacco russo su Kiev del 28 agosto 2025 (foto: delegazione Ue in Ucraina)Non si è fatta attendere la condanna di Bruxelles e la solidarietà delle istituzioni comunitarie verso le vittime civili e lo staff della delegazione. “Sono sconvolto dall’ennesima notte di attacchi missilistici contro l’Ucraina”, ha scritto su X il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sottolineando che “l’Ue non si lascerà intimidire” dalle bombe della Federazione. “L’aggressione della Russia non fa che rafforzare la nostra determinazione a sostenere l’Ucraina e il suo popolo”, ha aggiunto.Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, “la Russia deve cessare immediatamente i suoi attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili e partecipare ai negoziati“, accettando la mediazione offerta dal presidente statunitense Donald Trump. Durante un punto stampa in tarda mattinata, la timoniera del Berlaymont si è detta “oltraggiata dall’attacco” in cui, ha spiegato, “due missili hanno colpito entro una distanza di 50 metri dalla delegazione nell’arco di 20 secondi”. Alle sue spalle, uno schermo proiettava le immagini della struttura colpita dall’attacco.“La Russia non si fermerà di fronte a niente pur di terrorizzare l’Ucraina“, ha rincarato, “incluso prendere di mira l’Ue”. E ha promesso di continuare a “mantenere la massima pressione” su Mosca rafforzando il regime sanzionatorio di Bruxelles e portando avanti “il lavoro sugli asset russi immobilizzati per contribuire alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina”. Per il momento – riferiscono i portavoce della Commissione – il focus è sugli extraprofitti generati dai beni russi congelati più che sui beni stessi, il cui valore si aggira intorno ai 210 miliardi di euro nella giurisdizione dell’Unione, tuttavia le discussioni sul tema continuano.I’m outraged by the missile and drone attack on Kyiv, killing men, women and children.And damaging our EU diplomatic mission.My thoughts go to our brave staff.Russia’s strikes on Kyiv will only strengthen Europe’s unity and Ukraine’s defiance ↓ https://t.co/VzuBWIPxzH— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 28, 2025Contestualmente, von der Leyen ha annunciato che domani inizierà un tour in “sette Stati membri che stanno rafforzando e proteggendo i nostri confini esterni con la Russia e la Bielorussia“: nell’ordine della visita, che durerà fino a lunedì, toccherà Lettonia, Finlandia, Estonia, Polonia, Bulgaria, Lituania e Romania (Sofia e Bucarest sono in prima linea sul fianco orientale della Nato anche se non condividono direttamente una frontiera con Mosca e Minsk). L’obiettivo è “esprimere la piena solidarietà dell’Ue e condividere i progressi che stiamo facendo nella creazione di una forte industria europea della difesa“, ha spiegato.Come confermato dalla portavoce della Commissione per gli affari esteri, Anitta Hipper, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha convocato per “oggi stesso” il chargé d’affaires della Federazione a Bruxelles per protestare l’accaduto. Il capo della diplomazia a dodici stelle ha redarguito Mosca: “Mentre il mondo cerca una via per la pace, la Russia risponde coi missili“, ha dichiarato, ingiungendo al Cremlino di “fermare le uccisioni e negoziare” la cessazione delle ostilità.Anche la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato “fermamente questi attacchi brutali“, definendoli “un chiaro segnale che la Russia rifiuta la pace e sceglie il terrore“. “La nostra piena solidarietà va al personale dell’Ue, alle loro famiglie e a tutti gli ucraini che subiscono questa aggressione“, ha concluso.Il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha ha invocato “non solo la condanna dell’Ue, ma anche quella mondiale” per quella che definisce una “violazione diretta della Convenzione di Vienna“, nella quale viene sancita la sicurezza dei corpi diplomatici e l’inviolabilità di ambasciate e missioni internazionali.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Sulla stessa linea, Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aspettarsi “una risposta da parte di tutti coloro che nel mondo hanno invocato la pace, ma che ora più spesso rimangono in silenzio”, puntando il dito in particolare contro l’Ungheria di Viktor Orbán, il più filorusso tra gli Stati Ue che da tempo si mette di traverso sia sulle sanzioni a Mosca sia sugli aiuti a Kiev, per non parlare del veto contro l’adesione di quest’ultima al club europeo.Stasera, i titolari della Difesa dei Ventisette si riuniranno a Copenaghen per avviare una riunione informale che si protrarrà nella giornata di domani, mentre sabato sarà il turno dei responsabili degli Esteri. Sul tavolo soprattutto la questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina – su cui i membri della coalizione dei volenterosi stanno discutendo intensamente in queste settimane – e quella del 19esimo pacchetto di misure restrittive contro il Cremlino, che la Commissione vorrebbe presentare a inizio settembre.Dopo aver incontrato Trump in Alaska, lo scorso 15 agosto, il presidente russo Vladimir Putin ha puntato i piedi per rallentare i progressi diplomatici verso una soluzione negoziale della guerra in corso da oltre tre anni e mezzo, reiterando i dubbi già manifestati diverse volte sulla legittimità di Zelensky (il suo mandato è tecnicamente scaduto nel maggio 2024, ma non si possono convocare elezioni finché è in vigore la legge marziale) e bollando come irricevibile la presenza di truppe Nato in Ucraina, uno degli elementi centrali della cosiddetta “forza di rassicurazione” europea che gli alleati di Kiev stanno cercando di definire in una frenetica girandola di riunioni sulle due sponde dell’Atlantico.

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    Ucraina, Kallas rivendica il ‘suo’ piano: “Consegnate già l’80 per cento dei 2 milioni di munizioni”

    Bruxelles – Il rifornimento di munizioni all’Ucraina continua, e procede a ritmo spedito. Lo assicura l’Alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, spiegando che a oggi l’iniziativa per fornire a Kiev e al suo esercito 2 milioni di munizioni di grosso calibro nel 2025 “ha già raggiunto l’80 per cento del suo obiettivo“. Vuol dire circa 1,6 milioni di munizioni già consegnate. Un risultato che, dato il calendario, consente di guardare con un certo ottimismo agli impegni assunti dall’Ue.La fornitura di 2 milioni di munizioni all’Ucraina fa parte dell’iniziativa lanciata dalla stessa Kallas per sostenere il Paese, che gli Stati membri dell’Ue hanno però criticato e fortemente ridimensionato. La strategia messa a punto dall’Alta rappresentante a marzo scorso prevedeva sostegni per 40 miliardi di euro, ridotti poi a cinque miliardi per effetto della contrarietà delle capitali. Un vero e proprio fallimento, quello di Kallas, da cui si è salvato l’impegno per la fornitura di munizioni.L’Alta rappresentante ostenta comunque ottimismo, e nella spiegazione offerta rispondendo a un’interrogazione parlamentare in materia, guarda l’aspetto positivo della vicenda. Il fatto che circa l’80 per cento delle munizioni promesse sono state effettivamente consegnate vuole dire che “l’Ue e i suoi Stati membri confermano il loro impegno a fornire all’Ucraina e al suo popolo tutto il necessario sostegno politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico, per tutto il tempo necessario e con la massima intensità”.

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    80 dopo Hiroshima l’Ue insegue il disarmo nucleare. E avverte sul pericolo Iran

    Bruxelles – 6 agosto 1945 – 6 agosto 2025. L’Unione europea ricorda il bombardamento di Hiroshima, e lo sgancio della prime delle due bombe atomiche sul Giappone che hanno cambiato, in negativo, il corso della storia dell’umanità. Perché, ricorda l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, “la devastazione di Hiroshima è ancora una testimonianza agghiacciante del potere e delle conseguenze delle armi nucleari”. Proprio per questo l’ottantesimo anniversario dell’accaduto diventa l’occasione per esortare a contrastare “l’espansione opaca degli arsenali nucleari e nuovi attori che cercano di dotarsi di capacità nucleari“.Da parte di Kallas non c’è alcun riferimento esplicito nei confronti di nessuno, ma l’allusione nascosta tra le righe della nota diffusa cela un richiamo sull’Iran, Paese che starebbe cercando di procurarsi armi nucleari e che per questo è stato bombardato da Israele e accusato dalla stessa Ue di essere fonte di instabilità regionale. La stessa diplomazia Ue cerca di tenere in vita ciò che resta dell’accordo internazionale che impegnerebbe la repubblica islamica a non dotarsi di nucleare, a riprova dei timori nei confronti del regime degli ayatollah.Ma c’è anche il nucleare nordcoreano sullo sfondo. Da anni Pyongyang lavora allo sviluppo di arsenali militari nucleari, con tanto di test che sono valsi la condanna del G7 e sanzioni da parte della stessa Unione europea.“Di fronte a queste sfide – continua Kallas – il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari rimane la pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare e il fondamento essenziale per il perseguimento del disarmo nucleare”.Cambiano dunque i protagonisti ma non cambia la linea: occorre porre un freno alla proliferazione delle bombe atomiche. Un monito che giunge anche dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa: “Oggi onoriamo la memoria delle vittime e riaffermiamo il nostro incrollabile impegno per la pace, il disarmo e un mondo libero dalle armi nucleari“. A 80 anni dal lancio della bomba su Hiroshima, aggiunge, “il mondo non deve mai dimenticare l’orrore scatenato dalle armi nucleari. L’umanità ne porta ancora oggi le cicatrici”.

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    S&D, Verdi e laSinistra all’Ue: “A Gaza è genocidio, è tempo di agire”

    Bruxelles – Violazione dei diritti umani a Gaza, “è tempo di agire”. I gruppi parlamentari socialista (S&D), Verdi e laSinistra esortano Commissione europea e Consiglio europea a prendere provvedimenti, una volta per tutte e come si deve. In una lettera indirizza ai presidenti delle due istituzioni (Ursula von der Leyen e Antonio Costa) e all’Alta rappresentante (Kaja Kallas), le tre formazioni parlamentari, che insieme rappresentano un terzo dell’Aula, dicono ‘basta’. “E’ evidente che si sta commettendo un genocidio a Gaza, con la Commissione e il Consiglio che finora hanno fallito nel rispondere con urgenza e fare ciò che i nostri trattati e i nostri valori richiedono“, denunciano e lamentano i presidenti dei gruppi, Iratxe Garcia Perez (S&D), Bas Eickhout e Terry Reintke (Verdi), Manon Aubry e Martin Schierdewan (laSinistra).I gruppi parlamentari contestano l’inazione dell’Ue anche di fronte alle dichiarate intenzioni israeliane di conquistare la striscia di Gaza, di fronte alle quali l’Unione europea non ha praticamente reagito. Nelle richieste avanzate ai ‘top jobs‘ dell’Ue viene quindi, non a caso, inserita la necessità di “riaffermare l’impegno per una soluzione a due Stati, con passi politici concreti”. Si attendono Commissione e Consiglio al varco, vale a dire alla riunione dell’Assemblea generale dell’Onu di settembre. E’ qui che socialisti, verdi e sinistra radicale vorrebbero vedere cambi di passo veri.It’s time for urgent action to end the massacre in Gaza.Presidents of @TheProgressives, @GreensEFA & @Left_EU today write to @vonderleyen, @eucopresident & @kajakallas:– Suspend the EU-Israel Association Agreement– Enforce a comprehensive arms embargo– Guarantee humanitarian… pic.twitter.com/tGIudRkqa1— S&D Group (@TheProgressives) August 5, 2025Per iniziare a dare un segnale vero si chiede la sospensione immediata e completa dell’accordo di associazione Ue-Israele, al pari dello stop della partecipazione di imprese israeliane al programma Horizon Europe per la ricerca. Richieste però di difficile realizzazione, visto che in entrambi i casi sono gli Stati membri a doversi esprimere, e sulla linea dura contro lo Stato ebraico i 27 sono divisi.Ciononostante si continua a fare pressione. “L’Unione europea deve assumersi responsabilità e agire ora”, insistono i leader di socialisti, verdi e sinistra radicale. Per questo si chiede di mandare più segnali alla leadership israeliana, a partire dal “ripristini del pieno finanziamento dell’Unrwa”, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. E’ l’Unione europea che si fa sentire, dopo il silenzio di un’altra parte dell’Unione europea.

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    Israele pensa all’annessione di Gaza, l’Ue risponde col silenzio

    Bruxelles – Un annuncio altisonante per una risposta silenziosa pressoché nulla. Israele e Unione europea, divisi sul futuro dello Stato palestinese ma alla fine concordi nel condannare la parte araba della questione israelo-palestinese. Israele e Unione europea, la forza e l’arroganza da una parte, la timidezza e la debolezza dall’altra. Il governo dello Stato ebraico guidato da Benjamin Netanyahu minaccia di annettere la Striscia di Gaza, e l’Ue reagisce non reagendo.Di fronte ad una pressione internazionale crescente che vede per la decisione politica di riconoscere la Palestina come Stato, la risposta di Tel Aviv è risolvere la questione cancellando dalla carta geografica territori che potrebbero tornare utili, in futuro, per uno stato palestinese. L’Ue, che ha sempre sostenuto la necessità di una soluzione a due Stati, tace. La sempre attiva Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue molto attiva in termini di momenti stampa, dichiarazioni ufficiali e anche post social, non ha battuto ciglio. Nessun commento, nessun comunicato, e neppure nessun pensierino affidato a X, dove l’ultima cosa scritta è la condanna di Hamas, a cui intima il rilascio degli ostaggi.The images of Israeli hostages are appalling and expose the barbarity of Hamas. All hostages must be released immediately and unconditionally.Hamas must disarm and end its rule in Gaza.At the same time, large-scale humanitarian aid must be allowed to reach those in need.— Kaja Kallas (@kajakallas) August 3, 2025Deve essere pungolata, l’Alta rappresentante, perché si esprima sulla questione. Serve un’interrogazione parlamentare promossa da membri dei gruppi socialista (S&D), Verdi, sinistra radicale (laSinistra) e non iscritti per avere una risposta chiara in merito. “L’Ue respinge qualsiasi tentativo di cambiamenti demografici o territoriali nella Striscia di Gaza e sostiene l’unificazione della Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto l’Autorità Palestinese“, la linea della Commissione europea e di Kallas, e che nome del collegio tutto si esprime. In silenzio, discretamente, sommessamente, per non dare troppo fastidio al governo di Israele. Una coincidenza che la risposta scritta di Kallas arrivi i il 2 agosto, per un’interrogazione depositata il 27 maggio. Coincidenza fortuita, che almeno permette di sgombrare il campo da dubbi ed equivoci, ma che non cancella una Commissione europea impreparata a condannare quando serve un Paese ‘amico’. Ancora una volta l’Ue non fa una bella figura. Su Israele e la risposta all’eccesso di risposta israeliana agli attacchi di Hamas, l’Europa finisce col condannare il futuro della Palestina e del suo popolo. O ciò che ne resterà. Perché, è bene ricordarlo, Kallas condanna Hamas per il trattamento riservato agli ostaggi ma sorvola sulla strage di civili e il genocidio in corso a Gaza.