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    Il Global Gateway da 300 miliardi di euro è la risposta UE alla Belt and Road Initiative della Cina e alle sfide globali

    Bruxelles – Si chiama Global Gateway e mobiliterà fino a 300 miliardi di euro in investimenti tra il 2021 e il 2027: è questa la risposta dell’UE alla Belt and Road Initiative della Cina (quella che in Italia è conosciuta anche con il nome di Nuova via della seta), la nuova strategia europea per “promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, insieme con la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Presentato oggi (mercoledì primo dicembre) dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, insieme con la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Global Gateway sarà lo strumento che dovrebbe permettere all’Unione di affrontare le sfide globali più urgenti, dal cambiamento climatico, al miglioramento della sicurezza sanitaria, fino al rafforzamento della competitività e delle catene di approvvigionamento globale, come quella dei semiconduttori. “La strategia Global Gateway è un modello di come l’Europa può costruire connessioni più resistenti con il mondo“, ha presentato così il progetto la presidente von der Leyen.
    Che questa iniziativa sia una risposta allo potere crescente della Cina in contenenti come l’Africa e il Sud America (ma anche in Medio Oriente e nell’Europa orientale e balcanica) lo si deduce dal fatto che l’esecutivo UE abbia voluto specificare che “il Global Gateway veicolerà un aumento degli investimenti per promuovere valori democratici, buona governance, trasparenza e partenariati equi“. Con questo spirito Bruxelles metterà in contatto le istituzioni finanziarie e di sviluppo degli Stati membri, la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), mobilitando le delegazioni UE in tutto il mondo per identificare e coordinare i progetti in loco.
    La commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen
    Contrapponendosi alla cosiddetta trappola del debito cinese, attraverso il Global Gateway l’UE vuole rafforzare la solidità delle condizioni finanziarie dei Paesi partner e migliorare la sostenibilità del debito, attraverso sovvenzioni, prestiti favorevoli e garanzie di bilancio. Al centro c’è anche la promozione di alti standard ambientali, sociali e di gestione strategica, che saranno monitorati dall’assistenza tecnica di Bruxelles. Per garantire una maggiore parità di condizioni per le imprese dell’UE nei mercati dei Paesi terzi, dove si trovano a competere con i concorrenti sostenuti dai propri governi, l’UE sta valutando la possibilità di istituire uno strumento europeo di credito all’esportazione. “Vogliamo creare legami forti e sostenibili, non dipendenze, tra l’Europa e il mondo e costruire un nuovo futuro per i giovani”, ha sottolineato la commissaria Urpilainen.
    A livello di partenariati, Bruxelles guarda oltreoceano per promuovere investimenti sostenibili nella connettività. In particolare, “il Global Gateway e l’iniziativa statunitense Build Back Better World si rafforzeranno a vicenda“, è stata la rassicurazione dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Un impegno che si estende anche in Asia, con i partenariati di connettività con Giappone e India, e nei Balcani Occidentali, con il Piano economico e di investimenti presentato nel 2020: “Questi piani inizieranno a realizzare la strategia Global Gateway nelle regioni che rientrano ancora nel mandato di questa Commissione”, ha confermato il commissario Várhelyi.

    La Commissione UE ha presentato la nuova strategia europea per mobilitare investimenti che diano vita a progetti con Paesi partner in tutto il mondo entro il 2027 su cambiamento climatico, catene di approvvigionamento e sicurezza sanitaria

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    Nella lista nera delle sanzioni UE contro la Bielorussia anche gli operatori di trasporto complici della tratta di migranti

    Bruxelles – Una lista nera di compagnie aeree e operatori di trasporto che facilitano la tratta di persone verso l’Unione Europea. La Commissione Ue alza l’asticella della sua battaglia diplomatica contro il regime del presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, e oggi (martedì 23 novembre) propone un nuovo strumento per cercare di fermare alla radice il flusso migratorio che sta provocando una crisi al confine con la Polonia.
    Secondo la proposta di sanzioni presentata dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dal vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, e dalla commissaria per i trasporti, Adina Vălean, nel momento in cui un operatore di trasporto “mette a rischio la vita di persone vulnerabili e la sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione”, l’esecutivo comunitario può prendere una serie di misure che vanno dal congelamento delle operazioni nel Mercato dell’UE alla sospensione delle licenze e del diritto di operare verso, da e dentro l’Unione Europea, fino al divieto di transitare, sorvolare o fare scalo nei porti dei Paesi membri. “La cooperazione forte e immediata a cui abbiamo assistito dalla comunità globale dell’aviazione nelle ultime settimane dimostra che è essenziale coinvolgere da vicino gli operatori dei trasporti nella prevenzione e nella lotta contro questa nuova forma di minaccia ibrida”, ha spiegato la commissaria Vălean.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (23 novembre 2021)
    Analizzando gli eventi lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, la Commissione UE ha sottolineato che “i recenti eventi alla frontiera non si sarebbero potuti verificare senza il contributo degli operatori di volo, consapevole o involontario”. L’alto rappresentante Borrell ha indicato nella proposta di nuovo quadro giuridico “uno strumento adeguato per combattere la strumentalizzazione delle persone per scopi politici“, che sia “proporzionato e determinato caso per caso”. Una prima misura che potrebbe essere adottata a stretto giro riguarda la sospensione del noleggio di aerei della compagnia di bandiera bielorussa Belavia da parte delle aziende europee: “È una decisione imminente”, ha sottolineato il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, nel corso del suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. Dal 24 maggio scorso a Belavia è stato chiuso lo spazio aereo dell’UE come risposta al dirottamento del volo Ryanair su Minsk per arrestare il giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich.
    Anche la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha aggiornato gli eurodeputati sulla nuova proposta del suo gabinetto per contrastare la Bielorussia di Lukashenko: “Non accetteremo mai lo sfruttamento di esseri umani per scopi politici”, ha ribadito con forza. “I tentativi di destabilizzarci strumentalizzando le persone non funzioneranno, perché siamo uniti”, ha aggiunto von der Leyen, che ha ricordato l’impegno della Commissione a “risolvere la situazione alle frontiere esterne dell’UE con diverse azioni“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (23 novembre 2021)
    Tra queste azioni c’è anche la proposta di misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio. “L’obiettivo è sostenere gli Stati membri e definire le procedure adeguate per gestire gli arrivi irregolari in maniera ordinata nel rispetto dei diritti fondamentali”, ha anticipato la presidente della Commissione UE. Sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), la proposta prevede che, nel caso in cui uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, “il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione con il Parlamento, può adottare misure provvisorie a favore degli Stati membri interessati“.
    C’è poi il capitolo del sostegno per la gestione delle frontiere e del flusso migratorio dalla Bielorussia, il tema più spinoso per le istituzioni UE. La presidente della Commissione ha ribadito la posizione dell’esecutivo comunitario (“Non saranno finanziate barriere fisiche con fondi UE”), ma sono stati messi a disposizione di Polonia, Lituania e Lettonia 200 milioni di euro “per la gestione delle frontiere e per sostenere l’attuazione delle procedure di asilo e le condizioni di accoglienza”, ha specificato il vicepresidente Schinas. Un ulteriore sostegno potrebbe includere l’intervento rapido alle frontiere e le operazioni di rimpatrio da parte dell’Agenzia europea della guardia di frontiera (Frontex) e l’assistenza dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) nella gestione della crisi migratoria e nell’accoglienza delle persone.
    Sul piano dei fondi da stanziare, la Commissione fornirà “fino a 3,5 milioni di euro” per sostenere i rimpatri volontari dalla Bielorussia ai Paesi di origine, sostenendo iniziative come quelle messe in piedi dal governo dell’Iraq da giovedì scorso (18 novembre). E infine l’assistenza umanitaria verso le persone migranti bloccate alla frontiera dell’UE con la Bielorussia: un pacchetto da 700 mila euro messo a disposizione delle organizzazioni internazionali partner, così come annunciato mercoledì scorso (17 novembre) dall’esecutivo comunitario. “Qualora l’accesso delle organizzazioni umanitarie partner in Bielorussia dovesse migliorare ulteriormente, la Commissione è pronta a fornire ulteriori finanziamenti“, ha specificato la presidente von der Leyen davanti alla plenaria del Parlamento UE.
    A margine del Consiglio Affari Generali, il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, ha dichiarato alla stampa che l’Italia ha chiesto che “al Consiglio Europeo di dicembre si continui a discutere di immigrazione“. Nei confronti della “dittatura bielorussa” c’è “la massima attenzione e unità tra Paesi membri sia nel difendere la vita delle persone migranti, sia nel condannare l’operato del regime di Lukashenko”, ha specificato il ministro.

    È la proposta della Commissione Europea per contrastare la tratta di esseri umani verso le frontiere esterne dell’UE. Previste anche misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio

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    L’UE trova l’intesa sul quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia di Lukashenko

    Bruxelles – L’intesa c’è, ora si attende l’entrata in vigore. I ventisette ministri UE degli Affari esteri hanno raggiunto oggi (lunedì 15 novembre) “un’intesa politica” sul quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia. Ad annunciarlo è stato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nel corso della conferenza stampa al termine della prima giornata di Consiglio Affari Esteri a Bruxelles: “I nomi inseriti nel nuovo pacchetto di misure restrittive saranno comunicati nei prossimi giorni“.
    Non è ancora ufficiale, ma l’entrata in vigore della quinta tornata di sanzioni UE contro la Bielorussia è solo una questione di ore. Dopo la decisione di ampliare il regime di misure restrittive per includere la strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera, rimane solo da scoprire chi è incluso nel “grande numero di persone, istituzioni e imprese che contribuiscono all’organizzazione di voli verso Minsk e di lì verso i confini dell’Unione”, come anticipato da Borrell. “Studiamo tutte le opzioni possibili per bloccare il regime di Lukashenko, che continua a commettere crimini anche contro la sua popolazione” e che “minaccia l’UE con un’aggressione ibrida”, ha aggiunto l’alto rappresentante.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Borrell ha aggiornato il Consiglio sulla conversazione telefonica avuta ieri (domenica 14 novembre) con il ministro degli Esteri bielorusso, Vladimir Makei, in cui ha intimato la “fine delle violazioni dei diritti umani nei confronti di persone migranti vulnerabili”. Stando alle parole dell’alto rappresentante UE, da Minsk è arrivata una risposta positiva per l’accesso al territorio bielorusso alle agenzie ONU e per il sostegno agli aiuti umanitari lungo la frontiera, “ma ha declinato tutte le responsabilità sulla presenza dei migranti in quei territori”, ha spiegato Borrell.
    Per Bruxelles “la colpa di quello che sta accadendo è bielorussa al cento per cento”, dal momento in cui “la crisi è stata creata in modo artificiale“. La strada verso l’UE “non passa dalla Bielorussia” e “le frontiere comunitarie sono aperte solo nei valichi di confine, con il rispetto delle procedure legali sulle richieste di protezione internazionale”, ha ricordato Borrell. L’alto rappresentante UE ha voluto però sottolineare che “le persone migranti non possono essere prese in giro e trasformate in un obiettivo politico, è una pratica disumana” e per questo motivo dovrà essere bloccato il flusso dai Paesi d’origine verso la Minsk attraverso “un intenso lavoro diplomatico con i nostri partner”.
    Tra questi non c’è la Russia di Vladimir Putin, accusata invece dai Ventisette di essere coinvolta in modo più o meno diretto nella crisi: “Anche se afferma di non c’entrare niente, sappiamo bene che Lukashenko non potrebbe fare tutto questo senza un forte supporto di Mosca“, ha accusato Borrell. Per quanto riguarda invece le sanzioni UE contro la Bielorussia, “le toglieremo solo quando saranno rispettati i diritti umani” dei cittadini bielorussi e stranieri.
    Gli altri temi sul tavolo
    Oltre alla questione delle sanzioni contro la Bielorussia di Lukashenko, sempre sul fronte orientale i ministri degli Esteri UE si sono confrontati con i leader dei Paesi del Partenariato Orientale. A causa della decisione di Minsk di ritirarsi lo scorso 28 giugno, “la Bielorussia non è stata invitata, ma abbiamo lasciato una sedia vuota con un cartello per il popolo bielorusso”, ha spiegato Borrell. “Abbiamo ribadito il nostro forte impegno nella regione”, in particolare seguendo la situazione lungo le frontiere orientali dell’Ucraina: “Ci sono movimenti preoccupanti di soldati, ma l’Unione sostiene la sovranità e l’integrità territoriale del Paese“, ha assicurato Borrell, che ha anche ricordato i rapporti da stringere secondo la nuova agenda UE-Ucraina, “in attesa del vertice del prossimo mese”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    In attesa della discussione sulla Bussola strategica per la sicurezza e la difesa nel corso della cena di lavoro, i ministri degli Esteri si sono confrontati “a lungo” sulla situazione nei Balcani: “Vogliamo coinvolgerli di più nelle discussioni di politica estera e di sicurezza informatica, associandoli più strettamente al Consiglio Affari Esteri”, ha spiegato l’alto rappresentante Borrell. Se da parte della Commissione “è necessario organizzare le conferenze intergovernative per l’adesione di Albania e Macedonia del Nord anche prima della fine della presidenza slovena del Consiglio dell’UE, per evitare un impatto negativo di visibilità dell’Unione nella regione”, preoccupa altrettanto la crisi in Bosnia ed Erzegovina.
    Borrell ha puntato il dito contro “alcuni leader politici nazionali che hanno sfruttato una retorica divisiva per portare avanti l’ostruzionismo alle riforme nell’anno non-elettorale” (in Bosnia si alternano ogni due anni le elezioni parlamentari e quelle amministrative). Il primo accusato è il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik, che ha minacciato di portare la Republika Srpska (l’entità serba) fuori dal controllo delle autorità centrali: “La situazione è grave e ogni tentativo di creare nuovi Stati è una fonte di problemi“, ha sottolineato con forza Borrell che, nel ribadire la “prospettiva europea della Bosnia”, ha specificato l’obbligo che il Paese rimanga “unito e sovrano”.
    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    Il Consiglio Affari Esteri ha stilato una nuova lista di persone ed entità da sanzionare per la strumentalizzazione dei migranti alle frontiere dell’Unione: “Entrerà in vigore nei prossimi giorni”, ha assicurato l’alto rappresentante Borrell

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    L’Unione Europea condanna il colpo di Stato militare in Sudan e l’arresto del primo ministro Hamdok

    Bruxelles – Scende in campo anche l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per condannare l’ondata di violenze scaturita dal colpo di Stato in Sudan di questa mattina (lunedì 25 ottobre). “Chiediamo alle forze di sicurezza di rilasciare immediatamente coloro che hanno detenuto illegalmente”, si legge nel comunicato firmato dall’alto rappresentante UE: tra loro anche il primo ministro del Paese, Abdalla Hamdok.
    Poco prima dell’alba, verso le 6, i militari hanno preso il potere nel Paese e hanno arrestato Hamdok, insieme al ministro dell’Industria, Ibrahim al-Sheikh, dell’Informazione, Hamza Baloul, e a un consigliere del primo ministro, Faisal Mohammed Saleh. Ad annunciare la fine del governo Hamdok è stato il generale Abdel Fattah al-Burhan, fino a oggi a capo del Consiglio sovrano del Sudan, l’organo che nel 2019 aveva preso il posto del Consiglio militare di transizione dopo la deposizione del dittatore Omar al-Bashir (in carica dal 1993). Oltre a sciogliere l’esecutivo in carica, il Consiglio sovrano e tutti gli organi di governo locali, al-Burhan ha dichiarato che la giunta militare “continuerà la transizione democratica” e governerà il Sudan fino alle prossime elezioni, nel 2023.
    Durissima la reazione da Bruxelles a queste parole: “Le azioni dei militari rappresentano un tradimento della rivoluzione, della transizione e delle richieste legittime del popolo del Sudan di pace, giustizia e sviluppo economico”, si legge nella dichiarazione dell’alto rappresentante dell’Unione Europea. Lo stesso Borrell questa mattina ha seguito “con la massima preoccupazione” gli eventi in corso nella capitale Khartum, invitando “tutte le parti interessate e i partner regionali a rimettere in pista il processo di transizione”.

    Following with utmost concern ongoing events in #Sudan.
    The EU calls on all stakeholders and regional partners to put back on track the transition process.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) October 25, 2021

    Il Sudan vive in una condizione di instabilità sociale e politica da quando il presidente e dittatore al-Bashir fu costretto a dimettersi due anni fa a seguito di un’ondata di proteste popolari appoggiate dall’esercito. Grazie ai negoziati tra i militari e i movimenti civili che avevano guidato le proteste, nella capitale si insediò il nuovo governo con a capo Hamdok, ex-vicesegretario esecutivo della Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite (dal 2011 al 2018). In questi anni l’esercito ha però conservato un grande peso politico in Sudan, con due membri all’interno dell’esecutivo, e l’Unione Europea si è dovuta impegnare con un programma di sostegno alle strutture governative attraverso consulenza politica e di sviluppo democratico.
    Ma oggi da Khartoum arrivano notizie di scontri tra i militari e migliaia di manifestanti che si sono radunati per protestare contro il golpe, con scontri e feriti presso il quartier generale dell’esercito. È stato lo stesso ufficio del primo ministro a chiamare nelle strade il popolo, dopo l’arresto di Hamdok e dei ministri: “Chiediamo al popolo sudanese di protestare usando tutti i mezzi pacifici possibili, per riprendersi la rivoluzione dai ladri”. I militari non hanno solo bloccato le principali strade di accesso alla capitale, ma hanno anche interrotto le linee di telecomunicazione: il netto calo delle connessioni Internet nel Paese di questa mattina è stato rilevato anche dall’osservatorio indipendente Netblocks.
    L’Unione Europea, per voce del suo alto rappresentante, ha ribadito che in Sudan “la violenza e lo spargimento di sangue devono essere evitati a ogni costo” e che “le reti di comunicazione devono essere riaperte”. Per Bruxelles la “migliore garanzia per la stabilità a lungo termine” del Paese e dell’intera regione rimane il sostegno a “coloro che lavorano per un Sudan democratico con un governo civile pienamente legittimo che assicuri pace, libertà e giustizia al popolo”, ha concluso Borrell.

    L’alto rappresentante UE Borrell denuncia il “tradimento della rivoluzione, della transizione e delle richieste legittime del popolo” dopo lo scioglimento dell’esecutivo in carica da parte dell’esercito

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    Afghanistan, UE discute con i talebani a Doha

    Bruxelles – A Bruxelles si affrettano a precisare che l’avvenimento “non è un riconoscimento” del governo provvisorio, ma a Doha, in Qatar, l‘UE discute con i talebani. Si tratta di “un incontro informale”, tenuto “a livello tecnico” con la mediazione dell’emirato del Golfo, e che serve a cercare accordi.
    Dopo la caduta del governo filo-occidentale e il ritorno al potere dei talebani, l’Aghanistan è diventato un vero e proprio rompicapo per diplomazia e non solo. Da una parte c’è la necessità di sminare una crisi migratoria, dall’altra parte la difficoltà nell’individuare un interlocutore. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, ha scelto la strada della realpolitik: occorre discutere con chi comanda.
    La linea dell’UE è quella del dialogo e dell’accordo, laddove possibile. Un riconoscimento comunque de facto, anche se per ora a Bruxelles lo smentisco. E’ vero, l’UE discute con i talebani ma lo fa a livello di “inviati speciali e rappresentanti per l’Afghanistan”.
    L’incontro-confronto non è un’iniziativa dell’Unione europea. Nella capitale del Qatar si trovano anche inviati speciali degli Stati Uniti. Le due delegazioni occidentali discutono sulla possibilità di garantire accesso umanitario nel Paese, favorire l’uscita dal Paese di chi lo desidera, evitare la proliferazione del terrorismo.
    Intanto la Commissione europea annuncia un pacchetto di aiuti da un miliardo di euro per l’Afghanistan e i Paesi vicini. “Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare un grave collasso umanitario e socioeconomico in Afghanistan”, sottolinea la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, piuttosto preoccupata. Con l’approssimarsi dell’inverno “l’assistenza umanitaria da sola non sarà sufficiente per evitare la carestia e una grave crisi umanitaria“.
    UE schierata con il popolo afghano, e allo stesso tempo contro chi lo comanda. “Il popolo afghano non dovrebbe pagare il prezzo delle azioni dei talebani”, aggiunge von der Leyen. Parole che dimostrano tutta la difficoltà dell’Unione europea a gestire il dossier afghano.

    Incontro informale e a livello tecnico in Qatar per garantire assistenza umanitaria. Con l’inviato speciale europeo anche uomini della missione degli Stati Uniti. Von der Leyen teme la carestia. “Pronto un miliardo di euro”

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    Attesa per il vertice UE-Balcani Occidentali: impegno per l’allargamento, ma nessuno si sbilancia sulle tempistiche

    Dall’inviato
    Kranj –  Sotto l’acqua battente di una giornata d’autunno in Slovenia c’è appena il tempo di una passerella veloce per i leader europei e balcanici, prima dell’inizio del vertice UE-Balcani occidentali. “Buongiorno! Tutto bene, grazie”, ha tagliato corto Mario Draghi, percorrendo in velocità il tappeto rosso ormai pieno di pozzanghere. Il premier italiano non si è sbottonato, tenendo la stessa linea di “no comment” verso la stampa mostrata ieri sera (martedì 5 ottobre), all’arrivo al castello di Brdo per il vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’UE.
    In verità, sono stati pochi i leader disponibili a parlare con i giornalisti. Non Angela Merkel, nascosta sotto l’ombrello nero con il logo della presidenza slovena del Consiglio dell’UE, non Emmanuel Macron, che ha schivato con un sorriso beffardo le domande sulle prospettive dell’autonomia militare dell’Unione, dopo le discussioni alla cena dei Ventisette. Hanno fatto eccezione il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel – protagonista di un scambio di pacche sulle spalle con l’omologo albanese, Edi Rama – e il premier del Kosovo, Albin Kurti, che ha richiamato l’Unione Europea a “rispettare gli impegni presi” sia sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari, sia sull’allargamento dell’UE nei Balcani”. Riguardo alle ultime difficoltà del dialogo Pristina-Belgrado, Kurti ha indicato nel reciproco riconoscimento “l’unica soluzione credibile, giusta e sostenibile” per la normalizzazione dei rapporti con la Serbia (il presidente serbo, Aleksander Vučić, non ha rilasciato dichiarazioni), mentre ai cinque Paesi UE che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia) il premier Kurti ha chiesto che “si allineino al più presto agli altri”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, prima del vertice UE-Balcani Occidentali (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Più inclini a rilasciare dichiarazioni i leader delle istituzioni europee, a partire dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Oggi lanciamo un messaggio molto chiaro, che vogliamo i Paesi dei Balcani occidentali nell’Unione Europea, perché siamo un’unica famiglia“, ha sottolineato con forza, ricalcando le rassicurazioni fornite nel corso del suo viaggio della settimana scorsa nella regione. La capa dell’esecutivo comunitario aveva indicato nel 31 dicembre 2021 la data entro cui dovranno iniziare i negoziati per l’adesione di Albania e Macedonia del Nord, ma al momento nessun leader europeo si è voluto sbilanciare su una data certa, né per i due Paesi bloccati dal veto della Bulgaria, né per l’intero processo di allargamento ai Sei balcanici.
    “Per noi questo vertice sarà l’occasione di confermare la prospettiva europea dei Balcani”, ha confermato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ma anche per “ribadire che siamo pronti a mobilitare grossi investimenti per sostenere le loro riforme economiche e la lotta alla corruzione”. Michel ha definito quello di oggi “uno scambio di vedute aperto e libero”, finalizzato a “capire i prossimi passi” sulla strada dell’allargamento UE. Commenti in perfetto stile diplomatico, che nascondo incertezze e divisioni sulle tempistiche di questo processo. Sembra improbabile che nei prossimi mesi si assisterà a un’accelerazione, anche considerata la situazione interna dei due Paesi che ‘pesano’ di più a Bruxelles: la Francia è prossima alle elezioni presidenziali e difficilmente Macron si esporrà troppo su questo tema delicato, la Germania è impegnata nella formazione del nuovo governo e per il momento non spingerà più di quanto già fatto.
    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, prima del vertice UE-Balcani Occidentali (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Nemmeno l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è voluto sbilanciare sul tema dell’ostacolo bulgaro sulla strada dell’adesione UE della Macedonia del Nord (e di rimando dell’Albania, dal momento in cui i quadri negoziali di Skopje e Tirana sono affrontati da Bruxelles come un unico pacchetto). L’alto rappresentante ha però esortato tutti i Paesi membri a mantenere il processo di allargamento “una strada credibile e di cui ci si può fidare”, una volta soddisfatti i criteri per avviare i negoziati. Nel frattempo, il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha esortato i convenuti a Kranj a  a impegnarsi a fondo nel dialogo: “Serve nuovo e forte impulso, è giunto il momento di superare i ritardi e gli attuali blocchi”, si legge nella lettera inviata al presidente del Consiglio Europeo prima dell’inizio del vertice UE-Balcani Occidentali. “Questo nuovo slancio non può che avere un effetto positivo nella regione e potrebbe contribuire alla sua trasformazione democratica e alle relazioni di buon vicinato”, ha ricordato Sassoli, avvertendo che “ogni ulteriore esitazione rischia di incoraggiare altri attori che desiderano acquisire influenza nella regione”.

    We call on leaders at the #EUWBSummit2021 to give new impetus to the accession process.
    Enlargement, based on common values, benefits us all – it is time to move forward.
    Further delay risks encouraging others who wish to gain influence in the region. https://t.co/450JxorPdd
    — David Sassoli (@EP_President) October 6, 2021

    Si è aperto in Slovenia il summit tra i leader UE e balcanici, per rafforzare le prospettive europee dei Paesi della regione e il loro processo di adesione. Rimane però difficile un’accelerazione entro la fine dell’anno

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    Afghanistan, Borrell: “Serve una presenza UE a Kabul. Non c’è altra possibilità se non impegnarci con i talebani”

    Bruxelles – È passato un mese dall’ingresso dei talebani a Kabul e l’Unione Europea sta iniziando a fare i conti con il nuovo assetto politico e sociale in Afghanistan. “Non abbiamo altra possibilità se non impegnarci con i talebani, parlare, discutere e accordarci qualora possibile”: le parole dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, durante il dibattito di oggi (martedì 14 settembre) alla plenaria del Parlamento Europeo spazzano via ogni dubbio sulle intenzioni dell’Unione.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Bruxelles sta considerando “come impostare una presenza UE a Kabul coordinata dal Servizio europeo per l’azione esterna“, ha specificato Borrell, dal momento in cui “la sede non è mai stata chiusa e la nostra delegazione potrebbe essere sfruttata se le condizioni di sicurezza saranno garantite”. Per i Ventisette sarà cruciale stare sul campo per valutare la natura delle azioni del nuovo governo, “da cui dipenderà il tipo di impegno con i talebani, anche se non significa che li riconosceremo”. Un rapporto che comunque non potrà prescindere dal rispetto di cinque criteri: non diventare terreno di proliferazione del terrorismo, rispetto dei diritti umani, costituzione di un governo inclusivo e rappresentativo, libertà di azione per l’aiuto umanitario e facilitazione dell’uscita dal Paese per chi vuole farlo.
    “Abbiamo visto che il nuovo governo non è inclusivo né partecipativo, ora sappiamo cosa possiamo aspettarci”, ha sottolineato l’alto rappresentante Borrell, e “parlare di diritti umani con i talebani sembra un ossimoro”. Tuttavia, l’Unione dovrà cercare un compromesso per “aiutare gli afghani che non sono riusciti a fuggire e sostenere chi rimarrà nel Paese“. All’orizzonte c’è una situazione umanitaria “drammatica”, un sistema finanziario “in caduta libera” e “un’ondata migratoria che dipenderà dalle evoluzioni nel Paese”.
    È proprio la questione migratoria a scaldare gli animi nelle capitali europee, dove “si teme che la questione del favorire l’uscita dal Paese per chi rischia di essere perseguitato diventi un appello al confluire in massa in Europa”. L’alto rappresentante ha concluso il suo intervento ricordando che “le persone si muoveranno solo quando i talebani lo permetteranno, ma non sarà un’ondata come quella del 2015”. Intanto l’UE dovrà cercare di parlare “con una sola voce, non con 27 diverse” e per questo motivo è stato indicato il Servizio europeo per l’azione esterna come lo strumento per un “impegno coordinato”.
    Il dibattito in Aula
    È stato particolarmente acceso il confronto tra gli eurodeputati, in particolare sul tema della possibile ondata migratoria dall’Afghanistan. L’asse S&D-Verdi ha insistito sulla necessità di garantire la protezione internazionale e di raggiungere un accordo tra i Paesi membri sull’accoglienza per chi fuggirà dal Paese, mentre le destre si sono scagliate contro chi vuole replicare scenari simili a quelli della crisi migratoria del 2015.
    “Tutte le parole di sostegno al popolo afghano non hanno valore se non le traduciamo in fatti e se tutti i Paesi europei non accettano di creare corridoi umanitari, mostrando umanità e solidarietà“, è stato il monito della presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez. Le ha fatto eco l’eurodeputata olandese Tineke Strik (Verdi/ALE): “Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità con visti umanitari, ricongiungimenti familiari e la piena applicazione della direttiva sulla protezione temporanea“. Spazio anche per lo sviluppo di “una politica estera comune che garantisca sovranità e forza operativa internazionale”, mentre García Pérez ha proposto simbolicamente di “riconoscere la resistenza delle donne afghane con l’assegnazione del Premio Sakharov 2021“.
    L’europarlamentare del Partito Democratico, Simona Bonafè (S&D)
    Anche l’europarlamentare in quota PD Simona Bonafè (S&D) ha ricordato il ruolo delle donne, “a cui abbiamo promesso un futuro migliore” e che ora “non possono essere lasciate sole”. Di qui la necessità di una “strategia per l’accoglienza”, che sia diversa dalle conclusioni “deludenti” dell’ultimo Consiglio Affari Esteri. Il vicepresidente del Parlamento UE Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle) ha portato in Aula la lettera firmata da 76 eurodeputati per chiedere alla Commissione Europea per chiedere l’apertura di corridoi umanitari con l’Afghanistan, applicando la direttiva del 2001 sulla protezione temporanea. “Serve coerenza, serve coraggio e serve ora, perché il tempo scorre veloce e contro di noi“, ha incalzato Castaldo.
    Il francese Jérôme Rivière (ID) si è invece scagliato contro “le sinistre aperturiste”, ha denunciato il fatto che “ad approfittare della nostra mancanza di coesione saranno Russia e Cina”, mentre “noi come sempre dovremo proteggerci da un’ondata di migrazioni”. Massimiliano Salini (PPE) ha insistito sulla prospettiva di “sviluppare una strategia geopolitica per fare dell’Europa una grande potenza”, mentre il collega tedesco Michael Gahler ha avvertito che “sarà necessario piuttosto appoggiare i Paesi vicini all’Afghanistan per garantire un’accoglienza dignitosa nella regione”.

    L’alto rappresentante UE è intervenuto durante la plenaria del Parlamento Europeo per spiegare l’approccio dell’Unione al nuovo governo afghano. Scontro tra S&D-Verdi e le destre sulla politica di accoglienza dei rifugiati

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    L’UE invierà una missione di osservazione in Iraq per le elezioni del 10 ottobre

    Bruxelles – L’Unione Europea invierà una Missione di osservazione elettorale in Iraq per sorvegliare le elezioni legislative del Paese, che si terranno il prossimo 10 ottobre. L’alto rappresentate per gli Affari esteri e la sicurezza Josep Borrell ha nominato l’europarlamentare Viola Von Cramon-Taubadel come Capo missione.
    La rappresentanza dell’UE si occuperà di assicurare che il processo elettorale sia corretto nei confronti di tutti i candidati e rispettoso dei diritti degli attivisti e della stampa. 12 osservatori si trovano già in Iraq dal 28 agosto. A questi si aggiungeranno altri 20 funzionari nel mese di settembre. La missione, supportata anche dal personale diplomatico degli Stati membri dell’Unione in Iraq, opererà nei punti nevralgici del Paese e resterà in loco fino all’esaurimento del processo elettorale, incuso lo spoglio e gli eventuali ricorsi.
    La presenza europea, richiesta dall’Alta commissione elettorale indipendente dell’Iraq, segue la recente visita di Josep Borrel a Baghdad, che ha definito l’iniziativa “una chiara manifestazione della solidarietà e del supporto al popolo iracheno e della solida cooperazione con l’Iraq”

    Josep Borrel ha nominato Viola Von Cramon-Taubadel per guidare la commissione che si occuperà di vigilare sul corretto svolgimento del voto legislativo