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    Attese le sanzioni UE contro la Russia per il riconoscimento delle Repubbliche separatiste in Ucraina

    Bruxelles – La notizia è arrivata al termine della conferenza stampa post-Consiglio Affari Esteri che ha presentato le condizioni per una decisione sulle sanzioni UE contro la Russia: il presidente Vladimir Putin ha annunciato al cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e al presidente francese, Emmanuel Macron, che sta per firmare il decreto sul riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, nel Donbass ucraino. Si tratta di una delle due motivazioni che – da quanto dichiarato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell – dovrebbe portare alla “presentazione sul tavolo dei 27 ministri del pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia” (l’altra è “l’aggressione dell’Ucraina”).
    Lo stesso alto rappresentante Borrell si è trovato spiazzato dalla notizia del riconoscimento delle Repubbliche separatiste del Donbass e, di fatto, della volontà di annettere l’Ucraina in quanto “parte della nostra storia”. Ai giornalisti al termine della conferenza stampa ha commentato che “lo apprendo da voi, ora tornerò al lavoro”, ma quanto in precedenza affermato lascia spazio a pochissimi dubbi: ora le sanzioni UE contro la Russia dovrebbero essere discusse (e approvate) all’unanimità da un Consiglio Affari Esteri “pienamente unito su questa discussione difficile”. Il pacchetto di misure restrittive “è pronto, con diversi gradi di applicazione a seconda del tipo di aggressione che verrà messa in atto”, ha spiegato Borrell, senza voler entrare nei dettagli.
    A nulla è servito l’appello dei 27 ministri dell’Unione al presidente russo di non accogliere la richiesta della Duma di Stato e di rispettare gli accordi di Minsk, arrivato dopo dieci ore di uno dei Consigli Affari Esteri “più lunghi e intensi degli ultimi tempi”. Mosca si sta rendendo “responsabile delle violazioni del cessate il fuoco e delle provocazioni dei separatisti nel Donbass per avere un pretesto per un intervento armato”, ha accusato Borrell, che ha parlato della “più grande minaccia alla pace e la stabilità in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale e ora siamo a un punto di svolta per le regole internazionali e per tutto ciò in cui crediamo”.
    Ma le sanzioni UE potrebbero riguardare non solo la Russia. “Qualsiasi violazione della sovranità dell’Ucraina vedrà una nostra reazione, anche se dovesse essere iniziata dalla Bielorussia“, ha specificato l’alto rappresentante Borrell. Insomma, la presenza militare russa nel Paese e le esercitazioni militari che continuano “stanno facendo perdere a Minsk la sovranità e lo status di neutralità, una sorta di Paese satellite”. È per questo motivo che, “se l’invasione russa partirà dal territorio e con la partecipazione delle forze della Bielorussia, Minsk sarà sanzionata allo stesso modo“. Per quanto riguarda l’Ucraina, invece, oggi è stato il giorno dell’adozione formale del piano di aiuti UE da 1,2 miliardi di euro e del sostegno all’esercito di Kiev “con l’istruzione militare professionale che si può attivare con lo strumento di pace europeo”, ha aggiunto l’alto rappresentante dell’Unione.
    Sempre parlando di Ucraina, Borrell ha spiegato alla stampa internazionale che “l’UE è impegnata a sviluppare la sua prospettiva europea, presente da quando ha proclamato l’indipendenza”. E forse “è proprio questo il problema di Mosca”, ovvero che un’Ucraina con lo stesso standard politico e sociale dei Paesi membri dell’UE sia “uno specchio per tutti i problemi nel rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani in Russia“. Ma tornando ai problemi di più stretta attualità, Borrell ha confermato che “le missioni diplomatiche dell’UE e le ambasciate europee rimangono aperte e pienamente operative, con l’eccezione di un solo Paese”.
    “La nostra ambasciata a Kiev sta effettuando diverse prove di evacuazione del personale e sta chiedendo a tutti gli italiani in Ucraina di lasciare il Paese“, ha avvertito il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, alla stampa di Bruxelles a margine del Consiglio Affari Esteri di oggi. Tuttavia, il ministro ha precisato che anche “l’ambasciata resta aperta e pianamente operativa”, per dare “un segnale di vicinanza al popolo ucraino”. Per quanto riguarda le sanzioni UE contro la Russia, “l’Italia si coordinerà con i propri alleati”, ma la diplomazia rimane ancora lo strumento privilegiato: “È chiaro che lavorare nel modo in cui stiamo facendo adesso significa evitare le sanzioni”.
    È proprio in questo senso che Di Maio ha dichiarato di non escludere “ulteriori azioni UE nei prossimi giorni per favorire la soluzione diplomatica”, l’unica che può garantire stabilità nella regione: “Da più parti, sia a Mosca sia a Kiev, mi è stata data la piena disponibilità a trovare una soluzione diplomatica“. È altrettanto chiaro, in ogni caso, che il governo Draghi e gli altri 26 dell’Unione guardano alle operazioni militari russe “con enorme preoccupazione” e si dovrà trovare un modo per evitare un guerra “che avrebbe effetti devastanti sull’Europa”, ha ribadito con forza il ministro degli Esteri italiano.

    La decisione del presidente russo, Vladimir Putin, è arrivata al termine della conferenza stampa del Consiglio Affari Esteri. Ma l’alto rappresentante UE, Josep Borrell, l’aveva chiaramente indicata come presupposto per le sanzioni

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    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk

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    L’UE contro il tentativo della Republika Srpska di separarsi dalla Bosnia ed Erzegovina

    Bruxelles – Con le sanzioni UE che ancora latitano, la Republika Srpska tira dritto nel suo progetto secessionista dalle istituzioni centrali della Bosnia ed Erzegovina. Ieri (giovedì 10 febbraio) l’Assemblea nazionale dell’entità serba di Bosnia ha votato a favore di una legge che istituisce un Consiglio superiore della magistratura (HJPC) separato rispetto a quello del resto del Paese, un evidente tentativo di assumere unilateralmente le responsabilità costituzionali dello Stato.
    La tabella di marcia – che prevede di sottrarsi dal controllo dello Stato centrale in settori fondamentali come l’esercito, il sistema fiscale e il sistema giudiziario – era stata approvata il 10 dicembre dello scorso anno, dopo due mesi di grandi polemiche internazionali sul secessionismo voluto dal membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik, e sponsorizzato dalla Russia di Vladimir Putin. Nonostante il boicottaggio dei partiti dell’opposizione, la maggioranza di governo ha votato compatta sia per una legge sulle proprietà statali (revocando una decisione del 2005 dell’alto rappresentante per la Bosnia), sia sul progetto di legge per l’istituzione di un Consiglio superiore della magistratura autonomo, sottraendoli a quello della Bosnia ed Erzegovina che dal 2004 è l’unico organo autorizzato a nominare giudici e procuratori in tutto il Paese.
    Dura la condanna dell’UE sul voto dell’Assemblea nazionale della Republika Srpska: “Costituisce una violazione inaccettabile dell’ordine costituzionale e giuridico“, si legge in una nota del portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Peter Stano. A Bruxelles si continua a spingere sul tentativo di convincere Dodik e gli altri leader “a porre fine all’escalation e assicurare la ripresa di un dialogo serio all’interno delle istituzioni statali”. Ancora non arrivano indicazioni per sanzioni economiche contro i responsabili del secessionismo serbo in Bosnia, ma l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha messo all’ordine del giorno del prossimo Consiglio Affari Esteri (21 febbraio) la situazione in Bosnia ed Erzegovina e le azioni che ne minano l’unità. “L’UE è pronta a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per aiutare il Paese” sia a superare l’attuale crisi, ma anche a riprendere il percorso di adesione all’Unione, “minato seriamente da questa incertezza giuridica e dall’instabilità del sistema giudiziario“.
    La stessa condanna è stata condivisa dal Consiglio per l’attuazione della pace (PIC, l’organismo internazionale incaricato di attuare l’accordo di Dayton del 1995). La decisione di istituire un Consiglio superiore della magistratura separato nella Republika Srpska “rappresenterebbe una violazione della costituzione e dell’ordine giuridico della Bosnia ed Erzegovina“, riporta un comunicato del PIC non sostenuto dalla Russia. L’istituzione nel 2004 di un unico Consiglio superiore a livello statale è stata “una riforma fondamentale per modernizzare il sistema giudiziario in conformità con gli standard europei e internazionali”, per promuovere “un’amministrazione imparziale, indipendente ed efficace della giustizia in tutto il Paese”, conclude la nota.

    L’Assemblea nazionale dell’entità serba della Bosnia ha votato a favore di una legge che istituisce un Consiglio superiore della magistratura (HJPC) separato: “Violazione inaccettabile dell’ordine costituzionale e giuridico”

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    Borrell risponde alla lettera di Putin: “Sull’Ucraina tutta l’Unione è allineata”

    Bruxelles – Tutta l’Unione Europea è allineata nell’approccio alla crisi con la Russia alla frontiera orientale dell’Ucraina e lo dimostrano gli ultimi eventi. Questa mattina (giovedì 10 febbraio) l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha inviato una risposta “a nome di tutti i Paesi membri dell’Unione” alla lettera ricevuta lo scorso primo febbraio e firmata dal ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov.
    Lo ha reso noto su Twitter lo stesso alto rappresentante, che ha messo sul tavolo l’approccio condiviso con i ministri dei Ventisette al vetrice informale di ieri a Lione (Francia): “Le tensioni e i disaccordi devono essere risolti attraverso il dialogo e la diplomazia” e la richiesta alla Russia è di “allentare la tensione e di invertire il suo rafforzamento militare in e nei dintorni dell’Ucraina e in Bielorussia“, ha specificato Borrell.
    I dettagli non saranno resi noti “fino a quando non avremo ricevuto la conferma di lettura da Mosca”, ha spiegato durante il punto quotidiano con la stampa il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Peter Stano. Quello che è stato ribadito è che “il contenuto della lettera è stato condiviso da tutti i governi dell’Unione al Consiglio informale di ieri”, così come la decisione di “delegare la risposta comune all’alto rappresentante”.

    I replied on behalf of the EU Member States to the letters they received from Minister Lavrov.
    Tensions and disagreements must be resolved through dialogue and diplomacy.
    We call on Russia to de-escalate and to reverse its military build-up in and around Ukraine and in Belarus.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 10, 2022

    Il fatto che la risposta alla lettera di Lavrov – indirizzata ai Paesi membri dell’Unione, ma non all’UE come istituzione – sia stata firmata dall’alto rappresentante Borrell a nome dei Ventisette è un fatto estremamente significativo negli sforzi di risolvere le tensioni con la Russia attraverso la diplomazia. Come riconosciuto dallo stesso Borrell durante il suo viaggio a Washington di questa settimana, “per la Russia l’UE non esiste o è irrilevante”, sia sul piano fattuale, sia nei colloqui sull’Ucraina. Ma nell’aprire al dialogo è compito essenziale dei governi nazionali “mostrare l’unità europea e il fatto che siamo un’Unione, qualcosa che i russi non amano accettare“.
    Il coordinamento tra i Paesi membri in verità è ormai un fatto accertato, non solo a livello di intesa con i partner internazionali, ma anche come approccio duro con le sanzioni nel caso di un’escalation di violenza militare o di un’invasione dell’Ucraina. Il vero cambio di passo potrebbe arrivare proprio dal riconoscimento di Borrell come unico portavoce nei colloqui con la Russia, invece di continuare a portare avanti dialoghi bilaterali con il presidente Vladimir Putin per risolvere la crisi. “Abbiamo coordinato una risposta comune e insisto sul fatto che c’è ancora spazio per una soluzione diplomatica della crisi”, ha promesso intanto l’alto rappresentante UE.

    L’Alto rappresentante attende la conferma di lettura per svelare i dettagli: “Chiediamo di allentare la tensione e di invertire il rafforzamento militare”

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    L’Unione Europea chiede il rilascio “immediato” del presidente del Burkina Faso dopo il golpe militare

    Bruxelles – Si moltiplicano gli appelli per il rilascio del presidente del Burkina Faso, Roch Kaboré, dopo il colpo di stato militare che ha portato alla sua destituzione lunedì (24 gennaio). “Chiediamo il rilascio immediato e la restituzione della libertà del presidente e dei funzionari delle istituzioni governative”, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, commentando la situazione nel Paese dell’Africa Occidentale.
    L’arresto del presidente del Burkina Faso è stato l’ultimo episodio del golpe iniziato domenica con un’ondata di violenze e sparatorie nella capitale Ouagadougou. Solo un giorno dopo il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, leader del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione (MPSR), e un’altra dozzina di golpisti sono comparsi davanti alle telecamere della televisione di Stato per leggere l’annuncio sulla sospensione della Costituzione, lo scioglimento del governo e dell’Assemblea nazionale e la chiusura dei confini.
    “Il Movimento, che include tutti i settori dell’esercito, ha deciso di destituire il presidente Kaboré“, ha annunciato il tenente colonnello, spiegando le motivazioni che hanno portato al colpo di Stato: il deterioramento della situazione politica nel Paese e l’incapacità di Kaboré di rispondere alle violenze jihadiste che stanno travolgendo il Burkina Faso. I golpisti hanno annunciato che a breve sarà comunicato un calendario per nuove elezioni, mentre tutti gli arrestati si troverebbero “in un luogo sicuro”.
    Il presidente del Burkina Faso, Roch Kaboré, e il presidente del Consiglio UE, Charles Michel
    Kaboré è stato eletto per due volte consecutive a presidente del Burkina Faso nel 2015 e nel 2020. Ha lavorato come banchiere per la Banca Internazionale del Burkina, prima di dedicarsi alla politica: è stato primo ministro del Paese tra il 1994 e il 1996 e presidente dell’Assemblea nazionale per dieci anni, tra il 2002 e il 2012. Due anni più tardi ha fondato il Movimento del Popolo per il Progresso, partito di orientamento socialdemocratico e progressista, affiliato all’Internazionale Socialista.
    Il colpo di Stato è stato duramente condannato dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres: “I leader dei golpisti devono deporre le armi e garantire la sicurezza del presidente e la protezione delle istituzioni del Paese”, ha preso posizione su Twitter. Gli ha fatto eco il presidente francese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Emmanuel Macron: “Si tratta dell’ultimo di una serie di colpi di stato militari in una regione dove la priorità dovrebbe essere la lotta contro il terrorismo islamico”. Anche dalla Farnesina è arrivata la condanna “all’uso della forza quale strumento di presa del potere” e un richiamo “al rispetto delle istituzioni repubblicane, nell’auspicio che l’ordine costituzionale possa essere ristabilito quanto prima”, si legge in una nota.

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha condannato il colpo di Stato nel Paese dell’Africa Occidentale e ha sollecitato la restituzione della libertà al presidente Roch Kaboré e ai funzionari delle istituzioni governative

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    Nel 2021 la Serbia ha migliorato il proprio allineamento agli standard di adesione all’UE

    Bruxelles – Ora è arrivata anche la conferma dalla istituzioni dell’Unione Europea: nel 2021 la Serbia ha fatto progressi sul livello di allineamento agli standard di adesione all’UE e con i recenti progressi sullo Stato di diritto sta dimostrando di voler continuare su questa strada. È quanto emerge dalle conclusioni del Consiglio di stabilizzazione e associazione UE-Serbia, riunitosi oggi (martedì 25 gennaio) a Bruxelles.
    A presiedere il vertice sono stati per l’UE il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il commissario per il vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e per la parte serba la premier, Ana Brnabić, e la ministra per l’integrazione europea, Jadranka Joksimović.
    Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la premier serba, Ana Brnabić, al Consiglio di stabilizzazione e associazione UE-Serbia (martedì 25 gennaio)
    Partendo dai risultati del referendum sulla riforma giudiziaria, i partecipanti hanno accolto “con favore” il completamento di questo “importante passo” sul fronte delle riforme costituzionali richieste dall’Unione e hanno auspicato che il Paese “continui e approfondisca l’impegno sullo Stato di diritto” nei settori del sistema giudiziario, della lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, della libertà dei media e del trattamento interno dei crimini di guerra. Rimangono ancora sotto la lente di Bruxelles il “corretto funzionamento delle istituzioni democratiche” e il “rafforzamento della fiducia nei processi elettorali”.
    Ma, in vista del prossimo incontro di alto vertice tra UE e Serbia, le conclusioni mettono in evidenza la necessità per Belgrado di “intensificare ulteriormente gli sforzi per allinearsi alla politica estera e di sicurezza comune dell’UE“. In questo senso vengono considerati apprezzabili sia la “partecipazione attiva” della Serbia alle missioni e alle operazioni militari, sia i preparativi per contribuire alle missioni civili. Per Bruxelles questo è un punto-chiave per allontanare il Paese balcanico dalle sirene russe e nazionaliste, in un momento particolarmente delicato nella regione per le tensioni etniche nella vicina Republika Srpska (l’entità serba della Bosnia ed Erzegovina). “Sono necessari ulteriori sforzi per superare le eredità del passato e per promuovere in modo costruttivo la fiducia reciproca, il dialogo e la tolleranza nella regione”, in particolare “evitando azioni e dichiarazioni che vanno contro questo obiettivo”.
    A proposito della cooperazione regionale, l’avanzamento dei negoziati di adesione della Serbia all’UE (che con la nuova metodologia ha portato all’apertura del gruppo tematico di capitoli negoziali sull’agenda verde e la connettività sostenibile) può passare solo dalla normalizzazione delle relazioni con il Kosovo, attraverso il dialogo mediato da Bruxelles. “È necessario un impegno costruttivo in buona fede e in uno spirito di compromesso per raggiungere un accordo globale giuridicamente vincolante in conformità al diritto internazionale”, sottolineano le conclusioni del Consiglio di stabilizzazione e associazione, ribadendo la “forte aspettativa che tutti gli accordi passati siano pienamente rispettati e attuati“.

    È quanto emerge dall’ultimo Consiglio di stabilizzazione e associazione UE-Serbia svoltosi oggi a Bruxelles: “Ora Belgrado deve intensificare ulteriormente i suoi sforzi sulla politica estera e di sicurezza comune”

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    Si rafforza l’asse Commissione-Parlamento UE sulla Bussola strategica per la difesa. Borrell: “Gli Stati membri si schierino”

    Bruxelles – Sono i mesi decisivi per la definizione della strategia per la sicurezza europea nel prossimo decennio e sulla proposta della Bussola strategica per la difesa si stringe l’intesa tra Commissione e Parlamento UE. “L’asse che abbiamo creato spinge in alto le nostre ambizioni, anche se questa è una competenza degli Stati membri e saranno loro a dover decidere in seno al Consiglio“, ha fatto il punto della situazione l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in audizione oggi (martedì 25 gennaio) alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento UE.
    A confermare l’unità d’intenti su un “libro bianco per la difesa europea” è stata la relatrice per l’Eurocamera sull’attuazione della politica di sicurezza comune, Nathalie Loiseau (Renew Europe). “C’è bisogno di una strategia che mandi al mondo il segnale di un’Europa che riesce a rispondere e resistere alle minacce crescenti che cercano di indebolirla”, ha introdotto il lavori la presidente della sottocommissione sulla Sicurezza e la difesa (SEDE), riferendosi sia al testo presentato dalla Commissione lo scorso 16 novembre, ma anche alla relazione 2021 del Parlamento UE che sarà votata durante la prossima sessione plenaria (14-17 febbraio). “Gli europei si continuano a chiedere dov’è l’Unione Europea di fronte alle minacce alle frontiere e agli attacchi ibridi”, ha aggiunto Loiseau.
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (25 gennaio 2022)
    Prendendo parola, l’alto rappresentante Borrell ha aggiornato gli eurodeputati sulle recenti discussioni tra i ministri UE degli Affari esteri e della difesa in merito alla Bussola Strategica di difesa nel vertice informale a Brest (Francia). “Tutto è nelle mani degli Stati membri, devono decidere se vogliono prendersi la responsabilità di annacquare il testo“, ha spiegato l’alto rappresentante UE. Tuttavia, “la discussione a Brest ha dimostrato che per il momento sono a favore e che la proposta non dovrebbe essere modificata né nei contenuti né nelle tempistiche”. La tabella di marcia prevede l’approvazione “al più tardi al Consiglio Europeo del 24-25 marzo”.
    In questi due mesi “dobbiamo mettere a punto i dettagli, ma l’obiettivo è quello di essere in grado di dispiegare forze modulari fino a 5.000 truppe su terra, aria e acqua”, ha spiegato Borrell parlando delle unità di dispiegamento rapido, previste nella proposta al vaglio dei governi nazionali. Dettagli che riguardano “scenari, costi, pianificazione, strategie di comando e procedura decisionale a Bruxelles”, oltre agli investimenti e al rafforzamento delle capacità militari: “Senza una base industriale forte è impossibile arrivare all’autonomia strategica“.
    Considerato il fatto che “i nuovi campi di battaglia saranno lo spazio e l’ambiente digitale, non le trincee“, la Bussola strategica per la difesa si concentrerà sullo “strumentario da fornire a esperti di politica di sicurezza per rispondere agli attacchi ibridi”. Nonostante Borrell abbia più volte ripetuto agli eurodeputati che “non mi spingerei a dire che l’UE è sotto minaccia“, le sfide da affrontare sono ben evidenti sui confini orientali dell’Unione, in particolare in Ucraina, “ma anche nei Balcani, nel Sahel e nel Pacifico”. Tutti scenari geopolitici in cui l’Unione collabora in maniera stretta e coordinata con i partner della NATO e “il dispiegamento futuro di forze europee serve proprio per rafforzare l’Alleanza, non per indebolirla”, ha ribadito con fermezza l’alto rappresentante UE.

    Invito ai governi nazionali ad approvare la proposta per la sicurezza europea nel prossimo decennio “entro il Consiglio UE di marzo”. Centrali le unità a dispiegamento rapido, la base industriale e il rafforzamento del coordinamento NATO

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    L’UE inizia a ristabilire una “presenza minima” in Afghanistan: “Questo non è un riconoscimento del regime talebano”

    Bruxelles – Sono iniziate le operazioni dell’UE per ristabilire una “presenza minima di personale internazionale” in Afghanistan. Lo ha reso noto Peter Stano, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in una dichiarazione alla stampa di Bruxelles.
    Ampiamente annunciata da mesi, questa decisione di Bruxelles risponde alla necessità di “facilitare la consegna degli aiuti e monitorare la situazione umanitaria”, ha specificato Stano. Tuttavia, “la nostra presenza minima a Kabul non deve in alcun modo essere vista come un riconoscimento” del regime talebano, ha sottolineato con forza il portavoce: “Questo è stato chiaramente comunicato anche alle autorità di fatto” nel Paese.
    Una fonte della Commissione ha fatto sapere che la dichiarazione di Stano è stata una reazione a un tweet “leggermente esagerato” da parte dei talebani. Il contenuto incriminato era stato pubblicato ieri sera (giovedì 20 gennaio) sul profilo Twitter del portavoce del regime, Abdul Qahar Balkhi: “Dopo il raggiungimento di un’intesa con i rappresentanti dell’UE in Afghanistan, è stata ufficialmente aperta l’ambasciata con una presenza permanente a Kabul”, specificando che il personale diplomatico “ha iniziato le operazioni sul terreno”.
    A poche settimane dalla conquista del potere in Afghanistan da parte dei talebani il 15 agosto dello scorso anno, era stato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ad affermare che l’Unione Europea non ha “altra possibilità se non impegnarci con i talebani, parlare, discutere e accordarci qualora possibile”, con l’obiettivo di “sostenere chi è rimasto nel Paese”. Per questo motivo le istituzioni comunitarie dovevano iniziare a ragionare su “come impostare una presenza UE a Kabul coordinata dal Servizio europeo per l’azione esterna”. La sede UE nella capitale dell’Afghanistan non è mai stata chiusa in tutti questi mesi: “La nostra delegazione potrebbe essere riattivata se le condizioni di sicurezza saranno garantite”, aveva avvertito Borrell.
    A ottobre si era tenuto a Doha (Qatar) un incontro informale a livello tecnico tra l’UE e i talebani con la mediazione dell’emirato del Golfo, per cercare accordi soprattutto nella gestione della crisi migratoria, mentre la Commissione annunciava un pacchetto di aiuti da un miliardo di euro a supporto dei cittadini dell’Afghanistan e dei Paesi vicini. Poco più di mese dopo era arrivata proprio dal regime talebano la richiesta a Bruxelles di assistenza operativa per garantire il funzionamento degli aeroporti, ritenuta essenziale anche dai rappresentanti dell’UE per facilitare il passaggio sicuro dei cittadini stranieri e afghani che cercano di lasciare il Paese.

    Per Bruxelles la presenza di personale internazionale a Kabul servirebbe solo a “facilitare la consegna degli aiuti UE e monitorare la situazione umanitaria in Afghanistan”, specifica il portavoce Peter Stano