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    Clima, Pechino segue l’UE e lancia il suo mercato del carbonio

    Bruxelles – Poche ore dalla presentazione a Bruxelles del nuovo meccanismo europeo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (CBAM) e la Cina ha lanciato il proprio mercato del carbonio, che probabilmente sarà il più grande al mondo. I primi scambi di quote di emissioni – che per ora riguardano solo l’energia elettrica – si sono svolti venerdì 16 luglio, coprendo oltre 2mila produttori di elettricità in oltre 4 miliardi di tonnellate all’anno”, ha fatto sapere in una nota l’agenzia di stampa ufficiale cinese. Lo strumento cinese, però, è stato già criticato a livello internazionale per il suo livello di prezzo relativamente basso: 52,78 yuan (sono circa 8 dollari) per tonnellata di carbonio durante la prima transazione, contro i 47 euro (55 dollari) di media attualmente stimati nell’UE. 
    Pechino è il principale produttore al mondo di gas serra e il presidente cinese Xi Jinping ha fissato per la Cina l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060, un decennio dopo rispetto agli obiettivi fissati dall’Unione Europea. Secondo i piani di Pechino il mercato del carbonio sarà esteso ai produttori di cemento e alluminio a partire dal 2022. La notizia è accolta con favore da Bruxelles, dove si tenta di dar vita a una alleanza globale sul prezzo del carbonio che potrebbe essere stabilita alla prossima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP26 in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre sotto la presidenza di Boris Johnson.
    “La Commissione Europea continua a sostenere la Cina nello sviluppo di un sistema nazionale di scambio delle emissioni efficace ed efficiente che contribuisca all’attuazione degli obiettivi climatici cinesi”, ha scritto su twitter il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Frans Timmermans.

    Today I congratulated China on starting its national emission trading market. The @EU_Commission continues to support China in developing an effective and efficient nationwide emissions trading system that contributes to implementing the Chinese climate objectives.
    — Frans Timmermans (@TimmermansEU) July 16, 2021

    Il nuovo CBAM dell’UE è una delle dodici proposte legislative avanzate la settimana scorsa dalla Commissione UE nel pacchetto Fit for 55. Dare un prezzo alle emissioni di CO2 importate in UE dovrebbe avere proprio questo scopo: indurre gli altri partner globali a introdurre misure climatiche altrettanto stringenti. “Una misura di diplomazia climatica”, dice Bruxelles. Se tutti avessero un meccanismo di scambio di quote di emissioni simile all’ETS europeo non ci sarebbe bisogno di un dazio sulle importazioni. Il CBAM non è ancora operativo (non lo sarà prima del 2026) ma già fa discutere. Se la Cina si sta adeguando all’idea di un ETS cinese, la misura non è stata accolta altrettanto bene in Australia. “L’ultima cosa di cui il mondo ha bisogno ora è che vengano messe in campo ulteriori misure protezionistiche”, ha detto il ministro del commercio australiano Dan Tehan, all’indomani della presentazione da parte di Bruxelles. A detta del ministro, l’Europa starebbe “imponendo unilateralmente la propria visione a tutti gli altri Paesi”.
    L’argomento entra nel vivo anche negli Stati Uniti, l’altro grande partner che l’UE vuole portare sulla stessa strada. Il partito democratico del presidente statunitense Joe Biden ha proposto, nel giorno della presentazione da parte della Commissione europea (14 luglio), un’analoga carbon tax alle frontiere negli Stati Uniti. Il New York Times scrive che ancora non sono noti i dettagli della potenziale tassa statunitense, e dunque non è ancora certo se sia simile all’iniziativa europea. Da quando Biden è salito alla Casa Bianca a gennaio, Bruxelles ha avviato il dialogo con gli USA su questo argomento ed evitare possibili frizioni commerciali con un partner appena ritrovato. L’inviato speciale Usa per il clima, John Kerry, si è detto in più di una occasione “preoccupato” per i piani di Bruxelles, affermando che il meccanismo di aggiustamento del carbonio dovrebbe essere solo una soluzione di “ultima risorsa”.

    Parte l’Ets del primo produttore al mondo di CO2, anche se non mancano le critiche per il prezzo delle emissioni più basso rispetto a quello europeo. Timmermans: “Pronti a sostenere la Cina nello sviluppo di un sistema nazionale per l’attuazione degli obiettivi climatici cinesi”

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    Stati Uniti, il Parlamento UE plaude all’inizio della “rotta democratica per il futuro digitale” dopo il summit con Biden

    Bruxelles – Si apre una “rotta democratica per il futuro digitale del pianeta” dopo il summit UE-Stati Uniti di martedì (15 giugno). Ne sono convinti gli eurodeputati del comitato speciale sull’Intelligenza artificiale in un’era digitale (AIDA) che, attraverso le parole del presidente Dragoș Tudorache, hanno espresso la propria soddisfazione in particolare per l’istituzione del Consiglio per il commercio e la tecnologia (TTC).
    Da sinistra: il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (15 giugno 2021)L’incontro tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, del Consiglio Europeo, Charles Michel, e degli Stati Uniti, Joe Biden, ha costituito “nientemeno che un reset” nelle relazioni tra Bruxelles e Washington, ma anche un “passo storico del pianeta” per le prospettive democratiche della digitalizzazione. Con l’agenda comune per la cooperazione UE-USA nell’era post-COVID, i tre leader hanno dato anche vita all’organismo che avrà l’obiettivo di coordinare e rafforzare la cooperazione globale nell’ambito tecnologico e digitale. “Aumenterà la nostra collaborazione sulle tecnologie critiche e la convergenza su standard comuni”, aveva spiegato in conferenza stampa il commissario europeo per il Commercio, Valdis Dombrovskis.
    Il Consiglio per il commercio e la tecnologia includerà gruppi di lavoro che lavoreranno su intelligenza artificiale, Internet delle cose e tecnologie emergenti. “Saluto l’istituzione di questo Consiglio non solo per la sua importanza strategica per le nostre economie e relazioni commerciali, ma anche per la sua ampiezza e visione”, ha sottolineato il presidente del comitato AIDA. “Lavorando a stretto contatto, spingeremo i limiti dell’innovazione e manterremo la nostra leadership tecnologica globale congiunta“, con un occhio di riguardo a “riequilibrare le catene di approvvigionamento critiche per ridurre le vulnerabilità e aumentare la resilienza”.
    Il presidente del comitato speciale sull’Intelligenza artificiale del Parlamento UE, Dragoș Tudorache
    L’eurodeputato rumeno del gruppo di Renew Europe ha poi ribadito l’importanza del Parlamento Europeo per il futuro: “L’azione esecutiva deve essere rafforzata da una dimensione parlamentare forte e coerente“, attraverso un impegno “sempre più strutturato” del comitato AIDA con il Congresso statunitense. “Poiché l’intelligenza artificiale è un elemento fondamentale del futuro, sono sicuro che avrà un ruolo di primo piano nella nascente alleanza delle nostre democrazie digitali”.
    Rimane centrale il rapporto tra valori democratici e sviluppo tecnologico, come ha tratteggiato Tudorache: “Il Consiglio per il commercio e la tecnologia consentirà all’Unione Europea e agli Stati Uniti di stabilire standard globali secondo i nostri valori condivisi“. A partire da “democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà individuale”, che contraddistinguono i due “alleati più longevi e significativi del mondo moderno”. Il “nucleo democratico del futuro digitale” che si è creato a Bruxelles questa settimana avrà un impatto significativo nel contrastare “le visioni alternative del mondo che incombono minacciose e che hanno messo sotto assedio negli ultimi anni i nostri valori”: dal punteggio sociale statale alla sorveglianza di massa, fino agli attacchi informatici e ibridi sempre più potenti e sofisticati.

    Il presidente del comitato speciale per l’Intelligenza artificiale, Dragoș Tudorache, ha accolto l’istituzione del Consiglio per il commercio e la tecnologia che rafforzerà la cooperazione sugli standard comuni: “Ora serve una dimensione parlamentare forte e coerente”

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    Dialogo Serbia-Kosovo: l’UE prende tempo, ma tra Vucic e Kurti è scontro aperto. Tutto rimandato al vertice di luglio

    Bruxelles – Non sono servite nemmeno sei ore per spegnere ogni entusiasmo europeo sul nuovo round di alto livello del dialogo tra Serbia e Kosovo mediato dall’UE, svoltosi questa mattina (martedì 15 giugno) a Bruxelles. Se erano grandi le speranze dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, sui risultati da “iniziare a produrre” nel corso del quarto confronto dal 12 luglio dello scorso anno, ci hanno pensato proprio i leader dei due Paesi balcanici a mettere tutto in soffitta. Se ne riparlerà “entro la fine di luglio, quando il processo proseguirà“, ha dichiarato Lajčák al termine dell’incontro.
    Il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák
    La Commissione Europea prende tempo: il rappresentante speciale UE parla di un “nuovo capitolo”, uno “scambio molto aperto e franco su ciò che ciascuno desidera” e che “entrambi i leader hanno confermato che non c’è altra via da seguire se non quella di normalizzare le relazioni tra Kosovo e Serbia”. Ma così non basta più, di sicuro non dopo la promessa di Borrell (che risale ormai al 12 ottobre 2020) che “l’accordo è una questione di mesi, non anni”.
    Anche perché tra le due parti – se già non correva buon sangue prima – ora è scontro aperto. Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si è detto “deluso” dall’incontro con il premier kosovaro, Albin Kurti, e che “l’unica cosa positiva della riunione è stata l’intesa a proseguire i negoziati entro fine luglio”. Il leader serbo ha parlato di posizioni “irresponsabili e fuori dalla realtà” da parte di Kurti, dal momento in cui “si rifiuta di parlare della creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo”, ma allo stesso tempo “vuole sapere quando riconosceremo l’indipendenza di Pristina”. A questa “provocazione”, Vučić ha precisato ai giornalisti con una punta di orgoglio che non lo farà “mai”.
    Piovono critiche su Belgrado, invece, dal fronte kosovaro: “Da parte nostra l’incontro è stato costruttivo”, ha spiegato il premier Kurti alla stampa, ma “dall’altra parte si riproponevano vecchie idee”. Parlando dei quattro punti proposti durante l’incontro, Kurti ha accusato Vučić di averne respinti tre e di non aver dato “nemmeno una risposta sul quarto”, ovvero la revisione dell’Accordo centro-europeo di libero scambio (CEFTA). Stando a quanto riportato dal governo di Pristina, Belgrado ha rispedito al mittente i progetti di firma di un accordo di pace tra le due parti, di istituzione in Kosovo di un Consiglio nazionale per la minoranza serba (sul modello di quello già esistente in Serbia per le minoranze albanesi e bosniache) e la rimozione del capo della Commissione serba per le persone scomparse durante il conflitto, Veljko Odalović.
    Non proprio la descrizione di un incontro soddisfacente – o “non facile”, come lo ha definito Lajčák. Ma se c’è una sola cosa incoraggiante da portare a casa in vista del nuovo vertice a Bruxelles del prossimo luglio è che entrambi i leader sembrano ormai guardare alle istituzioni europee e statunitensi come un solo attore geopolitico, una duplice garanzia sul presente e sul futuro per la stabilizzazione della regione. Il presidente serbo ha confessato di essere “fiducioso” sul fatto che l’alto rappresentante UE Borrell riferirà “in modo preciso e minuzioso” l’esito dell’incontro di oggi al presidente USA, Joe Biden. Il premier kosovaro ha invece affermato che “l’accordo con Belgrado andrà raggiunto entro la fine dei mandati di Borrell e Biden“.
    Considerando la fine naturale dei rispettivi mandati, si parla della fine del 2024 (per l’alto rappresentante UE) e dell’inizio del 2025 (per il presidente statunitense). Per allora, la dichiarazione di indipendenza del Kosovo avrà compiuto quasi 17 anni e l’inizio del dialogo Pristina-Belgrado mediato dall’UE quasi 14 anni. Ma intanto c’è da pensare al breve termine, al quinto vertice dalla ripresa del 12 luglio dello scorso anno (il confronto si era precedentemente fermato nel novembre 2018). Se arriverà davvero entro fine luglio, cadrà allo scadere del primo anniversario. E già si inizia a parlare di anni, non mesi.

    Tradisce le aspettative delle istituzioni europee il vertice a Bruxelles tra il presidente serbo Vucic e il premier kosovaro Kurti. Entrambi i leader guardano a UE e Stati Uniti come unico attore geopolitico nella regione

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    Riforma dell’OMS, clima, tecnologia: i nuovi tavoli di lavoro UE-USA che rilanciano l’alleanza

    Bruxelles – “Un eccellente incontro tra amici e alleati“. Così Ursula von der Leyen sintetizza il summit UE-Stati Uniti che produce un grande successo politico. La presidente della Commissione europea si riferisce all’intesa trovata dalla due parti sulla questione Airbus-Boeing, anche se in realtà il vertice con il nuovo inquilino della Casa Bianca segna passi in avanti su molti fronti. “L’america è tornata – ha scandito Joe Biden durante l’incontro, dopo aver ricordato di essere di origine irlandese – e la delegazione di ‘serie A’ che ho portato con me lo dimostra”.
    Nuovo corso su clima e intellgenza artificale
    Non ci sono solo i successi in politica commerciale. Stati Uniti e Unione europea hanno convenuto di rilanciare il loro legame sul fronte dell’innovazione e del clima, attraverso l’attivazione di nuovi canali di lavoro. Via libera quindi alla creazione di un consiglio UE-USA sulla tecnologia, volto a creare un partenariato tutto nuovo sulle nuove tecnologie, in particolare le intelligenze artificiali. D’accordo anche all’istituzione di un gruppo d’azione di alto livello per il clima per promuovere “la diplomazia climatica” e coinvolgere così i governi in politiche globali di sostenibilità, sotto la cabina di regia euro-americana. “Quando si parla di lotta ai cambiamenti climatici Unione europea e Stati Uniti sono partner naturali”, scandisce von der Leyen. Su tutto ciò che riguarda la sostenibilità, i leader si dicono disposti a “continuare e rafforzare” la cooperazione per affrontare il cambiamento climatico, il degrado ambientale e la perdita di biodiversità, promuovere la crescita verde, proteggere i nostri oceani e sollecitare un’azione ambiziosa da parte di tutti gli altri principali attori.
    Lotta al COVID, riforma dell’OMS e viaggi aerei il prima possibile
    La creazione di tavoli tecnici e organismi ad hoc non si esaurisce qui. Si è deciso di un raggiungere un accordo congiunto UE-USA attraverso il gruppo di lavoro di esperti per lo scambio di informazioni e competenze per rilanciare viaggi sicuri e sostenibili tra l’UE e gli Stati Uniti. Un passo che si colloca nel più ampio impegno comune di “porre fine alla pandemia di COVID attraverso la cooperazione globale”. In tal senso l’Unione europea ottiene da Biden il via libera all’istituzione, all’interno dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS),  di un gruppo di lavoro sul rafforzamento della preparazione e della risposta  alle emergenze sanitarie.
    Alleanza transatlantica in chiave anti-cinese e anti-russa
    La Commissione europea che dichiara le sue ambizioni geopolitiche ottiene un’alleanza euro-americana in senso anti-russo e anti-cinese. Ribadendo anche quanto già sancito nel corso del summit dei leader della Nato, Stati Uniti e Unione europea si dicono “uniti nell’approccio di principio” nei confronti di Mosca, e pertanto “pronti a rispondere con decisione” all’azione del Cremlino considerata come “negativa e dannosa”. Da qui l’esigenza di “stabilire un dialogo ad alto livello UE-USA sulla Russia“.
    Ma c’è anche lo scomodo interlocutore cinese a unire le due sponde dell’Atlantico. Biden, von der Leyen e Michel sono d’accordo a lavorare insieme per “sfidare e contrastare le pratiche non di mercato cinesi“. Ma più in generale la rinnovata alleanza agirà “in modi specifici che riflettano i nostri elevati standard, compresa la collaborazione sugli investimenti in entrata e in uscita e sul trasferimento di tecnologia”. 
    C’è poi l’attacco frontale su questioni assai sensibili per il regime di Pechino. Stati Uniti e Unione europea sono decisi a “coordinare” l’agenda politica per quanto riguarda “le continue violazioni dei diritti umani nello Xinjiang e in Tibet, l’erosione dell’autonomia e dei processi democratici a Hong Kong, le campagne di disinformazione”.
    Il summit UE-Stati Uniti è andato meglio di come si potesse pensare. “Il presidente Biden ha detto che gli Stati Uniti sono tornati sulla scena internazionale, e noi lo prendiamo in parola”, afferma il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che porta a casa impegni e progressi reali di cui l’Ue aveva bisogno e che guarda già oltre. Quanto raggiunto a Bruxelles “è un punto di partenza, ovviamente”.

    Il summit bilaterale produce grandi risultati. Michel: “Biden dice che gli Stati Uniti sono tornati sulla scena internazionale e lo prendiamo in parola, ma è un punto di partenza”

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    NATO, vertice dei leader ribadisce che “Europa e Nord America sono di nuovo forti insieme”. Biden in prima fila

    Bruxelles – Come il primo giorno di scuola a settembre, quando incontri di nuovo tutti i tuoi amici. Una similitudine semplice e alla portata di tutti è quella offerta dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, per descrivere l’atmosfera che si è respirata oggi (lunedì 14 giugno) al vertice di leader dell’Alleanza Atlantica, svoltosi di persona a Bruxelles.
    Una riunione che ha aperto un “nuovo capitolo della nostra Alleanza”, ha spiegato Stoltenberg, in particolare per il rinnovato impegno degli Stati Uniti nella NATO, sotto la presidenza del democratico Joe Biden. “È stato vigoroso il messaggio del presidente Biden, per ribadire che Europa e Nord America sono di nuovo forti insieme“. Lo ha confermato anche lo stesso inquilino della Casa Bianca in un tweet pubblicato appena prima della riunione: “La nostra Alleanza NATO è più forte che mai” e ha messo in luce la volontà di rispondere alle questioni di “difesa collettiva”, inclusa “l’aggressione russa, le sfide strategiche della Cina, le attività cibernetiche dannose, il terrorismo e il cambiamento climatico”.

    Our NATO Alliance is stronger than ever. Today I’m joining our 29 allies to discuss our collective defense — including from Russian aggression, strategic challenges from China, malicious cyber activity, terrorism, and climate change.
    — President Biden (@POTUS) June 14, 2021

    Quello dei “regimi autoritari che minacciano lo spazio democratico“, come lo ha definito il segretario generale della NATO, è stato uno dei temi piò scottanti sul tavolo degli alleati. In primis, la Russia di Vladimir Putin: “Le nostre relazioni sono al punto più basso dalla fine della guerra fredda”, è stato il secco commento, a conferma delle dichiarazioni dei vertici ministeriali degli ultimi mesi. Tuttavia, l’Alleanza è impegnata in un “doppio approccio”, basato sia sulla “difesa da minacce militari e cibernetiche”, sia sul “dialogo per evitare un’escalation di tensione”, ha confermato Stoltenberg. Anche se, come si legge nella dichiarazione congiunta dei capi di Stato e di governo, “fino a quando la Russia non dimostrerà il rispetto del diritto internazionale e dei suoi obblighi e responsabilità, non si potrà tornare alla normalità” nelle relazioni. Per questo motivo, il segretario Stoltenberg ha ribadito il sostegno dell’Alleanza all’Ucraina, “a cui va il nostro supporto politico”.
    Cerimonia di benvenuto dei leader dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles, 14 giugno 2021 (fonte: NATO)
    Un altro attore internazionale che mette apprensione all’Alleanza Atlantica è la Cina. “Vediamo delle nuove opportunità geostrategiche, come sulla risposta ai cambiamenti climatici”, ma Pechino presenta “sfide crescenti in politica estera nei confronti degli alleati”. Soprattutto per quanto riguarda la disinformazione, “sta espandendo la sua sfera di influenza con un numero sempre maggiore di mezzi militari e tecnologici”, ha aggiunto Stoltenberg. “La NATO deve rispondere con decisione” alla minaccia di una “cooperazione con la Russia”. La dichiarazione finale afferma che  “le ambizioni dichiarate (dalla Cina, ndr) e il comportamento assertivo presentano sfide sistemiche all’ordine internazionale basato su regole”.
    Sorvegliato speciale, il fronte degli attacchi “non convenzionali”, vale a dire lo spazio informatico “che è costantemente minacciato”, ha precisato il segretario generale della NATO. L’Alleanza “è impegnata per garantire la sicurezza a tutti i livelli, anche cyber”, al punto da tirare in ballo l’articolo 5 (quello che afferma che un attacco armato contro uno o più alleati si considera come un attacco contro ogni componente della NATO, a cui ciascuno può rispondere secondo il diritto di autodifesa). “Gli alleati riconoscono che l’impatto di significative attività informatiche cumulative dannose potrebbe, in determinate circostanze, essere considerato come un attacco armato“, si legge nella dichiarazione dei leader. “Ci confrontiamo sempre più con minacce cyber e ibride, comprese le campagne di disinformazione, e l’uso dannoso di tecnologie emergenti sofisticate”.
    Ultime battute in conferenza stampa sulla questione del ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Per la sua “importanza per tutta la comunità internazionale”, la NATO “fornirà finanziamenti di transizione per garantire il funzionamento dell’aeroporto internazionale di Kabul“, ha spiegato Stoltenberg. “La Turchia svolge un ruolo chiave in questi sforzi”. L’ultimo atto di una presenza nel Paese che proprio quest’anno compie vent’anni.

    Al suo esordio alle riunioni dell’Alleanza Atlantica, il presidente statunitense ha affermato che “siamo più forti che mai”. Affrontate le “minacce” provenienti da Russia e Cina, sia sul piano militare sia su quello cyber

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    Alleanza per democrazia, vaccini anti-COVID e commercio: il summit UE-Stati Uniti per ripartire

    Bruxelles – Ricostruire relazioni perdute con la precedente amministrazione, tornare a essere protagonisti in un mondo pieno di insidie, a partire da quella sanitaria. Stati Uniti e Unione europea tornano a tenere un summit bilaterale all’insegna di una rinnovata partenership transatlantica vera. COVID-19, clima, commercio e investimenti, politica estera, promozione di diritti e valori fondamentali. Sul tavolo c’è praticamente un po’ di tutto, perché dopo cinque anni di trumpismo molto è stato accantonato.
    La Brexit, e la perdita di un interlocutore privilegiato per Washington in seno all’UE, spinge il presidente americani Joe Biden a trovare nuove sponde col vecchio continente, improvvisamente nuovamente strategico. C’è la necessità di ripristinare collegamenti tra le due sponde dell’Atlantico nel senso vero dell’espressione, dei viaggi che si vogliono ripristinare. La questione COVID con i voli aerei è uno dei temi di maggiore priorità per entrambe le parti. Per tornare alla normalità c’è però la necessità di “accelerare le vaccinazioni”. E’ in quest’ottica, riferiscono fonti europee, che Biden metterà sul tavolo la proposta di una task force UE-Stati Uniti per aumentare la produzione globale di vaccini. Sempre in questa ottica, l’obiettivo è lavorare insieme per mantenere aperte le catene di approvvigionamento, e dunque mercati e filiere, una tema su cui gli europei avranno molto da poter offrire in termini di contributo.
    Ma la pandemia impone un ripensamento sull’OMS, l’Organizzazione mondiale per la sanità. Biden è pronto a discutere coi leader europei, intesi come i capi delle istituzioni comunitarie, di riforma dell’Agenzia delle Nazioni Unite. A Washington sono convinti che vada resa “più preparata ad affrontare eventuali pandemie future”, e c’è dunque la necessità di questo.
    A proposito di riforme, le modifiche istituzionali dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) è anche uno dei temi sul tavolo del summit UE-USA. Entrambe le parti vogliono un ammodernamento della struttura, e l’appuntamento bilaterale offre un’opportunità unica per stabilire una prima linea comune di riassetto dell’organismo.
    Certo frizioni non mancano. Chi pensa ad un nuovo inizio all’insegna di una ritrovata amicizia deve smorzare gli entusiasmi, pur tuttavia giustificati. Sulla questione cinese ci sono vedute diverse. L’Europa sta cercando una via di collaborazione, specie in ambito commerciale. L’accordo per gli investimenti è un qualcosa che a Bruxelles si difende. “E’ nostra intenzione ribilanciare le nostre relazioni commerciali con la Cina”, ha spiegato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nel corso di un’intervista rilasciata ad un gruppo selezionato di testate, tra cui AFP. “Per questo abbiamo deciso di facilitare l’accesso al nostro mercato unico” a industrie cinesi. “L’assenza di reciprocità è il motivo per cui abbiamo accelerato i negoziati per l’accordo sugli investimenti”.
    Se gli europei vedono nella Cina delle opportunità, la controparte statunitense vede in Pechino minacce. Economiche e militari sicuramente. Un attore internazionale con cui dover fare i conti e di cui non fidarsi. Sul dossier cinese dunque le posizioni restano distanti, e si dovrà trovare un’intesa su come impostare la rinnovata relazione verso est. Guardando all’oriente cinese, non si possono ignorare le questioni relative alla democrazia.
    Per questo al summit Unione europea-Stati Uniti è intenzione discutere l’organizzazione di un summit globale per la democrazia. Una proposta che si attende da Biden, per vedere come potenziare gli strumenti per rafforzare la democrazia nel mondo, per poi concentrarsi al contrasto della disinformazione e alle ingerenze straniere.
    “Vogliamo dire all’Europa che l’America c’è”, le parole di Biden in occasione del summit NATO, che precede la serie di appuntamenti previsti nella capitale belga ed europea. Un messaggio incoraggiate, quello che si voleva sentire. Il Summit, per entrambe le parti, vuole essere essere l’occasione per costruire “un’agenda positiva nelle relazioni UE-USA per i prossimi anni”.

    Donald Trump ha rivisto in modo peggiorativo le relazioni con l’Europa, ora Biden e i leader dell’Unione cercano di ripartire. La Casa Bianca: “L’America c’è”

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    COVID, leader G7 pronti a chiedere all’Oms un’indagine trasparente sulle origini della pandemia

    Bruxelles – Le sette economie (occidentali) più grandi al mondo pronte a discutere di lotta globale al Coronavirus e ripresa economica, di come affrontare al meglio le crisi del futuro ma anche a guardare al passato, per capire come questa pandemia è scoppiata. “Ci serve tutta la trasparenza possibile per imparare la lezione. Capire l’origine della diffusione del Coronavirus è della massima importanza per capire come affrontarne le conseguenze”, spiegano all’unisono i presidenti di Commissione e Consiglio europeo – Ursula von der Leyen e Charles Michel – in una conferenza stampa questa mattina (10 giugno) per presentare le priorità dell’UE al vertice G7 che partirà domani in Cornovaglia, a Carbis Bay (11-13 giugno).
    I leader di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea si incontreranno in presenza per la prima volta sotto la guida di Londra e del premier Boris Johnson, che nel 2021 è presidente di turno del G7. Focus come sempre su Salute globale e ripresa economica dalla crisi, ma anche impegno globale sul cambiamento climatico, la riaffermazione dei valori democratici in chiave anti-Russia e Cina, la ricerca di stabilità e sui passi avanti compiuti sulla tassazione globale.
    Joe Biden
    La pandemia slitterà in cima all’agenda, con tre priorità: la campagna per una distribuzione globale dei vaccini anche ai Paesi che non li producono e non possono permettersi di comprarli ai prezzi pagati dall’UE (“le economie del G7 sono anche i più grandi produttori di vaccini al mondo”, ricorda Michel), capire come rendersi più resilienti alle future crisi globali e, infine, la richiesta all’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) di una indagine trasparente e decisiva per capire il perché dello sviluppo del virus, che da oltre un anno attanaglia l’Europa e il mondo. La richiesta mette d’accordo tutti e sette i leader e segue la decisione del presidente americano, Joe Biden, di allargare l’inchiesta sulla pandemia. Non è difficile immaginare che si voglia smentire chi sostiene la tesi di una fuga del virus dal laboratorio cinese di Wuhan, da dove la pandemia ha avuto inizio. “Gli investigatori hanno bisogno dell’accesso completo a tutto ciò che è necessario per trovare davvero l’origine di questa pandemia”, ha spiegato von der Leyen.
    Tempo per un primo approccio tra UE e amministrazione di Biden anche sulla questione vaccini e sospensione dei brevetti, che sarà discussa a luglio in sede di Organizzazione mondiale del commercio. Al 10 giugno “più del 50% degli europei adulti ha ricevuto almeno un’iniezione e 100 milioni di europei sono completamente vaccinati”. Un traguardo raggiunto senza mai smettere di esportare, vuole sottolineare la presidente della Commissione fornendo qualche cifra: 700 milioni di dosi prodotte, 350 milioni di dosi esportate in 90 paesi.
    L’invito anche agli altri partner del G7 a mostrare apertura in questo senso, verso le esportazioni delle dosi in più. Si discuterà inoltre di come aumentare la capacità tecnologica e produttiva in Africa ma anche America Latina, spiega Michel. Secondo i due presidenti dell’UE, l’aumento della capacità produttiva è fondamentale non solo per affrontare il coronavirus, ma anche per prepararli alle prossime crisi e allo sviluppo di tecnologie adeguate per affrontarle. Non solo origine del virus, spazio anche per discutere di come meglio affrontare il futuro per le prossime crisi. I leader faranno un punto sul trattato per le future pandemie proposto dal presidente del Consiglio europeo e a cui per ora hanno aderito 60 Paesi, spiega Michel.

    Lotta globale alla pandemia, politica estera, cambiamento climatico e progressi sulla tassazione globale: queste le priorità dei leader di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea che si incontreranno dall’11 al 13 giugno in Cornovaglia

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    Brexit, ancora nessuna svolta sull’attuazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Biden preoccupato per lo stallo

    Bruxelles – È stato l’ennesimo nulla di fatto la riunione del comitato congiunto UE-Regno Unito (il primo dall’attuazione dell’accordo sul commercio e la cooperazione) che si è tenuta oggi (mercoledì 9 giugno) a Londra. Presieduto dal vicepresidente della Commissione Europea per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, e dal consigliere britannico per la Sicurezza nazionale, David Frost, il vertice era particolarmente atteso per tentare di risolvere i problemi relativi all’attuazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord.
    Invece si protrae ancora lo stallo tra Unione Europea e Regno Unito e la questione impensierisce anche Oltreoceano. Dall’amministrazione statunitense del democratico Joe Biden è stata indirizzata a entrambi gli alleati una sollecitazione a trattare per risolvere il problema sull’isola di Irlanda, proprio alla vigilia del vertice dei leader del G7 a presidenza britannica (in programma dall’11 al 13 giugno). In un’intervista con l’editore della BBC North America, Jon Sopel, il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha avvertito che “qualunque sia il modo per procedere, deve al suo interno proteggere l’Accordo del Venerdì Santo e non metterlo in pericolo”. Questo sarà il “messaggio che il presidente Biden indirizzerà” al vertice del Gruppo dei Sette a Carbis Bay, in Cornovaglia, a cui parteciperà di persona.
    “Nessuna svolta, ma nemmeno una rottura“, è la sintesi migliore della riunione di oggi, offerta proprio da Frost in un tweet al termine dei colloqui. Una discussione “franca e onesta”, che però non ha risolto le controversie sui controlli delle merci tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito: Bruxelles pretende il rispetto delle clausole per preservare l’unità dell’isola d’Irlanda (secondo l’accordo del Venerdì Santo del 1998), mentre Londra cerca di rimandare l’attuazione per “ridurre gli oneri per i commercianti agroalimentari che spostano le merci per l’uso o il consumo nell’Irlanda del Nord”, si legge nel comunicato diffuso da Downing Street.
    In conferenza stampa, il vicepresidente della Commissione Šefčovič ha spiegato che “l’Unione si è impegnata in modo creativo e instancabile per trovare soluzioni che forniscano stabilità alle imprese”, ma che rimane “incondizionato” il rispetto del Mercato Unico UE. Questo non ha escluso il lavoro su “soluzioni permanenti, ove possibile”, come nel caso della fornitura di medicinali all’Irlanda del Nord (“cosa che prendo molto sul serio, soprattutto in questo periodo di pandemia”), ma anche dei cani guida, dell’IVA sulle auto usate e altre flessibilità sulla circolazione del bestiame.
    Tuttavia, “non possiamo annullare il nucleo del Protocollo” e i controlli tra le due sponde del Mare d’Irlanda sono “una condizione necessaria per garantire l’assenza di controlli tra Belfast e Dublino”, ha ribadito con forza Šefčovič: “Il Regno Unito deve rispettare i suoi obblighi legali ed eseguire questi controlli“. Il vicepresidente del gabinetto von der Leyen ha anche sottolineato che “oggi siamo a un bivio nelle nostre relazioni, la fiducia deve essere ripristinata”.
    Ricordando l’azione legale avviata lo scorso 15 marzo, Šefčovič ha rincarato la dose, affermando che “se il Regno Unito dovesse intraprendere ulteriori azioni unilaterali nelle prossime settimane, l’Unione non sarà timida nel reagire rapidamente, con fermezza e risolutezza“. Con un sibillino “Pacta sunt servanda”, la stessa citazione utilizzata questa mattina dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, davanti agli eurodeputati a Strasburgo.

    “Pacta sunt servanda”
    When an agreement has been reached, it needs to be implemented with good will.
    We want to be a loyal and committed partner to the UK, but we are ready to use the different means available to us to protect our interests. #Brexit @BorisJohnson pic.twitter.com/MqD4Lmn6GL
    — Charles Michel (@eucopresident) June 9, 2021

    Altro punto all’ordine del giorno è stata la questione dei diritti dei cittadini. “Si avvicina il termine del 30 giugno per la domanda di soggiorno” dei cittadini comunitari nel Regno Unito e di quelli britannici nell’Unione Europea. “I nostri cittadini devono avere la certezza giuridica se sono coperti o meno dall’Accordo di recesso”, ha assicurato il vicepresidente dell’esecutivo UE, e per questo “abbiamo deciso di lavorare insieme per garantire che ciò avvenga“. Per quanto riguarda la situazione “molto delicata” della detenzione dei cittadini comunitari alla frontiera del Regno Unito, Šefčovič ha cercato – e trovato – “rassicurazioni da Lord Frost” sul fatto che “tutte le questioni in sospeso saranno risolte rapidamente“.

    Il vertice UE-Regno Unito non ha risolto le controversie sui controlli delle merci tra Belfast e Londra. Il presidente statunitense ha sollecitato gli alleati a trovare una soluzione e lo ripeterà al vertice G7 di questo fine settimana