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    Stoltenberg spera nell’ingresso Nato della Svezia al vertice di Vilnius. Ma Erdoğan lo lega all’adesione Ue della Turchia

    Bruxelles – Una mossa a sorpresa, che sa di ricatto a due organizzazioni, una a cui appartiene a l’altra a cui vorrebbe aderire. Alla vigilia del vertice Nato di Vilnius il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, ha aggiunto una mezza minaccia alla propria opposizione all’ingresso della Svezia nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord: “Prima si aprano le porte alla Turchia verso l’Ue, poi apriremo la strada alla Svezia nella Nato come abbiamo fatto con la Finlandia”. Due processi che non hanno nulla a che fare uno con l’altro, ma che il leader turco sta cercando di collegare per aumentare il proprio potere negoziale con Bruxelles, sfruttando l’arma del veto che gli permette di continuare a tenere in ostaggio la richiesta di adesione svedese all’Alleanza Atlantica.
    Sbloccare il processo di adesione Ue per la Turchia nella speranza che la Nato possa portare a termine l’allargamento iniziato un anno fa al vertice di Madrid. Finora il veto di Erdoğan – che ha di fatto impedito al Parlamento turco di ratificare la richiesta di Stoccolma, come previsto dalla procedura per l’ingresso di un nuovo membro nell’Alleanza – è sempre stato legato alla questione curda. È per questo motivo che la nuova rivendicazione dell’autocrate turco ha spiazzato entrambe le organizzazioni, sia la Nato sia l’Unione Europea: “Sostengo le ambizioni della Turchia di diventare membro dell’Unione Europea, ma allo stesso tempo dobbiamo ricordare che la Svezia ha rispettato le condizioni concordate a Madrid“, ha voluto sottolineare alla stampa nel pre-vertice di Vilnius il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a proposito della lista di richieste fatte a Stoccolma nella riunione dei leader della Nato del 2022: “Si trattava di rimuovere le restrizioni sull’export di armi, rafforzare la cooperazione con la Turchia per combattere il terrorismo, cambiare la Costituzione e rafforzare le leggi anti-terrorismo, e tutto questo la Svezia l’ha fatto”. Ecco perché – nonostante il nuovo ricatto di Erdoğan – il segretario generale Stoltenberg si mostra ancora positivo sull’ingresso della Svezia alla Nato: “È ancora possibile avere una decisione positiva, sfrutteremo lo slancio del vertice per garantire quanti più progressi possibili”.
    Non poteva essere più netta la risposta da Bruxelles. “I due processi che avvengono in parallelo – l’adesione di nuovi membri alla Nato e il processo di allargamento dell’Unione Europea – sono separati“, ha messo in chiaro la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant, nel corso del punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. L’Unione ha un processo di allargamento “molto strutturato” e misure “molto chiare”, che sono richieste a “tutti i Paesi candidati e anche quelli che desiderano diventarlo”, ha aggiunto la portavoce dell’esecutivo comunitario, ribadendo con fermezza che “non si possono collegare i due processi“. Anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha voluto ricordare nella sua conferenza pre-vertice di Vilnius che non esistono legami tra i due allargamenti: “Non va considerato come un argomento correlato” e – fatta eccezione per le resistenze di Erdoğan – “nulla ostacola l’adesione della Svezia alla Nato”.
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati avviati nel 2005 durante il primo mandato di Erdoğan come primo ministro, ma ormai da anni sono “a un punto morto” a causa dei “continui gravi passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura”, ripete dal 2020 il commissario responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Nonostante il quadro di rapporti tesi tra Bruxelles e Ankara, nel marzo 2016 il leader turco è riuscito a far pesare il proprio potere negoziale nell’accordo stretto tra l’Ue e la Turchia per bloccare e accogliere sul suo territorio i rifugiati siriani in fuga dalla guerra in cambio di finanziamenti comunitari.
    Il veto di Erdoğan alla Svezia nella Nato
    La Svezia – insieme alla Finlandia – ha presentato domanda di adesione alla Nato nel maggio dello scorso anno, dando seguito alla più grande svolta strategica storica nella propria politica di sicurezza nazionale in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A sbarrare la strada a un percorso che sembrava essere destinato a procedere in modo spedito è stato proprio Erdoğan, a causa dei rapporti tesi sulla repressione della minoranza curda in Turchia. Le tensioni con Stoccolma e Helsinki sembravano essere diminuite con la firma del memorandum d’intesa alla vigilia del vertice di Madrid del 29 giugno 2022, in cui sono state definite le condizioni per lo sblocco dell’allargamento della Nato ai due Paesi scandinavi: tra queste in particolare le richieste di estradare i membri del movimento politico-militare curdo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan).
    Da sinistra: il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, e il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan (credits: Adem Altan / Afp)
    La posizione irremovibile del leader turco non ha però portato a sostanziali progressi nella seconda metà dell’anno, in particolare per quanto riguarda la Svezia. Il punto più basso dei rapporti con gli altri leader Nato e Ue è stato raggiunto in occasione del via libera alla richiesta della Finlandia, quando è stato ribadito lo stop a Stoccolma: in questo modo è sfumato l’ingresso congiunto dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica nello stesso giorno (il 4 aprile 2023). Il leader turco – fresco vincitore delle elezioni presidenziali di maggio – continua a sostenere che la Svezia non stia facendo abbastanza contro quelli che Ankara definisce terroristi. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan è considerato un’organizzazione terroristica anche dall’Unione Europea – di cui Finlandia e Svezia fanno parte – ma l’attribuzione è controversa proprio per le persecuzioni messe in atto dal regime turco. Nel pomeriggio di oggi si svolgerà un vertice trilaterale tra Erdoğan, Stoltenberg e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, per cercare un punto d’intesa prima del vertice di Vilnius. Che è sempre più distante dopo l’ultimo ricatto dell’uomo forte di Ankara.

    Alla vigilia della riunione dei 31 leader dell’Alleanza Atlantica in Lituania, il segretario generale ricorda che Stoccolma “ha rispettato le condizioni concordate a Madrid”. Da Bruxelles i portavoce della Commissione respingono il ricatto inaspettato del presidente turco: “Sono processi separati”

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    Jens Stoltenberg sarà segretario generale della Nato fino a ottobre 2024

    Bruxelles – Una decisione attesa, di cui oggi è arrivata la conferma. La Nato ha deciso di prolungare di un altro anno, fino al primo ottobre 2024, il mandato del segretario generale Jens Stoltenberg, ex primo ministro norvegese e leader dell’Alleanza transatlantica dal 2014.
    Nessun cambio della guardia, nonostante le voci insistenti dei mesi scorsi che tra gli altri indicavano anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, come possibile successore alla guida dell’Alleanza. Ma nonostante le voci insistenti è una decisione che non stupisce, visto il contesto in cui è stata presa e la necessità di fronteggiare una guerra alle porte dell’Europa.

    “Sono onorato dalla decisione degli alleati della Nato di estendere il mio mandato come Segretario Generale fino al primo ottobre 2024”, ha scritto Stoltenberg in un tweet. “Il legame transatlantico tra Europa e Nord America ha garantito la nostra libertà e sicurezza per quasi 75 anni e, in un mondo più pericoloso, la nostra Alleanza è più importante che mai”, ha aggiunto. I 31 Paesi che fanno parte dell’Alleanza – come si legge in una nota – hanno ringraziato il Segretario generale per la sua leadership e il suo impegno, “fondamentali per preservare l’unità transatlantica di fronte a sfide alla sicurezza senza precedenti”. La decisione dovrà essere formalmente approvata dai capi di Stato e di governo della NATO al vertice di Vilnius, che si terrà l’11 e il 12 luglio.

    Gli Alleati hanno deciso di prolungare di un altro anno il mandato. La decisione andrà formalmente adottata al Vertice di Vilnius la prossima settimana

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    Al Summit di Vilnius potrebbe nascere il Consiglio Nato-Ucraina. Stoltenberg: “Vicini ad accordo per tavolo da pari”

    Bruxelles – Una nuova prima volta storica, quasi come un anno fa. Manca meno di un mese al Summit di Vilnius dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (in programma l’11-12 luglio), ma è lo stesso segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ad annunciare che l’appuntamento in Lituania potrebbe portare con sé un evento che segnerà una svolta decisiva nei rapporti tra l’Alleanza e Kiev: “Stiamo lavorando per stabilire un nuovo Consiglio Nato-Ucraina, la nostra ambizione è quella di tenere il primo incontro a Vilnius con il presidente Volodymyr Zelensky“.
    Da sinistra: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky
    A un anno dalla più grande svolta strategica della Nato dalla fine della Guerra Fredda, i 31 Paesi membri della Nato sono pronti a fare un passo in avanti per far avvicinare l’alleato ucraino quantomeno a livello politico, prima di iniziare le vere e proprie discussioni sull’adesione all’Alleanza. È quanto si è discusso oggi (16 giugno) nel corso della riunione ministeriale a Bruxelles e, nello specifico, nella commissione Nato-Ucraina. Perché un organismo di collegamento tra l’Alleanza Atlantica e Kiev già esiste, ma non è più considerato sufficiente per gli obiettivi comuni: “Siamo vicini a finalizzare l’accordo per stabilire il Consiglio, sarà qualcosa di diverso dalla commissione, perché permetterà ai 31 alleati e all’Ucraina di sedersi al tavolo da pari, con gli stessi diritti e le stesse possibilità di consultazione e decisione sulle questioni di sicurezza di interesse comune”, ha precisato Stoltenberg.
    Le riunioni tra i rappresentanti dell’Alleanza e di Kiev al momento si tengono nella commissione Nato-Ucraina, istituita il 9 luglio 1997 e il cui compito è quello di “assicurare la corretta attuazione delle disposizioni della Carta sul Partenariato Distintivo, valutare in generale lo sviluppo delle relazioni reciproche ed esaminare la pianificazione delle attività future”, si legge nel pagina web dedicata. In altre parole, si tratta di “un forum di consultazione” su questioni di interesse comune, “tra cui la guerra della Russia contro l’Ucraina”. Quello che ora i 31 alleati – “a cui spero presto si aggiungerà anche la Svezia”, ha tenuto a precisare Stoltenberg sul continuo stallo con la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan – è “portare l’Ucraina più vicina alla Nato in termini politici”, perché “negli ultimi decenni si è già avvicinata molto, tutti i membri hanno concordato che la nostra porta è aperta“.
    Non si parla ancora esplicitamente del processo di adesione – che il presidente ucraino Zelensky vorrebbe “accelerato” – ma non c’è dubbio sul fatto che Kiev “può diventare membro dell’Alleanza, è una decisione degli alleati e dell’Ucraina, la Russia non ha nessun potere di veto“, ha ribadito con forza il segretario generale della Nato. Su questo “sono d’accordo tutti i 31 membri, per ora non discuteremo sull’invito ad aderire, ma su come possiamo portarla più vicina” e l’appuntamento anche in questo caso è per l’11-12 luglio in Lituania: “Sono fiducioso che troveremo un consenso a Vilnius su come farlo”. All’orizzonte c’è il futuro comune sul lungo termine: “Non sappiamo quando la guerra finirà, ma non appena accadrà dobbiamo essere sicuri di poter mettere in campo un quadro di sicurezza tale per cui la storia non si ripeta”.

    Il processo di adesione Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese (come l’Ucraina) deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella Nato di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione alla Nato inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “”e parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri Nato, che attualmente sono 30. A questo punto si aprono nel quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale della Nato.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato dalla Nato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    Al termine della riunione ministeriale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, il segretario generale ha annunciato il lavoro per stabilire un nuovo format con Kiev in vista del vertice dell’11-12 luglio: “L’ambizione è tenere il primo incontro con il presidente Zelensky”

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    La Nato stringe i legami con i partner nell’Indo-Pacifico contro le sfide alla “sicurezza globale” da Cina e Russia

    Bruxelles – Dal quartier generale della Nato a Bruxelles a Canberra, Seul, Tokyo e Auckland. In una delle due-giorni più importanti per l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord – per l’ingresso ufficiale della Finlandia nell’Alleanza Atlantica e per le discussioni tra i ministri degli Esteri con l’Ucraina sulla velocizzazione della consegna delle armi promesse a Kiev – i 31 alleati si sono confrontati anche con i quattro partner strategici nella regione dell’Indo-Pacifico sulle “sfide per la sicurezza, che sono globali”, come ha precisato il segretario generale, Jens Stoltenberg, accogliendo questa mattina (5 aprile) i rappresentanti di Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda prima della sessione ministeriale del Consiglio del Nord Atlantico.
    Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, con i rappresentanti di Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda (5 aprile 2023)
    “In un mondo sempre più imprevedibile e insicuro diamo un grande valore al nostro partnariato con l’Indo-Pacifico”, dal momento in cui “quello che succede nella vostra regione ha un impatto su di noi e quello che succede nella nostra regione ha un impatto su di voi“, ha ribadito con forza Stoltenberg ai quattro partner, riprendendo il concetto già espresso ieri (4 aprile) nel punto con la stampa insieme al ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Lo dimostra proprio l’invasione russa in Ucraina “con le sue ramificazioni globali”, dall’economia all’energia, fino alla sicurezza alimentare e le sfide per la difesa. Tra queste, anche l’avvicinamento tra Russia e Cina, che di riflesso “rende ancora più importante rimanere vicini come partner di alto valore”, è l’esortazione del segretario generale della Nato. La solidificazione di questo rapporto è iniziata al Summit di Madrid del 29 giugno dello scorso anno, quando “per la prima volta in assoluto i leader dei vostri Paesi hanno partecipato” come ospiti al vertice di alto livello dell’Alleanza Atlantica. A Bruxelles la speranza è che questa collaborazione continui al Summit di Vilnius dell’11-12 luglio.
    Mentre la questione dei rapporti tra Mosca e Pechino sarà al centro del confronto tra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, della Francia, Emmanuel Macron, e della Cina, Xi Jinping, nel vertice di domani (6 aprile) a Pechino, a margine della ministeriale Nato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha messo in chiaro che “abbiamo bisogno della Cina per risolvere le sfide globali e per questo puntiamo su un dialogo costruttivo”. Tuttavia, di fronte a quello che per il momento è un impegno insufficiente da parte di Pechino – “in particolare sulla guerra russa in Ucraina, una violazione della Carta delle Nazioni Unite” – i membri della Nato e dell’Unione daranno ancora più impulso al rafforzamento dei rapporti con i quattro partner della regione dell’Indo-Pacifico. Come dimostrato dal vertice di oggi e come sarà fatto “a maggio, con una ministeriale a livello Ue“, ha anticipato lo stesso alto rappresentante Borrell.
    Cina e Russia nel nuovo concetto strategico Nato
    Nel nuovo concetto strategico Nato presentato al Summit di Madrid del giugno 2022 è stata impressa una svolta nell’analisi del contesto geopolitico come non si vedeva dalla fine della Guerra Fredda. Nella nuova era delle relazioni internazionali e della sicurezza sul continente europeo – manifestatasi in particolare con l’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 – la Federazione Russa costituisce “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati”, dal momento in cui cerca di stabilire “sfere di influenza e di controllo diretto attraverso la coercizione, la sovversione, l’aggressione e l’annessione”, si legge nel documento. Ma Mosca non è l’unico “attore autoritario” che mette alla prova e sfida gli “interessi, valori e lo stile di vita democratico” degli alleati (da ieri diventati 31 con l’ingresso ufficiale della Finlandia nella Nato).
    Anche “le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive” della Repubblica Popolare Cinese sono entrate ufficialmente nei radar dell’Alleanza Atlantica, dal momento in cui Pechino fa uso di “un’ampia gamma di strumenti politici, economici e militari per aumentare la sua impronta globale e proiettare potere”. Se la strategia cinese rimane “poco trasparente” – così come le intenzioni e lo sviluppo militare – quello che però si è reso manifesto nell’ultimo anno è un approfondimento del partenariato tra Pechino e Mosca, come dimostrato anche dalla recente visita del presidente cinese, Xi Jinping, all’omologo russo, Vladimir Putin. Ecco perché tra gli strumenti per affrontare questo nuovo e più instabile ambiente di sicurezza rientra anche la cooperazione stretta con i partner “nuovi ed esistenti” dell’Indo-Pacifico, a partire dai quattro invitati oggi a Bruxelles: “Gli sviluppi in questa regione possono influenzare direttamente la sicurezza euro-atlantica”, specifica il documento di orientamenti generali dell’Alleanza Atlantica.

    Prima della sessione ministeriale del Consiglio del Nord Atlantico il segretario generale Jens Stoltenberg ha accolto i rappresentanti di Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda: “Quello che succede nella vostra regione ha un impatto su di noi e viceversa”

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    L’Ucraina guarda all’ingresso della Finlandia nella Nato come esempio per il proprio futuro: “È nel nostro piano strategico”

    Bruxelles – Nel giorno storico della Finlandia per l’ingresso nella Nato, c’è un altro amico dell’Alleanza che guarda da vicino l’esempio di Helsinki. Non la Svezia, a un passo dall’adesione ma ancora bloccata dalla mancata ratifica da parte di Turchia e Ungheria, ma l’Ucraina, il Paese invaso da più di un anno dalla Russia di Vladimir Putin. “Sono qui anche per discutere i piani strategici del futuro, uno su tutti il futuro ingresso dell’Ucraina nella Nato“, ha messo in chiaro il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, nel punto con la stampa prima del vertice ministeriale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord di oggi (4 aprile) a Bruxelles.
    Da sinistra: il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (4 aprile 2023)
    Un’intenzione non nuova, ma che nel giorno dell’anniversario della firma del Trattato del Nord Atlantico a Washington nel 1949 e dell’allargamento dell’Alleanza Atlantica al 31esimo membro assume un significato ancora più simbolico. “Le mie sincere congratulazioni alla Finlandia, nel mezzo dell’aggressione russa l’Alleanza è diventata l’unica effettiva garanzia di sicurezza nella regione”, ha commentato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, mettendo in chiaro di aspettarsi che “il Summit di Vilnius [in programma l’11 e 12 luglio, ndr] avvicini l’Ucraina al nostro obiettivo euro-atlantico” Già il 30 settembre dello scorso anno il presidente ucraino ha annunciato di aver presentato formalmente la domanda di adesione alla Nato, chiedendo per il proprio Paese di diventarne membro “de jure, in modo accelerato”. In quell’occasione il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha confermato che ogni democrazia ha il diritto di presentare domanda, come dimostrato al Summit di Madrid del giugno dello scorso anno, quando gli allora 30 leader (la Finlandia ancora non partecipava ancora a pieno titolo) hanno ribadito la libertà dell’Ucraina – in quanto Paese sovrano e indipendente – di fare liberamente le proprie scelte di sicurezza nazionale.
    La riunione della commissione Nato-Ucraina a Bruxelles (4 aprile 2023)
    Nell’immediato però la questione più urgente è quella dell’invio delle armi a Kiev. “Sono qui per chiedere la velocizzazione nelle consegne di quanto già stabilito, dalle munizioni ai veicoli di fanteria blindati, tutto quello che serve per la controffensiva“, ha precisato il ministro Kuleba prima della riunione della commissione Nato-Ucraina a Bruxelles. Mentre l’aggressione russa continua, l’obiettivo degli alleati rimane l’aumento del supporto per i “bisogni urgenti e lo sviluppo dell’interoperabilità e degli standard Nato”, ha confermato Stoltenberg, attraverso un “programma di lungo termine” sul piano militare ed economico. Lo stesso segretario generale dell’Alleanza Atlantica si è detto “colpito dalla forza della leadership ucraina, delle forze armate e del popolo in generale, capaci di respingere l’offensiva russa” e di iniziare a preparare un contrattacco nei territori occupati. Sul piano geopolitico “la Russia e la Cina si stanno avvicinando sempre di più, lavorano insieme e rendono le cose difficili”, ha avvertito Stoltenberg, sottolineando come “la sicurezza non è una questione regionale, ma globale“. Ecco perché “anche noi dobbiamo essere più vicini ai nostri partner nell’Indo-Pacifico”, dalla Nuova Zelenada al Giappone, dall’Australia alla Corea del Sud: “Quello che succede in Europa ha riflesso in Asia, e viceversa”.
    Il processo di adesione (eventuale) dell’Ucraina alla Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella Nato di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale della Nato a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    Il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, ha ribadito la scelta di Kiev prima del vertice ministeriale dell’Alleanza Atlantica, a cui da un anno è invitato. Nell’immediato però il focus rimane sempre sulla consegna rapida “di quanto già stabilito, dalle munizioni ai veicoli di fanteria blindati”

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    Via libera dalla Turchia all’ingresso della Finlandia nella Nato. La Svezia rimane ancora alla finestra

    Bruxelles – Dentro la Finlandia, ancora attesa per la Svezia. I due Paesi scandinavi, che quasi un anno fa hanno impresso una svolta strategica storica per le rispettive politiche di sicurezza nazionale, alla fine non concluderanno mano nella mano il processo di adesione all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), come per mesi sperato e dichiarato pubblicamente. Perché per Helsinki è arrivato in una settimana il doppio via libera all’ingresso nella Nato prima dall’Ungheria e poi dalla Turchia – gli unici due dei 30 Paesi membri che ancora non avevano ratificato il protocollo di adesione – mentre per Stoccolma la situazione è ancora di stallo e, per il momento, non si vede una via d’uscita.
    “Tutti i 30 membri della Nato hanno ratificato l’adesione della Finlandia”, ha annunciato nella tarda serata di ieri (30 marzo) il presidente finlandese, Sauli Niinistö, rivolgendo un ringraziamento “per la fiducia e il sostegno, saremo un alleato forte e capace, impegnato nella sicurezza dell’Alleanza”. Una dichiarazione arrivata a stretto giro rispetto al voto della Grande Assemblea Nazionale Turca (il Parlamento monocamerale della Turchia), che ha ratificato all’unanimità il protocollo di adesione del Paese scandinavo. Il via libera da Ankara è arrivato dopo mesi di temporeggiamento – il protocollo di adesione di Finlandia e Svezia è stato firmato il 5 luglio dello scorso anno – dal momento in cui i due Paesi hanno portato avanti insieme la candidatura e nelle intenzioni del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, l’allargamento si sarebbe dovuto realizzare come pacchetto unico entro il Summit di Vilnius del prossimo 11-12 luglio.
    La firma del memorandum d’intesa Nato tra Turchia, Svezia e Finlandia a Madrid (28 giugno 2022)
    Ma Turchia e Ungheria (quest’ultima ha ratificato il 27 marzo il protocollo di adesione di Helsinki) hanno tenuto e continuano a tenere bloccata la Svezia, anche se per ragioni differenti, e di fatto hanno costretto gli altri membri dell’Alleanza ad accettare lo ‘spacchettamento’ per la Finlandia: come precisato dal segretario generale Stoltenberg, il Paese diventerà “fra pochi giorni” il 31esimo membro della Nato. Stoccolma rimane ancora in attesa della fine del costante ricatto in merito all’estradizione dei membri del movimento politico-militare curdo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), legato anche a questioni di politica interna. Di fronte al rischio di perdere per la prima volta in 20 anni il potere alle cruciali elezioni del 14 maggio, il presidente Recep Tayyip Erdoğan non avrebbe nessun interesse nello sbloccare le trattative con la Svezia prima di essersi assicurato la riconferma, dal momento in cui l’intransigenza sulla questione curda rimane uno dei temi centrali della sua leadership politica. Per l’Ungheria invece lo stallo è motivato dal contrasto diplomatico tra i due Paesi membri Ue (fino a luglio la Svezia detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue) per le critiche di Stoccolma sull’erosione dello Stato di diritto determinato dal governo di Viktor Orbán, come ha messo in chiaro il portavoce dell’esecutivo ungherese.
    “La Finlandia è al fianco della Svezia ora e in futuro e ne sostiene l’adesione”, ha ribadito con forza la prima ministra finlandese, Sanna Marin, che domenica (2 aprile) dovrà affrontare un delicatissimo appuntamento elettorale in patria. Anche il segretario generale della Nato Stoltenberg si attende di “accogliere il prima possibile la Svezia come membro a pieno diritto della famiglia Nato”, dal momento in cui “tutti gli alleati sono d’accordo che una conclusione rapida” del processo di ratifica per Stoccolma “è nell’interesse di tutti“. Tutti, meno Turchia e Ungheria, per il momento.

    #Finland 🇫🇮 will formally join our Alliance in the coming days. Their membership will make Finland safer & #NATO stronger. I look forward to also welcoming #Sweden 🇸🇪 as a full member of the NATO family as soon as possible.
    —@jensstoltenberg pic.twitter.com/ueaOwWdLaX
    — Oana Lungescu (@NATOpress) March 31, 2023

    Come si entra nella Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella Nato di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale della Nato a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    Dopo mesi di temporeggiamento anche la Grande Assemblea Nazionale Turca ha ratificato il protocollo di adesione di Helsinki all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Stoccolma bloccata sia da Ankara per la questione estradizioni, sia dall’Ungheria di Viktor Orbán

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    Ue, Nato e Ucraina rispondono al discorso alla nazione di Putin: “Prepara nuova offensiva, ma nessuno attacca Russia”

    Bruxelles – La risposta è netta, come da copione. “Non vediamo nessun segnale di apertura di Putin alla pace, oggi ha dimostrato che si prepara solo a una nuova offensiva con un ammassamento di truppe al confine e rivolgendosi a Corea del Nord e Iran”, è l’attacco del segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), Jens Stoltenberg, in un punto stampa con il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, e l’alto rapprendente Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Una controffensiva verbale alle quasi due ore di discorso alla nazione da parte dell’autocrate russo, Vladimir Putin, in cui ha rimarcato la sua visione delle cause e delle motivazioni di un anno di guerra in Ucraina (che ovviamente per il Cremlino rimane sempre “un’operazione militare speciale”).
    Da sinistra: il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e l’alto rapprendente Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (21 febbraio)
    Per la prima volta riuniti in un formato a tre Ue-Nato-Ucraina, a Bruxelles Borrell, Stoltenberg e Kuleba hanno discusso di fornitura e produzione di armi a sostegno della difesa armata di Kiev. Ma l’attenzione dell’opinione pubblica si è concentrata principalmente sulla reazione alle accuse di Putin sul fantomatico progetto dell’Occidente (da leggere come Stati Uniti) di invadere la Russia sfruttando l’assist della guerra in Ucraina. “Un anno fa è iniziata la sua guerra a un vicino pacifico, ma è chiaro che nessuno sta attaccando la Russia, è l’Ucraina la vittima“, ha incalzato Stoltenberg, rifacendosi al passaggio in cui l’autocrate russo ha parlato di “pericolo esistenziale” per il Paese.
    Chi affronta davvero un pericolo esistenziale è piuttosto l’Ucraina, da un anno sotto le bombe del Cremlino. “La situazione è dura, con bombardamenti sui civili”, ha ricordato l’alto rappresentante Borrell, rimarcando con forza che Putin “non sta certo andando nella direzione di un cessate il fuoco che stiamo chiedendo da tempo“. Riprendendo le parole di ieri (20 febbraio) a proposito della visita a sorpresa a Kiev del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, Borrell ha esortato i partner internazionali a “fare in modo che lo Stato di diritto prevalga sullo Stato della guerra e della violenza”, accusando l’autocrate russo per aver deciso la sospensione dell’applicazione del Trattato sulla riduzione delle armi nucleari (Start): “La Russia è una potenza nucleare e un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma continua a violarne i principi”. Anche il segretario generale della Nato Stoltenberg si è soffermato su questo punto, esortando il Cremlino a “riconsiderare questa decisione”.
    Nella “guerra di logoramento e logistica” in Ucraina – per cui a Kiev “hanno bisogno che diamo loro tutto ciò che possa permettere loro di vincere”, ha ricordato Stoltenberg – cresce la preoccupazione per il ruolo di Pechino: “Temiamo che la Cina possa fornire armamenti leggeri alla Russia“, ha confessato il segretario generale della Nato. Ma l’alto rappresentante Ue ha cercato di frenare gli allarmismi: “Dobbiamo restare vigili, ma non ci sono prove” che il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, possa avergli mentito nel corso della conversazione telefonica in cui sono state fornite “rassicurazioni” a riguardo.
    I deliri di Putin sulla guerra in Ucraina
    Il discorso alla nazione di Vladimir Putin a Mosca, 21 febbraio 2023 (credits: Dmitry Astakhov / Sputnik /Afp)
    Il discorso alla nazione di Putin andato in scena questa mattina (21 febbraio) a Mosca era atteso per possibili annunci roboanti capaci di rendere ancora più instabile la situazione sul fronte di guerra. Le parole dell’autocrate russo sono invece sembrate molto meno minacciose di quelle pronunciate il 30 settembre dello scorso anno in occasione dell’annessione illegale delle quattro regioni occupate in Ucraina – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Il succo delle quasi due ore di discorso è una riproposizione della solita propaganda sul presunto neonazismo del governo ucraino che avrebbe minacciato i russofili del Donbass, condita con un pizzico di vittimismo per le “crude bugie” dell’Occidente, mentre Mosca sarebbe stata impegnata dal 2014 al “dialogo e vie pacifiche”.
    La visione di Putin è tutta uno strenuo arroccarsi su una finta posizione di auto-difesa, quando è l’esercito russo ad aver violato la sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina. Quello che si può rilevare sul piano pratico per i prossimi mesi è un prosieguo della guerra, senza nessun tipo di apertura a negoziati di pace da parte di Mosca: “Più armi a lungo raggio arriveranno a Kiev, più lontano dovremo portare l’operazione speciale per la sicurezza dei nostri confini“, è la minaccia più dura di Putin. Il resto del discorso è una pseudo-analisi della situazione interna in Russia – la cui economia secondo l’autocrate non sarebbe ormai in ginocchio – e un attacco agli Stati Uniti per i “miliardi e miliardi di dollari all’Ucraina”. In nessun passaggio del discorso di Putin qualche indizio o atteggiamento che suggerisca la consapevolezza dell’autocrate russo di avere le spalle coperte da Pechino. È qui che si gioca davvero il futuro della guerra in Ucraina.

    Riuniti in un nuovo formato a tre, l’alto rappresentante Borrell, il segretario generale Stoltenberg e il ministro degli Esteri Kuleba hanno replicato alle accuse dell’autocrate russo sulle cause della guerra e sulle intenzioni dell’Occidente di invadere il Paese sfruttando Kiev

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    Ucraina, infrastrutture critiche e sfide del cambiamento climatico nella terza dichiarazione congiunta Ue-Nato

    Bruxelles – Un mondo completamente cambiato dal 2018 sul piano della sicurezza transatlantica e globale, che richiede una risposta comune da due partner legati da un’alleanza ormai ventennale. L’Unione Europea e l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato) hanno siglato oggi (10 gennaio) la terza dichiarazione congiunta in un momento “più importante che mai per far avanzare questa cooperazione”, ha messo in chiaro il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, presentando alla stampa i contenuti del documento firmato pochi minuti prima con i presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla firma della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato (10 gennaio 2023)
    “Quasi un anno fa iniziava l’invasione russa dell’Ucraina, Putin voleva prendere il Paese in due giorni e dividerci, ma ha fallito su entrambi i fronti“, è il punto di partenza della sinergia rinnovata tra le due organizzazioni, che costituisce il fondamento di una dichiarazione congiunta attesa da cinque anni e prevista inizialmente per il Summit di Madrid del giugno 2022. “Ue e Nato sono rimaste unite a supporto dell’Ucraina, ora dobbiamo continuare il legame vitale transatlantico e rafforzare il supporto all’Ucraina“, ha aggiunto Stoltenberg. Parole confermate da von der Leyen: “Non possiamo dimenticare il 24 febbraio 2022, ma da allora l’unità e la risolutezza sono cresciuti più forti, con un aumento della coordinazione per una risposta comune anche agli attacchi informatici e ibridi”. Per Michel “alleati forti creano alleanze più forti” e “la guerra russa ha portato a due conseguenze” favorevoli per gli alleati: “Ci ha avvicinati e ora siamo più presenti a Est”.
    In termini pratici il “rafforzamento del supporto all’Ucraina” comporterà un continuo afflusso di armi e sostegno finanziario. “I Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina, ed è stata la cosa giusta da fare, perché si tratta della nostra sicurezza”, ha aggiunto con forza il segretario generale dell’Organizzazione Atlantica, spigando che ora la via da seguire è “aumentare la produzione di armamenti“, perché “tra rispettare le linee guida della Nato sulle scorte di armi o sostenere l’Ucraina è più importante scegliere Kiev”. Anche la presidente della Commissione ha ribadito senza mezzi termini che il partner ucraino “va sostenuto con tutti gli armamenti di cui ha bisogno per difendere il proprio territorio e il diritto internazionale” e questo riguarda anche la fornitura di carri armati: “La prossima settimana il gruppo di contatto Nato si vedrà a Ramestein e valuteremo con Kiev di cosa ha bisogno”, le ha fatto eco Stoltenberg.
    Ma il sostegno sul breve-medio termine all’Ucraina non fa dimenticare la necessità di affrontare anche le altre criticità di lungo periodo che si profilano all’orizzonte. A partire da Pechino: “La crescita dell’influenza e l’espansionismo cinese rappresenta una nuova sfida” per i partner transatlantici, ha avvertito il segretario generale Stoltenberg, mentre la presidente della Commissione Ue ha sottolineato che la Cina “sta cercando di rimodellare il contesto globale a suo vantaggio e dobbiamo essere pronti”. A Bruxelles si parla di “cooperazione senza precedenti” tra Ue e Nato – “ancora più importante quando Svezia e Finlandia entreranno nella Nato” – da portare “al prossimo livello per rispondere alle sfide sulla resilienza e la protezione delle infrastrutture critiche, sullo spazio e sulle implicazioni del cambiamento climatico“. Questioni urgenti per i leader delle istituzioni comunitarie: “Il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream ha dimostrato che serve più responsabilità per la sicurezza della nostra rete di infrastrutture critiche”, è il monito di von der Leyen, che ha gettato luce anche sul fatto che “eventi estremi come siccità e alluvioni hanno conseguenze sulla povertà e l’instabilità di tutte le regioni del mondo”.
    La terza dichiarazione congiunta Ue-Nato
    “Valori condivisi” e “determinazione ad affrontare le sfide comuni” sono le parole fondanti della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato, di fronte alla “più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica degli ultimi decenni“. Si parla della guerra russa in Ucraina, che “ha esacerbato una crisi alimentare ed energetica che colpisce miliardi di persone in tutto il mondo”, ma anche degli “attori autoritari che sfidano i nostri interessi, i nostri valori e i nostri principi democratici utilizzando molteplici mezzi politici, economici, tecnologici e militari”. Nel testo trovano esplicitamente spazio “la crescente assertività e le politiche della Cina” nell’epoca “di crescente competizione strategica”.
    È gusto il “momento chiave per la sicurezza e la stabilità euro-atlantica”, come sottolineato nel nuovo concetto strategico Nato 2022 e nella Bussola strategica dell’Ue, che richiedono “una più stretta cooperazione Ue-Nato”. L’Alleanza Atlantica riconosce “il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica” e che allo stesso tempo sia “complementare e interoperabile con la Nato”, mette in chiaro la dichiarazione congiunta. In vista di “minacce e sfide alla sicurezza con cui dobbiamo confrontarci” – in evoluzione “in termini di portata e grandezza” – vengono poi definite le direttrici di questa “espansione e approfondimento della nostra cooperazione per affrontare la crescente competizione geostrategica”. Infrastrutture critiche, tecnologie emergenti, spazio, implicazioni per la sicurezza del cambiamento climatico e interferenze straniere saranno i dossier più caldi nei prossimi decenni per le due organizzazioni partner.

    Siglata la nuova dichiarazione di cooperazione tra le due organizzazioni per affrontare le sfide comuni per la sicurezza transatlantica e globale. Focus sull’aggressione russa e le mire espansionistiche cinesi: “Oggi ci troviamo di fronte alla più grave minaccia degli ultimi decenni”