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    Afghanistan, ultime ore degli europei a Kabul. Da Roma a Berlino, chiusi in fretta i ponti aerei

    Bruxelles – Mantenere aperto e al sicuro il passaggio all’aeroporto di Kabul per portare a termine le operazioni di evacuazione, di civili e contingente militare. E’ stata questa una delle principali priorità dei leader europei nella notte tra giovedì 26 e venerdì 27 agosto, dopo essersi impegnati a portare avanti le operazioni di evacuazione della capitale afghana nonostante ma anche soprattutto a causa dell’attentato terroristico che ieri ha scosso l’aeroporto di Kabul. Facendo concludere vent’anni di presenza occidentale sul territorio afghano nel peggiore dei modi possibili.
    L’attentato è stato rivendicato ieri (26 agosto) dalla divisione afghana dell’ISIS, lo Stato islamico, e ha causato la morte di almeno 13 marines statunitensi e una settantina di civili afghani. La scadenza per il ritiro da Kabul era comunque fissato al 31 agosto su volere di Joe Biden, presidente statunitense, e i Paesi europei avevano evacuato gran parte dei propri cittadini, dei civili afghani che hanno collaborato con le truppe occidentali e la forze NATO ma anche coloro ritenuti vulnerabili al punto da portarli nel Continente.
    Avevano messo in conto che le prossime 24/36 ore sarebbero state decisive per portare a termine le operazioni con largo anticipo rispetto alla data del 31 agosto, per dare modo anche al contingente militare di andare via in sicurezza. Come prevedibile, la minaccia di nuovi attentati terroristici ai danni dell’aeroporto – unica via di fuga attraverso un “canale” occidentale (per ora) – ha ulteriormente accelerato la situazione. Uno dopo l’altro, tra ieri e questa mattina, i Paesi europei e la stessa Unione europea stanno mettendo fine alle operazioni con il sostegno della NATO, dando priorità a evacuare il maggior numero di persone in sicurezza il più rapidamente possibile.
    Ultimo C-130 da Kabul per l’Italia con a bordo il console Tommaso Claudi (in foto il terzo da sinistra)
    Si chiude oggi il ponte aereo italiano con l’Afghanistan, con la partenza dell’ultimo volo da Kabul. “Tutti gli italiani che volevano essere evacuati sono stati evacuati dall’Afghanistan assieme a circa 4.900 cittadini afghani”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, a margine dei colloqui a Roma con l’omologo russo Sergej Lavrov. Ha confermato che “nelle prossime ore partirà da Kabul l’ultimo aereo C-130 dall’aeroporto di Kabul con a bordo il console italiano Tommaso Claudi e l’ambasciatore Stefano Pontecorvo che coordina per conto della Nato le operazioni allo scalo afghano e tutti i militari che hanno contribuito alle operazioni di evacuazione”.
    Già concluse le operazioni per la Spagna: “Questa mattina (27 agosto) è atterrato a Dubai l’ultimo volo di evacuazione spagnolo con il personale e i collaboratori rimasti in Afghanistan fino all’ultimo minuto per rendere possibile questa missione di rimpatrio”, ha fatto sapere il premier spagnolo Pedro Sanchez. Da Madrid arriva la promessa di non volere lasciare solo il popolo afghano, quello rimasto lì. “Rimaniamo impegnati a difendere i diritti umani e la libertà nel Paese, cercando modi per aiutare a evacuare il maggior numero di persone che hanno collaborato con la Spagna e la comunità internazionale”, ha aggiunto.
    Promessa simile arriva dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Berlino promette assistenza anche oltre 31 agosto, anche se la Germania ha concluso già ieri le operazioni militari di evacuazione. “Non dimenticheremo coloro che non hanno potuto essere portati in salvo attraverso il ponte aereo [militare]”, ha detto Merkel. “Continueremo gli sforzi in modo che possano andarsene”. Berlino stima in 5.347 le persone evacuate dal 16 agosto, compresi più di 4.000 cittadini afgani mentre il ministro tedesco degli Esteri, Heiko Maas, conferma che Berlino sta lavorando per trovare altre vie, che non siano il ponte aereo, per evacuare “quelli in Afghanistan per i quali abbiamo una sorta di responsabilità”.
    Oltremanica, il premier britannico Boris Johnson ha fatto sapere ieri che le operazioni guidate da Londra per portare via circa 15mila persone (per lo più afgani, ma anche britannici e alcuni altri occidentali) erano agli sgoccioli. Secondo il Guardian, il premier conservatore ha confermato che la “grande maggioranza” degli afgani che hanno collaborato con Londra è stata ora portata in salvo nel Regno Unito, ma ha anche sottolineato che questa è solo la “prima fase” del processo, e che se dovesse esserci bisogno di lasciare l’Afghanistan dopo il 31 agosto, allora bisognerà trovare il modo di farlo.
    La Francia aveva programmato la fine delle evacuazioni da Kabul questa sera, dopo aver già evacuato dall’Afghanistan oltre 2mila afghani e un centinaio di francesi da quando l’operazione ha preso il via la scorsa settimana. Il governo dei Paesi Bassi ha anticipato a ieri sera il rimpatrio di tutti i cittadini olandesi presenti in Afghanistan, dopo aver evacuato già 1.200 persone, ma centinaia di cittadini olandesi e afgani che hanno lavorato per le forze armate olandesi stanno ancora aspettando di lasciare il Paese. Anche la Polonia ha chiuso ieri la sua missione di evacuazione da Kabul, dopo aver trasportato più di 1.300 persone, ha detto il viceministro degli Esteri Marcin Przydacz, sottolineando che la missione “organizzata per i polacchi e per i collaboratori dalla Polonia” si è conclusa “per motivi di sicurezza”.
    Conclusa ieri anche la missione del Belgio, della Danimarca e dell’Ungheria, dopo aver trasportato in aereo circa 540 persone tra cittadini ungheresi, afgani e le loro famiglie che in precedenza avevano lavorato per le forze ungheresi. Mentre in Svezia sono arrivate nella mattina di oggi le parole del ministro del ministro degli Esteri svedese, Ann Linde, secondo cui “in tutto circa 1.100 persone sono state evacuate dal ministero degli Esteri. Tutto il personale dell’ambasciata impiegato a livello locale e le loro famiglie sono state evacuate”, ha detto.
    Le operazioni dell’Unione Europea
    Accanto al lavoro che singolarmente stanno svolgendo i Paesi europei per chiudere in sicurezza il ponte aereo, c’è quello che sta facendo l’Unione Europea per portare a casa lo staff che è rimasto ancora su territorio e chi ha collaborato con la delegazione europea negli anni. Secondo Peter Stano, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna che fa capo a Josep Borrell, la maggior parte dello staff europeo è stato tutto evacuato da Kabul, tranne una piccolissima quantità di persone che è rimasta lì per aiutare con gli sforzi di evacuazione in corso.
    Per ragioni di sicurezza, parlando con la stampa Stano non ha rivelato quante siano le persone ancora a Kabul. Quanto invece al personale locale che ha lavorato per la delegazione dell’UE a Kabul, sono circa 400 le persone – compresi i membri della famiglia – che Bruxelles è riuscita portare via da lì, anche se restano ancora alcune persone che è nell’interesse di Bruxelles far fuggire. La promessa nelle parole di Stano è che l’UE “rimarrà lì per tutto il tempo necessario”, fino a quando ce ne sarà bisogno. Oggi, alla luce delle violenze di ieri, arriva la conferma che il team dell’UE è ancora a lavoro per fornire il supporto necessario in questa operazione. “Non stiamo lasciando indietro il nostro personale nazionale afgano in Afghanistan , con l’aiuto dell’UE continuano a raggiungere un rifugio sicuro in Europa”, si legge in un tweet dell’account del meccanismo europeo di protezione civile e aiuto umanitario.

    We are not leaving our national Afghan staff behind in #Afghanistan, with help of the EU they continue to reach safe haven in Europe. Our EU team is working hard to provide them with the necessary support on this journey.
    📷 @FcoSerrato pic.twitter.com/v0xy0K7sWG
    — EU Civil Protection and Humanitarian Aid 🇪🇺 (@eu_echo) August 27, 2021

    Da più parti, come è evidente, è arrivata la promessa di continuare a fornire assistenza a chi, pur avendone pieno diritto, non è riuscito a salire su un volo per la salvezza. Il problema è capire come. Un dibattito su come organizzare un piano di assistenza umanitaria per chi non è riuscito a salire su quei voli – e che non contempli solo la gestione di emergenza migratoria che l’Europa si aspetta – dovrebbe arrivare proprio in sede europea, incapace finora di trovare un comune punto di vista sulla politica estera e di difesa. La presidenza di Slovenia, di turno alla guida dell’UE, ha convocato per la prossima settimana un Consiglio straordinario dei ministri responsabili per gli Affari Interni che avrà luogo il 31 agosto, nel giorno fissato per evacuare Kabul ma che presumibilmente troverà una Kabul ormai vuota dalla presenza occidentale.

    Da molti leader europei la promessa di fornire assistenza ai cittadini afghani che non riusciranno a imbarcarsi sugli ultimi voli prima della scadenza del 31 agosto, ma senza una vera proposta su come farlo. Settimana prossima previsto un Consiglio Affari interni straordinario per affrontare insieme l’emergenza

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    Sui migranti Italia si sente nuovamente isolata, e cresce il risentimento nei confronti dell’UE

    Mentre tutti preparano i festeggiamenti per i primi soldi del Recovery Fund da Bruxelles ( 26 miliardi di euro), come tutte le estati si rinnova il problema degli sbarchi di migliaia di migranti sulle coste italiane. La Lega ha fatto sentire la sua voce di dissenso, attraverso il sottosegretario agli Interni Nicola Molteni, che ha criticato il suo ministro Lamorgese, in merito agli ultimi sbarchi di circa 800 migranti sulle coste siciliane. “Salvini ha dimostrato che bloccare l’immigrazione clandestina era ed è assolutamente possibile”, le sue parole. “La politica dei decreti sicurezza che qualcuno ha smantellato, e penso al governo Conte II, sta producendo più sbarchi più partenze e più morti e più costi di accoglienza”.
    Ma anche il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha lanciato tramite la sua pagina facebook un accorato appello a governo ed istituzioni europee perché si intervenga per fermare una situazione ormai insostenibile. “Non amo ripetermi – ha scritto sulla sua bacheca telematica – e neppure alimentare polemiche sterili. Dico con forza che la Sicilia continua a essere presa d’assalto dagli sbarchi e che le politiche nazionali non riescono a bloccare questo criminale commercio di carne umana”. I viaggi dei ministri degli Esteri e dell’Interno sull’altra sponda del Mediterraneo, lamenta, “non stanno raggiungendo gli obiettivi sperati”. In tutto questo “l’Europa guarda complice e silente”. La Sicilia, continua, “è la frontiera a Sud di un Continente che preferisce girarsi dall’altro lato, mentre la disperazione sale dall’Africa, cercando in Sicilia la porta di accesso a una vita che in queste condizioni non potrà mai essere migliore». Poi l’appello accorato al presidente del Consiglio: «Serve un segnale forte e ormai può venire solo da lui. Faccia quello che non ha voluto fare chi l’ha preceduto e dichiari lo stato di emergenza per gli sbarchi”.
    Secondo i dati dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNCHR) nei primi sette mesi del 2021 in Italia sono arrivati circa 29mila migranti, che rappresentano un aumento del 107% rispetto allo stesso periodo del 2020. La prima nazione di provenienza con il 24% è la Tunisia, seguita da Bangladesh ed Egitto. Solo a Luglio gli arrivi sono stati ottomila. Se si considera tutta la zona euro  gli arrivi sono stati circa 51mila contro i 39mila del 2020. Il nostro paese è il primo paese di approdo seguita dalla Spagna con circa 16mila arrivi e dalla Grecia con 4400.
    Sulla base di questi dati si pensava che al Consiglio Europeo di fine giugno si prendessero decisioni in merito. Il premier italiano Draghi era convinto, spalleggiato dal leader spagnolo Sanchez, di poter ottenere risultati concreti da parte della Ue sul tema migranti.
    Invece come al solito e come ha affermato, alla fine dei lavori, in Parlamento il presidente dell’Ecr Raffaele Fitto ” si è preferito non decidere rinviando ogni soluzione ad ottobre, quando invece avremmo avuto bisogno di progressi immediati, urgenti”. Aggiungendo che l’Europa sembra sorda alle richieste di Spagna Italia e Grecia per una redistribuzione equa dei migranti in tutti gli Stati dell’Unione.
    Il punto è che l’Europa nel senso di istituzioni comunitarie ha poca voce in capitolo. La Commissione europea già nella precedente legislatura con Jean-Claude Juncker ha messo sul tavolo la proposta di un meccanismo per la ripartizione tra Stati membri dei richiedenti asilo che arrivano nei Paesi di frontiera europea, come Italia e Grecia. La proposta è stata impallinata dai governi. Bruxelles ha cercato di giustificare la mossa come la risposta all’emergenza del 2015, ma la politica solidale legata all’emergenza non ha saputo trovare repliche.
    Gli Stati membri dell’UE proprio non vogliono sentire parlare di redistribuzione dei migranti, preferendo coprire di euro la Turchia per evitare di aprire un nuovo fronte, quello balcanico che potrebbe colpire direttamente Germania e Francia, solo a parole sono solidali con Italia, Spagna e Grecia. E la situazione complicata che si è aperta in Tunisia dal punto di vista politico, certo non può che preoccupare ulteriormente proprio chi come il nostro paese è in prima linea sul fronte sbarchi dai paesi del nord Africa.
    Ma a guardare i recenti dati dell’UNCHR il rischio che la situazione diventi presto incontrollabile è altissimo. Alla fine del 2020, erano 82,4 milioni le persone sfollate in tutto il mondo, il numero più alto mai registrato, e 235,4 milioni di persone, una su 33 in tutto il mondo, avevano bisogno di aiuti di emergenza.  L’Ufficio delle Nazioni Unite del Coordinatore per l’Assistenza Umanitaria attribuisce queste crescenti esigenze ai conflitti globali prolungati, alla crisi climatica e in particolare alle ricadute economiche della pandemia di COVID-19, che ha causato il più grande calo annuale del reddito pro capite globale su base percentuale da quando  1870.
    Gli accordi di Malta del 2020 si sono rivelati ennesimo fallimento di una politica europea che sul tema migranti continua a non decidere e a lasciare la patata bollente a Italia, Spagna e Grecia. Basti pensare che tra ottobre 2019 e marzo 2021, con gli accordi di Malta il nostro paese ha ricollocato circa 990 persone su 44.300 sbarcati, il 2,2% del totale, come ha osservato Matteo Villa, dell’Osservatorio migrazioni dell’ISPI.
    Il tempo delle discussioni sembra ormai finito e se l’Europa vuole dimostrare di essere una vera unione deve mettere in campo una strategia comune, chiara, decisa per porre un argine ad un fenomeno, che presto potrebbe divenire incontrollabile.

    Questo contributo è stato pubblicato nell’ambito di “Parliamo di Europa”, un progetto lanciato da
    Eunews per dare spazio, senza pregiudizi, a tutti i suoi lettori e non necessariamente riflette la
    linea editoriale della testata.

    In Sicilia aumentano gli arrivi e gli amministratori locali non si sentono sostenuti. Malumori anche nel governo. Ma l’Unione europea può poco, decidono gli Stati. Il governo ha bisogno di creare consensi e trovare alleanze in seno al Consiglio

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    ONU, Guterres a Bruxelles: “L’UE difenda i valori di tolleranza e razionalità”

    Bruxelles – Nazionalismi, populismi, razzismo, antisemitismo, odio generalizzato. Secondo Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, la civiltà globale si muove in una “sorta di era post-illuminista, di cui vediamo i rischi del moltiplicarsi di diverse forme di irrazionalità”. Lo sottolinea in un breve punto stampa alle telecamere di Bruxelles, al fianco della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Prenderà parte oggi (23 giugno) al collegio dei commissari, poi domani alla plenaria del Parlamento europeo e alla prima giornata di vertice dei capi di Stato e governo.
    L’obiettivo è lavorare congiuntamente all’ONU per uscire fuori dalla crisi sanitaria ed economica connessa e ripartire con un futuro più sostenibile, sotto diversi punti di vista. Costruire “una nuova agenda comune e globale in cui ci offriamo sempre volontari per assumere un ruolo di primo piano”, ha detto von der Leyen a nome dell’UE. Ma all’Europa Guterres riconosce il più importante contributo alla civiltà globale il fatto di aver diffuso i valori dell’Illuminismo, il primato della ragione e della tolleranza sull’irrazionalità e sull’odio generalizzato. E “questo è particolarmente importante quando vediamo i rischi di muoversi in una sorta di era post-illuminista e dove vediamo il moltiplicarsi di diverse forme di irrazionalità”, ha aggiunto. Contiamo sull’Unione europea per “essere in prima linea nella battaglia a sostegno di valori dell’illuminismo che sono stati, come ho detto, il contributo più importante dell’Europa alla civiltà globale”.
    Il tempismo delle parole di Guterres non passa inosservato. Poco prima che venissero pronunciate, la presidente della Commissione si è sentita in dovere di intervenire per esprimere il suo disappunto contro una contestata legge approvata in Ungheria che vieta di affrontare temi legati all’omosessualità e all’orientamento sessuale in contesti frequentati dai minori. Ieri, al Consiglio Affari Generali, 14 paesi membri dell’Unione Europea, tra cui anche l’Italia in extremis, hanno firmato una dichiarazione di condanna della nuova legge ungherese, definendola una “forma di discriminazione”. Oggi è il turno di von der Leyen, che usa toni duri nel definire il disegno di legge una violazione della “dignità umana, uguaglianza e rispetto dei diritti umani”.

    Il Segretario Generale delle Nazioni Unite nella capitale europea prenderà parte domani alla plenaria del Parlamento europeo e al vertice dei capi di Stato e governo. L’obiettivo: rinsaldare i legami e costruire una nuova agenda globale per la ripresa

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    COVID, leader G7 pronti a chiedere all’Oms un’indagine trasparente sulle origini della pandemia

    Bruxelles – Le sette economie (occidentali) più grandi al mondo pronte a discutere di lotta globale al Coronavirus e ripresa economica, di come affrontare al meglio le crisi del futuro ma anche a guardare al passato, per capire come questa pandemia è scoppiata. “Ci serve tutta la trasparenza possibile per imparare la lezione. Capire l’origine della diffusione del Coronavirus è della massima importanza per capire come affrontarne le conseguenze”, spiegano all’unisono i presidenti di Commissione e Consiglio europeo – Ursula von der Leyen e Charles Michel – in una conferenza stampa questa mattina (10 giugno) per presentare le priorità dell’UE al vertice G7 che partirà domani in Cornovaglia, a Carbis Bay (11-13 giugno).
    I leader di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea si incontreranno in presenza per la prima volta sotto la guida di Londra e del premier Boris Johnson, che nel 2021 è presidente di turno del G7. Focus come sempre su Salute globale e ripresa economica dalla crisi, ma anche impegno globale sul cambiamento climatico, la riaffermazione dei valori democratici in chiave anti-Russia e Cina, la ricerca di stabilità e sui passi avanti compiuti sulla tassazione globale.
    Joe Biden
    La pandemia slitterà in cima all’agenda, con tre priorità: la campagna per una distribuzione globale dei vaccini anche ai Paesi che non li producono e non possono permettersi di comprarli ai prezzi pagati dall’UE (“le economie del G7 sono anche i più grandi produttori di vaccini al mondo”, ricorda Michel), capire come rendersi più resilienti alle future crisi globali e, infine, la richiesta all’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) di una indagine trasparente e decisiva per capire il perché dello sviluppo del virus, che da oltre un anno attanaglia l’Europa e il mondo. La richiesta mette d’accordo tutti e sette i leader e segue la decisione del presidente americano, Joe Biden, di allargare l’inchiesta sulla pandemia. Non è difficile immaginare che si voglia smentire chi sostiene la tesi di una fuga del virus dal laboratorio cinese di Wuhan, da dove la pandemia ha avuto inizio. “Gli investigatori hanno bisogno dell’accesso completo a tutto ciò che è necessario per trovare davvero l’origine di questa pandemia”, ha spiegato von der Leyen.
    Tempo per un primo approccio tra UE e amministrazione di Biden anche sulla questione vaccini e sospensione dei brevetti, che sarà discussa a luglio in sede di Organizzazione mondiale del commercio. Al 10 giugno “più del 50% degli europei adulti ha ricevuto almeno un’iniezione e 100 milioni di europei sono completamente vaccinati”. Un traguardo raggiunto senza mai smettere di esportare, vuole sottolineare la presidente della Commissione fornendo qualche cifra: 700 milioni di dosi prodotte, 350 milioni di dosi esportate in 90 paesi.
    L’invito anche agli altri partner del G7 a mostrare apertura in questo senso, verso le esportazioni delle dosi in più. Si discuterà inoltre di come aumentare la capacità tecnologica e produttiva in Africa ma anche America Latina, spiega Michel. Secondo i due presidenti dell’UE, l’aumento della capacità produttiva è fondamentale non solo per affrontare il coronavirus, ma anche per prepararli alle prossime crisi e allo sviluppo di tecnologie adeguate per affrontarle. Non solo origine del virus, spazio anche per discutere di come meglio affrontare il futuro per le prossime crisi. I leader faranno un punto sul trattato per le future pandemie proposto dal presidente del Consiglio europeo e a cui per ora hanno aderito 60 Paesi, spiega Michel.

    Lotta globale alla pandemia, politica estera, cambiamento climatico e progressi sulla tassazione globale: queste le priorità dei leader di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea che si incontreranno dall’11 al 13 giugno in Cornovaglia

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    Balcani occidentali, Borrell agli Stati: “Allargamento nella regione è l’unica prospettiva”

    Bruxelles – I Paesi membri UE stanno continuando a temporeggiare su dossier che andrebbero trattati come prioritari, e il tempo a disposizione sta finendo. È questo il rimprovero dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ai ministri degli Esteri europei, troppo disattenti su una parte d’Europa su cui l’Unione si gioca futuro e credibilità. “È la prima volta da due anni che il Consiglio Affari Esteri prende una posizione sui Balcani occidentali, è ora di guardare alla regione in ottica geo-strategica”. Uno sfogo che riassume le difficoltà a lavorare sul file nonostante il ripetere ai Paesi balcanici di essere a un passo dall’obiettivo.
    Al termine del Consiglio Affari Esteri di oggi (lunedì 10 maggio), l’alto rappresentante UE ha ribadito una volta di più come l’allargamento verso i Balcani occidentali sia “una delle nostre priorità strategiche” e lo dimostra il fatto che oggi questo punto sia stato discusso anche prima del rapporto con gli Stati Uniti nella lotta ai cambiamenti climatici, due temi – clima e relazioni transatlantiche – in alto nelle agende delle capitali. “C’è stata una lunga discussione”, ha spiegato Borrell in conferenza stampa, che tra le righe ha coinvolto la questione del presunto non paper della Slovenia sul completamento della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia. Non è un caso se i ministri hanno ribadito con fermezza il “rispetto dei confini e della regione in generale“, mentre Borrell ha aggiunto che “non ci devono essere dubbi sull’integrità e la sovranità della Bosnia-Erzegovina”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Ma la questione è più complessa e coinvolge le difficoltà dell’Unione nel farsi percepire come presenza affidabile sia a livello di distribuzione dei vaccini anti-COVID, sia come garante di un futuro europeo per i Balcani. “Sul fronte della pandemia COVID-19, dobbiamo ricordare costantemente che stiamo donando i vaccini, non li stiamo vendendo“, è stato il secco commento di Borrell, “e soprattutto non mettiamo condizioni a chi li riceve”.
    Sul fronte della prospettiva europea, invece, “c’è bisogno di un impegno politico più forte con i nostri partner nella regione“. Per Borrell è necessario rinforzare la “narrativa positiva” sull’attuazione delle riforme che garantiscono l’accesso all’Unione, ma anche i Paesi membri devono fare di più. “Oggi abbiamo parlato a livello teorico, adesso bisogna prendere azioni concrete“, perché “non possono passare altri due anni prima di rivedere i Balcani occidentali nell’agenda del Consiglio”. C’è bisogno di aprire i quadri negoziali con Albania e Macedonia del Nord, portare avanti i negoziati con Serbia e Montenegro, liberalizzare i visti per i cittadini del Kosovo e stimolare il processo di riforme costituzionali in Bosnia ed Erzegovina: “Parleremo di tutto questo con i leader balcanici a Bruxelles la settimana prossima“, ha anticipato Borrell.
    Scendendo più nel dettaglio, l’alto rappresentante UE ha dichiarato che “la Bulgaria è stata incoraggiata a trovare una soluzione con la Macedonia del Nord, perché Skopje ha rispettato tutte le condizioni e tutti gli altri ministri sono d’accordo” (spegnendo per il momento le ipotesi di una separazione dei dossier Albania-Macedonia per permettere a Tirana di andare avanti più velocemente). Mentre il dialogo tra Serbia e Kosovo “riprenderà entro la fine di giugno” ed è stata scartata qualsiasi ipotesi di ripartenza dei negoziati su presupposti diversi da quelli del 2020, come ventilato dai nuovi leader kosovari: “Devono studiare il dossier con attenzione e possiamo dare loro tutte le informazioni di cui hanno bisogno”, ha puntualizzato l’alto rappresentante Borrell.
    La posizione dell’Italia
    Da quanto si apprende a Bruxelles, durante il Consiglio Affari Esteri il ministro italiano Luigi Di Maio ha avvertito che “dopo l’eccellente risposta data nella prima fase della pandemia”, l’Unione Europea “si sta giocando la credibilità nei Balcani occidentali”. Questo perché non si riesce a trovare una soluzione alle difficoltà nell’aiutare la regione attraverso l’invio di vaccini. “Si sta generando un sentimento di sfiducia nei confronti dell’Unione Europea“. Secondo Di Maio, non bastano i messaggi di sostegno e lo dimostra il fatto che “la nostra postura politica è troppo debole rispetto all’impegno finanziario elevato” nella penisola.
    Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio
    Al centro dell’intervento del ministro degli Esteri italiano c’è “l’adozione di conclusioni sui Balcani occidentali” e soprattutto il “rilancio del processo di allargamento” dell’UE nella regione. “Appare ancor più urgente, alla luce del rinnovato attivismo di attori terzi che possono facilmente riempire il vuoto creato dalle nostre indecisioni“. Nonostante non si possano “né creare scorciatoie, né diluire le riforme”, allo stesso tempo va evitato un circolo vizioso per cui l’assenza di una prospettiva europea concreta “rallenti o arresti il progresso dello Stato di diritto”, ha aggiunto Di Maio.
    Da parte dell’Italia c’è l’impegno per rivitalizzare il processo di allargamento, attraverso un “documento recentemente predisposto, con messaggi-chiave”. Il primo punto è lo sblocco dello stallo sull’adozione dei quadri negoziali con Albania e Macedonia del Nord. Il secondo passo, l’avanzamento nei negoziati con la Serbia, “in occasione della Conferenza intergovernativa di fine giugno”. L’UE non potrà permettersi di ignorare “quella che resta la domanda più forte che proviene dalla regione”, ha concluso il ministro italiano, con una nota sinistra: “Senza risultati sul fronte dell’allargamento, sarà difficile stabilizzare definitivamente la regione”.

    L’alto rappresentate duro con i ministri degli Esteri: “Non possono passare altri due anni prima che il Consiglio prenda una posizione sulla regione”. Rispetto dei confini, non si separano i dossier Albania-Macedonia del Nord e ripresa del dialogo Serbia-Kosovo entro fine giugno

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    I ministri degli Esteri preparano il G7 dei leader, a Londra si rilancia (in presenza) il “fronte delle democrazie contro le minacce globali”

    Bruxelles – È una primavera caldissima quella che si sta delineando sul fronte del rilancio delle relazioni transatlantiche, sull’onda della rinnovata intesa tra gli Stati Uniti e gli alleati europei. Un tassello dopo l’altro – dalla partecipazione del presidente Joe Biden al Consiglio Europeo di fine marzo, alla doppia trasferta del segretario di Stato, Antony Blinken, a Bruxelles per partecipare ai vertici ministeriali NATO – l’amministrazione Biden ha iniziato a tirare le fila di un confronto sulle sfide comuni per le potenze mondiali. Pace e democrazia nel mondo sono le parole d’ordine, minacciate dalle insidie russe e cinesi. Con queste premesse si è aperto oggi (martedì 4 aprile) il summit G7 dei ministri degli Esteri a Londra, il primo appuntamento in presenza dall’ormai lontano agosto 2019 in seno all’organizzazione intergovernativa.
    Da sinistra, il segretario di Stato USA, Antony Blinken, e il segretario di Stato britannico per gli Affari Esteri e il Commonwealth, Dominic Raab
    Il mini-vertice in corso alla Lancaster House di Londra è solo un antipasto del ritorno dei leader di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Giappone (con l’Unione Europea) allo stesso tavolo, in programma tra l’11 e il 13 giugno a St Ives (Cornovaglia). Ma se quelle discusse oggi sono le anticipazioni del prossimo vertice del Gruppo dei Sette, le scintille sono assicurate: “Oggi ci riuniamo per agire contro le minacce globali“, ha dichiarato il segretario di Stato britannico per gli Affari Esteri e il Commonwealth, Dominic Raab, in apertura dei lavori.
    Il padrone di casa ha fatto appello al “fronte comune delle democrazie”, perché ritrovi l’unità di fronte alle “sfide che condividiamo e che si moltiplicano” sul fronte dei diritti umani e delle libertà. Il colpo di Stato in Myanmar, le violenze in Etiopia, i programmi nucleari in Iran e Corea del Nord, la crisi in Libia e la guerra in corso in Siria, ma soprattutto i rapporti sempre più tesi tra le potenze mondiali e il tandem Russia-Cina. Sono questi i temi al centro di una strategia che è sempre più improntata sull’alternanza tra diplomazia e dissuasione, come delineato dall’atteggiamento della nuova amministrazione statunitense nei confronti del presidente russo, Vladimir Putin.
    Nella giornata di oggi è stato dato grande spazio all’escalation di tensione sul fronte ucraino, alle ingerenze in Bielorussia e alla detenzione del leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny. Con le nazioni-partner ospitate (Australia, India, Repubblica di Corea, Sud Africa e Brunei, in qualità di presidente di turno dell’ASEAN, l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico), domani la discussione si sposterà sui temi globali come i cambiamenti climatici, la pandemia COVID-19 e la risposta alla propaganda e disinformazione online imputata a Mosca e Pechino, attraverso un meccanismo per bloccare le fake news. Senza dimenticare il confronto sul sostegno all’educazione e all’occupazione femminile, attraverso uno stanziamento comune di 15 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni.

    The #G7UK meeting in London – the first face-to-face G7 Foreign & Development Ministers’ meeting in more than two years – is an important opportunity to drive global action to build our economies back better & greener, defend human rights & reinforce humanitarian co-operation https://t.co/99KjsefI4C
    — Dominic Raab (@DominicRaab) May 4, 2021

    Si respira ottimismo a Bruxelles dopo il confronto bilaterale tra l’alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il segretario di Stato Usa Blinken, a margine del G7 ministeriale. “L’incontro è stato l’occasione per discutere di alcune delle sfide estere più urgenti”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Nello specifico, sono stati affrontati “gli ultimi sviluppi nelle discussioni in corso sul Piano d’azione globale congiunto”, in vista di un “possibile ritorno” di Washington nell’accordo nucleare iraniano, “e le modalità per garantire la sua piena ed efficace attuazione”.
    Discussa anche la questione delle sanzioni della Russia contro i cittadini dell’Unione (tra cui il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli) e la situazione in Afghanistan alla luce dell’inizio del ritiro delle truppe statunitensi e degli alleati NATO dal primo maggio. “Il prossimo vertice di giugno a Bruxelles tra Unione Europea e Stati Uniti darà ulteriore slancio alle nostre relazioni“, conclude la nota. A stretto giro è arrivata la conferma di questa intenzione anche dalla Casa Bianca: “Il segretario di Stato ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti a rivitalizzare e aumentare il livello di ambizione nelle relazioni USA-UE”, ha fatto sapere il portavoce Ned Price.

    HR/VP @JosepBorrellF meets with US Secretary of State @SecBlinken in the margins of #G7UK in London. The meeting was an opportunity to discuss on a bilateral basis some of the most urgent foreign and security challenges ahead 👇https://t.co/LSbLXvJXQL pic.twitter.com/orag14pedv
    — European External Action Service – EEAS 🇪🇺 (@eu_eeas) May 4, 2021

    Il ruolo dell’Italia
    Nel corso degli incontri bilaterali, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha condiviso con il segretario di Stato britannico Raab “il desiderio di continuare a lavorare in modo particolarmente stretto in questo anno importante” per Italia e Regno Unito, “viste le rispettive presidenze del G7 e G20 e l’ospitalità congiunta della COP26”, fa sapere Downing Street. Soprattutto sui finanziamenti per il clima, “i ministri hanno concordato ambizioni di alto livello”.
    Di Maio, dopo aver introdotto al vertice ministeriale i dossier su Libia e Siria, si è confrontato con Raab sulla cooperazione per affrontare la “minaccia del terrorismo dal Nord Africa e dal Sahel” e per risolvere la questione di Cipro. Infine, sul capitolo Brexit, i due ministri hanno confermato l’intenzione di firmare un Accordo di cooperazione Italia-Regno Unito “entro la fine dell’anno”.

    I rapporti con Russia e Cina al centro della prima giornata della riunione ministeriale del Gruppo dei Sette, a due anni di distanza dall’ultimo summit faccia a faccia. L’UE inizia i preparativi per il confronto a Bruxelles di giugno con il presidente statunitense Biden

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    Navalny, l’UE “profondamente preoccupata” dalle condizioni di salute: “Autorità russe responsabili”

    Bruxelles – Alexei Navalny sta morendo. Richiamato da queste quattro parole pronunciate sabato sera (17 aprile) dal portavoce dell’attivista russo, l’Occidente è tornato a mobilitarsi. Da Bruxelles a Washington, passando per Roma, Berlino e Parigi, è largo il fronte che in queste ore sta esprimendo apprensione per lo stato di salute dell’oppositore del presidente russo, Vladimir Putin, in carcere da tre mesi dopo aver subito un tentativo di avvelenamento nell’agosto dello scorso anno.
    “L’Unione Europea è profondamente preoccupata” per gli ultimi aggiornamenti sulle condizioni del leader dell’opposizione russa, a cui deve essere garantito “l’accesso immediato ai professionisti medici di cui si fida”. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha espresso in una nota l’appello di Bruxelles per il “rilascio immediato e incondizionato” dell’uomo, dal momento in cui “consideriamo la sua condanna politicamente motivata e in contrasto con gli obblighi della Russia in materia di diritti umani”. Destinatarie dell’invito di Borrell a intervenire sono le “autorità responsabili della sicurezza e della salute dell’onorevole Navalny“.
    L’alto rappresentante UE ha richiamato anche le parole di condanna della commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, e ha attaccato il Cremlino sul fatto che “il caso Navalny non è un incidente isolato“. L’evento sarebbe piuttosto il caso più eclatante di “un modello negativo di contrazione dello spazio per l’opposizione, la società civile e le voci indipendenti nella Federazione Russa”.

    Deeply concerned by Alexei @navalny’s deteriorating health. Russian authorities must grant him immediate access to medical professionals he trusts. We hold them to account for ensuring his safety & health.
    EU continues to call for Mr Navalny’s immediate & unconditional release. https://t.co/iwFV31Sdgi
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 18, 2021

    Il dossier Navalny sarà oggi sul tavolo dei ministri degli Esteri europei a Bruxelles. A margine della riunione, lo stesso Borrell ha ricordato che la sua richiesta di liberazione (avanzata nel corso della sua visita a Mosca di inizio febbraio) “non è stata ascoltata e ora la situazione è peggiorata”.
    Le reazioni internazionali
    A proposito dello stato di salute di Navalny e delle cause all’origine – una situazione “totalmente ingiusta, totalmente inappropriata”, come l’ha definita il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden – da diverse capitali europee si sono levate voci di protesta. La Farnesina “auspica che gli venga garantito accesso immediato alle cure mediche di cui ha bisogno”, mentre il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola, ha avvertito che “non c’è più tempo” e “Italia e Unione Europea, unite nella difesa dei diritti, non resteranno spettatrici“. Intanto, il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, ha lanciato su Twitter l’hashtag #FreeNavalnyNow, per aumentare la mobilitazione degli utenti dei social media a supporto del leader dell’opposizione russa.

    #FreeNavalnyNow https://t.co/I4c8CUYjNv
    — Enrico Letta (@EnricoLetta) April 18, 2021

    Da Parigi si punta il dito contro il presidente Putin, che avrebbe “una responsabilità enorme” in tutta la vicenda, ha  commentato il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. Il suo omologo tedesco, Heiko Maas, ha chiesto che il diritto di Navalny all’accesso all’assistenza medica sia “garantito senza indugio”. Dura la minaccia del consigliere per la Sicurezza nazionale USA, Jake Sullivan: “Abbiamo comunicato al governo russo che quello che accade a Navalny in prigione è loro responsabilità e che la comunità internazionale ne chiederà conto“, ha dichiarato alla CNN. “Nel caso Navalny morisse, stiamo esaminando diverse misure che potremmo imporre” ai danni di Mosca, ha aggiunto Sullivan.
    Il servizio penitenziario federale russo (FSIN) ha fatto sapere che il detenuto sarà trasferito nel reparto ospedaliero della colonia penale IK-3, nell’oblast (regione) di Vladimir. Il servizio penitenziario ha comunque sottolineato che le condizioni di Navalny sono “soddisfacenti”, dal momento in cui “viene visitato ogni giorno da un medico generico”, e che “con il consenso del paziente, gli è stata prescritta una terapia vitaminica”. Ma proprio a seguito della notizia del trasferimento, dallo staff del leader dell’opposizione è stato lanciato un nuovo allarme: “Si tratta della stessa colonia di tortura, solo con un grande ospedale, dove vengono trasferiti i malati gravi“, ha scritto su Twitter Ivan Zhdanov, direttore del Fondo Anti-Corruzione. Questo andrebbe inteso come un peggioramento delle condizioni di Navalny, “al punto che persino la struttura stessa lo ammette”.

    L’alto rappresentante Borrell chiede il “rilascio immediato e incondizionato” dell’oppositore del presidente Putin, mentre da Roma a Washington aumenta la pressione sul Cremlino. Oggi il dossier sul tavolo dei ministri degli Esteri europei

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    L’Italia alla guida del G20 con lungimiranza: i passi da compiere per una risposta economica vincente, globale ed inclusiva

    CarloCalenda In altre parole la lealtà al partito viene prima di quella verso i cittadini elettori? Ancora, rispetto a Renzi, so… https://t.co/038cCE538lRebHarms Big brother reloaded. #Orban #Hungary https://t.co/9Qthi81PVRCarloCalenda Hai ragione. Bisogna intendersi sul concetto di trasformismo. È trasformismo fare una campagna elettorale dicendo “… https://t.co/AfvnwUpFCEEU_EESC 🇪🇺 Save the date!

    @EESC_TEN, @EESC_NAT & @EESC_SOC organise a major online conference on:

    #EnergyPoverty at the c… https://t.co/Ym3iKTNgYLEU_ENV RT @IPBES: 🍄@IPBES assessment of the #SustainableUse of wild #species🌿🍏

    ✍️The 2nd external review of the chapters & the 1st external revie…EU_ENV RT @UNBiodiversity: The @IPBES #PandemicsReport shows that the same human activities driving #biodiversity loss and #ClimateChange are also…guyverhofstadt Scandalous… Any excuses Orbán ever had on Central European University have now been shown to be just that: excuse… https://t.co/C1bwtsVqNJEU_opendata RT @ICES_ASC: Please RT! 👉We have a VACANCY for a #data programmer in our Secretariat team in Copenhagen supporting a number of key develop…RebHarms Guten Morgen. Und zurück auf Los.
    @selcuksalih https://t.co/5jfhUqk3fzCSpillmann RT @Le_Figaro: Les réseaux sociaux se déchaînent sur la crasse et l’enlaidissement de Paris https://t.co/lV0XArD4Q8CSpillmann RT @AbasAslani: #Iran has produced 55 kg of 20% enriched uranium, says spokesman of Atomic Energy Organization of Iran adding “we have almo…helenadalli Discrimination on the basis of personal characteristics or other factors can severely impact access to #healthcare.… https://t.co/nC1O4NnXM4US2EU Today is #WorldHealthDay! #COVID-19 has hit all countries hard, but its impact has been harshest on those communit… https://t.co/zhEFDQkbFMeu_eeas Health for all is the only way forward. We’re committed to #BuildBackBetter towards a more healthy and equal world… https://t.co/aF3unvY5tZRenewEurope The #COVID19 crisis has revealed the fragility of the EU in terms of public health.

    On today’s #WorldHealthDay, we… https://t.co/k3arbYJeO1CSpillmann L’hiver s’est installé a #Bruxelles et les piafs en perdent leur latin https://t.co/Hr7yQdBgJnCSpillmann Goujat, mufle ? @vonderleyen a été soufflée par le coup du sofa de @RTErdogan et @eucopresident n’a pas bronché.… https://t.co/28rPjuTavDCarloCalenda Perché l’unico programma che hanno è il settarismo che nasce da moralismo. Tradotto “noi siamo i buoni, anche quand… https://t.co/oVOCbuKlGxCarloCalenda Salvatore ho appena risposto a un elettore di Sgarbi che esordiva come te. In fondo puoi dichiararti di destra o di… https://t.co/skl9lOSFsN