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    Al G7 Esteri tiene banco il rispetto del mandato d’arresto contro Netanyahu. Borrell: “Non è una scelta, ma un obbligo”

    Bruxelles – Dopo giorni di ambiguità da parte dell’Occidente, i sette grandi del mondo sono chiamati a lanciare un segnale chiaro sul mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte penali internazionale (Icc) nei confronti di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro per la Difesa di Israele, Yoav Gallant. A incalzarli, nella riunione del G7 Esteri a Fiuggi, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: Per i 27 Ue “non si può scegliere”, attuare la decisione della Corte de l’Aia “è un obbligo”.Al suo arrivo al vertice, Borrell è stato chiaro: Washington può avere una posizione differente perché gli Stati Uniti non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma, fondativo dell’Icc, ma “tutti i membri dell’Unione europea l’hanno fatto e non è qualcosa che si può scegliere”. Non esiste un diritto internazionale a intermittenza: “Non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu“, ha proseguito Borrell. Le reazioni prudenti di diversi governi occidentali – se non proprio il silenzio, scelto ad esempio dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel – sono ” il tipico esempio di due pesi e due misure per cui siamo tanti criticati”, ha sbottato il capo della diplomazia europea uscente.Finora i tre Paesi Ue nel gruppo del G7 hanno dato risposte enigmatiche. Francia e Germania su tutte, mentre oggi il padrone di casa, Antonio Tajani, ha ammesso: “Siamo amici di Israele ma penso che dobbiamo rispettare il diritto internazionale“. L’obiettivo di Borrell è tornare a Bruxelles con un messaggio unitario: “Non c’è alternativa, spero che alla fine saremo in grado di dire chiaramente che gli europei rispetteranno gli obblighi del diritto internazionale”. In gioco c’è la credibilità stessa dell’Occidente, che non può permettersi di bollare come ‘politica’ la decisione giuridica di una Corte internazionale che per la prima volta sanziona i membri di un governo di una ‘democrazia occidentale’.Tregua tra Israele e Hezbollah in Libano, Borrell: “Non ci sono scuse”Josep Borrell e Antonio Tajani al G7 Esteri a Fiuggi, 26/11/24La due giorni dei ministri degli Esteri di Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Canada e Giappone a Fiuggi e Anagni si concentra inevitabilmente sulle due maggiori crisi internazionali. Ucraina e Medio Oriente. Su quest’ultimo, a tenere banco non è solo il mandato d’arresto emesso dall’Icc, ma anche la prospettiva di un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah in Libano.Gli occhi sono puntati sulla riunione del gabinetto di sicurezza di Tel Aviv, che già questa sera è chiamato a dare l’ok alla proposta di tregua franco-americana. La proposta “dà a Israele tutti gli impegni di sicurezza che ha chiesto”, ha sottolineato Borrell, “non ci sono scuse per rifiutarla”. Tutto dipenderà dalla volontà politica del governo di Netanyahu.Il piano mediato da Eliseo e Casa Bianca prevede una tregua di 60 giorni, durante la quale le forze israeliane si ritirerebbero dal Libano del sud e i militanti di Hezbollah si ritirerebbero a nord del fiume Litani, circa 25 km a nord del confine israeliano. L’accordo prevede la creazione di un comitato di implementazione presieduto da Washington e con la partecipazione di Parigi. In modo da garantire un equilibrio tra le parti. Beirut ha accettato che gli Stati Uniti presiedano il comitato di controllo dell’applicazione del cessate il fuoco, ma ha chiesto espressamente la presenza della Francia. È questo il punto ancora in discussione, perché Israele non vuole che la Francia partecipi.Ricordando le 4 mila vittime civili e le ampie porzioni del sud del Libano rase al suolo dai bombardamenti israeliani, Borrell ha intimato: “Basta combattimenti, basta altre richieste, spero che il governo Netanyahu accetti la proposta”. L’Alto rappresentante Ue chiede onestà intellettuale da parte del G7 anche su Gaza, dove “gli aiuti sono totalmente impediti” dall’esercito israeliano. “Dobbiamo dire la verità, diamo un nome alle cose”, ha concluso Borrell.

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    Sospendere il dialogo politico con Israele: la proposta di Borrell arriva sul tavolo dei Paesi Ue

    Bruxelles – L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, proporrà ai Paesi membri di sospendere il dialogo politico con Israele. Un’iniziativa che rende l’idea di quanto la fiducia tra i due partner si sia incrinata alla luce delle ripetute violazioni del diritto internazionale commesse da Tel Aviv nella guerra a Gaza e in Libano. Un lascito politico da parte del capo della diplomazia Ue, giunto alla fine del suo mandato, che però difficilmente verrà colto dai 27: per qualsiasi modifica dell’Accordo di associazione che regola i rapporti tra Ue e Israele, è richiesta la regola dell’unanimità.L’iniziativa, annunciata ieri (13 novembre) agli ambasciatori dei Paesi Ue, verrà formalizzata lunedì 18 novembre in occasione del Consiglio Affari Esteri. Con ogni probabilità, l’ultimo convocato da Borrell prima di lasciare la guida del Servizio Europeo di Azione Esterna (Seae) all’estone Kaja Kallas. Una proposta che parte già in salita: secondo quanto riferito da fonti diplomatiche, alla riunione dei rappresentanti permanenti la maggior parte dei Paesi che si sono espressi “si sono detti contrari”.In sostanza, come ha spiegato il portavoce del Seae, Peter Stano, Borrell chiederà ai ministri degli Esteri dei 27 “di valutare se vi sia effettivamente una violazione dei diritti umani (da parte di Tel Aviv, ndr), come previsto dall’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele, e di prendere in considerazione eventuali decisioni o misure dell’Ue“. L’Alto rappresentante Ue aveva già annunciato il mese scorso di voler superare l’impasse scaturita dal rifiuto di Israele di convocare un Consiglio di Associazione con Bruxelles in cui discutere del rispetto dei diritti umani nel conflitto in Medio Oriente. “Gli Stati membri volevano discuterne prima direttamente con Israele nell’ambito del Consiglio di associazione, ma nelle discussioni del mese scorso è apparso evidente che non si terrà presto”.In quell’occasione, Borrell aveva affermato che “il diritto umanitario è sepolto sotto le macerie di Gaza”. Alla luce di questo, l’Alto rappresentante la sua proposta l’ha già formulata: sospendere il capitolo relativo al dialogo politico nel quadro dell’Accordo di associazione Ue-Israele. Una mossa simbolica, non esattamente ciò che chiedono da mesi Spagna e Irlanda, cioè di rivedere l’accordo di associazione nella sua interezza, per poter fare leva su Israele anche dal punto di vista economico sospendendo le parti relative alle agevolazioni commerciali.Nel documento che regola i rapporti tra Bruxelles e Tel Aviv, il dialogo politico costituisce il primo dei nove capitoli, ed è composto solamente da tre articoli, dal 3 al 5. Il primo afferma che “tra le Parti si instaura un dialogo politico regolare” per “sviluppare una migliore comprensione reciproca e una crescente convergenza di posizioni sulle questioni internazionali” e per “rafforzare la sicurezza e la stabilità regionali”. L’articolo 4 sostiene che tale dialogo deve tendere agli “obiettivi comuni, in particolare la pace, la sicurezza e la democrazia“. L’ultimo elenca le modalità di svolgimento del dialogo: a livello ministeriale, di alti funzionari, “fornendo regolarmente informazioni a Israele su questioni relative alla politica estera e di sicurezza comune, che saranno ricambiate”, e a livello di Parlamenti, tra l’Eurocamera e la Knesset.

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    Israele ha messo sotto assedio quel che resta del nord di Gaza. L’appello di Borrell ai Paesi Ue: “Adottare misure urgenti”

    Bruxelles – Nell’elenco straziante senza fine di bombardamenti israeliani su Gaza – 75 mila tonnellate di esplosivo nel primo anno di conflitto – ce ne sono alcuni che fanno più rumore di altri. Come quello di ieri nel campo profughi di Jabalia, che ha completamente raso al suolo un edificio residenziale ed ucciso almeno 30 persone. E che rientra nell’assedio totale che Israele ha imposto nell’ultimo mese nel nord della Striscia di Gaza. Arriva puntuale la “ferma condanna” dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, che ha amaramente constatato: “Le parole ‘pulizia etnica’ sono sempre più utilizzate per descrivere ciò che sta accadendo nel nord di Gaza”.Le forze di difesa israeliane hanno motivato il raid con la presunta presenza di terroristi sul posto. Secondo quanto riportato da un testimone dell’attacco e familiare di alcune persone uccise alla Bbc le vittime non erano che “civili innocenti che non appartenevano ad alcuna organizzazione militare”. Nelle ultime settimane, l’offensiva israeliana si è inasprita ulteriormente, facendo ipotizzare diversi osservatori che Tel Aviv stia mettendo in atto un consapevole piano di sfollamento forzato e annessione di quella porzione di territorio. Non si tratta solo del bombardamento sistematico di tutti gli edifici, ma anche dell’interruzione totale dell’ingresso di cibo e aiuti umanitari e degli ordini continui di evacuazione alla popolazione stremata.“La realtà quotidiana degli sfollamenti forzati viola il diritto internazionale”, ha ricordato per l’ennesima volta Borrell in un post su X. Ed “anche l’uso della fame come arma di guerra è contrario al diritto internazionale umanitario”. È di pochi giorni fa infatti il rinnovato allarme dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) delle Nazioni Unite, secondo cui “è molto probabile una carestia imminente nelle aree della Striscia di Gaza settentrionale”.Il bollettino di ottobre diffuso dall’Ufficio di Coordinamento per gli Affari Umanitari dell’Onu (Ocha) non lascia dubbi: le autorità israeliane hanno “chiuso il valico di Erez e imposto l’assedio su vaste aree del governatorato di Gaza Nord, tra cui Beit Lahia, Beit Hanoun e la maggior parte di Jabalia”. Su 98 tentativi di ingresso di aiuti umanitari da sud, attraverso il checkpoint lungo Wadi Gaza, l’85 per cento è stato “negato o impedito“. Dal 6 ottobre, sulle tre principali città del governorato di Gaza nord vige un “blocco dell’accesso delle missioni umanitarie, salvo rare eccezioni”.Il capo della diplomazia europea ha ricordato al partner israeliano che “in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di agire facendo entrare gli aiuti”. E secondo l’Ipc è necessaria “un’azione immediata, entro pochi giorni e non settimane, da parte di tutti gli attori che partecipano direttamente al conflitto o che hanno influenza sulla sua condotta”, per scongiurare la carestia. La pulizia etnica.“Spetta alla comunità internazionale e ai principali alleati di Israele adottare misure urgenti per porre fine alle sofferenze dei palestinesi e liberare gli ostaggi”, ha dichiarato ancora Borrell, lanciando un disperato appello ai governi dei Paesi membri, di cui l’Alto rappresentante è quasi prigioniero ogni volta che propone di aumentare la pressione diplomatica sullo Stato ebraico. Sicuramente ne discuteranno i ministri degli Esteri dei 27 il prossimo 18 novembre a Bruxelles, nell’ultimo Consiglio Affari Esteri presieduto da Borrell prima di lasciare l’incarico all’estone Kaja Kallas: alla riunione, Borrell intavolerà una discussione approfondita sul rispetto degli obblighi sui diritti umani previsti dall’Accordo di associazione Ue-Israele e chiederà ai 27 di adottare nuove sanzioni contro i coloni israeliani estremisti. Manca una settimana: in quella appena passata, sono state uccise circa 330 persone a Gaza.

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    Israele bandirà l’Unrwa dal proprio territorio. Critiche da Ue e Stati Uniti: “È insostituibile”

    Bruxelles – A testa bassa, il governo israeliano continua a prendere a picconate il diritto internazionale e le sue istituzioni. Dopo aver rigettato le raccomandazioni della Corte di giustizia internazionale, bollato il segretario generale dell’Onu come “persona non gradita” sul territorio nazionale, Tel Aviv chiude il cerchio e si prepara, entro tre mesi, a bandire definitivamente l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (Unrwa) da Israele e dai territori palestinesi occupati.Ieri sera (28 ottobre) la Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato a larghissima maggioranza due leggi con cui definisce l’Unrwa un’organizzazione terroristica e vieta all’Agenzia dell’Onu di condurre “qualsiasi attività” all’interno di Israele, a Gerusalemme Est e nella Cisgiordania occupata. Tra 90 giorni, nessun funzionario israeliano dovrà più mantenere alcun contatto con i dipendenti dell’Unrwa, rendendo di fatto impossibile il lavoro all’Agenzia anche a Gaza. Perché la cooperazione con l’esercito israeliano – che controlla tutti gli ingressi all’enclave palestinese – è essenziale per trasferire gli aiuti nel territorio.Proprio mentre nel nord della Striscia aumenta di giorno in giorno il rischio di pulizia etnica da parte di Israele: secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) “il modo in cui l’esercito israeliano sta conducendo le ostilità nel nord di Gaza, insieme all’interferenza illegale con l’assistenza umanitaria e agli ordini che stanno portando allo sfollamento forzato” potrebbero causare “la distruzione della popolazione palestinese nel governatorato più settentrionale di Gaza”.Dipendenti dell’Unrwa in una scuola delle Nazioni Unite convertita a rifugio per gli sfollati palestinesi a Khan Yunis (Photo by Mahmud HAMS / AFP)Ma la campagna di Tel Aviv per delegittimare l’Unrwa va avanti dallo scorso gennaio, quando accusò l’Agenzia di “collusione con Hamas” e 12 dei suoi membri di aver partecipato agli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023. Inizialmente, la maggior parte dei Paesi occidentali sulle cui donazioni si regge il lavoro dell’Unrwa congelarono i finanziamenti, salvo poi sbloccarli per la mancanza di prove a sostegno delle accuse israeliane. Fallita l’opzione della delegittimazione internazionale, il governo di Benjamin Netanyahu ha scelto di fare da sé per mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’Agenzia.Netanyahu ha ribadito che “i lavoratori dell’Unrwa coinvolti in attività terroristiche contro Israele devono essere ritenuti responsabili”, aggiungendo tuttavia che “aiuti umanitari sostenuti devono rimanere disponibili a Gaza”. Non esattamente quel che sta succedendo, stando a quanto riportato dall’Ufficio di coordinamento dell’Onu per gli Affari umanitari (Ocha). Nelle prime tre settimane di ottobre sarebbero stati autorizzati a entrare nella Striscia dal valico meridionale di Kerem Shalom una media di 28 camion umanitari al giorno, “tra le più basse dall’ottobre 2023” e “ben al di sotto della media di 500 camion per giorno lavorativo” precedente al 7 ottobre. Ancora peggio nello stesso periodo al checkpoint di Al Rashid, snodo per raggiungere da sud i governatorati settentrionali di Gaza: secondo Ocha le autorità israeliane avrebbero facilitato il passaggio solo del 6 per cento – 4 su 70 – dei convogli umanitari.Già prima della votazione alla Knesset, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva espresso “grave preoccupazione” per due leggi che avranno “conseguenze di vasta portata, rendendo di fatto impossibili le operazioni vitali dell’Unrwa a Gaza”. Nel tentativo di richiamare i partner israeliani e esortarli “a riconsiderare la questione”, Borrell aveva definito le leggi “in netta contraddizione con il diritto internazionale e con il principio umanitario fondamentale dell’umanità“. Allo stesso modo, il portavoce del dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, ha invitato Israele a riconsiderare il divieto, affermando che l’Unrwa è “insostituibile” in questo momento per la fornitura di aiuti umanitari a Gaza.Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)In una nota, il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha affermato che il voto del Parlamento israeliano “costituisce un pericoloso precedente” e non è che “l’ultimo atto della campagna in corso per screditare l’Unrwa e delegittimare il suo ruolo nel fornire assistenza e servizi di sviluppo umano ai rifugiati palestinesi”. Dall’Agenzia dell’Onu dipendono non solo i quasi 2 milioni di sfollati interni nella Striscia di Gaza, ma circa 6 milioni di profughi palestinesi in tutta la regione.Per il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, l’attuazione delle leggi “è inaccettabile”. Guterres ha richiamato Israele “ad agire in modo coerente con i suoi obblighi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e con gli altri obblighi previsti dal diritto internazionale”. Un richiamo destinato a cadere nel vuoto, pronunciato da un uomo trattato da Israele alla stregua di un terrorista, che non può più nemmeno mettere piede sul territorio israeliano.Secondo Nicola Zingaretti, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, “la legge voluta dalla destra israeliana contro l’Unrwa è un altro ennesimo errore di Benjamin Netanyahu. Una scelta disumana e in piena violazione del diritto internazionale”.

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    Alla conferenza sul Libano raccolto un miliardo per aiuti umanitari e militari. Borrell: “Rafforziamo Unifil e l’esercito regolare”

    Bruxelles – L’appello delle Nazioni Unite a raccogliere 426 milioni di dollari per assistere la popolazione civile libanese è stato raccolto. Più che raddoppiato: Parigi ha annunciato che la conferenza internazionale sul Libano tenutasi oggi (24 ottobre) nella capitale francese ha permesso di mettere insieme più di 800 milioni di aiuti umanitari e 200 milioni per sostenere l’esercito regolare. La comunità internazionale “è stata all’altezza della sfida”, ha esultato il ministro per gli Affari esteri Jean-Noel Barrot. Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha promesso 80 milioni da Bruxelles per l’assistenza ai civili e 60 milioni per l’esercito entro il 2025.A dare il buon esempio il padrone di casa, Emmanuel Macron, che aprendo i lavori ha annunciato un pacchetto “massiccio” da 100 milioni di euro per Beirut. A cui ha fatto seguito il governo tedesco, che si è impegnato a “fornire un totale di 96 milioni di euro aggiuntivi per far fronte alla crisi in Libano”. Alla conferenza di Parigi hanno partecipato ministri e diplomatici da oltre 70 Paesi e una quindicina di organizzazioni internazionali. Per l’Italia era presente il Sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, su delega del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato oggi a Pescara per il G7 Sviluppo a guida italiana.Il primo ministro libanese, Najib Mikati, e Emmanuel Macron (Photo by ALAIN JOCARD / POOL / AFP)Macron ha inaugurato la conferenza ribadendo l’appello per un cessate il fuoco “il prima possibile”, perché “più, bombe, devastazione e vittime non permetteranno di sconfiggere il terrorismo e di assicurare la sicurezza di nessuno”. Il presidente francese ha attaccato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, affermando che “si parla molto di guerra di civiltà”, ma “non sono sicuro che si difenda una civiltà seminando la barbarie“. Al suo fianco, il primo ministro libanese Najib Mikati ha snocciolato i tristi numeri del conflitto tra Hezbollah e Israele: 2400 vittime libanesi e 1,2 milioni di sfollati, di cui 500 mila minori. Ma anche “gravi danni alle infrastrutture” ed attacchi mirati a “presidi medici che mostrano una chiara violazione della Convenzioni di Ginevra”.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha ribadito il “pieno sostegno alla nazione libanese per ripristinare la sua sovranità” e sottolineato la totale assenza di proporzionalità nell’azione militare di Israele. Alla conferenza, Borrell ha presentato i punti per un effettivo sostegno a Beirut. Prima di tutto il cessate il fuoco, per il quale serve “combattere l’impunità” e far sì che “tutti gli attori rispettino il diritto internazionale”. Fondamentale che la leadership politica libanese “si assuma le proprie responsabilità ed elegga il presidente della Repubblica”, dal momento che il mandato di Michel Aoun è scaduto da più di due anni.Parallelamente, Borrell è determinato a rafforzare l’esercito libanese, che “dopo il cessate il fuoco dovrà essere dispiegato nel sud del Paese”. Per realizzare il piano annunciato da Beirut e aumentare di 6 mila unità le proprie truppe, l’Ue è pronta a mettere sul piatto 20 milioni di euro già entro la fine dell’anno e 40 milioni per il 2025. Il capo della diplomazia Ue è convinto che bisogna allo stesso tempo rafforzare la missione delle Nazioni Unite Unifil, vittima di continue provocazioni e attacchi da parte delle forze israeliane. “Alla frontiera abbiamo dieci mila uomini – ha affermato Borrell -, ma potremmo averne fino a 15 mila, il numero autorizzato da Unifil”.Alla conferenza è intervenuto da remoto anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha chiarito un’altra volta che “gli attacchi contro i caschi blu sono totalmente inaccettabili” e “possono costituire un crimine di guerra”. D’altra parte, Guterres ha invitato “i leader libanesi ad adottare misure risolute per garantire il corretto funzionamento delle istituzioni statali al fine di affrontare le urgenti sfide politiche e di sicurezza del Paese”.

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    Tra cessate il fuoco e l’embargo sulle armi a Israele, il Libano infiamma gli eurodeputati italiani

    Bruxelles – Il Libano continua a far preoccupare in Unione Europea. Dopo le conclusioni del Consiglio dell’Ue della scorsa settimana, con ferma condanna degli attacchi israeliani alla missione Unifil e la reiterata richiesta di cessate il fuoco, la palla passa alla plenaria dell’Europarlamento.“Il Consiglio europeo ha ricordato la necessità di assicurare che i civili siano protetti in ogni momento, che le infrastrutture civili non siano prese di mira e che il diritto internazionale sia rispettato”, ha dichiarato in plenaria il Commissario per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, aggiungendo: “I recenti incidenti che hanno colpito la popolazione civile e Unifil rendono ancora più urgente il cessate il fuoco“. Lenarcic ha ricordato l’impegno europeo nella zona, che comprende la richiesta di attivazione del Meccanismo di protezione civile Ue e il rilascio di 10 milioni di euro per i civili colpiti dall’escalation nell’area.“È ora di avviare un’iniziativa europea per la pace con un impegno diretto e di altissimo livello: rilascio immediato degli ostaggi israeliani, cessate il fuoco a Gaza e in Libano a tutela di tutte le popolazioni, per riaprire un processo diplomatico e costruire una soluzione politica, unica garanzia per una pace duratura”, è il commento di Nicola Zingaretti, eurodeputato di S&d, capo delegazione del Pd. L’escalation in Medio Oriente, per Zingaretti, è un atto che “minaccia le stesse fondamenta, anche giuridiche, dell’attuale sistema internazionale”.“Pretendiamo da tutti il rispetto delle truppe Unifil“, dice Carlo Fidanza di Ecr. La condanna agli attacchi alle truppe Onu è chiara, come anche il supporto alla richiesta di cessate il fuoco per ridurre la tensione nell’area. Da Ecr, arriva una stoccata sulla migrazione, tema tanto caro alla destra italiana e tanto discusso negli ultimi giorni in Ue. “L’Ue deve farsi carico della situazione drammatica non soltanto degli sfollati interni al Libano, ma anche dei rifugiati siriani, ai quali dobbiamo assicurare un pronto e sicuro ritorno in Siria, per scongiurare una nuova ondata di immigrazione”, che, per Fidanza, l’Ue allo stato di cose attuali non potrebbe gestire.Sempre da Ecr, arriva il commento di Giovanni Crosetto: “Gli attacchi alle basi Onu preconfigurano violazioni del diritto internazionale”. L’eurodeputato ribadisce il fermo supporto al “diritto di esistere” di Israele e la condanna al terrorismo islamico, dovendo al contempo garantire ad Unifil di poter “esercitare deterrenza” per permettere all’Onu di non perdere la propria credibilità. Posizione difficile da articolare per la destra italiana, che si deve barcamenare tra il supporto a Israele e quello ad Unifil, mentre il primo deliberatamente attacca i caschi blu dell’Onu.La diplomazia e il ruolo dell’Ue come potenziale forza stabilizzatrice in Medio Oriente sono al centro della visione del gruppo dei popolari. Il diritto alla difesa di Israele deve essere bilanciato rispetto al diritto internazionale, per l’europarlamentare di Ppe Salvatore De Meo. “La scomparsa del capo di Hamas (n.d.r., Yahya Sinwar, ucciso pochi giorni fa) rappresenta un’opportunità per spingere per il cessate il fuoco”, dice De Meo, che ribadisce l’importanza di “una soluzione a lungo termine”, cioè quella dei due stati.Una critica forte alla maggioranza dell’Europarlamento arriva dalla Sinistra. L’europarlamentare Danilo Della Valle chiede in plenaria: “Cosa deve accadere ancora prima che l’Unione Europea decida chiaramente di smettere il velo dell’ipocrisia e dei doppi standard?“.“L’Unione Europea deve approvare l’embargo di armi ad Israele e deve sostenere la Corte di giustizia internazionale”, dice Della Valle, che richiama l’attenzione sull’assenza di una risoluzione che apertamente si schieri contro il governo Netanyahu.  La critica all’ambiguità delle posizioni Ue nei confronti di Israele è una linea netta per il gruppo della Sinistra. In altri interventi, è emersa la perplessità che aleggia attorno agli stretti rapporti commerciali Ue-Israele, che si uniscono all’assenza di azioni (si legga, condanne e prese di posizione nette) da parte di Bruxelles.Discussione impegnativa alla plenaria, che il Commissario Lenarcic chiude facendo dei chiarimenti. Respinta qualsiasi illazione sul finanziamento dell’Unione ad Hamas, che Lenarcic definisce “un’accusa molto grossolana”. E in modo altrettanto secco arriva la risposta sull’intervento della Commissione riguardo all’embargo di armi a Israele: “La cooperazione militare tra gli Stati membri e gli stati terzi non rientra nelle competenze dell’Unione“. In sostanza, la questione va risolta a livello nazionale.Molti europarlamentari soffrono la posizione soft dell’Unione Europea. Lascia con l’amaro in bocca la domanda di Lynn Boylan della Sinistra: “Come siamo arrivati al punto in cui bruciare vivi i pazienti nei loro letti d’ospedale non è una linea rossa per l’Ue? Dov’è la bussola morale dell’Ue?”. Ancora più amara, è la constatazione della compiacenza europea, che ha chiuso un occhio (anche due) sulle violazioni dei diritti umani in Medio Oriente per più di un anno e si è scossa dal torpore ora, proprio quando Netanyahu ha dimostrato di non temere nemmeno l’Onu.

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    L’Ue si riscopre unita nei confronti degli attacchi di Israele all’Onu: “Il suo comportamento è sempre meno tollerato”

    Bruxelles – È tardi, visto l’inaccettabile numero di vittime civili e di atroci sofferenze causate in un anno di conflitto in Medio Oriente. Ma l’Ue sta perdendo la pazienza nei confronti di Israele. I capi di stato e di governo dei 27, riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo, hanno condannato le azioni di Tel Aviv su più fronti: l’allargamento dei raid in Libano, la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, gli attacchi militari ai contingenti dell’Unifil e verbali alle Nazioni Unite, le crescenti violenze in Cisgiordania. “Il comportamento di Israele è sempre meno tollerato in sala”, ha ammesso un funzionario Ue nel corso del summit.Sul vertice è piombata inevitabilmente la notizia della morte di Yahya Sinwar, il leader politico di Hamas ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre 2023, ucciso dalle forze di difesa israeliane in un campo profughi a Rafah. “La sua morte indebolisce certamente in modo significativo Hamas”, ha affermato Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa a margine del Consiglio europeo. Ma, forse per questioni puramente tempistiche, i leader non hanno approfittato della morte di Sinwar per rafforzare ulteriormente la richiesta di mettere fine alle ostilità.Il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar (Photo by MAHMUD HAMS / AFP)Nelle conclusioni adottate dai 27, nessun riferimento al vertice politico di Hamas. “Una svolta importante che dobbiamo cogliere”, ha però evidenziato Emmanuel Macron, secondo cui l’uccisione di Sinwar “apre nuovi orizzonti politici“. Dello stesso avviso Giorgia Meloni, che in una nota si è detta convinta “che ora si debba iniziare una nuova fase“: quella del rilascio degli ostaggi, dell’immediato cessate il fuoco e dell’avvio della ricostruzione a Gaza.I leader Ue, come da un anno a questa parte, hanno riconosciuto il “diritto di Israele all’autodifesa” contro Hamas ed Hezbollah, i principali gruppi armati foraggiati dall’Iran. Per Bruxelles è Teheran la più “grave minaccia alla stabilità regionale“, come dimostrato dall’attacco verso Israele del primo ottobre scorso. Una volta messo in chiaro questo punto, i 27 si sono dimostrati insolitamente fermi e uniti nella dura critica al comportamento militare e diplomatico tenuto da Tel Aviv. “Sempre più leader sollevano la questione di cosa fare affinché Israele cambi atteggiamento, perché la preoccupazione e la discussione non sono sufficienti”, ha spiegato una fonte Ue.Al suo arrivo a Bruxelles ieri mattina, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva chiesto che i leader “prendessero sul serio” gli attacchi sferrati su “tutti i fronti” contro il sistema della Nazioni Unite dal governo di Benjamin Netanyahu. E così è stato.Per quanto riguarda il Libano, i 27 “condannano la perdita di vite civili e lo sfollamento forzato causati dall’escalation di violenza e dagli attacchi indiscriminati” e ribadiscono che “la sovranità e l’integrità territoriale del Libano devono essere rispettate”. Gli attacchi israeliani all’Unifil “costituiscono una grave violazione del diritto internazionale” e “devono cessare immediatamente”. I capi di stato e di governo Ue affermano il “pieno e incondizionato sostegno al Segretario generale delle Nazioni Unite”, sottolineano “il ruolo essenziale dell’Onu e delle sue agenzie, in particolare dell’Unrwa”. E “condannano qualsiasi tentativo di ostacolare la capacità dell’agenzia di svolgere il proprio mandato”.Su Gaza e in Cisgiordania, il Consiglio europeo “deplora il numero inaccettabile di vittime civili, soprattutto donne e bambini” e “i livelli catastrofici di fame e l’imminente rischio di carestia causati dall’insufficiente ingresso di aiuti”. E ricorda “la necessità di dare piena attuazione agli ordini della Corte internazionale di giustizia”. Nelle conclusioni del vertice c’è anche un significativo invito a “portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive contro i coloni estremisti e contro le entità e le organizzazioni che li sostengono”.Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, 17/10/24Parallelamente, l’Ue è unita nel sostegno all’Autorità palestinese (Anp). Come sottolineato da von der Leyen, la soluzione dei due Stati “può essere raggiunta solo con un’Autorità palestinese stabile e riformata”. L’Anp ha bisogno di un sostegno d’emergenza e di un “piano a lungo termine”, per il quale la presidente della Commissione europea ha chiesto “uno sforzo collettivo a livello politico e finanziario”. Nel documento conclusivo del vertice, si legge inoltre che “un percorso credibile verso la statualità palestinese è una componente cruciale” del processo politico verso la soluzione dei due Stati.Quel che manca – un’altra volta – nelle conclusioni, è su quali leve spingere per far sì che Israele rientri nei paletti del diritto internazionale. Durante il vertice, è stato fatto il punto sull’Accordo di associazione Ue-Israele, la cui eventuale sospensione – richiesta da mesi da Spagna e Irlanda – avrebbe delle importanti ricadute sull’economia israeliana: “Il dibattito è iniziato a livello di ministri degli Affari esteri e non ho dubbi che continuerà nelle prossime settimane”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.A quanto si apprende, non è invece stata discussa la possibilità di interrompere la fornitura di armi a Tel Aviv. L’embargo sulle armi è una prerogativa dei singoli Paesi membri, ma l’Ue potrebbe imporlo introducendo apposite sanzioni, come fatto ad esempio con la Russia. L’idea, osteggiata in particolare dalla Germania, è stata suggerita più volte negli ultimi giorni da Parigi. “Non si può chiedere il cessate il fuoco e continuare a fornire armi a Israele“, ha dichiarato ancora ieri sera Macron.