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    Navalny condannato ad altri 9 anni di carcere in Russia. L’UE: “Repressione interna parallela ad aggressione militare”

    Bruxelles – Sono altri nove anni di carcere per l’oppositore politico russo, Alexei Navalny, secondo quanto stabilito dalla sentenza del tribunale distrettuale di Lefortovo di Mosca. Si tratta di un prolungamento della pena rispetto ai tre anni e mezzo già comminati nel febbraio dello scorso anno, stabilito dopo una serie di udienze a porte chiuse e “inaccessibili agli osservatori internazionali”, è il duro commento dell’UE alla condanna di Navalny. “È la prova più evidente che il sistema giuridico russo continua a essere strumentalizzato contro Navalny”, ha accusato in una nota l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando come sia stato dato spazio alla “fabbricazione di accuse e al mancato esercizio dei diritti di difesa da parte dell’imputato”.
    La cerimonia del Premio Sakharov 2021 assegnato ad Alexei Navalny
    Navalny, che ha ricevuto lo scorso anno il Premio Sakharov per la libertà di pensiero dell’UE (ritirato a dicembre dalla figlia, Daria Navalnaya) è detenuto in Russia dal gennaio 2021, arrestato appena dopo essere atterrato nel Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Un mese dopo il ritorno in Russia, l’oppositore di Vladimir Putin era stato condannato per aver violato – proprio perché si trovava in ospedale in Germania – la libertà vigilata decisa a seguito di una precedente condanna. Nella sentenza di ieri (martedì 22 marzo) è stato invece riconosciuto colpevole di frode e appropriazione indebita, per aver rubato 4,1 milioni di euro dalle casse della FBK, la sua fondazione contro la corruzione politica (illegale in Russia dal giugno dello scorso anno). Secondo l’opinione pubblica e gli osservatori internazionali, sono entrambe due sentenze politiche contro un diretto sfidante del potere assoluto dell’autocrate russo.
    “L’Unione Europea deplora la repressione sistematica della società civile, dei media indipendenti, dei singoli giornalisti e dei difensori dei diritti umani in Russia”, ha rincarato la dose Borrell, facendo un collegamento con quanto sta accadendo in Ucraina: “Questa repressione interna sta accelerando in mezzo alla continua aggressione militare contro un Paese sovrano“. In questo modo il governo russo “continua a ignorare palesemente” tutti gli obblighi e gli impegni internazionali per il rispetto sia dei diritti umani e delle libertà fondamentali in patria, sia della sovranità e dell’indipendenza dei suoi vicini. Nel caso di Navalny esiste un “rischio per la sua vita” e per questo motivo l’UE continua a chiedere il “rilascio immediato e incondizionato”, così come richiesto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
    Schierati contro la sentenza anche i presidenti della commissione per gli Affari esteri (AFET) del Parlamento UE, David McAllister, della sottocommissione per i Diritti umani (DROI), Maria Arena, della delegazione per i rapporti UE-Russia, Ryszard Czarnecki, e il relatore per la Russia, Andrius Kubilius. “La sentenza viola chiaramente il diritto internazionale e la Costituzione russa, è illegale, arbitraria e politicamente motivata” e “dimostra ancora una volta che il regime russo sta diffondendo la paura tra i leader dell’opposizione, gli attivisti e la società civile”. Per il Parlamento UE Navalny rappresenta “centinaia di altri cittadini russi detenuti senza motivo solo per aver avuto il coraggio di dimostrare a favore della pace o per essersi fatti avanti per i loro diritti”, hanno sottolineato gli eurodeputati. Dal momento in cui “il miglior sostegno per lui e per gli altri prigionieri politici non è la simpatia e le parole gentili, ma le azioni contro il regime di Putin”, come affermato dallo stesso oppositore russo, l’UE deve “adottare sanzioni immediate contro tutti i funzionari russi coinvolti in questo nuovo caso di ingiustizia“.

    L’oppositore di Putin e vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2021 è stato condannato per frode e appropriazione indebita, dopo i 3 anni e mezzo già comminati per violazione della libertà vigilata

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    Le sanzioni alla prova del nove. Task force UE e G7 al lavoro per sequestrare i beni degli oligarchi russi e bielorussi

    Bruxelles – Proseguono senza sosta i lavori delle due nuove task force per individuare, congelare e sequestrare i beni e le proprietà degli oligarchi russi e bielorussi colpiti dalle sanzioni in tutti i Paesi membri dell’UE e del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America) e in Australia. L’unità operativa Freeze and Seize della Commissione Europea ha iniziato a lavorare al fianco della Russian Elites, Proxies, and Oligarchs (REPO), per garantire l’efficacia dei quattro pacchetti di sanzioni adottati nelle ultime settimane e per coordinare a livello globale l’attuazione dei sequestri di yacht, ville, aziende e ogni tipo di bene posseduto all’estero dalla cerchia stretta di Vladimir Putin e di Alexander Lukashenko.
    “Questo coordinamento renderà il perseguimento degli oligarchi russi e bielorussi nell’UE una possibilità concreta”, ha spiegato il commissario per la giustizia, Didier Reynders. Questo tipo di iniziative è “vitale per ottenere il congelamento e la confisca rapida” di tutto ciò che può rientrare nella ricchezza dei soggetti che stanno finanziando la guerra russa in Ucraina: “La nostra azione congiunta può fare la differenza a livello globale, mostra veramente la solidarietà e l’unità di fronte alla guerra“. Lo ha confermato anche la commissaria per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness: “Le nostre misure combinate stanno avendo un impatto significativo, l’economia russa è in caduta libera” e a questo punto è necessario intensificare il contrasto a “tutti i tentativi di fornire servizi finanziari e legali per facilitare l’evasione delle sanzioni”. L’UE “non offrirà alcun rifugio sicuro agli oligarchi che sostengono la macchina da guerra russa”, ha attaccato con forza la commissaria.

    A oggi sono 877 gli individui e 62 le entità a essere stati colpiti dal congelamento dei beni sotto le sanzioni dell’UE, come conseguenza dell’aggressione russa all’Ucraina. Tra questi anche Andrey Melnichenko, re del settore dei fertilizzanti e del carbone, a cui la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste uno yacht di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro: la settimana scorsa Melnichenko ha fatto un appello alla pace per scongiurare il rischio di una “crisi alimentare globale” (e per mettere in salvo i suoi affari d’oro in Europa e nel mondo). Oltre al congelamento e sequestro dei beni, agli oligarchi russi e bielorussi saranno vietati viaggi e transiti sul territorio UE e non sarà nemmeno possibile mettere a loro disposizione fondi o servizi.
    La task force Freeze and Seize è composta dalla Commissione Europea, da rappresentanti dei 27 governi nazionali, da Eurojust ed Europol e si riunirà ogni settimana. Nella prima riunione dell’11 marzo, presieduta dal commissario Reynders, è stato fatto il punto sulle misure già adottate, la situazione dei procedimenti giudiziari in corso e le possibilità di confisca dei beni secondo le basi giuridiche dell’Unione e dei Paesi membri. Da allora è in corso il lavoro di coordinamento operativo, per la condivisione delle informazioni all’interno dell’Unione e la messa in pratica dei sequestri dei beni degli oligarchi russi e bielorussi.

    Stabilito il coordinamento tra i Paesi membri con due unità operative per garantire l’efficacia delle sanzioni adottate contro Mosca e Minsk dopo l’aggressione dell’Ucraina e per continuare il lavoro di ricerca delle proprietà da congelare

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    A Bruxelles Borrell accusa la Russia di “crimini di guerra” in Ucraina: “Mariupol sarà completamente distrutta”

    Bruxelles – Crimini di guerra, una violazione delle regole anche nel contesto della guerra. L’invasione russa dell’Ucraina sta diventando un’azione di conquista senza più nessun freno e la denuncia non arriva solo da Kiev ma anche dall’Unione Europa: “La Russia sta commettendo enormi crimini, questa non è più una guerra ma la distruzione in atto di un Paese“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, facendo ingresso al Consiglio Affari Esteri in programma oggi (lunedì 21 marzo). È anche per questo motivo che oggi i ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno “anche di sanzioni ai danni del settore energetico della Russia“, dopo il quarto pacchetto di misure restrittive approvato la settimana scorsa.
    Il riferimento dell’alto rappresentante Borrell è in particolare alla situazione di Mariupol, sempre più drammatica: i bombardamenti hanno raso al suolo diversi quartieri ed edifici che ospitavano centinaia di civili, mentre i combattimenti si stanno concentrando nelle zone centrali della città. “Quello che sta accadendo a Mariupol è un immenso crimine di guerra, qualcosa di orrendo“, per cui “la Russia ha moralmente perso ogni legittimità e Putin merita la più netta condanna di tutto il mondo civilizzato”, ha sottolineato con forza Borrell. L’alto rappresentante ha avvertito che “la città sarà completamente distrutta, mentre i cittadini stanno morendo”. L’Ucraina ha rifiutato la resa chiesta ieri (domenica 20 marzo) dal colonnello generale russo Mikhail Mizintsev e The Guardian, citando la vice-premier ucraina, Iryna Vereshchuk, riporta di un accordo per otto corridoi umanitari: ma non ne è contemplato nessuno dalla città portuale nel sud-est dell’Ucraina.
    A proposito dei crimini di guerra, in una nota il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha condannato “con la massima fermezza” le pratiche della Russia di “rapire o sequestrare giornalisti ucraini, attivisti della società civile, funzionari locali e altri civili” nelle zone al momento sotto il controllo “illegale e illegittimo” dell’esercito di occupazione. Sviluppi “preoccupanti” che spesso riguardano “volontari che cercano di aiutare le loro comunità con cibo, medicine e acqua”, ma anche giornalisti “che espongono la verità sugli sviluppi sul terreno”. I casi più eclatanti sono quelli del redattore di Novy Den Oleg Baturin (rilasciato ieri dopo otto giorni di sequestro), la giornalista di Hromadske Victoria Roshchyna (di cui non si hanno notizie da otto giorni) e gli attivisti Olha Haisumova e Serhiy Tsyhipa, scomparsi nelle ultime settimane. “Gli occupanti russi continuano con la loro deplorevole tattica di rapire i rappresentanti delle amministrazioni comunali e regionali”, è la denuncia del SEAE: tra questi, il sindaco di Dniprorudny, Yevgen Matveyev, il presidente del consiglio distrettuale di Melitopol, Sergiy Pryima, la sindaca di Ivankiv, Tetiana Svyrydenko, il vice-capo dell’amministrazione militare-civile di Shchastia, Volodymyr Tiurin, il segretario del consiglio comunale di Skadovsk, Yuriy Paliukh, e il membro del personale di emergenza, Oleksiy Danchenko.
    Mentre “la lista dei cittadini ucraini detenuti illegalmente cresce ogni giorno”, Bruxelles chiede il rispetto della sentenza della Corte internazionale di giustizia di mercoledì scorso (16 marzo), che ha ordinato alla Russia di “sospendere immediatamente l’operazione militare avviata il 24 febbraio sul territorio dell’Ucraina”. Mosca però non riconosce la giurisdizione della Corte sulla controversia e per questo motivo aveva disertato le udienze del 7 e 8 marzo: secondo la Russia, il tribunale internazionale con sede all’Aia non ha alcun potere indipendente per far rispettare le sue decisioni. Questo motiva ancora di più l’UE a esigere il “ritiro immediato e senza condizioni di tutte le forze e le attrezzature militari dall’intero territorio dell’Ucraina“, si legge nella nota del SEAE, così come di “stabilire immediatamente un accesso umanitario senza ostacoli in Ucraina”.

    L’accusa è arrivata dall’alto rappresentante UE: “Questa non è più una guerra, ma la distruzione in atto di un Paese”. I ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno di nuove sanzioni contro il settore energetico di Mosca

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    I premier di Slovenia, Polonia e Repubblica Ceca in visita a Kiev con il benestare dei leader UE

    Bruxelles – Si iniziano a muovere i leader dell’Unione Europea per spingere il canale diplomatico nella risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina. Anche sfidando le bombe di una Kiev sempre più sotto assedio. I primi ministri di Slovenia, Janez Janša, Polonia, Mateusz Morawiecki, e Repubblica Ceca, Petr Fiala, hanno iniziato oggi (martedì 15 marzo) la propria visita nella capitale ucraina per incontrare il presidente, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro, Denys Šmihal’.
    La visita in Ucraina è stata organizzata in consultazione con il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, e della Commissione, Ursula von der Leyen, a margine del vertice informale di Versailles della scorsa settimana e la comunicazione è stata finalizzata ieri sera. I tre leader hanno qualificato la loro presenza a Kiev come “rappresentanti del Consiglio Europeo”, con l’obiettivo sia di “confermare il sostegno inequivocabile di tutta l’Unione Europea alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina”, sia di “presentare un ampio pacchetto di sostegno del popolo ucraino”.
    Fonti del Consiglio precisano però che “non c’è un mandato dei leader UE, perché nessuna conclusione è stata formalmente adottata dai 27 Stati membri” a Versailles, a proposito di una visita in Ucraina. In ogni caso è stato ribadito il “pieno sostegno” all’iniziativa da parte dei presidenti di Commissione e Consiglio, che hanno sottolineato i “rischi per la sicurezza di un tale viaggio”. Questo potrebbe essere il motivo principale per cui i due leader non si sono ancora esposti su un possibile viaggio in Ucraina per portare un messaggio di sostegno concreto al presidente Zelensky, anche se le fonti non si sono esposte sulla spiegazione.
    Il portavoce dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer, ha voluto però tenere la porta aperta: “Al momento non abbiamo commenti su una visita della presidente von der Leyen, siamo coscienti dei rischi in un Paese dove è in atto una brutale aggressione“. Durante il punto quotidiano con la stampa di Bruxelles, Mamer ha ricordato che “nonostante supportiamo tutti i contatti con Zelensky, la Commissione non può decidere quali canali gli Stati membri devono usare”, rimbalzando al Consiglio la responsabilità di decidere una futura azione collettiva dei Ventisette nel Paese sotto assedio russo.

    Today, we are going together with PM of Poland Mateusz Morawiecki, deputy PM Jarosław Kaczyński and PM of Slovenia Janez Janša to Kiev as representatives of the European Council to meet with president Zelensky and PM Shmyhal.https://t.co/Q52Ur8hybu
    — Petr Fiala (@P_Fiala) March 15, 2022

    I primi ministri Janša, Morawiecki e Fiala sono partiti per portare il sostegno al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nella Kiev assediata: “Pieno sostegno dal Consiglio UE, ma non c’è nessun mandato dei Ventisette”

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    L’UE ha coordinato la prima operazione di evacuazione di bambini ucraini malati dalla Polonia all’Italia

    Bruxelles – Si è messa in moto l’operazione MEDical EVACuation (Med Evac), la prima operazione di trasporto di persone ferite per prestare le cure mediche necessarie messa in piedi dall’Unione Europea all’interno del meccanismo europeo di solidarietà per i trasferimenti medici intra-UE di rifugiati e sfollati. Sostenuta finanziariamente e operativamente dal meccanismo di protezione civile dell’UE, l’operazione ha coordinato l’evacuazione di bambini ucraini malati dalla Polonia all’Italia.
    Dopo i bombardamenti delle città in Ucraina, tra cui anche l’ospedale pediatrico di Mariupol mercoledì scorso (9 marzo), Bruxelles ha coordinato l’operazione di evacuazione dei bambini ucraini malati e sfollati in Polonia. Su richiesta proprio delle autorità polacche, un team medico italiano ha condotto la missione ieri (domenica 13 marzo).
    Nel frattempo, di fronte a un numero di rifugiati dall’Ucraina che ha superato la soglia delle 2,5 milioni di persone, l’UE sta continuando a fornire assistenza di emergenza alla Polonia. In coordinazione con Italia, Francia, Germania, Danimarca e Austria, sono stati offerti medicinali, attrezzature mediche e di ricovero e vaccini pediatrici.

    La prima operazione MEDical EVACuation (Med Evac) è stata condotta da un team medico italiano, all’interno del meccanismo europeo di solidarietà per i trasferimenti medici intra-UE di rifugiati e sfollati dell’Unione Europea

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    Gli effetti delle sanzioni. Il leader russo dei fertilizzanti e del carbone chiede la pace in Ucraina, “o sarà crisi alimentare”

    Bruxelles – Al diciannovesimo giorno di guerra in Ucraina, si iniziano ad aprire le prime crepe nel cerchio magico di Vladimir Putin. In un’intervista rilasciata a Reuters, l’oligarca russo Andrey Melnichenko – re del settore dei fertilizzanti e del carbone e finito nella lista delle sanzioni UE – ha fatto un appello alla risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina: “Ne abbiamo bisogno urgente, perché una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo“. In attesa del quarto pacchetto di misure restrittive (previsto per oggi), le decisioni prese da Bruxelles in coordinamento con i partner del G7 sembrano aver dato uno scossone non solo all’economia russa, ma anche al mondo imprenditoriale vicino al Cremlino. Che davanti alla chiusura dei mercati globali e alla perdita di fatturato potrebbe abbandonare la nave dell’autocrate russo.
    Fondatore di EuroChem (uno dei più grandi produttori di fertilizzanti) e di SUEK (il principale produttore di carbone della Russia), Melnichenko è l’ottavo oligarca russo per patrimonio stimato (17,9 miliardi) e compare tra gli 862 individui colpiti dalle sanzioni dell’UE, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio. “La guerra ha già portato all’impennata dei prezzi dei fertilizzanti che non sono più accessibili agli agricoltori”, ha sottolineato Melnichenko, avvertendo che “ora porterà a un’inflazione alimentare ancora più alta in Europa e a probabili carenze di cibo nei Paesi più poveri del mondo”. Senza fare diretto riferimento a Putin, l’oligarca russo ha definito “veramente tragici” gli eventi in Ucraina, giustificando così la propria presa di posizione a favore della pace.
    Ma è chiaro che la vera determinante è la componente economica. Il rischio di essere trascinati verso il basso dall’isolamento internazionale sta iniziando a diventare concreto per gli imprenditori miliardari russi. La Russia è uno dei principali produttori al mondo di potassio, fosfato e fertilizzanti contenenti azoto ed EuroChem, che è una delle prime cinque aziende di fertilizzanti al mondo, sarebbe messa in ginocchio da una crisi alimentare globale. Lo scorso 9 marzo Melnichenko si è dimesso da membro del Consiglio di amministrazione e dalla direzione dell’azienda, dopo che l’UE lo ha sanzionato per la sua partecipazione a un incontro al Cremlino con Putin e altri 36 uomini d’affari, identificandolo come uno dei principali uomini d’affari coinvolti nei settori economici-chiave per il il finanziamento della campagna militare russa. Sabato scorso (12 marzo) la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste lo yacht di Melnichenko, il Sailing Yacht A di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro.

    Si iniziano a intravedere le prime crepe nel cerchio magico di Putin dopo i tre pacchetti di misure restrittive UE e G7 (in attesa del quarto): l’oligarca Melnichenko fa un appello “urgente” alla fine del conflitto in Ucraina: “Una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo”

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    È pronto il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia: vietati investimenti nel settore energetico e importazioni siderurgiche

    Bruxelles – I leader dell’Unione Europea l’avevano promesso questa notte, al termine della prima discussione del Consiglio informale a Versailles, e in meno di una giornata il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia è arrivato. O meglio, è arrivato l’annuncio delle misure restrittive in linea con i partner del G7 che saranno adottate domani (sabato 12 marzo), dopo “le tre ampie ondate di sanzioni che hanno colpito duramente l’economia della Russia”, ha sottolineato nella sua comunicazione la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
    Finalmente si inizia a intravedere qualche misura restrittiva sul piano dell’energia: “Proporremo un grande divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo“. La motivazione è semplice (la realizzazione meno) ed è legata al fatto che “non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo comunitario. Il divieto coprirà tutti gli investimenti, i trasferimenti di tecnologia e i servizi finanziari per l’esplorazione e la produzione di energia. Per colpire ancora di più le fonti di liquidità del regime, sarà anche vietata l’importazione di beni-chiave nel settore siderurgico, privando il settore centrale dell’economia russa di “miliardi di entrate dalle esportazioni e assicurando che i nostri cittadini non sovvenzionino la guerra di Putin”.
    Si continua anche sulla strada della mano pesante contro l’economia e la finanza: “Il rublo è crollato, molte banche russe sono tagliate fuori dal sistema bancario internazionale, le aziende stanno lasciando la Russia” e con il quarto pacchetto di sanzioni UE si vuole “drenare le risorse che usa per finanziare questa guerra barbara“. Tutto questo fino a quando Mosca non mostrerà la “volontà di impegnarsi seriamente nei negoziati per una soluzione diplomatica”. Durissima la misura che nega alla Russia lo status di nazione favorita sui più importanti mercati globali, il che significa che non godrà più dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): le aziende russe non riceveranno più trattamenti privilegiati e saranno sospesi finanziamenti e prestiti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. “La Russia non può violare grossolanamente il diritto internazionale e, allo stesso tempo, aspettarsi di beneficiare dei privilegi di far parte dell’ordine economico internazionale”, mette in chiaro la nota dei leader del G7.
    I ministri delle Finanze, della Giustizia e degli Affari interni del Gruppo dei 7 si incontreranno la settimana prossima per coordinare la task force per individuare nuovi membri dell’oligarchia russa vicina al regime Putin da colpire con le sanzioni e da escludere dal circuito delle criptovalute. Sempre in quest’ottica, il quarto pacchetto di sanzioni vieterà l’esportazione di qualsiasi bene di lusso dai Paesi UE e del G7 verso la Russia, “come un colpo diretto” all’élite russa: “Chi sostiene la macchina da guerra di Putin non sarà più in grado di godere del suo sontuoso stile di vita mentre le bombe cadono su persone innocenti in Ucraina”, ha attaccato von der Leyen.

    The three sweeping waves of sanctions and the extension of their scope this week have hit Russia’s economy very hard.
    The 4th package will be an additional blow to Putin’s regime.
    The invasion of Ukraine has to stop. pic.twitter.com/GFUisNpLWk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 11, 2022

    Sarà presentato domani (12 marzo) il nuovo pacchetto di misure restrittive in coordinamento con il G7. “Non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha attaccato Ursula von der Leyen

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    La guerra degli indirizzi: in Europa rinominate le strade delle ambasciate russe a memoria della resistenza ucraina

    Bruxelles – Se il Cremlino non vuole riconoscere la sovranità di Kiev e le sofferenze del popolo ucraino in una guerra che si trascina da 16 giorni, c’è un modo per farglielo ricordare a forza: costringere le ambasciate russe in Europa a scriverlo su ogni documento ufficiale, bigliettino da visita e sito Internet. Da Vilnius a Tirana, da Riga a Oslo, le capitali europee stanno rinominando le strade dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche russe in memoria della resistenza ucraina.
    L’amministrazione di Vilnius ha già cambiato l’indirizzo di Latvių gatvé. Davanti al numero 53, dove ha sede l’ambasciata della Federazione Russa in Lituania, ora campeggia il cartello stradale con la scritta Ukrainos Didvyrių gatvé. Via degli Eroi Ucraini. “D’ora in poi chiunque scriva una lettera all’ambasciata russa dovrà pensare alle vittime dell’aggressione e agli eroi dell’Ucraina”, ha scritto il sindaco, Remigijus Šimašius, in un post su Facebook, in cui ha annunciato che è stato cancellato ogni gemellaggio con città russe e bielorusse e che è stato approvato il trasporto gratuito nella città per i rifugiati dall’Ucraina.

    Ukrainian Heroes str. #Vilnius pic.twitter.com/IXjUQpLpsE
    — Remigijus Šimašius (@RemiSimasius) March 9, 2022

    Sempre nella regione baltica, la strada dove ha sede la rappresentanza diplomatica russa nella capitale lettone Riga porta il nuovo nome di Ukrainas neatkarības iela, strada dell’Indipendenza Ucraina. Nel nord-Europa, a Oslo (Norvegia) l’incrocio di fronte all’ambasciata russa è stato battezzato dal Consiglio comunale Ukrainas Plass, piazza Ucraina.
    Nella capitale albanese Tirana è stato deciso invece di chiamare Rruga Ukraina e lirë, via Ucraina libera, solo il tratto di strada che ospita la missione diplomatica russa. Su Twitter il sindaco, Erion Veliaj, ha fatto notare che “per coincidenza, le ambasciate ucraina, russa, serba e kosovara sono tutte in quel tratto” e che “questa strada definirà la nostra città“, dal momento in cui le due guerre a distanza di poco più di vent’anni l’una dall’altra “hanno definito la nostra generazione”.

    The @CityOfTirana will name a street segment on embassy row “Free Ukraine”
    Coincidentally, the Ukranian, Russian, Serbian & Kosovar Embassies are on that row
    The Serbia war on Kosovo & the Russian war on Ukraine have defined our generation
    This street will define our city 🇦🇱🇺🇦 pic.twitter.com/mWjBwnoWg0
    — Erion Veliaj #EYC2022 🇪🇺🇦🇱 (@erionveliaj) March 5, 2022

    Sull’onda di queste decisioni, anche altre capitali in Europa stanno discutendo sul cambio di nome di strade simboliche in memoria della resistenza dell’Ucraina contro l’aggressione russa. A Londra, il partito liberaldemocratico sta sollecitando il distretto di Kensington e Chelsea a cambiare l’indirizzo dell’ambasciata russa a Londra in Zelensky Avenue, dal nome del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Altro Paese, altra coincidenza: la strada in questione ospita anche la casa del proprietario russo del Chelsea Football Club, Roman Abramovich, che ieri (giovedì 10 marzo) è stato incluso nella lista degli oligarchi sanzionati dal Regno Unito.
    A Dublino è invece il Consiglio della capitale irlandese a spingere per ribattezzare Orwell Road in Independent Ukraine Road. Nella capitale danese Copenaghen i funzionari discuteranno la prossima settimana di cambiare l’indirizzo in cui si trova l’ambasciata russa da Kristianiagade a Ukrainegade, strada dell’Ucraina. Il valore è doppiamente simbolico, considerato il fatto che la strada portava il vecchio nome della capitale della Norvegia, come riconoscimento dei legami storici e delle buone relazioni dei due Paesi scandinavi. La decisione di entrambe le città di ribattezzare le strade che ospitano le rappresentanze diplomatiche russe salda ancora di più il loro rapporto, questa volta a supporto della resistenza ucraina.

    Da Vilnius a Tirana, da Riga a Oslo, fino a Londra, Dublino e Copenaghen, le capitali europee cambiano gli indirizzi dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche della Russia per costringerle a ricordare la guerra in Ucraina