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    Unanimità dai ministri UE degli Interni al piano in 10 punti della Commissione sull’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina

    Bruxelles – Tutti gli Stati membri allineati sull’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina, senza eccezioni. Dopo la presentazione delle linee-guida per l’assistenza delle persone in fuga dalla guerra scatenata dalla Russia di Vladimir Putin, la Commissione Europea ha ricevuto il via libera dei 27 ministri UE degli Interni al piano in 10 punti per il coordinamento più stretto tra gli Stati membri sull’accoglienza di queste persone in arrivo (o già arrivate) nel territorio comunitario. La decisione è stata presa dopo la presentazione del piano da parte del vicepresidente esecutivo della Commissione, Margaritis Schinas, e della commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, al Consiglio straordinario Giustizia e Affari interni di ieri pomeriggio (lunedì 28 marzo).
    Secondo quanto già previsto dalla direttiva sulla protezione temporanea applicata per la prima volta in 21 anni, si andrà a creare una piattaforma europea di registrazione dei rifugiati dall’Ucraina per lo scambio di informazioni tra i Paesi membri, anche grazie al supporto dell’Agenzia UE per la gestione operativa dei sistemi informatici su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA). Coordinamento è la parola-chiave e passa anche dall’approccio alla gestione dei trasporti e dei centri di informazione, sostenuti dalla nuova Agenzia per l’Asilo, che si occuperà anche dei piani operativi per le capacità di accoglienza dei Ventisette: l’obiettivo è mettere in condivisione l’offerta di alloggi e organizzare i trasferimenti da uno Stato membro all’altro, anche grazie all’iniziativa “Case sicure”.
    Sempre a livello di accoglienza, saranno messe in campo procedure operative per il sostegno dei bambini e il trasferimento dei minori non accompagnati, così come un piano comune per prevenire il traffico e lo sfruttamento di esseri umani. La rete della piattaforma multidisciplinare europea contro le minacce criminali (EMPACT) ed Europol saranno incaricati di sostenere gli Stati membri sia per assicurare la vigilanza contro la criminalità organizzata, sia per garantire l’applicazione delle sanzioni UE contro oligarchi russi e bielorussi.
    Centrale nel piano è lo sviluppare di piani di emergenza nazionali che rispondano alle esigenze di medio e lungo termine, a partire da un piano europeo di emergenza e risposta. Sarà la Commissione a sviluppare un indice comune per la condivisione dell’onere, secondo quanto anticipato nelle linee-guida della settimana scorsa, ma anche uno sportello unico per il sostegno “personalizzato” degli Stati membri e l’uso “flessibile” dei finanziamenti messi in campo dall’Unione. Sul piano della solidarietà, è stata rafforzata la collaborazione con la Repubblica di Moldova, con più trasferimenti di rifugiati dall’Ucraina verso il territorio UE sostenuti da finanziamenti comunitari e il rapido dispiegamento di squadre dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) nel Paese. Nel quadro di cooperazione internazionale per garantire destinazioni sicure, la piattaforma di solidarietà sarà condivisa con Canada, Stati Uniti, Regno Unito e altri partner internazionali.
    Intanto dall’Italia è arrivata la firma da parte del premier, Mario Draghi, al decreto ministeriale sulla protezione temporanea e l’assistenza per i profughi provenienti dall’Ucraina. La durata annuale (prima di due possibili rinnovi semestrali) parte dal 4 marzo scorso e i beneficiari sono tutti gli sfollati a partire dallo scoppio della guerra nel Paese il 24 febbraio, sia i residenti sia i cittadini di Paesi terzi a cui era garantita la protezione internazionale. Il permesso di soggiorno garantirà l’accesso all’assistenza erogata dal Sistema sanitario nazionale, al mercato del lavoro e allo studio. Il provvedimento prevede anche “specifiche misure assistenziali” e permette il ricongiungimento dei cittadini ucraini già presenti in Italia con i familiari in fuga dalla guerra.

    Prevista una piattaforma di registrazione per il coordinamento dei Ventisette, linee-guida per il supporto dei bambini, un piano anti-tratta di esseri umani e l’uso flessibile dei fondi europei a sostegno dei Paesi membri e della Moldova

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    Difesa comune e sanzioni “a maglie strette” contro la Russia. La guerra in Ucraina compatta i Ventisette in politica estera

    Bruxelles – Un Consiglio Europeo che lascia la sensazione che, almeno sul piano della politica estera, l’Unione si stia incamminando su un sentiero da cui difficilmente si potrà tornare indietro. Un mese di guerra della Russia in Ucraina ha dimostrato che i leader UE sembrano pronti a esorcizzare una chimera che non ha mai fatto dormire sonni tranquilli al progetto comunitario, dal giorno della sua nascita: una politica estera e di difesa comune. Il via libera alla Bussola Strategica per la difesa comune 2030, combinato con “l’adozione entro la fine del 2022 di misure per promuovere e facilitare l’accesso ai finanziamenti privati per l’industria della difesa“, come si legge nelle dichiarazioni conclusive della due-giorni di vertice UE, vanno in questa direzione.
    Sarà proprio il Consiglio a tenere “regolarmente controllata” l’attuazione del nuovo strumento che rappresenta “un grande passo in avanti nella definizione di una politica di sicurezza comune dell’Unione”, come l’aveva definito l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e “se necessario, fornirà ulteriori orientamenti”. Che il colpo di grazia all’implementazione di questo progetto comune sia arrivato dall’offensiva militare della Russia, lo evidenziano gli stessi 27 leader dell’UE: “Dobbiamo tenere conto della nuova situazione della sicurezza in Europa, che rappresenta un cambiamento importante nel suo ambiente strategico“. La Bussola strategica – il primo embrione di una difesa comune – è un insieme “coerente” di azioni, mezzi e obiettivi “per questo nuovo slancio”.
    Se bisogna seguire i soldi per capire in che direzione vanno i progetti politici, si può scendere dalle dichiarazioni di principio al piano concreto: “Vanno stimolati gli investimenti e l’innovazione per sviluppare insieme le capacità e le tecnologie necessarie” e allo stesso tempo “deve essere sfruttato tutto il potenziale degli strumenti e delle iniziative di finanziamento dell’Unione Europea”, in particolare il Fondo europeo per la difesa e la cooperazione strutturata permanente, il piano di sviluppo delle capacità e la revisione annuale coordinata sulla difesa. Prossimo appuntamento a metà maggio, quando la Commissione UE avrà elaborato un’analisi sulle lacune di investimenti e proporrà “ulteriori iniziative per rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea“.
    Il premier, Mario Draghi (25 marzo 2022)
    Il capitolo della difesa comune è pregnante anche nell’impegno del governo guidato da Mario Draghi per aumentare la spesa militare al 2 per cento del PIL. “Questo avviene all’interno della difesa europea, che è fondamentale per l’integrazione politica“. Un concetto che affonda le radici agli albori del progetto comunitario: “Chi volle la difesa europea, bloccata poi dal veto francese, fu Alcide De Gasperi“, ha sottolineato il premier italiano in conferenza stampa al termine del vertice di Bruxelles. “Avere la difesa europea vuol dire che non ci faremo più guerra tra di noi e dobbiamo impegnarci per coordinarci meglio, anche con una maggiore spesa”, come “tutti gli esperti dicono che è necessario e urgente”. Un’urgenza e una necessità che l’UE avverte da quando la Russia ha invaso l’Ucraina “con logiche che appartenevano ad altre epoche”, ha insistito Draghi.
    Ma l’unità in politica estera si stringe in modo sempre più coordinato insieme allo sforzo dei leader UE di “chiudere le maglie larghe delle sanzioni” contro la Russia. La condanna unanime all’aggressione russa non è una novità e nemmeno lo è l’impegno a rafforzare il regime di misure restrittive. Ma quello che davvero spicca nell’atteggiamento su questo fronte è il tentativo di parlare a una sola voce, mettendosi a capo di una coalizione che “ormai conta già 40 Paesi in tutto il mondo, la metà del PIL globale”, come ha sottolineato la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, dopo la fine delle quasi dieci ore di discussioni con i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione. Una leadership che va incontro anche alle aspettative del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, presente fisicamente in queste due giornate di incontri di alto livello a Bruxelles. A oggi sono quattro i pacchetti di sanzioni che “prosciugano le risorse a cui attinge l’economia russa”. Tuttavia, “ancora non sono riuscite alla perfezione”, ha avvertito la leader dell’esecutivo comunitario: “Abbiamo sistemi diversi, ma un obiettivo comune, e questo ci permetterà di chiudere le scappatoie e gli aggiramenti delle sanzioni“.
    La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e quello del Consiglio Europeo, Charles Michel (25 marzo 2022)
    Insomma, i leader UE sanno che per “chiudere i buchi” serve un lavoro coordinato tra i Ventisette e un “supporto della Commissione Europea”, ma anche che è necessario applicarle meglio e impedirne l’elusione: non si potrà prescindere dal “lavoro con Paesi terzi per sensibilizzarli a seguire la nostra stessa impostazione contro la Russia“, ha aggiunto il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Fonti europee fanno però sapere che sarà necessario uno sforzo diplomatico e una prova di unità in politica estera non indifferente da parte dell’Unione: in Europa “preoccupa soprattutto il non allineamento della Serbia“, che al momento né Bruxelles né Washington sono riusciti a convincere. I leader UE “continuano a provarci”, per non rischiare di lasciare alla mercé di Mosca un avamposto per la destabilizzazione della regione balcanica.
    A proposito di Balcani Occidentali, “la Bosnia ed Erzegovina ha richiesto una discussione più lunga e complessa del previsto“, spiegano le stesse fonti, che sottolineano come “la situazione era già complessa, e ora si intensificano le destabilizzazioni russe”. Le conclusioni del Consiglio dedicano uno degli ultimi punti alla questione bosniaca, chiamando i leader del Paese – in particolare il serbo-bosniaco, Milorad Dodik – alla dimostrazione di “un forte impegno a portare a termine rapidamente la riforma costituzionale ed elettorale” e a “sostenere tutte le altre riforme prioritarie indicate nel parere della Commissione per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE”. Timido invece il passaggio sulla Cina, a differenza dell’appello arrivato ieri dalla NATO: uno “scambio di opinioni” sulle relazioni con Pechino “nel nuovo contesto globale”, con riferimento sia alla guerra in Ucraina sia al vertice UE-Cina di venerdì prossimo (primo aprile). Sul nuovo sentiero della politica estera comune i Ventisette sono chiamati a fare passi più decisi.

    Nella due giorni di vertice è emersa l’unità sul coinvolgimento di Paesi terzi nelle misure contro Mosca e sul progetto della Bussola Strategica 2030. “L’aumento della spesa militare è all’interno del progetto di difesa europea, fondamentale per l’integrazione politica”, ha chiarito Draghi

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    Gli impegni dei leader G7: indipendenza energetica, fondi per sicurezza alimentare e nuove sanzioni “se necessario”

    Bruxelles – Un’unità “straordinaria”, come l’ha definita il premier Mario Draghi, come forse mai prima d’ora, è quella che è risultata dal vertice dei leader del G7 di oggi (giovedì 24 marzo) sulla risposta alla guerra tra Ucraina e Russia, in linea con le precedenti discussioni in seno alla NATO. “Siamo pronti ad applicare ulteriori misure restrittive come richiesto, se necessario, continuando ad agire in unità nel farlo“, si legge nella dichiarazione conclusiva dell’incontro dei capi di Stato e di governo di Italia, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, insieme ai presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel. “Lodiamo quei partner che si sono allineati con noi in questi sforzi”, hanno aggiunto i leader, chiamando a raccolta tutti gli alleati e i Paesi terzi che hanno condiviso i quattro pacchetti di sanzioni (come la tradizionalmente neutrale Svizzera).
    Oltre al sostegno all’Ucraina e alla condanna senza appello dell’aggressione militare scatenata dalla Russia, nelle conclusioni del vertice del G7 è ampio lo spazio dedicato alla questione energetica e alimentare. “Stiamo facendo ulteriori sforzi per ridurre la nostra dipendenza dall’energia russa“, anche attraverso la ricerca di “forniture alternative sicure e sostenibili” e il sostegno “attivo” dei Paesi che vogliono eliminare “gradualmente” la propria dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone russo. In caso di possibili interruzioni delle forniture in arrivo da Mosca, “agiremo in modo solidale e in stretto coordinamento”, mettono in chiaro i leader del Gruppo dei 7. L’appello è rivolto in particolare all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC), invitati ad “agire in modo responsabile e ad aumentare le consegne ai mercati internazionali”, per assicurare forniture energetiche globali “stabili e sostenibili”. Nessun passo indietro, in ogni caso, sul raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi e del patto sul clima di Glasgow per limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi centigradi. Sul fronte dell’aumento dei prezzi dell’energia, è stata condannata la decisione di Vladimir Putin di “mettere a rischio la ripresa economica globale, minare le catene globali del valore e di causare gravi impatti sui Paesi più fragili”.
    La preoccupazione dei leader del G7 va oltre l’energia e riguarda anche l’agricoltura, messa sotto pressione dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Nessun divieto di esportazione o misure restrittive al commercio, mercati aperti e trasparenti. Mentre “l’attuazione delle nostre sanzioni contro la Russia tiene conto della necessità di evitare un impatto sul commercio agricolo globale”, sarà necessario adottare misure per “rispondere alla crisi”. Tra queste anche un “uso coerente di tutti gli strumenti e meccanismi di finanziamento” che permettano di “affrontare la sicurezza alimentare e costruire la resilienza nel settore agricolo in linea con gli obiettivi climatici e ambientali”. In questo senso dovranno essere affrontate “potenziali interruzioni della produzione agricola e del commercio”, ma è stato anche annunciato l’aumento del contributo collettivo “alle istituzioni internazionali pertinenti”, come il Programma Alimentare Mondiale (PAM), “per fornire sostegno ai Paesi con insicurezza alimentare acuta”. Al vertice del G7 è stato anche deciso di chiedere una sessione straordinaria del Consiglio dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), in modo da affrontare le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina sul piano della sicurezza alimentare e dell’agricoltura mondiale.
    Sullo sfondo rimane la minaccia nucleare. “L’attacco della Russia ha già messo a rischio la sicurezza dei siti nucleari in Ucraina”, hanno denunciato i leader del G7, avvertendo Mosca che “deve rispettare i suoi obblighi internazionali e astenersi da qualsiasi attività pericolosa“, garantendo il controllo “senza ostacoli” da parte delle autorità ucraine e il pieno accesso all’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. L’avvertimento sul possibile uso di “armi chimiche, biologiche e nucleari” ricalca quello del vertice NATO, con la denuncia “categorica” della campagna di disinformazione “completamente infondata della Russia contro l’Ucraina, uno Stato che rispetta pienamente gli accordi internazionali di non proliferazione”.
    Rispetto al richiamo esplicito alla Cina della dichiarazione dei leader NATO, i riferimenti a Pechino del Gruppo dei 7 rimangono solo tra le righe: “Esortiamo tutti i Paesi a non dare assistenza militare o di altro tipo alla Russia per aiutare a continuare la sua aggressione in Ucraina”, è la risposta al rischio che il governo cinese possa pendere verso un appoggio militare ed economico. Nella stessa direzione si inserisce la “preoccupazione per altri Paesi che hanno amplificato la campagna di disinformazione della Russia”. In tutte le condanne dell’aggressione dell’Ucraina, non va dimenticato che Cremlino e popolazione non necessariamente coincidono agli occhi del mondo: “I cittadini russi devono sapere che non abbiamo nessun rancore nei loro confronti”, ma “sono Putin, il suo governo e sostenitori – compreso il regime di Alexander Lukashenko in Bielorussia – che stanno imponendo questa guerra e le sue conseguenze”. Una decisione che “infanga la storia del popolo russo”, hanno puntato il dito i leader del G7.

    Al vertice del Gruppo dei Sette decise “ulteriori misure restrittive” ai danni della Russia in caso di nuove escalation. I Paesi esportatori di petrolio chiamati a garantire “forniture stabili e sostenibili” e ad aumentare le consegne in caso di interruzioni da Mosca

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    La NATO invierà più armi all’Ucraina. Monito alla Cina: “Si astenga da supporto militare o economico alla Russia”

    Bruxelles – Armi anti-carro, difese anti-missili e droni. L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) ha annunciato oggi (giovedì 24 marzo) che aumenterà l’assistenza armata all’Ucraina per la difesa dall’aggressione russa. Lo hanno deciso i leader NATO nella riunione di Bruxelles, prima del vertice del G7 e del Consiglio Europeo, rispondendo parzialmente all’appello del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, per “l’invio di una quota pari all’uno per cento dei vostri 20 mila carri armati”. Al termine della riunione il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha confermato che “la decisione risponde alla necessità di garantire il diritto all’autodifesa” e che “da Zelensky è arrivato un ringraziamento per il supporto degli alleati”.
    Sottolineando a più riprese che “il conflitto non deve espandersi oltre”, i leader NATO hanno approvato il rafforzamento del fianco orientale dell’Alleanza, secondo le anticipazioni della presentazione del vertice di ieri (mercoledì 23 marzo). Si tratta di quattro nuovi battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia, in aggiunta a quelli già presenti nei Paesi baltici e Polonia: “Ora avremo otto battaglioni multinazionali dal Mar Baltico al Mar Nero“, ha ricordato Stoltenberg. Per quanto riguarda il numero di soldati dispiegati, “sono 100 mila quelli statunitensi a supporto degli alleati, mentre altri 40 mila sono sotto il diretto comando della NATO sul fianco orientale”. Si devono poi aggiungere cinque carrier strike group [gruppi di attacco di portaerei, ndr] nel Mare del Nord e nel Mediterraneo e la decisione di aumentare la difesa sul lungo termine “non solo con più forze a Est, ma anche con più armi, equipaggiamento, jet, sottomarini e missili difensivi in stato di allerta“, ha aggiunto il segretario generale dell’Alleanza.
    La NATO non andrà a schierare truppe direttamente sul territorio dell’Ucraina (sempre per la questione che “un’ulteriore escalation avrebbe un impatto devastante”), ma è necessaria “maggiore preparazione contro minacce nucleari, batteriologiche e chimiche” e un sostegno agli alleati contro l’espansionismo russo: “La Georgia è può essere concretamente minacciata, la Bosnia ed Erzegovina è a rischio di destabilizzazione per interferenze esterne”. Dal punto di vista della NATO, “l’allargamento ha portato pace e sicurezza in Europa, ma l’ambiente è cambiato da quando la Russia ha invaso l’Ucraina”, ha messo in chiaro il segretario generale Stoltenberg e in questo senso si inserisce il via libera dei leader dell’Alleanza a “raddoppiare gli sforzi dei piani per l’aumento nella spesa per la difesa” in tutti i Paesi membri. Stoltenberg ha fatto appello alla “una nuova normalità per la sicurezza europea”, rievocando le parole utilizzate una settimana prima dell’inizio della guerra tra Russia e Ucraina: “In questi tempi di insicurezza dobbiamo essere pronti a difenderci, questa invasione l’ha dimostrato”.
    Come dichiarato dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, da Washington è arrivata la decisione di fornire “un miliardo di dollari come nuova assistenza alla sicurezza dell’Ucraina”, tra cui sistemi antiaerei, armi anti-carro, droni e milioni di munizioni. “Accolgo con favore i passi di molti altri alleati per fornire supporto difensivo all’Ucraina e, insieme, siamo impegnati a identificare ulteriori attrezzature, compresi i sistemi di difesa aerea, per aiutare il Paese”, ha sottolineato. Sul piano del rafforzamento dell’Alleanza sul fronte orientale, “la nostra dichiarazione congiunta chiarisce che la NATO è forte e unita come non lo è mai stata prima“, come dimostra la risposta unitaria e rapida all’invasione russa dell’Ucraina e il dispiegamento di nuovi battaglioni nell’Europa orientale: “Difenderemo e proteggeremo collettivamente ogni centimetro del territorio dell’Alleanza”, ha ribadito con forza Biden. Appuntamento al vertice di Madrid a giugno per l’adozione di un “concetto strategico aggiornato per assicurare che la NATO sia pronta ad affrontare qualsiasi sfida”.
    Cittadini ucraini a Bruxelles che chiedono alla NATO di essere “coraggiosa come noi” e di “darci le armi” per la difesa.
    Importante anche il capitolo del possibile appoggio di Pechino a Mosca: “La Cina non deve dare supporto militare ed economico alla Russia, ma promuovere una soluzione pacifica e immediata del conflitto”, è stato il secco commento del segretario generale della NATO. Nella dichiarazione dei leader è esplicito l’appello alle autorità cinesi a “sostenere l’ordine internazionale, compresi i principi di sovranità e integrità territoriale” e ad “astenersi da qualsiasi azione che aiuti la Russia ad aggirare le sanzioni“. La preoccupazione è legata all’amplificazione delle “false narrazioni del Cremlino, in particolare sulla guerra e sulla NATO”. Fonti europee fanno riferimento in particolare alla dichiarazione congiunta del 4 febbraio tra Mosca e Pechino, che “evidenzia un chiaro riavvicinamento tra Cina e Russia“. Nonostante non ci siano “prove concrete” sulla richiesta russa di supporto militare alla Cina, le stesse fonti affermano che “prenderemo estremamente sul serio” l’eventualità in cui Pechino fornisse assistenza militare.

    Via libera dei leader all’assistenza armata di Kiev contro l’aggressione russa e al rafforzamento del fronte orientale dell’Alleanza. “Forti e uniti come non lo siamo mai stata prima”, ha confermato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden

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    Putin impone il pagamento del gas in rubli. Kiev: “Se l’UE cede, aiuterà la Russia a uccidere gli ucraini”

    Bruxelles – Basta euro e dollari, solo rubli: per ordine di Vladimir Putin. “Ho deciso di attuare una serie di misure per trasferire il pagamento delle nostre forniture di gas ai Paesi ostili in rubli russi“, ha affermato l’autocrate russo in una riunione di gabinetto ieri (mercoledì 23 marzo), concedendo alle autorità competenti una settimana di tempo per attuare il passaggio al sistema in valuta locale.
    È una decisione di portata storica, che potrebbe avere una duplice spiegazione. Prima di tutto, dovrebbe servire a rafforzare il valore della moneta russa, in caduta libera dopo le dure sanzioni imposte dai Paesi UE e del G7 con quattro pacchetti di misure restrittive che hanno colpito l’economia, la finanza, l’industria e la cerchia degli oligarchi vicini a Putin. Chiunque vorrà ancora acquistare il gas russo, dalla prossima settimana dovrà cambiare euro (o dollari) in rubli, creando domanda di valuta locale dove ora non esiste. Non è però ancora chiaro se questa misura riuscirà davvero a controbilanciare gli effetti devastanti delle sanzioni occidentali sull’economia russa. In secondo luogo, l’imposizione di Putin sul pagamento delle forniture di gas in rubli ha il sapore di una contro-sanzione e di umiliazione – non solo simbolica ma anche pratica – ai danni dei “Paesi ostili” che hanno tagliato fuori la Russia dal commercio e dalla finanza globale. Questa scelta però secondo gli esperti porterà anche un aumento dell’inflazione in Russia, che già viaggia ora al 2 per cento a settimana.
    “Se qualche Paese dell’UE si inchina alle umilianti richieste di Putin di pagare il petrolio e il gas in rubli, sarà come aiutare l’Ucraina con una mano e aiutare i russi a uccidere gli ucraini con l’altra“, ha avvertito con un tweet il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. “Esorto i Paesi interessati a fare una scelta saggia e responsabile”, è l’appello ai leader europei e occidentali nel giorno dei tre vertici cruciali (NATO, G7 e UE) a Bruxelles.

    If any EU country bows to Putin’s humiliating demands to pay for oil and gas in rubles, it will be like helping Ukraine with one hand and helping Russians kill Ukrainians with the other. I urge relevant countries to make a wise and responsible choice.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) March 24, 2022

    Tra i “Paesi ostili” a cui si riferisce Putin c’è anche l’Italia e proprio il premier, Mario Draghi, ha illustrato ieri i primi effetti della decisione sui pagamenti in rubli nel corso delle sue comunicazioni in Parlamento, in vista della due-giorni di vertice dei leader UE: “Il prezzo spot del gas sul mercato europeo è dimezzato rispetto alle punte di circa 200 euro per megawattora raggiunte l’8 marzo, ma questa è una notizia vecchia”. La novità introdotta dall’autocrate russo “ha portato il prezzo del gas a salire di circa 15 euro per megawattora“, ha spiegato Draghi in Aula. Un nuovo punto in agenda da affrontare al Consiglio Europeo che si aprirà tra poche ore a Bruxelles, nello spinoso capitolo dell’indipendenza energetica dalla Russia e del contenimento dei prezzi del gas.

    La decisione dell’autocrate russo punta a colpire i “Paesi ostili” e a rafforzare l’economia russa, creando domanda di moneta locale dove ora non c’è. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, esorta i Ventisette a “non inchinarsi alle umilianti richieste” di Mosca

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    Il premier canadese Trudeau al Parlamento UE: “Democrazia non è un caso, va difesa. In Ucraina non possiamo fallire”

    Bruxelles – È una chiamata a raccolta di “ogni possibile sforzo deliberato e consapevole a difesa della democrazia, ovunque nel mondo e in particolare in Ucraina”, quello che il primo ministro del Canada, Justin Trudeau, ha rivolto agli eurodeputati nel corso del suo intervento di oggi (mercoledì 23 marzo) in sessione plenaria del Parlamento UE. “La democrazia non è un caso e in Ucraina non possiamo fallire, perché ora quel popolo sta difendendo anche i nostri valori”, ha messo in chiaro il premier canadese.
    Dal 2017, la prima volta di Trudeau al Parlamento UE (e in assoluto di un premier canadese), “il mondo è cambiato, anche se già allora avvertivamo qualcosa di cupo all’orizzonte”. Dopo una pandemia e una recessione globale, “con in corso i pericoli dei cambiamenti climatici e dell’indebolimento delle istituzioni democratiche”, l’invasione “criminale” dell’Ucraina da parte della Russia “getta i nostri cittadini in un senso di incertezza sul futuro”. La guerra sul fronte orientale rappresenta la “violazione dei precetti più sacrosanti del diritto internazionale e ora Vladimir Putin bombarda anche i civili, in disprezzo flagrante dei diritti e della vita umana”, ha attaccato Trudeau davanti a un Parlamento UE che lo ha applaudito a lungo quando ha ricordato che “ora dobbiamo difendere Kiev e pensare all’impegno per la ricostruzione del Paese dopo la guerra“.
    Il primo ministro del Canada, Justin Trudeau (23 marzo 2022)
    È in quest’ottica che il premier canadese ha ribadito con forza che “in Ucraina non possiamo fallire, dobbiamo essere all’altezza del momento storico davanti al quale noi partner ci troviamo”. Per l’Europa e il Canada, “uniti in modo incrollabile nella difesa dei valori che ci accomunano”, la Russia di Putin rappresenta una “minaccia alle regole per la stabilità e la pace e per la protezione dei cittadini”. Tuttavia, di fronte a questa minaccia, le democrazie mondiali hanno dato una grande prova di solidità: “Putin pensava che fossimo deboli, vedendo i nostri disaccordi e le nostre discussioni“, ha ricordato Trudeau. Tuttavia, “il rigore del dibattito e l’impegno civile è quello che ci rende forti e la democrazia sarà sempre migliore dell’autoritarismo”. La dimostrazione è lo stesso “errore di valutazione” commesso dall’autocrate russo: “Ora è come un boomerang contro di lui, non siamo mai stati più risoluti a livello NATO“, ha assicurato il premier canadese.
    A proposito di NATO, Trudeau domani sarà impegnato in un vertice dei leader che dovrà decidere se e come rafforzare militarmente il fronte orientale dell’Alleanza. Citando le parole del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky (“La luce vincerà sull’oscurità”), Trudeau ha concluso il suo intervento al Parlamento UE ricordando che “tutti gli europei possono contare sul sostegno totale del Canada”, come dimostra l’impegno anche militare del Paese. Il governo di Ottawa dirige una missione di dieci Paesi membri della NATO in Lettonia e ha deciso di raddoppiare i contributi all’Alleanza per gli anni avvenire, perché “la sicurezza dell’Europa è la sicurezza del Canada“. Ma la questione investe tutti i partner mondiali che si oppongono all’invasione dell’Ucraina: “Dobbiamo incrementare la pressione con le sanzioni e mostrare che la decisione di aggredire un Paese sovrano è un fallimento strategico, che porta a costi rovinosi per Putin e la Russia”, ha messo in chiaro il premier canadese, prima di essere salutato dalla standing ovation della plenaria.

    Nel suo intervento davanti agli eurodeputati riuniti in sessione plenaria, il leader del Canada ha sottolineato “l’errore di Putin nel considerare deboli le nostre democrazie”. Lungo applauso sulla necessità di “difendere Kiev e impegnarsi per la ricostruzione del Paese dopo la guerra”

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    Rafforzamento del fianco orientale, supporto all’Ucraina e appello alla Cina. Di cosa discuteranno i leader NATO

    Bruxelles – Le conseguenze della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina si fanno sentire anche sull’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) e con effetti molto pesanti. Così come anticipato oggi (mercoledì 23 marzo) dal segretario generale, Jens Stoltenberg, nel corso della conferenza stampa pre-vertice, i leader NATO riuniti domani a Bruxelles dovranno decidere se e come rafforzare il fianco orientale dell’Alleanza. “Si tratta di un nuovo dispiegamento di battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia, che porterà a otto il loro numero, compresi quelli già presenti nei Paesi baltici e in Polonia”, ha specificato Stoltenberg.
    Il rafforzamento del fianco orientale “per terra, aria e mare” della NATO in realtà è già iniziato informalmente con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, considerato il fatto che “abbiamo risposto in modo unitario e rapido per difendere tutti gli alleati” e questo, in termini pratici, si è tradotto nella preparazione di “più di un centinaio di migliaia di militari in Europa“. Nello specifico, “sono in stato di allerta cinque carrier strike group [gruppi di attacco di portaerei, ndr] nel Mare del Nord e nel Mediterraneo”. Stoltenberg ha voluto precisare che “dobbiamo affrontare una nuova era di sicurezza globale” e questo comporta una “riorganizzazione della difesa sul lungo termine, con nuovi investimenti” per la sicurezza dell’Europa: “La pace non può più essere data per scontata”, ha sottolineato con forza.
    Sul tavolo delle discussioni dei leader NATO domani ci sarà anche il tema del sostegno all’Ucraina nella resistenza contro la Russia. “Abbiamo fornito sistemi di difesa, armi, munizioni e sostegno finanziario, ora bisogna considerare se si può fare di più”, ha spiegato Stoltenberg ai giornalisti, mettendo in chiaro che “potrebbe servire un supporto addizionale per la protezione da minacce nucleari, batteriologiche e chimiche“, che potrebbero essere messe in atto dall’esercito di occupazione. “L’uso di questo tipo di armi cambierebbe la natura del conflitto e avrebbe enormi conseguenze”, ha avvertito il segretario generale dell’Alleanza. Nonostante il supporto (quasi) incondizionato all’Ucraina – che “sta mettendo in pratica con forza e coraggio l’addestramento ricevuto dal 2014 a oggi” – Stoltenberg ha voluto sgombrare il campo da ogni dubbio: “L’ingresso dell’Ucraina nella NATO non è in agenda“.
    Un ultimo punto riguarderà invece gli appelli internazionali dei leader NATO per la ricerca di una via diplomatica alla risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina. Il primo interlocutore è Pechino: “Siamo preoccupati che la Cina possa sostenere Mosca militarmente, dopo aver dato supporto politico, con la disinformazione e mettendo in discussione la possibilità dell’Ucraina di prendere decisioni sovrane sulla sua sicurezza”. Dall’Alleanza potrebbe arrivare un appello alla “responsabilità della Cina in quanto membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a supporto degli sforzi per raggiungere il dialogo e la pace”. In ultima battuta, un duro monito alla Bielorussia di Alexander Lukasehenko, su cui iniziano a intensificarsi i timori che possa intervenire direttamente con l’esercito nella guerra in Ucraina: “Chiederemo a Minsk di mettere fine alla sua complicità, che dal primo giorno ha messo a disposizione il suo territorio per mobilitare le truppe russe d’occupazione verso Kiev”, ha puntato il dito Stoltenberg.

    Nell’incontro dei capi di Stato e di governo dell’Alleanza dovrà essere presa la decisione su un nuovo dispiegamento di battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia. Ma gli alleati sono “preoccupati che Pechino possa supportare Mosca militarmente”

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    Educazione, lavoro, sanità e alloggi: le linee-guida della Commissione UE per l’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina

    Bruxelles – Tre milioni e mezzo di rifugiati dall’Ucraina nell’UE, sei e mezzo internamente nel Paese invaso dalla Russia quasi un mese fa (domani la prima ricorrenza della guerra). Per affrontare la crisi migratoria più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra Mondiale, Bruxelles ha messo in campo uno sforzo inedito sul piano dell’accoglienza, con il pacchetto di misure a sostegno degli aiuti umanitari presentato dalla Commissione Europea due settimane fa e l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea per la prima volta da quando è entrata in vigore nel 2001 (qui tutti i dettagli). Mentre il numero di rifugiati è in costante aumento, l’esecutivo comunitario ha presentato oggi (mercoledì 23 marzo) le linee-guida per l’assistenza delle persone in fuga dall’Ucraina da parte degli Stati membri UE.
    Il sostegno si incentra su cinque pilastri: protezione per i minori, accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio. “Ai bambini deve essere garantito un rapido accesso ai loro diritti senza discriminazioni“, si legge nella comunicazione della Commissione Europea, in particolare per quanto riguarda la registrazione al momento dell’ingresso nell’UE: il rischio da combattere è quello di rapimenti e di traffico di esseri umani. Sempre ai bambini e ai ragazzi ucraini dovrà essere garantito “come priorità” l’accesso all’istruzione, “perché possano sentire un minimo di normalità nelle loro vite stravolte”, ha sottolineato in conferenza stampa il vicepresidente esecutivo della Commissione, Margaritis Schinas. Questa integrazione nei sistemi scolastici dei Paesi membri potrà essere agevolata dal fatto che “il sistema ucraino è già stato digitalizzato durante la pandemia COVID-19” e il portale di Kiev potrà funzionare come “sportello unico per collegarsi al materiale didattico in lingua ucraina”.
    Grazie a un meccanismo di solidarietà istituito dall’esecutivo UE che ha garantito 10 mila posti letti in tutta l’Unione, sul piano dell’assistenza sanitaria i rifugiati in arrivo dall’Ucraina che hanno “urgente bisogno di cure ospedaliere specializzate” potranno essere trasferiti tra Stati membri. L’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) andrà anche a sostenere la fornitura di vaccini COVID-19, considerato il basso livello di vaccinazione della popolazione ucraina (circa il 35 per cento). Allo stesso tempo, non verrà trascurato il sostegno – in lingua ucraina – alla salute mentale di queste persone, per affrontare i traumi della guerra.
    Per quanto riguarda l’occupazione, gli Stati membri sono stati invitati a prendere misure per aiutare le persone a esercitare il loro diritto al lavoro e alla formazione professionale. Infine, la Commissione Europea ha deciso di sostenere i cittadini dei 27 Stati membri UE che vogliono mettere a disposizione le proprie case per ospitare i rifugiati in arrivo dall’Ucraina, attraverso la nuova iniziativa “case sicure” e la mobilitazione di finanziamenti mirati, oltre al dispiegamento del Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione e i fondi della politica di coesione per rafforzare i sistemi pubblici di accoglienza. Complessivamente, sono stati resi disponibili 3,4 miliardi di euro aggiuntivi di prefinanziamento nell’ambito di REACT-EU per accelerare l’accesso ai fondi, di cui “molti andranno alla Polonia, che avrà la parte che merita per sostenere l’enorme sforzo richiesto”, ha precisato il vicepresidente Schinas.
    La solidarietà tra Paesi membri UE
    La presentazione delle linee-guida della Commissione Europea sull’accoglienza dei rifugiati ucraini (23 marzo 2022)
    Per l’UE è anche fondamentale la cooperazione e la solidarietà tra gli Stati membri per coordinare il sostegno sul campo e l’accoglienza dei rifugiati che fuggono dalla guerra in Ucraina. A questo proposito, è stata istituita una piattaforma di solidarietà che riunisce Stati membri e agenzie UE e adibita all’organizzazione dei trasferimenti sicuri di persone verso Paesi che hanno maggiori capacità di accoglienza, compresi quelli extra-UE (Canada e Regno Unito). La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha reso noto che “per facilitare il dibattito su una condivisione equa dell’onere”, i servizi della Commissione stanno comparando il numero di rifugiati ucraini in ciascuno Stato membro e quello dei richiedenti asilo dello scorso anno, facendo poi un confronto con le dimensioni del Paese: “Questo crea un indice che può indicare in qualche modo quali sono gli Stati che oggi sono di fronte alla pressione maggiore”, ha specificato la commissaria, anticipando che “la Polonia è il primo, poi vengono Austria, Cipro, Repubblica Ceca ed Estonia“.
    Il meccanismo di solidarietà è già in atto, con i primi trasferimenti di 14.500 persone dalla Repubblica di Moldova verso sette Paesi membri e la Norvegia iniziati sabato corso (19 marzo). In questo quadro è contemplato anche il rimpatrio di cittadini non-ucraini che non hanno diritto alla protezione temporanea (ma che comunque devono essere accolti alle frontiere dell’UE). Con il sostegno dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) sono stati organizzati i primi voli umanitari di ritorno volontario dalla Polonia al Tagikistan e al Kyrgyzstan. Infine, nel corso della conferenza stampa, la commissaria Johansson ha ricordato ai rifugiati in arrivo dall’Ucraina tutti i consigli per viaggiare in sicurezza sul territorio UE, in particolare per prevenire i rischi di sfruttamento per donne e bambini.

    Messa in campo anche la piattaforma di solidarietà per coordinare il sostegno sul campo e l’accoglienza. L’esecutivo UE lavora a un indice dei Paesi membri che devono affrontare la situazione più drammatica: Polonia al primo posto