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    I leader dei Paesi occidentali e arabi in vetrina a Sharm el-Sheikh per celebrare l’accordo a Gaza

    Bruxelles – Gli occhi del mondo puntati su Gaza. E poi in Egitto, a Sharm el-Sheikh. Passando per la Knesset, a Gerusalemme. Sono le tappe principali di una giornata storica, cominciata con il rilascio da parte di Hamas dei 20 ostaggi israeliani ancora in vita, proseguita con il discorso del presidente USA, Donald Trump, al Parlamento israeliano e che si chiuderà con il summit per la pace nella famosa località turistica sul mar Rosso. Al vertice, oltre ai leader di 27 Paesi arabi e occidentali che sgomitano per avere un ruolo nel futuro della Striscia, parteciperà il presidente dell’Autorità palestinese Mahmūd Abbās. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, non si recherà in Egitto.Questa mattina, in due tranche – a distanza di circa due ore l’una dall’altra – Hamas ha riconsegnato all’esercito israeliano i 20 ostaggi ancora detenuti, punto cruciale dell’accordo siglato la scorsa settimana. Nel pomeriggio, è prevista la restituzione delle salme dei 28 ostaggi deceduti. In cambio, Israele ha rilasciato nella giornata di oggi circa 250 prigionieri palestinesi e 1.700 detenuti di Gaza, incarcerati dopo il 7 ottobre. Nel frattempo, gli aiuti umanitari dovrebbero finalmente raggiungere la popolazione in quantità massiccia: già nella giornata di ieri, secondo il ministero della Sanità di Gaza sono entrati nella Striscia 173 camion carichi di aiuti.Donald Trump alla Knesset, il Parlamento di Israele, 13/10/25. (Photo by SAUL LOEB / POOL / AFP)Il protagonista assoluto non può che essere Trump, osannato da tutti i leader occidentali ed arabi come il fautore di una pace che sembrava irraggiungibile. Il tycoon ha pianificato una coreografia perfetta: atterrato in mattinata a Tel Aviv, ha incontrato le famiglie degli ostaggi liberati prima di ricevere l’ovazione del Parlamento di Israele. Alla Knesset, il presidente ha affermato che Israele “ha vinto tutto ciò che si poteva vincere con la forza delle armi” e che è ora il tempo di tradurre le “vittorie contro i terroristi” in pace e prosperità per tutta la regione.Al summit di Sharm el-Sheikh, dove verrà celebrato l’accordo sulla prima fase del piano in 20 punti per Gaza, Trump e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi hanno invitato 27 leader di Paesi arabi ed occidentali. Dal vecchio continente, sono atterrati in Egitto il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la premier italiana Giorgia Meloni. Hanno confermato la propria presenza anche lo spagnolo Pedro Sanchez, il greco Kyriakos Mitsotakis, l’ungherese Viktor Orban e il cipriota Nikos Christodoulides. A Bruxelles, l’invito è stato recapitato al presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.Prima di partire per il summit, Costa ha ribadito la volontà dell’Ue a contribuire ai processi di governance transitoria, ripresa e ricostruzione per garantire il successo del “giorno dopo”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha scritto in un post su X che il ritorno degli ostaggi israeliani “significa che si può voltare pagina” e ha sottolineato che “l’Europa sostiene pienamente il piano di pace mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia”.Emmanuel Macron, Mahmud Abbas e Keir Starmer a Sharm el-Sheikh, 13/10/25  (Photo by Suzanne Plunkett / POOL / AFP)Per la Commissione europea, “voltare pagina” potrebbe significare rimettere nel cassetto le proposte di sospensione di alcuni benefici commerciali a Israele e di sanzioni politiche contro due ministri del governo di Netanyahu. “Se cambia il contesto, questo potrebbe eventualmente portare ad una modifica delle proposte“, ha ammesso la portavoce capo dell’esecutivo Ue, Paula Pinho. “Ma non siamo ancora arrivati a quel punto”, ha specificato, rimandando un primo confronto al Consiglio Ue Affari esteri della prossima settimana.L’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha pagato il suo tributo a Trump, che “ha reso possibile questa svolta”. Kallas ha annunciato che il 15 ottobre riprenderà la missione civile EUBAM Rafah, che faciliterà il passaggio in entrata e in uscita al valico di frontiera di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. L’Ue sta inoltre lavorando ad una possibile espansione del mandato della missione EUPOL COPPS, attraverso cui aiuta nella formazione del personale di polizia dell’Autorità Palestinese.Bruxelles è finora rimasta ai margini del piano ideato da Trump e dall’ex premier britannico Tony Blair. Eppure, i suoi leader lo hanno sostenuto dal primo momento, rivendicando immediatamente il diritto di avere voce in capitolo visti gli sforzi profusi a sostegno dell’Autorità palestinese – l’Ue ha messo a bilancio 1,6 miliardi per il periodo 2025-2027 – e per portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Anouar El Anouni, portavoce dell’esecutivo Ue per gli Affari esteri, ha ammesso oggi che forse nei 20 punti stilati da Washington “ci piacerebbe vedere un ruolo maggiore affidato all’Autorità palestinese e un calendario più chiaro verso l’orizzonte politico dello Stato palestinese”.Nella seconda fase del piano che verrà firmato e celebrato oggi nel summit di Sharm el-Sheikh, le perplessità non mancano. In primis la questione di chi formerà le International Stabilisation Forces, la presenza militare internazionale prevista in un primo tempo nella Striscia. In secondo luogo, il futuro di Hamas, che non sembra disposta ad accettare una completa smilitarizzazione. Infine, la spinosa questione della governance temporanea della Striscia, sul cui Consiglio direttivo guidato da Trump si stanno convogliando le mire di tutti i governi occidentali.Per non parlare di quello che manca, per esempio qualsiasi accenno alle responsabilità del governo israeliano, la cui guerra contro Hamas ha ucciso almeno 67 mila palestinesi e raso al suolo la quasi totalità della Striscia di Gaza, comprese le sue infrastrutture critiche. Se l’Unione europea sta escogitando da mesi un piano per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina con le risorse immobilizzate della Banca Centrale Russa, nessuno ha finora messo sul tavolo l’idea che Tel Aviv sostenga i costi mastodontici per restituire un futuro alla Striscia. “È sicuramente una domanda interessante sulla quale non ho alcun commento da fare in questa fase“, ha glissato la capo-portavoce della Commissione europea.

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    Israele e Hamas hanno raggiunto l’accordo per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta da gennaio 2025, la popolazione di Gaza si risveglia per festeggiare tra le macerie. Israele e Hamas hanno concordato la fase iniziale del piano proposto da Donald Trump. È proprio il presidente americano a darne l’annuncio, nella notte tra l’8 e il 9 ottobre: tutti gli ostaggi detenuti da Hamas saranno rilasciati “molto presto” e Israele ritirerà le truppe a una “linea concordata“.Hamas ha confermato di aver accettato i termini del piano negoziati negli ultimi tre giorni a Sharm el-Sheikh, sottolineando che l’accordo prevede il ritiro israeliano dalla Striscia e lo scambio di ostaggi e prigionieri. Il gabinetto di sicurezza di Tel Aviv si riunirà oggi per dare il proprio via libera: i suoi ministri più estremisti si oppongono, il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha scritto su X che “subito dopo il ritorno a casa degli ostaggi” lo Stato ebraico dovrebbe “continuare a impegnarsi con tutte le sue forza per la vera eradicazione di Hamas”. Ma sembra comunque improbabile che, con le famiglie degli ostaggi che festeggiano l’annuncio, il gabinetto respinga l’accordo.Cessate il fuoco, rilascio degli ostaggi israeliani e di prigionieri palestinesi, ritiro parziale dell’esercito israeliano da Gaza. Si tratta della prima fase del piano in 20 punti messo a punto da Trump e dall’ex primo ministro britannico Tony Blair. Sulle questione più spinose – il disarmo di Hamas, la governance della Striscia e le tempistiche per il passaggio di consegne con l’Autorità palestinese -, non è chiaro se siano stati fatti progressi.Intanto, i 20 ostaggi israeliani che si ritiene siano ancora vivi potrebbero essere riconsegnati già questo fine settimana, in cambio del rilascio di circa 1.700 prigionieri palestinesi. Trump ha indicato lunedì 13 ottobre come possibile giorno del ritorno in Israele degli ostaggi. Il premier Benjamin Netanyahu ha salutato l’accordo come “un grande giorno per Israele”. Hamas ha invitato Trump e gli Stati garanti dell’accordo – Egitto, Qatar e Turchia – ad assicurarsi che Israele attui pienamente il cessate il fuoco.Con i quattro Paesi che hanno mediato i negoziati, si è immediatamente congratulata l’Unione europea, esclusa dal tavolo delle trattative per la pace fin dall’inizio del conflitto. “Mi congratulo con gli Stati Uniti, il Qatar, l’Egitto e la Turchia per gli sforzi diplomatici compiuti al fine di raggiungere questo importante risultato”, ha dichiarato Ursula von der Leyen in una nota, a cui ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Nemmeno una parola, ancora una volta, sul nuovo abbordaggio da parte di Israele alle imbarcazioni civili della Thousands Madleen to Gaza in acque internazionali.La leader Ue ha garantito che “l’UE continuerà a sostenere la consegna rapida e sicura degli aiuti umanitari a Gaza” e sottolineato che “quando sarà il momento, saremo pronti ad aiutare nella ripresa e nella ricostruzione“. Un altro punto del piano decisamente ambiguo, che prevede l’ingente intervento di investitori stranieri per ricostruire la Striscia sull’impronta delle “più fiorenti città moderne del Medio Oriente”. L’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha ribadito che “l’UE farà tutto il possibile per sostenere l’attuazione” del piano di Trump. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha esortato entrambe le parti a “rispettare pienamente” i termini dell’accordo.“I am very proud to announce that Israel and Hamas have both signed off on the first Phase of our Peace Plan… BLESSED ARE THE PEACEMAKERS!” – President Donald J. Trump pic.twitter.com/lAUxi1UPYh— The White House (@WhiteHouse) October 8, 2025

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    A due anni dal 7 ottobre l’Europa ricorda le vittime israeliane. Ma non tutti condannano il genocidio dei palestinesi

    Bruxelles – Col resto del mondo, l’Europa ricorda oggi (7 ottobre) il secondo anniversario degli attacchi di Hamas contro Israele. “Non dimenticheremo mai l’orrore” di quel giorno, scrivono in un post congiunto su X la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e quello del Consiglio europeo, António Costa, né “il dolore causato alle vittime innocenti, alle loro famiglie e all’intero popolo israeliano”. “Onoriamo la loro memoria lavorando instancabilmente per la pace“, aggiungono riferendosi ai negoziati in corso in Egitto tra gli emissari dello Stato ebraico e dell’organizzazione palestinese.Al ricordo degli attacchi di Hamas si aggiungono il ricordo delle 1.195 vittime (più 251 ostaggi), condanna degli attentati, e sostegno agli sforzi per pervenire ad una soluzione politica al conflitto che infuria da due anni nella martoriata Striscia di Gaza, mediati dagli Stati Uniti sulla base del piano in 20 punti proposto da Donald Trump.Da Strasburgo, dov’è iniziata ieri la plenaria dell’Eurocamera, la presidente dell’emiciclo Roberta Metsola ha definito il 7 ottobre 2023 “un giorno che rimarrà per sempre impresso nella storia del nostro tempo come un giorno d’infamia“. La popolare maltese deplora il “ciclo di guerra e violenza che ha causato la morte di decine di migliaia di persone” – le stime aggiornate parlano di oltre 67mila vittime tra la popolazione gazawi, in larghissima parte civili – ma non arriva a condannare fermamente la risposta militare sproporzionata di Tel Aviv, che ha avviato nell’exclave costiera, descritta dalle Nazioni Unite e dalle stesse ong israeliane come un genocidio in piena regola.La commissaria Ue al Mediterraneo, Dubravka Šuica (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Intervenendo al dibattito in Aula sul tema, la commissaria al Mediterraneo Dubravka Šuica ha concesso che “la situazione a Gaza è diventata intollerabile” e che il massacro condotto da Israele nella Striscia ha “scosso le coscienze del mondo”, come evidenziato plasticamente dal moltiplicarsi delle manifestazioni oceaniche esplose a tutte le latitudini e longitudini nelle ultime settimane, anche e soprattutto in Italia.Bruxelles, continua, considera il piano di Trump “un quadro credibile per la pace” e ne condivide i punti cardine: “Nessun ruolo per Hamas (nel dopoguerra, ndr), nessuno spostamento forzato della popolazione, nessuna annessione, incluso in Cisgiordania, nessuna minaccia da Gaza verso i vicini e nessuna operazione militare” nella Striscia. L’obiettivo, conclude Šuica, è garantire “la sicurezza reale di Israele e un futuro sicuro per tutti i palestinesi“.Di “attacco terroristico brutale” ha parlato anche la capogruppo socialista in Aula, Iratxe García Pérez, che però non si nasconde e condanna anche “la reazione di Israele col genocidio a Gaza“. In merito alle partecipatissime proteste di piazza, l’eurodeputata spagnola osserva che “il nostro compito è ascoltare la voce dei milioni di cittadini” che sono scesi in strada poiché “il nostro silenzio è complice“. “Dobbiamo chiedere alla Commissione di agire per fermare la strage“, conclude.Dai Socialisti e democratici (S&D), il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti ricorda che “la sicurezza non si costruisce con la forza ma con la pace” e che “violenza infinita chiama terrorismo infinito“. Il suo compagno di partito Sandro Ruotolo ribadisce che oggi “è il popolo palestinese a pagare il prezzo più alto“, sottolineando che per avvicinarsi alla pace è necessario interrompere le ostilità e “riprendere un processo politico vero, che riconosca finalmente ai palestinesi il diritto a uno Stato libero e sovrano accanto a Israele“. Un ragionamento che, planisfero alla mano, parrebbe condiviso da un numero sempre maggiore di governi nel mondo.La manifestazione nazionale per la Palestina a Roma, il 4 ottobre 2025 (foto: Alessandro Amoruso via Imagoeconomica)Più incisivi gli interventi di due eurodeputate italiane che si erano imbarcate con la Global Sumud Flotilla. La dem Annalisa Corrado rimarca che il “genocidio in corso” nella Striscia è “il frutto di scelte politiche criminali” prese dal gabinetto di Benjamin Netanyahu (sul cui capo, del resto, pende un mandato di cattura per crimini di guerra e contro l’umanità spiccato dalla Corte penale internazionale) e che “le responsabilità del governo israeliano non possono essere coperte da un silenzio complice” come quello che, sempre più assordante, si leva dalle cancellerie dei Ventisette.Ma, ammonisce Corrado, bisogna approcciare anche le trattative in corso con realismo ed evitare i diktat tra le parti belligeranti (e i rispettivi alleati): “La pace non si costruisce imponendo condizioni dall’alto, negando la voce e la dignità del popolo palestinese”, ragiona. E rimarca che “senza il riconoscimento della Palestina, senza un processo politico che ponga fine alle occupazioni illegali, ogni accordo resterà fragile e non si estirperanno le radici dell’odio”. “L’Europa deve smettere di oscillare tra ipocrisie e connivenze“, conclude.Dai banchi dei Verdi, anche Benedetta Scuderi (Avs) si chiede “perché dopo due anni di genocidio palestinese e pulizia etnica ancora non facciamo niente per fermare Israele“, e interroga i colleghi sul loro rifiuto di “parlare della Flotilla“, riferendosi alla bocciatura da parte dell’emiciclo di due mozioni sul tema proposte dal suo gruppo e dalla Sinistra all’inizio dei lavori dell’intera sessione plenaria. “Se non avete a cuore nemmeno i diritti degli europei che rappresentate, delle nostre colleghe, mai quest’Aula potrà supportare il popolo palestinese“, il suo j’accuse.L’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Sulle imbarcazioni della missione di solidarietà transnazionale – intercettata con metodi pirateschi da Tel Aviv tra il 2 e il 3 ottobre – c’era anche l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, della Sinistra. Gli attivisti hanno raccontato di aver subìto aggressioni e violenze fisiche e psicologiche da parte delle autorità israeliane. Scuderi sostiene che “l’Europa sta morendo nel silenzio e nella complicità delle sue istituzioni” ma nota anche che “c’è un’altra Europa, viva nelle milioni di persone che riempiono le strade gridando ‘non nel nostro nome’, un’Europa che crede nella giustizia, nel diritto e nella pace, che non vuole ripetere gli errori del passato e che si oppone davvero al genocidio”.Gli aggiornamenti che arrivano da Sharm el Sheikh, dove sono in contatto indiretto le due squadre negoziali, sono solo parzialmente incoraggianti. Si tratta senza dubbio dello slancio diplomatico più solido mai messo in campo finora, ma le posizioni rimangono distanti su diversi punti cruciali nonostante la disponibilità dichiarata in linea di principio da entrambi i belligeranti. Soprattutto, Hamas chiede la cessazione completa della campagna israeliana e il ritiro totale dell’esercito di Tel Aviv dalla Striscia, mentre lo Stato ebraico pretende il disarmo del gruppo palestinese. Un’altra questione per il momento irrisolta è quella della ricostruzione post-bellica di Gaza. In mancanza di un accordo, intanto, le operazioni militari continuano.

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    Israele entra a Gaza City, per l’Onu “è genocidio”. Ue, domani le prime sanzioni economiche

    Bruxelles – Dopo giorni di intensi bombardamenti aerei, con le prime luci dell’alba Israele ha dato il via all’operazione via terra a Gaza City. Un’invasione condannata da tutti, ma che Tel Aviv può portare avanti grazie al supporto incondizionato degli Stati Uniti. L’UE assiste, inerme, e prova a smarcarsi dalle accuse di complicità annunciando che è pronta a mettere sul tavolo le prime sanzioni politiche ed economiche all’alleato israeliano.A Gaza City, già prima del conflitto la città più popolosa della Striscia, avevano trovato rifugio quasi un milione di persone, dopo che Israele ha raso al suolo circa il 70 per cento degli edifici da nord a sud dell’enclave palestinese. Il 10 settembre, l’Ufficio di coordinamento dell’ONU per gli Affari umanitari (Ocha) denunciava la “pericolosa escalation nella città di Gaza” e avvertiva: “Quasi un milione di persone si trovano ora senza opzioni sicure o praticabili: né il nord né il sud offrono sicurezza”. Tel Aviv ha dichiarato che il 40 per cento degli abitanti ha lasciato la città in vista dell’operazione. Significa che circa mezzo milione sono rimasti.Per l’esercito israeliano, è a Gaza City che si nascondono “tra duemila e tremila” militanti di Hamas. E gli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo terroristico. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha dichiarato che se Hamas non rilascerà gli ostaggi “la Striscia sarà distrutta”. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, almeno 68 persone sono morte a Gaza City da questa mattina. Le stesse famiglie degli ostaggi israeliani avrebbero dichiarato lo “stato di emergenza” per l’offensiva israeliana e allestito un accampamento fuori dalla residenza di Netanyahu.“Mentre Israele intensifica le sue operazioni nella città di Gaza, la protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario devono rimanere la nostra bussola, a pochi giorni dai colloqui chiave con i partner all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York”, ha affermato con un post su X la commissaria UE per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib. L’emblema del fallimento della politica adottata finora dall’Unione europea è proprio quell’intesa sulla protezione dei civili e sull’ingresso di aiuti umanitari raggiunta solo due mesi fa con Israele. Un’intesa stipulata per salvare la faccia, ma che non ha sortito alcun effetto. Un’intesa che anche oggi, di fronte all’ingresso dei carri armati israeliani in un’area densamente popolata, Bruxelles non rinnega: “Continuiamo a valutarne gli effetti”, ha dichiarato Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea, ricordando che la sua implementazione resta complessa a causa “di un contesto di guerra”.Di fronte all’indignazione e alla mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica europea, Ursula von der Leyen ha annunciato la scorsa settimana di essere al lavoro per aumentare la pressione sul governo israeliano. Il pacchetto di misure è pronto: la Commissione europea ha confermato che domani adotterà una proposta per sospendere il sostegno bilaterale a Israele (circa 30 milioni di euro), una proposta per la sospensione di alcune disposizioni commerciali dell’accordo di associazione Ue-Israele e infine una proposta per sanzionare alcuni ministri del governo di Netanyahu. Se nel primo caso l’esecutivo Ue può procedere autonomamente, nel secondo avrà bisogno dell’appoggio di due terzi degli Stati membri e nel terzo addirittura dell’unanimità dei 27.Finora, Israele è sorda a qualsiasi richiamo dell’Unione europea, così come delle Nazioni Unite e dell’intera comunità internazionale. Perfino gli Stati Uniti non riescono a contenere le fughe in avanti omicide di Netanyahu, come dimostrato dal raid israeliano su Doha del 9 settembre. “L’Ue ha ripetutamente esortato Israele a non intensificare la sua operazione nella città di Gaza”, ha affermato El Anouni, aggiungendo che “porterà a ulteriori distruzioni, morti e sfollamenti, aggravando la già catastrofica situazione umanitaria e mettendo in pericolo la vita degli ostaggi”. Londra ha definito l’offensiva “totalmente irresponsabile e spaventosa”, per Berlino è “completamente sbagliata”.Proprio oggi, una commissione d’indagine indipendente delle Nazioni Unite ha stabilito – confermando la tesi che la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, sostiene da oltre un anno – che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza, con “l’intento di distruggere i palestinesi”. Secondo l’equipe guidata da Navi Pillay, Netanyahu, il presidente Isaac Herzog l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant sono inoltre responsabili di  “incitamento al genocidio”. Israele ha respinto le conclusioni del rapporto e accusato gli esperti dell’Onu di essere “rappresentanti di Hamas”.

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    L’Eurocamera trova un denominatore comune (minimo) su Gaza. Il Ppe si spacca, esultano i socialisti

    Bruxelles – Il Parlamento europeo, dopo due anni di dibattiti, ha approvato oggi (11 settembre) la sua prima risoluzione su Israele e Gaza. Un passo avanti e un’occasione persa: se è vero che gli eurodeputati invocano finalmente alcune misure per mettere fine al conflitto, riescono nell’impresa di farlo addirittura dopo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e di non andare in alcun modo oltre le sue parole pronunciate ieri. E a ben vedere, il testo finale adottato dall’Aula scontenta quasi tutti.Condanna del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele, rispetto del diritto internazionale, cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, sì alla sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele in materia commerciale e alle sanzioni contro i ministri più estremisti del governo guidato da Benjamin Netanyahu, invito agli Stati membri a riconoscere lo Stato di Palestina. Questi i paletti messi nero su bianco dalla risoluzione presentata da socialisti, liberali e verdi e adottata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. Si spacca il Partito Popolare, che già ieri si era sfilato rifiutando di firmare la risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza: tra i cristiano democratici, 82 favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti. Tra i sì, mancano quelli dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e dell’estrema destra di Patrioti e Sovranisti. E di una parte del gruppo della Sinistra europea.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, già sanzionato da UK e diversi alleati dell’Ue (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)I socialisti mettono in luce il bicchiere mezzo pieno: secondo Sandro Ruotolo, del Partito democratico, “oggi il Parlamento europeo ha scelto di stare dalla parte del diritto e della dignità dei popoli”. Per il dem l’invito a riconoscere lo Stato di Palestina è un “messaggio storico”, e la sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele “significa che le relazioni politiche ed economiche con Israele non possono proseguire come se nulla fosse, mentre a Gaza si continua a violare il diritto internazionale e a colpire la popolazione civile”. I liberali di Renew rivendicano di aver “compiuto ogni sforzo per ottenere una maggioranza a favore di un’azione urgente volta a porre fine alla crisi umanitaria e alla carestia causate dal governo israeliano e a raggiungere un cessate il fuoco permanente”.Dal testo finale però, ogni volta che si parla di carestia è sparito ogni riferimento al fatto che sia “causata dall’uomo”. Così come due paragrafi in cui si mettevano a nudo le responsabilità delle istituzioni europee per non aver “reagito con l’urgenza che la gravità della situazione catastrofica a Gaza richiede” e si invitava a riflettere sui gravi danni che questo ha comportato per “la credibilità dell’Ue non solo agli occhi del Sud del mondo, ma anche agli occhi dei nostri cittadini”.Sono alcuni degli “emendamenti migliorativi” di cui parla Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Eurocamera. Ma non sufficienti per “raggiungere l’equilibrio che avremmo voluto e che il dramma di Gaza avrebbe richiesto”. La delegazione della premier Giorgia Meloni, la più numerosa in Ecr, si è chiamata fuori, insieme al resto del gruppo.Così come la delegazione del Movimento 5 Stelle, che evidenzia il bicchiere mezzo vuoto: per Danilo della Valle la risoluzione “è debolissima”, perché priva di qualsiasi riferimento all’intento genocidario del governo israeliano a Gaza. “Ritirare a pochi minuti dal voto l’emendamento sottoscritto dai Socialisti in cui si condanna il genocidio rappresenta un tradimento della memoria di oltre 60 mila civili uccisi negli attacchi e nei bombardamenti dell’esercito israeliano”, sottolinea il pentastellato, che bolla il messaggio scaturito dal testo come un “imbarazzato buffetto a Netanyahu che non servirà a niente per fermarlo”.A ben vedere, qualcosa manca davvero, e qualcuno ne è consapevole anche nella famiglia socialista: “Avremmo voluto ci fosse anche il riferimento al genocidio in corso e la sospensione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele nella sua interezza, non solo per la parte commerciale”, ammette l’eurodeputata dem Cecilia Strada. E promette: “Sono battaglie su cui continueremo a impegnarci a partire da domani”.

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    Gaza, la Spagna chiede sanzioni contro Israele: “Fermi la sua guerra ingiusta e disumana”

    Bruxelles – La Spagna torna all’attacco e chiede sanzioni internazionali contro Israele se Tel Aviv non interromperà immediatamente la sua offensiva nella Striscia di Gaza e non permetterà agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione palestinese. La richiesta arriva direttamente da Madrid, dove ieri (25 maggio) un gruppo di Paesi europei e arabi si è riunito per cercare un approccio comune e aumentare la pressione su Benjamin Netanyahu affinché ponga fine alla catastrofe in corso e restituisca la parola alla diplomazia.Erano 20 gli Stati rappresentati nella capitale spagnola per discutere di una via d’uscita diplomatica alla devastante guerra che lo Stato ebraico sta portando avanti da oltre un anno e mezzo nell’enclave palestinese. Oltre alla Spagna, c’erano diversi Paesi Ue (Francia, Germania, Irlanda, Italia e Slovenia) ed europei (Norvegia, Islanda e Regno Unito), più gli arabi (Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Marocco e Turchia, cui si aggiungevano gli emissari della Lega araba e dell’Organizzazione della cooperazione islamica).La campagna militare israeliana a Gaza sta conoscendo una sanguinosa recrudescenza nelle ultime settimane, mentre gli aiuti umanitari per i civili della Striscia vengono sistematicamente bloccati da quasi tre mesi dall’esercito dello Stato ebraico (Idf) e, quando riescono a entrare, rischiano di venire attaccati.Per il padrone di casa, il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares, quella che Israele sta conducendo a Gaza è una “guerra ingiusta, crudele e disumana”. Secondo lui, la Striscia è una “ferita aperta dell’umanità” e il silenzio del mondo è “complice di questo massacro”. I camion con gli aiuti per la popolazione civile devono entrare “massicciamente, senza condizioni e senza limiti”, ha aggiunto, specificando che la gestione dell’intero processo “non dovrebbe essere controllata da Israele”.A fare le veci dell’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas, c’era a Madrid anche l’inviato speciale di Bruxelles per il Golfo, Luigi Di Maio, che momentaneamente detiene la delega al processo di pace mediorientale. Stando al resoconto dei portavoce della Commissione, l’ex ministro italiano ha ribadito “la necessità di un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e la ripresa completa degli aiuti a Gaza, immediatamente”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, e il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares (foto: European Council)La Spagna, ha sostenuto Albares, solleciterà i suoi partner a imporre un embargo sulla vendita di armi a Tel Aviv – metà delle bombe che vengono sganciate sulla Striscia sono europee, ha rivelato l’ex capo della diplomazia a dodici stelle Josep Borrell – e spingerà per “considerare le sanzioni” poiché, dice, occorre “considerare tutto per fermare questa guerra“. Ma, fanno notare dal Berlaymont, la questione delle sanzioni è spinosa perché richiede l’unanimità dei Ventisette.Non è una novità che Madrid assuma posizioni intransigenti nei confronti di Tel Aviv, soprattutto da quando Benjamin Netanyahu è tornato al potere. Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha bollato Israele come “Stato genocida” in un discorso al Parlamento nazionale la settimana scorsa, scoperchiando un ginepraio di polemiche e critiche.Del resto, osserva Albares, non sono da escludere nemmeno sanzioni individuali contro coloro che “intendono rovinare per sempre la soluzione dei due Stati“. Quest’ultimo è uno dei temi al centro dei lavori del cosiddetto Gruppo di Madrid (noto anche come G5+). Ma ora come ora si tratta sostanzialmente di una chimera, vista la netta opposizione del primo ministro israeliano e dei suoi partner di governo dell’ultradestra messianica alla creazione di un’entità statale palestinese.L’incontro di ieri è servito anche come preparazione alla conferenza di alto livello dell’Onu dedicata specificamente alla soluzione a due Stati, in calendario per il 17 giugno a New York e organizzata da Francia e Arabia Saudita. Albares si augura che il summit del mese prossimo possa aprire la strada ad un riconoscimento della Palestina come nazione indipendente da parte del numero maggiore possibile di Paesi.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Ohad Zwigenberg/Afp)Il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa spera che il presidente Usa Donald Trump possa giocare un ruolo chiave per sbloccare questa difficilissima partita. Gli sforzi di Washington per un cessate il fuoco nella Striscia “sono apprezzati”, ha dichiarato, e l’auspicio è che “un impegno concreto, un impegno positivo da parte degli Stati Uniti contribuisca a portare la pace e la stabilità nella regione“.All’Onu, 147 Paesi su 193 riconoscono ufficialmente lo Stato di Palestina. Tra questi ci sono 10 membri dell’Ue, ma nel Vecchio continente mancano ancora all’appello Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito, più Canada e Usa da oltreoceano. Teoricamente, il futuro Stato palestinese dovrebbe esercitare la propria sovranità su quelli che sono oggi i territori occupati: Gaza e Cisgiordania. Ma sul terreno la situazione appare impossibile.La Striscia è il teatro delle più sanguinose operazioni militari della storia recente (almeno 54mila morti, stando ai dati del ministero della Sanità guidato da Hamas) e Israele sta pianificando di occuparla militarmente una volta terminata la guerra, facendo marcia indietro sullo storico ritiro dall’enclave nel 2005. Quanto alla West Bank, continuano a espandersi sia gli insediamenti illegali dei coloni israeliani sia la violenza contro le comunità locali. Che è recentemente tracimata nell’aggressione ad una delegazione diplomatica in visita al campo profughi di Jenin, denunciata da Kallas come “inaccettabile”.Infine, Albares ha ribadito la richiesta dell’esecutivo di Madrid di sospendere l’accordo di associazione Ue-Israele, anche se si tratta probabilmente di una battaglia contro i mulini a vento. Per metterlo in pausa serve, anche qui, l’unanimità degli Stati membri. Tuttavia, il Consiglio Ue ha recentemente aperto alla revisione dell’accordo, una mossa che evidenzia l’isolamento politico crescente di Netanyahu.

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    Israele rompe la tregua, è di nuovo strage di civili a Gaza. L’Onu: “Inconcepibile”

    Bruxelles – Con le prime luci dell’alba, è ricominciato l’incubo per la popolazione civile di Gaza. Dopo gli attriti sempre più forti tra Israele e Hamas per negoziare la seconda fase del cessate il fuoco, Tel Aviv ha rotto gli indugi e – con il lasciapassare della Casa Bianca – ha lanciato un pesantissimo attacco aereo su diverse località dell’enclave palestinese. Le vittime sarebbero già più di 400. Mentre l’Onu chiede di “ripristinare immediatamente” la tregua, Netanyahu promette raid sempre più intensi.L’operazione è stata ribattezzata dalle Forze di difesa israeliane (Idf) “Forza e spada”. Sono stati segnalati bombardamenti in diverse località della Striscia, da nord a sud, nei centri di Gaza City, Khan Younis e Rafah. Secondo il ministero della Salute di Gaza molte delle vittime sarebbero – come dall’inizio del conflitto – donne e bambini. In un comunicato, il premier israeliano ha dichiarato di aver ordinato gli attacchi a causa della mancanza di progressi nei colloqui in corso per estendere il cessate il fuoco. Ha accusato Hamas di “rifiutarsi ripetutamente di rilasciare i nostri ostaggi” e di respingere le proposte dell’inviato Usa in Medio Oriente, Steve Witkoff.A rileggere i termini e le modalità con cui si arrivò al cessate il fuoco lo scorso 18 gennaio, lo stallo nei negoziati in vista della seconda fase della tregua era preventivabile. Il sì strappato in extremis da Joe Biden a Netanyahu, prima dell’insediamento di Trump, prevedeva appunto ulteriori colloqui dopo la prima fase di sei settimane e la possibilità che Israele riprendesse le operazioni militari se l’avesse ritenuto necessario. Così, la nuova amministrazione americana e Tel Aviv hanno forzato la mano, presentando un piano per estendere la prima fase della tregua fino alla fine del Ramadan e della Pasqua, chiedendo in sostanza di proseguire il rilascio degli ostaggi israeliani senza però procedere al ritiro del proprio esercito da Gaza (come previsto dalla fase 2).Il tavolo delle trattative era già saltato lo scorso 2 marzo, con i negoziatori di Hamas che avevano declinato il piano di Witkoff e Netanyahu che in tutta risposta aveva annunciato un nuovo blocco degli aiuti umanitari a Gaza. Washington ha confermato di essere stata informata in anticipo dell’attacco di Israele a Gaza e di aver dato il suo benestare alla ripresa delle ostilità: “Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per prolungare il cessate il fuoco, ma ha invece scelto il rifiuto e la guerra”, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Brian Hughes.Il quartiere intorno all’ospedale Al-Shifa, a Gaza City, raso al suolo dai bombardamenti israeliani lo scorso 3 aprile  (Photo by AFP)In realtà, la tregua era già stata più volte violata in questi due mesi, ma i bombardamenti a tappeto di oggi sono stati di portata molto più ampia rispetto alla serie regolare di attacchi con droni che l’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto contro singoli individui o piccoli gruppi di sospetti militantinell’ultimo periodo. Secondo quanto riportato da Reuters, le Idf avrebbero dichiarato che gli attacchi continueranno per tutto il tempo necessario e che potrebbero estendersi oltre gli attacchi aerei. “Non smetteremo di combattere finché gli ostaggi non saranno restituiti a casa e tutti i nostri obiettivi di guerra non saranno raggiunti”, ha confermato il ministro della Difesa, Israel Katz.In risposta, un alto funzionario di Hamas ha dichiarato che la decisione di Netanyahu di riprendere gli attacchi su larga scala nella Striscia equivale a una “condanna a morte” per gli ostaggi del 7 ottobre ancora nelle mani del gruppo terroristico palestinese. In cattività a Gaza ci sarebbero ancora circa una sessantina di cittadini israeliani. Il Families Forum, associazione che riunisce i familiari degli ostaggi, ha rilasciato una dichiarazione in cui sostiene che “l’affermazione secondo cui la guerra è stata ripresa per il rilascio degli ostaggi è una completa menzogna” e chiede di “tornare al cessate il fuoco”. L’ufficio politico di Hamas ha accusato di aver fatto saltare i negoziati e ripreso la guerra per salvare la sua coalizione di governo di estrema destra.“È inconcepibile”, ha dichiarato Muhannad Hadi, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati. In una nota, Hadi ha chiesto di “ripristinare immediatamente il cessate il fuoco”, ricordando che “la popolazione di Gaza ha sopportato sofferenze inimmaginabili”. Di fronte all’ennesima strage, in un conflitto che ha già causato la morte di quasi 49 mila palestinesi di Gaza, l’Autorità Nazionale Palestinese ha chiesto “un intervento internazionale urgente“. Durante il briefing quotidiano con la stampa, il portavoce della Commissione europea, Anouar El Anouni, ha affermato che “l’Ue deplora vivamente la ripresa delle ostilità e il decesso di civili, tra cui bambini, durante i raid aerei israeliani” e ribadito l’appello “ad Hamas affinché rilasci tutti gli ostaggi” e ad Israele “perché dia prova di moderazione” e “ristabilisca l’accesso umanitario senza condizioni”.

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    A Gaza salta la tregua e Israele ricomincia a affamare la popolazione. L’Ue condanna Hamas

    Bruxelles – La fragile tregua siglata a metà gennaio tra Israele e Hamas è durata 42 giorni. Scaduta la prima delle tre fasi previste, l’accordo è saltato nella notte tra sabato e domenica e ieri (2 marzo) il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato nuovamente il blocco degli aiuti umanitari a Gaza. Mentre le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie sul campo lanciano “l’allarme” per le conseguenze della decisione di Tel Aviv su quasi due milioni di civili, l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, attribuisce interamente le responsabilità al gruppo armato palestinese.L’Ue “condanna il rifiuto di Hamas di accettare la proroga della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza. La successiva decisione di Israele di bloccare l’ingresso di tutti gli aiuti umanitari a Gaza potrebbe potenzialmente avere conseguenze umanitarie”, dichiara il portavoce di Kallas, Anouar el Anouni. In questa prima fase di sei settimane, insieme al rilascio di una parte degli ostaggi israeliani da parte di Hamas in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane, Tel Aviv ha garantito l’ingresso nell’enclave di un maggiore flusso di aiuti umanitari, necessari per assistere una popolazione a cui per diversi tratti del conflitto sono stati negati anche i bisogni primari.L’accordo dello scorso 15 gennaio prevedeva poi il passaggio ad una seconda fase in cui Hamas avrebbe dovuto concludere la liberazione di tutti gli ostaggi ancora in vita e le truppe israeliane il completo ritiro dalla Striscia di Gaza. Ma i dettagli di questa delicata fase, si era detto a Doha, avrebbero potuto essere soggetti a ulteriori negoziati durante la prima fase. Nelle ultime settimane, di fronte alle provocazioni della nuova amministrazione americana, all’intensificarsi delle operazioni militari israeliane in Cisgiordania e ad alcuni episodi di potenziali attentati nelle città israeliane, le trattative sono naufragate.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Ohad Zwigenberg/Afp)In sostanza, Tel Aviv ha appoggiato un piano presentato dall’inviato speciale degli Stati Uniti nominato da Trump, Steve Witkoff, per estendere la prima fase del cessate il fuoco fino alla fine del Ramadan e della Pasqua, e continuare così a rilasciare gli ostaggi israeliani senza però procedere al ritiro del proprio esercito da Gaza. Una bozza di nuovo accordo che Hamas ha invece declinato. Tel Aviv nega di aver violato i termini dell’accordo di gennaio, che prevedeva appunto ulteriori negoziazioni e addirittura che Israele potesse tornare a combattere dopo il 42esimo giorno “se ha l’impressione che i negoziati siano stati inefficaci”.Secondo Euro-Med Human Rights Monitor, ong con sede a Ginevra, durante le sei settimane di tregua l’esercito israeliano avrebbe ucciso almeno 115 civili a Gaza. Netanyahu però ha accusato Hamas di aver violato “ripetutamente” i termini del cessate il fuoco, in particolare su tempistiche e modalità del rilascio degli ostaggi del 7 ottobre. Alla riunione del consiglio dei ministri convocata per discutere i nuovi sviluppi, Netanyahu ha dichiarato: “Non ci saranno più pranzi gratis. Se Hamas pensa che sarà possibile continuare il cessate il fuoco o beneficiare dei termini della prima fase, senza che noi riceviamo ostaggi, si sbaglia di grosso”.Una famiglia palestinese prepara la colazione prima del digiuno imposto dal Ramadan al campo profughi di Bureij nella Striscia di Gaza, 1/3/25 (Photo by Eyad BABA / AFP)In una nota, il gabinetto del premier ha precisato che Israele “cesserà ogni ingresso di merci e rifornimenti nella Striscia di Gaza“. Nella giornata di ieri, il portavoce di Netanyahu, Omer Dostri, ha confermato: “Nessun camion è entrato a Gaza questa mattina, né lo farà in questa fase”. Si tratta di uno dei capi d’accusa con cui la Corte Penale Internazionale ha già emesso un mandato d’arresto contro il premier israeliano e l’ex ministro della Difesa, Noav Gallant: i due sono già ritenuti responsabili di aver affamato la popolazione civile palestinese come metodo di guerra, di aver causato intenzionalmente “grandi sofferenze, gravi lesioni al corpo o alla salute o trattamenti crudeli”, di “dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile“.L’Egitto e il Qatar, che insieme agli Stati Uniti sono i principali mediatori tra il governo di Netanyahu e Hamas, hanno accusato Israele di violare l’accordo raggiunto faticosamente a gennaio. Il ministero degli Esteri del Cairo ha affermato che Israele usa la fame “come arma contro il popolo palestinese”, mentre Doha ha aggiunto:  “Il Qatar condanna fermamente la decisione del governo di occupazione israeliano di interrompere l’invio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e la considera una palese violazione dell’accordo di cessate il fuoco (e) del diritto internazionale umanitario“.Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha chiesto che “gli aiuti umanitari tornino immediatamente a Gaza”, mentre il sottosegretario dell’Ufficio dell’Onu per gli Affari Umanitari, Tom Fletcher, ha descritto la mossa come “allarmante”. Di fronte alla palese violazione del diritto umanitario da parte di Netanyahu – tralasciando il rispetto dei termini del cessate il fuoco da entrambe le parti – la nota del capo della diplomazia europea appare quanto meno debole, se non accondiscendente nei confronti di Tel Aviv. Oltre alla condanna ad Hamas per non aver accettato la proroga della prima fase, l’Ue “ribadisce la richiesta di un accesso completo, rapido, sicuro e senza ostacoli agli aiuti umanitari su larga scala per i palestinesi bisognosi”. Ma non c’è alcun accenno alla gravità estrema della decisione presa come rappresaglia su tutta una popolazione civile da parte di un governo democratico alleato.