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    Una nuova manifestazione di massa in Georgia ha chiesto le dimissioni del governo per aver fallito sulla candidatura UE

    Bruxelles – Una nuova manifestazione di decine di migliaia di persone è andata in scena ieri sera (domenica 3 luglio) nella capitale della Georgia, Tbilisi, per chiedere le dimissioni del governo guidato dal partito Sogno Georgiano, dopo il mancato ottenimento dello status di Paese candidato all’adesione all’Unione Europea. A convocare le proteste pro-UE sono stati gli stessi organizzatori della ‘marcia per l’Europa’ del 20 giugno scorso, quando oltre 100 mila persone avevano cercato di spingere i leader dell’Unione a concedere al Paese caucasico la candidatura formale nel corso del Consiglio Europeo del 23-24 giugno.
    Proprio il vertice dei leader UE ha riconosciuto a Tbilisi la possibilità di concedere lo status di Paese candidato “una volta affrontate le priorità” rilevate dal parere della Commissione Europea, riconoscendo per il momento solo la prospettiva europea dell’ex-Repubblica sovietica del Caucaso (indipendente dal 9 aprile 1991). A fronte di questo insuccesso agli occhi dei gruppi pro-democrazia e dei partiti di opposizione, migliaia di cittadini si sono radunati davanti alla sede del Parlamento della Georgia per partecipare alla manifestazione: sono state esposte due enormi bandiere – una bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e una con le dodici stelle su campo blu (dell’UE) – su molti cartelli è comparsa la scritta We are Europe, e oltre all’inno georgiano si è sentito a più riprese l’Inno alla Gioia, quello ufficiale dell’Unione Europea.
    Gli organizzatori della manifestazione hanno chiesto al premier Irakli Garibashvili di “cedere il potere esecutivo e trasferirlo, in modo costituzionale, a un governo di accordo nazionale” in Georgia. Al centro delle polemiche c’è il ruolo e l’influenza politica dell’oligarca Bidzina Ivanishvili, leader del partito al governo Sogno Georgiano, che non a caso compare nella risoluzione non vincolante approvata il 7 giugno dal Parlamento Europeo, con la richiesta di imporre nei suoi confronti sanzioni personali. Nel parere della Commissione UE sulla candidatura della Georgia è stata rilevata non solo la necessità di risolvere la polarizzazione politica e di implementare le riforme giudiziarie, ma anche una serie di preoccupazioni sulla lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, l’indipendenza e la sicurezza dei giornalisti e sul potere degli oligarchi. Secondo i manifestanti il nuovo esecutivo “realizzerà le riforme richieste dall’UE, che ci porteranno automaticamente allo status di candidato” all’adesione all’Unione. I leader di Sogno Georgiano hanno accusato l’opposizione di aver messo in moto un “piano per rovesciare le autorità organizzando manifestazioni antigovernative”.

    People unfolding the second big EU flag outside the parliament in Tbilisi. pic.twitter.com/gQGcBvxchD
    — Mariam Nikuradze (@mari_nikuradze) July 3, 2022

    La Georgia confina a nord con la Russia e ha chiesto di aderire all’Unione Europea a pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. La candidatura della Georgia all’adesione UE e NATO – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino, che nell’agosto del 2008 aveva portato all’invasione (per cinque giorni) della Georgia da parte dell’esercito russo. Da allora Mosca riconosce i territori separatisi dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia come Stati indipendenti e ha dislocato migliaia di soldati nell’area, per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia.
    In un percorso di avvicinamento verso l’Unione Europea, nel 2016 è entrato pienamente in vigore (dopo due anni di provvisorietà) l’Accordo di associazione politica ed economica tra Bruxelles e Tbilisi. La Georgia è anche inclusa dal 2009 nel Partenariato orientale, il programma di integrazione tra l’Unione i Paesi di quest’area geopolitica, insieme a Ucraina, Repubblica di Moldova, Armenia, Azerbaijan e Bielorussia (anche se nel giugno del 2021 quest’ultima ha sospeso l’adesione). Tuttavia, nessuna delle due intese ha come obiettivo o come clausola l’adesione della Georgia all’UE e solo il via libera del Consiglio Europeo può aprire la strada verso la candidatura all’adesione.

    Per gli organizzatori e i partiti di opposizione, il partito Sogno Georgiano dell’oligarca Bidzina Ivanishvili deve “cedere il potere esecutivo e trasferirlo, in modo costituzionale, a un governo di accordo nazionale”, che “realizzerà le riforme richieste” da Bruxelles

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    Decine di migliaia di persone hanno manifestato in Georgia a favore dell’adesione all’Unione Europea

    Bruxelles – Un movimento dal basso per spingere i leader dell’Unione Europea a riconoscere anche alla Georgia i “meriti” per il conferimento dello status di Paese candidato all’adesione UE. Ieri sera (lunedì 20 giugno) nella capitale Tbilisi è andata in scena una grande manifestazione di decine di migliaia di persone – oltre 60 mila secondo i gruppi organizzatori – che ha esortato Bruxelles a garantire all’ex-Repubblica sovietica del Caucaso qualcosa di più della sola “prospettiva europea”.
    La ‘marcia per l’Europa’ è stata organizzata a pochi giorni dal parere formale della Commissione UE sulla richiesta di adesione  arrivata dalla Georgia il 3 marzo scorso. Il gabinetto guidato da Ursula von der Leyen ha riconosciuto le stesse aspirazioni di Ucraina e Moldova – a cui secondo la Commissione dovrebbe essere garantito lo status di candidate all’adesione – e “buone basi per la stabilità”, ma allo stesso tempo ha rilevato la necessità di “ulteriori riforme su una lista di priorità”, aveva spiegato venerdì (17 giugno) il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi.
    Le preoccupazioni di Bruxelles riguardano la polarizzazione politica, lo stato delle riforme giudiziarie, dei progressi sulla lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, l’indipendenza dei media e la sicurezza dei giornalisti, ma soprattutto sul potere degli oligarchi. Tra questi, in particolare, quello di Bidzina Ivanishvili, leader del partito al governo Sogno Georgiano (di cui fa parte anche l’ex-calciatore del Milan, K’akhaber K’aladze, oggi sindaco di Tbilisi), che per il suo controllo capillare dei media e della politica nazionale è sotto l’occhio delle istituzioni comunitarie: il 7 giugno il Parlamento UE ha approvato una risoluzione non vincolante che chiede l’imposizione di sanzioni personali proprio contro Ivanishvili. Secondo la presidente della Commissione von der Leyen, “la porta dell’Unione è totalmente aperta e le tempistiche dell’adesione dipendono solo dalla Georgia“, anche se per il momento la raccomandazione ai leader UE (che si riuniranno in Consiglio il 23-24 giugno) è quella di garantire solo la prospettiva di diventare membro dell’Unione, fino a quando non saranno soddisfatte tutte le priorità.
    Sulle note dell’Inno alla Gioia – l’inno ufficiale dell’UE – e con in mano cartelli con la scritta We are Europe, i manifestanti si sono radunati davanti alla sede del Parlamento georgiano, sventolando bandiere bianche e rosse delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Unione Europea). “L’Europa è una scelta e un’aspirazione storica per i georgiani, per la quale tutte le generazioni hanno fatto sacrifici“, hanno dichiarato gli organizzatori, ribadendo che “libertà, pace, sviluppo economico sostenibile, protezione dei diritti umani e giustizia sono i valori che ci uniscono e che sarebbero garantiti dall’integrazione nell’Unione Europea”. Prima della manifestazione, la presidente georgiana, Salomé Zourabichvili, ha chiamato a raccolta i cittadini in un discorso alla televisione nazionale: “Dobbiamo mobilitarci in questa giornata storica per il Paese, il nostro messaggio è che vogliamo una Georgia europea“.

    One of the largest demonstrations in Tbilisi of last 30 years, in support of EU aspirations and against the government at home. pic.twitter.com/MgyVhnMK0Z
    — Ani Chkhikvadze (@achkhikvadze) June 20, 2022

    È stata la stessa presidente Zourabichvili a inviare oggi (martedì 21 giugno) un invito all’omologo polacco, Andrzej Duda, per esortare la nazione “sorella” membro dell’UE a spingere sulla concessione alla Georgia dello status di Paese candidato all’adesione UE al prossimo Consiglio. “Condividiamo un tragico passato comune, di occupazione, di allontanamento dalla famiglia europea“, ha ricordato la leader georgiana, facendo riferimento ai tempi in cui i due Paesi erano Repubbliche sovietiche. Allo stesso modo, “in questo momento contiamo, come sempre, sulla solidarietà e la fratellanza della Polonia per sostenere il nostro cammino verso l’Europa“.
    La Georgia confina a nord con la Russia e ha chiesto di aderire all’Unione Europea a pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, temendo che il disegno del “nuovo mondo” di Putin possa cancellare anche la propria indipendenza (datata 9 aprile 1991, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica). La candidatura della Georgia all’adesione UE e NATO – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino, che nell’agosto del 2008 aveva portato all’invasione (per cinque giorni) della Georgia da parte dell’esercito russo. Da allora Mosca riconosce i territori separatisi dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia come Stati indipendenti e ha dislocato migliaia di soldati nell’area, per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia.
    In un percorso di avvicinamento verso l’Unione Europea, nel 2016 è entrato pienamente in vigore (dopo due anni di provvisorietà) l’Accordo di associazione politica ed economica tra Bruxelles e Tbilisi. La Georgia è anche inclusa dal 2009 nel Partenariato orientale, il programma di integrazione tra l’Unione i Paesi di quest’area geopolitica, insieme a Ucraina, Repubblica di Moldova, Armenia, Azerbaijan e Bielorussia (anche se nel giugno del 2021 quest’ultima ha sospeso l’adesione). Tuttavia, nessuna delle due intese ha come obiettivo o come clausola l’adesione della Georgia all’UE e solo il via libera del Consiglio Europeo potrà aprire la strada verso la candidatura all’adesione.

    My address to President @AndrzejDuda.
    Georgia and Poland share a tragic common past, a past of occupation, of being torn away from the European family. At this time, we count, as always, on the support, solidarity, brotherhood of Poland to support our path toward Europe. pic.twitter.com/06qYbtzPij
    — Salome Zourabichvili (@Zourabichvili_S) June 20, 2022

    La ‘marcia per l’Europa’ a Tbilisi ha esortato i Ventisette a concedere lo status di Paese candidato, dopo che la Commissione ha indicato la necessità di “un’attenta valutazione”. Ma i gruppi europeisti spingono sulla “scelta storica e aspirazione del popolo georgiano”

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    Non solo l’Ucraina. La Commissione ha consegnato i questionari per l’adesione UE anche a Georgia e Moldova

    Bruxelles – Seguendo lo stesso ritmo trainante dell’Ucraina, continua senza sosta anche per altri due Paesi il processo di adesione all’UE: Georgia e Repubblica di Moldova hanno ricevuto oggi (lunedì 11 aprile) i rispettivi questionari di adesione che serviranno alla Commissione Europea per formulare il proprio parere formale sulle rispettive domande. Nessuna bandiera stampata sopra le buste – come era successo venerdì (8 aprile) durante l’incontro a Kiev tra la presidente Ursula von der Leyen e l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky – ma la sostanza non cambia: il questionario fa parte della procedura avviata lo scorso 7 marzo, quando gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) avevano concordato di invitare l’esecutivo comunitario a trasmettere la propria posizione ai leader UE.
    “Questo è il primo passo del vostro cammino europeo, siamo pronti a lavorare con voi molto velocemente per consegnare il parere al Consiglio Europeo come richiesto”, ha precisato il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, consegnando le due buste ai ministri degli Esteri moldavo, Nicu Popescu, e georgiano, Ilia Darchiashvili, a margine del Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo. “Eccolo: una serie di 369 domande a cui la Moldova deve rispondere sulla sua disponibilità a entrare nell’UE”, ha commentato su Twitter il ministro moldavo, ribadendo la volontà del Paese di “lavorare più velocemente e più duramente” sulla strada verso l’adesione all’UE. Un impegno condiviso anche dal titolare degli Esteri georgiano, che ha confermato che “non risparmieremo sforzi per compilare tempestivamente il documento e procedere alle fasi successive”.

    By receiving the questionnaire, we have made another major step forward on the path of our people’s national choice – 🇪🇺 integration! Many thanks, Commissioner @OliverVarhelyi.🇬🇪 will spare no efforts to timely fill in the document and proceed to the next stages! pic.twitter.com/XL7Kpy4YEL
    — Ilia Darchiashvili (@iliadarch) April 11, 2022

    Le richieste di adesione all’UE da parte di Georgia e Moldova erano arrivate entrambe il 3 marzo, a una settimana dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. La decisione è stata una netta reazione di Tbilisi e Chișinău contro il disegno dei nuovi equilibri geopolitici che il presidente russo, Vladimir Putin, vorrebbe mettere in atto ai danni non solo della sovranità di Kiev, ma anche dei due Paesi vicini: Ucraina, Georgia e Moldova si vedono ormai proiettati in un’ottica UE, contro la minaccia russa e per l’integrazione in un’Unione che si sta dimostrando aperta almeno a iniziare con decisione un nuovo processo di allargamento.
    Dopo aver inviato la proposta formale di candidatura all’adesione e una volta che arriverà il parere positivo della Commissione (questionario incluso), per diventare Paesi membri dell’UE Ucraina, Moldova e Georgia dovranno superare l’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno). Si arriva così alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente, e a questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione: se accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.
    Oltre alle candidature di Moldova, Georgia e Ucraina per l’adesione all’UE, bisogna ricordare che il processo di allargamento coinvolge già i sei Paesi dei Balcani Occidentali, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, più la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan. Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje. La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.

    Come successo durante la visita della presidente von der Leyen a Kiev, è stato intrapreso un nuovo passo nel processo di elaborazione del parere formale della Commissione UE sulla domanda dei due Paesi. Il commissario Várhelyi: “Siamo pronti a lavorare molto velocemente”

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    La Georgia ha presentato la richiesta formale per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE

    Bruxelles – Se c’è un processo che la Russia, scatenando la guerra in Ucraina, ha suo malgrado stimolato è quello dell’allargamento dell’Unione Europea. Intendiamoci, non è un “allargamento a Est” o una provocazione contro Vladimir Putin, come in tanti sarebbero già pronti a bollare. Si tratta piuttosto di una chiara risposta dei Paesi vicini alla Russia rispetto al futuro assetto geopolitico che vedono per il proprio Paese: sempre più distante da Mosca e sempre più legato a Bruxelles. La dimostrazione è arrivata da due richieste formali di adesione all’UE nel giro di quattro giorni: lunedì (28 febbraio) quella dell’Ucraina sotto l’assedio russo, oggi (giovedì 3 marzo) quella di una Georgia che teme che il disegno del “nuovo mondo” di Putin cancelli anche la sua indipendenza. Per la stessa ragione ci si aspetta che anche la Moldavia possa seguire presto l’esempio.
    Il primo ministro della Georgia, Irakli Garibashvili, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel
    “Un giorno storico per la Georgia”, così lo ha definito il primo ministro, Irakli Garibashvili, firmando la domanda di adesione all’UE. “Siamo uno Stato europeo, siamo sempre appartenuti alla cultura e allo spazio civile europeo e la nostra storia di lotte e battaglie per la libertà è una prova che questi valori sono racchiusi nella nostra identità”, ha spiegato il premier georgiano, indicando i motivi che racchiudono la scelta di diventare uno Stato membro dell’UE. Democrazia, Stato di diritto, diritti umani e buon governo “sono già diventati l’essenza della nostra esistenza quotidiana”, in particolare da quando nel 2016 è entrato pienamente in vigore (dopo due anni di provvisorietà) l’Accordo di associazione politica ed economica UE-Georgia: “Da allora ci siamo assunti l’enorme responsabilità di iniziare con successo il nostro viaggio di integrazione europea”, ha sottolineato Garibashvili. Con questa “nuova pietra miliare” sulla strada verso l’UE, “stiamo introducendo norme e standard europei in ogni campo della nostra vita politica, economica e sociale“, ha concluso il premier georgiano. Anche se non passa inosservato il riferimento ai “compatrioti abkhazi e osseti”, ovvero gli abitanti delle due regioni rivendicate da Tbilisi, Abkhazia e Ossezia del Sud.
    Per i Ventisette ora si apre un nuovo file da considerare nel vasto capitolo dell’allargamento dell’Unione, all’interno di una dinamica che però si è completamente rivoluzionata rispetto a solo una settimana fa. “La richiesta di adesione dell’Ucraina e della Georgia, e quella eventuale della Moldavia, mostrano che c’è un desiderio genuino e un successo dell’UE come progetto di pace e prosperità“, ha rivendicato il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. La collega Ana Pisonero, responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, ha precisato che “le richieste di unirsi sono sempre ben accette, ma prevedono comunque un lungo processo”. Per quanto riguarda la richiesta di Kiev, dopo le vibranti parole del presidente Volodymyr Zelensky e il supporto del Parlamento Europeo, “si è messo in moto il processo con le discussioni del Consiglio“, ha aggiunto la portavoce dell’esecutivo UE.
    A una domanda sul futuro dell’allargamento UE ai Paesi che già hanno iniziato il processo (e la possibile fiducia tradita), Mamer ha voluto precisare che “la richiesta dell’Ucraina e della Georgia è legittima e non è legata alle prospettive del Balcani Occidentali“. Tuttavia, “alla luce di quanto accaduto questa settimana, mi sembra ancora più evidente che il discorso dovrà riprendere in modo deciso e superando le attuali divisioni tra Stati membri”, ha aperto il portavoce della Commissione, sottolineando comunque che l’esecutivo comunitario ha sempre spinto con forza questo processo. Stiamo parlando di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia (più la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan). Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje. La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.
    Per diventare un Paese membro dell’UE, il primo passo è la proposta formale di candidatura all’adesione (Georgia e Ucraina, in questo caso). Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen – le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche – si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Sull’onda dell’invasione russa dell’Ucraina, il premier del Paese caucasico, Irakli Garibashvili, ha firmato la lettera per chiedere a Bruxelles di diventare membro dell’Unione Europea. La stessa richiesta è arrivata da Kiev il 28 febbraio

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    Georgia, c’è l’accordo maggioranza-opposizione grazie alla mediazione UE

    Bruxelles – L’azione esterna dell’UE dà i suoi frutti. Con la mediazione del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la Georgia trova la quadra per uscire dall’impasse politica in cui era piombata dopo le elezioni dello scorso novembre, che i partiti di opposizione non hanno voluto riconoscere i risultati. Alle accuse di brogli si sono poi unite contestazioni circa la politicizzazione della giustizia.
    L’accordo prevede l’impegno per una riforma della magistratura da parte del partito di governo Sogno georgiano (SG), accompagnata da amnistie e indulto per arresti compiuti in particolare in occasione delle proteste anti-governative. Prevista una clausola per il riesame del processo contro Nika Melia, leader del partito d’opposizione Movimento nazionale unito (MNU), arrestato con l’accusa di sedizione.
    MNU torna a sedere in Parlamento assieme agli altri partiti non di maggioranza, con l’istituzione che può riprendere a funzionare normalmente. Ancora, l’accordo siglato tra i rappresentanti dei partiti di governo e opposizione prevede elezioni parlamentari anticipate nel 2022 se il partito Georgian Dream segna meno del 43% nelle prossime elezioni locali, previste per ottobre di quest’anno (giorni non ancora definiti).
    La presidente della repubblica caucasica, Salome Zourabichvili, saluta l’accordo come “una vittoria di tutto il Paese”, mentre Michel esulta perché “è finita la crisi politica”. Vero ma fino a un certo punto, perché la questione del rilascio di Melia pesa. Ci si attende un rilascio del capo del partito d’opposizione. Se così non fosse si rischia di tornare nel caos. Pace fatta, ma comunque armata. Il presidente del Consiglio europeo ricorda inoltre che l’accordo siglato “segna un nuovo inizio e l’avvio di un duro lavoro che porterà la Georgia avanti lungo il suo percorso euro-atlantico”, e qui bisogna capire fino a che punto Mosca lo permetterà. Intanto l’Europa si goda il suo momento di riuscita mediazione. 

    Il presidente del Consiglio europeo, Michel: “La crisi politica è finita, riprende il percorso euro-atlantico del Paese”