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    Nella notte l’accordo tra Israele e Hamas per una pausa delle ostilità e la liberazione degli ostaggi. Von der Leyen: “Fare il possibile per azione umanitaria a Gaza”

    Bruxelles – Dopo 45 giorni di bombardamenti incessanti, nella notte è arrivato il primo accordo tra Israele e Hamas per una tregua nelle ostilità. La pausa durerà quattro o cinque giorni, il tempo necessario per il rilascio di 50 donne e bambini rapiti da Hamas lo scorso 7 ottobre e la contemporanea liberazione di 150 prigionieri politici palestinesi dalle carceri israeliani. Una finestra cruciale per l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari per la popolazione della Striscia di Gaza.All’annuncio dell’accordo, mediato da Egitto e Qatar, hanno gioito anche a Bruxelles. La liberazione degli ostaggi e l’istituzione di pause umanitarie sono da oltre un mese gli unici punti fermi della posizione dell’Unione europea sul conflitto. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ringraziato il Cairo e Doha per gli sforzi diplomatici e ha ribadito che “Hamas deve liberare tutti gli ostaggi”, indicando al contempo la necessità di utilizzare questi giorni per “consentire che il massimo degli aiuti umanitari” raggiunga coloro che ne hanno bisogno.“Accolgo con tutto il cuore l’accordo raggiunto”, ha dichiarato in mattinata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Che ha subito indicato l’urgenza di sfruttare al meglio l’opportunità: “La Commissione europea farà tutto il possibile per sfruttare questa pausa per un’azione umanitaria a Gaza. Ho chiesto al Commissario Janez Lenarčič di aumentare ulteriormente le spedizioni a Gaza il più rapidamente possibile per alleviare la crisi umanitaria”.Il commissario sloveno, responsabile per la Gestione delle crisi, ha informato sull’azione Ue dal Parlamento europeo di Strasburgo: finora 15 aerei carichi di cibo, medicine e materiale da campo hanno già raggiunto l’Egitto e “altri sono in allestimento”. L’accordo di questa notte potrà facilitare l’accesso umanitario, che dall’inizio del conflitto è stato “estremamente complicato” e “inadeguato”. Dal varco di Rafah, al confine con l’Egitto, sono entrati nella Striscia meno di 50 camion al giorno, e la scorsa settimana “per diversi giorni neanche uno”.Nell’enclave palestinese mancano non solo cibo e acqua, ma anche medicine, anestetici, e soprattutto carburante. Secondo le stime delle Nazioni Unite, l’assistenza alimentare distribuita finora copre solo il 10 per cento del fabbisogno quotidiano di ciascun individuo, e i 120 mila litri di carburante che Israele si è detta disposta a lasciar entrare a Gaza non bastano: “Coprono solo un terzo del bisogno giornaliero – ha commentato Lenarčič -, il carburante è vitale per far funzionare gli ospedali e per l’acqua potabile”.L’Alto rappresentante Ue Borrell: a Gaza “un disastro causato dall’uomo”All’emiciclo di Strasburgo è intervenuto anche l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che ha garantito che l’Ue “farà la sua parte” nel garantire “quanto più aiuto necessario ai civili palestinesi” durante queste 96 ore di tregua. Il capo della diplomazia europea ha voluto sottolineare che quel che sta accadendo a Gaza non è un “disastro naturale, ma un disastro causato dall’uomo e da un embargo che non permette l’accesso di aiuti umanitari“.Borrell, che la settimana scorsa si è recato a Tel Aviv e a Ramallah, ha ammesso la difficoltà di rappresentare i 27 Stati membri in questa vicenda, “perché in diverse occasioni non si sono allineati”. La prova lampante è stata la risoluzione dell’Onu del 27 ottobre scorso, che chiedeva una tregua umanitaria nel conflitto, in cui i Paesi Ue si sono spaccati. Per l’Alto rappresentante “dovrebbe essere possibile riconoscere il diritto di autodifesa di Israele e essere indignati per quello che sta accadendo alla popolazione di Gaza e della Cisgiordania, dovrebbe essere possibile difendere i diritti dei palestinesi senza che questo comporti essere definiti antisemiti, dovrebbe essere possibile criticare le politiche del governo israeliano senza che questo porti all’accusa di odio verso gli ebrei”.
    Egitto e Qatar mediano l’accordo che prevede il rilascio di 50 donne e bambini rapiti da Hamas il 7 ottobre, in cambio della liberazione di 150 prigionieri politici palestinesi. L’Ue pronta a sfruttare i quattro giorni di tregua per distribuire gli aiuti a Gaza

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    I Ventisette chiedono “pause umanitarie immediate” a Gaza. E iniziano le discussioni sulla Palestina post-guerra

    Bruxelles – Uno sforzo diplomatico a livello immediato, un impegno che inizia già ora per trovare una soluzione a medio/lungo termine alla situazione “catastrofica” nella Striscia di Gaza. Sotto la guida dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, i 27 ministri degli Esteri hanno definito oggi (13 novembre) la posizione condivisa dell’Ue sulla necessità di “pause umanitarie immediate” per permettere la consegna degli aiuti internazionali alla popolazione sotto i bombardamenti israeliani, ma soprattutto per definire un piano – al momento solo abbozzato – che guardi al “giorno dopo” la fine della guerra tra Israele e Hamas.Jabalia, Palestina (credits: Yahya Hassouna / Afp)Sul primo aspetto dell’analisi del conflitto, le discussioni si sono impostate sulla dichiarazione “unanime” pubblicata ieri (12 novembre) al termine di “un’intensa giornata di lavori, dopo la richiesta arrivata da diversi Stati membri”, ha spiegato l’alto rappresentante Borrell. Già al Consiglio Europeo del 26 ottobre era arrivata la richiesta di “pause umanitarie” ma, di fronte a una sempre più urgente necessità di portare soccorso, acqua, cibo, medicine e carburante alla popolazione della Striscia di Gaza, “la parola più importante è ‘immediate’“, ha rimarcato Borrell. È soprattutto la questione dei bombardamenti sugli ospedali a creare le preoccupazioni maggiori a Bruxelles: “L’Ue sottolinea che il diritto umanitario internazionale stabilisce che gli ospedali, le forniture mediche e i civili al loro interno devono essere protetti“, è il riferimento della dichiarazione sia ai limiti del diritto di autodifesa di Israele sia all’uso di ospedali e civili “come scudi umani” da parte di Hamas.“La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è catastrofica e sta solamente peggiorando con il passare delle ore“, è stata la sintesi del commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, con cui i 27 ministri degli Esteri hanno fatto il punto tecnico delle conseguenze dei bombardamenti agli ospedali e più in generale della situazione del conflitto: “È urgente definire e rispettare le pause umanitarie, devono essere significative, con tempistiche certe, senza bombardamenti e annunciate con anticipo, perché le organizzazioni umanitarie possano prepararsi a sfruttarle”. I numeri della crisi umanitaria sono stati forniti dall’alto rappresentante Borrell in conferenza stampa: “Le vittime sono oltre 11 mila, ci sono 1,5 milioni di sfollati, metà degli ospedali è al collasso per la mancanza di carburante, dal valico di frontiera con l’Egitto entrano in media 40 camion al giorno, meno del 10 per cento del necessario”. Se il valico di Rafah “non è sufficiente, bisogna aumentare le capacità di transito”, le soluzioni sono due: “O più punti terrestri o l’iniziativa cipriota per un corridoio marittimo“, ha spiegato Borrell, anche se la seconda opzione è più complessa considerato il problema infrastrutturale dell’assenza di porti sulla costa di Gaza.Il piano per il dopoguerra in Palestina e a GazaL’impegno diplomatico di Bruxelles per “evitare l’escalation nella regione e ai Paesi vicini” si connette con la soluzione sul medio/lungo termine post-conflitto per costruire la pace tra Israele e Palestina. Il capo della diplomazia Ue ha messo in chiaro che “questa drammatica crisi con costi immensi di vite umane deve essere l’occasione per far capire al mondo che la soluzione può essere basata solo su due Stati”. In altre parole, “non è solo questione di ricostruire Gaza, ma soprattutto di costruire lo Stato per i palestinesi“. Il piano presentato oggi per la prima volta da Borrell al Consiglio Affari Esteri richiede “parametri per iniziare a cercare una soluzione che propizi la pace” e al momento è una sorta di “schema mentale” che passa da sei condizioni, “tre sì e tre no”, da impostare con gli Stati Uniti e i Paesi arabi.Jabalia, Palestina (credits: Mahmud Hams / Afp)Per quanto riguarda i tre ‘no’, l’alto rappresentante Borrell ha messo in chiaro che “non ci potrà essere un’espulsione forzata dei palestinesi“, che “il territorio di Gaza non si può ridurre, non può esserci rioccupazione da parte di Israele a livello permanente” e che la questione dei bombardamenti in atto a Gaza “non può essere dissociata dalla questione palestinese, va considerata nel suo complesso”. E questi sono i paletti iniziali anche per Gerusalemme. I tre ‘sì’ fanno invece parte dell’impostazione più generale di una soluzione per una pace strutturale e stabile. In primis, “a Gaza deve tornare un’autorità palestinese, la cui legittimità deve essere definita e riconosciuta”, ha spiegato Borrell, precisando che intende “non l’Autorità Nazionale Palestinese, ma una sorta di autorità palestinese”, e che in ogni caso “non si può ricostruire la Palestina né sull’occupazione israeliana né a partire da Hamas”. Come secondo punto, la soluzione deve essere “appoggiata con un forte coinvolgimento degli Stati arabi” a livello finanziario “ma soprattutto politico”. E infine dovrà mettersi in campo “più coinvolgimento dell’Ue nella regione, in particolare nella costruzione dello Stato palestinese“, ha assicurato Borell in partenza per la missione in Israele, Palestina, Bahrein, Arabia Saudita, Qatar e Giordania: “Se non troviamo una soluzione politica, continuerà la spirale di violenza che si ripeterà di funerale in funerale”.
    Al Consiglio Affari Esteri intenso confronto sulle modalità per far arrivare gli aiuti alla popolazione sotto bombardamenti israeliani. L’alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha presentato un piano per cercare una soluzione a due Stati con Stati Uniti e Paesi arabi basata su “tre sì e tre no”

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    Da Parigi l’Unrwa fa il punto della situazione a Gaza e chiede più fondi. Michel: “Rendiamo omaggio al lavoro dell’Onu”

    Bruxelles – Il Commissario generale dell’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, si è rivolto direttamente ai rappresentanti di oltre 50 Paesi, ai leader dell’Unione europea, a diverse Ong e istituti finanziari di sviluppo: dalla conferenza internazionale sugli aiuti umanitari a Gaza, ospitata da Emmanuel Macron a Parigi, ha lanciato l’appello per un flusso robusto e continuo di aiuti internazionali e per maggiori fondi per l’agenzia, “ultimo barlume di speranza” a Gaza.Le richieste di Lazzarini sono quattro. Prima di tutto “un cessate il fuoco umanitario, insieme al rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale”, perché le migliaia di bambini vittime dei bombardamenti israeliani “non possono essere un danno collaterale” e perché “limitare fortemente acqua, cibo e medicinali è una punizione collettiva”. In secondo luogo “un flusso significativo e continuo di aiuti umanitari, compreso il carburante”: il numero dei convogli che hanno finora attraversato il varco di Rafah è “palesemente inadeguato” per coprire le necessità della popolazione stremata e c’è bisogno di “ripristinare i servizi municipali come la gestione dell’acqua e dei rifiuti”, oltre che di “riaprire le linee commerciali, in modo che negozi e rivenditori possano ricostituire le proprie scorte”.Il Presidente francese Emmanuel Macron e il Commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)L’Unrwa stessa si trova con l’acqua alla gola: ringraziando i Paesi che hanno annunciato nuovi contributi nelle ultime settimane, Lazzarini ha ammesso che “potrebbe non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno“. Sono 5 mila i dipendenti che continuano a gestire cliniche, distribuire pane e acqua e fornire supporto psicosociale nei rifugi delle Nazioni Unite. Tutti servizi che “corrono il rischio di essere interrotti”. Recentemente l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha annunciato la mobilitazione di 10 milioni ulteriori dalle casse comunitarie all’Agenzia Onu, che si aggiungono agli 82 milioni di euro già versati a febbraio 2023.Infine il Commissario generale ha evidenziato la necessità di guardare già al “giorno dopo”, ad una reale prospettiva di uno Stato palestinese, “fondamentale per stabilizzare la regione” e “nell’interesse di tutti, compreso Israele”.Il Primo Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammed Shtayyeh (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)Inviti raccolti dal presidente della Repubblica francese, che ha indicato i tre pilastri che devono stare alla base della mobilitazione europea in Medio Oriente: l’impegno umanitario, la questione della sicurezza e della lotta al terrorismo, il processo politico e la pace. All’Eliseo però, Israele e Palestina non si sono incontrate: c’era il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammad Shtayyeh, ma nessun rappresentante di Tel Aviv. E il premier dell’Anp ha usato parole pesanti: “Israele sta chiaramente violando il diritto internazionale umanitario e commettendo crimini di guerra”, ha dichiarato, aggiungendo che “la sofferenza palestinese non è iniziata il 7 ottobre, ma va avanti da 75 anni”. Dalla Nakba del 1948, lo sfollamento imposto a milioni di palestinesi per la creazione dello Stato di Israele. Per questo “la soluzione è porre fine all’occupazione, porre fine alle colonie”, ha ribadito Shtayyeh.Hanno partecipato alla conferenza anche i due pesi massimi delle istituzioni europee, Charles Michel e Ursula von der Leyen. Il presidente del Consiglio europeo ha voluto “rendere omaggio all’impegno delle Nazioni Unite e delle sue agenzie”, ricordando che l’Unrwa conta tra le sue fila 99 vittime dei bombardamenti israeliani, il numero più alto mai registrato di lavoratori Onu morti in un conflitto. Confermato il sostegno ai partner del Medio Oriente – l’Egitto e la Giordania in prima linea- nella ricerca di una de-escalation regionale. E all’Autorità Nazionale Palestinese quale unica autorità “legittima e credibile” verso la soluzione dei due Stati. “Continueremo a sostenervi e a sostenere tutti gli sforzi per garantire che possiate essere in grado di lavorare con noi e con gli altri affinché esista effettivamente un piano di pace per la regione”, ha promesso Michel a Shtayyeh.Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla Conferenza internazionale umanitaria a ParigiLa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fatto il punto di come si sta muovendo l’esecutivo Ue per fornire aiuti alla popolazione di Gaza: “La maggior parte dei nostri carichi ha già raggiunto Gaza con i camion, attraverso il valico di frontiera di Rafah. Ma come hanno detto quasi tutti qui, i volumi rimangono troppo piccoli per far fronte agli enormi bisogni umanitari”, ha sottolineato. Dal 16 ottobre l’Ue ha inviato circa 320 tonnellate di materiale di prima necessità in Egitto, quadruplicando nel contempo i fondi umanitari destinati alla popolazione palestinese. “Anche se sosteniamo pienamente l’aumento della capacità degli aiuti forniti attraverso Rafah – e questa è la nostra prima priorità –, dobbiamo anche considerare con urgenza ulteriori rotte”, ha suggerito von der Leyen, che sta lavorando con i governi di Grecia e Cipro per la creazione di un corridoio marittimo. “Penso che ciò garantirebbe un flusso di aiuti duraturo, regolamentato e robusto”, ha concluso la leader Ue.
    L’allarme del Commissario generale Lazzarini: “Potremmo non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno”. Alla conferenza umanitaria presente il premier dell’Autorità Palestinese, che attacca Israele: “Sta commettendo crimini di guerra, la soluzione è porre fine alle colonie”

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    A Gaza 10 mila morti in un mese. L’Ue mobilita altri 25 milioni per gli aiuti umanitari: Israele “si sforzi di evitare vittime civili”

    Bruxelles – Trenta giorni dopo il risveglio più terribile della storia dello Stato d’Israele, quel 7 ottobre in cui Hamas ha ucciso 1.400 cittadini israeliani e ne ha presi oltre 200 in ostaggio, la risposta senza precedenti della forze di difesa di Tel Aviv è andata al di là delle più drammatiche previsioni: 10.022 morti in un mese nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza, tra cui 4.104 minori e 2.641 donne.I bollettini diffusi dal Ministero della Sanità di Gaza (controllato da Hamas), sono rilanciati anche dall’Ufficio dell’Onu per gli Affari Umanitari (Ocha-Opt) e non fanno alcuna distinzione tra popolazione civile e combattenti. Ma sono sicuramente civili la maggior parte delle vittime dei raid su aree densamente popolate della Striscia, così come lo sono i 25.408 feriti e gli oltre un milione e mezzo di sfollati dal nord dell’enclave palestinese. Così come, d’altronde, le almeno 140 vittime nei territori occupati della Cisgiordania. E gli 88 lavoratori dell’agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa), il numero più alto di vittime delle Nazioni Unite mai registrato in un singolo conflitto. Il Times of Israel ha dato la notizia della morte di una poliziotta israeliana a Gerusalemme, accoltellata questa mattina da un sedicenne palestinese, poi ucciso da un secondo agente. Sono 59 gli agenti di polizia rimasti uccisi dal 7 ottobre.Numeri che raccontano la realtà di quella che in molti hanno definito una “risposta sproporzionata” da parte di Israele. In primo luogo le Nazioni Unite e diverse sue agenzie, e poi naturalmente gli Stati arabi e la maggior parte della comunità internazionale. Ma non l’Unione europea, che nella sua posizione unitaria affermata con non poca difficoltà dal Consiglio europeo, ha garantito il sostegno a Israele e al suo diritto di difendersi in linea con la legge internazionale umanitaria, e ha chiesto che vengano concesse delle “pause umanitarie” per permettere la distribuzione degli aiuti alla popolazione di Gaza stremata da un mese di bombardamenti e di assedio totale. Ma sull’evidente inottemperanza del diritto umanitario non si è ancora espressa, e nemmeno sull’altrettanto evidente, nei fatti, rifiuto di Tel Aviv – così come di Hamas – di interrompere le ostilità quanto meno per l’accesso di aiuti umanitari.I leader Ue alla Conferenza degli Ambasciatori. Von der Leyen indica quattro principi per una “pace duratura” a GazaUrsula Von der Leyen alla Conferenza degli Ambasciatori 2023, 06/11/23Oggi (6 novembre) la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alla Conferenza annuale degli ambasciatori Ue ha parlato di “terribile dilemma” nel dover contemporaneamente supportare Israele e aiutare i civili a Gaza. Perché il paradosso è che, mentre non condanna quella che il segretario generale dell’Onu ha chiamato “punizione collettiva contro i palestinesi”, l’Ue si adopera per consegnare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. I fondi comunitari per l’emergenza umanitaria nella Striscia sono stati quadruplicati: prima dell’inizio del conflitto ne erano previsti 25 milioni per il 2023, ora sono stati portati a 100 milioni di euro. Dal 16 ottobre, 6 voli che trasportavano oltre 263 tonnellate di aiuti hanno raggiunto l’Egitto. Acqua e servizi igienico-sanitari, cibo e altri beni essenziali, che a poco a poco e con grande difficoltà stanno entrando dal varco di Rafah nel sud di Gaza. Giovedì 9 novembre, a Parigi, Emmanuel Macron ha organizzato una conferenza internazionale per discutere degli aiuti umanitari nella Striscia.Priva di peso specifico nell’evitare la tragedia che si sta consumando a Gaza, l’Ue prova a ridare slancio a un processo politico che possa prima o poi mettere fine ad un conflitto vecchio come lo Stato di Israele. Per “immaginare come potrebbe essere una pace duratura” e “ridare speranza a palestinesi e israeliani”, l’unica prospettiva è la soluzione dei due Stati. La presidente della Commissione europea ha proposto “alcuni principi fondamentali che potrebbero aiutare a trovare un terreno comune”: innanzitutto Gaza “non può essere un rifugio sicuro per i terroristi”, e per garantirlo von der Leyen ha suggerito l’istituzione di una missione di pace internazionale sotto mandato delle Nazioni Unite. Dopo di ché, va legittimata ancora di più l’Autorità Nazionale Palestinese come unica entità, che controlli sia la Cisgiordania che Gaza. I punti successivi sono tutti indirizzati all’alleato israeliano: “non può esserci una presenza di sicurezza israeliana a lungo termine a Gaza” e non può esserci “nessuno spostamento forzato dei palestinesi da Gaza“. Infine, Israele dovrà porre fine al “blocco prolungato di Gaza”, perché “qualsiasi futuro Stato palestinese deve essere vitale, anche dal punto di vista economico”.Josep Borrell FontellesInsieme a von der Leyen, sono intervenuti sul tema anche gli altri tre tenori delle istituzioni europee: il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell. Nelle loro dichiarazioni alternate va ricostruito il puzzle della posizione europea sulla crisi in Medio Oriente, anche se Michel ha ribadito che “è responsabilità del Consiglio europeo e degli Stati membri decidere la politica estera in linea con i trattati e con i valori fondamentali dell’Unione”. Metsola ha avvertito che “dobbiamo mettere fine al terrore (di Hamas, ndr), ma come Israele lo farà importa all’Ue e a tutto il mondo”, mentre Borrell ha voluto sottolineare un’altra volta che Israele “non dovrebbe farsi accecare dalla rabbia”. È il capo della diplomazia europea la voce più fuori dal coro tra i leader Ue, quella maggiormente critica nei confronti di Tel Aviv e che si avvicina di più alle posizioni espresse dal segretario Onu Antonio Guterres. Borrell non ha paura a dire che, a dispetto di quanto fu stabilito negli accordi di Oslo del 1993, “in Israele la colonizzazione della Westa Bank è continuata con impunità e sempre maggiore violenza contro i palestinesi“. Gli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania, che erano 270 mila 30 anni fa, ora sono più di 700 mila.È sempre Borrell ad ammettere che “la tragedia in corso è il risultato di un fallimento politico e morale collettivo”, di una “mancanza di volontà nel risolvere la questione” israelo-palestinese. L’Unione europea, “paladina della situazione a due Stati”- come dichiarato da von der Leyen – non ha mai proposto percorsi realistici e efficaci per arrivarci. Ma il problema, sostiene Borrell, “non è né etnico, né religioso, è nazionale”. È il problema di “due popolazioni che hanno lo stesso diritto di vivere nella stessa terra“. E che quindi, per forza di cose, dovranno condividerla.
    31 giorni di bombardamenti a tappeto in risposta all’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre: nessun cessate il fuoco, inascoltato anche l’appello dell’Ue a “pause umanitarie” per distribuire gli aiuti internazionali nella Striscia di Gaza. Von der Leyen: “Missione di pace Onu dopo il conflitto”

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    L’Ue sceglie il silenzio sugli “attacchi sproporzionati” di Israele a Jabalia. È iniziata l’evacuazione di 7.500 persone da Gaza

    Bruxelles – C’è il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, che in un tweet si dice “sconvolto dall’alto numero di vittime civili a causa delle bombe israeliane sul campo profughi di Jabalia”. Intorno a lui, dall’Unione Europea un silenzio sconcertante. Mentre dal quartier generale dell’Onu e dalle agenzie delle Nazioni Unite che lavorano nella Striscia di Gaza arrivano parole durissime sull’operazione militare delle Forze di Difesa israeliane.Il bilancio dei raid di martedì e mercoledì (31 ottobre e primo novembre) sulla città situata pochi chilometri a nord di Gaza City è di almeno 195 morti e 120 dispersi, secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità controllato da Hamas. “L’ultima atrocità che ha colpito gli abitanti di Gaza”, l’ha descritta il sottosegretario per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths. Da Ginevra, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha denunciato i bombardamenti su Jabalia come “attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra“, mentre il suo direttore della sede di New York, Craig Mokhiber, ha addirittura deciso di lasciare il suo incarico accusando il Palazzo di Vetro di essere incapace di agire per “prevenire il genocidio” della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. “Stiamo assistendo a un genocidio che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e l’organizzazione che serviamo sembra impotente a fermarlo”, ha scritto Mokhiber nella lettera di dimissioni.Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, a Rafah il primo novembre 2023 (credits: Said Khatib / Afp)Dall’inferno dell’enclave palestinese, l’Unicef condanna gli “attacchi su larga scala in un’area residenziale densamente popolata”, che “possono avere effetti indiscriminati”. E il commissario generale dell’Unrwa – l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi – ha definito la situazione umanitaria come “una tragedia senza precedenti“. Il commissario generale Philippe Lazzarini, dopo aver ottenuto il permesso di entrare a Gaza per la prima volta dal 7 ottobre, ha confermato che “l’attuale risposta umanitaria non è di gran lunga sufficiente, né corrisponde agli enormi bisogni della popolazione di Gaza”. In particolare c’è bisogno di “consegne urgenti di carburante”, che “non è arrivato per quasi un mese impattando in modo devastante su ospedali, panifici, impianti idrici” e sulle attività stessa dell’Unrwa. Ma gli appelli per un cessate il fuoco umanitario lanciati dall’Agenzia – che tra le proprie fila conta già più di 70 vittime dei raid israeliani – “cadono nel vuoto”. Senza di esso, avverte Lazzarini, “più persone verranno uccise, coloro che sono vivi subiranno ulteriori perdite e la società, un tempo vivace, sarà in lutto per sempre”.L’Ue ringrazia l’Egitto per l’apertura del varco di RafahDai leader delle istituzioni europee nessuna parola sul bombardamento di Jabalia. In comunicato pubblicato ieri sera, la Commissione Europea ha “accolto con favore l’evacuazione di numerosi cittadini dell’Ue e di altri cittadini stranieri, nonché persone ferite attraverso il valico di frontiera di Rafah tra Gaza e l’Egitto”. La presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, ha “ringraziato calorosamente le autorità egiziane per i loro ammirevoli sforzi volti ad aiutare i cittadini stranieri, il personale delle organizzazioni internazionali e le loro famiglie, compresi i cittadini europei, ad entrare in sicurezza nel loro Paese”. Tralasciando completamente ciò che stava accadendo alla popolazione palestinese nel nord della Striscia.Cittadini stranieri e con doppio passaporto al varco di Rafah, tra Gaza e l’Egitto (credits: Mahmud Hams / Afp))Dal varco al confine tra Egitto e la Striscia di Gaza sono uscite ieri più di 400 persone, 335 cittadini stranieri e palestinesi con doppio passaporto e 76 feriti gravi che non potevano essere assistiti negli ospedali locali ormai allo stremo. Oggi è prevista l’evacuazione di altri 400 cittadini stranieri e di una sessantina di feriti, in totale nei prossimi giorni i cancelli di Rafah dovrebbero restare aperti per circa 7.500 persone, secondo una lista stilata da diversi Paesi e avallata dalle autorità egiziane e israeliane. L’accordo tra Il Cairo e Tel Aviv è stato reso possibile grazie alla mediazione di Stati Uniti e Qatar.Nella dichiarazione la Commissione Ue ha voluto sottolineare di aver già triplicato la sua assistenza umanitaria a Gaza, portandola a 78 milioni di euro, con l’obiettivo di “consentire ai partner di continuare il loro prezioso lavoro umanitario”, e di aver già effettuato 6 voli con oltre 263 tonnellate di aiuti umanitari, preposizionati in Egitto in attesa di una “rapida consegna di assistenza alle persone bisognose a Gaza”.
    Per l’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani i raid sul campo profughi potrebbero essere un crimine di guerra, l’Unicef parla di “scene di carneficina”. Da Bruxelles solo l’Alto rappresentante Josep Borrell si dice “sconvolto dal numero di vittime civili”

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    Al Consiglio europeo passa la linea morbida sull’assedio israeliano a Gaza

    Bruxelles – Dopo oltre cinque ore di discussione, i capi di stato e di governo dell’Ue riuniti per il Consiglio europeo sono riusciti a trovare una quadra comune sulla crisi in Medio Oriente. Tanto ci è voluto per limare – e ammorbidire ancora – il linguaggio scelto per la versione finale delle conclusioni del vertice. Nessuna richiesta di cessate il fuoco, passa la linea dell’appello per “corridoi umanitari e pause per necessità umanitarie” a Gaza. E contemporaneamente sparisce la “ferma condanna nei termini di tutte le violenze e ostilità contro tutti i civili”, sostituita dalla “deplorazione per tutte le perdite di vite civili”.Manifestanti chiedono il cessate il fuoco a Gaza (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Sembrano dettagli, ma sono fondamentali per carpire il messaggio politico lanciato dai 27 leader Ue. Messaggio arrivato anche alle diverse centinaia di manifestanti che, in solidarietà al popolo palestinese, si sono dati appuntamento in serata a pochi metri dalla sede del Consiglio europeo, nel cuore del quartiere delle istituzioni europee a Bruxelles. I 27 alla fine hanno scelto di alleggerire le critiche sull’eccessivo uso della forza da parte dell’alleato israeliano. “Il Consiglio europeo enfatizza con fermezza il diritto di Israele a difendersi in linea con la legge umanitaria internazionale” e “condanna nei termini più forti possibili Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati”. I leader ribadiscono inoltre l’appello “per il rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza condizioni”.Troppo poco sulle vittime palestinesi dei bombardamenti israeliani, che secondo le stime del Ministero della Salute di Gaza – controllato da Hamas – sono già oltre 7 mila: i 27 non vanno oltre “l’importanza di assicurare la protezione di tutti i civili in ogni circostanza e in accordo con il diritto internazionale umanitario”. Per quanto riguarda l’accesso dei convogli di aiuti internazionali a Gaza, l’Ue chiede un “accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli” di “cibo, acqua, assistenza medica, materiale da campo e carburante“. Garantendo però che “tale assistenza non sia abusata dai terroristi”.Il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Consiglio europeo, 26/10/23Passa così la linea dei Paesi più vicini a Tel Aviv, tra i quali hanno fatto sentire il proprio peso Germania e Austria. Al suo arrivo a Bruxelles, il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva indicato la sua priorità: “Chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Non solo, Scholz si è detto convinto che nelle sue operazioni militari l’esercito israeliano avesse sempre “rispettato le regole del diritto internazionale”. Chiaro il messaggio anche da parte del suo omologo austriaco, Karl Nehammer, che ha dichiarato che “tutte le fantasie sul cessate il fuoco e sulla cessazione delle ostilità hanno portato al rafforzamento di Hamas”.Dall’altra parte c’era più di tutti il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, che ha sposato la linea che è poi quella del segretario generale dell’Onu: Madrid voleva un “cessate il fuoco”, anche se realisticamente lo stesso Sanchez questo pomeriggio aveva ammesso che non sussistevano le condizioni per una tale richiesta. Nel gioco degli equilibri tra le 27 anime dell’Unione europea, Sanchez è stato accontentato su un altro punto: nella versione finale delle conclusioni si accenna al “supporto per organizzare presto una conferenza internazionale di pace“, che è la richiesta fatta a gran voce dal leader socialista spagnolo.
    I 27 leader Ue si incagliano per oltre 5 ore sul linguaggio migliore per non compromettere il diritto di Israele a difendersi. Nessun cessate il fuoco, ma la richiesta di “pause per necessità umanitarie”. E l’appoggio all’appello di Sanchez per una conferenza di pace internazionale

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    L’unità dell’Ue alla prova della crisi in Medio Oriente. Meloni: “Per sconfiggere Hamas va risolta la questione palestinese”

    Bruxelles – Doveva essere il tema cruciale del vertice dei capi di stato e di governo dell’Ue, il più urgente e potenzialmente il più divisivo. E dalle dichiarazioni dei leader all’ingresso al Consiglio europeo, nel primo pomeriggio di oggi (26 ottobre), la crisi in Medio Oriente è a tutti gli effetti in cima all’agenda. L’imperativo è trovare un linguaggio comune per condannare le violenze contro i civili da entrambe le parti – obiettivo più facile -, ma soprattutto per chiedere l’ingresso e la distribuzione in sicurezza di aiuti umanitari a Gaza.Nel corso di questa settimana le diplomazie Ue hanno limato più volte il paragrafo delle conclusioni del vertice relativo alla richiesta di una pausa umanitaria nell’enclave palestinese. Nell’ultima versione della bozza, quella finita oggi sul tavolo dei leader, si è scelta la formula del “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie“. Ed è stato aggiunto una significativa “condanna nei termini più forti di tutte le violenze e le ostilità contro tutti i civili”. Come spiegato da fonti diplomatiche, tutto sta nel “trovare un linguaggio che non abbia impatti al diritto di Israele a difendersi”. Se sul principio di garantire gli aiuti umanitari alla popolazione civile c’è un consenso generale, i leader hanno mostrato ancora una volta sensibilità differenti sulla questione. A conferma di ciò, la discussione sul primo tema in agenda, è ancora in corso dopo tre ore dall’inizio del vertice.Il primo ministro spagnolo Pedro SanchezDa un lato il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez – che detiene anche la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue -, ha dichiarato chiaramente di volere “un cessate il fuoco”, ma “se non ci sono le condizioni almeno una pausa umanitaria per consegnare gli aiuti”. Il suo omologo belga, Alexander De Croo, ha definito “inaccettabile” l’assedio israeliano a Gaza, perché il diritto di Israele a difendersi “non può mai essere una scusa per privare le persone del necessario per sopravvivere“. D’altra parte il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, seppur assicurando che i 27 “lavoreranno per dare sostegno umanitario ai cittadini di Gaza”, si è concentrato sull’importanza di “chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Emblematica la posizione del primo ministro ungherese, Viktor Orban, sulla discussione intorno al cessate il fuoco: alla domanda di un giornalista, Orban ha risposto “Cessate il fuoco? Si, tra Ucraina e Russia si”.Una volta trovato un compromesso sulla richiesta a Israele di concedere delle interruzioni umanitarie per permettere la distribuzione di aiuti a Gaza, su cui il presidente del Consiglio europeo Charles Michel si è detto “fiducioso di arrivare a una buona decisione“, i 27 sono chiamati a ridare vigore all’impegno verso una futura convivenza pacifica nella regione. La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha commentato con lucidità che “uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione palestinese“, dando “maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese”. Il vice-premier Antonio Tajani, dal pre-summit del Partito Popolare Europeo a Bruxelles, rilancia ancora più in là la linea del governo: “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese, che dia una prospettiva alla popolazione palestinese e che tagli l’erba sotto i piedi ad Hamas, che deve essere delegittimata sia da un punto di vista militare, attraverso una sconfitta, sia da un punto di vista politico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.La volontà di ridare vigore al dialogo con l’Autorità Nazionale Palestinese è espressa anche nella bozza delle conclusioni del vertice, oltre all’impegno a “contribuire al processo politico sulla base della soluzione a due Stati”. Un impegno chiarito già nella dichiarazione congiunta dei 27 Paesi Ue del 15 ottobre scorso. Quell’orizzonte, messo nero su bianco trent’anni fa negli accordi di Oslo, non è però mai stato seriamente puntato. Ma, come evidenziato da Meloni, è un “medio termine che non deve più essere considerato come un ‘ne parliamo dopo’”.
    Nell’ultima bozza delle conclusioni l’appello per un “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie”. Per il vicepremier Tajani “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese”

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    Pausa, pause o cessate il fuoco umanitario. I leader Ue devono trovare la formula per chiedere l’accesso degli aiuti internazionali a Gaza

    Bruxelles – La crisi in Medio Oriente ha ridisegnato l’agenda del vertice dei leader Ue: domani (25 ottobre) e venerdì, i capi di Stato e di governo dei 27 dovranno trovare le parole giuste per chiedere l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari in sicurezza nella Striscia di Gaza. È questo il punto cruciale, perché – ribadiscono fonti europee – la posizione dell’Unione europea sul conflitto non è cambiata dalla dichiarazione congiunta emessa lo scorso 15 ottobre.Una posizione ribadita nell’ultima bozza delle conclusioni del Consiglio europeo, visionata da Eunews, che prende le mosse dalla “condanna nei termini più forti possibili nei confronti di Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutto Israele”. Il secondo punto fermo è il supporto al diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto internazionale e con il diritto internazionale umanitario, il terzo è l’appello ad Hamas per il “rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza condizioni”. Una volta riaffermati questi principi, i leader si concentreranno su “come migliorare la situazione umanitaria a Gaza”.È qui che si tocca “il tema sensibile”, ammette un alto funzionario dell’Ue. I Paesi membri sono d’accordo sul richiedere un “accesso umanitario continuo, rapido, sicuro per raggiungere le persone bisognose attraverso tutte le misure necessarie“, e nel documento finito sul tavolo degli ambasciatori Ue questa mattina veniva inclusa la possibilità di “una pausa umanitaria”. Ma la discussione ruota attorno alle lettere, alle virgole, perché l’imperativo a Bruxelles è trovare un linguaggio “che non abbia impatti sul diritto di Israele a difendersi“. Non può esserci un appello al cessate il fuoco, perché questo significherebbe equiparare l’esercito regolare israeliano ad Hamas, organizzazione riconosciuta come terroristica dall’Ue. Rispetto alla bozza precedente – circolata nei giorni scorsi – è scomparso anche il “supporto alla all’appello del segretario generale dell’Onu per una pausa umanitaria”.Perché su uno dei conflitti più divisivi di sempre da ieri sera è divisivo anche Antonio Guterres, dopo che ha dichiarato che “Hamas non è nata dal nulla” e Israele ne ha chiesto le dimissioni. L’importante, ribadiscono ancora fonti europee, è l’ingresso degli aiuti umanitari. Che comprendono “cibo, acqua, assistenza medica, materiale da campo e carburante“. Su questo, l’Ue fa uno sgarro ad Israele, che non vuole permettere l’ingresso nella Striscia di carburante che potrebbe essere utilizzato per il lancio di missili. Ma che viene sicuramente utilizzato per far funzionare gli ospedali. 
    Al Consiglio europeo di domani e venerdì (26-27 ottobre) irrompe la crisi in Medio Oriente. Dai 27 la “ferma condanna di tutte le violenze e le ostilità contro i civili”, ma dalla bozza delle conclusioni sparisce il sostegno all’appello del segretario generale dell’Onu per una pausa umanitaria