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    Per la Corte dell’Aia le condizioni a Gaza stanno precipitando, Israele deve “garantire aiuti umanitari senza restrizioni”

    Bruxelles – La popolazione di Gaza non sta più affrontando soltanto il rischio di carestia, ma “la carestia è già in atto“. Ne ha preso atto la Corte di Giustizia Internazionale, che ha aggiornato la lista di misure provvisorie imposte a Israele lo scorso 26 gennaio per prevenire possibili crimini di genocidio contro i palestinesi della Striscia. Tel Aviv dovrà “garantire senza indugi la fornitura senza ostacoli e su larga scala dell’assistenza umanitaria urgentemente necessaria”.Gli ultimi numeri registrati dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha-Opt) sono agghiaccianti: almeno 31 persone, tra cui 27 bambini, sono già morte per malnutrizione e disidratazione. Al Tribunale dell’Aia insistono quindi che le autorità israeliane debbano “aumentare la capacità e il numero dei valichi terrestri e mantenerli aperti per tutto il tempo necessario”, per permettere l’ingresso di “cibo, acqua, elettricità, combustibile, riparo, abbigliamento, igiene e servizi igienici, oltre a forniture e assistenza medica ai palestinesi di tutta Gaza”.

    Il collegio di magistrati che si occupa del caso di possibile genocidio a Gaza [Photograph: UN Photo/ICJ-CIJ/Frank van Beek]Con un’unica defezione dell’ex presidente della Corte suprema israeliana, Aharon Barak, il collegio di 15 magistrati che si sta occupando del caso sul rischio di genocidio a Gaza sollevato dal Sudafrica ha ordinato inoltre a Israele di “garantire con effetto immediato che i suoi militari non commettano atti che costituiscano una violazione dei diritti dei palestinesi di Gaza, in quanto gruppo protetto dalla Convenzione sul genocidio”. Tra cui il deliberato impedimento alla consegna degli aiuti.Dal primo verdetto della Corte che chiedeva a Israele di “adottare tutte le misure necessarie per impedire un genocidio a Gaza” sono passati due mesi. Lo Stato ebraico, il 26 febbraio scorso (il mese successivo), ha inviato all’Aia un rapporto in cui illustrava le azioni intraprese per proteggere la popolazione civile. Ma nell’aggiornamento delle misure richiesto ieri, la Corte non ha potuto far altro che “osservare con rammarico che, da allora, le condizioni di vita catastrofiche dei palestinesi nella Striscia di Gaza si sono ulteriormente deteriorate, in particolare alla luce della prolungata e diffusa privazione di cibo e di altri beni di prima necessità”. Dal 26 gennaio inoltre le operazioni militari israeliane avrebbero causato oltre 6.600 vittime e quasi 11.000 feriti in più. Portando il bilancio complessivo delle vittime a oltre 32.400 e quello dei feriti a quasi 75 mila.Israele ha ribadito che esiste “un’ampia registrazione di sforzi israeliani in ambito umanitario per alleviare le sofferenze della popolazione civile in generale e per affrontare la sfida dell’insicurezza alimentare in particolare”. E ha respinto “con la massima fermezza” le accuse del Sudafrica secondo cui la fame a Gaza sia il risultato diretto di “azioni e omissioni deliberate”.La Corte Onu ha concesso ora un altro mese a Tel Aviv per presentare un nuovo rapporto in cui dia conto delle misure prese per attuare l’ordine e scongiurare così il diffondersi della carestia. Ma i giudici dell’Aia sono consapevoli “che vi è urgenza”, nel senso che “esiste un rischio reale e imminente che tale danno ai diritti plausibili rivendicati dal Sudafrica sia causato prima che la Corte di pronunci in via definitiva sul caso”.

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    Gli Usa si fanno da parte e il Consiglio di sicurezza Onu chiede un cessate il fuoco immediato a Gaza. Esulta anche l’Ue

    Bruxelles – Dopo mesi di veti incrociati – soprattutto tra i tre grandi, Stati Uniti, Russia e Cina – il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato per la prima volta una risoluzione che chiede un cessate il fuoco immediato a Gaza. A farsi da parte Washington, che si è astenuta, mentre gli altri 14 membri hanno votato a favore. Un appello che va oltre quello per una “pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco sostenibile” uscito dal Consiglio europeo del 21-22 marzo. I leader Ue però esultano e chiedono ora “un’attuazione urgente”.La risoluzione prevede un cessate il fuoco per il periodo del Ramadan, cominciato già il 10 marzo e che si concluderà tra il 9 e il 10 aprile. Contemporaneamente prevede la liberazione immediata di tutti gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e invita Israele a fare di più per facilitare l’ingresso massivo di aiuti umanitari nella Striscia. “L’attuazione di questa risoluzione è vitale per la protezione di tutti i civili”, ha commentato su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. A cui hanno fatto eco gli altri tenori della politica estera del blocco, Charles Michel e Josep Borrell, secondo cui la risoluzione “necessita di un’attuazione urgente da parte di tutti”.Nell’organo internazionale più autorevole, l’unico che può prendere decisioni che sulla carta sono vincolanti per tutti i Paesi membri dell’Onu, ci sono attualmente tre Paesi dell’Ue: la Francia – che è membro permanente -, la Slovenia e Malta. Tutti e tre hanno appoggiato la risoluzione proposta in modo congiunto dai dieci membri a rotazione. Proprio la Francia, subito dopo l’approvazione del testo, ha annunciato di essere al lavoro su una nuova risoluzione per arrivare a un cessate il fuoco permanente a Gaza dopo il Ramadan.Decisiva è stata l’astensione degli Stati Uniti, che ha mandato su tutte le furie il gabinetto del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Una decisione che “danneggia lo sforzo bellico di Israele“, commentano da Tel Aviv. Che ha immediatamente cancellato la visita di una delegazione israeliana prevista per i prossimi giorni a Washington.

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    I leader Ue chiedono una “pausa umanitaria immediata” a Gaza

    Bruxelles – I capi di stato e di governo dell’Ue trovano un linguaggio comune sulla “tragedia umanitaria” a Gaza. È già una notizia, perché non succedeva dal 26 ottobre, neanche tre settimane dopo l’inizio del conflitto tra Israele e Hamas. A distanza di cinque mesi, quell’appello a “corridoi o pause umanitarie” si è trasformato nella richiesta di “una pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco sostenibile”.L’unanimità ha un costo, e sulla crisi in Medio Oriente è evidentemente quello di andare al ribasso. “So che c’è voluto bisogno di tempo per trovare unità, ma questa sera dimostriamo di poter giocare un ruolo positivo“, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella conferenza stampa a margine dei lavori. Ma nel momento in cui gli Stati Uniti stanno per proporre una risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu in cui per la prima volta chiedono di cessare le ostilità nella Striscia, la dichiarazione finale dei 27 sembra già superata. Con tanta pace dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, e del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che in mattinata avevano utilizzato toni ben più duri su Israele.L’aveva già denunciato il primo ministro belga, Alexander De Croo, al suo arrivo al vertice: “L’Ue deve essere leader, non seguire”. Proprio in riferimento al “buon esempio” di Washington, che dopo aver posto il veto diverse volte a risoluzione che chiedevano di deporre le armi, domani per la prima volta non anteporranno la liberazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas alla richiesta di mettere fine ai bombardamenti sulla popolazione civile palestinese. Lo stesso De Croo, a margine del Consiglio, ha ammesso che “il fatto che gli Stati Uniti stiano adottando questa posizione ha fatto la sua parte“.Nel capitolo dedicato al Medio Oriente della tradizionale dichiarazione a 27 che chiude il vertice europeo, l’Ue “esorta” il governo israeliano a non intraprendere un’operazione di terra a Rafah, “chiede” di garantire la fornitura di assistenza umanitaria, “sottolinea” l’importanza di rispettare e attuare le misure provvisorie richieste dalla Corte internazionale di Giustizia per impedire un genocidio a Gaza. Di condanne, c’è la sacrosanta condanna “nei termini più forti possibili” delle atrocità perpetrate da Hamas il 7 ottobre e quella della violenze commesse dai coloni israeliani estremisti in Cisgiordania. Ma non dei bombardamenti israeliani che hanno causato oltre 30 mila vittime, di cui la maggior parte donne e minori, e nemmeno degli ostacoli all’ingresso degli aiuti umanitari, che stanno portando 2 milioni di persone sull’orlo di una carestia.

    Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa, 21/03/24I capi di stato e di governo dell’Ue hanno espresso “profonda preoccupazione per la catastrofica situazione umanitaria a Gaza e per il suo effetto sproporzionato sui civili, in particolare sui bambini, nonché per l’imminente rischio di carestia“. Rispetto all’ultima bozza delle conclusioni del Consiglio europeo, hanno avuto l’ardire di aggiungere: “Causata dall’ingresso insufficiente di aiuti a Gaza”.Michel ha insistito che “bisogna fare tutto il possibile per convincere, per assicurarsi che ci sia una reale possibilità di accesso umanitario”. E ha ribadito l’unità dei 27 nel supporto al “ruolo essenziale” svolto dall’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) nella regione. Un’unità che – anche qui – dovrà essere confermata non solo a parole dai Paesi Ue che ancora non hanno sbloccato i fondi all’Agenzia dopo le accuse di complicità con Hamas mosse da Israele contro una decina di dipendenti dell’Unrwa. Tra cui Italia e Germania.

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    A Gaza “il fallimento dell’umanità”. Borrell e il segretario dell’Onu Guterres chiedono all’Ue un messaggio forte su Israele

    Bruxelles – Quello che sta accadendo a Gaza è “il fallimento dell’umanità”. Non ha ancora finito le parole l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che da cinque mesi è la voce più critica nelle istituzioni Ue sulle operazioni militari israeliane per annientare Hamas. Quelle scelte oggi, al suo arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles, sono tra le più pesanti e non arrivano per caso: i capi di stato e di governo sono chiamati ad andare oltre la posizione sul conflitto concordata a ottobre. E in ballo c’è la richiesta di “una pausa umanitaria immediata che porti a un cessate il fuoco sostenibile“, recita l’ultima versione delle conclusioni del vertice.Potrebbe sembrare ancora troppo poco, alla luce degli appelli alla cessazione delle ostilità che si moltiplicano da mesi da parte di una buona fetta della comunità internazionale. Ma il conflitto a Gaza ha dimostrato la difficoltà dei 27 a cantare all’unisono quando si parla di politica estera. “Sono felice che oggi il Consiglio approvi delle conclusioni che vanno ben oltre le precedenti di ottobre”, ha confermato Borrell. Oltre a limare l’appello per abbassare le armi, i governi nazionali ribadiranno la richiesta di liberazione degli ostaggi e “mostreranno una forte preoccupazione” per la situazione della popolazione civile.Una situazione “inaccettabile” secondo il capo della diplomazia Ue. Oltre 31 mila vittime e il rischio di una carestia imminente “non sono una crisi umanitaria, ma il fallimento dell’umanità“. Che per Borrell ha una solo via d’uscita: “Israele deve rispettare la popolazione civile e permettere l’ingresso di aiuti a Gaza”. Visibilmente contrariato, Borrell ha elencato tutto ciò che Tel Aviv non sta facendo: “C’è un aeroporto a un’ora di macchina da dove stiamo paracadutando gli aiuti, ma è chiuso. Stiamo costruendo un porto, anche se a Gaza un porto c’è già. Ma è chiuso. E le frontiere di terra sono aperte così poco che i rifornimenti non entrano”.Per convincere i capi di stato e di governo che è il momento di lanciare un messaggio forte a Tel Aviv, è intervenuto in apertura al vertice il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Un alto funzionario Ue ha riferito di un colloquio di due ore e mezzo tra i leader e il segretario dell’Onu. “Positivo, franco”, nel quale i 27 hanno appoggiato integralmente le preoccupazioni di Guterres. Che ha fatto il punto della situazione sull’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e sulla distribuzione di aiuti umanitari. I leader Ue dovrebbero riaffermare al vertice che “i servizi forniti dall’Unrwa a Gaza e in tutta la regione sono essenziali”.Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel con Antonio Guterres“Viviamo in un mondo caotico, con superpotenze che si combattono e situazioni di impunità dove Paesi o gruppi armati pensano di poter fare quello che vogliono perché non ne devono rispondere”, ha dichiarato Guterres al suo arrivo a Bruxelles. Ribadendo i principi che guidano il diritto internazionale, ha insistito sull’importanza di fugare ogni dubbio sull’applicazione di doppi standard in Ucraina e a Gaza. “Gli stessi motivi per cui crediamo che in Ucraina sia essenziale una pace pienamente in linea con il diritto internazionale, crediamo che sia necessario un cessate il fuoco a Gaza”. E allo stesso modo, “come abbiamo condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, condanniamo il fatto che stiamo assistendo a un numero di vittime civili a Gaza senza precedenti”.Una svolta potrebbe arrivare proprio dal palazzo di vetro di New York: gli Stati Uniti hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu in cui per la prima volta Washington non antepone la liberazione degli ostaggi al cessate il fuoco, ma li mette sullo stesso piano. L’ha sottolineato Borrell, l’ha ribadito anche il primo ministro belga, Alexandre De Croo: “È ora di essere chiari, di chiedere un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi e di mettere tutti sulla strada dei negoziati per la soluzione dei due Stati. Quello che gli Stati Uniti hanno presentato ieri al Consiglio di Sicurezza è un buon esempio”, ha dichiarato prima dei lavori.Sulla stessa linea Madrid, con Pedro Sanchez che ha parlato della “necessità di arrivare a un cessate il fuoco e di aprire la porte a aiuti umanitari proporzionati alla catastrofe umanitaria di Gaza”. Si avvicina a questa posizione anche Berlino: “Per noi è molto chiaro che abbiamo bisogno di un cessate il fuoco più duraturo”, ha confermato il cancelliere Olaf Scholz. Mentre l’olandese Mark Rutte ha preferito insistere perché “tutta l’enfasi sia posta sui colloqui per ottenere una pausa di sei settimane nei combattimenti, in modo che gli ostaggi possano uscire e gli aiuti massicci possano arrivare”. Colloqui attualmente in corso in Egitto, mediati da Stati Uniti e Qatar.L’Alto rappresentante Borrell ha infine confermato che inviterà alla prossima riunione dei ministri degli Esteri Ue il loro omologo israeliano, Israel Katz, perché “spieghi cosa sta facendo Israele”. Ma allo stesso tempo, l’Ue “deve analizzare cosa sta accadendo”, e Borrell lo farà insieme al rappresentante speciale Ue per i diritti umani. In modo da poter riferire ai ministri degli Esteri dei 27 e mettere pressione su Tel Aviv. “Israele ha diritto di difendersi, non di vendicarsi”, ha concluso il capo della diplomazia Ue.

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    A Gaza la carestia è imminente. Borrell attacca Israele: “Usa la fame come arma di guerra”

    Bruxelles – Secondo l’ultima valutazione dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), l’intera popolazione della Striscia di Gaza è in condizioni di grave insicurezza alimentare. Ma nel Nord dell’enclave palestinese, il 70 per cento di chi è rimasto sta già affrontando la carestia. E nei governatorati centrali e meridionali, la metà della popolazione soffre un’insicurezza alimentare catastrofica. Alla luce del rapporto, l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, rilancia l’accusa a Israele: “Usa la fame come arma di guerra”.Un’accusa durissima: affamare volontariamente una popolazione è un crimine di guerra, e rientra nelle azioni deliberate che costituiscono un atto di genocidio. Questa volta, accanto a Borrell – che aveva già lanciato l’accusa di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’Onu – anche il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič. I due hanno rilasciato un comunicato congiunto in cui, commentando l’analisi degli esperti dell’Ipc, ribadiscono che “la fame non può essere usata come arma di guerra” e che “quello a cui stiamo assistendo non è un rischio naturale, ma un disastro provocato dall’uomo, ed è nostro dovere morale fermarlo“.

    Josep Borrell al Consiglio Ue Affari Esteri, 18/03/24Nel frattempo, a Bruxelles è in corso la riunione dei ministri degli Esteri dei 27, e la crisi umanitaria a Gaza è in agenda. Borrell, arrivando in Consiglio, ha rincarato la dose. Perché “ci sono derrate alimentari accumulate per mesi, che aspettano di entrare a Gaza, mentre al di là del confine si muore di fame”. Per il capo della diplomazia europea “prima della guerra Gaza era una grande prigione a cielo aperto, oggi è un grande cimitero a cielo aperto, anche per quello che riguarda il rispetto delle regole internazionali”.A far rabbrividire non è solo la situazione attuale fotografata dall’Ipc, in cui 2,2 milioni di persone affrontano “alti livelli di insicurezza alimentare”, ma le proiezioni per i prossimi mesi: “Da metà marzo a metà luglio, nello scenario più probabile e nell’ipotesi di un’escalation del conflitto che includa un’offensiva di terra a Rafah, metà della popolazione si troverà ad affrontare il rischio di carestia“. Nella scala da 1 a 5 utilizzata dall’Ipc, la carestia rappresenta il livello più grave dell’insicurezza alimentare acuta.

    [Fonte: Integrated Food Security Phase Classification]“È una situazione senza precedenti. Nessuna analisi dell’Ipc ha mai registrato tali livelli di insicurezza alimentare in nessuna parte del mondo“, sottolineano Borrell e Lenarčič . Nella Striscia il 50 per cento degli edifici sono stati danneggiati o distrutti. Abitazioni, negozi, ospedali e scuole, ma anche impianti idrici, igienici e le infrastrutture necessarie per la produzione e la distribuzione di cibo. Limitando notevolmente la funzionalità del sistema alimentare. Il rapporto dell’Icp snocciola anche le cifre degli ingressi di aiuti via terra: “Da una media pre-escalation di 500 camion al giorno, di cui 150 che trasportavano cibo, nel periodo tra il 7 ottobre 2023 e il 24 febbraio 2024, solo 90 camion al giorno, di cui solo 60 che trasportavano cibo, sono entrati nella Striscia di Gaza”.Dopo cinque mesi e mezzo di conflitto, Israele non ha ancora aperto tutti i varchi ai convogli umanitari e anzi, di aiuti ne entrano sempre meno. Le responsabilità di Tel Aviv sono sotto gli occhi di tutti: anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz – uno dei più prudenti sul denunciare le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele – ha sottolineato al premier israeliano Netanyahu che “non possiamo stare a guardare i palestinesi morire di fame”, precisando la situazione “è interamente opera dell’uomo” e deriva “da chi impedisce che il sostegno umanitario entri a Gaza“.Tajani: “Posizione non concordata”. Israele nega le accuseMa l’accusa lanciata dal capo della diplomazia europea non è condivisa da tutti a Bruxelles. A partire dal vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che ha commentato: “È una posizione di Borrell, non l’ha concordata con nessuno”. A Tel Aviv invece, non l’hanno presa proprio bene: Borrell “la smetta di attaccare Israele e riconosca il nostro diritto all’autodifesa contro i crimini di Hamas”, ha replicato con un post su X il ministro degli Esteri, Israel Katz.

    Il ministro degli Esteri di Israele, Israel Katz, e Josep BorrellIn un documento che le autorità israeliane hanno sottomesso alla Corte di Giustizia Internazionale relativamente al procedimento intentato dal Sudafrica per il possibile genocidio a Gaza, Israele nega con fermezza di ostacolare l’arrivo di beni di prima necessità per la popolazione palestinese. L’insicurezza alimentare a Gaza “è una sfida seria” ma “non è una questione semplice”, sostengono i legali di Tel Aviv, ribandendo che “Israele si è impegnata, insieme a una serie di parti interessate, a compiere sforzi costanti ed estesi per affrontare questa sfida”. Un impegno che dimostrerebbe “l’esatto contrario di un intento genocida o di un tentativo di affamare la popolazione”.Anzi: Israele si starebbe prodigando per la “continua facilitazione dell’ingresso dei carichi di aiuti umanitari a Gaza e l’utilizzo di ulteriori vie di comunicazione a tale scopo e il rafforzamento della capacità di quelle esistenti”. Le autorità israeliane puntano il dito contro la “spregevole strategia di Hamas”, che “assume il controllo delle forniture umanitarie” e le “devia dalla loro destinazione civile”.

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    Strasburgo alza la voce sul rischio di “imminente carestia” a Gaza: Israele deve garantire l’accesso degli aiuti da tutti i varchi

    Bruxelles – Un cessate il fuoco “immediato e permanente” e l’accesso umanitario “rapido, sicuro e senza ostacoli di aiuti in tutta Gaza attraverso tutti i varchi esistenti“. Sono le richieste per Israele da parte di un Parlamento europeo “profondamente preoccupato per la catastrofica situazione umanitaria a Gaza”. E per il rischio di “un’imminente carestia”.In una risoluzione non vincolante approvata con 327 voti favorevoli, 44 contrari e 120 astensioni, l’emiciclo di Strasburgo fa sentire la sua voce in difesa della popolazione palestinese di Gaza. Il testo è stato appoggiato da tutti i gruppi politici – con qualche isolata defezione -, fatta eccezione per l’estrema destra di Conservatori e Riformisti (Ecr) e Identità e Democrazia (Id). Le delegazioni italiane appartenenti ai due gruppi, Fratelli d’Italia e Lega, hanno scelto di astenersi.

    Palestinian children collect food at a donation point provided by a charity group in the southern Gaza Strip city of Rafah, on December 6, 2023, (Photo by MOHAMMED ABED / AFP)Dopo le durissime parole dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha accusato Israele di “usare la fame come un’arma di guerra”, affamando cioè deliberatamente la popolazione civile di Gaza per raggiungere i propri scopi militari, da Strasburgo un altro chiaro messaggio a Tel Aviv. Un messaggio che – per evitare ogni possibile fraintendimento – parte ancora dalla condanna dello “spregevole attacco del 7 ottobre” e dal “diritto di Israele all’autodifesa nei limiti del diritto internazionale”.Ma la risposta militare “sproporzionata” delle autorità israeliane ha già provocato oltre 30 mila morti e 70 mila feriti a Gaza. E oggi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quasi il 16 per cento dei bambini di Gaza soffre di malnutrizione acuta. Prendendo in prestito le parole di Borrell, non è la conseguenza di “un disastro naturale, un terremoto o un’alluvione”, ma è una situazione provocata artificialmente”.Il palco non regge più: l’Eurocamera “condanna fermamente l’ostruzione degli aiuti umanitari e gli attacchi contro i convogli umanitari”, con un riferimento particolare al 29 febbraio 2024, “quando le truppe israeliane hanno aperto il fuoco durante le consegne di aiuti umanitari” uccidendo oltre 100 palestinesi e ferendone 700. Anche ieri (13 marzo) il Commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha denunciato l’attacco da parte delle forze di difesa israeliane a un centro di distribuzione del cibo nella parte orientale di Rafah, che ha ucciso un membro dello staff dell’Agenza Onu e ferito altre 22 persone. “Ogni giorno condividiamo con le parti in conflitto le coordinate di tutte le nostre strutture nella Striscia di Gaza. L’esercito israeliano ha ricevuto ieri le coordinate di questa struttura”, ha dichiarato Lazzarini. In questo contesto, l’Eurocamera “condanna l’uccisione di 161 operatori umanitari delle Nazioni Unite, 340 operatori sanitari e 7 operatori umanitari” dall’inizio del conflitto.

    Il Parlamento accoglie con favore l’apertura del corridoio marittimo cipriota per Gaza, ma sottolinea che “la distribuzione via terra deve essere la priorità”. Israele deve garantire l’apertura dei varchi di Rafah, Kerem Shalom, Karmi ed Erez.Anche qui, l’appello dell’Eurocamera arriva in contemporanea con quello degli attori coinvolti nell’operazione Amalthea, il corridoio via mare da Cipro: nella riunione ministeriale tenutasi ieri sera, Cipro, la Commissione europea, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito, il Qatar e gli Stati Uniti hanno ribadito che “non esiste un sostituto significativo alle rotte terrestri attraverso l’Egitto e la Giordania e ai punti di ingresso da Israele a Gaza per la consegna degli aiuti su larga scala”. E sottolineato di conseguenza la necessità che Israele “apra altri varchi per consentire a un maggior numero di aiuti di raggiungere Gaza, anche nel nord, e che allenti le restrizioni doganali per facilitare un maggior flusso di assistenza umanitaria”. La stessa Ursula von der Leyen, a margine dell’incontro, ha insistito perché a Gaza entrino “un minimo di 500 camion al giorno o l’equivalente”.Nella risoluzione approvata dall’Eurocamera viene menzionato anche “il ruolo indispensabile dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi (Unrwa) nella regione”. E passa un emendamento che ricorda l’urgenza di mettere in discussione il rispetto delle clausole sui diritti umani dell’accordo di associazione Ue-Israele, come richiesto in una lettera congiunta a Ursula von der Leyen dai primi ministri di Spagna e Irlanda. Perché l’Unione europea ha a disposizione strumenti diplomatici più efficaci di una risoluzione non vincolante dell’Eurocamera per fermare la carneficina a Gaza.

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    Gaza, i parlamentari europei si uniscono nella condanna a Netanyahu

    Bruxelles – Israele è andato oltre, e continuare a dare man forte e pieno sostegno al governo e al suo leader, Benjamin Netanyahu, diventa difficile. L’Unione europea prende le distanze dal modo in cui lo Stato ebraico sta gestendo la risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, e di fatto inizia a scaricare la leadership israeliana. Il dibattito d’Aula del Parlamento europeo sulla situazione a Gaza registra toni duri, da parte della Commissione e da parte di molti parlamentari europei, che da ogni gruppo politico censurano una situazione considerata sempre più insostenibile.Inizia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a condannare l’operato di Netanyahu, senza comunque mai citarlo direttamente. Però, nel denunciare pubblicamente che “la situazione sul campo è più drammatica che mai e ha raggiunto un punto critico”, von der Leyen di fatto mette sul banco degli imputati lo Stato ebraico. “Abbiamo tutti visto le segnalazioni di bambini che muoiono di fame. Non può essere“. Accusa indirettamente il governo israeliano, quando sottolinea che “tutti sanno quanto sia difficile spostare gli aiuti dentro e dentro Gaza”. Un rimprovero chiaro. Da parte Ue garantisce tutto il sostegno possibile. Annuncia l’attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Unione europea invitando gli Stati membri dell’Ue a partecipare, conferma il pieno sostegno al corridoio umanitario marittimo annunciato lo scorso fine settimana, e in tal senso “finanzieremo e coordineremo il flusso delle merci europee attraverso il corridoio”. La situazione, continua von der Leyen, “rende ancora più importante collaborare con quelle agenzie che sono ancora presenti sul territorio. E questo è il caso dell’Unrwa“, l’agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che Israele vorrebbe delegittimata e isolata dopo le accuse di funzionari coinvolti negli attacchi di Hamas. Una sottolineatura che segna le distanze tra Ue e Israele.Ma è nell’Aula che si consuma lo strappo forse più grande. Voci critiche si levano da tutti i principali gruppi: popolari (Ppe), socialisti (S&D), liberali (Re), Verdi, Sinistra radicale. Esponenti di tutte queste forze spendono parole dure, non necessariamente espressione delle posizione dell’intero gruppo, ma comunque sono personalità di alto livello a parlare, a testimonianza di un malumore diffuso. La più diretta è la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, che parla apertamente di “massacro di palestinesi da parte di Netanyahu“, di fronte al quale “dobbiamo mandare un chiaro segnale” ed invita “far cessare la sua impunità”. Come Ue, continua, “dobbiamo evitare che i palestinesi vengano sopraffatti dal regime di apartheid istituito da Netanyahu”.Va giù duro anche Juan Fernando Lopez Aguilar (S&D), presidente della commissione Libertà civili: “Netanyahu impedisce l’accesso via terra agli aiuti umanitari”, denuncia. “Questa brutalità commessa contro il popolo di Gaza supera il legittimo diritto di autodifesa e il diritto internazionale”. Quindi l’affondo: i responsabili “devono essere puniti”. Un chiara messa in stato d’accusa per il governo di Tel Aviv.Dalle fila del Ppe è l’irlandese Sean Kelly a chiedere “lo stop dell’uccisione di persone innocenti a Gaza da parte di Netanyahu“, e invocare “un cessate il fuoco”. Parole che si contrappongono a quelle di von der Leyen, che in Aula sostiene invece la necessità di “una pausa umanitaria”. Il dibattito dunque mostra anche visioni diverse interne al Ppe.Senza accuse così veementi anche i liberali scaricano quello che una volta era un partner incondizionato. “Abbiamo perso ogni speranza in Netanyahu e in Israele“, scandisce il greco Georgos Kyrtsos, che non considera l’attuale classe dirigente come affidabile ai fini del processo di pace e una soluzione a due Stati. Valery Hayer, presidente di Renew Europe, invoca il “cessate il fuoco per ragioni umanitari”. Anche qui, cessate il fuoco invece di pausa umanitaria, a riprova dell’insostenibilità di una situazione considerata non più sostenibile. Si aggiunge alla richiesta Jordì Sole, dei Verdi, anch’egli critico di fronte al deterioramento a Gaza.Dai banchi de laSinistra i toni si fanno ancora più duri. Joao Pimenta Lopes accusa Israele di “genocidio a Gaza”, invitando l’Ue a ritirare appoggio e sostegno allo Stato ebraico. “La situazione è imbarazzante, e dovremmo smetterla di essere complici”. Il dibattito d’Aula sembra suggerire che, a prescindere da come finirà il confronto tra Israele e Hamas, lo Stato ebraico questo conflitto l’abbia già perso in termini di sostegno dell’opinione pubblica e di appoggio politico.

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    È in ritardo la partenza dei primi aiuti dal corridoio marittimo per Gaza

    Bruxelles – Per ora, le 200 tonnellate di viveri da spedire il più in fretta possibile a Gaza rimangono ferme al porto di Larnaca, a Cipro. L’apertura del corridoio marittimo cipriota, annunciata venerdì 8 marzo con la visita nell’isola della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si inceppa ancor prima di diventare realtà. La nave dell’ong Open Arms resta attraccata “a causa di alcune considerazioni tecniche”, precisano fonti diplomatiche. Ma la nuova partenza sarebbe “prevista entro poche ore”.

    Níkos Christodoulídis, Ursula Von der Leyen a Larnaca, 11/03/24Nelle “prossime ore” è anche la formula usata già ieri dal portavoce del governo di Nicosia, Konstantinos Letymbiotis, per comunicare all’agenzia stampa nazionale (Cna) un primo dilatamento delle tempistiche previste. Aggiungendo che non avrebbe reso pubblica l’ora esatta per motivi di sicurezza. Il portavoce del governo cipriota ha inoltre dichiarato che “la nave è stata controllata, come richiesto, dalle autorità della Repubblica di Cipro in conformità con tutti i protocolli previsti dalla pianificazione”. In coordinamento ufficiale con Tel Aviv e in presenza di rappresentanti di Israele.Un rallentamento dovuto, secondo quanto riportato dalla Cna, dal fatto che “la piattaforma a Gaza che riceverà le gli aiuti umanitari trainati dalla nave non è ancora pronta”. Il portavoce capo della Commissione europea, Eric Mamer, ha dichiarato che “esistono diversi modi in cui può essere scaricata una nave”, a seconda “della dimensione, del carico, delle condizioni meteo e di sicurezza”. Confermando che “esiste un piano per scaricare gli aiuti” indipendentemente dall’iniziativa degli Stati Uniti di costruire un molo temporaneo. Il porto galleggiante “sarà di aiuto per scaricare carichi più pesanti una volta che sarà operativo”, ha proseguito Mamer. Non prima di sei settimane, prevedono da Washington.Fonti di Open Arms avrebbero dichiarato all’Agenzia spagnola Efe che per scaricare le quasi 200 tonnellate di farina, riso e cibo in scatola direttamente sulle spiagge di Gaza è stata prevista la costruzione di un frangiflutti nella zona di arrivo. A quel punto, la distribuzione passerebbe dalle mani dei partner internazionali sul campo: agenzie Onu come l’Unrwa, il World Food Programme e l’Oms, ma anche la Croce rossa internazionale e la Mezzaluna Rossa.