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    Amnesty International: Israele sta commettendo un genocidio a Gaza

    Bruxelles – Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele “ha scatenato l’inferno e la distruzione sui palestinesi di Gaza in modo sfacciato, continuo e nella più totale impunità”. Amnesty International ha pubblicato oggi (5 dicembre) un rapporto in cui sostiene che Israele ha commesso e continua a commettere un genocidio nella Striscia di Gaza. Confermando le accuse già formulate mesi fa dalla relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese.Un tassello in più che si aggiunge all’orrore ampiamente documentato della controffensiva israeliana nell’enclave palestinese. Non solo crimini di guerra e contro l’umanità, di cui sono stati accusati dalla Corte Penale Internazionale il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro per la Difesa Yoav Gallant. Dopo aver esaminato nel dettaglio le violazioni compiute da Israele nell’enclave palestinese tra l’ottobre 2023 e il luglio 2024, intervistato 212 persone a Gaza, analizzato prove visive e digitali e le dichiarazione di alti funzionari governativi e militari israeliani, Amnesty International “ha trovato basi sufficienti” per concludere che quello in corso a Gaza è un vero e proprio genocidio.Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, soggetti ad un mandato di arresto internazionale emesso dalla Cpi (Photo by Abir SULTAN / POOL / AFP)“Mese dopo mese, Israele ha trattato i palestinesi di Gaza come un gruppo subumano indegno di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha commentato Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International, secondo cui i risultati “sconvolgenti” contenuti nel rapporto “devono servire da campanello d’allarme” per una comunità internazionale impotente di fronte alla tragedia di Gaza. Callamard ha sottolineato – in linea con le osservazioni della Corte Internazionale di Giustizia relative all’accusa di genocidio formulata dal Sudafrica ad Israele – che “gli Stati che continuano a trasferire armi a Israele stanno violando il loro obbligo di prevenire il genocidio e rischiano di diventarne complici”.I dati citati nel rapporto sono quelli che le Agenzie delle Nazioni Unite presenti sul territorio riportano ogni settimana nei loro bollettini. Secondo l’Ufficio dell’Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha-Opt), si parla di almeno 44.502 palestinesi uccisi e 105.454 feriti dal 7 ottobre 2023. Nell’ultima settimana – dal 26 novembre al 3 dicembre – i bombardamenti israeliani avrebbero causato altre 253 vittime e 708 feriti. Va sottolineato che il rapporto di Amnesty International è stato redatto prendendo in considerazione gli eventi fino a luglio 2024, ed esclude quindi la terribile offensiva che l’esercito israeliano ha lanciato ad ottobre sul Nord di Gaza, sotto assedio permanente e dove l’assistenza umanitaria “è stata in gran parte negata per circa 60 giorni, lasciando tra le 65 mila e le 75 mila persone senza accesso a cibo, acqua, elettricità o assistenza sanitaria affidabile”.La distruzione deliberata e indiscriminata di intere città, infrastrutture critiche, terreni agricoli, siti culturali e religiosi, ha “reso inabitabili ampie zone di Gaza”. Ed è stata spesso preceduta da “funzionari che ne hanno sollecitato l’attuazione”. Amnesty ha esaminato 102 dichiarazioni rilasciate da funzionari governativi e militari israeliani che “disumanizzavano i palestinesi, invocavano o giustificavano atti di genocidio o altri crimini contro di loro”. Un linguaggio condiviso e rilanciato anche dai soldati israeliani sul campo, come dimostrano diversi contenuti audiovisivi che mostrano militari che celebrano la distruzione di case, moschee, scuole e università palestinesi.Una donna palestinese, sfollata da Beit Lahia, arriva a Jabalia nel nord della Striscia di Gaza, 4/12/24 (Photo by Omar AL-QATTAA / AFP)Amnesty International si è concentrata su 15 attacchi aerei israeliani, che hanno ucciso almeno 334 civili, tra cui 141 minori, e ferito centinaia di altri. E per nessuno di questi raid ha trovato prove che fossero diretti ad obiettivi militari. Il rapporto ha identificato uno schema ricorrente nell’azione genocidaria di Israele: il danneggiamento e la distruzione di infrastrutture vitali, l’uso ripetuto di ordini di “evacuazione” di massa, arbitrari e confusi, per sfollare con la forza quasi tutta la popolazione di Gaza, la negazione e l’ostruzione della fornitura di servizi essenziali, di assistenza umanitaria e di altri rifornimenti salvavita a Gaza e al suo interno. Israele ha sfollato quasi 1,9 milioni di palestinesi – il 90 per cento della popolazione di Gaza – in sacche di terra sempre più piccole e insicure, in condizioni disumane.“Chiediamo all’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) di prendere urgentemente in considerazione l’aggiunta del genocidio all’elenco dei crimini su cui sta indagando e a tutti gli Stati di utilizzare ogni via legale per assicurare i responsabili alla giustizia”, conclude il rapporto di Amnesty International. Un appello rivolto anche a Bruxelles, dove regna il silenzio dopo l’avvicendamento tra Josep Borrell e Kaja Kallas a capo della politica estera dell’Ue, e alle capitali dei 27, troppo prudenti finora nel confermare la propria lealtà al Tribunale de l’Aia e al mandato d’arresto per il primo ministro di Israele.

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    Medio Oriente, l’ultimo appello di Borrell: “Rispettare l’Icc è l’unico modo per avere giustizia globale”

    Bruxelles – Un centinaio di rappresentanti di Stati e organizzazioni internazionali, insieme per il secondo incontro dell’Alleanza globale per l’attuazione della soluzione dei due Stati in Medio Oriente. Ospiti dell’Ue e del Belgio. È l’ultimo giorno di lavoro dell’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che da domani lascerà la scrivania all’ex premier estone Kaja Kallas. “Non volevo lasciare il mio lavoro prima di aver tenuto questo incontro”, ha affermato, a riprova dell’impegno profuso – spesso da solo – per trovare una via d’uscita al conflitto tra Israele e Hamas a Gaza.In un lungo intervento al suo arrivo a Palais d’Egmont, nel centro di Bruxelles, Borrell ha parlato con più schiettezza che mai, consapevole che da domani non dovrà più scontrarsi con 27 governi nazionali che da un anno a questa parte procedono a freni tirati nei confronti della devastante offensiva israeliana, prima a Gaza e poi anche in Libano. A partire dai fatti più recenti, il fragile accordo per un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah e il mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale (Icc) nei confronti di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri Josep Borrell Fontelles a Palais d’EgmontSu quest’ultimo in particolare, si gioca la credibilità dell’Occidente e dell’Unione europea come difensori del diritto internazionale. Prima l’ambiguità di diverse cancellerie europee sul rispetto della decisione del Tribunale de L’Aia, poi ieri il duro colpo inferto dalla Francia, uno degli Stati fondatori dell’Icc. In un comunicato, il Ministero degli Esteri francese ha chiamato in causa un articolo dello Statuto di Roma – fondativo della Corte – secondo cui “uno Stato non può essere obbligato ad agire in modo incompatibile con i suoi obblighi di diritto internazionale per quanto riguarda le immunità degli Stati che non fanno parte dell’Icc”. Il Quai d’Orsay ha proseguito spiegando che “tali immunità si applicano al Primo Ministro Netanyahu e agli altri ministri interessati e dovranno essere prese in considerazione se l’Icc dovesse richiedere il loro arresto e la loro consegna“.In sostanza, dal momento che lo Stato ebraico non ha firmato lo Statuto di Roma, non avrebbe rinunciato alle immunità dei suoi attuali leader. E quindi, come dichiarato anche da Antonio Tajani al termine del G7 dei ministri degli Esteri di Fiuggi, la decisione del Tribunale non sarebbe applicabile almeno fino alla fine dell’incarico di Netanyahu. Un cavillo giuridico, se non proprio un’escamotage, che stride con quanto invece sostenuto dagli stessi Paesi nei confronti di Vladimir Putin, anche lui soggetto ad un uguale mandato di cattura internazionale. Ed anche lui presidente eletto di uno Stato che non fa parte della Corte Penale Internazionale.Rivolgendosi “a tutti i membri della società internazionale e in particolare ai membri dell’Unione europea”, Borrell ha ribadito: “Non possiamo minare la Corte penale internazionale”. Le conseguenze sarebbero tremende: un mondo in cui non c’è più “modo di avere una giustizia globale”. Rispettare e implementare le decisioni dell’Icc è anche una questione di “onore”, ha dichiarato il capo della diplomazia europea. Perché oggi il procuratore capo de L’Aia ha chiesto una mandato d’arresto per il leader militare del Myanmar colpevole di crimini contro la popolazione dei Rohingya, e “sicuramente gli Stati Ue applaudono”.L’accordo mediato da Stati Uniti e Francia per una tregua di sessanta giorni tra Israele ed Hezbollah e per il ritiro delle truppe israeliane dal sud del Libano è “una luce di speranza”, ha proseguito Borrell, enfatizzando che “almeno domani sera non ci saranno più nuovi bambini ustionati negli ospedali di Beirut”. L’Alto rappresentante, in visita in Libano la scorsa settimana, è stato testimone di “un bombardamento di una postazione dell’esercito regolare libanese da parte di un carro armato israeliano”. Un attacco “senza motivo, senza discussioni, senza conseguenze”. Secondo quanto riportato da Reuters nel primo pomeriggio, entrambe le parti avrebbero già denunciato violazioni della tregua, e i carri armati israeliani avrebbero colpito sei aree nel sud del Libano, a pochi chilometri dal confine.General ViewL’incontro di oggi però guardava oltre, all’implementazione della soluzione dei due Stati. Che significa “l’implementazione di uno Stato per la popolazione palestinese”, ha evidenziato Borrell. Un orizzonte che resta lontano, come dimostrato dall’assenza di una delegazione israeliana ai lavori dell’Alleanza lanciata dallo stesso Borrell a margine dell’Assemblea delle Nazioni Unite a New York a settembre.“Oggi, purtroppo, la società israeliana è stata colonizzata dall’interno dall’estremismo e dai violenti”, ha affermato ancora il socialista spagnolo, e la “colonizzazione delle menti delle persone è la cosa più pericolosa”. Per Borrell, il 7 ottobre ha accelerato un processo di radicalizzazione del discorso politico di Israele che “sta minando le fondamenta della loro democrazia”. La comunità internazionale assiste impotente – se non complice – ad un governo che “calpesta e viola sistematicamente la legge internazionale umanitaria”. E “non lo nasconde nemmeno”.L’ultima iniziativa di Borrell è un lascito politico a Kaja Kallas, con la speranza che scelga di raccogliere il testimone e “continuare a lavorare duramente” per la soluzione dei due Stati. L’unica via percorribile per sconfiggere “un cancro”, che non rischia di uccidere solo il Medio Oriente, ma di “espandersi a dismisura nelle relazioni internazionali e nella stessa società europea”.

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    Al G7 Esteri tiene banco il rispetto del mandato d’arresto contro Netanyahu. Borrell: “Non è una scelta, ma un obbligo”

    Bruxelles – Dopo giorni di ambiguità da parte dell’Occidente, i sette grandi del mondo sono chiamati a lanciare un segnale chiaro sul mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte penali internazionale (Icc) nei confronti di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro per la Difesa di Israele, Yoav Gallant. A incalzarli, nella riunione del G7 Esteri a Fiuggi, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: Per i 27 Ue “non si può scegliere”, attuare la decisione della Corte de l’Aia “è un obbligo”.Al suo arrivo al vertice, Borrell è stato chiaro: Washington può avere una posizione differente perché gli Stati Uniti non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma, fondativo dell’Icc, ma “tutti i membri dell’Unione europea l’hanno fatto e non è qualcosa che si può scegliere”. Non esiste un diritto internazionale a intermittenza: “Non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu“, ha proseguito Borrell. Le reazioni prudenti di diversi governi occidentali – se non proprio il silenzio, scelto ad esempio dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel – sono ” il tipico esempio di due pesi e due misure per cui siamo tanti criticati”, ha sbottato il capo della diplomazia europea uscente.Finora i tre Paesi Ue nel gruppo del G7 hanno dato risposte enigmatiche. Francia e Germania su tutte, mentre oggi il padrone di casa, Antonio Tajani, ha ammesso: “Siamo amici di Israele ma penso che dobbiamo rispettare il diritto internazionale“. L’obiettivo di Borrell è tornare a Bruxelles con un messaggio unitario: “Non c’è alternativa, spero che alla fine saremo in grado di dire chiaramente che gli europei rispetteranno gli obblighi del diritto internazionale”. In gioco c’è la credibilità stessa dell’Occidente, che non può permettersi di bollare come ‘politica’ la decisione giuridica di una Corte internazionale che per la prima volta sanziona i membri di un governo di una ‘democrazia occidentale’.Tregua tra Israele e Hezbollah in Libano, Borrell: “Non ci sono scuse”Josep Borrell e Antonio Tajani al G7 Esteri a Fiuggi, 26/11/24La due giorni dei ministri degli Esteri di Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Canada e Giappone a Fiuggi e Anagni si concentra inevitabilmente sulle due maggiori crisi internazionali. Ucraina e Medio Oriente. Su quest’ultimo, a tenere banco non è solo il mandato d’arresto emesso dall’Icc, ma anche la prospettiva di un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah in Libano.Gli occhi sono puntati sulla riunione del gabinetto di sicurezza di Tel Aviv, che già questa sera è chiamato a dare l’ok alla proposta di tregua franco-americana. La proposta “dà a Israele tutti gli impegni di sicurezza che ha chiesto”, ha sottolineato Borrell, “non ci sono scuse per rifiutarla”. Tutto dipenderà dalla volontà politica del governo di Netanyahu.Il piano mediato da Eliseo e Casa Bianca prevede una tregua di 60 giorni, durante la quale le forze israeliane si ritirerebbero dal Libano del sud e i militanti di Hezbollah si ritirerebbero a nord del fiume Litani, circa 25 km a nord del confine israeliano. L’accordo prevede la creazione di un comitato di implementazione presieduto da Washington e con la partecipazione di Parigi. In modo da garantire un equilibrio tra le parti. Beirut ha accettato che gli Stati Uniti presiedano il comitato di controllo dell’applicazione del cessate il fuoco, ma ha chiesto espressamente la presenza della Francia. È questo il punto ancora in discussione, perché Israele non vuole che la Francia partecipi.Ricordando le 4 mila vittime civili e le ampie porzioni del sud del Libano rase al suolo dai bombardamenti israeliani, Borrell ha intimato: “Basta combattimenti, basta altre richieste, spero che il governo Netanyahu accetti la proposta”. L’Alto rappresentante Ue chiede onestà intellettuale da parte del G7 anche su Gaza, dove “gli aiuti sono totalmente impediti” dall’esercito israeliano. “Dobbiamo dire la verità, diamo un nome alle cose”, ha concluso Borrell.

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    Israele ha messo sotto assedio quel che resta del nord di Gaza. L’appello di Borrell ai Paesi Ue: “Adottare misure urgenti”

    Bruxelles – Nell’elenco straziante senza fine di bombardamenti israeliani su Gaza – 75 mila tonnellate di esplosivo nel primo anno di conflitto – ce ne sono alcuni che fanno più rumore di altri. Come quello di ieri nel campo profughi di Jabalia, che ha completamente raso al suolo un edificio residenziale ed ucciso almeno 30 persone. E che rientra nell’assedio totale che Israele ha imposto nell’ultimo mese nel nord della Striscia di Gaza. Arriva puntuale la “ferma condanna” dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, che ha amaramente constatato: “Le parole ‘pulizia etnica’ sono sempre più utilizzate per descrivere ciò che sta accadendo nel nord di Gaza”.Le forze di difesa israeliane hanno motivato il raid con la presunta presenza di terroristi sul posto. Secondo quanto riportato da un testimone dell’attacco e familiare di alcune persone uccise alla Bbc le vittime non erano che “civili innocenti che non appartenevano ad alcuna organizzazione militare”. Nelle ultime settimane, l’offensiva israeliana si è inasprita ulteriormente, facendo ipotizzare diversi osservatori che Tel Aviv stia mettendo in atto un consapevole piano di sfollamento forzato e annessione di quella porzione di territorio. Non si tratta solo del bombardamento sistematico di tutti gli edifici, ma anche dell’interruzione totale dell’ingresso di cibo e aiuti umanitari e degli ordini continui di evacuazione alla popolazione stremata.“La realtà quotidiana degli sfollamenti forzati viola il diritto internazionale”, ha ricordato per l’ennesima volta Borrell in un post su X. Ed “anche l’uso della fame come arma di guerra è contrario al diritto internazionale umanitario”. È di pochi giorni fa infatti il rinnovato allarme dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) delle Nazioni Unite, secondo cui “è molto probabile una carestia imminente nelle aree della Striscia di Gaza settentrionale”.Il bollettino di ottobre diffuso dall’Ufficio di Coordinamento per gli Affari Umanitari dell’Onu (Ocha) non lascia dubbi: le autorità israeliane hanno “chiuso il valico di Erez e imposto l’assedio su vaste aree del governatorato di Gaza Nord, tra cui Beit Lahia, Beit Hanoun e la maggior parte di Jabalia”. Su 98 tentativi di ingresso di aiuti umanitari da sud, attraverso il checkpoint lungo Wadi Gaza, l’85 per cento è stato “negato o impedito“. Dal 6 ottobre, sulle tre principali città del governorato di Gaza nord vige un “blocco dell’accesso delle missioni umanitarie, salvo rare eccezioni”.Il capo della diplomazia europea ha ricordato al partner israeliano che “in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di agire facendo entrare gli aiuti”. E secondo l’Ipc è necessaria “un’azione immediata, entro pochi giorni e non settimane, da parte di tutti gli attori che partecipano direttamente al conflitto o che hanno influenza sulla sua condotta”, per scongiurare la carestia. La pulizia etnica.“Spetta alla comunità internazionale e ai principali alleati di Israele adottare misure urgenti per porre fine alle sofferenze dei palestinesi e liberare gli ostaggi”, ha dichiarato ancora Borrell, lanciando un disperato appello ai governi dei Paesi membri, di cui l’Alto rappresentante è quasi prigioniero ogni volta che propone di aumentare la pressione diplomatica sullo Stato ebraico. Sicuramente ne discuteranno i ministri degli Esteri dei 27 il prossimo 18 novembre a Bruxelles, nell’ultimo Consiglio Affari Esteri presieduto da Borrell prima di lasciare l’incarico all’estone Kaja Kallas: alla riunione, Borrell intavolerà una discussione approfondita sul rispetto degli obblighi sui diritti umani previsti dall’Accordo di associazione Ue-Israele e chiederà ai 27 di adottare nuove sanzioni contro i coloni israeliani estremisti. Manca una settimana: in quella appena passata, sono state uccise circa 330 persone a Gaza.

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    Israele bandirà l’Unrwa dal proprio territorio. Critiche da Ue e Stati Uniti: “È insostituibile”

    Bruxelles – A testa bassa, il governo israeliano continua a prendere a picconate il diritto internazionale e le sue istituzioni. Dopo aver rigettato le raccomandazioni della Corte di giustizia internazionale, bollato il segretario generale dell’Onu come “persona non gradita” sul territorio nazionale, Tel Aviv chiude il cerchio e si prepara, entro tre mesi, a bandire definitivamente l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (Unrwa) da Israele e dai territori palestinesi occupati.Ieri sera (28 ottobre) la Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato a larghissima maggioranza due leggi con cui definisce l’Unrwa un’organizzazione terroristica e vieta all’Agenzia dell’Onu di condurre “qualsiasi attività” all’interno di Israele, a Gerusalemme Est e nella Cisgiordania occupata. Tra 90 giorni, nessun funzionario israeliano dovrà più mantenere alcun contatto con i dipendenti dell’Unrwa, rendendo di fatto impossibile il lavoro all’Agenzia anche a Gaza. Perché la cooperazione con l’esercito israeliano – che controlla tutti gli ingressi all’enclave palestinese – è essenziale per trasferire gli aiuti nel territorio.Proprio mentre nel nord della Striscia aumenta di giorno in giorno il rischio di pulizia etnica da parte di Israele: secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) “il modo in cui l’esercito israeliano sta conducendo le ostilità nel nord di Gaza, insieme all’interferenza illegale con l’assistenza umanitaria e agli ordini che stanno portando allo sfollamento forzato” potrebbero causare “la distruzione della popolazione palestinese nel governatorato più settentrionale di Gaza”.Dipendenti dell’Unrwa in una scuola delle Nazioni Unite convertita a rifugio per gli sfollati palestinesi a Khan Yunis (Photo by Mahmud HAMS / AFP)Ma la campagna di Tel Aviv per delegittimare l’Unrwa va avanti dallo scorso gennaio, quando accusò l’Agenzia di “collusione con Hamas” e 12 dei suoi membri di aver partecipato agli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023. Inizialmente, la maggior parte dei Paesi occidentali sulle cui donazioni si regge il lavoro dell’Unrwa congelarono i finanziamenti, salvo poi sbloccarli per la mancanza di prove a sostegno delle accuse israeliane. Fallita l’opzione della delegittimazione internazionale, il governo di Benjamin Netanyahu ha scelto di fare da sé per mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’Agenzia.Netanyahu ha ribadito che “i lavoratori dell’Unrwa coinvolti in attività terroristiche contro Israele devono essere ritenuti responsabili”, aggiungendo tuttavia che “aiuti umanitari sostenuti devono rimanere disponibili a Gaza”. Non esattamente quel che sta succedendo, stando a quanto riportato dall’Ufficio di coordinamento dell’Onu per gli Affari umanitari (Ocha). Nelle prime tre settimane di ottobre sarebbero stati autorizzati a entrare nella Striscia dal valico meridionale di Kerem Shalom una media di 28 camion umanitari al giorno, “tra le più basse dall’ottobre 2023” e “ben al di sotto della media di 500 camion per giorno lavorativo” precedente al 7 ottobre. Ancora peggio nello stesso periodo al checkpoint di Al Rashid, snodo per raggiungere da sud i governatorati settentrionali di Gaza: secondo Ocha le autorità israeliane avrebbero facilitato il passaggio solo del 6 per cento – 4 su 70 – dei convogli umanitari.Già prima della votazione alla Knesset, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva espresso “grave preoccupazione” per due leggi che avranno “conseguenze di vasta portata, rendendo di fatto impossibili le operazioni vitali dell’Unrwa a Gaza”. Nel tentativo di richiamare i partner israeliani e esortarli “a riconsiderare la questione”, Borrell aveva definito le leggi “in netta contraddizione con il diritto internazionale e con il principio umanitario fondamentale dell’umanità“. Allo stesso modo, il portavoce del dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, ha invitato Israele a riconsiderare il divieto, affermando che l’Unrwa è “insostituibile” in questo momento per la fornitura di aiuti umanitari a Gaza.Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)In una nota, il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha affermato che il voto del Parlamento israeliano “costituisce un pericoloso precedente” e non è che “l’ultimo atto della campagna in corso per screditare l’Unrwa e delegittimare il suo ruolo nel fornire assistenza e servizi di sviluppo umano ai rifugiati palestinesi”. Dall’Agenzia dell’Onu dipendono non solo i quasi 2 milioni di sfollati interni nella Striscia di Gaza, ma circa 6 milioni di profughi palestinesi in tutta la regione.Per il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, l’attuazione delle leggi “è inaccettabile”. Guterres ha richiamato Israele “ad agire in modo coerente con i suoi obblighi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e con gli altri obblighi previsti dal diritto internazionale”. Un richiamo destinato a cadere nel vuoto, pronunciato da un uomo trattato da Israele alla stregua di un terrorista, che non può più nemmeno mettere piede sul territorio israeliano.Secondo Nicola Zingaretti, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, “la legge voluta dalla destra israeliana contro l’Unrwa è un altro ennesimo errore di Benjamin Netanyahu. Una scelta disumana e in piena violazione del diritto internazionale”.

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    L’Ue si riscopre unita nei confronti degli attacchi di Israele all’Onu: “Il suo comportamento è sempre meno tollerato”

    Bruxelles – È tardi, visto l’inaccettabile numero di vittime civili e di atroci sofferenze causate in un anno di conflitto in Medio Oriente. Ma l’Ue sta perdendo la pazienza nei confronti di Israele. I capi di stato e di governo dei 27, riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo, hanno condannato le azioni di Tel Aviv su più fronti: l’allargamento dei raid in Libano, la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, gli attacchi militari ai contingenti dell’Unifil e verbali alle Nazioni Unite, le crescenti violenze in Cisgiordania. “Il comportamento di Israele è sempre meno tollerato in sala”, ha ammesso un funzionario Ue nel corso del summit.Sul vertice è piombata inevitabilmente la notizia della morte di Yahya Sinwar, il leader politico di Hamas ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre 2023, ucciso dalle forze di difesa israeliane in un campo profughi a Rafah. “La sua morte indebolisce certamente in modo significativo Hamas”, ha affermato Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa a margine del Consiglio europeo. Ma, forse per questioni puramente tempistiche, i leader non hanno approfittato della morte di Sinwar per rafforzare ulteriormente la richiesta di mettere fine alle ostilità.Il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar (Photo by MAHMUD HAMS / AFP)Nelle conclusioni adottate dai 27, nessun riferimento al vertice politico di Hamas. “Una svolta importante che dobbiamo cogliere”, ha però evidenziato Emmanuel Macron, secondo cui l’uccisione di Sinwar “apre nuovi orizzonti politici“. Dello stesso avviso Giorgia Meloni, che in una nota si è detta convinta “che ora si debba iniziare una nuova fase“: quella del rilascio degli ostaggi, dell’immediato cessate il fuoco e dell’avvio della ricostruzione a Gaza.I leader Ue, come da un anno a questa parte, hanno riconosciuto il “diritto di Israele all’autodifesa” contro Hamas ed Hezbollah, i principali gruppi armati foraggiati dall’Iran. Per Bruxelles è Teheran la più “grave minaccia alla stabilità regionale“, come dimostrato dall’attacco verso Israele del primo ottobre scorso. Una volta messo in chiaro questo punto, i 27 si sono dimostrati insolitamente fermi e uniti nella dura critica al comportamento militare e diplomatico tenuto da Tel Aviv. “Sempre più leader sollevano la questione di cosa fare affinché Israele cambi atteggiamento, perché la preoccupazione e la discussione non sono sufficienti”, ha spiegato una fonte Ue.Al suo arrivo a Bruxelles ieri mattina, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva chiesto che i leader “prendessero sul serio” gli attacchi sferrati su “tutti i fronti” contro il sistema della Nazioni Unite dal governo di Benjamin Netanyahu. E così è stato.Per quanto riguarda il Libano, i 27 “condannano la perdita di vite civili e lo sfollamento forzato causati dall’escalation di violenza e dagli attacchi indiscriminati” e ribadiscono che “la sovranità e l’integrità territoriale del Libano devono essere rispettate”. Gli attacchi israeliani all’Unifil “costituiscono una grave violazione del diritto internazionale” e “devono cessare immediatamente”. I capi di stato e di governo Ue affermano il “pieno e incondizionato sostegno al Segretario generale delle Nazioni Unite”, sottolineano “il ruolo essenziale dell’Onu e delle sue agenzie, in particolare dell’Unrwa”. E “condannano qualsiasi tentativo di ostacolare la capacità dell’agenzia di svolgere il proprio mandato”.Su Gaza e in Cisgiordania, il Consiglio europeo “deplora il numero inaccettabile di vittime civili, soprattutto donne e bambini” e “i livelli catastrofici di fame e l’imminente rischio di carestia causati dall’insufficiente ingresso di aiuti”. E ricorda “la necessità di dare piena attuazione agli ordini della Corte internazionale di giustizia”. Nelle conclusioni del vertice c’è anche un significativo invito a “portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive contro i coloni estremisti e contro le entità e le organizzazioni che li sostengono”.Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, 17/10/24Parallelamente, l’Ue è unita nel sostegno all’Autorità palestinese (Anp). Come sottolineato da von der Leyen, la soluzione dei due Stati “può essere raggiunta solo con un’Autorità palestinese stabile e riformata”. L’Anp ha bisogno di un sostegno d’emergenza e di un “piano a lungo termine”, per il quale la presidente della Commissione europea ha chiesto “uno sforzo collettivo a livello politico e finanziario”. Nel documento conclusivo del vertice, si legge inoltre che “un percorso credibile verso la statualità palestinese è una componente cruciale” del processo politico verso la soluzione dei due Stati.Quel che manca – un’altra volta – nelle conclusioni, è su quali leve spingere per far sì che Israele rientri nei paletti del diritto internazionale. Durante il vertice, è stato fatto il punto sull’Accordo di associazione Ue-Israele, la cui eventuale sospensione – richiesta da mesi da Spagna e Irlanda – avrebbe delle importanti ricadute sull’economia israeliana: “Il dibattito è iniziato a livello di ministri degli Affari esteri e non ho dubbi che continuerà nelle prossime settimane”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.A quanto si apprende, non è invece stata discussa la possibilità di interrompere la fornitura di armi a Tel Aviv. L’embargo sulle armi è una prerogativa dei singoli Paesi membri, ma l’Ue potrebbe imporlo introducendo apposite sanzioni, come fatto ad esempio con la Russia. L’idea, osteggiata in particolare dalla Germania, è stata suggerita più volte negli ultimi giorni da Parigi. “Non si può chiedere il cessate il fuoco e continuare a fornire armi a Israele“, ha dichiarato ancora ieri sera Macron.

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    Dall’Egitto le accuse di Borrell a Israele: “Vuole trasformare la Cisgiordania in una nuova Gaza”

    Bruxelles – Dura accusa dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al governo Netanyahu. Le recenti operazioni israeliane in Cisgiordania “hanno un obiettivo chiaro”: trasformarla “in una nuova Gaza, intensificando la violenza e delegittimando l’Autorità Palestinese”. E la condanna al raid che avrebbe causato almeno 40 morti e 60 feriti nella zona umanitaria di Al-Mawashi, a Khan Younis. In visita in Egitto, Borrell ha dichiarato: “Non posso che pronunciarmi contro questo genere di cose. La guerra ha sempre le sue leggi. È difficile credere che queste leggi di guerra vengano rispettate”.Israele sostiene di aver colpito “importanti terroristi di Hamas che operavano da un centro di comando e controllo” all’interno del campo profughi. Solo due giorni fa, il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, aveva declinato la proposta di Borrell – in viaggio in Medio Oriente – di fissare un incontro in Israele. In conferenza stampa con il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, il capo della diplomazia Ue ha ribadito l’importanza di un cessate il fuoco a Gaza, rammaricandosi del fatto che l’accordo ma non sia mai stato raggiunto, a quasi un anno dall’inizio del conflitto. “Perché? È molto semplice: perché coloro che fanno la guerra non hanno interesse a farla finire. Quindi fingono. Sempre meno, perché la loro intransigenza è accompagnata da una totale impunità e le loro azioni non hanno conseguenze”, ha denunciato Borrell, che ha poi ripetuto la sua invettiva intervenendo ad una conferenza con gli Stati della Lega araba.L’Alto rappresentante ha accusato “membri radicali del governo di Netanyahu” di “cercare di rendere impossibile la creazione di un futuro Stato palestinese”. Borrell ha poi spronato i Paesi della Lega araba ad “accelerare il lento – certamente troppo lento – cambiamento di percezione del conflitto israelo-palestinese riaffermando l’Iniziativa di pace araba e facendola conoscere meglio in tutto il mondo”.Il primo appuntamento utile è la prossima Assemblea Generale dell’Onu, che si terrà a fine mese a New York: per Borrell un’opportunità per mobilitare la comunità internazionale. “Dobbiamo lanciare il processo, non solo un evento, in modo da poter continuare a lavorare ogni giorno con tutti coloro che sono pronti a costruire la soluzione dei due Stati, impegnandosi e cercando il tipo di pressione che possiamo esercitare su coloro che non vogliono questa soluzione”, ha spiegato.

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    L’Alto rappresentante Ue Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro due ministri di Israele

    Bruxelles – Dopo le parole sconcertanti del ministro delle Finanze d’Israele, Bezalel Smotrich, sulla giustificazione morale di affamare la popolazione di Gaza per ottenere la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas, sono arrivate quelle di Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra ‘Potere Ebraico’. Troppo per il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, che aveva condannato duramente la dichiarazione di Smotrich e chiesto al governo israeliano di prenderne distanza. Ora Borrell ha suggerito di imporre sanzioni contro i suoi due ministri più estremisti.In un post sul suo profilo X, Ben-Gvir ha criticato la strategia dei negoziati incoraggiata dagli Stati Uniti e dai principali Paesi della regione, perché Hamas “deve continuare a essere calpestato fino a che non si arrenderà completamente”. Per farlo, lo Stato ebraico dovrebbe “fermare il trasferimento di aiuti umanitari e carburante a Gaza finché tutti i nostri rapiti non saranno tornati a casa”. In più, il ministro ha esortato il governo israeliano a “incoraggiare l’immigrazione e occupare i territori della Striscia di Gaza per tenerli permanentemente nelle nostre mani”.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Dichiarazioni che ricalcano quelle fatte a più riprese da Smotrich, a capo del partito Sionismo Religioso, e che per la verità non sono fughe in avanti dei leader, ma sono perfettamente in linea con i principi e le linee guida delle loro formazioni politiche: il programma politico di Potere Ebraico prevede esplicitamente l’annessione della Cisgiordania e il pieno controllo israeliano del territorio compreso tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano.  Rifiuta l’idea di uno Stato Palestinese e chiede la cancellazione degli Accordi di Oslo del 1993, con cui Israele e l’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) si impegnarono per un reciproco riconoscimento.“Come le sinistre dichiarazioni del ministro Smotrich, questo è un incitamento a crimini di guerra“, ha commentato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, suggerendo di fissare in agenda un aggiornamento del regime di sanzioni europee per colpire i due ministri. Nel regime Ue di sanzioni per violazioni dei diritti umani, sono già presenti nove individui e cinque entità legati alle colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati. Chi finisce sulla lista nera dell’Ue, è soggetto al congelamento dei beni sul territorio europeo e al divieto di mettere piede sul suolo europeo. Parallelamente, gli individui e le entità colpite dalle sanzioni non possono ricevefondi o risorse economiche a loro beneficio.Sebbene sia prerogativa di Borrell, in quanto Alto rappresentante, proporre di modificare gli elenchi di chi è soggetto a misure restrittive da parte dell’Unione europea, c’è bisogno del sì di tutti i Paesi membri per poter procedere. Il capo della diplomazia europea ha esortato un’altra volta il governo israeliano a “prendere inequivocabilmente le distanze da queste incitazioni a commettere crimini di guerra” ed a “impegnarsi in buona fede nei negoziati facilitati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto per un cessate il fuoco immediato” a Gaza.