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    L’Eurocamera trova un denominatore comune (minimo) su Gaza. Il Ppe si spacca, esultano i socialisti

    Bruxelles – Il Parlamento europeo, dopo due anni di dibattiti, ha approvato oggi (11 settembre) la sua prima risoluzione su Israele e Gaza. Un passo avanti e un’occasione persa: se è vero che gli eurodeputati invocano finalmente alcune misure per mettere fine al conflitto, riescono nell’impresa di farlo addirittura dopo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e di non andare in alcun modo oltre le sue parole pronunciate ieri. E a ben vedere, il testo finale adottato dall’Aula scontenta quasi tutti.Condanna del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele, rispetto del diritto internazionale, cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, sì alla sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele in materia commerciale e alle sanzioni contro i ministri più estremisti del governo guidato da Benjamin Netanyahu, invito agli Stati membri a riconoscere lo Stato di Palestina. Questi i paletti messi nero su bianco dalla risoluzione presentata da socialisti, liberali e verdi e adottata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. Si spacca il Partito Popolare, che già ieri si era sfilato rifiutando di firmare la risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza: tra i cristiano democratici, 82 favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti. Tra i sì, mancano quelli dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e dell’estrema destra di Patrioti e Sovranisti. E di una parte del gruppo della Sinistra europea.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, già sanzionato da UK e diversi alleati dell’Ue (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)I socialisti mettono in luce il bicchiere mezzo pieno: secondo Sandro Ruotolo, del Partito democratico, “oggi il Parlamento europeo ha scelto di stare dalla parte del diritto e della dignità dei popoli”. Per il dem l’invito a riconoscere lo Stato di Palestina è un “messaggio storico”, e la sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele “significa che le relazioni politiche ed economiche con Israele non possono proseguire come se nulla fosse, mentre a Gaza si continua a violare il diritto internazionale e a colpire la popolazione civile”. I liberali di Renew rivendicano di aver “compiuto ogni sforzo per ottenere una maggioranza a favore di un’azione urgente volta a porre fine alla crisi umanitaria e alla carestia causate dal governo israeliano e a raggiungere un cessate il fuoco permanente”.Dal testo finale però, ogni volta che si parla di carestia è sparito ogni riferimento al fatto che sia “causata dall’uomo”. Così come due paragrafi in cui si mettevano a nudo le responsabilità delle istituzioni europee per non aver “reagito con l’urgenza che la gravità della situazione catastrofica a Gaza richiede” e si invitava a riflettere sui gravi danni che questo ha comportato per “la credibilità dell’Ue non solo agli occhi del Sud del mondo, ma anche agli occhi dei nostri cittadini”.Sono alcuni degli “emendamenti migliorativi” di cui parla Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Eurocamera. Ma non sufficienti per “raggiungere l’equilibrio che avremmo voluto e che il dramma di Gaza avrebbe richiesto”. La delegazione della premier Giorgia Meloni, la più numerosa in Ecr, si è chiamata fuori, insieme al resto del gruppo.Così come la delegazione del Movimento 5 Stelle, che evidenzia il bicchiere mezzo vuoto: per Danilo della Valle la risoluzione “è debolissima”, perché priva di qualsiasi riferimento all’intento genocidario del governo israeliano a Gaza. “Ritirare a pochi minuti dal voto l’emendamento sottoscritto dai Socialisti in cui si condanna il genocidio rappresenta un tradimento della memoria di oltre 60 mila civili uccisi negli attacchi e nei bombardamenti dell’esercito israeliano”, sottolinea il pentastellato, che bolla il messaggio scaturito dal testo come un “imbarazzato buffetto a Netanyahu che non servirà a niente per fermarlo”.A ben vedere, qualcosa manca davvero, e qualcuno ne è consapevole anche nella famiglia socialista: “Avremmo voluto ci fosse anche il riferimento al genocidio in corso e la sospensione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele nella sua interezza, non solo per la parte commerciale”, ammette l’eurodeputata dem Cecilia Strada. E promette: “Sono battaglie su cui continueremo a impegnarci a partire da domani”.

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    Salpano verso Gaza le navi italiane della Global Sumud Flotilla. Scuderi: “La popolazione ci ringrazia, i governi si attivino”

    Bruxelles – Dopo giorni di attesa, sciolgono gli ormeggi le decine di imbarcazioni che dall’Italia si uniranno alla Global Sumud Flotilla nel tentativo di rompere il blocco israeliano e consegnare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Raggiunta da Eunews a Siracusa, l’eurodeputata Benedetta Scuderi, del gruppo dei Verdi, ha raccontato le fasi concitate prima della partenza: “Le persone ci ringraziano, speriamo che i governi si attivino se i nostri diritti verranno violati”.Il primo gruppo di barche, ancorate al porto di Sidi Bou Said, nei pressi di Tunisi, ha issato le vele ieri. Tra loro, le due imbarcazioni colpite da ordigni incendiari lanciati da piccoli droni nelle scorse notti. In un comunicato, gli equipaggi della Flotilla si dicono “ancora più determinati nel portare avanti” la missione dopo questi attacchi intimidatori. Dopo una conferenza stampa  – prevista alle 14:00 – ed un presidio alla marina di Ortigia, sarà il turno di tutte le barche riunitesi in Sicilia nei giorni scorsi da vari porti d’Italia.La Family Boat e altre imbarcazioni della Global Sumud Flotilla ancorate a Sidi Bou Said, Tunisi (Photo by FETHI BELAID / AFP)“Imbarcazioni abbastanza piccole, dagli 11 ai 15 metri, a vela, civili e non commerciali”, che in sostanza “hanno la possibilità di navigare in acque territoriali”, spiega Scuderi. Sulla sua, a bordo saranno in 11. Oltre agli aiuti umanitari caricati ieri al porto di Augusta. “L’obiettivo è quello di far arrivare gli aiuti, c’è la volontà effettiva di creare il corridoio umanitario“, aggiunge. Per questo le due eurodeputate italiane – Scuderi e la dem Annalisa Corrado – e i due parlamentari nazionali – Marco Croatti (M5S) e Arturo Scotto (Pd) – a bordo, hanno chiesto “fin dall’inizio il supporto del governo e del ministero degli Esteri”.Da Roma, finora “quel che è stato detto è stato detto a singhiozzi”, denuncia Scuderi. La premier Meloni ha affermato inizialmente che “tutelerà i cittadini”, il ministro degli Esteri Tajani ha chiesto oggi al suo omologo israeliano, Gideon Sa’ar, di garantire i diritti degli italiani sulla Flotilla. “Siamo ben lontani dalla protezione diplomatica” annunciata da Madrid per i cittadini spagnoli a bordo, ammette l’eurodeputata, ma “spero che il governo si attivi se dovesse succedere qualcosa”.Gli scenari sono diversi, alcuni molto rischiosi, e gli equipaggi ne sono stati messi al corrente prima della partenza. Nel 2010, i militari israeliani avevano aperto il fuoco su un’imbarcazione della Freedom Flotilla e ucciso 10 attivisti. Negli ultimi due tentativi, a giugno e luglio del 2025, le navi Madleen e Handala sono state intercettate e abbordate dalla marina israeliana, e i membri dell’equipaggio trattenuti ed in seguito espulsi da Tel Aviv.Il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale, l’estremista religioso Itamar Ben-Gvir, ha avvertito che Israele “tratterà gli attivisti alla stregua di terroristi“. Vuol dire che saranno trattenuti in celle d’isolamento, senza accesso a privilegi speciali come tv, radio e cibo specifico. “È un altro tentativo di intimidazione”, commenta Scuderi, sottolineando che “trattare persone che vogliono portare aiuti umanitari come terroristi sarebbe un comportamento gravissimo”.Pochi giorni fa, un portavoce della Commissione europea ha negato il supporto di Bruxelles alla missione civile, affermando anzi che “azioni di questo genere rischiano di portare a un’escalation”. Ieri, di fronte al Parlamento europeo, per la prima volta dopo due anni di conflitto Ursula von der Leyen ha annunciato che proporrà una sospensione parziale dell’accordo di Associazione Ue-Israele e sanzioni contro i ministri israeliani più estremisti (tra cui Ben-Gvir) . “Un ritardo che non ha giustificazioni“, sottolinea Scuderi, e proposte “inferiori a quanto si dovrebbe fare. Proposte in ogni caso figlie di “tutta la pressione della Flotilla, della mobilitazione dal basso, e di una mozione di sfiducia nei suoi confronti” anche a causa della complicità con Israele.

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    Gaza, von der Leyen si allontana da Israele (e si nasconde dietro le divisioni degli Stati membri)

    Bruxelles – Sospensione del sostegno bilaterale a Israele, sanzioni a ministri del governo di Benjamin Netanyahu e ai coloni violenti, sospensione parziale dell’accordo di Associazione che lega Bruxelles a Tel Aviv. Tre misure invocate a gran voce da milioni di cittadini europei, organizzazioni non governative e rappresentanti politici in diversi Stati membri. A metterle sul piatto, oggi (10 settembre), per la prima volta, “l’amica di lunga data del popolo israeliano”, come lei stessa si definisce: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.Bersaglio di pesanti critiche a causa dei prolungati silenzi, del mancato supporto a chi da mesi denuncia le atrocità israeliane a Gaza, degli interventi poco felici a fianco di un governo guidato da un criminale di guerra ricercato da una corte internazionale, von der Leyen ha scelto il discorso annuale sullo stato dell’Unione, di fronte all’Eurocamera, per divincolarsi. Alla vigilia del giorno in cui la stessa Aula di Strasburgo metterà per la prima volta ai voti una risoluzione per chiedere un’azione più decisa per fermare il conflitto.“Quello che sta accadendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo. Persone uccise mentre chiedevano cibo. Madri che stringono tra le braccia i propri figli senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche”, ha esordito la leader Ue, accusando Israele di “un cambiamento sistematico inaccettabile”. Il “soffocamento finanziario” dell’Autorità palestinese, i piani di insediamento per isolare Gerusalemme Est dalla Cisgiordania occupata, le azioni e le dichiarazioni di ministri “che incitano alla violenza”. È tutto alla luce del sole, e nemmeno von der Leyen può voltare più le spalle, anche se “davvero addolorata nel pronunciare queste parole”.Il calcolo politico fa la sua parte, perché von der Leyen è consapevole che “per molti cittadini l‘incapacità dell’Europa di concordare una linea comune da seguire è altrettanto dolorosa”. Il rischio è che su questo file l’Unione europea – e inevitabilmente, la sua leader – perdano definitivamente ogni credibilità agli occhi degli elettori e del mondo. Finora, la Commissione aveva proposto solamente una parziale sospensione dei finanziamenti a Israele per la ricerca, attraverso il programma Horizon. Proposta bloccata in Consiglio dell’Ue da un manipolo di Paesi membri.“Non possiamo permetterci di rimanere paralizzati”, ha proseguito von der Leyen, assicurando che da ora in avanti “la Commissione farà tutto il possibile da sola“. Può farlo nel caso del sostegno bilaterale: “Interromperemo tutti i pagamenti in questi settori, senza compromettere la nostra collaborazione con la società civile israeliana o con Yad Vashem (il museo sull’Olocauso, ndr)”, ha annunciato. Un portavoce ha poi specificato che, nell’ambito dello strumento Ue di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), Israele avrebbe dovuto ricevere “in media 6 milioni all’anno tra il 2025 e il 2027“. Oltre alla sospensione delle dotazioni annuali rimanenti, la Commissione congelerà “circa 14 milioni di euro destinati a progetti in corso”. Progetti di cooperazione istituzionale e programmi di gemellaggio.Lo spazio di manovra dell’esecutivo si ferma qui, dopodiché la Commissione proporrà ai Paesi membri di adottare sanzioni nei confronti dei “ministri estremisti” e dei coloni violenti e di sospendere parzialmente l’accordo di associazione per quanto riguarda le questioni commerciali.“Sono consapevole che sarà difficile trovare una maggioranza” e che “qualsiasi azione sarà eccessiva per alcuni e insufficiente per altri”, ha ammesso von der Leyen, chiamando Parlamento e Consiglio ad “assumersi le proprie responsabilità“. Dopo 23 mesi di conflitto e 64 mila vittime palestinesi, von der Leyen ha iniziato a farlo oggi. E la prima reazione da Tel Aviv è già arrivata: il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, ha definito “deplorevoli” le parole di von der Leyen, che “fanno eco alla falsa propaganda di Hamas e dei suoi alleati”.

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    La risoluzione su Gaza divide l’Aula di Strasburgo. È scontro sul termine genocidio

    Bruxelles – Che redigere un testo comune sulla tragedia umanitaria in atto a Gaza fosse un compito difficile, lo dimostra il fatto che – a quasi due anni dal 7 ottobre 2023 – il Parlamento europeo si è sempre finora sottratto dall’incombenza. I gruppi politici metteranno per la prima volta ai voti una risoluzione giovedì 11 settembre, e le negoziazioni sono serrate. Il rischio di incagliarsi su punti di vista inconciliabili è altissimo, a partire dalla questione ‘genocidio sì’ o ‘genocidio no’.A insistere per riconoscere l’intento genocidario dell’azione militare israeliana è la famiglia socialista. A costo di fratture con la destra moderata. L’eurodeputata del Partito Democratico, Lucia Annunziata, l’ha affermato chiaramente in Aula: “Se per uscire dall’impasse in cui siamo oggi dobbiamo dividerci sul genocidio, dividiamoci pure”. Che gli oltre 64 mila morti palestinesi, il blocco agli aiuti umanitari, le evacuazioni forzate e le occupazioni coatte costituiscano un genocidio, ne è sicura anche la capogruppo S&d, Iratxe Garcia Perez, che tuttavia mantiene una certa cautela: “Quello che sta succedendo è un genocidio. Se ci sono problemi con il modo in cui lo chiamiamo, negozieremo. Sono disposta a negoziare”, ha aperto in mattinata la socialista spagnola.Chi non sembra disposto a scendere a compromessi, sono i 46 del gruppo della Sinistra europea: “Quello che vogliamo è una condanna chiara al genocidio, sostegno alla Corte penale internazionale” e “sanzioni a Netanyahu”, ha elencato il copresidente Martin Schirdewan. Nel testo depositato dal gruppo compaiono anche una dura critica ai leader delle istituzioni europee, colpevoli di “silenzi prolungati e mancanza di chiare condanne” dei crimini commessi da Israele, la richiesta di un embargo totale sulle armi a Tel Aviv e la “cessazione immediata” dell’accordo Ue-Israele nella sua interezza.La capogruppo S&D Iratxe García Pérez e il capogruppo Ppe Manfred Weber (foto: EP)Numeri alla mano, è difficile che l’ambizioso testo proposto dalla sinistra radicale venga accolto dall’Aula. D’altra parte, le mozioni messe sul tavolo dai gruppi di destra ed estrema destra – Conservatori (Ecr) e Patrioti (PfE) – non contengono nessun elemento capace di aumentare la pressione sul governo di Netanyahu. Anzi, Ecr chiede che il Parlamento “respinga le accuse infondate secondo cui Israele starebbe commettendo un genocidio a Gaza”, ed entrambi incoraggiano una “continua cooperazione” con Tel Aviv nell’ambito dell’Accordo di associazione.Verosimilmente, il compromesso sarà raggiunto al centro, tra Popolari e Socialisti, con l’appoggio dei liberali di Renew e del gruppo dei Verdi. Sulla questione genocidio, la linea ufficiale dei primi è che “non spetta al Parlamento europeo decidere“, ma alle “procedure in corso presso organismi internazionali”, mentre il negoziatore dei Verdi per la risoluzione, Villy Søvndal, ha preferito parlare di “spargimento di sangue”, senza ricorrere al termine genocidio. Per il resto, i paletti fissati da liberali ed ecologisti ricalcano quelli indicati da S&d: sanzioni ai ministri estremisti israeliani, la sospensione del pilastro commerciale dell’accordo di associazione Ue-Israele e lo stop alla vendita e al trasferimento di armi verso Tel Aviv. Oltre che un cessate il fuoco immediato e l’ingresso di aiuti umanitari in larga scala nella Striscia di Gaza.Nessuno di questi punti è però presente nel testo redatto dal Ppe. Il suo leader, Manfred Weber, ha affermato questa mattina che “non aiuta avere un dibattito sulla formulazione, sulla parola genocidio o no”, ma che “quello che conta è trovare unità, trovare un approccio comune”. Per i popolari, il Parlamento europeo deve limitarsi a lanciare un appello per “un cessate il fuoco immediato, per il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas e per un flusso senza ostacoli di generi alimentari e aiuti umanitari per la popolazione di Gaza”, ha spiegato il relatore Michael Gahler. Aggiungendo che “non deve esserci alcuna evacuazione forzata dei civili che vivono nella città di Gaza”.L’esercito israeliano ha però già ordinato l’evacuazione immediata di Gaza City. E per quanto riguarda le altre richieste, i capi di Stato e di governo dell’Ue e l’Alta rappresentante le ripetono come un disco rotto da mesi, senza che abbiano sortito alcun effetto. Il rischio è, come paventato dalla leader socialista Perez, il Ppe metta gli altri gruppi di fronte a una “risoluzione vuota”, che “dice la stessa cosa che abbiamo sentito negli ultimi mesi, ovvero niente”. In definitiva, che l’Eurocamera si scopra effettivamente incapace di fare la propria parte per mettere fine alla sofferenza di oltre un milione di civili palestinesi. Genocidio o no.

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    La Commissione Ue precisa: su Gaza Ribera ha parlato a suo nome, non c’è una decisione sulla parola “genocidio”

    Bruxelles – Teresa Ribera non ha parlato a nome della Commissione. La vice presidente che ieri (4 settembre) ha definito il massacro di Gaza ad opera di Israele un “genocidio”, l’ha fatto a suo nome. Esclusivamente.La continua fuga dell’esecutivo von der Leyen dal prendere una posizione di esplicita condanna politica a quanto sta facendo l’esercito di Israele a Gaza è stata certificata dalla portavoce Paul Pinho, che oggi ha precisato che “non sta alla Commissione giudicare le definizioni”, e che dunque sulla definizione di genocidio “non c’è una decisione del collegio”.La Commissione, attraverso il portavoce per gli Affari esteri, si trincera dietro la magistratura, affermando che queste definizioni “sono di competenza delle magistrature nazionali e internazionali, dopo aver correttamente stabilito i fatti”.

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    La vice presidente della Commissione UE Ribera: A Gaza è “genocidio”

    Bruxelles – Anche per la vice presidente della Commissione europea, la socialista spagnola Teresa Ribera a Gaza è in corso “un genocidio”.“Il genocidio a Gaza mette in luce l’incapacità dell’Europa di agire e parlare con una sola voce“, ha scandito Ribera nel discorso tenuto questa mattina (minuto 8.08) agli studenti della Paris School of International Affairs of Sciences Po.Questa sfida, ha sottolineato la vice presidente, arriva di fonte alle “proteste che si diffondono nelle città europee e 14 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco immediato”.

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    Gaza: 100 eurodeputati firmano interrogazione per commissione d’inchiesta sugli attacchi ai giornalisti promossa da Sandro Ruotolo

    Bruxelles – Cento deputati al Parlamento europeo, appartenenti a i gruppi da laSinistra ai popolari, hanno firmato l’interrogazione scritta presentata da Sandro Ruotolo (S&D – PD) che chiede all’Alto Rappresentante per la politica estera europea Kaja Kallas di fare pressioni per spingere le Nazioni Unite a creare una commissione internazionale d’inchiesta sugli attacchi contro i giornalisti a Gaza e la creazione di meccanismi di protezione internazionale per i reporter che operano nelle zone di conflitto.L’iniziativa è nata dopo i due gravissimi attacchi di agosto: il bombardamento del 10 che ha ucciso sei giornalisti di Al Jazeera presso l’ospedale Al-Shifa, e quello del 25 al complesso medico Al-Nasser di Khan Younis, in cui hanno perso la vita altri cinque cronisti.L’interrogazione, presentata da Ruotolo e co-firmata, come secondo firmatario da Nicola Zingaretti, capo delegazione del PD al Parlamento europeo, è stata consegnata simbolicamente con le 100 firme a Yousef Khader Habache, rappresentante europeo del Sindacato dei giornalisti Palestinesi e a Shuruq As’ad giornalista e membro del sindacato.Dal 7 ottobre 2023, 247 giornalisti e operatori dei media palestinesi sono stati uccisi, pari al 13 pe cento dei giornalisti di Gaza, tra cui 34 donne. Oltre 520 sono rimasti feriti e più di 800 familiari di cronisti hanno perso la vita. Circa 1700 giornalisti della Striscia sono stati costretti a sfollare più volte e 800 di loro vivono e lavorando in tende o ospedali senza elettricità, acqua e internet. Sono stati registrati 206 giornalisti arrestati, di cui 55 ancora detenuti. In Gaza l’esercito israeliano ha distrutto 115 testate e redazioni giornalistiche con bombardamenti e attacchi di carri armati. In Cisgiordania e a Gerusalemme ha chiuso 5 media e distrutto o sigillato 12 tipografie.“L’immobilismo dell’Europa è figlio della scelta di molti governi europei che, a parte i comunicati, bloccano qualsiasi iniziativa. Stiamo lavorando affinché il Parlamento europeo arrivi ad una risoluzione formale chiara, un passaggio fondamentale per affermare il diritto alla verità e alla giustizia del popolo palestinese”, ha dichiarato Nicola Zingaretti.Secondo Ruotolo, “chi colpisce i giornalisti colpisce il diritto a conoscere la verità. Per questo chiediamo all’Unione europea di agire con determinazione: serve una commissione di inchiesta e meccanismi di protezione internazionale per chi rischia la vita ogni giorno pur di raccontare quello che accade. Sostengo con convinzione l’iniziativa del Sindacato dei Giornalisti Palestinesi di organizzare una barca di reporter verso Gaza. È un gesto di coraggio e di verità che merita il nostro appoggio”.

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    Gaza, per l’Onu è “carestia interamente causata dall’uomo”

    Bruxelles – A Gaza è in atto una carestia “interamente causata dall’uomo”. Lo afferma un report  del  Comitato di revisione sulla carestia (Frc), agenzia dell’Onu, il quale afferma che “che nella provincia di Gaza è in atto una carestia (fase 5 della Classificazione integrata della sicurezza alimentare, Ipc, sviluppata dalla Fao anni fa). Inoltre, il Frc prevede che nelle prossime settimane la soglia della carestia (fase 5 dell’IPC) sarà superata nelle province di Deir al-Balah e Khan Younis”.Nelle 50 pagine del report si afferma che “poiché questa carestia è interamente causata dall’uomo, può essere fermata e invertita. Il tempo dei dibattiti e delle esitazioni è finito, la fame è presente e si sta rapidamente diffondendo”.Il documento ammonisce poi che “non ci dovrebbero essere dubbi nella mente di nessuno sulla necessità di una risposta immediata e su larga scala. Qualsiasi ulteriore ritardo, anche di pochi giorni, comporterà un aumento del tutto inaccettabile della mortalità legata alla carestia”. Dunque , se “non verrà attuato un cessate il fuoco per consentire agli aiuti umanitari di raggiungere tutti nella Striscia di Gaza e se non verranno ripristinati immediatamente i rifornimenti alimentari essenziali e i servizi sanitari, nutrizionali e idrici di base, i decessi evitabili aumenteranno in modo esponenziale”.Israele, mentre continua a bombardare, mentre annuncia il prossimo arrivo di un “inferno” di fuoco nella striscia nella quale impedisce l’arrivo di aiuti umanitari in maniera sistematica, nella più vergognosa delle ipocrisie tenta di accusare Hamas anche di questa situazione. Il Cogat l’agenzia militare israeliana che coordina gli aiuti, ha accusato Hamas di una “campagna di falsa fame” e ha affermato che l’Onu e altri stanno diffondendo affermazioni infondate sulla fame a Gaza.Intanto anche la Polonia si è unita ad altri 21 paesi nel condannare il nuovo piano illegale di Israele per la costruzione dell’insediamento E1 in Cisgiordania, definendolo una “flagrante violazione del diritto internazionale”.Il progetto di costruzione di 3.400 abitazioni è stato condannato a livello internazionale, anche dall’Italia, e taglierà fuori gran parte della Cisgiordania occupata da Gerusalemme Est, collegando migliaia di insediamenti israeliani illegali nella zona.