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    Palestina: doppio pacchetto di aiuti dall’UE. 50 milioni di aiuti diretti e 400 concessi dalla BEI

    Bruxelles – Doppia tornata di aiuti verso la Palestina annunciati dalla Commissione europea. A New York la Banca europea per gli investimenti (BEI) insieme all’istituzione UE hanno annunciato un finanziamento da 400 milioni di euro per l’Autorità monetaria palestinese (PMA). Lo scopo è quello di sostenere il settore privato palestinese. La Commissione UE ha, poi, comunicato un aiuto da 50 milioni di aiuti diretti, cioè beni fisici per far fronte alla crisi a Gaza e in Cisgiordania. L’ultima tornata di contributi umanitari porta il totale del 2025 a 220 milioni di euro: record assoluto, dovuto all’aggravarsi della situazione nell’area.Se da una parte si tratterà di aiuti materiali, lo strumento finanziario presentato dalla BEI sarà più complesso. L’obiettivo è fare sì che le piccole imprese palestinesi possano accedere al credito bancario. Per questo motivo, la Commissione Europea e la BEI si impegnano a garantire prestiti agevolati ai palestinesi tramite le banche locali. L’obiettivo è far ripartire l’investimento privato. La situazione corrente non agevola di certo l’iniziativa economica. Per stessa ammissione dell’Unione, nella Striscia la carestia è generata dai “bombardamenti israeliani intensificati, anche su tende, ospedali e scuole, dai continui scontri sul territorio e dai ricorrenti ordini di sfollamento forzato”. I fondi che arriveranno nell’area saranno destinati in parte anche ai palestinesi della Cisgiordania, visto che “la rapida espansione degli insediamenti e della loro legalizzazione, che aumenta il rischio di annessione di fatto, le operazioni militari israeliane e i persistenti attacchi dei coloni israeliani contro le comunità palestinesi” rendono impossibile lo sviluppo economico dell’area.

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    11 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla attaccate nella notte. Ruotolo (PD): “È il momento di boicottare i prodotti israeliani”

    Bruxelles – Il viaggio della Global Sumud Flotilla si fa sempre più complicato. Il gruppo d’imbarcazioni è stato colpito nella notte mentre si trovava al largo di Creta, in acque internazionali. L’obiettivo della spedizione è forzare il blocco navale israeliano davanti a Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero undici le imbarcazioni danneggiate, sulle 51 totali. “A partire dall’una e fino alle quattro del mattino abbiamo ricevuto attacchi costanti: prima con materiale urticante, poi con bombe sonore (rilasciate da droni, ndr)”, ha affermato l’eurodeputata Benedetta Scuderi (AVS), presente sulla nave Morgana diretta a Gaza. Non ci sono stati feriti, ma lo spavento per Scuderi e per gli altri attivisti è stato molto: “Ci potevamo fare anche molto male se ci fossimo trovati fisicamente nel punto in cui questi dispositivi sono caduti”. Diretti verso Gaza, ci sono anche gli esponenti del PD, Arturo Scotto e Annalisa Corrado.L’utilizzo di velivoli comandati da remoto contro la Flotilla non è una novità. È la terza volta che le barche vengono colpite, e questa è stata finora l’azione più intensa. Un precedente si era verificato il 9 settembre, quando era stata colpita una barca al porto tunisino di Sidi Bou Said, un secondo attacco avvenne il 10 settembre, sempre in acque tunisine.A chiedere la mobilitazione delle istituzioni UE ci ha pensato il deputato europeo Sandro Ruotolo (PD): “Chiediamo alla Presidente del Parlamento europeo e alla Presidente della Commissione di intervenire subito nei confronti di Israele per garantire la sicurezza di chi è a bordo. Nessuno tocchi la flotilla! È il momento di una condanna internazionale chiara del governo Netanyahu. È il momento di boicottare i prodotti israeliani”.La posizione aggressiva di Israele nei confronti della spedizione umanitaria è stata ribadita ieri. In un post su X, il Ministero degli Esteri di Tel Aviv ha sollecitato la “Hamas flotilla” a non provare a superare il blocco navale, proponendo invece un approdo sicuro nello scalo di Ashkelon, a 10 chilometri da Gaza. Gli organizzatori della spedizione hanno rifiutato.The Hamas flotilla refuses Israel’s proposal to unload aid peacefully at the nearby Ashkelon Marina. Instead, it chooses the illegal path — sailing into a combat zone and breaching the lawful naval blockade.This proves their true aim: serving Hamas rather than delivering aid to… pic.twitter.com/yD3mbYIrSS— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) September 23, 2025Il possibile scontro con la Marina israeliana potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Le imbarcazioni si trovano ora al largo di Creta e, al netto degli incidenti della notte, non dovrebbero mancare più di tre o quattro giorni di navigazione per raggiungere la Striscia.La preoccupazione per un confronto diretto con le navi da pattugliamento dell’esercito israeliano (IDF) è elevata. Davanti alla Striscia operano corvette missilistiche Sa’ar-6, oltre ad imbarcazioni più piccole incaricate di contrastare incursioni leggere.Nonostante questa notte non ci siano stati feriti, la Farnesina si è già espressa auspicando che “qualsiasi operazione che possa essere affidata alle forze armate di Gerusalemme sia condotta rispettando il diritto internazionale e un principio di assoluta cautela”. Il ministro Antonio Tajani ha chiesto all’ambasciata a Tel Aviv di assumere informazioni e di rinnovare la richiesta già fatta al Governo di Gerusalemme di garantire la tutela assoluta del personale imbarcato.

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    Israele, l’Ue propone sanzioni a due ministri e dazi su merci per 6 miliardi. Ora dipende dagli Stati membri

    Bruxelles – Mentre Israele cinge d’assedio Gaza City e “Gaza brucia” – così ha esultato il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz -, la Commissione europea rompe gli indugi e presenta le prime sanzioni politiche ed economiche a Tel Aviv dall’inizio del conflitto. Sono tre le linee direttive: Bruxelles potrà congelare immediatamente circa 20 milioni di fondi previsti per Israele, mentre dovrà passare dalle capitali per l’imposizione di dazi commerciali su circa 6 miliardi di merci e di misure restrittive su due dei ministri più estremisti del governo di Benjamin Netanyahu.A sbloccare un’impasse lunga due anni, l’indignazione e la mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica, che hanno convinto Ursula von der Leyen ad annunciare le tardive misure la scorsa settimana, nel suo discorso sullo stato dell’Unione. “Voglio essere molto chiara: l’obiettivo non è punire Israele. L’obiettivo è migliorare la situazione umanitaria a Gaza”, ha affermato oggi l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, presentando il pacchetto.Con il capo della diplomazia Ue, c’era il responsabile per il commercio, Maroš Šefčovič, che ha snocciolato cifre e volumi degli scambi tra i due partner e gli effetti della sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele messa sul piatto dall’esecutivo comunitario. Tenendo presente che l’Ue rappresenta un terzo del commercio totale di Israele con il mondo, mentre Israele è solo il 31esimo partner commerciale del blocco.Kaja Kallas, Maroš Šefčovič e Dubravka Šuica presentano le misure restrittive contro IsraeleLa Commissione europea ha proposto la sospensione delle agevolazioni commerciali previste dall’accordo di associazione per lo scambio di merci, per la partecipazione agli appalti pubblici, per le norme sulle proprietà intellettuali. Mentre non verrebbero toccate le disposizioni sul flusso di capitali e doganali. Negando l’accesso preferenziale al mercato dell’Ue, alle merci israeliane sarebbero applicate gli stessi dazi doganali che l’Ue applica a Paesi terzi con cui non ha un accordo di libero scambio.Nel 2024, Israele ha esportato in Ue merci per 16 miliardi di euro, mentre in direzione di Tel Aviv sono partite merci per 26,7 miliardi di euro. In sostanza, le misure colpirebbero il 37 per cento delle esportazioni israeliane – soprattutto prodotti agricoli -, perché il restante 63 per cento – principalmente macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici – rimarrebbe soggetto a tariffe zero o molto basse, secondo i termini del regime MFN (Most Favored Nation) dell’Organizzazione mondiale del commercio.L’effetto, sarebbe dunque l’imposizione di dazi aggiuntivi su merci israeliani per il valore di 5,8 miliardi di euro. Secondo i calcoli della Commissione europea, ciò si tradurrebbe – se il commercio rimarrà allo stesso livello del 2024 – in 227 milioni di euro di dazi doganali nell’arco di un anno. Viceversa, se Israele dovesse rispondere alzando barriere analoghe, i dazi colpirebbero merci europee per il valore di circa 8 miliardi. Bruxelles è rimasta sorda agli appelli – e alle decisioni unilaterali di alcuni Paesi membri – per imporre restrizioni specifiche al commercio di armi e materiale a doppio uso civile-militare. Anzi, secondo il regime MFN, rimarranno in gran parte esenti da dazi.La proposta, il cui limitato effetto economico è inversamente proporzionale all’alto valore politico, dovrà essere approvata dagli Stati membri a maggioranza qualificata. Il che significa che – al netto dell’opposizione di Paesi con un peso specifico minore, come Ungheria e Repubblica Ceca – a deciderne le sorti saranno in particolare Italia e Germania, i cui governi non hanno mai risolto del tutto l’ambiguità nei confronti della condotta dell’esercito israeliano a Gaza. Se dovessero farsi da parte, Bruxelles dovrà a quel punto informare della sospensione il Consiglio di associazione Ue-Israele, e attendere 30 giorni prima dell’entrata in vigore dei dazi.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Ancora più complessa la strada per il sì alle misure restrittive contro i ministri della Sicurezza nazionale e delle Finanze, gli estremisti religiosi Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Per approvare le sanzioni è necessaria l’unanimità dei 27. Un anno fa, le capitali Ue respinsero la stessa proposta, messa sul tavolo dall’allora Alto rappresentante Josep Borrell. Nel frattempo, i due sono stati sanzionati da diversi partner dell’Ue, tra cui Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia. E così hanno fatto, in maniera autonoma, anche Paesi Bassi e Slovenia.“Conoscete molto bene la situazione in seno al Consiglio. Anche se vediamo che l’opinione pubblica sta davvero cambiando, a livello politico le posizioni sono molto simili a quelle che ci sono state finora“, ha ammesso Kallas, scura in volto. Oltre al divieto di ingresso nell’Ue e al congelamento di eventuali fondi sul territorio europeo per i due ministri, la proposta include sanzioni per 3 coloni israeliani e 6 organizzazioni responsabili di violenze nei territori palestinesi occupati e 10 membri del direttivo politico di Hamas.Del pacchetto presentato oggi, rischia di sopravvivere soltanto lo stop al sostegno bilaterale a Israele, su cui la Commissione procederà in autonomia. Si parla di 6 milioni di euro all’anno fino al 2027 attraverso lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) e di 14 milioni in progetti di cooperazione istituzionale, compresi i gemellaggi e progetti di gemellaggio nell’ambito del meccanismo di cooperazione regionale Ue-Israele.

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    Israele entra a Gaza City, per l’Onu “è genocidio”. Ue, domani le prime sanzioni economiche

    Bruxelles – Dopo giorni di intensi bombardamenti aerei, con le prime luci dell’alba Israele ha dato il via all’operazione via terra a Gaza City. Un’invasione condannata da tutti, ma che Tel Aviv può portare avanti grazie al supporto incondizionato degli Stati Uniti. L’UE assiste, inerme, e prova a smarcarsi dalle accuse di complicità annunciando che è pronta a mettere sul tavolo le prime sanzioni politiche ed economiche all’alleato israeliano.A Gaza City, già prima del conflitto la città più popolosa della Striscia, avevano trovato rifugio quasi un milione di persone, dopo che Israele ha raso al suolo circa il 70 per cento degli edifici da nord a sud dell’enclave palestinese. Il 10 settembre, l’Ufficio di coordinamento dell’ONU per gli Affari umanitari (Ocha) denunciava la “pericolosa escalation nella città di Gaza” e avvertiva: “Quasi un milione di persone si trovano ora senza opzioni sicure o praticabili: né il nord né il sud offrono sicurezza”. Tel Aviv ha dichiarato che il 40 per cento degli abitanti ha lasciato la città in vista dell’operazione. Significa che circa mezzo milione sono rimasti.Per l’esercito israeliano, è a Gaza City che si nascondono “tra duemila e tremila” militanti di Hamas. E gli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo terroristico. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha dichiarato che se Hamas non rilascerà gli ostaggi “la Striscia sarà distrutta”. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, almeno 68 persone sono morte a Gaza City da questa mattina. Le stesse famiglie degli ostaggi israeliani avrebbero dichiarato lo “stato di emergenza” per l’offensiva israeliana e allestito un accampamento fuori dalla residenza di Netanyahu.“Mentre Israele intensifica le sue operazioni nella città di Gaza, la protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario devono rimanere la nostra bussola, a pochi giorni dai colloqui chiave con i partner all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York”, ha affermato con un post su X la commissaria UE per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib. L’emblema del fallimento della politica adottata finora dall’Unione europea è proprio quell’intesa sulla protezione dei civili e sull’ingresso di aiuti umanitari raggiunta solo due mesi fa con Israele. Un’intesa stipulata per salvare la faccia, ma che non ha sortito alcun effetto. Un’intesa che anche oggi, di fronte all’ingresso dei carri armati israeliani in un’area densamente popolata, Bruxelles non rinnega: “Continuiamo a valutarne gli effetti”, ha dichiarato Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea, ricordando che la sua implementazione resta complessa a causa “di un contesto di guerra”.Di fronte all’indignazione e alla mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica europea, Ursula von der Leyen ha annunciato la scorsa settimana di essere al lavoro per aumentare la pressione sul governo israeliano. Il pacchetto di misure è pronto: la Commissione europea ha confermato che domani adotterà una proposta per sospendere il sostegno bilaterale a Israele (circa 30 milioni di euro), una proposta per la sospensione di alcune disposizioni commerciali dell’accordo di associazione Ue-Israele e infine una proposta per sanzionare alcuni ministri del governo di Netanyahu. Se nel primo caso l’esecutivo Ue può procedere autonomamente, nel secondo avrà bisogno dell’appoggio di due terzi degli Stati membri e nel terzo addirittura dell’unanimità dei 27.Finora, Israele è sorda a qualsiasi richiamo dell’Unione europea, così come delle Nazioni Unite e dell’intera comunità internazionale. Perfino gli Stati Uniti non riescono a contenere le fughe in avanti omicide di Netanyahu, come dimostrato dal raid israeliano su Doha del 9 settembre. “L’Ue ha ripetutamente esortato Israele a non intensificare la sua operazione nella città di Gaza”, ha affermato El Anouni, aggiungendo che “porterà a ulteriori distruzioni, morti e sfollamenti, aggravando la già catastrofica situazione umanitaria e mettendo in pericolo la vita degli ostaggi”. Londra ha definito l’offensiva “totalmente irresponsabile e spaventosa”, per Berlino è “completamente sbagliata”.Proprio oggi, una commissione d’indagine indipendente delle Nazioni Unite ha stabilito – confermando la tesi che la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, sostiene da oltre un anno – che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza, con “l’intento di distruggere i palestinesi”. Secondo l’equipe guidata da Navi Pillay, Netanyahu, il presidente Isaac Herzog l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant sono inoltre responsabili di  “incitamento al genocidio”. Israele ha respinto le conclusioni del rapporto e accusato gli esperti dell’Onu di essere “rappresentanti di Hamas”.

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    Netanyahu ammette: “Israele è isolata”. E accusa Cina e Qatar di propaganda in Occidente

    Bruxelles – A Benjamin Netanyahu rimane solo il fedele alleato a stelle e strisce. Durante una conferenza a Gerusalemme, a margine dell’incontro con il segretario di Stato americano, Marco Rubio, il premier israeliano ha ammesso che Israele “si trova in una sorta di isolamento” internazionale e che lo Stato ebraico dovrebbe “sviluppare le industrie belliche” e “la capacità di produrre ciò di cui ha bisogno” all’interno dei propri confini.Se due anni di bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile a Gaza non sono bastati, il raid su Doha, capitale del Qatar mediatore nei negoziati di pace, ha definitivamente gettato Tel Aviv in un pesante isolamento diplomatico. Il giorno successivo, “l’amica di lunga data” di Israele, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la Commissione europea proporrà di sospendere parzialmente l’accordo di associazione con lo Stato ebraico e di imporre sanzioni contro alcuni ministri del governo di Netanyahu. Oggi i leader di diversi Paesi arabi si sono riuniti a Doha per un vertice di emergenza, per decidere misure concrete in seguito all’attacco israeliano della scorsa settimana.Un attacco che ha indispettito perfino gli Stati Uniti, che insieme al Qatar stavano cercando di riprendere in mano i già fragilissimi negoziati tra Israele e Hamas per mettere fine al conflitto. Rubio ha dichiarato che Washington “continuerà a incoraggiare Doha a svolgere un ruolo costruttivo”, e ha criticato gli sforzi internazionali per riconoscere lo Stato di Palestina – solo due giorni fa all’Assemblea generale dell’Onu 142 Paesi hanno votato a favore del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente -, bollandoli come “un ostacolo alla pace”. Alla risoluzione Onu si sono opposti solo in 10, tra cui Stati Uniti, l’Ungheria di Viktor Orban e l’Argentina di Javier Milei.Benjamin Netanyahu e Donald Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, il 4 febbraio 2025 (Photo by ANDREW CABALLERO-REYNOLDS / AFP)Se diversi partner – compresi quelli europei – sostengono ancora Israele in virtù di accordi economici di lunga data, gli Stati Uniti sono rimasti ormai gli unici a non essersi smarcati pubblicamente dalla condotta criminale del governo di Netanyahu. A Gaza, ma anche in Cisgiordania e nell’intera regione. Il premier israeliano – su cui pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale, a cui aderiscono 125 Stati – ne è ora consapevole: “Avremo sempre più bisogno di adattarci a un’economia con caratteristiche autarchiche“, ha ammesso, focalizzandosi sulle ripercussioni questo potrebbe avere sulle incessanti attività militari israeliane.Netanyahu ha avvertito la platea: “Potremmo trovarci in una situazione in cui le nostre industrie belliche sono bloccate. Dovremo sviluppare le industrie belliche qui, non solo la ricerca e lo sviluppo, ma anche la capacità di produrre ciò di cui abbiamo bisogno”. Già a metà agosto, il Fondo sovrano norvegese da due trilioni di dollari aveva annunciato di aver venduto un quinto dei suoi asset del Paese. La Slovenia ha sospeso il commercio di armi con Israele, la Spagna ha annunciato che imporrà il divieto di “comprare e vendere armi, munizioni ed equipaggiamento militare” e di “transito nei porti spagnoli di navi con combustibili destinati all’esercito israeliano”. Pochi Paesi, che però rivelano una tendenza. Se l’Unione europea dovesse sospendere l’accordo di associazione in materia commerciale, sarebbe un duro colpo per Tel Aviv.Il premier respinge però qualsiasi responsabilità, e anzi – secondo quanto riportato dal Times of Israel – ha puntato il dito prima contro gli immigrati musulmani in Europa, che hanno “piegato i governi” in senso anti-israeliano, e poi contro “alcuni Stati” che avrebbero orchestrato una campagna d’odio contro lo Stato ebraico. “Uno è la Cina. L’altro è il Qatar“, ha attaccato frontalmente Netanyahu.Una “dichiarazione folle”, gli ha risposto il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, secondo cui l’isolamento è “il prodotto di una politica sbagliata e fallimentare di Netanyahu e del suo governo”, che sta “trasformando Israele in un paese del terzo mondo”.

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    L’Eurocamera trova un denominatore comune (minimo) su Gaza. Il Ppe si spacca, esultano i socialisti

    Bruxelles – Il Parlamento europeo, dopo due anni di dibattiti, ha approvato oggi (11 settembre) la sua prima risoluzione su Israele e Gaza. Un passo avanti e un’occasione persa: se è vero che gli eurodeputati invocano finalmente alcune misure per mettere fine al conflitto, riescono nell’impresa di farlo addirittura dopo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e di non andare in alcun modo oltre le sue parole pronunciate ieri. E a ben vedere, il testo finale adottato dall’Aula scontenta quasi tutti.Condanna del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele, rispetto del diritto internazionale, cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, sì alla sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele in materia commerciale e alle sanzioni contro i ministri più estremisti del governo guidato da Benjamin Netanyahu, invito agli Stati membri a riconoscere lo Stato di Palestina. Questi i paletti messi nero su bianco dalla risoluzione presentata da socialisti, liberali e verdi e adottata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. Si spacca il Partito Popolare, che già ieri si era sfilato rifiutando di firmare la risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza: tra i cristiano democratici, 82 favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti. Tra i sì, mancano quelli dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e dell’estrema destra di Patrioti e Sovranisti. E di una parte del gruppo della Sinistra europea.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, già sanzionato da UK e diversi alleati dell’Ue (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)I socialisti mettono in luce il bicchiere mezzo pieno: secondo Sandro Ruotolo, del Partito democratico, “oggi il Parlamento europeo ha scelto di stare dalla parte del diritto e della dignità dei popoli”. Per il dem l’invito a riconoscere lo Stato di Palestina è un “messaggio storico”, e la sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele “significa che le relazioni politiche ed economiche con Israele non possono proseguire come se nulla fosse, mentre a Gaza si continua a violare il diritto internazionale e a colpire la popolazione civile”. I liberali di Renew rivendicano di aver “compiuto ogni sforzo per ottenere una maggioranza a favore di un’azione urgente volta a porre fine alla crisi umanitaria e alla carestia causate dal governo israeliano e a raggiungere un cessate il fuoco permanente”.Dal testo finale però, ogni volta che si parla di carestia è sparito ogni riferimento al fatto che sia “causata dall’uomo”. Così come due paragrafi in cui si mettevano a nudo le responsabilità delle istituzioni europee per non aver “reagito con l’urgenza che la gravità della situazione catastrofica a Gaza richiede” e si invitava a riflettere sui gravi danni che questo ha comportato per “la credibilità dell’Ue non solo agli occhi del Sud del mondo, ma anche agli occhi dei nostri cittadini”.Sono alcuni degli “emendamenti migliorativi” di cui parla Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Eurocamera. Ma non sufficienti per “raggiungere l’equilibrio che avremmo voluto e che il dramma di Gaza avrebbe richiesto”. La delegazione della premier Giorgia Meloni, la più numerosa in Ecr, si è chiamata fuori, insieme al resto del gruppo.Così come la delegazione del Movimento 5 Stelle, che evidenzia il bicchiere mezzo vuoto: per Danilo della Valle la risoluzione “è debolissima”, perché priva di qualsiasi riferimento all’intento genocidario del governo israeliano a Gaza. “Ritirare a pochi minuti dal voto l’emendamento sottoscritto dai Socialisti in cui si condanna il genocidio rappresenta un tradimento della memoria di oltre 60 mila civili uccisi negli attacchi e nei bombardamenti dell’esercito israeliano”, sottolinea il pentastellato, che bolla il messaggio scaturito dal testo come un “imbarazzato buffetto a Netanyahu che non servirà a niente per fermarlo”.A ben vedere, qualcosa manca davvero, e qualcuno ne è consapevole anche nella famiglia socialista: “Avremmo voluto ci fosse anche il riferimento al genocidio in corso e la sospensione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele nella sua interezza, non solo per la parte commerciale”, ammette l’eurodeputata dem Cecilia Strada. E promette: “Sono battaglie su cui continueremo a impegnarci a partire da domani”.

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    Salpano verso Gaza le navi italiane della Global Sumud Flotilla. Scuderi: “La popolazione ci ringrazia, i governi si attivino”

    Bruxelles – Dopo giorni di attesa, sciolgono gli ormeggi le decine di imbarcazioni che dall’Italia si uniranno alla Global Sumud Flotilla nel tentativo di rompere il blocco israeliano e consegnare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Raggiunta da Eunews a Siracusa, l’eurodeputata Benedetta Scuderi, del gruppo dei Verdi, ha raccontato le fasi concitate prima della partenza: “Le persone ci ringraziano, speriamo che i governi si attivino se i nostri diritti verranno violati”.Il primo gruppo di barche, ancorate al porto di Sidi Bou Said, nei pressi di Tunisi, ha issato le vele ieri. Tra loro, le due imbarcazioni colpite da ordigni incendiari lanciati da piccoli droni nelle scorse notti. In un comunicato, gli equipaggi della Flotilla si dicono “ancora più determinati nel portare avanti” la missione dopo questi attacchi intimidatori. Dopo una conferenza stampa  – prevista alle 14:00 – ed un presidio alla marina di Ortigia, sarà il turno di tutte le barche riunitesi in Sicilia nei giorni scorsi da vari porti d’Italia.La Family Boat e altre imbarcazioni della Global Sumud Flotilla ancorate a Sidi Bou Said, Tunisi (Photo by FETHI BELAID / AFP)“Imbarcazioni abbastanza piccole, dagli 11 ai 15 metri, a vela, civili e non commerciali”, che in sostanza “hanno la possibilità di navigare in acque territoriali”, spiega Scuderi. Sulla sua, a bordo saranno in 11. Oltre agli aiuti umanitari caricati ieri al porto di Augusta. “L’obiettivo è quello di far arrivare gli aiuti, c’è la volontà effettiva di creare il corridoio umanitario“, aggiunge. Per questo le due eurodeputate italiane – Scuderi e la dem Annalisa Corrado – e i due parlamentari nazionali – Marco Croatti (M5S) e Arturo Scotto (Pd) – a bordo, hanno chiesto “fin dall’inizio il supporto del governo e del ministero degli Esteri”.Da Roma, finora “quel che è stato detto è stato detto a singhiozzi”, denuncia Scuderi. La premier Meloni ha affermato inizialmente che “tutelerà i cittadini”, il ministro degli Esteri Tajani ha chiesto oggi al suo omologo israeliano, Gideon Sa’ar, di garantire i diritti degli italiani sulla Flotilla. “Siamo ben lontani dalla protezione diplomatica” annunciata da Madrid per i cittadini spagnoli a bordo, ammette l’eurodeputata, ma “spero che il governo si attivi se dovesse succedere qualcosa”.Gli scenari sono diversi, alcuni molto rischiosi, e gli equipaggi ne sono stati messi al corrente prima della partenza. Nel 2010, i militari israeliani avevano aperto il fuoco su un’imbarcazione della Freedom Flotilla e ucciso 10 attivisti. Negli ultimi due tentativi, a giugno e luglio del 2025, le navi Madleen e Handala sono state intercettate e abbordate dalla marina israeliana, e i membri dell’equipaggio trattenuti ed in seguito espulsi da Tel Aviv.Il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale, l’estremista religioso Itamar Ben-Gvir, ha avvertito che Israele “tratterà gli attivisti alla stregua di terroristi“. Vuol dire che saranno trattenuti in celle d’isolamento, senza accesso a privilegi speciali come tv, radio e cibo specifico. “È un altro tentativo di intimidazione”, commenta Scuderi, sottolineando che “trattare persone che vogliono portare aiuti umanitari come terroristi sarebbe un comportamento gravissimo”.Pochi giorni fa, un portavoce della Commissione europea ha negato il supporto di Bruxelles alla missione civile, affermando anzi che “azioni di questo genere rischiano di portare a un’escalation”. Ieri, di fronte al Parlamento europeo, per la prima volta dopo due anni di conflitto Ursula von der Leyen ha annunciato che proporrà una sospensione parziale dell’accordo di Associazione Ue-Israele e sanzioni contro i ministri israeliani più estremisti (tra cui Ben-Gvir) . “Un ritardo che non ha giustificazioni“, sottolinea Scuderi, e proposte “inferiori a quanto si dovrebbe fare. Proposte in ogni caso figlie di “tutta la pressione della Flotilla, della mobilitazione dal basso, e di una mozione di sfiducia nei suoi confronti” anche a causa della complicità con Israele.

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    Gaza, von der Leyen si allontana da Israele (e si nasconde dietro le divisioni degli Stati membri)

    Bruxelles – Sospensione del sostegno bilaterale a Israele, sanzioni a ministri del governo di Benjamin Netanyahu e ai coloni violenti, sospensione parziale dell’accordo di Associazione che lega Bruxelles a Tel Aviv. Tre misure invocate a gran voce da milioni di cittadini europei, organizzazioni non governative e rappresentanti politici in diversi Stati membri. A metterle sul piatto, oggi (10 settembre), per la prima volta, “l’amica di lunga data del popolo israeliano”, come lei stessa si definisce: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.Bersaglio di pesanti critiche a causa dei prolungati silenzi, del mancato supporto a chi da mesi denuncia le atrocità israeliane a Gaza, degli interventi poco felici a fianco di un governo guidato da un criminale di guerra ricercato da una corte internazionale, von der Leyen ha scelto il discorso annuale sullo stato dell’Unione, di fronte all’Eurocamera, per divincolarsi. Alla vigilia del giorno in cui la stessa Aula di Strasburgo metterà per la prima volta ai voti una risoluzione per chiedere un’azione più decisa per fermare il conflitto.“Quello che sta accadendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo. Persone uccise mentre chiedevano cibo. Madri che stringono tra le braccia i propri figli senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche”, ha esordito la leader Ue, accusando Israele di “un cambiamento sistematico inaccettabile”. Il “soffocamento finanziario” dell’Autorità palestinese, i piani di insediamento per isolare Gerusalemme Est dalla Cisgiordania occupata, le azioni e le dichiarazioni di ministri “che incitano alla violenza”. È tutto alla luce del sole, e nemmeno von der Leyen può voltare più le spalle, anche se “davvero addolorata nel pronunciare queste parole”.Il calcolo politico fa la sua parte, perché von der Leyen è consapevole che “per molti cittadini l‘incapacità dell’Europa di concordare una linea comune da seguire è altrettanto dolorosa”. Il rischio è che su questo file l’Unione europea – e inevitabilmente, la sua leader – perdano definitivamente ogni credibilità agli occhi degli elettori e del mondo. Finora, la Commissione aveva proposto solamente una parziale sospensione dei finanziamenti a Israele per la ricerca, attraverso il programma Horizon. Proposta bloccata in Consiglio dell’Ue da un manipolo di Paesi membri.“Non possiamo permetterci di rimanere paralizzati”, ha proseguito von der Leyen, assicurando che da ora in avanti “la Commissione farà tutto il possibile da sola“. Può farlo nel caso del sostegno bilaterale: “Interromperemo tutti i pagamenti in questi settori, senza compromettere la nostra collaborazione con la società civile israeliana o con Yad Vashem (il museo sull’Olocauso, ndr)”, ha annunciato. Un portavoce ha poi specificato che, nell’ambito dello strumento Ue di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), Israele avrebbe dovuto ricevere “in media 6 milioni all’anno tra il 2025 e il 2027“. Oltre alla sospensione delle dotazioni annuali rimanenti, la Commissione congelerà “circa 14 milioni di euro destinati a progetti in corso”. Progetti di cooperazione istituzionale e programmi di gemellaggio.Lo spazio di manovra dell’esecutivo si ferma qui, dopodiché la Commissione proporrà ai Paesi membri di adottare sanzioni nei confronti dei “ministri estremisti” e dei coloni violenti e di sospendere parzialmente l’accordo di associazione per quanto riguarda le questioni commerciali.“Sono consapevole che sarà difficile trovare una maggioranza” e che “qualsiasi azione sarà eccessiva per alcuni e insufficiente per altri”, ha ammesso von der Leyen, chiamando Parlamento e Consiglio ad “assumersi le proprie responsabilità“. Dopo 23 mesi di conflitto e 64 mila vittime palestinesi, von der Leyen ha iniziato a farlo oggi. E la prima reazione da Tel Aviv è già arrivata: il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, ha definito “deplorevoli” le parole di von der Leyen, che “fanno eco alla falsa propaganda di Hamas e dei suoi alleati”.