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    Cessate il fuoco immediato a Gaza, 25 Paesi (tra cui l’Italia) contro Israele

    Bruxelles – Cessate il fuoco “immediato, incondizionato e permanente”, che consenta alla popolazione civile palestinese di ricevere cure e assistenza del caso e che ponga fine a una politica di Israele considerata come inaccettabile. La comunità internazionale prova a fare pressione sul governo di Tel Aviv in una dichiarazione congiunta firmata da 25 Paesi, 17 Ue (Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia) e 8 Paesi extra-Ue (Australia, Canada, Islanda, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Svizzera e Giappone), a cui si aggiunge la commissaria europea le Gestione delle crisi, Hadja Lahbib.Non sfugge l’assenza, tra i firmatari della dichiarazione, di Stati Uniti e Germania. E’ soprattutto il sostegno incondizionato di Washington a permettere di Israele di fare ciò che vuole in tutto il Medio Oriente, persino bombardare Paesi indipendenti e sovrani. C’è però divisione su un tema che continua a infiammare il dibattito, con una vera e propria coalizione internazionale ‘anti-Netanyahu’ che ribadisce il fermo ‘no’ alle intenzioni espansionistiche del governo israeliano. “Ci opponiamo fermamente a qualsiasi iniziativa volta a modificare il territorio o la demografia nei Territori Palestinesi Occupati”, scandiscono i ministri degli Esteri dei 25 Paesi. E’ questo un nuovo monito contro le intenzioni già dichiarate da un anno di nuovi insediamenti, che stavolta potrebbe non limitarsi a un richiamo.Trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente”. Il piano shock che Trump ha esposto a Netanyahu“Siamo pronti a intraprendere ulteriori azioni per sostenere un cessate il fuoco immediato e un percorso politico verso la sicurezza e la pace per israeliani, palestinesi e l’intera regione”, dicono i 25 Paesi, senza specificare azioni o misure. Quello che emerge è una parte di comunità internazionale che di fatto scarica lo Stato ebraico nella veste della sua leadership. “La costruzione di insediamenti in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, è stata accelerata – denuncia ancora la dichiarazione – mentre la violenza dei coloni contro i palestinesi è aumentata vertiginosamente. Questo deve cessare”.Netanyahu è anche oggetto di censura per le proposte di trasferire la popolazione palestinese in una ‘città umanitaria’, considerate come “totalmente inaccettabili” in quanto “lo sfollamento forzato permanente è una violazione del diritto internazionale umanitario”. Ancora, “il modello di distribuzione degli aiuti del governo israeliano è pericoloso, alimenta l’instabilità e priva i cittadini di Gaza della dignità umana”. In questo contesto è unanime la condanna per “la distribuzione a goccia degli aiuti e l’uccisione disumana di civili, compresi bambini, che cercano di soddisfare i loro bisogni più elementari di acqua e cibo”.

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    L’intesa Ue-Israele sugli aiuti a Gaza è decisamente vaga. E salva gli interessi (e la faccia) dei 27

    Bruxelles – Il coniglio dal cilindro con cui l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha risparmiato a Bruxelles la figuraccia di non riuscire a imporre sanzioni contro Israele, rischia nel medio termine di mettere ancor più in imbarazzo le istituzioni europee. I termini dell’accordo – o meglio, l’intesa – raggiunta il 10 luglio con Tel Aviv perché si impegni ad un aumento “sostanziale” degli aiuti umanitari a Gaza non sono stati resi noti e i 27 non torneranno sull’argomento almeno fino a fine agosto. Tra il 9 e il 16 luglio,  secondo i numeri riportati dall’Ufficio dell’Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), sono stati uccisi più di 600 cittadini palestinesi nella Striscia.A quanto si apprende, Kallas ha intavolato le discussioni con le controparti israeliane non appena – lo scorso 23 giugno – è stato diffuso il rapporto del Servizio europeo di Azione esterna che certificava il mancato rispetto da parte di Israele dell’Accordo di associazione con l’Ue a causa delle violazioni dei diritti umani a Gaza. Un team di esperti, coordinato dal Rappresentante speciale Ue per il processo di pace in Medio Oriente, Cristophe Bigot, si sarebbe recato due volte in Israele. L’obiettivo: strappare un’intesa che permettesse a Bruxelles di dimostrare il proprio peso e contemporaneamente di non andare avanti sulla strada delle sanzioni contro l’alleato mediorientale.L’Ue avrebbe messo sul tavolo le richieste pervenute da diverse agenzie delle Nazioni Unite (Undp, Wfp, Unicef) e dai partner umanitari. Prima di tutto, l’esclusione della controversa Gaza Humanitarian Foundation dalle operazioni. E poi, le riaperture di diversi varchi – soprattutto nel nord – e corridoi per la distribuzione, l’aumento massiccio di ingressi di convogli con aiuti umanitari e alimenti, la ripresa delle forniture di carburante, la riparazione delle infrastrutture vitali, la protezione degli operatori umanitari.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, al Consiglio Affari Esteri il 15/07/25 (foto: Consiglio europeo)La stessa Kallas, a margine del Consiglio Affari Esteri del 15 luglio, si è appigliata ai “segnali positivi” che arrivano dalla Striscia per spiegare il congelamento di tutte le dieci misure – economiche e politiche – presentate ai ministri per dare seguito alla revisione dell’Accordo di associazione. “Vediamo entrare più camion e rifornimenti, più varchi aperti e riparazioni alle linee elettriche”, aveva dichiarato il capo della diplomazia Ue.Bruxelles sta monitorando l’attuazione dell’intesa, lavorando attivamente con le agenzie Onu presenti sul campo. Non essendo presente né ai valichi di frontiera né all’interno della Striscia, deve fare affidamento sui loro rapporti, su quelli egiziani e giordani, oltre che su quanto sosterrà di aver fatto Israele stesso. L’intenzione è riferire numeri e avanzamenti nell’attuazione ai Paesi membri ogni due settimane. A quanto si apprende, il primo aggiornamento è previsto per la prossima settimana.I termini dell’intesa restano però off-limits. Prima del 10 luglio, i camion di aiuti umanitari delle Nazioni Unite e delle Ong che entravano a Gaza ogni giorno erano meno di 20. In questi giorni, la media si attesterebbe intorno agli 80. L’accordo tra Kallas e l’omologo israeliano, Gideon Sa’ar, ne prevederebbe una cifra maggiore. Prima del 7 ottobre, ogni giorno entravano a Gaza circa 500 camion carichi di generi alimentari, carburante, aiuti umanitari.Volontari palestinesi fanno la guardia per prevenire assalti su convogli umanitari al valico di Zikim (Photo by Bashar TALEB / AFP)Secondo l’ultimo rapporto pubblicato da OCHA, relativo alla settimana dal 9 al 16 luglio, le autorità israeliane “hanno consentito l’ingresso di due camion di carburante al giorno per cinque giorni alla settimana, attraverso il valico di Kerem Shalom”, nel sud della Striscia. Mentre è stato riaperto, nel nord, quello di Zikim, da dove l’11 e il 12 luglio sarebbero partiti 20 camion al giorno che trasportavano generi alimentari.Lo scorso 12 luglio, diverse agenzie delle Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale della Sanità hanno diffuso un comunicato congiunto in cui sostengono che la carenza di carburante “ha raggiunto livelli critici che minacciano il funzionamento continuo di tutti i servizi essenziali per la sopravvivenza”. E dei 40 camion che hanno attraversato Zikim, la maggior parte sono stati “intercettati da folle disperate”. Dal 13 luglio, sostiene OCHA, “la raccolta dei carichi è stata nuovamente sospesa”.Gocce d’acqua nel deserto, questa sembra essere la massima pressione che può esercitare l’Ue su Israele. Perché, a dire il vero, nessuna delle misure presentate da Kallas per sanzionare Tel Aviv avrebbe in ogni caso raccolto le adesioni necessarie tra i Paesi membri. Di fronte all’insistenza con cui le opinioni pubbliche nazionali chiedono una posizione decisa per il rispetto della legge internazionale, i governi europei hanno acconsentito a compiere un piccolo passo, quello della revisione dell’Accordo di associazione. Ma il passo successivo, quello di imporre sanzioni economiche, è proibitivo: gli interessi delle capitali europee sono enormi, e questo i cittadini non lo sanno.Secondo il Centro di ricerca sulle Multinazionali SOMO, l‘Unione europea è il principale investitore in Israele a livello mondiale, con un volume quasi doppio rispetto agli Stati Uniti. Nel 2023 gli Stati membri dell’Ue detenevano 72,1 miliardi di euro in investimenti esteri in Israele, contro i 39,2 miliardi di euro degli Stati Uniti. E nel 2024, nonostante i crimini perpetrati a Gaza e le violenze nei territori palestinesi occupati, l’Ue ha addirittura aumentato le esportazioni verso Israele di 1 miliardo di euro, raggiungendo un valore di 26,7 miliardi di euro.

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    Gaza, avvocati e giuristi di Jurdi chiamano Commissione e Consiglio Ue a “rispondere della loro inazione”

    Bruxelles – L’inazione può essere un reato. Per questo, oggi Commissione europea e Consiglio dell’Unione europea vengono chiamati a rispondere delle “proprie responsabilità” a Gaza. A farlo è JURDI – Giuristi per il Rispetto del Diritto Internazionale – associazione che, fondata nel 2024, riunisce avvocati, magistrati, professori, giuristi e altri esperti di diritto internazionale, con l’obiettivo di promuovere il rispetto e l’applicazione del diritto internazionale nel contesto del conflitto israelo-palestinese. Dopo aver inviato, lo scorso maggio, due lettere di diffida a Commissione e Consiglio Ue per “non aver adempiuto al proprio obbligo di prevenire il genocidio a Gaza”, oggi Jurdi ha annunciato di aver intentato un ricorso davanti la Corte di Giustizia dell’Ue contro le due istituzioni per “grave e prolungata inazione di fronte alle violazioni del diritto internazionale nei Territori Palestinesi Occupati”. Secondo il team di Jurdi, “nonostante le notifiche formali del 12 e 15 maggio 2025 e la valanga di prove che documentano un genocidio in corso a Gaza, non sono state avviate sospensioni degli accordi di cooperazione, misure restrittive o verifiche di emergenza“. E “non è stata intrapresa alcuna azione per interrompere il flusso di finanziamenti e i trasferimenti di tecnologia militare, in diretta violazione del diritto internazionale ed europeo“.Tutto ciò ha delle conseguenze, per Jurdi. “La Commissione europea, sebbene autorizzata ad agire da sola, è rimasta passiva”, scrive l’associazione. “Tale inazione impegna la responsabilità giuridica delle istituzioni europee in relazione agli articoli 2, 3, 21, 29 e 215 Trattato sul funzionamento dell’Ue; all’accordo di associazione Ue-Israele; e agli obblighi imperativi del diritto internazionale (jus cogens)”. In particolare, per Jurdi, sono stati violati quattro principi fondamentali del diritto internazionale pubblico, applicabili all’Unione: l’obbligo di prevenire il genocidio, a partire dalla soglia del rischio plausibile; il dovere di porre fine agli ostacoli all’autodeterminazione del popolo palestinese; il divieto di riconoscimento o di assistenza a una situazione illegittima, come un’occupazione prolungata; l’obbligo di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario, in particolare di fronte a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. A ciò si aggiunge “una chiara violazione del Trattato sul commercio delle armi (ATT)“, di cui tutti gli Stati membri dell’Ue sono firmatari, “e della Posizione Comune 2008/944/PESC che vieta i trasferimenti di armi in caso di evidente rischio di utilizzo per commettere gravi violazioni del diritto umanitario”, mentre “diversi Stati membri hanno continuato a fornire armi a Israele, senza alcuna risposta da parte delle istituzioni europee“, spiegano gli avvocati e giuristi.Sono queste le basi su cui oggi l’associazione chiede alla Corte di Giustizia di constatare formalmente questa inadempienza e di ordinare alle istituzioni dell’Ue di sospendere la cooperazione con Israele, di adottare sanzioni mirate e di adempiere al loro dovere di prevenzione. “Quando le istituzioni sanno, possono e non fanno nulla, si parla di complicità passiva“, ha affermato il presidente di Jurdi, Patrick Zahnd. “Ci auguriamo che la Corte rispetti la legge, nient’altro che la legge”, ha osservato.E proprio alla legge stanno facendo ricorso anche altre associazioni di avvocati e giuristi che chiedono ai propri Paesi di rispondere dell’inazione, o della complicità. E’ il caso dei Paesi Bassi, dove il Centro di ricerca sulle multinazionali SOMO e altre nove organizzazioni della società civile palestinese e olandese stanno facendo causa ai Paesi Bassi “per il ruolo svolto nel facilitare le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, tra cui l’occupazione illegale del territorio palestinese e il plausibile genocidio commesso contro il popolo palestinese a Gaza”: una delle richieste della causa, che è ora in fase di appello, è l’interruzione dell’esportazione verso Israele di cani addestrati per le torture. L’udienza d’appello del caso dovrebbe svolgersi questa estate. Ed è anche il caso del Belgio, dove il collettivo Droit pour Gaza ha diffidato lo Stato per la sua inazione a Gaza: Bruxelles ha “obblighi e responsabilità di fronte al genocidio attualmente in corso nella Striscia di Gaza” e, se non risponderà entro otto giorni, i querelanti intraprenderanno un’azione legale.Giustamente, anche Pilato verrebbe chiamato oggi a rispondere.

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    Guardian: Missili europei venduti a Israele usati per uccidere bambini a Gaza

    Bruxelles – Secondo un esclusiva del Guardian, il più grande produttore europeo di missili, MBDA, vende componenti chiave per le bombe che sono state spedite a migliaia in Israele e utilizzate in numerosi attacchi aerei in cui, secondo le ricerche, sono stati uccisi anche bambini palestinesi e altri civili. Questa compagnia europea fa parte di un gruppo composto dalla più grande azienda di difesa britannica BAE Systems, la francese Airbus e l’italiana Leonardo.Con l’aumentare delle preoccupazioni sulla misura in cui le aziende europee potrebbero trarre profitto dalla devastazione della Palestina, un’inchiesta del Guardian, in collaborazione con le redazioni indipendenti Disclose e Follow the Money, ha esaminato la catena di approvvigionamento della bomba GBU-39 e i modi in cui è stata impiegata durante il conflitto.MBDA possiede uno stabilimento negli Stati Uniti, che produce le “ali” che vengono montate sul GBU-39, prodotto da Boeing. Esse si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba di essere guidata verso il suo obiettivo.I ricavi della società statunitense MBDA Incorporated passano attraverso MBDA UK, con sede in Inghilterra, che poi trasferisce gli eventuali profitti al gruppo MBDA, con sede in Francia. L’anno scorso l’azienda ha distribuito dividendi per quasi 350 milioni di sterline (400 milioni di euro) ai suoi tre azionisti.A settembre, il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, ha sospeso alcune licenze di esportazione di armi verso Israele, citando il rischio di “gravi violazioni” del diritto umanitario internazionale. Lammy ha dichiarato che la mossa era volta a colpire “articoli che potrebbero essere utilizzati nell’attuale conflitto a Gaza”.Utilizzando informazioni di fonte aperta e analisi di esperti di armi, l’indagine del Guardian ha verificato 24 casi in cui le GBU-39 sono state impiegate in attacchi che hanno causato la morte di civili. Ognuno di essi includeva bambini tra le vittime. Molti degli attacchi sono avvenuti di notte, senza preavviso, in edifici scolastici e tendopoli dove si rifugiavano le famiglie sfollate. Alcuni sono stati esaminati dalle Nazioni Unite e dal gruppo umanitario Amnesty International, che li ha segnalati come sospetti crimini di guerra.Casi verificati nel 2023, suggeriscono che l’esercito israeliano ha aumentato drasticamente l’uso delle GBU-39 nel 2024. Uno degli attacchi più devastanti è avvenuto nella notte del 26 maggio 2024, quando i jet hanno bombardato il Campo della Pace Kuwait 1 a Rafah, scatenando un incendio che ha messo a fuoco file di tende. Un bambino e una donna sono stati decapitati dai frammenti di esplosivo, ha riferito Amnesty. Il ministero della Sanità di Gaza ha contato 45 morti e 249 feriti.“I GBU-39 sono stati usati spesso per colpire scuole e aree in cui altre persone si rifugiano”, ha affermato Trevor Ball, associato all’Armaments Research Services, che riceve alcuni finanziamenti dall’Ue.Degli attacchi verificati, 16 erano contro scuole. Sebbene gli edifici non funzionino più come strutture educative, sono diventati luoghi di rifugio per la popolazione sfollata della Palestina. Gli altri attacchi hanno colpito tendopoli, case di famiglia e una moschea durante le preghiere del mattino.Nonostante le parole forti e le minacce di ulteriori sanzioni dopo la rottura del cessate il fuoco da parte di Israele a marzo, e le conclusioni delle Nazioni Unite secondo cui: “i metodi di guerra a Gaza sono compatibili con il genocidio, i leader europei non hanno preso ulteriori provvedimenti per impedire alle imprese di armamenti nazionali di trarre profitto”.In un rapporto del mese scorso, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha esaminato i profitti delle imprese derivanti dal conflitto. La relatrice ha concluso che: “Il presente rapporto mostra perché il genocidio condotto da Israele continua: perché è redditizio per molti”.

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    L’Ue monitora l’accordo con Israele sugli aiuti umanitari a Gaza: “Segnali positivi, ma serve di più”

    Bruxelles – L’Unione europea cerca di salvare contemporaneamente la faccia e il prezioso rapporto con Israele. L‘accordo raggiunto in extremis, la scorsa settimana, tra Bruxelles e Tel Aviv per l’ingresso massiccio di aiuti umanitari a Gaza permette ai 27 di svincolarsi dall’urgenza di prendere misure più decise nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu. Così per ora Bruxelles accoglie con favore “i segnali positivi” che arrivano dalla Striscia e chiede “misure più concrete”, congelando le possibili azioni da sfoderare nel caso la situazione umanitaria non migliori.Sono queste le conclusioni a cui sono giunti oggi i ministri degli Esteri dei 27, riuniti nella capitale europea per l’ultimo Consiglio prima della pausa estiva. Dopo l’esercizio di revisione dell’Accordo di associazione Ue-Israele che ha certificato le violazioni da parte israeliana, erano stati gli stessi capi di stato e di governo Ue a chiedere all’Alta rappresentante, Kaja Kallas, di mettere sul tavolo un ventaglio di possibili misure da intraprendere contro Tel Aviv. “Manterremo aperte tutte le opzioni e saremo pronti ad agire se Israele non rispetterà i suoi impegni”, ha dichiarato al termine della riunione il capo della diplomazia europea.Kallas – ben consapevole delle profonde divisioni tra le capitali sul tema – si appiglia ai “segnali positivi” che arrivano dalla Striscia: “Vediamo entrare più camion e rifornimenti, più varchi aperti e riparazioni alle linee elettriche”. Insomma, abbastanza per sperare di aver mosso qualcosa. “Non è chiaramente abbastanza, l’Ue continuerà a seguire da vicino l’attuazione di questo accordo comune e fornirà aggiornamenti ogni due settimane“, ha garantito l’Alta rappresentante.L’esito appariva scontato, tant’è che lo stesso ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ieri sera a Bruxelles per un vertice dei Paesi del Mediterraneo, si era detto sicuro che “nessuna delle 10 proposte contenuta nel rapporto sarà applicata dai 27 Stati membri domani”.L’accordo strappato da Kallas lo scorso 10 luglio prevede che “gli aiuti su larga scala siano forniti direttamente alla popolazione” – tagliando fuori la controversa Gaza Humanitarian Foundation – e che Israele permetta un aumento sostanziale del numero di camion giornalieri per il trasporto di generi alimentari e beni non alimentari in entrata a Gaza, l’apertura di diversi altri valichi di frontiera nelle zone nord e sud, la riapertura delle rotte umanitarie giordano-egiziane, la distribuzione di generi alimentari attraverso panifici e mense pubbliche in tutta la Striscia, la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie, la protezione degli operatori umanitari e la riparazione e l’agevolazione dei lavori sulle infrastrutture vitali.Se è vero che alcune misure sono state attuate già nel fine settimana da Tel Aviv, è altrettanto vero che i raid su Gaza sono continuati, uccidendo decine di civili palestinesi. “Per la prima volta in 130 giorni, questa settimana è entrata a Gaza una piccola quantità di carburante. Si tratta di uno sviluppo positivo, ma è solo una piccola parte di ciò che serve ogni giorno per garantire la vita quotidiana e le operazioni di soccorso”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto diverse agenzie delle Nazioni Unite presenti sul territorio. Ma nel frattempo oggi, in un attacco a Gaza City, sono morti 6 cittadini palestinesi.“L’unica garanzia che abbiamo è che tutte le opzioni sono sul tavolo e che se la situazione non migliora potremo usarle”, ha ammesso Kallas ai cronisti che sottolineavano le fragilità dei termini dell’intesa con Israele. A margine della riunione, il ministro degli Esteri irlandese, Thomas Byrne, ha affermato che “non abbiamo nulla di scritto, Kallas ci ha comunicato solo dellle previsioni”.La prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue sarà solamente ad ottobre, tra più di due mesi. Fino ad allora, qualsiasi saranno gli sviluppi sul terreno, sicuramente Bruxelles non si muoverà. Un rischio, sottolineato dall’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Danilo Della Valle: “Non possiamo accontentarci di un accordo sulla consegna degli aiuti umanitari e di un semplice monitoraggio, mentre poi Israele si macchia di genocidio e continua ad avere libertà di sterminare un’intera popolazione”, ha affermato in una nota.

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    Kallas annuncia un accordo con Israele per nuovi aiuti umanitari a Gaza

    Bruxelles –  L’alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas, ha annunciato che dopo  dialoghi con Israele sono arrivati significativi passi avanti per migliorare la situazione umanitaria a Gaza.Una nota del Servizio di azione esterna (Seae) spiega che le misure concordate saranno applicate nei prossimi giorni, e fra queste sono incluse: l’aumento di camion con aiuti umanitari ed alimenti, la riapertura delle rotte di aiuto giordane ed egiziane, la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie fino a un livello operativo, la protezione degli operatori umanitari, la riparazione e l’agevolazione dei lavori sulle infrastrutture vitali, come la ripresa dell’approvvigionamento elettrico all’impianto di desalinizzazione dell’acqua, ed altro ancora.Ancora, si legge sul comunicato: “Tali misure sono state o saranno attuate nei prossimi giorni, con la consapevolezza comune che gli aiuti su larga scala devono essere forniti direttamente alla popolazione e che continueranno ad essere adottate misure per garantire che non vi sia alcun dirottamento degli aiuti a Hamas”.L’Ue continua ad applicare tutti i mezzi possibili per arrivare ad una risoluzione delle drammatiche dinamiche in Medio Oriente, e rinnova gli appelli rivolti al cessate il fuoco ed il rilascio degli ostaggi.

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    I leader Ue sperano ancora di fermare la guerra a Gaza senza prendere alcuna misura contro Israele

    Bruxelles – Diciassette pacchetti di sanzioni non sono bastati a fermare l’invasione della Russia in Ucraina, eppure l’Ue ne ha pronto un diciottesimo. Ma per fermare il genocidio in corso a Gaza, a Bruxelles sono ancora convinti che basti discutere con il governo israeliano. Dal vertice dei capi di stato e di governo dei 27, nessuna svolta dopo il rapporto che certifica che Israele ha violato i termini dell’accordo di associazione con l’Unione europea: per ora, i leader “prendono atto” e rimandano le discussioni al prossimo incontro dei ministri degli Esteri, a luglio.Le conclusioni del rapporto commissionato dall’Alta rappresentante per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, al Servizio Europeo di Azione Esterna, sono “innegabili”, aveva sottolineato solo ieri una fonte diplomatica. E dunque, il Consiglio europeo non poteva fare finta di niente. Alla fine, dopo una discussione “a porte chiuse, senza reporting e senza telefoni”, nel documento finale del vertice compare una riga striminzita su quell’articolo 2 dell’Accordo di associazione, che vincola le parti contraenti al rispetto dei diritti umani.I leader prendono tempo ancora un mese: nel frattempo, Kallas avrebbe già intensificato i contatti con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, nella speranza che la minaccia delle possibili implicazioni della violazione dell’accordo convincano Tel Aviv a cambiare atteggiamento. “Non stiamo parlando della sospensione dell’accordo, ma di coinvolgere le autorità israeliane”, conferma una fonte. Eppure, i due partner ne hanno già parlato abbondantemente. Il 5 febbraio, si è tenuto a Bruxelles un Consiglio di associazione Ue-Israele.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas a Bruxelles, febbraio 2025Sul tema, i 27 sono così divisi che “il fatto stesso che ne discutiamo con il governo israeliano è importante“. Mentre un manipolo di Paesi – Spagna, Irlanda e Slovenia su tutti – chiedono la sospensione immediata dell’accordo e minacciano di proseguire autonomamente con sanzioni contro il governo israeliano, altri – tra cui l’Italia – lo ritengono una mossa controproducente per fare pressione su Benjamin Netanyahu.L’obiettivo condiviso da tutti è “l’arresto delle ostilità, l’accesso senza impedimenti agli aiuti umanitari e il rilascio degli ostaggi”. Più in là di questa sacrosanta posizione, Bruxelles non si spinge. Le conclusioni del vertice diventano allora sostanzialmente un copia-incolla di quelle dei summit precedenti: il Consiglio europeo “deplora la grave situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e il livello di fame”, Israele “deve rispettare pienamente gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario”.Sarebbero quasi tutti d’accordo almeno su ulteriori sanzioni ai chi si macchia di violenze contro le comunità palestinesi in Cisgiordania: i leader “ribadiscono l’invito a portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti e delle entità e organizzazioni che li sostengono”. Tutti tranne uno: il governo ungherese, che ne ha bloccato l’adozione al Consiglio Affari esteri a maggio. Questa notte, il villaggio palestinese di Kafr Malik è stato attaccato da gruppi di coloni ebraici, che hanno incendiato case e veicoli e aperto il fuoco su civili disarmati. Sono morte tre persone. Oggi, secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, 56 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.

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    Gaza, l’Ue certifica le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Ma non è ancora il momento di agire

    Bruxelles – A venti mesi dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, il Servizio europeo di Azione esterna (Seae) mette nero su bianco che “vi sono indicazioni che Israele violerebbe i propri obblighi in materia di diritti umani ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele”. A dire il vero, è la seconda volta che il rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani, Olof Skoog, trae le stesse conclusioni: la prima già nel novembre scorso, su richiesta dell’allora Alto rappresentante Josep Borrel. Come allora però, il rischio è che il rapporto venga dimenticato in un cassetto senza alcuna conseguenza.“Le misure a disposizione ci sono, ma la domanda è: su cosa siamo in grado di concordare?”, ha affermato oggi (23 giugno) Kaja Kallas, che ha ereditato il difficile ruolo di capo della diplomazia europea. I ministri degli Esteri dei 27 hanno ricevuto il rapporto di Skoog già nel fine settimana e ne hanno discusso questa mattina con Kallas a Bruxelles. Lo scorso 20 maggio, 19 Stati membri avevano finalmente chiesto all’Alta rappresentante di avviare un esercizio di revisione del vasto accordo politico-commerciale che lega l’Unione europea a Israele, le cui disposizioni “si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici”.Dopo oltre 55 mila vittime palestinesi, le uccisioni di giornalisti e operatori umanitari, il blocco totale dell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia e i raid durante la distribuzione del cibo – tutto documentato e denunciato da media, organizzazioni e tribunali internazionali -, le conclusioni del rapporto erano facilmente prevedibili. Quasi quanto l’impasse che arriva ora che i 27 dovranno decidere se sospendere l’Accordo con Israele, o se prendere altre misure o sanzioni nei confronti dello Stato ebraico, oppure se limitarsi ad avvertimenti verbali, richieste o appelli senza conseguenze concrete.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)“Quello di oggi è stato solo l’inizio del dibattito, non la sua conclusione”, ha spiegato Kallas a margine dell’incontro. La prima mossa sarebbe valutare se quanto denunciato dal rapporto faccia sì che Israele modifichi spontaneamente il proprio modo di condurre la guerra. L’Alta rappresentante ha confermato di aver già ricevuto la diplomatica risposta di Israele al rapporto: “Oltraggioso e indecente”, secondo quanto riportato dalla testata Politico.“Se la situazione non migliora, potremo discutere ulteriori misure a luglio“, durante il prossimo Consiglio Affari Esteri previsto il 15 del mese, ha proseguito Kallas. Per rivedere tutti gli aspetti del partenariato con Israele legati alla politica commerciale, i Paesi membri potrebbero decidere a maggioranza qualificata. Per imporre sanzioni, sospendere il dialogo politico o l’intero accordo, serve l’unanimità dei 27. Una chimera, quest’ultima, a rileggere le dichiarazioni del vicepremier italiano, Antonio Tajani, che già a fine maggio si oppose alla revisione dell’articolo 2 dell’accordo: “La nostra posizione è di andare avanti con il rapporto con Israele, pur non condividendo le scelte fatte a Gaza, cioè la sproporzione della reazione, l’uso eccessivo della forza che ha provocato migliaia di morti in quella parte della Palestina”, ha affermato.All’opposto, la Spagna ha reiterato la richiesta di “una sospensione immediata dell’accordo di associazione, un embargo sulle vendite di armi da parte dell’Unione europea ad Israele e sanzioni individuali contro tutti coloro che vogliono minare definitivamente la soluzione a due Stati”. Richieste che Tajani ha bollato come “velleitarie e utili per la politica interna”. In mezzo a questi due estremi, si collocano tutti gli altri Stati membri.Le conclusioni del rapporto redatto da Skoog finiranno giovedì sul tavolo del vertice dei capi di stato e di governo dei 27. “È inevitabile che i leader si troveranno di fronte al risultato della relazione”, ha confermato un alto funzionario dell’Ue. Ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, “non intende affatto sottoporre la questione ai leader per una decisione. Anche perché, siamo realistici, probabilmente non si raggiungerebbe l’unanimità”.