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    La vice presidente della Commissione UE Ribera: A Gaza è “genocidio”

    Bruxelles – Anche per la vice presidente della Commissione europea, la socialista spagnola Teresa Ribera a Gaza è in corso “un genocidio”.“Il genocidio a Gaza mette in luce l’incapacità dell’Europa di agire e parlare con una sola voce“, ha scandito Ribera nel discorso tenuto questa mattina (minuto 8.08) agli studenti della Paris School of International Affairs of Sciences Po.Questa sfida, ha sottolineato la vice presidente, arriva di fonte alle “proteste che si diffondono nelle città europee e 14 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco immediato”.

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    Gaza: 100 eurodeputati firmano interrogazione per commissione d’inchiesta sugli attacchi ai giornalisti promossa da Sandro Ruotolo

    Bruxelles – Cento deputati al Parlamento europeo, appartenenti a i gruppi da laSinistra ai popolari, hanno firmato l’interrogazione scritta presentata da Sandro Ruotolo (S&D – PD) che chiede all’Alto Rappresentante per la politica estera europea Kaja Kallas di fare pressioni per spingere le Nazioni Unite a creare una commissione internazionale d’inchiesta sugli attacchi contro i giornalisti a Gaza e la creazione di meccanismi di protezione internazionale per i reporter che operano nelle zone di conflitto.L’iniziativa è nata dopo i due gravissimi attacchi di agosto: il bombardamento del 10 che ha ucciso sei giornalisti di Al Jazeera presso l’ospedale Al-Shifa, e quello del 25 al complesso medico Al-Nasser di Khan Younis, in cui hanno perso la vita altri cinque cronisti.L’interrogazione, presentata da Ruotolo e co-firmata, come secondo firmatario da Nicola Zingaretti, capo delegazione del PD al Parlamento europeo, è stata consegnata simbolicamente con le 100 firme a Yousef Khader Habache, rappresentante europeo del Sindacato dei giornalisti Palestinesi e a Shuruq As’ad giornalista e membro del sindacato.Dal 7 ottobre 2023, 247 giornalisti e operatori dei media palestinesi sono stati uccisi, pari al 13 pe cento dei giornalisti di Gaza, tra cui 34 donne. Oltre 520 sono rimasti feriti e più di 800 familiari di cronisti hanno perso la vita. Circa 1700 giornalisti della Striscia sono stati costretti a sfollare più volte e 800 di loro vivono e lavorando in tende o ospedali senza elettricità, acqua e internet. Sono stati registrati 206 giornalisti arrestati, di cui 55 ancora detenuti. In Gaza l’esercito israeliano ha distrutto 115 testate e redazioni giornalistiche con bombardamenti e attacchi di carri armati. In Cisgiordania e a Gerusalemme ha chiuso 5 media e distrutto o sigillato 12 tipografie.“L’immobilismo dell’Europa è figlio della scelta di molti governi europei che, a parte i comunicati, bloccano qualsiasi iniziativa. Stiamo lavorando affinché il Parlamento europeo arrivi ad una risoluzione formale chiara, un passaggio fondamentale per affermare il diritto alla verità e alla giustizia del popolo palestinese”, ha dichiarato Nicola Zingaretti.Secondo Ruotolo, “chi colpisce i giornalisti colpisce il diritto a conoscere la verità. Per questo chiediamo all’Unione europea di agire con determinazione: serve una commissione di inchiesta e meccanismi di protezione internazionale per chi rischia la vita ogni giorno pur di raccontare quello che accade. Sostengo con convinzione l’iniziativa del Sindacato dei Giornalisti Palestinesi di organizzare una barca di reporter verso Gaza. È un gesto di coraggio e di verità che merita il nostro appoggio”.

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    Gaza, per l’Onu è “carestia interamente causata dall’uomo”

    Bruxelles – A Gaza è in atto una carestia “interamente causata dall’uomo”. Lo afferma un report  del  Comitato di revisione sulla carestia (Frc), agenzia dell’Onu, il quale afferma che “che nella provincia di Gaza è in atto una carestia (fase 5 della Classificazione integrata della sicurezza alimentare, Ipc, sviluppata dalla Fao anni fa). Inoltre, il Frc prevede che nelle prossime settimane la soglia della carestia (fase 5 dell’IPC) sarà superata nelle province di Deir al-Balah e Khan Younis”.Nelle 50 pagine del report si afferma che “poiché questa carestia è interamente causata dall’uomo, può essere fermata e invertita. Il tempo dei dibattiti e delle esitazioni è finito, la fame è presente e si sta rapidamente diffondendo”.Il documento ammonisce poi che “non ci dovrebbero essere dubbi nella mente di nessuno sulla necessità di una risposta immediata e su larga scala. Qualsiasi ulteriore ritardo, anche di pochi giorni, comporterà un aumento del tutto inaccettabile della mortalità legata alla carestia”. Dunque , se “non verrà attuato un cessate il fuoco per consentire agli aiuti umanitari di raggiungere tutti nella Striscia di Gaza e se non verranno ripristinati immediatamente i rifornimenti alimentari essenziali e i servizi sanitari, nutrizionali e idrici di base, i decessi evitabili aumenteranno in modo esponenziale”.Israele, mentre continua a bombardare, mentre annuncia il prossimo arrivo di un “inferno” di fuoco nella striscia nella quale impedisce l’arrivo di aiuti umanitari in maniera sistematica, nella più vergognosa delle ipocrisie tenta di accusare Hamas anche di questa situazione. Il Cogat l’agenzia militare israeliana che coordina gli aiuti, ha accusato Hamas di una “campagna di falsa fame” e ha affermato che l’Onu e altri stanno diffondendo affermazioni infondate sulla fame a Gaza.Intanto anche la Polonia si è unita ad altri 21 paesi nel condannare il nuovo piano illegale di Israele per la costruzione dell’insediamento E1 in Cisgiordania, definendolo una “flagrante violazione del diritto internazionale”.Il progetto di costruzione di 3.400 abitazioni è stato condannato a livello internazionale, anche dall’Italia, e taglierà fuori gran parte della Cisgiordania occupata da Gerusalemme Est, collegando migliaia di insediamenti israeliani illegali nella zona.

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    Israele, la guerra a Gaza sempre più contestata in patria, e dall’estero

    Bruxelles – La guerra di Netanyahu a Gaza inizia a provocare contraccolpi pesanti per il governo israeliano. Crescono, e dilagano anzi, le proteste nelle strade del Paese, mentre la comunità politica ed economica internazionale, compresa quella europea, inizia a mandare pesanti segnali di allontanamento.Ieri, domenica (17 agosto) in quella che è stata la più grande giornata di mobilitazione nazionale, probabilmente un milione di persone si sono riversate nelle strade di varie città (solo a Tel Aviv sono state contati mezzo milione di partecipanti) per chiedere un reale negoziato per far tornare gli ostaggi ancora vivi, forse una ventina, ed avere i corpi di quelli oramai morti, e per chiedere la fine del massacro a Gaza. “Bring them home” (riportateli a casa), e “End this fucking war” (finiamo questa cazzo di guerra) i due slogan più visti nei cartelli e urlati dai manifestanti.La polizia ha reagito con i cannoni ad acqua per disperdere le persone, una quarantina di fermi sono stati eseguiti nei confronti di chi, secondo la polizia, compiva azioni violente, come bruciare i copertoni.Anche a livello internazionale, oltre ai frequenti incidenti che vedono vittime turisti israeliani che vengono cacciati da bar, ristoranti, o che vengono bloccati a bordo di navi da crociera, aumentano sempre più i governi che hanno deciso di riconoscere lo stato di Palestina, che bloccano o almeno limitano l’export di armi. Il presidente francese Emmanuel Macron ha definito un “disastro” l’escalation annunciata dal governo di Israele, e il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha sostenuto che la politica israeliana verso Gaza “non è più giustificata”. Il primo ministro norvegese Jonas Gahr Store ha sottolineato come Israele “ha danneggiato la sua reputazione in Paesi che hanno sempre avuto simpatia per il Paese”. L’Unione europea chiede con insistenza che gli aiuti umanitari siano fatti entrare nella Striscia, anche se in realtà non riesce a dire molto di più. Oggi la Commissaria europea per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, in una dichiarazione per la Giornata mondiale per l’Aiuto Umanitario ha sottolineato che “Le crisi umanitarie provocate dall’uomo in Sudan, Gaza e Ucraina hanno giustamente suscitato l’indignazione mondiale“. Pur senza riferirsi esplicitamente a Istìraele e Gaza ha anche affermato che “in un momento in cui i bisogni umanitari stanno raggiungendo livelli senza precedenti, il rispetto del diritto internazionale umanitario è minacciato. Gli attacchi mirati contro civili e operatori umanitari, insieme agli attacchi contro ospedali, scuole e altri obiettivi civili, sono in aumento, mentre l’accesso agli aiuti salvavita è sempre più negato. Tuttavia – ha aggiunto -, le “regole di guerra” stabilite dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 rimangono invariate: violare il diritto umanitario è un crimine“.Il Financial Times oggi riporta anche come la comunità finanziaria internazionale cominci ad allentare i suoi legami con Israele. Il quotidiano britannico riporta che il Fondo sovrano norvegese da due trilioni di dollari ha detto di aver venduto un quinto dei suoi asset del Paese, mentre altri importanti operatori ebrei cominciano ad avere dei dubbi “morali” sull’investire in Israele.

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    Nuovo appello da Ue e altri Paesi: Israele lasci accedere gli aiuti umanitari a Gaza

    Bruxelles – Gli aiuti umanitari devono poter accedere a Gaza, senza condizioni. Lo chiede una coalizione di 26 Paesi e della Commissione Europea.“Chiediamo al governo israeliano di autorizzare tutte le spedizioni di aiuti delle Ong internazionali e di consentire agli operatori umanitari essenziali di operare senza ostacoli”, afferma il messaggio rivolto al governo di Tel Aviv, mentre si continuano a contare i morti per malnutrizione, per ferite causate dai bombardamenti israeliani a Gaza.Secondo questa coalizione “è necessario adottare misure immediate, permanenti e concrete per facilitare l’accesso sicuro e su larga scala delle Nazioni Unite, delle Ong internazionali e dei partner umanitari. Tutti i valichi e le rotte devono essere utilizzati per consentire l’afflusso di aiuti a Gaza, compresi cibo, forniture alimentari, ripari, carburante, acqua potabile, medicinali e attrezzature mediche”. I 26 Paesi e l’Ue ammoniscono che “non deve essere usata la forza letale nei luoghi di distribuzione e i civili, gli operatori umanitari e il personale medico devono essere protetti”.Ora serve “un cessate il fuoco che ponga fine alla guerra, affinché gli ostaggi siano liberati e gli aiuti possano entrare a Gaza via terra senza ostacoli”.La dichiarazione è stata firmata dai ministri degli Esteri di Australia, Belgio, Canada, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito. Per l’Ue hanno firmato Kaja Kallas, alta rappresentante per la Politica estera, Dubravka Šuica commissaria per il Mediterraneo e Hadja Lahbib, commissario per l’Aiuto umanitario.

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    Israele pensa all’annessione di Gaza, l’Ue risponde col silenzio

    Bruxelles – Un annuncio altisonante per una risposta silenziosa pressoché nulla. Israele e Unione europea, divisi sul futuro dello Stato palestinese ma alla fine concordi nel condannare la parte araba della questione israelo-palestinese. Israele e Unione europea, la forza e l’arroganza da una parte, la timidezza e la debolezza dall’altra. Il governo dello Stato ebraico guidato da Benjamin Netanyahu minaccia di annettere la Striscia di Gaza, e l’Ue reagisce non reagendo.Di fronte ad una pressione internazionale crescente che vede per la decisione politica di riconoscere la Palestina come Stato, la risposta di Tel Aviv è risolvere la questione cancellando dalla carta geografica territori che potrebbero tornare utili, in futuro, per uno stato palestinese. L’Ue, che ha sempre sostenuto la necessità di una soluzione a due Stati, tace. La sempre attiva Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue molto attiva in termini di momenti stampa, dichiarazioni ufficiali e anche post social, non ha battuto ciglio. Nessun commento, nessun comunicato, e neppure nessun pensierino affidato a X, dove l’ultima cosa scritta è la condanna di Hamas, a cui intima il rilascio degli ostaggi.The images of Israeli hostages are appalling and expose the barbarity of Hamas. All hostages must be released immediately and unconditionally.Hamas must disarm and end its rule in Gaza.At the same time, large-scale humanitarian aid must be allowed to reach those in need.— Kaja Kallas (@kajakallas) August 3, 2025Deve essere pungolata, l’Alta rappresentante, perché si esprima sulla questione. Serve un’interrogazione parlamentare promossa da membri dei gruppi socialista (S&D), Verdi, sinistra radicale (laSinistra) e non iscritti per avere una risposta chiara in merito. “L’Ue respinge qualsiasi tentativo di cambiamenti demografici o territoriali nella Striscia di Gaza e sostiene l’unificazione della Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto l’Autorità Palestinese“, la linea della Commissione europea e di Kallas, e che nome del collegio tutto si esprime. In silenzio, discretamente, sommessamente, per non dare troppo fastidio al governo di Israele. Una coincidenza che la risposta scritta di Kallas arrivi i il 2 agosto, per un’interrogazione depositata il 27 maggio. Coincidenza fortuita, che almeno permette di sgombrare il campo da dubbi ed equivoci, ma che non cancella una Commissione europea impreparata a condannare quando serve un Paese ‘amico’. Ancora una volta l’Ue non fa una bella figura. Su Israele e la risposta all’eccesso di risposta israeliana agli attacchi di Hamas, l’Europa finisce col condannare il futuro della Palestina e del suo popolo. O ciò che ne resterà. Perché, è bene ricordarlo, Kallas condanna Hamas per il trattamento riservato agli ostaggi ma sorvola sulla strage di civili e il genocidio in corso a Gaza.

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    Gaza, l’Ue sospende la partecipazione di Israele dal programma Horizon per la ricerca

    Bruxelles – Stop alla partecipazione di Israele al programma europeo Horizon per la ricerca. La Commissione europea decide di prendere provvedimenti contro il governo di Benjamin Netanyahu per la risposta agli attacchi di Hamas e la situazione umanitaria a Gaza. Per lo Stato ebraico la sospensione al partenariato con l’Ue non p totale bensì parziale. La sospensione riguarda specificamente la partecipazione di entità con sede in Israele ad attività finanziate dal Consiglio europeo per l’innovazione (CEI) nell’ambito dell’Accelerator, programma per start-up e piccole imprese con innovazioni dirompenti e tecnologie emergenti con potenziali applicazioni a duplice uso, come la sicurezza informatica, i droni e l’intelligenza artificiale.Una mossa, quella dell’esecutivo comunitario, dal forte significato politico. L’Ue, seppur faticosamente e dopo molte incertezze, inizia davvero a mettere all’angolo la leadership israeliana. La decisione presa dal collegio dei commissari è il frutto della revisione condotta a Bruxelles sul rispetto da parte di Israele dell’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, quello che sancisce che la validità dell’intero trattato ruota attorno al rispetto dei diritti umani. L’Ue già a fine giugno ha stabilito che il governo di Netanyahu ha violato i diritti umani a Gaza, ma hah rimandato a oggi (28 luglio) il tempo della decisione.E’ stato dato tempo a un Paese tradizionalmente amico di cambiare rotta, ma a distanza di un mese è cambiato poco. Da qui la decisione di escludere Israele dal programma del Consiglio europeo per l’innovazione. Un primo passo, peraltro non definitivo. La decisione è reversibile, ma spetterà allo Stato ebraico convincere la Commissione europea a ritornare sui propri passi. Inoltra lo stop “non pregiudica la partecipazione di università e ricercatori israeliani” a progetti collaborativi e attività di ricerca nell’ambito di Horizon Europe, precisa la Commissione. Esclusione industriale, dunque, non accademico-scientifica.L’annuncio delle ‘sanzioni’ Ue contro Israele arriva a distanza di pochi giorni dall’annuncio della Francia di riconoscere lo Stato palestinese, e di chiedere in sede di Organizzazione delle Nazioni Unite di fare altrettanto ad altri attori. L’annuncio del presidente francese, Emmanuel Macron, è stato accolto tra le critiche e le aspre reazioni di Tel-Aviv, con cui l’Ue è sempre più ai ferri corti.

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    I tormenti dell’Ue su Israele e sull’accordo (non attuato) per l’ingresso di aiuti umanitari

    Bruxelles – C’è un senso di “frustrazione generale” tra i Paesi Ue, incapaci di spingere Israele a mettere fine alle atrocità in corso a Gaza. È quanto filtra dall’incontro in cui gli ambasciatori dei 27 hanno fotografato le prime due settimane di messa in atto da parte di Tel Aviv dell’intesa per consentire l’ingresso massiccio di aiuti umanitari nella Striscia. Perché i “segnali positivi” a cui si è appigliata l’Alta rappresentante Kaja Kallas svaniscono di fronte alle vittime della fame e dei bombardamenti. Secondo le cifre rilanciate dalle Nazioni Unite, dieci i morti per mancanza di cibo solo questa notte, oltre cento sotto i raid dell’aviazione israeliana nelle ultime 24 ore.I termini dell’intesa raggiunta tra Kallas e il suo omologo israeliano, Gideon Sa’ar, lo scorso 10 luglio, non sono stati resi noti. Ma fissano un certo numero di convogli umanitari e di carburante da far entrare a Gaza, oltre che l’impegno di Tel Aviv a riaprire varchi e corridoi terrestri e a riparare alcune infrastrutture essenziali. “Israele deve mantenere gli impegni presi“, ha ribadito oggi (24 luglio) Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea per gli Affari Esteri. La stessa Ursula von der Leyen ha affermato con un post su X che le immagini della fame a Gaza sono “insopportabili” e ha invitato Israele a “mantenere le promesse” fatte all’Ue.“Sono stati compiuti alcuni progressi, ma la situazione rimane grave”, ha affermato El Anouni durante il briefing quotidiano con la stampa, aggiungendo che “i limiti delle operazioni sono chiari: siamo in tempo di guerra, in una zona di guerra, e le condizioni sono estremamente difficili per gli operatori umanitari“. A quanto si apprende, i funzionari del Servizio europeo di Azione esterna incaricati di aggiornare i Paesi membri ogni due settimane, ieri avrebbero ammesso che Tel Aviv non sta attuando l’intesa. E soprattutto, che sta offrendo a Bruxelles numeri diversi da quelli messi a disposizione dalle agenzie delle Nazioni Unite.Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, e Kaja Kallas, al Consiglio di Associazione Ue-Israele celebrato a Bruxelles a febbraio 2025El Anouni ha assicurato che “l’Ue sta incrociando tutte le fonti per avere un quadro il più chiaro possibile, autentico e basato sui fatti”. Non solo i numeri forniti da Israele, ma anche quelli dei Paesi vicini – Egitto e Giordania -, delle ong e degli attori sul campo. Secondo il bollettino settimanale dell’Ufficio di coordinamento Onu per gli Affari umanitari (Ocha), tra il 16 e il 22 luglio, su 75 tentativi di coordinare i movimenti di aiuti pianificati con le autorità israeliane in tutta la Striscia, quasi un quarto sono stati respinti, un ulteriore 20 per cento è stato “inizialmente accettato” ma poi interrotto a causa di “blocchi o ritardi sul terreno”, il 25 per cento ha dovuto essere ritirato dagli organizzatori “per motivi logistici, operativi o di sicurezza”. Solo il restante 31 per cento (22 tentativi) è stato facilitato dall’esercito israeliano.Ieri, il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha affermato che Gaza “sta soffrendo una fame diffusa causata dall’uomo”, mentre più di 100 agenzie hanno lanciato l’allarme sulla “carestia di massa” nella Striscia ed esortato Israele a far entrare i rifornimenti. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, sarebbero ormai 113 le persone morte di fame nell’enclave palestinese. Tra il 16 e il 23 luglio, nella seconda settimana d’implementazione dell’intesa con l’Ue, l’esercito israeliano avrebbe ucciso 646 palestinesi e ferito oltre 3 mila.Diversi Stati membri, una decina, avrebbero insistito già ieri perché la Commissione europea presenti rapidamente misure per aumentare la pressione su Israele. Sottolineando che non si può attendere fino alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue, prevista solo dopo la pausa estiva, il 28 agosto. Ma un manipolo di Paesi Ue continua a opporsi strenuamente ad eventuali misure contro Tel Aviv, sostenendo che sarebbero controproducenti. La presidenza danese del Consiglio dell’Ue ha aggiunto una nuova discussione sul tema alla riunione degli ambasciatori della prossima settimana.