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    Otto membri dell’equipaggio della Freedom Flotilla hanno rifiutato l’espulsione da Israele

    Bruxelles – C’è anche l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan tra gli otto membri dell’equipaggio della Freedom Flotilla che si sono rifiutati di firmare i documenti di espulsione da Israele, e che si trovano ora in stato di detenzione. “Saranno portati davanti a un’autorità giudiziaria, in conformità con la legge israeliana, per autorizzarne l’espulsione”, riferisce il ministero degli Esteri di Tel Aviv. Già in volo verso la Svezia è invece l’attivista Greta Thunberg.Questa mattina il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, aveva annunciato che solo uno dei sei cittadini francesi partiti a bordo della Madleen ha accettato la partenza volontaria e “dovrebbe rientrare oggi”. Gli altri cinque “saranno sottoposti a un’espulsione forzata”. Tutti quanti avrebbero incontrato le rappresentanze consolari dei Paesi di appartenenza all’aeroporto Ben Gurion. La Freedom Flotilla Coalition ha confermato in una  nota i nomi di chi verrà rimpatriato oggi: oltre all’attivista svedese, anche lo spagnolo Sergio Toribio – già atterrato a Barcellona – e il giornalista francese di Al Jazeera Omar Faiad. Secondo la lista del collettivo, anche il quarto è di nazionalità francese, si tratterebbe di Baptiste Andre.Secondo l’organizzazione palestinese di assistenza legale in Israele, Adalah, l’intercettazione della Madleen e l’arresto di attivisti disarmati che trasportavano aiuti umanitari “violano il diritto internazionale”. Adalah ha promesso che “intraprenderà azioni legali per garantire la sicurezza e il rilascio degli attivisti”. Israele sostiene invece che la zone marittima al largo della costa di Gaza “è chiusa alle imbarcazioni non autorizzate in base a un blocco navale legale, in conformità con il diritto internazionale”.

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    Freedom Flotilla, l’Ue si fa da parte: “Responsabilità degli Stati di appartenenza”

    Bruxelles – La detenzione dell’equipaggio della Freedom Flotilla in Israele? L’Unione europea se ne lava le mani. Con una dichiarazione arrivata poco dopo le 17 del pomeriggio di oggi (9 giugno) – dunque a oltre 14 ore dall’intercettazione dalla nave e dall’arresto dei dodici volontari, tra cui l’eurodeputata francese Rima Hassan – la Commissione europea formula una breve dichiarazione in cui spiega che la responsabilità ricade sui Paesi di provenienza degli attivisti. “Le autorità responsabili di garantire la protezione consolare sono gli Stati di appartenenza dei cittadini“, è tutto quel che ha da dire per ora l’esecutivo Ue per bocca di un portavoce.L’eurodeputata franco-palestinese, l’attivista svedese Greta Thunberg, insieme agli altri volontari (5 francesi, un turco, uno spagnolo, un olandese, un inglese e una tedesca), sono attualmente trattenuti dalle autorità israeliane al porto di Ashdod, una trentina di chilometri a sud di Tel Aviv. L’imbarcazione e il carico di aiuti umanitari che trasportava confiscati. “L’equipaggio della Freedom Flotilla è detenuto illegalmente da Israele da oltre 14 ore, in seguito all’altrettanto illegale intercettazione della loro nave umanitaria mentre consegnava aiuti a Gaza, al di fuori delle acque territoriali israeliane”, si legge nel profilo X di Hassan, così come il quello degli altri attivisti che chiedono senza sosta da giorni di fare pressione sui governi occidentali.La Madleen del collettivo Freedom Flotilla [Ph: Account X FFC]L’Eliseo ha dichiarato oggi che la Francia si adopererà per garantire il rapido ritorno in patria dei sei cittadini francesi, la Spagna e la Turchia hanno condannato l’azione israeliana. Non una parola di condanna, né il tradizionale “seguiremo da vicino la vicenda” né, tantomeno, la presa di contatto con le autorità israeliane, da parte di Bruxelles. “L’Ue ribadisce il suo appello urgente per la ripresa immediata, senza ostacoli e continua degli aiuti su vasta scala a Gaza, nel pieno rispetto dei principi umanitari, e chiede l’immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi”, ha aggiunto il portavoce della Commissione europea.Ai vertici della Commissione europea, in primis alla presidente Ursula von der Leyen e all’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, hanno indirizzato una lettera urgente 41 eurodeputati, su iniziativa della delegazione di Alleanza Verdi Sinistra a Bruxelles. I firmatari – che provengono dai gruppi dei Verdi/Ale, The Left, S&d e Renew – fanno appello all’esecutivo Ue affinché invochi “il rilascio immediato dei volontari detenuti e la protezione degli operatori umanitari europei”, condanni “pubblicamente” l’attacco alla nave “e il sequestro dell’equipaggio e degli aiuti”. Di fronte alla “palese aggressione”, i 41 chiedono “misure concrete”: la sospensione “degli scambi commerciali e della cooperazione” con Israele e “un embargo totale sulle armi“. Per fugare ogni dubbio, chiedono a Bruxelles che “chiarisca la posizione ufficiale sulle ripetute e crescenti violazioni del diritto internazionale umanitario da parte del governo israeliano”.Greta Thunberg e Rima Hassan insieme a parte dell’equipaggio della Madleen [Ph: Account Instagram Rima Hassan]Pochi minuti fa ha battuto un colpo la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, in visita negli Stati Uniti: “Negli ultimi giorni e nelle ultime ore” Metsola sarebbe stata in “costante contatto con le autorità israeliane e i leader dei gruppi politici del Parlamento europeo per garantire la sicurezza della deputata Rima Hassan, una delle persone a bordo della nave Madleen, e di tutti i suoi accompagnatori”, fa sapere l’ufficio del portavoce della presidente.La situazione è “ancora in corso e rimarremo in contatto 24 ore su 24 con tutte le parti fino a quando non sarà risolta in sicurezza”, aggiungono dallo staff di Metsola, sottolineando (ma generalizzando il problema e sfuggendo dunque da una richiesta diretta verso Israele) che “il Parlamento europeo insisterà sempre affinché tutti i suoi deputati siano tutelati e trattati con rispetto, in quanto rappresentanti eletti dei cittadini europei, ovunque si trovino nel mondo”. Su quest’ultimo punto, alza l’allarme Amnesty International, che in un comunicato ha chiesto “il rilascio immediato e incondizionato” dell’equipaggio della Madleen ed evidenzia che “devono inoltre essere protetti dalla tortura e da altri maltrattamenti”.Dal porto di Ashdod, i 12 volontari dovrebbero essere trasferiti in un centro di detenzione nella città israeliana di Ramla per poi venire rimpatriati. Nel frattempo, secondo il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas, nella Striscia sarebbero rimasti uccisi anche oggi 47 cittadini palestinesi, e 388 feriti a causa dei raid dell’esercito israeliano.

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    In Irlanda è pronta una legge per vietare le importazioni dagli insediamenti israeliani nella West Bank

    Bruxelles – L’Irlanda potrebbe diventare il primo Stato membro dell’Ue a vietare l’importazione di beni prodotti negli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Il governo irlandese presenterà domani (27 maggio) una proposta di legge che, se approvata, renderebbe reato l’acquisto di prodotti israeliani provenienti dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, aree considerate illegalmente occupate dallo Stato ebraico secondo il diritto internazionale.Il disegno di legge, annunciato dal tánaiste e ministro degli Esteri e del Commercio Simon Harris, si inserisce in un contesto di crescente attenzione internazionale sulla situazione a Gaza. “È evidente che si stanno commettendo crimini di guerra: i bambini vengono affamati e il cibo è usato come arma”, ha dichiarato Harris al Financial Times: “Il mondo non ha fatto abbastanza, e dobbiamo agire”. La proposta irlandese rappresenta il primo tentativo concreto all’interno dell’Ue di introdurre una restrizione commerciale mirata nei confronti degli insediamenti israeliani.Insediamenti israeliani in CisgiordaniaIl disegno di legge prevede il divieto di importazione di beni fisici come datteri, arance, olive, legname e cosmetici, provenienti da insediamenti israeliani. A rimanere esclusi dal provvedimento sarebbero invece i prodotti realizzati da aziende palestinesi nella stessa area, come l’olio d’oliva Zaytoun. Tra il 2020 e il 2024, il valore complessivo delle importazioni irlandesi da questi territori è stato di appena 685.000 euro, ma la portata del provvedimento è considerata altamente simbolica. Oltre ai beni materiali, è in corso un dibattito giuridico sull’inclusione dei servizi, come turismo e tecnologia. Più di 400 accademici e giuristi irlandesi hanno firmato una lettera aperta a sostegno dell’estensione del divieto anche a settori come l’ospitalità, sottolineando come non vi siano ostacoli insormontabili nel diritto irlandese, europeo o internazionale a un provvedimento di questo tipo. Se inclusi, i servizi potrebbero coinvolgere aziende come Airbnb, che ha la propria sede europea a Dublino e sarebbe quindi soggetta alla normativa irlandese. Nel 2019, Airbnb aveva inizialmente annunciato il ritiro delle sue inserzioni nei territori occupati, salvo poi fare marcia indietro in seguito a cause legali, decidendo infine di devolvere i profitti derivanti da quelle attività a organizzazioni umanitarie. Harris ha dichiarato di non avere obiezioni politiche all’estensione del divieto ai servizi, confermando di aver ricevuto pareri legali secondo cui l’inclusione sarebbe attualmente impossibile.Sebbene il commercio sia una competenza dell’Unione Europea, esistono eccezioni in cui gli Stati membri possono agire autonomamente, specialmente in situazioni considerate di “straordinaria gravità”. A tal fine, l’Irlanda si richiama a un parere consultivo emesso lo scorso anno dalla Corte internazionale di giustizia, secondo cui gli Stati devono “adottare misure per impedire relazioni commerciali o d’investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale nei territori palestinesi occupati”.A livello comunitario, il provvedimento giunge pochi giorni dopo che una maggioranza di Stati membri ha votato per una revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele del 1995. Una richiesta simile, avanzata da Irlanda e Spagna nel febbraio 2024, era stata in precedenza respinta dalla Commissione europea. L’esecutivo comunitario ha dichiarato che commenterà la proposta solo dopo che sarà adottata dal parlamento irlandese e formalmente trasmessa a Bruxelles. “Vogliamo fare qualcosa di significativo, ma un’azione collettiva dell’Unione avrebbe un impatto molto più forte“, ha osservato Harris.

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    Israele, l’ex Alto rappresentante Borrell attacca l’Ue: “La metà delle bombe sganciate su Gaza sono europee”

    Bruxelles – Ora che l’Ue, con colpevole ritardo, ha deciso che procederà ad una revisione dell’accordo di associazione con Israele, l’ex Alto rappresentante per gli Affari esteri, Josep Borrell – che già sei mesi fa cercò di insistere per la sospensione del dialogo politico con Tel Aviv -, può togliersi qualche sassolino dalle scarpe. In un’intervista alla radio spagnola Cadena Ser, ha affermato che “la metà delle bombe che cadono su Gaza sono fabbricate in Europa” e che, “se l’Europa volesse, avrebbe una grande capacità di influenzare Israele“.Il socialista catalano, ora presidente del Barcelona Centre for International Affairs, è stato l’unico, tra i vertici delle istituzioni europee, a denunciare apertamente le violazioni del diritto internazionale commesse da Israele dopo il 7 ottobre 2023 e i doppi standard di Bruxelles. Di fronte al silenzio di Ursula von der Leyen – che “ha dimostrato pochissima empatia per le sofferenze dei palestinesi” – ha cercato di dare seguito alla richiesta di revisione dell’Accordo di associazione con Tel Aviv che Spagna e Irlanda avevano inoltrato alla Commissione europea già nel febbraio del 2024. Un tentativo fallito a causa dell’allora opposizione della maggior parte dei Paesi membri. La situazione ora si è ribaltata e 17 capitali Ue (ma non Roma) hanno sostenuto la nuova richiesta messa sul tavolo dal governo olandese.“Meglio tardi che mai”, ha commentato amaramente Borrell, sottolineando che, da quando Madrid e Dublino sollevarono la questione per la prima volta, “sono passati 15 mesi e quasi 30 mila morti in più“. La verifica del rispetto degli obblighi sui diritti umani da parte di Israele, prevista dall’articolo 2 dell’accordo Ue-Israele, è stata infine paradossalmente lanciata dal suo successore, la liberale estone Kaja Kallas, molto più cauta finora nelle critiche a Tel Aviv, e sarà condotta dai servizi interni della Commissione europea in cooperazione con il Servizio Europeo di Azione Esterna (Eeas). Questo perché il vasto accordo che lega Bruxelles a Tel Aviv copre diverse dimensioni: per la parte politica, ne è competente l’Alto rappresentante e in definitiva il Consiglio dell’Ue, mentre l’area economica è coperta dalla Commissione.Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, con l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, il 20 febbraio 2025E mentre eventuali modifiche dei termini politici dell’accordo vanno approvate all’unanimità dai Paesi membri, basterebbe la maggioranza qualificata per decidere ad esempio di limitare gli scambi commerciali con Israele. “La Commissione può proporlo – ha spiegato Borrell -. Se l’Europa volesse, avrebbe una grande capacità di influenzare Israele”.L’ex capo della diplomazia europea ha sollevato dubbi sulla possibilità che Benjamin Netanyahu possa essere processato per crimini di guerra e contro l’umanità, sottolineando al contempo “la delusione di vedere che in Europa qualche Paese lo accoglie con grandi onori”. Il premier israeliano si è recato recentemente in Ungheria, su invito di Viktor Orban, che ha contemporaneamente avviato il processo per la fuoriuscita di Budapest dalla Corte Penale Internazionale. “Genocidio è una definizione giuridica che dovrà essere determinata da un tribunale, ma non ho nessun dubbio che ci sia un’intenzione genocida“, ha aggiunto Borrell, definendo l’esecutivo guidato da Netanyahu come “il più religioso e fanatico che ci sia mai stato in Israele”.Di chi sono le armi utilizzate da Israele a GazaBorrell ha affermato, nel corso dell’intervista, che “la metà delle bombe che cadono su Gaza sono fabbricate in Europa”. Israele, dal 7 ottobre a oggi, ha sganciato oltre 100 mila tonnellate di esplosivo sull’enclave palestinese. Già a novembre 2024, in un anno di bombardamenti, aveva superato la quantità di esplosivo utilizzato durante tutta la seconda guerra mondiale.A livello militare, Israele dipende fortemente dai rifornimenti che arrivano da Washington. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, nel periodo 2020-2024 i due terzi delle importazioni di armi di Israele sono giunte dagli Stati Uniti (66 per cento). Per la guerra a Gaza, spiega il SIPRI, Israele “ha fatto ampio ricorso alle armi ricevute in aiuto dagli Stati Uniti prima del 7 ottobre 2023, in particolare agli aerei da combattimento”. Ma ha continuato a ricevere nel corso del 2024 “ingenti aiuti militari” dalla Casa Bianca, tra cui “missili, bombe guidate e veicoli blindati”.Gli altri due grandi fornitori di armi a Israele sono la Germania, al 33 per cento delle importazioni, e l’Italia, all’1 per cento. Berlino consegna a Tel Aviv soprattutto armamenti destinati alle forze navali israeliane, ma anche motori per i veicoli blindati che vengono utilizzati nella guerra di Gaza. La maggior parte di ciò che arriva da Roma, secondo quanto tracciato dal SIPRI, sono elicotteri leggeri e cannoni navali. L’Italia produce anche componenti per gli F-35 americani su cui volano le forze di difesa israeliane.

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    Sdegno internazionale per gli spari israeliani sui diplomatici a Jenin. Kallas: “Inaccettabile, Tel Aviv faccia chiarezza”

    Bruxelles – Roma, Parigi, Madrid. E Bruxelles. Immediate le condanne delle cancellerie europee per l’episodio di Jenin, dove le forze di difesa israeliane hanno sparato dei colpi d’avvertimento nei confronti di una delegazione diplomatica in visita nella Cisgiordania occupata. “È inaccettabile“, ha dichiarato l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, che ha chiesto a Tel Aviv di indagare sull’incidente e di portare davanti alla giustizia i responsabili. Il governo italiano, il cui vice console è stato coinvolto nell’incidente, ha convocato l’ambasciatore israeliano a Roma.L’esercito israeliano ha rilasciato a stretto giro una dichiarazione di scuse, annunciando accertamenti e spiegando che “la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area dove non era permesso stare”, motivo per cui “i soldati che operano nell’area hanno sparato colpi di avvertimento per tenerli lontani”. Resta il fatto che “le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili”, ha dichiarato il vicepremier italiano, Antonio Tajani, e che – come ricordato dal capo della diplomazia Ue – Israele è firmatario della Convenzione di Vienna e “ha l’obbligo di garantire la sicurezza di tutti i diplomatici stranieri”.La notizia dello spiacevole “incidente” – va ricordato che a Gaza, dall’ottobre del 2023, sono stati uccisi centinaia di operatori umanitari, alcuni volontariamente presi di mira dai bombardamenti israeliani, nonostante il diritto internazionale umanitario preveda la protezione degli operatori umanitari negli scenari di guerra – è giunta a Bruxelles proprio nel giorno in cui, al Parlamento europeo, si è tornato a parlare con urgenza della risposta dell’Ue al piano del governo israeliano di occupare la Striscia di Gaza.Socialisti, verdi e sinistra chiedono a gran voce azioni decisive. “La decisione presa ieri dall’Ue di rivedere l’accordo di associazione non è sufficiente. Avrebbe dovuto essere presa molto tempo fa. Ora è il momento di sospenderlo. Una revisione non è sufficiente. Sospendiamo l’accordo di associazione, imponiamo un embargo totale sulle armi a Israele e sanzioni individuali ai membri di spicco del governo Netanyahu”, ha dichiarato in plenaria la leader socialista Iratxe Garcia Perez. Sulla stessa linea i Verdi, secondo cui “il governo e l’esercito israeliani sono responsabili delle più gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, non possiamo restare a guardare”.La protesta di The Left, Verdi e S&d davanti al Parlamento europeo [Ph: Account X The LEft]Per Benedetta Scuderi, eurodeputata dei Verdi rientrata dalla ‘Carovana solidale’ a Rafah con l’Intergruppo per la pace, “a Gaza è piu’ facile morire che sopravvivere”. E “a volte è meglio morire”, le avrebbe detto una cittadina di Gaza che è riuscita a scappare. “Siamo stanche dei dibattiti in plenaria mentre la gente muore. Cosa ancora deve accadere per sanzionare Israele, per interrompere l’accordo di commercio, porre un embargo totale sulle armi?”, ha attaccato Scuderi.Prima del dibattito, i deputati europei della sinistra, dei Verdi e dei Socialisti, insieme a attivisti e funzionari dell’Ue, si sono sdraiati a terra davanti al Parlamento di Bruxelles, rappresentando le decine di migliaia di persone uccise a Gaza dall’Idf negli ultimi 20 mesi. Per il gruppo The Left “è evidente che l’articolo 2 dell’accordo di associazione UE-Israele è stato sistematicamente violato da Israele, che ha perpetrato un genocidio a Gaza. Il processo di revisione annunciato questa settimana dall’Ue è solo una manovra dilatoria”.Nella giornata di ieri (20 maggio), il Consiglio dell’Ue ha deciso che procederà ad un esercizio di revisione dell’articolo 2 dell’Accordo di associazione con Israele, che impone alle parti il rispetto dei diritti umani. Per la prima volta dopo più di un anno e mezzo di guerra e 53 mila vittime palestinesi, una maggioranza di 17 Paesi membri si è detta a favore della revisione. Italia e Germania si sono opposte.

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    L’Ue ha aperto alla revisione dell’accordo di associazione con Israele. Ma saltano le sanzioni ai coloni

    Bruxelles – Gli alleati di Israele – dall’Unione europea al Regno Unito, fino ad un “frustrato” Donald Trump – sono sempre più in difficoltà di fronte ai deliberati crimini di Tel Aviv contro la popolazione civile a Gaza. Ieri, la durissima dichiarazione congiunta di Francia, Regno Unito e Canada contro le “azioni scandalose portate avanti dal governo” di Benjamin Netanyahu. Oggi (20 maggio), a più di un anno e mezzo da quando è stato messo sul tavolo la prima volta, l’Unione europea ha deciso che procederà a una revisione dell’accordo di associazione con Israele.L’ha annunciato Kaja Kallas, l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, a margine della riunione con i ministri degli Esteri dei 27. “Una forte maggioranza dei Paesi membri è a favore della revisione dell’articolo 2 del nostro accordo di associazione” con Israele – quello che prevede che i rapporti tra Bruxelles e Tel Aviv siano basati sul rispetto dei diritti umani -, ha dichiarato il capo della diplomazia europea. Ci aveva provato il suo predecessore, Josep Borrell, dando seguito alla richiesta di Spagna e Irlanda di fronte al silenzio della Commissione europea, salvo poi sbattere sulle resistenze delle altre capitali.Gaza City, il 4 maggio 2025 (Photo by Omar AL-QATTAA / AFP)L’estone, molto più cauta nel criticare le operazioni militari israeliane a Gaza, ha preferito in un primo momento convocare un Consiglio di associazione per discuterne apertamente con il partner israeliano, celebrato lo scorso 20 febbraio 2025. Una kermesse che non ha portato ad alcun risultato, e che anzi ha solo contribuito a far percepire l’Unione europea come complice del governo estremista di Netanyahu. Ora, la strategia cambia, e gli Stati membri “avvieranno questo esercizio”, sperando che questo basti a fermare Israele.Il gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, il più risoluto nel denunciare gli orrori commessi a Gaza, ha commentato amaramente: “Il mondo intero ha assistito a un genocidio, proprio davanti ai nostri occhi, eppure l’Unione europea ha impiegato 20 mesi solo per prendere in considerazione un’azione contro i crimini di guerra israeliani”. Marc Botenga, coordinatore del gruppo per gli Affari esteri, ha rilanciato: “Abbiamo bisogno di un embargo totale sulle armi contro Israele e dell’immediata cancellazione dell’accordo di associazione Ue-Israele”.In realtà, perché la verifica del rispetto degli obblighi sui diritti umani porti a un’effettivo riposizionamento dell’Ue nei confronti di Tel Aviv, la strada è lunga e complicata. Per una sospensione, anche parziale, dell’Accordo di associazione, serve un voto all’unanimità. E già oggi è bastato uno Stato membro – l’Ungheria, rivelano fonti diplomatiche – per bloccare nuove sanzioni ai coloni israeliani violenti in Cisgiordania.Sanzioni chieste esplicitamente verso “alcuni ministri” del governo Netanyahu dalla ministra degli Esteri svedese, Maria Malmer Stenegard. In un messaggio all’Afp, ha dichiarato: “La Svezia è amica di Israele, ma ora dobbiamo alzare ancora il tono. Ci batteremo per le sanzioni europee contro alcuni ministri israeliani” che “sostengono una politica di insediamento illegale e si oppongono attivamente a una futura soluzione dei due Stati”. Anche l’omologa slovena, Tanja Fajon, ha annunciato che Lubiana “sta valutando, insieme a Francia e Irlanda, la possibilità di imporre sanzioni contro Israele”.

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    Israele, l’Ue respinge “qualsiasi tentativo di cambiamento demografico” a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta da quando le è stato affidato l’incarico di Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas promette di “fare di più” per mettere pressione a Israele affinché rispetti il diritto internazionale nella sua devastante offensiva a Gaza. Incalzata dalla “maggioranza dei Paesi membri” alla riunione informale dei ministri degli Esteri Ue a Varsavia, il capo della diplomazia europea ha dichiarato: “Respingiamo qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale nella Striscia di Gaza, così come il trasferimento forzato della popolazione palestinese”.Quel che sta succedendo nell’enclave palestinese – dove da oltre due mesi non entrano più aiuti umanitari a causa del blocco imposto da Israele – “è insostenibile” e la situazione “si sta rapidamente deteriorando”, ha affermato Kallas a margine della riunione. Dopo settimane di silenzi assordanti, gli ultimi sviluppi hanno riportato il conflitto tra Israele e Hamas in alto nell’agenda di Bruxelles. Che da un lato invoca il rispetto del diritto internazionale in Ucraina, dall’altro continua a mantenere rapporti più che amichevoli con il governo di Benjamin Netanyahu, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità – come Vladimir Putin – dalla Corte penale internazionale.Prima la rottura del cessate il fuoco e il nuovo disumano assedio della Striscia, ora il piano per prendere il controllo della distribuzione di aiuti umanitari tagliando fuori l’Onu e i suoi partner e soprattutto l’annuncio dell’estensione delle operazioni militari per conquistare Gaza. Dove non ci sono solo i miliziani di Hamas, ma 2,2 milioni di civili che sopravvivono tra le macerie, in mezzo a bombardamenti indiscriminati e senza più né acqua né cibo. L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha riferito che nelle ultime 24 ore almeno 106 persone sono state uccise e altre 367 ferite a causa degli attacchi israeliani. Ieri, in un comunicato, il Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha riportato dell’uccisione di almeno 30 sfollati in una scuola dell’Unrwa. “A Gaza, giorno dopo giorno, l’inazione e l’indifferenza stanno normalizzando la disumanizzazione e ignorando i crimini trasmessi in diretta sotto i nostri occhi: famiglie bombardate, bambini bruciati vivi, bambini affamati”, ha scritto.Distribuzione di cibo nel centro della Striscia di Gaza, 5/5/25 (Photo by Eyad BABA / AFP)A sollevare la questione con urgenza a livello Ue sono stati a sorpresa i Paesi Bassi, finora tra i più restii a criticare l’alleato israeliano. Il ministro degli Esteri olandese, Caspar Veldkamp, ha rispolverato la richiesta – già sostenuta da Spagna e Irlanda e poi accantonata da Bruxelles – di procedere a una revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele a causa delle chiare violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Tel Aviv. L’articolo 2 dell’accordo prevede infatti il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici come base della cooperazione tra l’Unione e lo Stato ebraico.“Abbiamo deciso di discuterne al prossimo Consiglio Affari Esteri, che si terrà il 20 maggio”, ha annunciato Kallas. È un passo in avanti, a onor del vero già compiuto sei mesi fa dal suo predecessore Josep Borrell, il cui tentativo di interrompere il dialogo politico con Israele venne però bocciato sul nascere dai Paesi membri. Ed anche ora, di fronte alla nuova escalation israeliana, gli Stati membri restano divisi, ne è la riprova il fatto che nessuna nota di condanna è stata diffusa finora a nome dei 27. “Naturalmente dobbiamo fare brainstorming su cosa possiamo fare di più, sapete bene che su alcune questioni abbiamo opinioni molto divergenti fra gli Stati membri“, ha ammesso Kallas. Ma “ora la situazione è cambiata”, ha aggiunto. Forse se n’è accorta anche lei, la liberale estone falco dell’Ue per l’Ucraina. Meglio tardi che mai.

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    L’Ue: “No a militarizzare gli aiuti umanitari” a Gaza. E ora anche l’Olanda chiede di rivedere l’accordo con Israele

    Bruxelles – Tre giorni dopo la presa di posizione delle Nazioni Unite, anche l’Ue respinge il piano di Israele per prendere in mano la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza. E “ribadisce il suo appello urgente” a Tel Aviv “affinché revochi immediatamente il blocco di Gaza“. Si spinge più in là il governo dei Paesi Bassi, uno dei più strenui sostenitori dello Stato ebraico finora, che ha chiesto una revisione urgente dell’accordo di associazione Ue-Israele alla luce delle “chiare violazioni del diritto umanitario”.Nella dichiarazione congiunta firmata dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, e dalle commissarie Ue per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, e per il Mediterraneo, Dubravka Suica, non c’è nulla sull’inquietante piano di occupazione prolungata di Gaza annunciato dal governo di Benjamin Netanyahu. Bruxelles sceglie di tacere su uno sviluppo che potrebbe compromettere una volta per tutte quella soluzione a due Stati da sempre sostenuta dall’Unione. Il capo della diplomazia europea si accoda invece alle organizzazioni internazionali nella denuncia della militarizzazione degli aiuti umanitari da parte di Israele.Un ragazzino palestinese tra le macerie di Gaza City, 04/05/2025 (Photo by Omar AL-QATTAA / AFP)Da più di due mesi – dal 2 marzo, prima del collasso del cessate il fuoco – Tel Aviv blocca l’ingresso di cibo e risorse primarie per la popolazione civile nella Striscia. Sia il World Food Programme che l’Unrwa hanno lanciato l’allarme sull’esaurimento imminente delle scorte alimentari. Secondo l’Ufficio di Coordinamento Onu per gli Affari umanitari, il 92 per cento dei bambini tra i 6 e i 23 mesi e delle donne incinte e che allattano non soddisfano il loro fabbisogno nutrizionale. Più di 9 su 10. La maggior parte delle famiglie non dispone di acqua potabile e sono ripresi i saccheggi dei magazzini. Le scorte restano impilate fuori da Gaza, bloccate dall’esercito israeliano.“Tonnellate di aiuti, che rappresentano le forniture per tre mesi per una popolazione di 2,2 milioni di persone, sono in attesa al confine”, sottolinea il comunicato di Bruxelles. Israele, “in qualità di potenza occupante”, deve “garantire che gli aiuti umanitari raggiungano la popolazione bisognosa”. Ma il piano che Israele ha sottoposto alle Nazioni Unite per affidare la distribuzione a società di sicurezza private e limitarlo in una zona a sud sotto il controllo dell’esercito israeliano va in tutt’altra direzione. L’Ue si dice “preoccupata” per il meccanismo architettato da Tel Aviv, “in contrasto con i principi umanitari”.(FILES) Un cittadino palestinese tra le rovine dell’ospedale Al Shifa nella Striscia di Gaza (Photo by AFP)Kallas, Lahbib e Suica ribadiscono che “gli aiuti umanitari non devono mai essere politicizzati o militarizzati” e che il loro utilizzo “come strumento di guerra” è vietato dal diritto internazionale. A sorpresa, mentre le tre commissarie redigevano con cautela un comunicato diffuso con netto ritardo, l’Olanda, uno dei Paesi membri finora più restii a criticare Israele ha indirizzato una lettera all’Alta rappresentante in cui chiede una revisione urgente dell’accordo di associazione con l’alleato mediorientale. Che sta alla base delle relazioni economiche con Israele, e che prevede – all’articolo 2 – il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani.Il ministro degli Esteri olandese, Caspar Veldkamp, ha dichiarato al The Guardian che il governo dei Paesi Bassi si aspetta che la questione – messa sul tavolo da Spagna e Irlanda più di un anno fa e poi accantonata dall’Ue – sia discussa durante la riunione informale dei ministri degli Esteri dell’Ue che inizia oggi in Polonia. Veldkamp, ex ambasciatore in Israele, ha definito il blocco di Gaza “catastrofico, davvero desolante” e in chiara violazione del diritto internazionale umanitario. In un passaggio significativo, il ministro ha puntualizzato: “Non ho alcuna illusione che Hamas applicherà mai il diritto internazionale umanitario, ma da una democrazia come Israele, le democrazie combattono in modo diverso, e Israele deve rispettare il diritto internazionale umanitario”. I Paesi Bassi sembrano fare sul serio, e Veldkamp ha annunciato che il governo porrà il veto su qualsiasi proroga del piano d’azione Ue-Israele, l’accordo che attua l’accordo di associazione entrato in vigore nel 2000.