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    Fuest (IFO Institute): dobbiamo creare alternative al gas russo, così Mosca dipenderà da noi

    Monaco di Baviera – Il presidente del prestigioso istituto di ricerca economica dell’Università di Monaco IFO Clemens Fuest chiede la creazione di alternative al gas russo. “Abbiamo bisogno di strutture parallele per sospendere in modo rapido e conveniente le importazioni di gas dalla Russia qualora crisi future lo rendessero necessario”, scrive Fuest in un articolo per una pubblicazione dell’Itsituto. Aggiunge che per ragioni economiche e strategiche, questo sarebbe preferibile all’abbandono immediato del gas russo, indipendentemente dal fatto che le importazioni siano sospese o meno durante la guerra.
    “Se fermare le importazioni di gas dalla Russia ha invece davvero senso, allora lo si faccia immediatamente”, scrive Fuest. “Dal punto di vista odierno, è indubbio che vogliamo davvero porre fine a queste importazioni nel 2024, come sta pianificando il governo tedesco. Considerando i costi di approvvigionamento energetico, la strategia più intelligente una volta terminata la guerra in Ucraina – spiega Fuels – sembrerebbe quella di continuare a importare gas dalla Russia, ma disporre anche di strutture parallele per fare rapidamente a meno del gas russo quando necessario”. In questo senso il presidente di IFO elenca strutture come nuovi terminali portuali di rigasificazione e nuove fonti di approvvigionamento. “Questo dovrebbe essere coordinato a livello dell’UE – chiede Fuest – e alla fine porterà a forniture di gas più costose di prima, ma anche molto più affidabili”.
    La dipendenza reciproca che attualmente esiste tra l’UE e la Russia “si trasformerebbe quindi nella dipendenza della Russia dall’UE, una situazione strategicamente migliore per l’Unione”, afferma il professore. Sebbene l’arresto permanente delle importazioni di gas porrebbe fine alla dipendenza dell’UE dal gas russo, scrive Fuest, questo in realtà “eliminerebbe anche un meccanismo per esercitare pressioni sulla Russia. Resta da vedere – conclude – se la Russia sarebbe pronta a entrare in una tale dipendenza unilaterale”.

    “Continuare a importare dalla Russia, ma disporre anche di strutture parallele per farne rapidamente a meno quando necessario”

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    Metsola vuole una risposta dura dall’UE ai crimini di guerra russi in Ucraina: “Embargo energetico e sanzioni forti”

    Strasburgo, dall’inviato – Di tolleranza verso il Cremlino ne era rimasta poca, ma i fatti di Bucha e Irpin’ l’hanno spezzata via completamente. “Le atrocità commesse dall’esercito della Russia sono orribili, disonorevoli e vergognose, ma la realtà è che queste immagini sono le stesse di altre città dell’Ucraina”, ha denunciato con forza la presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, aprendo la sessione plenaria dell’Eurocamera di ritorno dal viaggio a Kiev. “Questi sono crimini di guerra perpetrati da criminali di guerra e non possono rimanere senza risposta”, ha aggiunto Metsola, invitando i Ventisette ad “accelerare una politica di dipendenza zero dal Cremlino“.
    La presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (primo aprile 2022)
    In sostanza, la presidente Metsola ha chiesto di “sganciare l’Europa dalle forniture energetiche russe” e nello specifico di “attuare embarghi vincolanti” al gas e al petrolio che arriva dal territorio della Russia, smettendo così di finanziare “indirettamente” le bombe sull’Ucraina. Si spiega così l’invito agli eurodeputati di tutti gli schieramenti politici di stimolare i rispettivi governi nazionali ad allinearsi a una politica di sanzioni che coinvolga anche il settore energetico: “Dobbiamo intensificare la nostra strategia per rendere questa invasione illegale l’errore più costoso che il Cremlino abbia mai fatto”, ha incalzato Metsola, mettendo in chiaro che “il colpo all’economia della Russia deve essere proporzionato alle atrocità senza precedenti a cui stiamo assistendo”. Con un messaggio rivolto a tutte le imprese UE: “Devono cercare altrove la crescita, e noi le sosterremo nel farlo“.
    Spiegando la sua decisione di recarsi in visita di persona a Kiev lo scorso fine settimana, la presidente del Parlamento UE ha riconosciuto la “difficoltà” del viaggio, ma ha anche sottolineato che “portare il nostro messaggio e mostrare che siamo al loro fianco in questi tempi bui” è stato “significativo per coloro che combattono”. Metsola ha ricordato che “gli ucraini stanno combattendo per i nostri valori, nelle condizioni più impossibili” e il dovere dell’Unione è “sostenerli concretamente”. Questo significa, in primis, l’adozione “immediata” di un nuovo pacchetto di sanzioni forti, che chiudano “tutte le scappatoie ancora esistenti”. In secondo luogo, “offrire più sostegno all’Ucraina a livello logistico, umanitario e di attrezzature militari di cui hanno disperatamente bisogno”, ha aggiunto la presidente Metsola, prima di chiedere a tutta la plenaria un minuto di silenzio in memoria dei civili uccisi a Bucha e Irpin’ e per “tutte le vittime della guerra, del terrore e della violenza” causata dall’esercito russo nei territori occupati.

    Di ritorno dal suo viaggio a Kiev, la numero uno del Parlamento Europeo ha aperto la sessione plenaria con l’invito a rispondere alle atrocità compiute dal Cremlino a Bucha e nei territori occupati: “Serve una politica di zero dipendenza da Mosca, per non finanziare le bombe russe”

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    I crimini di Bucha aumentano le pressioni sull’Europa per l’embargo di petrolio e gas dalla Russia

    Bruxelles – Nuove sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina, senza escludere la fine delle importazioni di idrocarburi in arrivo da Mosca. Sono le immagini delle violenze subite dalla popolazione civile di Bucha, cittadina ucraina a qualche decina di chilometri di Kiev, dalle truppe di Putin in ritirata nel fine settimana a far crescere le pressioni sui governi europei per sanzionare le importazioni energetiche in arrivo dalla Russia.
    “L’Unione Europea continuerà a sostenere l’Ucraina fermamente e farà avanzare, con urgenza, i lavori su ulteriori sanzioni contro la Russia”, ha annunciato durante il consueto briefing di mezzogiorno della Commissione il portavoce per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Peter Stano. L’intento è di “incrementare l’isolamento della Russia a livello internazionale”, ha continuato il portavoce, pur non specificando la natura delle prossime sanzioni. L’Alto rappresentante Joseph Borrell ha anche condannato le violenze riportate dalle forze di occupazione russe: “I colpevoli di crimini di guerra e altre violazioni, così come gli ufficiali governativi e leader militari coinvolti, verranno ritenuti responsabili”. 
    Una decisione che l’Unione Europea ha cercato di rimandare fino a quanto ha potuto, vista la dipendenza del continente per il 40 per cento dal gas, per circa il 27 per cento dal petrolio e dal 46 per cento di carbone importati da Mosca. La strategia adottata da Bruxelles è quella di diversificare le proprie forniture di idrocarburi (di gas) e spingere sull’energia pulita e rinnovabile, ma entrambe sono soluzioni che non consentono di ridurre la dipendenza dalla Russia dall’oggi al domani. La condanna unanime e l’indignazione internazionale per quelli che molti leader europei hanno denunciato come “crimini di guerra” perpetrati dalle truppe di Putin, dovrebbero infine portarli a invertire la rotta.
    Per settimane, da quando l’invasione dell’Ucraina è iniziata lo scorso 24 febbraio, sull’embargo all’energia è pesato il veto di Paesi come la Germania in primis ma anche dell’Ungheria e la Slovacchia, che hanno portato l’UE a colpire fino a questo momento solo le tecnologie di raffinazione del petrolio che Mosca importa da Bruxelles e a lasciare la banca statale Gazprombank, controllata dell’omonoma compagnia energetica di bandiera, attaccata al sistema delle banche internazionali Swift. L’ipotesi di un quinto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles da settimane, anche se mai è stato tanto vicino lo sblocco dell’impasse sulla questione energia. Almeno per quanto riguarda il petrolio.
    Ad aprire in questi termini è stata nel fine settimana la stessa Germania, il cui ministro della difesa Christine Lambrecht ha dichiarato domenica che l’Unione europea deve necessariamente discutere di vietare l’importazione di gas russo, per non lasciare impuniti i crimini dell’esercito di Putin. La Germania è tra i Paesi in Europa più dipendenti dal gas russo, fino a questo momento anche quello più restio alle richieste di imporre un embargo sulle importazioni di energia dalla Russia. Berlino ha avviato un piano di emergenza per ridurre progressivamente le forniture in arrivo, ma chiudere del tutto i rubinetti del gas russo è un’altra questione. All’interno della stessa coalizione di governo si continua a rimanere su posizioni distanti, il ministro dell’Economia Robert Habeck ha ripetuto che la Germania sta progressivamente riducendo la sua dipendenza dall’energia russa ma è da escludere una interruzione nell’immediato. Il presidente francese Emmanuel Macron nel condannare le atrocità commesse ai danni di civili ha impegnato Parigi e l’Unione Europea a discutere “nei prossimi giorni” di nuove sanzioni, e trovare una posizione comune almeno sul carbone e sul petrolio.
    Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ha escluso “che nelle prossime ore possa esserci un dibattito sulla questione delle importazioni di idrocarburi dalla Russia “. Il collega dell’Agricoltura Stefano Patuanelli in un’intervista a La Stampa afferma che un embargo totale del gas russo “è percorribile, perché entriamo in una stagione in cui viene usato meno gas e perché stiamo affrontando bene la diversificazione dei nostri approvvigionamenti”. L’Italia si dice pronta a sostenere un quinto pacchetto di sanzioni concordato a livello europeo, mentre il presidente della Lituania Gitanas Nausėda già venerdì ha fatto sapere che dal primo aprile ha smesso di importare gas naturale russo: la Lituania nel 2015 ha ricevuto il 100% del suo gas naturale dalla Russia e oltre il 60% proveniva ancora dai produttori di energia russi nel 2020. “Se possiamo farlo noi, possono farlo anche gli altri”, ha incalzato Nauseda in un tweet. Il premier di Polonia Mateusz Morawiecki ha esortato gli altri capi di Stato e governo a tenere un nuovo Vertice straordinario, invitandoli “ad agire con decisione e ad attuare azioni che alla fine spezzeranno la macchina da guerra di Putin, confischeranno i beni della Federazione Russa e gli oligarchi depositati nelle banche d’Europa e di rompere questa politica aggressiva di Putin”. Il riferimento, sebbene non esplicito, è a porre fine alle importazioni energetiche, con cui indirettamente l’UE finanzia la guerra di Russia. È probabile che il tema arrivi in discussione lunedì e martedì alla riunione dei ministri europei dell’Eurogruppo e dell’Economia e finanza (ECOFIN) riuniti a Lussemburgo per discutere anche dell’impatto della guerra sull’economia europea.

    Berlino apre a nuove sanzioni contro i crimini di guerra di Putin in Ucraina e a lavorare in modo coordinato con gli altri leader UE per lo stop all’import di gas e petrolio russi. Un quinto pacchetto di misure restrittive sul tavolo di Bruxelles

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    I Paesi UE cercano una risposta coordinata alle minacce di Putin sul gas

    Bruxelles – Unità. È quella che cercano Stati membri e Commissione Europea per rispondere alle pressioni della Russia sul gas, dopo la decisione di giovedì del presidente Vladimir Putin di obbligare tutti i “Paesi ostili” a Mosca (quindi, tutti i Paesi occidentali) a pagare le forniture di gas nella valuta locale. Non facendoli pagare direttamente in rubli quanto obbligando la banca di stato Gazprombank a convertire i pagamenti in euro o in dollari.
    La reazione dell’UE è stata compatta nel condannare l’ultimatum del Cremlino, ma ancora non è chiaro come e in che termini i governi si adegueranno alle condizioni poste da Putin. La Commissione sta lavorando per coordinare una posizione comune europea a quello che considera un bluff da parte di Putin, tanto che già venerdì il Cremlino ha fatto sapere che non ha intenzione di interrompere immediatamente le esportazioni di gas in Europa. L’Unione europea dipende dal gas russo per il 40 per cento del suo mix energetico totale, ma questo rende l’Europa anche il principale acquirente del gas di Mosca che quindi avrebbe non poche ripercussioni economiche tagliando completamente le esportazioni.
    “Lavoriamo a stretto contatto con gli Stati membri e gli operatori” dell’energia per definire un “approccio comune sui pagamenti in valuta per i contratti di gas con la Russia”, ha riferito venerdì Ditte Juul Jorgensen, direttore generale della DG Energia della Commissione Europea, anticipando le informazioni su un confronto tra governi e operatori di settore sulla questione, anche se l’Esecutivo europeo non ha voluto fornire ulteriori dettagli.

    Our unity is our strength 🇪🇺Working closely with Member States and operators. EU coordination today to establish a common approach on currency payments for gas contracts with Russia @Energy4Europe
    — Ditte Juul Jorgensen (@JorgensenJuul) April 1, 2022

    I Paesi del G7, compresa l’Unione Europea, hanno respinto ormai una settimana fa la possibilità di pagare in rubli il gas, appellandosi principalmente al fatto che i contratti in essere con la compagnia energetica russa Gazprom prevedono espressamente il pagamento delle forniture in euro o in dollari. A Bruxelles si discute piuttosto di come prepararsi a dover tagliare le forniture, come è in discussione anche un quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia con l’ipotesi sempre presente di introdurre un divieto sulle importazioni di energia russa, su cui i governi sono molto divisi.

    Da quando l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca è iniziata lo scorso 24 febbraio, i governi europei stanno mettendo a punto dei piani di emergenza in caso di interruzione completa delle forniture da parte di Mosca, volontaria o forzata. Il “come” farlo è stato lasciato completamente nelle mani dei governi, sotto la supervisione di Bruxelles, tra l’idea di prolungare l’impiego del carbone o delle centrali nucleari per aggirare il ruolo del gas naturale nella transizione verso le rinnovabili, per ridurne l’impiego e quindi la dipendenza da terzi. Ogni Stato membro ha un mix energetico diverso, c’è chi come l’Italia e la Germania usa più gas di altri, e quindi anche l’impatto in caso di tagli alle forniture da parte di Mosca sarebbe sostanzialmente diverso. Proprio Berlino, tra i Paesi più dipendenti dal gas russo, ha fatto sapere di aver già attivato un piano di emergenza con l’idea di arrivare a un razionamento del gas se le forniture dovessero diventare scarse.

    Confronto a Bruxelles tra Commissione, Stati e operatori dell’energia sulla richiesta del presidente russo di far pagare in rubli il gas all’Europa, attraverso un meccanismo di conversione attraverso la banca di stato. Si cerca un approccio comune, mentre i governi si preparano in caso di tagli alle forniture

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    Putin firma il decreto per il pagamento in rubli del gas, ma per i Paesi UE non cambierà molto

    Bruxelles – Dopo aver a più riprese minacciato di farlo, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato oggi (31 marzo) infine il decreto per cambiare le regole sui pagamenti delle forniture di gas ai “Paesi ostili” alla Russia (ovvero tutti i Paesi occidentali) che di fatto non li obbliga a pagare direttamente in rubli il gas, ma obbliga la banca di stato Gazprombank a convertire in rubli tutti i pagamenti effettuati in euro e in dollari a partire da domani. E’ una cosa sostanzialmente diversa, anche se i Paesi occidentali saranno obbligati ad aprire dei conti in Gazprombank per consentire la conversione dei pagamenti in rubli ma dal punto di vista dei pagamenti per gli europei non cambierà molto.
    I dettagli di questa operazione sono stati forniti questo pomeriggio dal ​​portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha riferito ai giornalisti. In sostanza, dal primo aprile i Paesi che comprano il gas dalla Russia dovranno avere un doppio conto aperto presso Gazprombank: dovranno trasferire il pagamento con la propria moneta sul primo conto, chiamato “K”, ma sarà poi Gazprombank a convertire i pagamenti in valuta straniera in rubli e trasferirli sul secondo conto. “Per quelli che ricevono gas russo e che pagano per le forniture non ci saranno cambiamenti”, ha precisato Peskov, il portavoce del Cremlino, mettendo in chiaro dunque che in questo modo non ci sarà neppure una violazione dei contratti in essere per le forniture di gas, che prevedono espressamente il pagamento in euro o dollari. Ha aggiunto che Putin e il cancelliere tedesco Olaf Scholz avevano discusso in dettaglio il sistema ieri, la stessa conversazione che poi ha avuto con il premier italiano Mario Draghi.
    Si tratta comunque di una misura eccezionale, una risposta di Mosca alla sfilza di sanzioni varate dall’UE nelle scorse settimane dopo l’invasione dell’Ucraina iniziata lo scorso 24 febbraio. Putin è ricorso infine all’arma più potente che ha contro i governi dell’Occidente che impongono sanzioni alle sue banche, alle società e ai suoi uomini, per frenarne la furia: li ricatta con le proprie esportazioni di energia, minacciando in questo modo di ridurre le forniture di cui l’UE è dipendente per circa un quarto del proprio mix energetico. Chi più e chi meno, i governi europei importano da Mosca complessivamente circa il 40 per cento del proprio gas.
    Il capo del Cremlino parlava da qualche giorno della possibilità di rendere obbligatoria la conversione dei pagamenti per il gas – fatti in euro o in dollari, come previsto dai contratti – in rubli, attraverso il coinvolgimento della banca statale Gazprombank, con cui si effettuano anche adesso i trasferimenti di soldi per il gas. I Paesi del G7, compresa l’Unione Europea, hanno subito respinto questa possibilità, appellandosi principalmente al fatto che i contratti in essere con la compagnia energetica russa Gazprom prevedono espressamente il pagamento delle forniture di gas in euro o in dollari. I “contratti devono essere rispettati e i contratti dicono in modo esplicito che il pagamento del gas deve essere in euro o in dollari”, hanno ribadito solo ieri i portavoce del Berlaymont.
    Difficile se non impossibile pensare che si possano modificare i termini di contratti a lungo termine già in essere e secondo molti osservatori l’annuncio, come la decisione presa oggi, è più che altro il tentativo di Putin di salvare l’economia russa e rivalutare il rublo, colpito dalle sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina. Una tesi che si avvalora dal fatto che il decreto varato dal Cremlino, come riporta l’agenzia stampa russa Tass, prevede anche la possibilità che alcuni pagamenti di gas da parte degli acquirenti stranieri possano non essere effettuati in rubli, ma per questi casi sarà necessario un’autorizzazione che verrà emessa dalla Commissione governativa russa per il controllo degli investimenti stranieri. In altre parole significa che è la stessa Mosca che può decidere quando non applicare i termini di questo decreto. Anche un modo per lasciare aperto il canale delle forniture all’Europa, perché se è vero che l’UE oggi non può rinunciare al gas russo, è anche vero che per Mosca è il suo principale acquirente e dunque tagliare le forniture completamente potrebbe generare ulteriori perdite all’economia russa.
    Il cancelliere tedesco Scholz ha ribadito nel pomeriggio che i pagamenti per il gas russo verranno effettuati secondo i contratti esistenti. “È così, rimarrà così, e l’ho chiarito ieri nella mia conversazione con il presidente Putin”, ha detto su Twitter.

    Die Zahlung russischer #Gaslieferungen findet entsprechend der bestehenden Verträge in Euro und Dollar statt. Das ist so, das wird auch so bleiben, und das habe ich gestern in meinem Gespräch mit Präsident Putin auch deutlich gemacht.
    — Bundeskanzler Olaf Scholz (@Bundeskanzler) March 31, 2022

    Nel frattempo Berlino, come anche la Francia, si prepara a un piano di emergenza per limitare al minimo il ricorso al gas in arrivo da Mosca. A Bruxelles si parla di nuove sanzioni e come da settimane a questa parte sul tavolo ci sono anche i limiti sulle esportazioni di energia russa, compreso il gas, su cui i governi sono molto divisi. Per far cambiare idea ai contrari e prendere posizione agli indecisi, molto dipenderà anche da quanto Mosca si spingerà oltre sui pagamenti del gas in rubli.

    Firmato dal Cremlino il decreto per convertire in rubli i pagamenti in euro o dollari dei Paesi “ostili alla Russia”, in risposta alla raffica di sanzioni europee per l’aggressione in Ucraina. I Paesi occidentali dovranno avere dei conti in Gazprombank, ma sarà la banca statale di Mosca a prendersi carico della conversione

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    Ispezioni a sorpresa dell’Antitrust UE per “alcune società” del gas in Germania. Gazprom nel mirino

    Bruxelles – L’Antitrust UE indaga in Germania su “sospette pratiche anticoncorrenziali” da parte di società attive nella fornitura, trasmissione e stoccaggio di gas naturale. A confermarlo è la stessa Commissione Europea in una nota pubblicata oggi (giovedì 31 marzo) e relativa alle ispezioni “senza preavviso” nei locali di alcune società due giorni fa. L’esecutivo comunitario non specifica quali aziende sono state coinvolte nelle perquisizioni, ma le indiscrezioni della stampa internazionale hanno individuato la russa Gazprom al centro della retata delle autorità comunitarie, in collaborazione con i colleghi tedeschi, per verificare la possibilità di abuso di posizione dominante nel mercato energetico.
    “Le ispezioni senza preavviso sono un passo investigativo preliminare su sospette pratiche anticoncorrenziali” nell’ambito della fornitura di gas naturale in Germania, si legge nella comunicazione dell’Antitrust UE. Tuttavia, questo “non significa che le imprese siano colpevoli” e per il completamento delle indagini “non c’è un termine legale”, avvertono le autorità comunitarie. La loro durata dipenderà da “una serie di fattori”, tra cui la complessità del caso, il livello di collaborazione con la Commissione Europea da parte delle aziende coinvolte nelle ispezioni e la portata dell’esercizio dei diritti di difesa.
    Le indiscrezioni riportate ieri da Bloomberg, secondo cui i funzionari della Commissione UE hanno fatto irruzione negli uffici del gigante russo Gazprom e della sua filiale di distribuzione Wingas in Germania come parte dell’indagine in corso sui prezzi del gas, sono state confermate questa mattina da fonti europee all’agenzia di stampa AFP. L’operazione sarebbe giustificata dal fatto che dovrebbe aprirsi a breve l’indagine ufficiale sul comportamento di Gazprom da parte del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen.
    È da ottobre dello scorso anno che l’Antitrust UE sta raccogliendo prove sulla possibile manipolazione del mercato nel settore del gas naturale da parte di alcuni operatori commerciali, da quando è scoppiata l’emergenza energetica, in particolare il gigante russo Gazprom. Il 13 gennaio scorso Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione e responsabile per la Concorrenza, aveva confermato che Bruxelles “sta affrontando la questione con priorità“, considerato il “comportamento abbastanza raro nel mercato” dell’energia: “Il fatto che un’azienda decida di limitare l’offerta [di gas, ndr], pur essendo di fronte a un aumento della domanda, è un comportamento che ci fa pensare”. Due mesi fa e mezzo fa non era ancora iniziata l’invasione russa dell’Ucraina e oggi l’Unione deve fare i conti con l’ulteriore aggravamento della situazione sul fronte dell’approvvigionamento energetico dalla Russia e dell’aumento dei prezzi del gas.

    I funzionari hanno perquisito gli uffici lo scorso 29 marzo, in collaborazione con i colleghi tedeschi, per “sospette pratiche anticoncorrenziali” nella fornitura, trasmissione e stoccaggio di gas naturale. Il gigante russo sarebbe al centro dell’inchiesta

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    Putin impone il pagamento del gas in rubli. Kiev: “Se l’UE cede, aiuterà la Russia a uccidere gli ucraini”

    Bruxelles – Basta euro e dollari, solo rubli: per ordine di Vladimir Putin. “Ho deciso di attuare una serie di misure per trasferire il pagamento delle nostre forniture di gas ai Paesi ostili in rubli russi“, ha affermato l’autocrate russo in una riunione di gabinetto ieri (mercoledì 23 marzo), concedendo alle autorità competenti una settimana di tempo per attuare il passaggio al sistema in valuta locale.
    È una decisione di portata storica, che potrebbe avere una duplice spiegazione. Prima di tutto, dovrebbe servire a rafforzare il valore della moneta russa, in caduta libera dopo le dure sanzioni imposte dai Paesi UE e del G7 con quattro pacchetti di misure restrittive che hanno colpito l’economia, la finanza, l’industria e la cerchia degli oligarchi vicini a Putin. Chiunque vorrà ancora acquistare il gas russo, dalla prossima settimana dovrà cambiare euro (o dollari) in rubli, creando domanda di valuta locale dove ora non esiste. Non è però ancora chiaro se questa misura riuscirà davvero a controbilanciare gli effetti devastanti delle sanzioni occidentali sull’economia russa. In secondo luogo, l’imposizione di Putin sul pagamento delle forniture di gas in rubli ha il sapore di una contro-sanzione e di umiliazione – non solo simbolica ma anche pratica – ai danni dei “Paesi ostili” che hanno tagliato fuori la Russia dal commercio e dalla finanza globale. Questa scelta però secondo gli esperti porterà anche un aumento dell’inflazione in Russia, che già viaggia ora al 2 per cento a settimana.
    “Se qualche Paese dell’UE si inchina alle umilianti richieste di Putin di pagare il petrolio e il gas in rubli, sarà come aiutare l’Ucraina con una mano e aiutare i russi a uccidere gli ucraini con l’altra“, ha avvertito con un tweet il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. “Esorto i Paesi interessati a fare una scelta saggia e responsabile”, è l’appello ai leader europei e occidentali nel giorno dei tre vertici cruciali (NATO, G7 e UE) a Bruxelles.

    If any EU country bows to Putin’s humiliating demands to pay for oil and gas in rubles, it will be like helping Ukraine with one hand and helping Russians kill Ukrainians with the other. I urge relevant countries to make a wise and responsible choice.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) March 24, 2022

    Tra i “Paesi ostili” a cui si riferisce Putin c’è anche l’Italia e proprio il premier, Mario Draghi, ha illustrato ieri i primi effetti della decisione sui pagamenti in rubli nel corso delle sue comunicazioni in Parlamento, in vista della due-giorni di vertice dei leader UE: “Il prezzo spot del gas sul mercato europeo è dimezzato rispetto alle punte di circa 200 euro per megawattora raggiunte l’8 marzo, ma questa è una notizia vecchia”. La novità introdotta dall’autocrate russo “ha portato il prezzo del gas a salire di circa 15 euro per megawattora“, ha spiegato Draghi in Aula. Un nuovo punto in agenda da affrontare al Consiglio Europeo che si aprirà tra poche ore a Bruxelles, nello spinoso capitolo dell’indipendenza energetica dalla Russia e del contenimento dei prezzi del gas.

    La decisione dell’autocrate russo punta a colpire i “Paesi ostili” e a rafforzare l’economia russa, creando domanda di moneta locale dove ora non c’è. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, esorta i Ventisette a “non inchinarsi alle umilianti richieste” di Mosca

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    L’UE invia “armi e munizioni di tutti i calibri” per la difesa dell’Ucraina dall’attacco russo. “Ora spesa militare comune”

    Bruxelles – “Siamo in guerra, non posso dare informazioni che possono servire alla Russia”. L’UE non è davvero in guerra, ma secondo le parole dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ormai è come se lo fosse. Ci è entrata, anche senza combatterla. Dopo le decisioni di ieri (domenica 27 febbraio) sulle nuove misure restrittive contro la Russia di Vladimir Putin e il supporto all’Ucraina di Volodymyr Zelensky, i 27 ministri UE della Difesa “hanno deciso di usare il finanziamento di 500 milioni di euro per inviare armi e munizioni di tutti i calibri a Kiev, che permettano di difendersi”.
    Mentre l’azione russa in Ucraina si fa sempre più aggressiva – ma Kiev, Mariupol e Kharkiv resistono ai bombardamenti – “tutti i ministri sono stati d’accordo e determinanti ad affiancare al sostegno militare bilaterale il finanziamento comunitario per contrastare le azioni belliche di Putin”, ha sottolineato l’alto rappresentante Borrell. L’invio di armi all’Ucraina fa parte di “un pacchetto di misure senza precedenti, che segna una svolta nell’integrazione dell’UE“, vale a dire quella della fornitura di armamenti a Paesi terzi per scopi difensivi. “Finora si pensava che l’UE non potesse essere anche un’Unione militare”, ha ribadito Borrell, riprendendo quanto già affermato ieri in conferenza stampa.
    Aldilà dell’unanimità sull’invio di armi all’Ucraina per la difesa dall’invasione russa, l’entusiasmo per il “nuovo corso” dell’Unione Europea in ambito militare rischia di diventare un punto di non ritorno per le ambizioni dell’UE di essere un attore geopolitico pacifico. In particolare perché questo discorso sta già determinando la volontà di “aumentare le capacità militari di difesa in modo coordinato a livello UE, spendendo meglio nel quadro comunitario”, come affermato da Borrell: “Tutti insieme, la nostra capacità militare è quattro volte quella della Russia“. Un discorso che sarà anche in linea con gli obiettivi della Bussola Strategica per la difesa, ma che in futuro potrebbe diventare la base di un ricorso sempre più frequente allo strumento militare.
    Scorrendo i temi in agenda del Consiglio Difesa, l’alto rappresentante Borrell ha spiegato che “abbiamo creato una cellula UE in coordinamento con la NATO per tenere monitorate le richieste dell’Ucraina e la disponibilità degli Stati membri” in ambito di armi e materiale sanitario da inviare a Kiev. Ma c’è anche preoccupazione per Georgia e Moldavia (Borrell si recherà in visita mercoledì 2 marzo a Chişinău), “Paesi in cui pensiamo aumenterà la pressione russa”. Così come nei Balcani Occidentali, che ha portato alla mobilitazione dei reparti di riserva dell’operazione comunitaria ALTHEA in Bosnia ed Erzegovina, “per mantenere la stabilità e far fronte alle azioni di destabilizzazione nel Paese e in tutta la regione”. 
    L’alto rappresentante Borrell ha espresso la sua soddisfazione anche per l’allineamento della Svizzera alle sanzioni UE – “senza, le nostre misure contro il riciclaggio e il finanziamento della guerra russa non sarebbero state così efficaci come avremmo voluto” – e si è soffermato a lungo sulla questione energetica (in attesa dei risultati del Consiglio Energia straordinario in corso). “Le sanzioni alla Russia hanno un prezzo che dobbiamo avere il coraggio di pagare. Se non lo facciamo oggi, domani sarà ancora peggio”, è stato l’avvertimento: “Ci saranno turbolenze sul mercato dell’energia, sta già succedendo, e il prezzo lo pagheranno tutti i consumatori europei“. 
    Parlando delle conseguenze economiche che potranno derivare da un taglio o limitazione delle forniture di gas dalla Russia, Borrell ha ribadito con forza che sul breve periodo “i prezzi del gas aumenteranno, è inevitabile”, ma che “l’energia non possiamo lasciarla fuori dal conflitto, che ci piaccia o meno, perché dipendiamo dal gas e dal petrolio russo”. L’obiettivo “di natura esistenziale” è quello di “tagliarla il prima possibile con rinnovabili e idrogeno, dopo averne parlato per anni e non averlo mai fatto”, perché “paghiamo a Putin una fattura molto elevata per il gas che ci invia e lui la usa per finanziare l’aggressione militare dell’Ucraina”.

    I ministri UE della Difesa appoggiano all’unanimità il finanziamento da 500 milioni di euro a livello comunitario da affiancare al sostegno militare bilaterale a Kiev, in riposta all’invasione russa