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    L’Ue ha siglato un nuovo accordo con il Montenegro per dispiegare Frontex lungo tutte le frontiere del Paese

    Bruxelles – Il secondo Paese dei Balcani Occidentali, il terzo partner dell’Ue candidato all’adesione che a partire dal primo luglio garantirà il dispiegamento provvisorio degli agenti Frontex anche lungo le frontiere non comuni con l’Unione. Il Montenegro ha siglato oggi (16 maggio) un accordo con la Commissione Europea sul nuovo mandato dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che consentirà di organizzare operazioni congiunte e di dispiegare squadre di gestione delle frontiere nel Paese balcanico candidato all’adesione.
    La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, e il ministro degli interni del Montenegro, Filip Adžić
    L’accordo tra Bruxelles e Podgorica è stato firmato al Palazzo del Berlaymont (sede dell’esecutivo comunitario) tra la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, il ministro degli interni montenegrino, Filip Adžić, e il ministro svedese per la Giustizia e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Gunnar Strömmer, a uno solo giorno dal via libera dei 27 titolari Ue per la Giustizia e gli Affari interni. “L’intero processo è stato estremamente efficiente e ha definito uno standard su cui future negoziati saranno misurate, sono passati solo sei mesi dall’inizio dei negoziati e dalla presentazione del Piano sulla rotta balcanica”, ha commentato la commissaria Johansson nel corso della cerimonia di firma dell’intesa. Dal primo luglio l’intesa sarà applicata in maniera provvisoria, in attesa del via libera definitivo dal Parlamento Ue. “La migrazione è una sfida che possiamo affrontare solo se siamo uniti”, ha aggiunto Johansson, sottolineando che “dobbiamo implementare un modello di gestione delle frontiere sicuro, dignitoso e che assicuri che chi ha diritto alla protezione possa averne accesso”.
    L’accordo con Podgorica si inserisce nell’ambito del nuovo regolamento di Frontex del 2019, che prevede l’assistenza dell’Agenzia Ue ai Paesi partner in tutto il territorio nazionale e non solo nelle regioni confinanti con l’Unione: il Montenegro è il caso più esemplificativo, dal momento in cui è l’unico Paese balcanico a non avere alcun tratto di confine in comune con l’Ue (si potrebbe dire lo stesso del Kosovo, ma rimane ancora un buco nero per l’assenza di unanimità tra i Ventisette sul riconoscimento della sua sovranità e di conseguenza di un accordo in vigore con Frontex). L’accordo così negoziato consentirà all’Agenzia di assistere le autorità di Podgorica nella gestione delle persone migranti in arrivo, nel contrastare l’immigrazione irregolare e nell’affrontare la criminalità trans-frontaliera e – a differenza del precedente mandato – con poteri esecutivi, come i controlli di frontiera e la registrazione delle persone. In altre parole, i corpi permanenti dell’Agenzia Ue saranno dispiegati con pieni poteri esecutivi lungo i confini del Paese balcanico con Albania, Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo.
    Gli accordi Frontex con i Balcani Occidentali
    Il dispiegamento degli agenti Frontex su tutte le frontiere del Montenegro si basa sulla decisione dello scorso 18 novembre da parte del Consiglio dell’Ue di autorizzare la Commissione ad avviare negoziati con tutti i Paesi dei Balcani Occidentali e con la Repubblica di Moldova per ampliare gli accordi sulla cooperazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, su raccomandazione dello stesso esecutivo comunitario il 26 ottobre.
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea erano stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento rivisto.
    Al momento sono tre i Paesi con cui è entrato in vigore il nuovo mandato Frontex: Moldova, Macedonia del Nord e Montenegro (rimangono ancora Albania, Bosnia ed Erzegovina e Serbia). L’accordo con Chișinău è arrivato nel marzo dello scorso anno, seguito a sette mesi di distanza da quello con Skopje, nel corso della tappa nella capitale macedone della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (nel contesto del suo viaggio nei Balcani Occidentali). Il 26 ottobre la numero uno dell’esecutivo comunitario ha dato il benestare al dispiegamento dei corpi Frontex sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania). Si è trattato del primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue della Macedonia del Nord, in cui ha rivestito un ruolo significativo la traduzione anche in lingua macedone.

    Con l’intesa firmata dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, i corpi permanenti dell’Agenzia potranno operare anche alle frontiere interne del partner balcanico. Lo stesso è stato fatto con Macedonia del Nord e Moldova (in attesa di Albania, Bosnia ed Erzegovina e Serbia)

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    È record di ingressi irregolari dal Mediterraneo centrale, già oltre 42 mila in quattro mesi. Calano le altre rotte

    Bruxelles – In appena 4 mesi, 42.200 attraversamenti irregolari delle frontiere europee attraverso il Mediterraneo centrale. È record, per lo meno da quando l’Agenzia Europea della Guardia di frontiera e Costiera (Frontex) ha iniziato a raccogliere i dati, nel 2009.
    Da gennaio ad aprile 2023, più della metà delle persone migranti che hanno messo piede irregolarmente in Ue hanno compiuto quel tragitto, che dalle coste tunisine e libiche porta alle spiagge siciliane. Secondo Frontex “i gruppi di contrabbandieri utilizzano sempre più imbarcazioni di metallo improvvisate, assemblate frettolosamente entro poche ore dalla partenza”. Imbarcazioni che spesso non riescono a portare a termine il viaggio, causando tragici naufragi e centinaia di vittime: il Missing Migrants Project dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) ha registrato 441 decessi in quel pezzo di mare nei primi tre mesi del 2023.
    Il dato relativo agli attraversamenti dal Mediterraneo centrale è quadruplicato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un dato che fa ancora più impressione se si tiene conto che tutte le altre rotte hanno registrato, nello stesso intervallo di tempo, cali compresi tra il 7 e il 47 per cento. Anche la rotta dei Balcani occidentali, la seconda più attiva, con oltre 22.500 rilevamenti, ha fatto segnare un calo del 21 per cento rispetto all’anno precedente.
    Tuttavia, trainati dai numeri del Mediterraneo centrale, nei primi quattro mesi dell’anno i rilevamenti a tutte le frontiere esterne dell’Unione hanno raggiunto quota 80.700, quasi il 30 per cento in più rispetto a un anno fa e il totale più alto dal 2016. “I gruppi della criminalità organizzata stanno approfittando della volatilità politica in alcuni Paesi di partenza per aumentare il numero di migranti che contrabbandano attraverso i confini dell’Ue”, è la spiegazione fornita dagli oltre 2.400 ufficiali del corpo permanente di Frontex dispiegati alle frontiere esterne.

    Quadruplicati gli attraversamenti rispetto allo stesso periodo del 2022, il dato più alto mai registrato da Frontex. Il Mediterraneo Centrale è anche la rotta più letale, a causa di “imbarcazioni di metallo improvvisate e assemblate frettolosamente” dai contrabbandieri. Calo del 21 per cento dai Balcani Occidentali

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    Tragedia dei migranti in Calabria, il giorno dopo: l’Ue si interroga sul sistema di ricerca e salvataggio

    Bruxelles – Il giorno dopo la tragedia di Steccato di Cutro, in cui hanno perso la vita almeno 63 persone migranti, a Bruxelles per l’ennesima volta è tempo di interrogarsi sul mancato soccorso all’imbarcazione che trasportava tra i 180 e 250 passeggeri provenienti da Turchia, Siria, Pakistan e Afghanistan. Perché il caicco, partito da Smirne, prima di schiantarsi sulle coste di Crotone, in acque territoriali italiane, ha attraversato tutto il Mar Egeo e lo Ionio senza che le venisse prestato soccorso. Nonostante, come dichiarato dalla Guardia di Finanza di Vibo Valentia, nella serata di sabato un velivolo dell’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera (Frontex) avesse avvisato le autorità italiane della presenza dell’imbarcazione a circa 40 miglia dalle coste crotonesi.
    (Photo by Alessandro SERRANO / AFP)
    Come sempre in questi casi arrivano le dichiarazioni di “profondo dolore e rammarico” dei leader Ue per un fenomeno tornato di stretta attualità. Complice un anno di arrivi da record alle frontiere europee, da mesi a Bruxelles è tornato in auge il “dossier migrazioni”, con la Commissione europea che lo scorso 21 novembre ha presentato un Piano d’azione specifico per il Mediterraneo centrale, in cui si ribadiva la necessità di “una cooperazione più stretta tra tutti gli attori coinvolti nelle operazioni di ricerca e soccorso”. E con le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo, tre settimane fa, che mettevano il sigillo sul principio che “la migrazione è una sfida europea e come tale va affrontata con una risposta europea”.
    Oggi la portavoce dell’esecutivo Ue per gli affari interni, le migrazioni e la sicurezza, Anitta Hipper, ha ammesso che “la situazione rimane molto complessa” e che “le operazioni di salvataggio avvengono spesso senza interazioni tra gli attori coinvolti”. Il problema di fondo, ribadisce da mesi la Commissione europea, è che le attività di ricerca e salvataggio in mare sono di competenza esclusiva degli Stati membri. E quindi, al di là degli innumerevoli richiami all’obbligo legale di soccorrere vite in mare, lo spazio di manovra dell’Ue rimane fortemente limitato.
    Il tentativo di rispolverare il Gruppo di contatto europeo di ricerca e soccorso, che si è riunito dopo un interruzione di un anno e mezzo lo scorso 31 gennaio, va nella direzione di “scambiare pratiche comuni e informazioni” tra i Paesi membri, niente di più. Ma, dopo quest’ultima tragedia, l‘invito a fare di più è arrivato direttamente dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), secondo cui “il tragico naufragio al largo della costa crotonese conferma l’urgenza di rafforzare il sistema di soccorso in mare, che resta insufficiente”.
    In passato, Frontex ha lanciato due programmi specifici per l’Italia e la Grecia, l’operazione “Triton” nel 2014 e l‘operazione “Poseidon” nel 2016, con le quali forniva personale e imbarcazioni per sorvegliare le acque territoriali dei due Paesi mediterranei. Quella italiana è stata poi sostituita nel 2018 dalla nuova operazione “Themis“, in cui “la ricerca e il salvataggio continuano a costituire un elemento fondamentale dell’operazione”. Secondo Anitta Hipper, solo l’anno scorso gli aerei e le navi di Frontex “hanno contribuito al salvataggio di 24 mila persone” nel Mediterraneo. Ma, ancora una volta, Hipper sottolinea che “non sta a Frontex il coordinamento delle missioni, che rimane competenza degli Stati membri”.
    Per questo sul tavolo delle istituzioni Ue, che si guardi al piano legislativo del Nuovo patto per le migrazioni e l’asilo o a quello operativo del Piano d’azione per il Mediterraneo centrale, “non ci sono proposte per missioni navali europee di salvataggio“. Anche perché i governi nazionali hanno scelto di prediligere gli sforzi per evitare che le imbarcazioni si mettano in moto. Una priorità anche di questo governo. La linea è adoperarsi per fare in modo che non ci siano navi cariche di migranti in acqua.

    Sono 63 per ora le vittime accertate dell’imbarcazione che si è schiantata sulla costa crotonese, più di 100 i dispersi. Sul tavolo “nessuna proposta per missioni navali europee di salvataggio”, nonostante l’invito a rafforzare il sistema di soccorso in mare pervenuto dall’Oim e dall’Unhcr

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    330 mila ingressi irregolari alle frontiere Ue in un anno, mai così tanti dal 2016

    Bruxelles – Nell’anno appena concluso sono quasi raddoppiati gli attraversamenti irregolari alle frontiere esterne del territorio Ue: 330 mila gli ingressi registrati, in aumento del 64 per cento rispetto al 2021, il numero più alto dalla prima grande crisi del 2015-16. Dopo il minimo indotto dalla pandemia nel 2020, per il secondo anno di fila l’Agenzia europea di guardia frontiera e costiera (Frontex) ha rilevato un forte aumento del numero di ingressi. Soprattutto di persone di nazionalità siriana, afgana e tunisina, che hanno rappresentato ben il 47 per cento del totale dei rilevamenti del 2022.
    È la rotta dei Balcani occidentali la porta d’ingresso più attraversata da chi cerca rifugio sul territorio comunitario senza essere riuscito ad ottenere un permesso d’asilo: 145 600 attraversamenti di frontiera, quasi la metà del totale, il 136 per cento in più rispetto all’anno scorso. Sono in maggior parte afgani che fuggono dal regime dei Talebani insediatosi a Kabul nell’agosto del 2021, siriani (il cui numero, 94 mila, è quasi raddoppiato in un anno) e turchi.
    102 mila gli sbarchi irregolari di egiziani, tunisini e bengalesi dal Mediterraneo centrale, in aumento del 51 per cento dall’anno precedente. Balcani e Mediterraneo centrale, le due rotte più percorse dalle persone migranti, sono sotto stretta sorveglianza della Commissione Ue, che ha presentato tra novembre e dicembre 2022 due Piani d’azione per gestire in maniera più coordinata i flussi sui due percorsi. Ma anche più a est, sulle coste di Cipro e Grecia, gli ingressi hanno subito una decisa impennata: 42 800, quasi il doppio del 2021. A invertire la tendenza la rotta del Mediterraneo Occidentale, che ha visto una diminuzione della pressione migratoria nel 2022 di circa un quinto in meno rispetto all’anno precedente. 15 460 arrivi, il 31 per cento in meno rispetto al 2021. C’è anche chi cerca di lasciare l’Unione europea: nel Canale della Manica sono stati rilevati oltre 71 000 attraversamenti irregolari delle frontiere all’uscita, tra tentativi e riusciti.
    Dei 330 mila ingressi, meno di un rilevamento su dieci era relativo a donne, mentre la percentuale di minori segnalati è leggermente diminuita, a circa il 9 per cento di tutti gli attraversamenti registrati. Separatamente, tra il 24 febbraio 2022 e la fine dell’anno Frontex ha contato quasi 13 milioni di rifugiati ucraini all’ingresso alle frontiere esterne dell’Ue dall’Ucraina e dalla Moldavia, che non sono inclusi in queste cifre. Nello stesso periodo, 10 milioni di cittadini ucraini sono stati segnalati in uscita dalle stesse sezioni di frontiera.

    Secondo i dati preliminari di Frontex, gli attraversamenti alle frontiere esterne esterne sono aumentati del 64 per cento rispetto al 2021. Quasi la metà rilevati lungo la rotta dei Balcani Occidentali, ma in forte aumento anche dal Mediterraneo Centrale e Orientale

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    I Ventisette hanno autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati per dispiegare Frontex nei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il dispiegamento degli agenti Frontex su tutte le frontiere dei Balcani Occidentali si avvicina sempre di più. Dopo la raccomandazione della Commissione Europea dello scorso 26 ottobre, il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (venerdì 18 novembre) di autorizzare i negoziati con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia per ampliare gli accordi sulla cooperazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
    Gli accordi negoziati nell’ambito del nuovo mandato di Frontex consentiranno all’agenzia di assistere i quattro Paesi balcanici nella gestione delle persone migranti in arrivo, nel contrastare l’immigrazione irregolare e nell’affrontare la criminalità trans-frontaliera. I nuovi accordi consentiranno al personale Frontex di esercitare poteri esecutivi, come i controlli di frontiera e la registrazione delle persone.
    In altre parole, se il nuovo quadro giuridico sarà negoziato secondo i termini di Bruxelles, i corpi permanenti dell’Agenzia Ue potranno essere dispiegati in tutta regione: non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi. In questo scenario, Frontex potrà operare con pieni poteri esecutivi anche alle frontiere tra Macedonia del Nord-Albania, Macedonia del Nord-Serbia, Albania-Montenegro, Montenegro-Serbia, Montenegro-Bosnia ed Erzegovina e Serbia-Bosnia ed Erzegovina. Rimane anche sul fronte della gestione congiunta delle frontiere il buco nero del Kosovo, dal momento in cui non c’è ancora l’unanimità tra i Ventisette sul riconoscimento della sua sovranità (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia si oppongono).
    A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “Le sfide migratorie nella rotta dei Balcani Occidentali non iniziano alle frontiere dell’Unione”, ha commentato il ministro dell’Interno della Repubblica Ceca e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Vít Rakušan: “La cooperazione con i nostri partner, anche attraverso l’invio di personale Frontex, è essenziale per individuare e bloccare tempestivamente i movimenti migratori irregolari“. Secondo il ministro ceco, questo accordo “migliorerà la protezione delle frontiere esterne dell’Unione”, contribuendo allo stesso tempo “agli sforzi dei Paesi dei Balcani Occidentali per impedire ai contrabbandieri di utilizzare i loro territori come tappe di transito“.
    Lo stato dell’arte degli accordi Frontex con i Balcani Occidentali
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento rivisto. È per questo motivo che per la Commissione era considerato cruciale il via libera alle raccomandazioni dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo.
    Nel corso del tappa a Skopje dello scorso 26 ottobre (nel contesto del suo viaggio nei Balcani Occidentali), la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha messo il cappello sulla firma del secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà a Frontex di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania). Si tratta del primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue della Macedonia del Nord, in cui ha rivestito un ruolo significativo la traduzione anche in lingua macedone, “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen.
    A questo si aggiunge un nuovo pacchetto di assistenza da 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali. I finanziamenti di Bruxelles – arrivati a 171,7 milioni di euro – serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, specifica l’esecutivo Ue.

    Con il via libera del Consiglio dell’Ue, l’esecutivo comunitario potrà negoziare con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia l’operatività dei corpi permanenti non più solo alle frontiere esterne dell’Unione ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo poteri esecutivi

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    L’Ue è pronta a dispiegare gli agenti Frontex anche lungo le frontiere interne dei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Dopo i visti, Frontex. Non bastava l’aver alzato la voce sull’allineamento dei Paesi balcanici alla politica dei visti dell’Ue per tentare di frenare l’arrivo di persone migranti dirette verso l’Unione. Alla vigilia dell’inizio del viaggio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nelle sei capitali dei Balcani Occidentali, l’esecutivo comunitario ha adottato una raccomandazione al Consiglio per autorizzare l’avvio dei negoziati per il potenziamento degli accordi sullo status dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia,
    In altre parole, con la nuova proposta di quadro giuridico, sarà possibile dispiegare i corpi permanenti di Frontex nella regione, non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo loro poteri esecutivi. A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “I nuovi accordi sullo status sosterranno e rafforzeranno meglio la cooperazione sulla gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali”, si legge nel comunicato dell’esecutivo comunitario. La presenza potenziata di Frontex “rafforzerà la capacità dei partner nella gestione della migrazione, nella lotta al contrabbando e nel garantire la sicurezza” lungo le frontiere.
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento Frontex rivisto. Le raccomandazioni della Commissione dovranno essere adottate dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo. Questa sera (26 ottobre) invece sarà firmato dalla presidente von der Leyen a Skopje un secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà all’Agenzia Ue di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, in particolare lungo il confine meridionale con la Grecia.
    “Siamo impegnati a sostenere i nostri partner nei Balcani occidentali e a rafforzare la nostra cooperazione sulla gestione della migrazione in loco“, ha commentato la proposta sul rafforzamento di Frontex nella regione la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, puntualizzando la necessità che “le loro frontiere continuino a essere rispettate e protette in linea con le migliori pratiche europee”. Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha invece insistito sull’importanza del nuovo pacchetto di assistenza fa 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali: “Intendiamo aumentare i nostri finanziamenti del 60 per cento in totale, fino a raggiungere almeno 350 milioni di euro“.
    Oltre al sostegno di Frontex, i finanziamenti di Bruxelles – arrivati oggi a 171,7 milioni di euro – dovrebbero “sostenere lo sviluppo di sistemi efficaci di gestione della migrazione, tra cui l’asilo e l’accoglienza, la sicurezza delle frontiere e i rimpatri”, ha precisato Várhelyi. In verità serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, è quanto comunica l’esecutivo Ue.

    La Commissione ha raccomandato al Consiglio autorizzare l’avvio dei negoziati per potenziare gli accordi sullo status dell’Agenzia con Albania, Serbia, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina. A oggi i corpi permanenti possono operare (senza poteri esecutivi) solo lungo i confini dei Paesi Ue

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    EUROPOL: al via Operazione Oscar a sostegno delle indagini finanziarie contro sanzionati russi

    Bruxelles – L’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL) ha lanciato Operazione Oscar, un piano che sosterrà le indagini finanziarie condotte dagli Stati dell’UE sui “beni criminali” di persone fisiche e giuridiche colpite dalle sanzioni, dopo l’aggressione russa in Ucraina. L’Operazione, volta a sostenere il congelamento dei beni criminali di proprietà di persone ed entità sanzionate dall’UE, è stata avviata insieme agli Stati membri, all’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria penale (EUROJUST), che si occupa della collaborazione giudiziaria tra più Paesi contro terrorismo e criminalità organizzata, e all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (FRONTEX).
    L’Operazione mira a facilitare lo scambio di informazioni tra i vari attori e le forze di intelligence. EUROPOL coordinerà le singole operazioni, garantendo un sostegno tecnico e finanziario. Inoltre centralizzerà e incrocerà tutti i dati a disposizione per identificare reati, gruppi criminali o anche solo sospettati, interconnessi a livello internazionale. Tra gli obiettivi, anche tutte quelle operazioni che puntano a eludere le sanzioni economiche e commerciali imposte dall’UE.
    EUROJUST garantirà assistenza legale e una maggior cooperazione con le autorità nazionali, mentre FRONTEX si occuperà del controllo delle persone che attraversano, via terra, mare e aria, le frontiere esterne dell’Unione e sono in qualche modo legate alle sanzioni. L’Operazione è simile a Sentinel, programma lanciato a ottobre 2022, che però si occupa di frodi contro i fondi di risanamento dell’UE per il COVID-19, e resterà operativa per almeno un anno.

    Faciliterà le attività dell’Ue contro “beni criminali” attraverso la collaborazione con EUROJUST e FRONTEX

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    Orban scrive a von der Leyen: “UE finanzi le barriere per i migranti. Senza di noi l’Europa al collasso”

    Bruxelles – “Una nuova crisi migratoria sta prendendo forma alle porte dell’Europa”. Inizia così la lettera che il primo ministro ungherese Viktor Orban ha indirizzato alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Secondo Orban la congiuntura della disastrosa ritirata dall’Afghanistan e la crisi in Bielorussia porterà a una nuova ondata di migranti, “ancora peggiore di quella che abbiamo visto nel 2015”.
    Secondo il primo ministro l’Unione non può permettersi che a gestire la crisi siano i soli Paesi frontalieri e preme perchè l’UE “riconosca che la protezione dei confini esterni è una manifestazione indisputabile della solidarietà europea”. E così Orban torna a chiedere il supporto economico di tutti i Paesi membri per costruire e potenziare la rete di barriere che alcuni Stati europei hanno costruito o stanno costruendo a proprie spese. Quando il Paese frontaliero in difficoltà era l’Italia però Orban chiarì bene che lui non avrebbe fatto alcuno sforzo per dare una mano. Ora cambiano i flussi e cambiano anche i principi, evidentemente.
    La richiesta di Orban richiama la lettera firmata da 12 Paesi membri il 7 ottobre scorso. In quell’occasione la destinataria era stata la Commissaria per gli Affari interni Ylva Johansson e si chiedeva che le nuove barriere fossero “finanziate adeguatamente dal budget dell’UE come argomento prioritario”.
    In quell’occasione la Commissaria aveva fatto sapere che, pur comprendendo la volontà dei firmatari di “rafforzare la protezione dei nostri confini esterni”, i costi per le barriere sarebbero stati a carico dei soli Paesi costruttori.
    A preoccupare Orban c’è “l’uso ibrido delle migrazioni proveniente dalla Bielorussia”, colpevole di utilizzare i flussi migratori per colpire i Paesi dell’Unione europea. Di fronte alla possibilità che molti altri decidano di usare l’immigrazione contro l’UE, per Orban bisogna alzare muri, che sono “l’unica misura efficace per tenere al sicuro i cittadini europei contro l’arrivo di massa di migranti illegali”.
    Orban chiede di “rimborsare il costo delle misure di protezione implementate dall’Ungheria”, costate 590 milioni di fiorini (circa 1,7 milioni di euro). Nella conclusione, la lettera richiede esplicitamente di rivedere le precedenti decisioni della Commissione in materia, viziate da “una interpretazione e un’applicazione scorretta di alcune regole rilevanti”.

    Il primo Ministro ungherese rinnova le richieste già espresse nella lettera dello scorso 7 ottobre in cui diversi Stati membri avevano chiesto all’Unione di finanziare con fondi europei la costruzione di barriere ai confini per respingere i migranti