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    Putin impone il pagamento del gas in rubli. Kiev: “Se l’UE cede, aiuterà la Russia a uccidere gli ucraini”

    Bruxelles – Basta euro e dollari, solo rubli: per ordine di Vladimir Putin. “Ho deciso di attuare una serie di misure per trasferire il pagamento delle nostre forniture di gas ai Paesi ostili in rubli russi“, ha affermato l’autocrate russo in una riunione di gabinetto ieri (mercoledì 23 marzo), concedendo alle autorità competenti una settimana di tempo per attuare il passaggio al sistema in valuta locale.
    È una decisione di portata storica, che potrebbe avere una duplice spiegazione. Prima di tutto, dovrebbe servire a rafforzare il valore della moneta russa, in caduta libera dopo le dure sanzioni imposte dai Paesi UE e del G7 con quattro pacchetti di misure restrittive che hanno colpito l’economia, la finanza, l’industria e la cerchia degli oligarchi vicini a Putin. Chiunque vorrà ancora acquistare il gas russo, dalla prossima settimana dovrà cambiare euro (o dollari) in rubli, creando domanda di valuta locale dove ora non esiste. Non è però ancora chiaro se questa misura riuscirà davvero a controbilanciare gli effetti devastanti delle sanzioni occidentali sull’economia russa. In secondo luogo, l’imposizione di Putin sul pagamento delle forniture di gas in rubli ha il sapore di una contro-sanzione e di umiliazione – non solo simbolica ma anche pratica – ai danni dei “Paesi ostili” che hanno tagliato fuori la Russia dal commercio e dalla finanza globale. Questa scelta però secondo gli esperti porterà anche un aumento dell’inflazione in Russia, che già viaggia ora al 2 per cento a settimana.
    “Se qualche Paese dell’UE si inchina alle umilianti richieste di Putin di pagare il petrolio e il gas in rubli, sarà come aiutare l’Ucraina con una mano e aiutare i russi a uccidere gli ucraini con l’altra“, ha avvertito con un tweet il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. “Esorto i Paesi interessati a fare una scelta saggia e responsabile”, è l’appello ai leader europei e occidentali nel giorno dei tre vertici cruciali (NATO, G7 e UE) a Bruxelles.

    If any EU country bows to Putin’s humiliating demands to pay for oil and gas in rubles, it will be like helping Ukraine with one hand and helping Russians kill Ukrainians with the other. I urge relevant countries to make a wise and responsible choice.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) March 24, 2022

    Tra i “Paesi ostili” a cui si riferisce Putin c’è anche l’Italia e proprio il premier, Mario Draghi, ha illustrato ieri i primi effetti della decisione sui pagamenti in rubli nel corso delle sue comunicazioni in Parlamento, in vista della due-giorni di vertice dei leader UE: “Il prezzo spot del gas sul mercato europeo è dimezzato rispetto alle punte di circa 200 euro per megawattora raggiunte l’8 marzo, ma questa è una notizia vecchia”. La novità introdotta dall’autocrate russo “ha portato il prezzo del gas a salire di circa 15 euro per megawattora“, ha spiegato Draghi in Aula. Un nuovo punto in agenda da affrontare al Consiglio Europeo che si aprirà tra poche ore a Bruxelles, nello spinoso capitolo dell’indipendenza energetica dalla Russia e del contenimento dei prezzi del gas.

    La decisione dell’autocrate russo punta a colpire i “Paesi ostili” e a rafforzare l’economia russa, creando domanda di moneta locale dove ora non c’è. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, esorta i Ventisette a “non inchinarsi alle umilianti richieste” di Mosca

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    La Commissione UE ha proposto la prima attivazione della direttiva sulla protezione temporanea per i rifugiati

    Bruxelles – La dimensione storica della proposta si era intuita già domenica (27 febbraio), quando al Consiglio Affari Interni straordinario ne era stata discussa la possibilità. Per la prima volta da quando è entrata in vigore la base legislativa e normativa per l’applicazione dei corridoi umanitari nel 2001, la Commissione UE ha proposto formalmente di attivare la Direttiva europea sulla protezione temporanea, quella che stabilisce uno status di protezione di gruppo in “situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo”.
    A rendere necessaria la proposta di attivazione (che dovrebbe essere approvata domani dal Consiglio dell’UE) è stato l’arrivo di più di 650 mila persone dall’Ucraina nei vicini Stati membri dell’Unione, dopo l’invasione russa iniziata una settimana fa. “Tutti coloro che fuggono dalle bombe di Vladimir Putin sono i benvenuti in Europa”, ha spiegato la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, sottolineando che l’Unione fornirà “protezione a coloro che cercano riparo e aiuto a coloro che cercano un modo sicuro per tornare a casa“. La direttiva sulla protezione temporanea è stata pensata specificamente per dare “protezione immediata alle persone che ne hanno bisogno e per evitare di sovraccaricare i sistemi di asilo degli Stati membri”, spiega la Commissione UE, grazie alle linee-guida operative fornite alle guardie di frontiera degli Stati membri.
    Secondo la proposta, “cittadini ucraini e persone che hanno fatto dell’Ucraina la loro casa”, sfollati o in fuga dalla guerra, avranno il diritto alla protezione in tutta l’Unione Europea. Sono inclusi – ed è bene ricordarlo – “anche i cittadini non ucraini e gli apolidi che risiedono legalmente in Ucraina e che non possono tornare nel loro Paese d’origine, come i richiedenti asilo o i beneficiari di protezione internazionale”. Nei giorni scorsi sono stati denunciati diversi casi di discriminazione razziale ed etnica alle frontiere dell’Unione sull’accoglienza di profughi in arrivo dall’Ucraina, anche dal ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, che ieri su Twitter ha messo in chiaro: “Le perone africane che cercano di essere evacuate sono nostri amici e devono avere le stesse opportunità di tornare ai loro Paesi d’origine in sicurezza”.

    Russia’s invasion of Ukraine has affected Ukrainians and non-citizens in many devastating ways. Africans seeking evacuation are our friends and need to have equal opportunities to return to their home countries safely. Ukraine’s government spares no effort to solve the problem.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) March 1, 2022

    Considerata la “natura straordinaria ed eccezionale dell’attacco russo e l’entità dei nuovi arrivi nell’UE”, la direttiva sulla protezione temporanea fornirà tutti i diritti di protezione internazionale riconosciuti ai rifugiati: residenza, accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, assistenza sociale e medica, mezzi di sussistenza, tutela legale e accesso all’istruzione per bambini e adolescenti. Di fondamentale importanza anche la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra Stati membri nell’ospitare gli sfollati ucraini o in arrivo dal Paese invaso dalle truppe di Putin: sarà attivata una piattaforma di solidarietà per lo scambio di informazioni tra i Ventisette sulle capacità di accoglienza e una redistribuzione che tenga conto anche della presenza di amici e parenti sul territorio UE delle persone in arrivo.
    Per quanto riguarda la gestione delle frontiere, le linee-guida della direttiva sulla protezione temporanea prevedono la semplificazione delle procedure alle frontiere dell’UE con l’Ucraina, con un allentamento dei controlli previsti dalle regole Schengen “in circostanze eccezionali per certe categorie di persone” (di cui sopra). In questo modo si riuscirà ad “aiutare coloro che fuggono dalla guerra a trovare riparo senza ritardi, pur mantenendo un alto livello di controlli di sicurezza”, specifica la proposta della Commissione. Per esempio, se non si riesce a stabilire l’identità di una persona, si può procedere alle verifiche di frontiera anche dopo il trasporto in un luogo sicuro e non al valico. O ancora, le guardie di frontiera possono autorizzare cittadini extra-UE a fare ingresso nello Stato membro per motivi umanitari “anche se non soddisfano tutte le condizioni di ingresso” (se non hanno un passaporto o un visto valido). Nel caso in cui le strade verso i valichi ufficiali di frontiera siano bloccate o congestionate, può essere consentito l’attraversamento da valichi temporanei per “aiutare a ridurre i ritardi”.
    La direttiva che non è mai stata attivata in più di 20 anni – nemmeno quando sei mesi fa è scoppiata la crisi in Afghanistan – prevede “accordi speciali” per facilitare entrata e uscita di servizi di soccorso, polizia e vigili del fuoco per fornire assistenza di ogni tipo alle persone in attesa di attraversare il confine, oltre alla possibilità per i rifugiati di portare effetti personali senza alcun dazio doganale e anche animali domestici. Le linee-guida raccomandano “vivamente” agli Stati membri di sfruttare il supporto delle agenzie Frontex ed Europol, rispettivamente per l’assistenza nella registrazione delle persone in arrivo dall’Ucraina e per il supporto ai controlli secondari. Una volta adottata, la protezione temporanea dell’UE durerà un anno, con la possibilità di rinnovi semestrali per un altro anno: se le condizioni dovessero rimanere critiche, il Consiglio potrà decidere a maggioranza qualificata (su proposta della Commissione), l’estensione per un terzo anno.

    Europe stands by those in need of protection.
    All those fleeing Putin’s bombs are welcome in Europe.
    We will provide protection to those seeking shelter and we will help those looking for a safe way home.
    Our proposal to support people fleeing the war in Ukraine ↓
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 2, 2022

    Gli oltre 650 mila profughi dall’Ucraina hanno reso necessaria la proposta dell’esecutivo UE. Saranno previsti allentamenti dei controlli di frontiera, solidarietà tra Paesi membri nell’accoglienza e facilitazioni di ingresso per chi fugge dalla guerra

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    L’UE invierà (in Ucraina) per la prima volta una squadra di esperti per sostenere un Paese sotto attacco informatico

    Bruxelles – Non ci sono solo le sanzioni contro la Russia e le autoproclamate Repubbliche Donetsk e Luhansk nella risposta dell’UE alla “violazione della sovranità dell’Ucraina”. Secondo quanto riferito ieri sera (22 febbraio) in conferenza stampa dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, Bruxelles è pronta a “inviare una missione di esperti per aiutare l’Ucraina ad affrontare gli attacchi informatici” che sta subendo da settimane.
    Si tratta del primo dispiegamento del Cyber Rapid Response Team, la squadra operativa di intervento rapido del programma di cooperazione per la difesa PESCO. Comprende una decina di funzionari nazionali di sicurezza informatica di sei Paesi membri (Croazia, Estonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Romania), che possono fornire assistenza ai Paesi UE ed extra-UE sotto cyberattacco. La richiesta di Kiev di ricevere il sostegno UE per affrontare gli attacchi informatici costanti alle infrastrutture critiche (civili e militari) era arrivata lo scorso 18 febbraio, in una lettera inviata dal ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, a Bruxelles che chiedeva anche l’invio di attrezzature tecniche e software.
    Il via libera è stato deciso durante il Consiglio Affari Esteri di lunedì (21 febbraio), al margine del quale l’alto rappresentante Borrell ha incontrato anche il ministro ucraino, confermandogli il sostegno dell’UE nell’affrontare gli attacchi informatici. A dire il vero, la disponibilità dell’Unione era già nota da metà gennaio, in occasione del primo cyberattacco su larga scala contro le infrastrutture di Kiev. Allora, Borrell aveva dichiarato senza mezzi termini che “l’Unione Europea sta mobilitando tutte le sue risorse per offrire supporto all’Ucraina” ed era anche stata convocata una riunione d’emergenza degli ambasciatori del comitato politico e di sicurezza “per capire quale assistenza tecnica si può fornire a Kiev”.
    Dopo l’episodio di gennaio, i siti web del governo ucraino sono stati colpiti la scorsa settimana da un’enorme quantità di attacchi mirati, che i servizi di sicurezza nazionali avevano indicato come “il più grande cyberattacco di sempre” al Paese. Nel 2017 l’Ucraina era stata anche l’epicentro di una ‘pandemia informatica’ di malware (programmi informatici usati per disturbare le operazioni svolte dagli utenti) nota come NotPetya, che aveva colpito l’Europa tra il 2016 e il 2017 e che si era poi diffusa in tutto il mondo, paralizzando multinazionali come il gigante danese delle spedizioni Maersk, della logistica FedEx e la società farmaceutica Merck.

    Quello a sostegno di Kiev sarà il primo dispiegamento del Cyber Rapid Response Team, la squadra operativa del programma di cooperazione per la difesa (PESCO) specializzata in risposte ai cyberattacchi

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    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk

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    L’Ucraina chiede ai partner occidentali di “finalizzare la lista di sanzioni contro la Russia in caso di invasione”

    Bruxelles – Mentre da Washington arriva la notizia che l’amministrazione di Joe Biden ha dato il via libera per l’invio di 3 mila soldati per il rafforzamento del fianco orientale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), da Kiev è sempre più pressante la richiesta ai partner occidentali di “finalizzare la lista di sanzioni economiche contro la Russia in caso di invasione dell’Ucraina“. Lo ha riferito oggi (mercoledì 2 febbraio) durante un briefing con la stampa internazionale il ministro per gli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba: “Mosca dovrà vedere cosa rischierà concretamente se violerà la nostra sovranità”.
    Il ministro per gli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba
    Nel suo discorso, Kuleba ha sottolineato con forza che “quello che sta succedendo qui non riguarda solo l’Ucraina, ma tutta l’architettura della sicurezza dell’Europa“, e lo dimostra il fatto che negli anni si sono verificati attacchi e operazioni russe anche sul territorio comunitario e britannico (il riferimento è all’assassinio dell’ex-spia dei servizi segreti russi Aleksander Litvinenko a Londra nel 2006). Oltre alle sanzioni dell’Occidente contro la Russia, l’Ucraina chiede ai partner anche di “rimanere fermi e uniti sulla questione della possibilità di ingresso nella NATO” e di “aiutarci a rafforzare le capacità di difesa e informatiche”.
    Nonostante le operazioni militari di Stati Uniti e Regno Unito (che ha messo in campo un’alleanza militare con Polonia e Ucraina), il ministro ha predicato calma: “Non penso che le truppe russe mobilitate al confine siano sufficienti per un’invasione su larga scala, anche se il loro numero non è diminuito e le infrastrutture militari sono rimaste intatte”. Proprio per questo motivo, “non si può sottostimare la minaccia ed è più facile affrontarla se i partner ci danno il loro supporto”. In Ucraina le potenze della NATO dovranno tenere alta l’attenzione, soprattutto in caso di invasione russa: “Un fallimento lancerebbe in tutto il mondo il messaggio che l’Occidente non sa difendere i propri valori né se stesso“, ha avvertito Kuleba.
    A scanso di equivoci, “non vogliamo effettuare nessuna operazione offensiva, non l’abbiamo mai fatto e non lo vogliamo fare”, ha assicurato il ministro ucraino, che dà la priorità a diplomazia e deterrenza: “Da novembre stiamo dimostrando che l’invasione da parte della Russia può essere evitata, affrontando l’escalation miliatare con il dialogo”. Rimane comunque un fatto che “siamo pronti a ogni scenario e se saremo attaccati, ci difenderemo“. La posizione è la stessa di quella più volte espressa dai leader occidentali – “anche se il tono può cambiare” – ed è sempre ancorata ai tavoli della diplomazia internazionale.

    La richiesta è arrivata dal ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, durante il briefing con la stampa straniera: “Mosca dovrà vedere cosa rischierà concretamente se violerà la nostra sovranità”