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    Pace e sostegno a Zelensky, a Londra la svolta europea per l’Ucraina. Von der Leyen: “Riarmare l’Ue”

    Bruxelles – Una pace con garanzie solide per il futuro, un sostegno nuovo e ancor più incondizionato l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky, un riarmo in grande stile del vecchio continente. L’Europa chiamata a dare una risposta agli Stati Uniti di Donald Trump e il modo tutto nuovo di gestire gli affari di politica estera a Washington produce una scossa. I leader riuniti a Londra dal premier britannico Keir Starmer fanno quadrato attorno a Zelensky dopo l’umiliazione patita oltre oceano, e già questo è un dato politico di non poco conto. Ma c’è soprattutto l’impegno per una fine delle ostilità per rimettere in gioco gli Stati Uniti.Del resto, riconosce il premier britannico nella conferenza stampa di fine vertice, gli Stati Uniti restano “un partner indispensabile per la sicurezza” globale e regionale, e non si può immaginare di poter fare tutto senza il contributo americano. Il summit di Londra è servito a prendere coscienza del fatto che e“l‘Europa deve farsi carico del grosso del lavoro” per continuare a sostenere Kiev militarmente sia adesso sia ancor più dopo, in caso un futuro accordo di pace, continua Starmer. Da questo punto di vista l’impegno c’è.La foto di famiglia del summit di Londra [foto: Antonio Costa, account X]Gli impegni finanziariSul piano finanziario, il Regno Unito contribuisce con due pacchetti diversi. Il primo, da 2,26 miliardi di sterline (circa 2,7 miliardi di euro), attraverso i proventi dei fondi russi congelati. Obiettivo: aiutare Kiev con soldi utili alla risposta bellica e al funzionamento dello Stato. Il secondo pacchetto di aiuti, da 1,6 miliardi di sterline (circa 1,9 miliardi di euro) per l’acquisto di 5mila missioni di difesa anti-aerea prodotti a Belfast. Si attende il contributo Ue, che i 27 intendono annunciare in occasione del vertice straordinario di questo giovedi (6 marzo).Il percorso di pace e il nodo dell’invio di soldatiA Londra si inizia a discutere di pace. I dettagli non vengono svelati. L’iniziativa franco-britannica, con il coinvolgimento dell’Ucraina, si vuole sottoporre all’attenzione degli Stati Uniti. Washington comunque continuerà a giocare un ruolo nel negoziato che si vuole intavolare. Certo l’iniziativa aiuta anche l’Ue, dove Slovacchia e ancor più Ungheria minacciano veti ad ogni conclusione del vertice del Consiglio europeo senza un impegno chiaro di cessate il fuoco. “I leader forti fanno la pace, i leader deboli la guerra”, il messaggio del primo ministro ungherese alla vigilia del vertice di Londra che da questo punto di vista mette d’accordo tutti, o quasi.Il nodo vero sta nel post-conflitto. La colazione dei volenterosi allo stato attuale formata da Regno Unito e Francia vorebbe lo schieramento su suolo ucraino di soldati europei nella veste di peacekeepers. Un’ipotesi respinta dall’Italia e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al pari di altri leader attorno al tavolo. Starmer però insiste: “L’obiettivo è mantenere la pace, e se vogliamo mantenere la pace dobbiamo difenderla”. Senza entrare nel merito il presidente del Consiglio europeo, insiste sulla necessità di condizioni che impediscano nuove aggressioni future. “Non dobbiamo ripetere gli errori degli accordi di Minsk“, dice Antonio Costa riferendosi all’intesa concepita nel 2015 per porre fine agli scontri in Donbass, mai rispettati. Serviranno in sostanza delle garanzie solide, vere, e in tale ottica contingenti non ucraini in sostegno dell’Ucraina appare la soluzione, tutt’altro che gradita a Mosca però.L’Ue si riarmaIn una gestione del conflitto russo-ucraino che passa per un maggiore impegno dell’Ue in materia di difesa, si registra il cambio di passo a dodici stelle. “Dobbiamo riarmare l’Europa con urgenza“, scandisce la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lasciando Lancaster House. Quindi annuncia: “Presenterò il piano il 6 marzo“, in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo. Nessun indizio, ma due elementi se li lascia scappare. Il primo riguarda lo spazio di spesa pubblica, e quindi l’allentamento del patto di stabilità per la difesa. Il secondo riguarda “scudi aerei” europei.

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    Ue-India, c’è la strategia per una nuova collaborazione. Modi: “Accordo commerciale entro fine anno”

    Bruxelles – Commercio, tecnologia, innovazione, investimenti. E l’impegno di un nuovo accordo di libero scambio già nel 2025. Ursula von der Leyen e il suo collegio dei commissari trovano in India quelle risposte che cercavano. Il viaggio a est voluto dalla presidente della Commissione Ue produce gli effetti desiderati. Tutti da definire e sviluppare in concreto, certo, ma comunque c’è una rinnovata partnership. C’è l’accordo, spiega il primo ministro indiano, Narendra Modi, per “un libro blu per mobilità, sicurezza, innovazione, green economy, commercio, investimenti“. C’è una strategia chiara su cui lavorare.L’Europa quello che cercava a oriente non l’aveva nascosto. Serviva la risposta dell’interlocutore, e Modi la offre in pubblico, in conferenza stampa. “Questa visita ha ridato vigore alle nostre relazioni” bilaterali, riconosce ad una sorridente von der Leyen, raggiante nel sentire dal primo ministro indiano che “abbiamo deciso di creare un’agenda ambiziosa e audace per le relazioni Ue-India post-2025“, che passa anche per voglia di chiudere “un accordo commerciale bilaterale per la fine dell’anno”.In linea di principio von der Leyen ottiene praticamente tutto ciò che voleva. “È tempo di portare la nostra partnership strategica UE-India al livello successivo“, il mantra ripetuto dalla tedesca anche in occasione del suo viaggio in Asia meridionale, ed è esattamente quello che ottiene. La presidente della Commissione europea è arrivata in India con un’agenda chiara, costituita da tre aree su cui lavorare per la nuova stagione di relazioni bilaterali: commercio e la tecnologia, sicurezza e difesa, connettività e partnership globale. Da Modi ottiene gli impegni in questo senso.“Ora più che mai gli eventi geopolitici richiedono questi passi”, scandisce von der Leyen nella conferenza congiunta con il premier indiano. Un riferimento alle manovre militari russe in Ucraina, all‘unilateralismo trumpiano in politica estera e in materia commerciale, ad una Cina che guarda silenziosa ma non a braccia conserte cosa accade sullo scacchiere internazionale. “Per l’Europa l’India è un pilastro di affidabilità in un mondo di imprevedibilità“. Ora l’Ue può iniziare a sentirsi meno insicura.

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    L’industria della difesa europea agli Stati: “Basta contratti di appalto a fornitori di Paesi terzi”

    Bruxelles – Ora più che mai pensare ‘europeo’. Quando si parla di sicurezza e difesa l’Unione europea deve saper tenere fede ad ambizioni e agende. Alla vigilia della conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, l’industria del settore vuole suggerire all’Europa degli Stati come provvedere davvero alla sicurezza europea. Asd Europe, l’insieme dei produttori europei, pone l’accento sulla necessità di cambiare logiche che non fanno il bene della sicurezza europea. “Molti contratti di appalto europei vengono assegnati a fornitori di paesi terzi“, sottolinea l’associazione, per la quale “questa tendenza deve essere invertita“. Le relazioni esterne dell’Ue e dei suoi Stati membri rischiano di diventare un fattore contrario alla crescita dell’industria delle difesa. Per rispondere ai dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nelle istituzioni Ue inizia a prendere corpo l’idea di acquistare di più in America proprio in difesa, quale modo per superare le barriere commerciali e ristabilire il quieto vivere con il partner d’oltre Atlantico. Un modo di fare in contraddizione con il rapporto Draghi – che Eunews ha integralmente tradotto in italiano – e l’agenda europea volta al rilancio di un settore strategico per la sicurezza.“Dobbiamo spendere di più, e di più in Europa“, ribadisce Asd Europe, che sulla dipendenza economica di soggetti extra-Ue nell’industria delle difesa ha già messo in guardia pubblicamente nei mesi scorsi: “Una solida base industriale europea è essenziale per la preparazione alla difesa europea: è una capacità di difesa in sé“. Rimanere nel solco del ‘made in Eu’ è dunque la via da seguire e da non abbandonare. “La preferenza europea è un imperativo strategico”, e se l’Ue vuole svolgere un ruolo di peso sullo scacchiere internazionale “deve rafforzare la propria capacità produttiva” anziché affidarsi a fonti esterne.Da qui l’industria europea della difesa rivolge suggerimenti utili alla politica. Innanzitutto fare sempre in modo che “ove possibile, le soluzioni di difesa europee dovrebbero avere la priorità“. Laddove non esiste una soluzione di capacità europea, l’attenzione dovrebbe essere rivolta a sviluppare una. Infine, bisognerebbe fare sempre in modo che se proprio non esiste davvero una soluzione Ue praticabile, gli appalti non europei dovrebbero evitare di ostacolare uno sviluppo Ue.

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    Difesa: Ue del tutto impreparata al coordinamento dello spostamento di Forze Armate

    Bruxelles – Secondo le conclusioni di una nuova relazione della Corte dei conti europea, le forze armate degli Stati membri dell’Ue non sono ancora in grado di spostarsi rapidamente a livello transfrontaliero. L’ultimo piano d’azione dell’Unione sulla mobilità militare “ha riscontrato progressi eterogenei a causa di carenze di progettazione, e l’attuazione è tuttora ostacolata”. L’obiettivo di spostare personale, equipaggiamento e attrezzature militari in modo rapido e scorrevole nell’Ue e al di fuori, “anche con breve preavviso e su larga scala, non è stato ancora raggiunto”.Con il ritorno della guerra ad alta intensità nel continente europeo, le priorità in termini di difesa sono cambiate e, pertanto, l’Unione intende prepararsi in modo efficiente a possibili aggressioni future. La politica in materia di mobilità militare si è evoluta dal primo piano d’azione, pubblicato nel 2018. Per la prima volta nella storia, il bilancio per il periodo 2021‑2027 ha riservato un importo dedicato a progetti di infrastrutture di trasporto civili e militari a duplice uso. Tuttavia, rilevano i magistrati contabili, “il punto di svolta è stato la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, che ha reso la necessità strategica dell’Ue di mobilità militare una questione da affrontare con urgenza”. Sotto pressione, è stato pubblicato il secondo piano d’azione nel novembre 2022.“La mobilità militare è fondamentale al fine di rendere la capacità di difesa dell’Ue credibile, e c’è chiaramente bisogno di accelerare il passo. Tuttavia, la mobilità militare non ha ancora raggiunto la velocità massima a causa di strozzature lungo il percorso” – ha affermato Marek Opioła, membro della Corte responsabile della relazione.L’organizzazione dei movimenti militari “potrebbe subire notevoli ritardi per vari motivi, come la burocrazia. Per esempio, lo spostamento di carri armati da un paese dell’Ue a un altro non è possibile se i mezzi superano il peso massimo consentito dalle normative sulla circolazione stradale. In circostanze normali, uno Stato membro dell’Ue necessita attualmente che le autorizzazioni dei movimenti transfrontalieri gli vengano notificate con 45 giorni di anticipo”.La Corte ha riscontrato che la Commissione europea non aveva condotto una valutazione dei bisogni approfondita nella progettazione del piano d’azione 2.0, e non ha quindi potuto effettuare una stima attendibile dei finanziamenti necessari per realizzare i suoi obiettivi. La dotazione totale per la mobilità militare per il periodo 2021‑2027, pari a 1,7 miliardi di euro, “è relativamente modesta, ma gli Stati membri lo hanno accolto come un passo nella giusta direzione. I fondi dell’Ue sono stati resi disponibili rapidamente, il che ha inviato un messaggio politico importante. Tuttavia, poiché la domanda superava di gran lunga l’offerta, la dotazione finanziaria disponibile è terminata a fine 2023”. Di conseguenza, vi sarà un intervallo significativo, di oltre quattro anni, prima che i fondi vengano nuovamente resi disponibili, “il che ostacola la stabilità e la prevedibilità dei finanziamenti”.I fondi devono essere ben mirati perché abbiano impatto, “ma – rileva la Corte – non sono stati presi in considerazione fattori geopolitici e militari nella selezione dei progetti infrastrutturali a duplice uso da finanziare. Inoltre, i progetti sono stati selezionati in modo frammentario, non sempre tenendo conto delle zone più strategiche né del quadro più ampio”. I progetti finanziati erano ubicati principalmente nell’Europa orientale, ma l’Ue non ha finanziato quasi nessun progetto sulla rotta meridionale verso l’Ucraina. Per di più, “l’Unione aveva già selezionato i progetti da finanziare ben prima che fossero stabilite le necessità più urgenti”.I dispositivi di governance per la mobilità militare sono complessi e frammentati, e non presentano alcun punto di contatto. “Ciò – sottolinea la Corte – rende difficile sapere con esattezza chi fa cosa”. Al fine di aiutare l’Ue a fare progressi, la Corte suggerisce di migliorare tali dispositivi e la focalizzazione dell’intervento dell’Ue, oltre a rendere i finanziamenti più prevedibili. Per alleviare le strozzature della mobilità militare, l’Unione può inoltre sfruttare le potenzialità dei fondi attualmente destinati al trasporto civile.

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    Nato, l’allarme di Rutte: “Passare a una mentalità di guerra”. Il 2 per cento del Pil in difesa non basta più

    Bruxelles – Non perde tempo Mark Rutte, il nuovo segretario generale della Nato. La sua prima uscita pubblica di spicco dopo essersi insediato alla guida dell’Alleanza militare atlantica è quasi un appello alle armi: “È ora di passare a una mentalità di guerra“, ha affermato l’ex premier olandese, perché “il pericolo si muove verso di noi a tutta velocità”. Di fronte ad una Russia che “si sta preparando a un conflitto a lungo termine” e che nel 2025 spenderà tra il 7 e l’8 per cento del Pil per armarsi, la soglia del 2 per cento fissata dalla Nato non basta più.“Avremo bisogno di molto di più”, ha avvisato Rutte, incalzato dalla direttrice di Carnegie Europe, Rosa Balfour, di fronte ad una platea composta da giornalisti, funzionari europei, imprenditori ed esperti del settore della difesa. Un nuovo obiettivo di spesa militare condiviso a livello Nato ancora non c’è, “ma è evidente che nei prossimi mesi dovremmo accordarci su quale sarà la nuova soglia“. Rivolto non solo ai governi di quei pochi Paesi – tra cui l’Italia – che ancora non hanno raggiunto la soglia del 2 per cento, ma alle banche, ai fondi di pensione, fino all’opinione pubblica e ai cittadini, il segretario generale ha affermato chiaramente: “È inaccettabile rifiutarsi di investire nella difesa”. Anche se “significa spendere meno per le altre priorità”, le pensioni, la sanità, la previdenza sociale. L’Alleanza Atlantica “ha bisogno di una piccola percentuale” di quel denaro.La minaccia militare, ha messo in chiaro Rutte, non è immediata: “Per ora il nostro deterrente è buono, ma tra tre o quattro anni potrebbe non esserlo più”. Perché è sempre più evidente che Russia, Cina, Corea del Nord e Iran “stanno lavorando insieme per assicurarsi la propria sfera di influenza”. A preoccupare sempre di più, al di là del nemico pubblico numero uno, Vladimir Putin, è l’atteggiamento di Pechino. La Cina “sta aumentando in modo sostanziale le sue forze, comprese le armi nucleari, senza trasparenza e limitazioni”, ha puntato il dito Rutte.La “priorità assoluta” per i 32 alleati della Nato è quella di rafforzare l’industria della difesa, segnata da “decenni di investimenti insufficienti” e rimasta “troppo piccola, troppo frammentata e troppo lenta”. Non si tratta solo di spendere di più, ma di spendere meglio. E insieme: per Rutte, a livello europeo sarebbe importante insistere nella direzione di acquisti congiunti, “altrimenti l’impatto finanziario sarà enorme”. Per soddisfare le richieste del segretario generale, la Commissione europea ha già riconosciuto gli investimenti per la difesa come una priorità, allargando le maglie del rigore di bilancio per la spesa pubblica in questo ambito.Eppure, alle porte c’è il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che potrebbe intavolare molto prima del previsto una trattativa di pace con il Cremlino. Dopo l’esito delle elezioni americane, l’eventualità di sedersi a un tavolo negoziale con Putin ha preso peso, anche perché altrimenti Washington potrebbe ridimensionare il suo impegno per la resistenza dell’Ucraina. Per Rutte, le speculazioni sui parametri da mettere in gioco per concludere la guerra vanno a vantaggio di Mosca: “C’è il rischio enorme di cominciare un negoziato senza nemmeno essere seduti al tavolo”, ha avvertito. L’importante sarà assicurare le garanzie di pace richieste da Zelensky, perché se sarà Putin a uscire vincitore dalla trattiva, sarà “un cattivo accordo”.Sul rapporto con il nuovo inquilino della Casa Bianca, che minaccia di chiudere l’ombrello di protezione a stelle e strisce sull’Europa, Rutte ha smorzato i toni. “Trump vuole spingerci e ha perfettamente ragione, da quando è diventato presidente nel 2017 abbiamo accelerato” sulla difesa. Ma sia chiaro, la Nato “non vuole spendere di più perché lo vuole lui, ma perché è in gioco la nostra sicurezza”.

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    A fianco dell’Ucraina fino alla fine (e con tutta la difesa che serve). La decisione dell’Eurocamera piace, ma non alla Sinistra

    Bruxelles – “Per tutto il tempo necessario” è la promessa che l’Ue ha fatto all’Ucraina. Con il coinvolgimento della Cina e della Corea del Nord, l’escalation è dietro l’angolo e l’Europarlamento, nella Plenaria di Strasburgo, ha ribadito il proprio supporto a Kiev.Dalla risoluzione approvata giovedì (28 novembre), arriva l’ennesima condanna della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e il peggioramento del conflitto. Alla comunità internazionale, i deputati del Parlamento europeo chiedono di attivarsi per gestire il buco nero che sono gli ormai oltre mille giorni di guerra. “Non può svolgersi nessun negoziato sull’Ucraina senza l’Ucraina“, ribadiscono gli eurodeputati, invitando Ue e Stati membri ad adoperarsi per accrescere il sostegno internazionale e individuare una soluzione pacifica alla guerra.Il triangolare Pechino, Pyongyang e MoscaL’invio delle truppe da parte della Corea del Nord e la sperimentazione di missili balistici in Ucraina fanno paura e nell’ottica Ue rappresentano “una nuova fase della guerra” e sono “un nuovo rischio per la sicurezza dell’Europa nel suo complesso“.A Pechino viene chiesto di porre fine all’assistenza militare e alla fornitura di beni a duplice uso alla Russia. Arriva un ulteriore monito dall’Ue in riferimento alle azioni cinesi: “Il rifiuto di cambiare linea d’azione al riguardo rischia di compromettere gravemente le relazioni bilaterali Ue-Cina“, già in crisi per un principio di guerra commerciale partita dai dazi europei sulle auto elettriche alla Cina e continuata con i dazi cinesi sul brandy europeo.In questa occasione, all’Eurocamera non sfugge anche l’influenza della Cina sulla Corea del Nord, attore ormai coinvolto nella guerra in Ucraina. Per evitare l’invio di armi alla Russia, si chiede maggiore cooperazione internazionale, esercitando “una pressione costante su Pyongyang affinché cessi le sue azioni destabilizzanti“.Verso la stessa Corea del Nord, insieme a Bielorussia e Iran, gli Stati membri sono invitati a rafforzare il regime di sanzioni, aggiungendo anche all’elenco delle sanzioni Ue anche le entità e le persone fisiche cinesi che supportano la Russia o il settore russo della difesa e della sicurezza.Nessun ‘addio alle armi’ (anzi, più spesa)Impegno a tutto tondo dell’Ue e dei singoli Stati nei confronti dell’Ucraina, che è anche una delle nazioni candidate a entrare a far parte dell’Ue. Nonostante la promessa di attuare la formula di pace dell’Ucraina e creare le condizioni necessarie per lo svolgimento di un secondo Summit sulla Pace, nel testo una buona parte è dedicata al sostegno militare.Si parla di fornitura di aerei, missili a lungo raggio, come i Taurus, sistemi difesa aerea e tutti gli armamenti necessari per permettere all’Ucraina di continuare a resistere. La stessa presidente della Commissione europea von der Leyen nel discorso di ieri (27 novembre), prima del voto sul collegio dei Commissari, aveva sottolineato la necessità di spendere di più e in modo coeso per la difesa e questo aspetto è stato recepito chiaramente nella risoluzione.0,25 per cento del Pil annuo di tutti gli Stati europei e degli alleati della Nato dovrebbe essere impegnato “collettivamente e individualmente” per fornire un sostegno militare all’Ucraina. Una sollecitazione importante, che si unisce agli oltre 118 miliardi di euro già spesi dall’Ue, una cifra pari a quasi un intero bilancio annuale comunitario.Non viene tralasciata nemmeno la questione Trump 2.0, verso cui ci si augura di rafforzare la collaborazione transatlantica, che sia “vantaggiosa per entrambe le parti, evidenziando l’interesse strategico comune di sostenere l’Ucraina”. Lo spauracchio del disimpegno da parte della nuova presidenza repubblicana spinge gli eurodeputati a cercare i rapporti più distesi possibile, perché “how long as it takes” non piace in modo uniforme a tutti.Tutti felici e guerrafondai, ma non la SinistraLa Sinistra europea ha votato compattamente contro la risoluzione, passata con 390 voti favorevoli, 135 contrari e 52 astenuti. Nessuno degli emendamenti del gruppo è riuscito a passare, incontrando l’opposizione della rinnovata ‘maggioranza Ursula’ in modo molto compatto.Si chiedeva di concentrarsi sulla fine della guerra in modo diplomatico, come lo stesso presidente Zelenskyy aveva recentemente detto, entro il 2025, limitando il contributo dell’Ue al conflitto dal punto di vista militare. Allo stesso modo negli emendamenti era stata avanzata la condanna anche alla mossa di Biden di autorizzare l’esercito di Kiev a usare i missili a lunga gittata (capaci di raggiungere bersagli a 300 chilometri di distanza).L’intento pacifista della Sinistra è stato, però, un buco nell’acqua. Amareggiato il commento su X del Movimento5Stelle Europa, parte del gruppo politico la Sinistra:Al @Europarl_IT si è votato un provvedimento immorale, che critica chi prova a cercare una soluzione negoziale in #Ucraina. Stigmatizzando il Cancelliere Scholz, che la settimana scorsa ha telefonato a #Putin in un tentativo di dialogo, facciamo un regalo ai guerrafondai.1/2— M5S Europa (@M5S_Europa) November 28, 2024Lo stigma sul cancelliere tedesco si riferisce ad un paragrafo della risoluzione in cui l’intero Parlamento europeo “deplora il recente colloquio telefonico del cancelliere tedesco con Vladimir Putin”. Il presunto intento diplomatico non è piaciuto molto ai colleghi europei e i tempi bui per Scholz (dopo le elezioni anticipate) sembrano appena essere cominciati.La risoluzione di oggi si allinea agli impegni che l’Ue ha deciso di prendere con l’Ucraina e con gli obiettivi sulla difesa che sono chiari per von der Leyen bis. Mentre l’industria della difesa preme perché si facciano investimenti su investimenti per rafforzare la posizione europea (ma soprattutto del settore), resta da vedere come l’Unione coordinerà la spesa di praticamente un intero bilancio per un Paese candidato e i propri obiettivi generali, affinché “per tutto il tempo necessario” possa essere una promessa realistica.

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    Oltre 118 miliardi, l’Ue ha già speso quasi il bilancio di un anno per l’Ucraina

    Bruxelles – L’Unione europea ha già speso quasi l’equivalente di un bilancio annuale comune in sostegno all’Ucraina. Tra aiuti comunitari e contributi dei singoli Stati membri, “l‘assistenza complessiva dell’Ue all’Ucraina e al suo popolo ammonta finora a oltre 118 miliardi di euro“, scandisce l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, nella risposta a un’interrogazione parlamentare in materia. Una cifra impressionante, se si considera che il bilancio comune per il solo 2023 è stato pari a 186,6 miliardi di euro. Aiutare il presidente ucraino Volodymir Zelensky nella sua risposta all’aggressione militare russa inizia a raggiungere proporzioni importanti, e senza precedenti. L’assistenza finanziaria da oltre 118 miliardi di euro, specifica Borrell, “include circa 43,5 miliardi di euro di sostegno militare, di cui 6,1 miliardi dal Meccanismo per la pace“. Praticamente quasi un terzo dello sforzo economico dei Ventisette a oggi è servito ad alimentare la macchina bellica ucraina, per permettere difesa e contro-attacco. Qui, precisa ancora l’Alto rappresentante, “il sostegno dell’Ue fa la differenza, ad esempio, sulla difesa aerea“.Cifre e numeri comunque parziali, e destinate ad essere aggiornate ancora. “L’Ue continuerà a sostenere l’Ucraina di fronte alla guerra di aggressione della Russia”, assicura Borrell. Una rassicurazione frutto anche dell’evoluzione di un conflitto non solo più tra Mosca e Kiev. “La Russia ha anche iniziato a utilizzare missili della Repubblica Popolare Democratica di Corea e forse presto anche quelli iraniani”, denuncia l’Alto rappresentante. Un’escalation del conflitto che non consente ripensamenti.  Quindi l’avvertimento politico ai partner di tutta l’Unione europea. Quali che siano, in prospettiva, mosse e decisioni del nuovo presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump,  l’Ue dovrà tenere il punto:“Qualsiasi soluzione che ignori l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina comporterebbe la ricompensa dell’aggressore e la legittimazione dei tentativi di ridisegnare i confini con la forza, non solo in Europa”.

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    Von der Leyen: “Dobbiamo costruire una produzione di difesa di dimensioni continentali”

    Bruxelles – Gli Stati uniti sono grandi amici, possiamo contare su di loro, ma è giunto il momento che l’Europa si doti degli strumenti per difendersi da sola, il futuro è pieno di minacce. E’ l’appello che con grande forza ha lanciato oggi la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo discorso di apertura al GLOBSEC Forum 2024 di Praga, il forum sulla sicurezza più importante dell’Europa centrale, come la presidente stessa l’ha definito.Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, per aiutare un Paese la cui prospettiva è l’adesione all’Unione, ha ribadito von der Leyen, “l’Europa ha superato la sua lunga riluttanza a spendere abbastanza per la propria difesa”. “Non sottolineerò mai abbastanza l’importanza del sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina dall’inizio di questa guerra. Ancora una volta – ha sottolineato la politica tedesca -, l’America ha difeso la libertà di tutti gli europei. Provo un profondo senso di gratitudine per questo, ma anche un profondo senso di responsabilità”.Gli Stati Uniti però da tempo stanno cercando di alleggerirsi del carico della difesa dell’Europa, e la situazione potrebbe precipitare se alle elezioni di novembre dovesse vincere Donald Trump. Dunque “proteggere l’Europa è innanzitutto un dovere dell’Europa. E se la Nato deve rimanere il centro della nostra difesa collettiva – ha spiegato von der Leyen -, abbiamo bisogno di un pilastro europeo molto più forte. Noi europei dobbiamo avere i mezzi per difenderci e proteggerci e per scoraggiare eventuali avversari”.Dall’inizio della guerra, “abbiamo già compiuto progressi senza precedenti. Gli Stati membri hanno aumentato la spesa per la difesa, passando da poco più di 200 miliardi di euro prima della guerra a quasi 300 miliardi di euro quest’anno. Anche la nostra industria della difesa si è adeguata alla nuova realtà. Abbiamo riaperto le linee di produzione. Abbiamo piazzato nuovi ordini e ridotto la burocrazia per l’industria, per produrre di più e più rapidamente”, ha ricordato la presidente della Commissione. “Ma questo non basta. La realtà è che anche se gli europei prendono sul serio le attuali minacce alla sicurezza, ci vorranno tempo e investimenti per ristrutturare le nostre industrie della difesa. Il nostro obiettivo – ha sottolineato – deve essere quello di costruire una produzione di difesa di dimensioni continentali”.Secondo la presidente “la sfida è che i piccoli Paesi e le piccole imprese imparino a pensare in grande, davvero in grande. Dobbiamo avere in mente una revisione sistemica della difesa europea. Questa è la responsabilità strategica dell’Europa, a prescindere dall’esito delle elezioni americane del 5 novembre”.Per von der Leyen “all’inizio di questo decennio, molte illusioni si sono infrante in Europa. L’illusione che la pace fosse stata raggiunta una volta per tutte. L’illusione che la prosperità potesse essere più importante per Putin rispetto ai suoi deliranti sogni di impero. L’illusione che l’Europa stesse facendo abbastanza in materia di sicurezza, sia economica che militare”.Dunque, ha concluso la presidente della Commissione “oggi non possiamo permetterci altre illusioni. La seconda metà del decennio sarà ad alto rischio. La guerra contro l’Ucraina e il conflitto in Medio Oriente hanno messo in movimento la geopolitica. Anche in Estremo Oriente la tensione è alta. Noi europei dobbiamo stare in guardia. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sulla dimensione della sicurezza in tutto ciò che facciamo”. Dobbiamo pensare alla nostra Unione come a un progetto di sicurezza intrinseco”.