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    Ungheria, l’ultima provocazione di Orbán: trattative aperte con la Russia per la produzione di Sputnik V

    Bruxelles – Non è la prima provocazione dell’Ungheria verso l’UE e non sarà l’ultima. Dopo aver somministrato il vaccino russo Sputnik V anche senza autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), Budapest compie un ulteriore passo e apre le trattative con Mosca per ottenere la licenza per la produzione del vaccino russo direttamente sul territorio ungherese. Produzione che potrebbe iniziare dalla fine del 2022, dal momento che Russia e Ungheria sono “in trattative avanzate”, ha confermato ieri (24 agosto) il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto che ha ricevuto a Budapest l’omologo russo, Sergej Lavrov. A gennaio l’Ungheria è stata il primo Paese dell’Unione europea ad autorizzare l’uso del vaccino russo, poi seguita anche dalla Slovacchia.

    🇷🇺🇭🇺 In #Budapest, Russian Foreign Minister Sergey #Lavrov held talks with Hungarian Minister of Foreign Affairs and Trade Peter Szijjarto.#RussiaHungary pic.twitter.com/o35xNyEIAo
    — MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) August 24, 2021

    Budapest si è premurata di sottolineare che senza il vaccino russo “l’Ungheria non avrebbe avuto la campagna vaccinale di maggior successo in Unione europea”, ringraziando Mosca e il governo russo per l’assistenza. In realtà, come mostrano i dati del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC) in Ungheria il 64 per cento della popolazione è completamente vaccinata, al di sotto di molti Paesi europei, mentre la media dell’intera Unione Europea è ferma al 65 per cento. L’Ungheria non solo non è tra i migliori in quanto a progressi nella campagna di vaccinazione, ma soprattutto ha anche usufruito del portafoglio di vaccini pre-acquistato dalla Commissione UE per i suoi Stati membri. Ad ogni modo, l’intenzione è quella di costruire “una fabbrica di vaccini nella città di Debrecen e produrremo lo Sputnik V”, ha spiegato Szijjarto.
    L’incontro tra omologhi è anche l’occasione per discutere di forniture di gas russo per l’Ungheria, mentre Mosca è alle prese con la fine della costruzione del gasdotto Nord Stream 2 che trasporterà gas russo in Germania e in Europa. Secondo Reuters, il ministro ungherese ha espresso l’intenzione di firmare un nuovo accordo di fornitura di gas naturale di 15 anni con la compagnia russa Gazprom quest’anno, con il prezzo e la flessibilità da stabilire già nelle prossime settimane. “Spero di poter firmare il nuovo contratto di fornitura di 15 anni quest’autunno con buone condizioni”, ha detto Szijjarto. L’omologo russo Levrov ha fatto eco, ribadendo che la cooperazione tra Russia e Ungheria è a livelli mai raggiunti, mentre quella di Mosca e Bruxelles è forse ai minimi storici.

    La licenza per la produzione del vaccino russo nella città ungherese di Debrecen al centro dei colloqui tra il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto e l’omologo russo, Sergej Lavrov. Mosca e Budapest in trattative “avanzate”, la produzione potrebbe iniziare a fine 2022. Discusse anche le forniture di gas russo

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    Covid, Cina rifiuta l’indagine sull’origine della pandemia. Appello dal mondo della scienza: “Cambi idea”

    Bruxelles – La Cina dice ‘no’ al piano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di avviare una seconda fase di un’indagine sull’origine del Coronavirus ed ecco che il mondo della scienza si mobilita per convincere Pechino a cambiare idea. Unione europea, Australia, Stati Uniti e Giappone: l’appello arriva da qui, con la commissaria per l’Innovazione e la Ricerca, Mariya Gabriel, a farsi portavoce per Bruxelles insieme alla dottoressa capo scienziato australiano, Cathy Foley, a Eric Lander, Direttore dell’Ufficio per le politiche scientifiche e tecnologiche statunitense nominato da Joe Biden, al dottor Ueyema Takahiro, Membro Esecutivo del Consiglio per la Scienza, la tecnologie e l’innovazione del Giappone e a Matsumoto Yoichiro e Kano Mitsunobu, consiglieri per il ministro degli Esteri giapponese.
    Insieme chiedono a Pechino di “riconsiderare la decisione di non impegnarsi nella proposta dell’OMS di portare lo studio sulle origini del COVID alla fase successiva. La partecipazione della Cina è di importanza critica per il mondo”, si legge nella lettere pubblicata dalla commissaria bulgara.

    I join Dr. Cathy Foley, 🇦🇺 Chief #Scientist; 🇺🇸 @EricLander46; Dr. UEYEMA Takahiro, Executive Member, Council for #Science, #Technology, and #Innovation of 🇯🇵; and Drs. MATSUMOTO Yoichiro and KANO Mitsunobu, S&T Advisors to the 🇯🇵 Foreign Minister on the below letter 👇 pic.twitter.com/VLNGiaNnkY
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) July 27, 2021

    L’OMS questo mese ha proposto una seconda fase di studi sulle origini del coronavirus in Cina, con analisi dei laboratori e dei mercati nella città di Wuhan, dove il primo focolaio è stato osservato ormai più di un anno fa, chiedendo trasparenza alle autorità cinesi. Una proposta che trova il consenso delle sette più grandi economie al mondo del G7 che un mese fa chiedevano una nuova “indagine trasparente e decisiva” per capire il perché dello sviluppo del virus, che da oltre un anno attanaglia l’Europa e il mondo. Non è difficile immaginare che si voglia smentire chi sostiene la tesi di una fuga del virus dal laboratorio cinese di Wuhan, da dove la pandemia ha avuto inizio, secondo l’OMS le indagini già compiute in Cina erano ostacolate dalla mancanza di dati grezzi nei primi giorni di diffusione del virus e per questo è necessario approfondire.
    “Non accetteremo un tale piano di tracciamento delle origini poiché, in alcuni aspetti, ignora il buon senso e sfida la scienza”, ha detto ai giornalisti Zeng Yixin, vice ministro della Commissione nazionale per la salute (NHC). Pechino si oppone a una politicizzazione di questa analisi, in altri termini. Secondo Reuters, Zeng avrebbe ribadito la posizione della Cina secondo cui alcuni dati non potrebbero essere completamente condivisi a causa di problemi di privacy. “Speriamo che l’OMS riesamini seriamente le considerazioni e i suggerimenti degli esperti cinesi e tratti veramente lo studio dell’origine del virus COVID-19 come una questione scientifica e si liberi delle interferenze politiche”.

    “La partecipazione di Pechino alle indagini è di cruciale importanza per il mondo”, scrivono la commissaria europea Mariya Gabriel insieme a scienziati o consiglieri scientifici di Stati Uniti, Australia e Giappone per convincere il governo. La Cina parla di strumentalizzazione politica delle indagini in corso da parte dell’OMS, che invece lamenta la mancanza di dati grezzi nei primi giorni di diffusione del virus a Wuhan

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    COVID, Boris Johnson annuncia la fine delle restrizioni dal 19 luglio: “Ecco il piano per convivere con il virus”

    Bruxelles – La variante delta del Coranavirus spaventa l’Unione Europea, ma non a sufficienza il Regno Unito che si prepara ad allentare le restrizioni nonostante il numero dei contagi nel Paese stia risalendo. Il premier britannico Boris Johnson ha annunciato oggi (5 luglio) la revoca della maggior parte delle restrizioni in Inghilterra a partire dal 19 luglio, un “piano di convivenza” con il virus per la ripartenza che è stato anticipato oggi ma che sarà formalmente confermato con una decisione la prossima settimana (il 12 luglio).
    Al netto di cambi di programma, dal 19 luglio in Inghilterra saranno rimosse tra le altre cose le restrizioni sui contatti sociali, il suggerimento di lavorare da casa e soprattutto l’obbligo di indossare le mascherina al chiuso, che rimarrà volontario (tranne che nei luoghi di pubblica sicurezza, come gli ospedali).
    Inizialmente la revoca delle restrizioni era fissata al 21 giugno, ma lo stesso Johnson a margine del G7 in Cornovaglia (12-13 giugno) aveva detto di voler essere “cauto” nell’allentare le restrizioni proprio a causa della grande diffusione della variante “delta”, riscontrata per la prima volta in India e poi diffusa copiosamente nel Regno Unito. La data di fine giugno prevista dalla roadmap inglese è saltata, ma sembra che Johnson non sia disposto a ritardare oltre, nonostante le critiche di vari consulenti scientifici del governo. “Ci sono due ragioni per cui abbiamo deciso di rimandare la riapertura: volevamo fare progressi con le vaccinazioni e volevamo avere dati consolidati sulla variante e i vaccini”, spiega in conferenza stampa.

    Sebbene i contagi siano di nuovo in aumento da inizio giugno, come si vede nel grafico a destra, secondo il governo britannico la maggior parte dei ricoveri è tra persone che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino. Sono le vaccinazioni ad essere la chiave per evitare il sovraccarico dei sistemi sanitari, ma è soprattutto la seconda dose ad essere fondamentale: come evidenziato dai test sulla variante delta, si è protetti efficacemente solo dopo aver completato il ciclo di vaccinazione. Nel Regno Unito oltre il 50 per cento della popolazione ha ricevuto la doppia dose di vaccino, l’86 per cento ne ha almeno una: secondo Johnson, per il 19 luglio “tutta la popolazione adulta avrà la possibilità di essere vaccinata con almeno una dose, mentre due terzi con la doppia”. I vaccini stanno “drasticamente abbassando la mortalità da COVID”, dice ottimista.
    Quello annunciato da Johnson è “un piano di convivenza con il virus”, per bilanciare i rischi connessi alle riaperture. Intanto, bisogna continuare con la vaccinazione, il governo ha stabilito che anche le persone sotto i 40 anni potranno ricevere la loro seconda dose 8 settimane dopo la prima, anziché  dover aspettare le attuali 12 settimane.
    Via le ‘restrizioni legali’ perché il governo farà affidamento sulla responsabilità individuale delle persone per affrontare la pandemia: Johnson ha confermato la fine dell’obbligo di indossare la mascherina anche al chiuso, l’obbligo di osservare il distanziamento sociale, sarà abolito il limite di sei persone presenti allo stesso tempo nelle abitazioni private, potranno riaprire tutte le attività economiche ancora chiuse, comprese le discoteche, ed è abolita l’indicazione di lavorare da casa se possibile. Non sarà necessario esibire un Certificato di vaccinazione per partecipare agli eventi.  Domani saranno annunciate nuove misure anche per il sistema scolastico e sempre entro la fine della settimana sono previste nuove misure sui controlli dei viaggi nel Paese per chi è pienamente vaccinato. Le regole sono applicabili solo all’Inghilterra, mentre Scozia, Galles e Irlanda del Nord seguiranno le decisioni dei propri governi.

    Via l’obbligo di mascherine al chiuso e stop al distanziamento sociale: il premier britannico detta il piano per rimuovere le restrizioni, nonostante la variante delta abbia fatto impennare di nuovo i contagi. Le regole valide solo in Inghilterra, mentre Scozia, Irlanda del Nord e Galles decideranno in autonomia

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    COVID: l’UE riapre ai viaggi non essenziali dagli Stati Uniti, anche ai turisti non vaccinati

    Bruxelles – Gli Stati Uniti entrano nella lista dei Paesi extra UE per i quali le restrizioni ai viaggi in Unione Europea dovrebbero essere revocate. Oggi (18 giugno) il Consiglio dell’UE ha aggiornato l’elenco – che viene rivisto ogni 14 giorni – sulla base dell’accordo degli ambasciatori dei 27, trovato durante la riunione del Coreper di mercoledì 16 giugno.
    I viaggi non essenziali sono stati vietati nell’UE dopo lo scoppio della pandemia di Coronavirus per evitare ulteriori contagi. Tuttavia, la situazione migliora e i viaggiatori provenienti dagli Stati Uniti possono essere ammessi nell’UE, anche per ragioni non essenziali e se non vaccinati grazie alla migliorata situazione epidemiologica interna. Per essere nella lista un paese deve registrare meno di 75 casi di Covid-19 al giorno ogni 100 mila abitanti registrati negli ultimi 14 giorni.
    Insieme agli USA, nella lista sono stati aggiunti anche Albania, Libano, Nord Macedonia, Serbia, Taiwan, Hong Kong e Macao, che si vanno ad aggiungere a quelli già inclusi (Giappone, Australia, Israele, Nuova Zelanda, Ruanda, Singapore, Corea del sud e Thailandia e Cina, che è l’unico Paesi extra UE con asterisco perché è richiesta una condizione di reciprocità). Gli Stati Ue devono consentire l’accesso dentro i confini europei, ma possono continuare ad applicare e richiedere a chi entra in UE ulteriori restrizioni per entrare come tamponi, quarantene o isolamento.

    Le condizioni epidemiologiche migliorano e il Consiglio aggiorna lista Paesi terzi per i quali togliere gradualmente le restrizioni a viaggi, anche per viaggi non essenziali e per chi non è ancora vaccinato. Insieme agli USA aggiunti anche Albania, Libano, Nord Macedonia, Serbia, Taiwan, Hong Kong e Macao

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    COVID, leader G7 pronti a chiedere all’Oms un’indagine trasparente sulle origini della pandemia

    Bruxelles – Le sette economie (occidentali) più grandi al mondo pronte a discutere di lotta globale al Coronavirus e ripresa economica, di come affrontare al meglio le crisi del futuro ma anche a guardare al passato, per capire come questa pandemia è scoppiata. “Ci serve tutta la trasparenza possibile per imparare la lezione. Capire l’origine della diffusione del Coronavirus è della massima importanza per capire come affrontarne le conseguenze”, spiegano all’unisono i presidenti di Commissione e Consiglio europeo – Ursula von der Leyen e Charles Michel – in una conferenza stampa questa mattina (10 giugno) per presentare le priorità dell’UE al vertice G7 che partirà domani in Cornovaglia, a Carbis Bay (11-13 giugno).
    I leader di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea si incontreranno in presenza per la prima volta sotto la guida di Londra e del premier Boris Johnson, che nel 2021 è presidente di turno del G7. Focus come sempre su Salute globale e ripresa economica dalla crisi, ma anche impegno globale sul cambiamento climatico, la riaffermazione dei valori democratici in chiave anti-Russia e Cina, la ricerca di stabilità e sui passi avanti compiuti sulla tassazione globale.
    Joe Biden
    La pandemia slitterà in cima all’agenda, con tre priorità: la campagna per una distribuzione globale dei vaccini anche ai Paesi che non li producono e non possono permettersi di comprarli ai prezzi pagati dall’UE (“le economie del G7 sono anche i più grandi produttori di vaccini al mondo”, ricorda Michel), capire come rendersi più resilienti alle future crisi globali e, infine, la richiesta all’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) di una indagine trasparente e decisiva per capire il perché dello sviluppo del virus, che da oltre un anno attanaglia l’Europa e il mondo. La richiesta mette d’accordo tutti e sette i leader e segue la decisione del presidente americano, Joe Biden, di allargare l’inchiesta sulla pandemia. Non è difficile immaginare che si voglia smentire chi sostiene la tesi di una fuga del virus dal laboratorio cinese di Wuhan, da dove la pandemia ha avuto inizio. “Gli investigatori hanno bisogno dell’accesso completo a tutto ciò che è necessario per trovare davvero l’origine di questa pandemia”, ha spiegato von der Leyen.
    Tempo per un primo approccio tra UE e amministrazione di Biden anche sulla questione vaccini e sospensione dei brevetti, che sarà discussa a luglio in sede di Organizzazione mondiale del commercio. Al 10 giugno “più del 50% degli europei adulti ha ricevuto almeno un’iniezione e 100 milioni di europei sono completamente vaccinati”. Un traguardo raggiunto senza mai smettere di esportare, vuole sottolineare la presidente della Commissione fornendo qualche cifra: 700 milioni di dosi prodotte, 350 milioni di dosi esportate in 90 paesi.
    L’invito anche agli altri partner del G7 a mostrare apertura in questo senso, verso le esportazioni delle dosi in più. Si discuterà inoltre di come aumentare la capacità tecnologica e produttiva in Africa ma anche America Latina, spiega Michel. Secondo i due presidenti dell’UE, l’aumento della capacità produttiva è fondamentale non solo per affrontare il coronavirus, ma anche per prepararli alle prossime crisi e allo sviluppo di tecnologie adeguate per affrontarle. Non solo origine del virus, spazio anche per discutere di come meglio affrontare il futuro per le prossime crisi. I leader faranno un punto sul trattato per le future pandemie proposto dal presidente del Consiglio europeo e a cui per ora hanno aderito 60 Paesi, spiega Michel.

    Lotta globale alla pandemia, politica estera, cambiamento climatico e progressi sulla tassazione globale: queste le priorità dei leader di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea che si incontreranno dall’11 al 13 giugno in Cornovaglia

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    COVID e vaccini, UE: “Da G7 e vertice con Biden sforzo condiviso per superare la crisi economica e sanitaria nel mondo”

    Bruxelles – Dalla distribuzione dei vaccini ai paesi poveri, al superamento della crisi economica innescata dalla pandemia. Dagli impegni globali sul clima a quelli su una rivoluzione digitale in chiave antropocentrica. A Bruxelles fervono i preparativi per gli appuntamenti internazionali del G7 (11-13 giugno) e del vertice in presenza UE-USA (15 giugno) ospitato da Ursula von der Leyen e Charles Michel che hanno come comune denominatore proprio il rilancio di un partenariato transatlantico forte per affrontare le sfide del mondo contemporaneo. Sarà il primo viaggio del presidente USA, Joe Biden, nel Vecchio Continente, da quando è stato eletto a gennio.
    “Una buona occasione per riaffermare i nostri impegni e per andare ancora più lontano”, riassume la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in un confronto con la plenaria del Parlamento europeo (9 giugno) che ha fatto ritorno a Strasburgo. “Un’ottima opportunità per mostrare che la nostra rinnovata alleanza transatlantica è lì per la gente, sia negli Stati Uniti che in Europa”, aggiunge. Innanzitutto, serve un approccio comune alla crisi sanitaria e alla equa distribuzione dei vaccini a chi non può permettersi di comprarli. La proposta di Bruxelles è nota: aumentare le esportazioni delle dosi eccedenti; aumentare la produzione, non solo in Europa, ma anche in Africa. E infine, “vogliamo assicurare il necessario trasferimento di tecnologia e know-how nelle emergenze”. Bruxelles punta sulle licenze obbligatorie, che in tempi di emergenza “possono essere uno strumento legittimo per aumentare la produzione dove la cooperazione volontaria fallisce”. Cercherà un’alleanza con Biden in sede di Organizzazione mondiale del commercio (OMC), Biden che dopo aver proposto la sospensione dei brevetti ancora non ha avanzato ancora una proposta concreta.
    Ana Paula Zacarias
    La missione della riunione del G7 è sostenere “l’agenda per l’azione globale basata sul multilateralismo”, ha ricordato anche Ana Paula Zacarias, ministra degli Affari Europei portoghese, in qualità di presidente di turno del Consiglio. “Ci vuole collaborazione, soprattutto per colmare il divario tra chi può e non può permettersi di accedere ai vaccini. Le economie del G7 devono condividere questo sforzo”, ha aggiunto ricordando il ruolo che avrà un partenariato transatlantico forte per risolvere le sfide globali.
    Non solo distribuzione dei vaccini. Al G7, le grandi economie del mondo discuteranno anche dell’impatto economico della crisi della COVID-19, in particolare per alcuni dei paesi più poveri del pianeta. “Perché la nostra ripresa deve funzionare per tutti”, spiega la presidente della Commissione, citando le cifre delle Nazioni Unite secondo cui almeno “34 milioni di persone sono a rischio di carestia”. Dobbiamo invertire questa tendenza e rafforzare i sistemi alimentari mondiali”. Ecco perché l’UE, durante il G7, si è impegnata a fornire un nuovo aiuto umanitario di 250 milioni di euro per combattere la fame, ad esempio nella regione del Sahel e dell’Africa dell’Est. “Regioni duramente colpite dalle conseguenze economiche della pandemia e dal cambiamento climatico”.
    Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis
    Ma il G7 e anche il vertice con Biden sarà anche un’opportunità per discutere di alleanza tra le democrazie (Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Giappone, Germania, Francia e Italia, più l’UE)  sul fronte del digitale (“lanceremo una dichiarazione congiunta sull’e-commerce”, anticipa il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis) e sul clima. “Cercheremo impegni importanti sul clima in vista della COP26 di Glasgow che si terrà a novembre”, sottolinea il vicepresidente nel suo intervento in plenaria. Impegni chiari, seguiti da azioni altrettanto chiare. L’UE cerca un allineamento con il G7 e gli Stati Uniti sul clima, spiega von der Leyen. “Con gli Stati Uniti faremo crescere la nostra relazione comune di commercio e investimenti a sostegno della trasformazione verde e digitale delle nostre economie”.
    “È essenziale che la cooperazione internazionale si estenda a tanti settori, come la sfida della vaccinazione”, ricorda la capogruppo S&D, Iratxe Garcia Perez, convinta che la “sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini non può più attendere”. L’Europarlamento voterà oggi sulla possibile sospensione dei brevetti sul vaccino, nonostante la Commissione abbia trasmesso una proposta diversa all’OMC. “Dobbiamo lavorare insieme e capire che il nostro potere deriva dalla nostra unità e dai nostri valori”. “Servono non solo belle parole, ma parole concrete”, richiama anche Ska Keller, co-presidente dei Verdi europei, che pone l’accento anche sulla necessità di maggiore ambizione in ambito climatico. ” Ci aspettiamo di più in vista della COP26 di Glasgow”. Per Marco Zanni, eurodeputato della Lega e presidente del gruppo Identità e Democrazia, l’UE dovrà sfruttare il G7 come “un’occasione di ascolto, apprendimento e analisi di alcuni errori strategici che purtroppo Bruxelles ha commesso su temi molto importanti e che sarà bene correggere in futuro”. In primis, i suoi rapporti con il Regno Unito e con l’amministrazione statunitense.

    L’UE si prepara agli appuntamenti internazionali con la nuova amministrazione USA, prima il G7 in Cornovaglia (11-13 giugno) e poi il summit UE-USA (15 giugno) a Bruxelles. Focus su distribuzione dei vaccini nel mondo, ripresa economica ma anche alleanza sulle transizioni verde e digitale. “Un’ottima opportunità per mostrare che la nostra rinnovata alleanza transatlantica è lì per le persone, sia negli Stati Uniti che in Europa”, annuncia Ursula von der Leyen all’Europarlamento

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    La guerra mondiale al Covid 19. Dal Global Health Summit di Roma la strategia per prepararsi alle future pandemie

    Roma – “Gli obiettivi che abbiamo in questo vertice sono tre: mettere sotto controllo la pandemia, assicurare che i vaccini arrivino a tutti ovunque e prepararci e prevenire le future crisi sanitarie”. Ursula von der Leyen apre così il Global Health Summit di Roma insieme a Mario Draghi, accogliendo seppur a distanza, una ventina di capi di stato e di governo, le principali organizzazioni internazionali e sanitarie mondiali per l’evento organizzato a Villa Pamphilj nell’ambito della presidenza italiana del G20. “Dobbiamo vaccinare il mondo e farlo velocemente” dice il premier italiano, “la cooperazione internazionale sarà importante anche nel futuro. Dobbiamo capire cosa è andato storto e prepararci alle crisi future”.
    Villa Pamphilj, sede del Global Health Summit – Roma
    Prima del tavolo tra i capi di stato e di governo, il summit è stato aperto dai contributi di scienziati, medici, filantropi ed economisti. Le conclusioni saranno firmate nel pomeriggio con la dichiarazione di Roma ma la presidente della Commissione ha anticipato che il Team Europe punta a donare 100 milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19 ai Paesi a medio e basso reddito entro la fine del 2021”.
    Dalla pandemia abbiamo imparato la lezione che “abbiamo bisogno gli uni degli altri” ha detto von der Leyen, e “se oggi abbiamo una speranza lo dobbiamo alla comunità scientifica, a uomini e donne che hanno dedicato la loro vita alla scienza”. E a questo proposito il panel di scienziati ha già inviato il suo messaggio “per un accesso universale alle risorse, perché nessun Paese sarà al sicuro fino a quando tutti i Paesi non lo saranno”. Si tratta di un decalogo con l’indicazione delle azioni necessarie per metter fine alla pandemia e assicurare una migliore preparazione in vista delle future minacce.
    Sul fronte dei vaccini le aziende produttrici intervenute al summit hanno assicurato un ulteriore sforzo di produzione che arriva fino a 2,6 miliardi di dosi tra questo e il prossimo 2022, destinati ai Paesi più poveri e al programma Covax. Un impegno confermato dalla presidente von der Leyen che ha spiegato come “le licenze volontarie sono il miglior modo per assicurare il necessario trasferimento di tecnologie e know-how, insieme ai diritti di proprietà intellettuale”.
    Riguardo ai brevetti il premier Draghi ha confermato che l’Italia è favorevole alla proposta della sospensione “purché sia temporanea, mirata e non mini gli sforzi innovativi delle compagnie farmaceutiche”. Tuttavia ha proseguito che “questo non risolve perché non garantisce che i Paesi a basso reddito siano effettivamente in grado di produrre i propri vaccini. Dobbiamo sostenerli finanziariamente e con competenze specializzate”. Poi ha insistito sulle esportazioni libere mandando un messaggio ai partecipanti al summit: “L’UE  ha esportato circa 200 milioni di dosi di vaccini Covid-19 in 90  paesi, circa la metà della sua produzione totale. Tutti gli Stati devono fare lo stesso”.

    A Roma il vertice mondiale della salute per combattere la pandemia. Focus sui vaccini: pormessi 2,6 miliardi di dosi per i Paesi poveri. Draghi: “favorevoli alla sospensione dei brevetti ma bisogna produrre di più e trasferire tecnologie”

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    Strategia anti Covid globale. Dalla conferenza per l’Africa via i brevetti sui vaccini

    Roma – Un new deal per l’Africa e come primo impegno i vaccini. Il vertice di Parigi poteva essere solo l’ennesimo incontro di sole buone intenzioni ma questa volta potrebbe sortire qualcosa di più concreto. In prima battuta sulla questione dei sullo stop temporaneo ai brevetti che i partecipanti hanno sottoscritto. E’ la vittoria del presidente francese Emmanuel Macron che ha chiamato a raccolta i principali capi di Stato e di governo africani e dei Paesi occidentali, e i vertici di ONU, UE e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali.
    Incontro ibrido, per la gran parte da remoto ma che Mario Draghi ha voluto onorare in presenza. “L’Europa e gli Stati Uniti hanno risposto alle devastazioni della pandemia” con finanziamenti all’economia e garantendo la vaccinazione per tutti. “In Africa non c’è nulla di tutto questo – ha detto il premier italiano – con questo summit dobbiamo cominciare a organizzare una risposta dello stesso tipo”.

    Una risposta mondiale che “sosterremo nel G20 e nelle istituzioni multilaterali”, proposte che vanno dalle ristrutturazioni dei debiti alla questione dei vaccini” ha aggiunto Draghi. L’iniziativa del presidente Usa Joe Biden sui brevetti non è per nulla tramontata almeno per gli obiettivi di Parigi. “Sosteniamo i trasferimenti di tecnologie e la richiesta all’Oms, all’Omc e a Medicines Patent Pool (il comitato dell’Onu per la medicina salvavita) di togliere tutti gli obblighi in termini di proprietà intellettuale che ostacolano la produzione di qualsiasi tipo di vaccino”, ha detto Macron al termine del vertice.
    Al summit hanno partecipato anche la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio Charles Michel e la direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. “Abbiamo concordato l’obiettivo di raggiungere il 40 per cento di persone vaccinate nel continente africano entro il 2021 – ha detto la leader del FMI – e del 60 per cento entro metà del 2022, riallocando 500 milioni di dosi in eccesso e aumentando la produzione fino a un miliardo per il prossimo anno”.
    In sostanza, da parte di tutti i partecipanti c’è la consapevolezza che non ci sarà ripresa economica senza una strategia globale anti Covid. Tutto ciò ha portato anche alle altre proposte della moratoria sul debito dai Paesi del G20 per il 2020 e il 2021 a cui si aggiunge un quadro comune di consolidamento per la ristrutturazione del debito. Fondo monetario, l’Agenzia internazionale per lo sviluppo dei paesi poveri e i partecipanti del club di Parigi hanno poi concordato di mobilitare diritti speciali di prelievo (le riserve del paniere di valuta estera utilizzate dal FMI in momenti di crisi) fino a 650 miliardi di dollari per finanziare investimenti pubblici e privati.
    Impegni che anche i rappresentanti degli Stati africani hanno definito come “un cambio di paradigma” nelle politiche economiche delle grandi potenze. “Per la prima volta l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina insieme decidono di trattare le loro relazioni con l’Africa” – ha detto il presidente della Repubblica del Congo e dell’Unione africana Felix Tshisekedi – le conclusioni non resteranno lettera morta ma saranno il punto di partenza per promuovere un cambiamento”.

    Macron a Parigi convince tutti per rilanciare l’iniziativa di Biden. Draghi: In Africa dobbiamo rispondere come abbiamo fatto in Europa e negli Stati Uniti. Tra gli impegni anche la ristrutturazione del debito