Dall’industria all’agricoltura. Rischi e opportunità dell’allargamento Ue per l’economia italiana
Bruxelles – Non è solo una questione politica, ma è soprattutto un tema che interessa il futuro assetto dell’Unione Europea anche sul piano economico e commerciale. L’allargamento Ue è tornato da più di un anno e mezzo – da quando la Russia ha iniziato la guerra di aggressione in Ucraina – in cima all’agenda dei Ventisette e dopo il cruciale Consiglio Europeo del 14-15 dicembre in cui i leader dell’Unione hanno deciso di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova (con la Bosnia ed Erzegovina con riserva) e di concedere lo status di Paese candidato alla Georgia, il comparto economico italiano inizia a considerare rischi e opportunità future di questo processo. Con particolare attenzione al peso massimo dell’allargamento Ue, l’Ucraina.“Il nostro auspicio è che Paesi come l’Ucraina e quelli dei Balcani Occidentali, una volta raggiunti i prerequisiti e completati i passi necessari per l’adesione, possano presto entrare nell’Unione Europea“, sottolinea il Delegato del Presidente di Confindustria per l’Europa, Stefan Pan, contattato da Eunews. Confindustria rimane cauta sulle prospettive dell’allargamento Ue, ma riconosce la necessità di “riflettere sul futuro funzionamento delle istituzioni europee, che già ora avrebbero bisogno di un cambiamento nella governance” sia sul piano dell’efficacia dei processi decisionali sia per “rispondere meglio alle esigenze con cui si confronta il sistema Europa”, spiega Pan. Più nello specifico il comparto industriale italiano guarda a come l’allargamento Ue potrebbe incidere sul piano istituzionale, sulle politiche europee e a livello di bilancio: “Per questo servono riforme accompagnate da analisi approfondite, che tengano conto di tutti i diversi aspetti coinvolti e che rendano l’Unione idonea ad affrontare le sfide dei prossimi anni”.Anche il responsabile dell’ufficio di rappresentanza di Coldiretti a Bruxelles, Paolo Di Stefano, mette in chiaro che “ci sono diversi elementi da considerare”, dal Mercato interno al bilancio Ue fino ai tempi dei negoziati. È soprattutto l’Ucraina sotto la lente, considerate le dimensioni (quasi 44 milioni di abitanti) e la struttura agricola “completamente diversa” da quella del resto d’Europa: “A fronte di dimensioni medie di 12/13 ettari della superficie occupata dalle aziende agricole europee, in Ucraina sale fino a 400 ettari”. Come fa notare a Eunews Di Stefano, Kiev “dovrà adattarsi agli standard produttivi europei, come sulla sicurezza alimentare, ambientale e dei consumatori”, perché un’Europa allargata “può essere un’opportunità”. Anche se al momento non si possono nascondere le “preoccupazioni economiche” legate all’allargamento Ue, a partire dal bilancio dell’Unione: “Come mostrato dal Segretariato generale del Consiglio, con le regole attuali di bilancio l’ingresso dell’Ucraina avrebbe un impatto notevole sui fondi della Politica Agricola Comune“. Si parla di una “riduzione complessiva del 20 per cento per le assegnazioni agli Stati membri” e “l’Italia, che è già un Paese contributore netto, dovrà aumentare i contributi“. Di fronte a queste preoccupazioni Coldiretti chiede “scelte importanti e coraggiose sul bilancio Ue” ma anche negoziati che “non creino troppi scompensi al mercato e alla protezione delle aziende agricole della ‘vecchia’ Europa”, è l’esortazione di Di Stefano.A tirare le fila del discorso, in una conversazione con Eunews sulle prospettive future dell’allargamento Ue per l’economia italiana e per l’assetto europeo, è l’eurodeputato Massimiliano Salini (Forza Italia), membro sostituto della commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia (Itre). “L’allargamento Ue in quanto tale è un fatto positivo, perché è un segno di solidità del progetto europeo, ma per come è configurata oggi e per lo stato di salute, l’Unione sembra tutt’altro che pronta a un nuovo allargamento“. Ecco perché in primis “non c’è futuro politico senza una Costituzione, poi bisogna stabilire di cosa si deve occupare l’Ue a livello di bilancio” e infine si può “intervenire su governance e riforma dei Trattati”. Se questo è l’aspetto politico/istituzionale che interessa tutti i Ventisette, a livello economico nazionale “per l’Italia ci sono solo vantaggi dall’allargamento Ue, in quanto Paese esportatore con una manifattura brillante“. Salini riconosce sì che “alcuni settori hanno preoccupazioni legittime, come quello agricolo, per cui serve una valutazione”, ma nel suo complesso “l’Italia ne avrebbe solo da guadagnare” se si considera il maggiore spettro di Paesi “a cui rivolgere i propri prodotti senza ostacoli determinati da confini e dazi, la libera circolazione delle merci è sicuramente un fatto positivo”.A che punto è l’allargamento UeSui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e l’ultimo Consiglio Europeo di dicembre ha deciso che potranno essere avviati i negoziati di adesione “una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione”. Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Di nuovo seguendo la raccomandazione contenuta nel Pacchetto Allargamento Ue, il vertice dei leader Ue del 14-15 dicembre ha deciso di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles. LEGGI TUTTO