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    Ucraina, la nuova proposta dell’Ue per i rifugiati: protezione fino al 2027 e supporto per un ritorno sicuro

    Bruxelles – La protezione 4,3 milioni di rifugiati ucraini in Europa si trova oggi a un bivio, tra la necessità di offrire continuità e quella di preparare un futuro diverso. Dopo oltre tre anni di guerra in Ucraina, la Commissione europea propone di estendere per un altro anno la protezione temporanea, mantenendo gli stessi diritti, ma avviando nel contempo un piano per una graduale transizione verso forme di sostegno più durature o il ritorno sicuro in Ucraina.Allo scoppio del conflitto l’Unione Europea ha reagito immediatamente, attivando già nel marzo 2022 la misura eccezionale che ha permesso agli ucraini fuggiti dalla guerra di avere accesso immediato a diritti come residenza, lavoro, assistenza sociale e sanitaria in tutti gli Stati membri. L’ha poi prorogata, ogni anno, di fronte al perdurare della guerra. Oggi (4 giugno) la Commissione propone di prolungare questa tutela fino al marzo 2027, assicurando così stabilità a chi è costretto a vivere lontano da casa. “La nostra solidarietà verso l’Ucraina e i suoi cittadini rimane salda”, ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione: “Continueremo a offrire protezione a chi scappa dalla guerra e, al contempo, prepariamo le condizioni per un futuro in cui il ritorno sicuro e dignitoso sarà possibile”.L’estensione della protezione temporanea è accompagnata da una strategia più ampia che tiene conto delle esigenze di lungo termine. La Commissione invita infatti gli Stati membri a coordinarsi per facilitare una transizione graduale verso altre forme di status legale, come permessi di lavoro o di studio, per chi ha iniziato a integrarsi nei Paesi ospitanti. Questo approccio mira a evitare l’insicurezza e la frammentazione, offrendo ai rifugiati prospettive più solide. Allo stesso tempo, viene promossa l’idea di programmi che favoriscano il ritorno volontario e sicuro in Ucraina, in stretta collaborazione con le autorità locali. Si prevede la possibilità per i rifugiati di effettuare visite esplorative nel Paese per valutare le condizioni reali, mentre saranno creati centri di supporto, chiamati “Unity hubs“, con informazioni e assistenza sia per chi resta in Europa sia per chi sceglie di tornare. Henna Virkkunen, vicepresidente esecutiva per Sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia, ha spiegato che “estendere la protezione temporanea è un segnale di solidarietà e impegno europeo. Tuttavia, è altrettanto importante preparare una gestione coordinata della fase successiva, tra reinserimento e integrazione”.Il commissario per gli Affari interni Magnus Brunner ha ricordato come siano milioni gli ucraini che hanno trovato rifugio e opportunità nell’Ue negli ultimi anni, e come sia importante offrirgli le possibilità per ricostruire il proprio Paese una volta raggiunta una condizione di stabilità duratura. Per evitare squilibri, la Commissione raccomanda una migliore condivisione dei rifugiati e l’eliminazione di permessi di soggiorno doppi. Questo aiuterà a gestire più efficacemente i flussi e a offrire risposte più coordinate. I programmi di ritorno volontario sono stati progettati per garantire che il rientro sia sicuro e dignitoso, con particolare attenzione alle categorie vulnerabili e alle famiglie. Gli “Unity Hubs” saranno punti di riferimento essenziali, a Berlino, Praga e Alicante, dove i rifugiati potranno ricevere supporto sia per la vita in Europa sia per il rientro in Ucraina. L’Unione Europea si impegna inoltre a mantenere aperti i canali di comunicazione e scambio dati tra Stati membri e con l’Ucraina tramite piattaforme dedicate, garantendo un monitoraggio costante della situazione e la possibilità di adeguare la risposta alle evoluzioni sul terreno.Per Kiev il ritorno non è solo una questione simbolica, ma una necessità economica. Il vice primo ministro ucraino, Oleksandr Chernyshev, ha parlato chiaramente della necessità di programmi strutturati per favorire un rientro volontario e sostenibile per garantire supporto pratico e informazioni sui servizi disponibili in patria, dalla scuola al lavoro. “Abbiamo bisogno dei nostri cittadini per ricostruire l’economia”, ha detto Chernyshev, aggiungendo che l’Ucraina avrà bisogno di almeno 4 milioni di persone in più nel mercato del lavoro per raddoppiare il Pil nei dieci anni successivi alla fine della guerra.La palla ora passa al Consiglio, che dovrà formalmente approvare la proposta di proroga e le linee guida per la gestione coordinata della protezione e del futuro dei rifugiati ucraini in Europa.

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    Cipro, Johannes Hahn sarà l’inviato speciale Ue per la riunificazione dell’isola

    Bruxelles – La Commissione Europea ha nominato Johannes Hahn, ex Commissario europeo, come Inviato speciale per Cipro. La scelta, annunciata ieri (14 maggio), rappresenta un rinnovato impegno dell’Ue nel sostenere un processo di pace duraturo sull’isola, nel quadro delle Nazioni Unite. Hahn riferirà direttamente alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e collaborerà strettamente con l’Inviata personale del Segretario generale dell’Onu per Cipro, María Ángela Holguín Cuéllar.Cipro è divisa in un nord turco-cipriota e un sud greco-cipriota dal 1974, quando le forze turche invasero l’isola in risposta a un colpo di Stato sostenuto dalla Grecia. Ankara non riconosce la Repubblica di Cipro, un paese membro dell’Ue che è invece riconosciuto a livello internazionale come unica autorità sovrana sull’intera isola. Il nord turco-cipriota è riconosciuto solo dalla Turchia. Il presidente cipriota Nikos Christodoulides, in un post su X, ha accolto con favore la nomina di Hahn, sottolineando che rappresenta “Una prova concreta che l’Ue è fermamente e risolutamente al fianco di Cipro e del suo popolo”.L’incarico dell’Inviato speciale, che avrà una durata iniziale di un anno, sarà quello di facilitare il dialogo tra le parti coinvolte, promuovere misure di fiducia reciproca e creare le condizioni per la ripresa dei negoziati intercomunitari, da tempo in stallo. Johannes Hahn porta con sé una lunga esperienza istituzionale: ha ricoperto per tre mandati consecutivi il ruolo di Commissario europeo, occupandosi di Politica Regionale, Allargamento e, più recentemente, Bilancio e Amministrazione. Oltre agli incarichi presso la Commissione, Hahn condivide con von der Leyen anche l’orientamento politico: sono infatti entrambi membri del Partito popolare europeo. Johannes Hahn è stato Ministro della Scienza e della Ricerca in Austria e membro del governo regionale viennese.Thank you President @vonderleyen for your leadership. The appointment of Johannes Hahn as your Special Envoy to support UN led efforts to reunify Cyprus, in line with UNSCRs and EU law, is tangible proof that the EU stands firmly and resolutely with Cyprus and its people, pic.twitter.com/vcgRv8U43z— NikosChristodoulides (@Christodulides) May 14, 2025

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    Il Parlamento Ue approva il prestito di 4 miliardi per l’Egitto, i Verdi: “La Commissione butta al vento democrazia e diritti umani”

    Dall’inviato a Strasburgo – Quando il gioco si fa duro i partner vanno tenuti stretti, anche quando non promuovono lo Stato di diritto. Questa sembra la ratio alla base dell’approvazione, da parte del Parlamento europeo riunito in seduta plenaria, delle due proposte di assistenza macro-finanziaria (Mfa) per la Giordania e l’Egitto, avanzate dalla Commissione Europea.Questo pomeriggio (1 aprile) gli eurodeputati si sono espressi sull’appoggio agli aiuti Ue. Con 571 voti a favore, 59 contrari e 46 astensioni, il quarto Mpa per il Regno hashemita di Giordania è stato approvato: il Paese riceverà 500 milioni di euro sotto forma di prestiti agevolati, per coprire i residuali bisogni finanziari, supportare riforme strutturali e mettere in sicurezza i propri sforzi di consolidamento finanziario. Già a gennaio la Commissione aveva annunciato un pacchetto finanziario addizionale per sostenere le sfide della Giordania, ed anche in questo caso i prestiti sono stati legati ad un’importante precondizione, ovvero il rispetto di meccanismi democratici effettivi, il raggiungimento di un sistema parlamentare multipartitico, il sostegno allo Stato di diritto, e la garanzia del rispetto dei diritti umani.Nessuna traccia di condizionalità per il prestito di 4 miliardi di euro approvato a larga maggioranza (452 voti a favore, 182 contrari, 40 astensioni) a favore dell’Egitto, che sarà erogata in tre tranche. Durante la votazione, un’alleanza tra i gruppi Conservatori e riformisti, Partito popolare europeo e Patrioti per l’Europa, ha portato alla bocciatura degli emendamenti dei Verdi volti a vincolare gli aiuti ai progressi compiuti dall’Egitto in materia di diritti umani e standard democratici. Le proteste da parte dei Verdi non si sono fatte attendere: “È evidente che la Commissione sta preparando il terreno per un losco accordo con l’Egitto sulla migrazione, anche in relazione alla drammatica situazione a Gaza”, ha criticato in un comunicato il francese Mounir Satouri, denunciando la soppressione del progetto iniziale e ricordando come “le autorità egiziane attaccano regolarmente i giornalisti, la società civile e i diritti dei cittadini”.L’Ue e le autorità egiziane avevano siglato un accordo di partenariato globale nel marzo 2024, che prevedeva un aiuto economico europeo di 5 miliardi di euro, compreso un prestito a breve termine di 1 miliardo di euro versato a il Cairo alla fine del 2024. Nonostante il memorandum comprendesse diversi obiettivi, come la cooperazione nel settore energetico, il dialogo politico e gli investimenti nel commercio, la componente di contrasto alla migrazione era ben evidenziata, specialmente se si considerano gli accordi analoghi stretti con Tunisia e Mauritania nello stesso periodo.“Aiutare i nostri partner significa favorire gli interessi europei in una zona instabile, questo voto sottolinea il supporto del Parlamento”, ha dichiarato Céline Imart (Ppe, Francia), relatrice del Parlamento europeo. “Il denaro destinato alla Giordania potrà essere erogato senza indugio, mentre andremo con un mandato forte al trilogo sull’Egitto per concludere rapidamente anche lì”, ha aggiunto. Le negoziazioni tra il Parlamento e il Consiglio per il pacchetto Mfa per l’Egitto sono attese “a breve”.

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    Parlamento Ue: che cosa succede dopo il voto, le tappe principali

    È un percorso a tappe quello che porterà a rinnovare il Parlamento e la Commissione europea, dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno. Ricordiamo che, nella legislatura che si chiude – la nona – il Parlamento europeo ha trattato 467 atti legislativi, di cui 370 completati e 97 rimasti in sospeso e dovranno essere portati avanti dal nuovo Parlamento che nascerà dal voto del fine settimana. Vediamo le tappe principali.

    10 giugno
    Da ieri, 10 giugno, sono entrati nel vivo partono i negoziati per la costituzione dei gruppi politici: ciascuno dovrà essere composto da almeno 23 membri, eletti in almeno un quarto degli Stati membri. Attualmente i gruppi sono sette: Ppe (Fi), S&d (Pd), Renew (Az-Iv), Verdi, Ecr (Fdi), Id (Lega), La Sinistra.
    16 luglio
    La plenaria, che darà il via alla nuova legislatura, inizierà il 16 luglio. Il primo atto sarà l’elezione del presidente dell’Eurocamera, che avviene con voto segreto a maggioranza assoluta dei votanti. Se non viene raggiunta la maggioranza, si terrà un ballottaggio tra i due candidati più votati.
    Poi saranno eletti i 14 vice presidenti e i cinque questori.  In seguito, come avviene per i parlamenti nazionali, sarà decisa la composizione delle commissioni permanenti e delle sottocommissioni che si riuniranno per eleggere presidenti e vicepresidenti.
    18 luglio
    Dopo l’elezione del presidente del Parlamento europeo, si terrà il voto per la conferma del presidente della Commissione. In passato, nella grande maggioranza delle volte, la presidenza della Commissione è stata votata nella plenaria di settembre. Ma, quest’anno, è probabile che si terrà prima delle ferie: giovedì 18 luglio. Il presidente della Commissione dev’essere approvato dalla maggioranza assoluta dei membri del Parlamento, ossia 361.
    Ottobre-novembre
    Una volta poi eletto, il presidente della Commissione, in collaborazione con il Consiglio, seleziona i commissari sulla base delle indicazioni di ogni singolo Paese e assegna loro un settore di competenza. Ogni Stato ha un commissario. Successivamente tra  settembre-ottobre (oppure ottobre-novembre) si terranno le audizioni nelle commissioni parlamentari dei ventisei commissari che verranno proposti per il nuovo collegio. Infine, il voto che avviene in plenaria su tutto il collegio ed è a maggioranza semplice. Ottenutala, il Consiglio europeo lo nomina formalmente a maggioranza qualificata. Poi la nuova Commissione può ufficialmente cominciare il mandato.

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    Ucraina, la Commissione Ue vuole estendere la protezione temporanea fino al 2025

    Bruxelles – Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, oltre 4 milioni di persone hanno lasciato il Paese dilaniato dalla guerra trovando rifugio sul territorio dell’Unione europea. Un numero enorme – se pensiamo che nel 2022 i richiedenti asilo dal resto del mondo in tutti i Paesi Ue sono stati poco meno di 1 milione – che i 27 Stati membri sono riusciti a gestire attivando immediatamente lo status di protezione temporanea. Oggi (19 settembre) la Commissione europea ha proposto di estendere ulteriormente la protezione temporanea per le persone in fuga dalla guerra in Ucraina dal 4 marzo 2024 al 3 marzo 2025.
    L’Ue ha attivato la Direttiva sulla Protezione Temporanea il 4 marzo 2022 con decisione unanime degli Stati Membri ed è stata automaticamente prorogata di un anno. Ma le ragioni che hanno portato all’attivazione dello status dopo solo una settimana dalla brutale invasione russa “persistono”: la guerra infuria, la controffensiva di Kiev procede con lentezza, pertanto la situazione “non è ancora favorevole al ritorno sicuro e duraturo di coloro che beneficiano della protezione nei Paesi Ue”.
    Degli oltre 4 milioni di cittadini ucraini entrati in Ue – quasi 3 milioni e mezzo nei primi sei mesi di guerra -, un terzo è stato accolto in Polonia (1,6 milioni di persone). Cifre superiori al mezzo milione di titolari di protezione temporanea anche in Germania e Repubblica Ceca, in Italia sono circa 175 mila. A tutti loro è garantita protezione immediata e accesso ai diritti nell’Ue, compresi i diritti di soggiorno, l’accesso al mercato del lavoro, all’alloggio, all’assistenza sociale, all’assistenza medica e di altro tipo. “La protezione temporanea è stata uno strumento cruciale che ha plasmato la vita di molti. Più di 4 milioni di persone hanno trovato la speranza, la possibilità di vivere, lavorare e andare a scuola all’interno dell’Ue, ciò ha contribuito a dare un senso di normalità nonostante i tempi della guerra”, ha commentato la commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson.
    L’estensione della direttiva dovrà essere approvata dal Consiglio dell’Ue. “Oggi, mentre la guerra infuria, chiediamo agli Stati membri di riunirsi ancora una volta e di prolungare la protezione temporanea per un ulteriore anno”, è l’appello lanciato dal vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas.

    Il meccanismo d’emergenza, attivato il 4 marzo 2022, ha permesso l’ingresso regolare a oltre 4 milioni di sfollati a causa dell’invasione russa. La proposta dovrà essere adottata dai 27 Paesi membri

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    L’Ue risponde al ministro israeliano che vuole “cancellare” un villaggio palestinese: “Parole inaccettabili”

    Bruxelles – “I commenti del ministro [israeliano, ndr] sono inaccettabili e non possono essere tollerati“. È questa la posizione dell’Ue, espressa dal portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae), Peter Stano, sulle vergognose parole pronunciate da Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze del governo di Benjamin Netanyahu e leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra, secondo cui il villaggio palestinese di Huwara “dovrebbe essere cancellato”.
    Il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, in visita a Huwara (Photo by Zain Jaafar / AFP)
    Huwara, villaggio palestinese a pochi chilometri da Nablus, circondato da insediamenti di coloni israeliani, è balzato tristemente alle cronache domenica scorsa (26 febbraio). A seguito dell’uccisione di due fratelli israeliani in un attentato, è diventato teatro di violenze incontrollate e incendi dolosi da parte di centinaia di coloni, in cui sarebbero rimasti feriti oltre 300 abitanti palestinesi. Il ministro delle Finanze, interrogato sull’accaduto, aveva risposto: “Penso che Huwara debba essere cancellato, ma penso che sia dovere dello Stato d’Israele farlo, e non di privati cittadini”. Le parole di Smotrich rischiano di diventare un ulteriore detonatore di violenze in una situazione già estremamente tesa: nell’anno appena passato, secondo l’ufficio di coordinamento umanitario per il Territorio Palestinese Occupato (Ocha-Opt) delle Nazioni Unite, sono state 191 le vittime palestinesi per mano delle Forze di difesa Israeliane o di violenza privata dei coloni. Un numero così alto non lo si vedeva dalla fine della seconda intifada, nel 2006. Il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, in visita a Huwara, ha chiesto “un intervento internazionale per giudicare le forze di occupazione e fermarle”.
    Secondo il portavoce Stano le parole di Smotrich “incitano la violenza indiscriminata, in una situazione che è già molto tesa e ha già portato vittime e distruzione, per questo l’Ue ha già invocato una de-escalation immediata”. Stano ha chiesto inoltre che “il governo israeliano rinneghi” le frasi del suo ministro. A cercare di stemperare la tensione ci ha provato il presidente israeliano, Isaac Herzog, che ha condannato l’assalto di Huwara definendolo una “violenza criminale contro innocenti”, mentre il primo ministro Nethanyahu ha infelicemente paragonato le violenze commesse nel villaggio palestinese alle dure proteste in corso nel Paese contro la riforma della giustizia proposta dal governo. Paragone che ha scatenato l’ira dell’ex premier e leader dell’opposizione, Yair Lapid, che ha definito i fatti di Huwara come un “pogrom portato avanti da terroristi”, che niente ha a che vedere con il diritto di manifestare il proprio dissenso per una riforma con cui il governo cerca di rafforzare la propria posizione nei confronti della Corte Suprema del Paese, e che potrebbe legalizzare la pena di morte per chi uccide cittadini israeliani.

    Il portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna, Peter Stano, chiede che al governo Netanyahu di “rinnegare” le frasi del ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, sul villaggio di Huwara, dove il 26 febbraio è esplosa la violenza dei coloni contro gli abitanti