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    L’Ue attende Trump sui dazi: “Finora solo dichiarazioni, risponderemo a notifiche ufficiali”

    Bruxelles – L’Unione europea attende gli Stati Uniti e il suo presidente, Donald Trump. Sui dazi minacciati contro beni Ue, l’esecutivo comunitario sceglie la linea del silenzio. “Non risponderemo ad annunci generici privi di dettagli o chiarimenti scritti“, spiega il comunicato ufficiale diramato a Bruxelles, dove si fa presente che “in questa fase non abbiamo ricevuto alcuna notifica ufficiale in merito all’imposizione di tariffe aggiuntive sui beni dell’Ue“, e che questo fa dunque fede. Si risponderà se e quando arriverà il momento, in sostanza. Lo spiega chiaramente Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario responsabile per il Commercio: “Stiamo ancora parlando di minacce, non c’è niente di concreto, nessun dazio è stato ancora imposto”. Per questa ragione la linea dell’esecutivo comunitario è di evitare di concentrarsi su un tema ammantato da troppi punti interrogativi. Certamente, riconosce Gill, eventuali tariffe “metterebbero in discussione relazioni tra partner” di lungo corso. Fermo restando, aggiunge, che con dazi ai prodotti Ue “gli Stati Uniti tasserebbero i propri cittadini, aumentando i costi per le imprese e alimentando l’inflazione”.Olof Gill, portavoce della Commissione europea responsabile per questioni di commercio [Bruxelles, 10 febbraio 2025]In ogni caso, ribadisce la Commissione europea, “reagiremo per proteggere gli interessi delle aziende, dei lavoratori e dei consumatori europei da misure ingiustificate”. In tal senso il team von der Leyen sottolinea che alla luce degli annunci privi di documenti di accompagnamento e così come raccontati tramite dichiarazioni pubbliche, “l’Ue non vede alcuna giustificazione per l’imposizione di tariffe sulle sue esportazioni“, anche perché la bilancia commerciale non è così sbilanciata come sostiene la Casa Bianca.Secondo la Commissione europea l’Ue ha un surplus commerciale di 154 miliardi di euro in beni con gli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti mantengono un surplus di 104 miliardi di euro in servizi con l’Ue, con un conseguente surplus commerciale complessivo dell’Ue del tre percento su un flusso commerciale totale di 1,5 trilioni di euro. Nel 2023, gli Usa erano il principale partner per le esportazioni di beni dell’Ue e il secondo partner per le importazioni di beni dell’Ue.

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    Dazi, clima, diritto internazionale: Trump detta l’agenda del Parlamento europeo

    Bruxelles – Commercio, innovazione e competitività, salute. Praticamente Donald Trump in tutte le sue declinazioni più una, l’ultima: l’attacco del presidente degli Stati Uniti alla Corte penale internazionale. L’inquilino della Casa Bianca irrompe nei lavori di un Parlamento europeo che finisce col disegnare la propria agenda attorno a quella di Trump, oggetto di tre diversi dibattiti d’Aula. La sessione plenaria prevede la questione dazi (martedì 11 febbraio alle 9), restrizione all’export di chip verso l’Ue (martedì 11 febbraio alle 18), ritiro dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’accordo sul clima (mercoledì 12 febbraio alle 16): il Parlamento europeo ruota attorno alle dichiarazioni e alle minacce del presidente Usa.C’è chiaramente la questione dazi a tenere banco, con il diffuso timore, tra i diversi gruppi, che si possa innescare una guerra commerciale che non gioverebbe a nessuno. L’approccio generale e condiviso tra le diverse anime dell’Aula, è quello di cercare di evitare quanto più possibile di arrivare ad avere sovra-costi statunitensi ai beni europei, ma di essere pronti a rispondere. I socialisti vorrebbero in particolare che la Commissione europea mettesse a punto già delle contromisure, così da avere una risposta “tempestiva e decisa” in caso di scenario peggiore.Per Popolari (Ppe) e conservatori (Ecr) la priorità resta la cooperazione per quello che si continua a considerare un partner strategico e di lungo corso. “Su Trump attendiamo, sappiamo che è un grande mediatore”, confida Denis Nesci (Fdi/Ecr), che conferma come “siamo in fase di dibattito”, e quindi “dobbiamo essere pronti a quello che può succedere ma attendere”. I Verdi vorrebbero una risposta unita e non procedere in ordine sparso, come spiega Ignazio Marino (Europa Verde/Verdi): “Su Trump purtroppo l’Europa si sta dimostrando debole e divisa”, e quindi “il bullo prevale”.Ma è il dibattito del 12 febbraio – senza risoluzioni – che rischia di infiammarsi ancora di più, perché alle questioni Oms e la seconda uscita dagli accordi di Parigi sul clima si aggiungono le minacce di sanzioni alla Corte penale internazionale. Uscite, queste ultime, che infiammano già il dibattito che verrà. “Trump sta invitando alla pulizia etnica a Gaza, e ora attacca la Corte penale internazionale, con Ursula von der Leyen che non fa niente“, le critiche che piovono da laSinistra nei confronti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “La Corte penale internazionale è un luogo quasi sacro che deve essere tutelato”, tuona Valentina Palmisano (M5S), convinta delle necessità della “protezione del diritto internazionale anche alla luce delle ultime dichiarazioni di Trump”Mentre la portavoce del gruppo dei socialisti fa notare come nonostante un’agenda dalla forte connotazione di politica estera (si parla anche del terzo anno di guerra russo-ucraina, disordini e proteste in Serbia, deterioramento della situazione in Georgia), critica l’assenza dell’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. “Sarebbe stato bello averla in Aula”, commemta.Infine le restrizioni degli Stati Uniti alle esportazioni di chip utili alla doppia transizione. Il nuovo regime voluto da Trump avrà ripercussioni per 17 Stati membri su 27 (Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria), e questo rende il dibattito necessario per organizzare una risposta.  Neppure in questo caso sono previste risoluzioni. Si vuole censurare Trump, senza censurare Trump. Che impone la sua agenda nell’agenda del Parlamento europeo

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    Von der Leyen agli ambasciatori Ue: “Abbiamo un nostro ruolo, costruiamo la politica estera europea”

    Bruxelles – “La necessità è di costruire una politica estera europea“, che sia “mirata” e che tenga fermo il principio per cui si negozia quando si può e quando si deve, ma non a tutti a costi. Tradotto: “Se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con te”. Altrimenti niente. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sprona gli ambasciatori Ue nel mondo ad una nuova diplomazia, che sia pragmatica e sappia rispondere al mondo di oggi. “Gran parte del mondo vede l’Europa come più forte di come la vediamo noi stessi, e l’Europa – insiste von der Leyen – ha molta più influenza in questo mondo di quanto a volte potremmo pensare“. Uno strumento da usare, anche nel confronto con gli amici di sempre.La presidente dell’esecutivo comunitario è brava a non fare nomi, a dire quello che deve in modo da non esporsi ma comunque affondare il colpo. Von der Leyen non chiama mai in causa Donald Trump, ma quello che lei dice ben si presta ad essere lette come riferimento al presidente degli Stati Uniti. E’ vero quando avverte gli ambasciatori che “ci sarà un uso crescente e una maggiore minaccia di strumenti di coercizione economica, quali sanzioni, controlli sulle esportazioni e dazi“. Un chiaro riferimento a Trump e il suo ‘bullismo commerciale’, contro cui von der Leyen ribadisce fermezza: “Ci prepariamo ad ogni scenario”, dice. Vuol dire anche eventualmente una guerra dai dazi Ue-Usa.Bandiere dell’Unione europea e degli Stati Uniti [foto: imagoeconomica]Non va per il sottile von der Leyen, in fin dei conti sono altri gli ambasciatori, e a loro invita a “cambiare il nostro modo di agire”. Un invito a essere pronti a “impegnarsi in difficili trattative, anche con partner di lunga data” – altro riferimento agli Stati Uniti – e un invito allo stesso ad accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”. Perché, insiste la presidente della Commissione Ue, “il principio di base della diplomazia in questo nuovo mondo è di tenere gli occhi puntati sull’obiettivo”. Ciò significa real-politik, “trovare un terreno comune con i partner per il nostro reciproco beneficio, e accettare che a volte dovremo accettare di non essere d’accordo”.Si tratta di “un nuovo approccio che riguarda la garanzia della futura sicurezza e prosperità dell’Europa”, insiste von der Leyen, e che riguarda anche le relazioni con Repubblica popolare cinese. “La Cina è uno dei paesi più intricati e importanti al mondo. E il modo in cui la gestiremo sarà un fattore determinante per la nostra futura prosperità economica e sicurezza nazionale”.

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    Niente crescita e meno commercio, per Londra la Brexit cinque anni dopo è un ‘flop’

    Bruxelles – Meglio soli che male accompagnati. Il noto detto devono conoscerlo anche oltre Manica, dove si è deciso di dire addio all’Unione europea per un futuro più radioso che però non c’è. Ecco che il noto detto mostra i suoi limiti, riassunti nei numeri certificati anche dall’Ufficio per la responsabilità di bilancio, l’ente pubblico finanziato dal Tesoro britannico. Meno crescita, meno produttività, meno commercio: ecco il Regno Unito post-Brexit, a cinque anni dalla ‘nuova indipendenza’.L’analisi dell’Ufficio governativo, certifica che essere usciti dal mercato unico non è stato un vantaggio. Al contrario, “sia le esportazioni che le importazioni saranno inferiori di circa il 15 percento nel lungo periodo rispetto a quanto sarebbe stato se il Regno Unito fosse rimasto nell’Ue“. Questo per via di costi alle dogane in termini di nuovi dazi e tempi lunghi per i nuovi controlli delle merci scattati quale effetto della Brexit. Inoltre, la libertà di decidere da sé come fare libero scambio si riflette nell’incapacità di essere davvero innovativiDavid Cameron, primo ministro del Regno Unito dall’11 maggio 2010 al 13 luglio 2016. Fu lui a volere il referendum sulla Brexit, e si dimise a seguito dell’esito del voto [foto: imagoeconomica] “I nuovi accordi commerciali con Paesi non Ue non avranno un impatto materiale e qualsiasi effetto sarà graduale”, sottolinea ancora l’Ufficio britannico. “Questo perché gli accordi conclusi fino a oggi replicano (o ‘rinnovano’) accordi di cui il Regno Unito ha già beneficiato come stato membro dell’Ue”. Inoltre, il nuovo accordo di commercio e cooperazione (Tca) Ue-Regno Unito entrato in vigore l’1 maggio 2021 “ridurrà la produttività a lungo termine del 4 percento rispetto alla permanenza nell’Ue”.Dove il Regno Unito ci guadagna dalla Brexit è sull’immigrazione. Si stima che il nuovo regime del governo possa ridurre la migrazione netta in entrata. Sempre che questo sia un vantaggio per il sistema economico e produttivo britannico. Il National Institute of Economic and Social Research di Londra rileva come a seguito della Brexit la carenza di manodopera ha messo “a dura prova l’economia” del Regno Unito. Se prima del recesso dall’Ue le imprese potevano facilmente soddisfare le loro esigenze di lavoro attraverso il mercato del lavoro integrato dell’Ue, a seguito della Brexit settori critici come agricoltura, assistenza sanitaria e ristorazione hanno incontrato carenze di manodopera, con conseguente aumento dei costi operativi e limitazioni di produzione.

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    Lange (Spd/S&D): “Chiudere l’accordo commerciale con il Messico”

    Bruxelles – Commercio, commercio, commercio. A partire dal Messico. La priorità dell’Ue è tutta qui, in una necessità tutta nuova dettata da un quadro geopolitico che impone ripensamenti obbligati. Uno di questi riguarda proprio la partita geo-strategica. Su questo Bernd Lange (Spd/S&D), presidente della commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo, non ha dubbi. “Dovremmo guardare all’accordo commerciale con il Messico”, sottolinea. Nel Paese “c’è un nuovo presidente (Claudia Sheinbaum Pardo, dall’1 ottobre 2024, ndr)”, e si aggiunge “l’attitudine di Donald Trump nei confronti del Messico” non c’è dubbio che bisogna spingere per chiudere un accordo.“In questa situazione globale è importante avere una rete commerciale di partner affidabili”, continua Lange nel corso di un incontro ristretto con i giornalisti, tra cui Eunews. Il ritorno di Trump alla testa degli Stati Uniti stravolgerà senza dubbio l’agenda a dodici stelle. “Ci attendiamo che qualche dazio arrivi presto”, visto che “Trump usa dazi anche come strumento di pressione”. E poi l’accordo con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay più il Venezuela sospeso) non sembra promettere nulla di buono.“Il testo è vecchio, è fermo al 2019“, sottolinea Lange. L’accordo Ue-Mercosur non è aggiornato, insomma. “E’ stato aggiunto un protocollo e dobbiamo vedere se i protocollo aggiuntivi sono sufficienti” a convincere Parlamento europeo, Consiglio Ue e poi i parlamenti nazionali per l’eventuale ratifica. Inoltre il negoziato sembra essersi riaperto. “Non si parla di questioni ambientali, ma di riforma dell’agricoltura”, sulla spinta di Parigi. “La Francia è un problema”, ammette il presidente della commissione parlamentare. Questioni di politica interna inducono il governo francese a frenare. “Il Mercosur aiuta Le Pen?”, commenta a voce alta. E’ questo uno degli ostacoli. E poi, aggiunge ancora Lange, anche ammettendo che la Commissione Ue chiuda l’accordo, “non ho idea se possa esserci una maggioranza e quale” in Parlamento.

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    La proposta politica della Finlandia: Alleanza Ue-Stati Uniti in senso anti-Cina

    Bruxelles – Meno Cina nell’agenda dell’Unione europea, e più Stati Uniti. La Finlandia prova a riorganizzare la politica dell’Unione europea, suggerendo ai partner di entrambe le sponde dell’Atlantico il modo di andare avanti. Suggerisce un’alleanza commerciale tutta euro-americana e dazi contro Pechino, il tutto in considerazione delle alleanze sullo scacchiere internazionale, prime fra tutte quelle militari. Elina Valtonen, ministra degli Esteri finlandese, tiene a ricordare come il conflitto russo-ucraino si sia allargato, con la partecipazione di Corea del Nord, Iran e “anche Cina” al fianco di Mosca.“Se la Cina sta ostacolando in modo così importante la sicurezza e l’architettura della sicurezza dell’Europa non possiamo continuare con le relazioni normali”, scandisce la ministra al suo arrivo a Bruxelles per i lavori del consiglio Affari esteri: “Non possiamo andare avanti con il ‘business as usual’ con la Cina per quanto riguarda il nostro commercio”.Da qui l’invito di Valtonen, che “vale anche per l’Europa” e non solo per gli Stati Uniti, di tessere nuove relazioni trans-atlantiche. Per ragioni storiche e contingenti “la relazione tra Ue e Usa è più importante che mai, e in tal senso siccome siamo alleati così uniti e condividiamo gli stessi valori non possiamo imporci dazi l’uno contro l’altro“.La sottolineatura di Valtonen conferma una volta di più i timori dell’Ue per una guerra commerciale che il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe innescare, vista la natura molto più decisa del presidente eletto a tutelare e difendere interesse ed economia degli Stati Uniti. Allo stesso tempo le considerazioni della ministra finlandese offrono un esempio di realpolitik: visto che a Washington si vede nella Repubblica popolare il principale concorrente economico un’alleanza in senso anti-cinese potrebbe aiutare entrambe le parti. Del resto l’imposizione a titolo definitivo di dazi Ue sulle auto elettriche cinesi ha già aperto un fronte di guerra commerciale a cui aggiungerne un altro per l’Europa diventerebbe complicato.

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    Commercio, intesa Ue-Paesi del golfo per lavorare a un accordo di libero scambio

    Bruxelles – Ue-Paesi del golfo arabico, avanti con il commercio. I leader dei Ventisette e i rappresentanti dei Paesi del consiglio di cooperazione della regione (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) lasciano il primo summit bilaterale con l’intenzione di lavorare per un accordo di libero scambio regionale. E’ questo il risultato tangibile più di rilievo di un incontro scandito comunque da tensioni su dossier di politica estera e divergenze su temi caldi attualità, in particolare guerra russo-ucraina e conflitto israelo-palestinese.C’è la volontà, sancita nelle conclusioni di fine summit, di “far avanzare le discussioni” tra le parti per raggiungere un nuovo modello di scambi commerciali. I numeri, aggiornati al 2022, fanno capire l’importanza della posta in gioco. I flussi commerciali bilaterali hanno superato i 204 miliardi di dollari in valore, con l’Ue che da sola rappresenta il 13 per cento del totale degli scambi dei Paesi arabi del golfo. Numeri che potrebbero crescere, se si considera il potenziale abbattimento dei dazi attualmente in vigore.Per l’Ue, ovviamente un’opportunità ma pure un rischio. Perché la bilancia commerciale Ue-Paesi del golfo pende a favore di questi ultimi. Nel 2022 le esportazioni verso il mercato unico europeo hanno raggiunto un valore di 106,3 miliardi di dollari, a fronte di importazioni di prodotti ‘made in EU’ per un valore di circa 98 miliardi di dollari.I leader riuniti attorno al tavolo vedono nella convergenza per l’integrazione economico-commerciale il principale risultato di un incontro considerato storico perché il primo di sempre a Bruxelles. Si vogliono rilanciare anche gli investimenti, anche sulla scia di una realtà già solida. A oggi le due parti hanno investimenti diretti per oltre 100 miliardi di euro in settori quali energia, trasporti, ambiente, turismo, farmaceutica. E si vuole andare proseguire. “Continueremo a valutare accordi su misura a sostegno del commercio e degli investimenti“, l’accordo di principio trovato. Un punto di partenza per una nuova stagione di relazioni bilaterali.Nella rinnovata intenzione di nuovi regimi commerciali c’è anche una specifica: “L’importanza della  cooperazione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio” (Omc, o Wto secondo l’acronimo in lingua inglese). La centralità del Wto, sottolineano i leader europei e arabi del golfo persico, rimane “essenziale per contribuire al pieno funzionamento del meccanismo di risoluzione delle controversie, al fine di rafforzare il sistema commerciale multilaterale”. Un messaggio in salsa anti-Cina e, in prospettiva, anche in chiave anti-Donald Trump qualora alle elezioni del 5 novembre dovesse trionfare il candidato repubblicano critico sull’organizzazione mondiale per il commercio.

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    Ue e Paesi del golfo persico, a Bruxelles le prove politiche di nuova collaborazione

    Bruxelles – Commercio, energia, contrasto ai cambiamenti climatici, e poi sicurezza, soprattutto marittima, e coinvolgimento in materia di sicurezza regionale. Unione europea e Paesi del golfo arabico (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) cercano una nuova stagione di relazioni bilaterali con il primo summit di alto livello politico, che a Bruxelles viene salutato come il momento più alto di sempre. Un punto di arrivo di un lavoro condotto meticolosamente da Luigi di Maio nella sua veste di inviato speciale dell’Ue nel golfo Persico, il primo di sempre.Un’opportunità salutata nella capitale dell’Unione europea con soddisfazione, che mostra la disponibilità del mondo arabo di mettersi in gioco, provare a dialogare su temi comunque spinosi, tutt’altro che agevoli, e su cui orientamenti e punti di vista sono tutt’altro che convergenti, a cominciare dalla questione del conflitto russo-ucraino.Tutti i Paesi della regione hanno sostenuto la risoluzione dell’Assemblea generale della Nazioni Unite che condanna l’aggressione russa, ma a differenza degli europei non hanno varato pacchetti di sanzioni. Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi “hanno relazioni con la Russia, che chiaramente cambia posizionamenti”, riconoscono fonti Ue. Questo complica anche il lavorio tecnico per la stesura di conclusioni di fine summit, che l’Ue vorrebbe ma su cui si riconoscono difficoltà e lo scenario di una fine seduta senza dichiarazioni non viene escluso.“E’ chiaro che ci sono rischi che dobbiamo correre”, ragionano le stesse fonti comunitarie. Ma si sottolinea con enfasi come “il fatto che i leader dei Paesi del golfo vengano a Bruxelles è già un elemento importante, un segno”. Certo, nel momento di discutere le conclusioni le conclusioni “verranno a galla delle problematiche”, non ci si fanno illusioni, “ma lavoriamo per trovare una soluzione”.Non si nascondono poi le difficoltà per ciò che riguarda le relazioni commerciali, che si vorrebbero rilanciare ma su cui pesano almeno due grandi ostacoli: differenza di regole per l’accesso nel settore degli appalti pubblici e idrocarburi. L’Unione europea è impegnata nella transizione verde e lo spostamento dai combustibili fossili a fonti rinnovabili, mentre i Paesi del golfo arabico dispongono di petrolio in abbondanza (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait sono membri dell’Opec, l‘Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio) e a prezzi ridotti rispetto a quelli pagati dagli europei, il che rende poco attraente e meno competitivo optare per la transizione sostenibile su cui punta l’Ue.Ciò nonostante a Bruxelles andranno in scena prove politiche per una nuova stagione di cooperazione bilaterale. Tre gli obiettivi principali: rendere più strategiche le relazioni con questi paesi da un punto di vista geopolitico, rispondere insieme alle sfide globali (clima, energia), e rafforzare relazioni bilaterali (commercio, regime di visti). Si inizia dal summit di Bruxelles, per provare a gettare nuove basi. E avere di più al fianco degli europei Paesi ancora troppo sbilanciati verso la Russia. Un messaggio per il ‘signore di Russia’, Vladimir Putin.