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    Ue-India, c’è la strategia per una nuova collaborazione. Modi: “Accordo commerciale entro fine anno”

    Bruxelles – Commercio, tecnologia, innovazione, investimenti. E l’impegno di un nuovo accordo di libero scambio già nel 2025. Ursula von der Leyen e il suo collegio dei commissari trovano in India quelle risposte che cercavano. Il viaggio a est voluto dalla presidente della Commissione Ue produce gli effetti desiderati. Tutti da definire e sviluppare in concreto, certo, ma comunque c’è una rinnovata partnership. C’è l’accordo, spiega il primo ministro indiano, Narendra Modi, per “un libro blu per mobilità, sicurezza, innovazione, green economy, commercio, investimenti“. C’è una strategia chiara su cui lavorare.L’Europa quello che cercava a oriente non l’aveva nascosto. Serviva la risposta dell’interlocutore, e Modi la offre in pubblico, in conferenza stampa. “Questa visita ha ridato vigore alle nostre relazioni” bilaterali, riconosce ad una sorridente von der Leyen, raggiante nel sentire dal primo ministro indiano che “abbiamo deciso di creare un’agenda ambiziosa e audace per le relazioni Ue-India post-2025“, che passa anche per voglia di chiudere “un accordo commerciale bilaterale per la fine dell’anno”.In linea di principio von der Leyen ottiene praticamente tutto ciò che voleva. “È tempo di portare la nostra partnership strategica UE-India al livello successivo“, il mantra ripetuto dalla tedesca anche in occasione del suo viaggio in Asia meridionale, ed è esattamente quello che ottiene. La presidente della Commissione europea è arrivata in India con un’agenda chiara, costituita da tre aree su cui lavorare per la nuova stagione di relazioni bilaterali: commercio e la tecnologia, sicurezza e difesa, connettività e partnership globale. Da Modi ottiene gli impegni in questo senso.“Ora più che mai gli eventi geopolitici richiedono questi passi”, scandisce von der Leyen nella conferenza congiunta con il premier indiano. Un riferimento alle manovre militari russe in Ucraina, all‘unilateralismo trumpiano in politica estera e in materia commerciale, ad una Cina che guarda silenziosa ma non a braccia conserte cosa accade sullo scacchiere internazionale. “Per l’Europa l’India è un pilastro di affidabilità in un mondo di imprevedibilità“. Ora l’Ue può iniziare a sentirsi meno insicura.

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    Metsola risponde a Trump: “L’Ue è un progetto di pace”

    Bruxelles – “L’Unione europea è principalmente ed essenzialmente un progetto di pace“, premiato anche con il Nobel. Mette le cose in chiaro, Roberta Metsola. La presidente del Parlamento europeo vuole rispondere al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha accusato l’Ue di esistere sulla base di intenzioni contrarie agli interessi americani. Metsola sceglie di replicare da Washington, in occasione della sua visita negli Usa dove è stata invitata per tenere un discorso alla Johns Hopkins University. E’ qui, con garbo ma con decisione, che ricorda all’opinione pubblica americana che la versione offerta dall’inquilino della Casa Bianca necessita delle precisazioni.“La pace è l’essenza dell’Unione europea“, insiste Metsola. Tradotto: l’Ue non è stata creata per essere un avversario degli Stati Uniti. Semmai, continua, è stata creata per dare seguito a quelle relazioni scolpite nel tempo e non solo: “La storia dei rapporti tra Unione europea e Stati Uniti è scritta nel sacrificio di quanti hanno dato la vita contro la tirannia”. Un riferimento ai conflitti mondiali del XX secolo, ma anche un implicito riferimento ai conflitti di oggi, in particolare quello in corso in Ucraina avviato dalle operazioni militari russe.“La sicurezza dipende dalle relazioni trans-atlantiche, che vanno oltre l’industria, oltre il commercio e oltre le considerazioni politiche immediate”, continua Metsola, con una velata critica alle intenzioni di imporre dazi sui beni europei. “Nelle guerre commerciali non vince nessuno”, chiarisce quindi la presidente dell’europarlamento, che dopo le precisazioni del caso sulla natura dell’Ue, ne aggiunge un’altra: “L’Europa risponderà con fermezza. Non vogliamo, ma siamo pronti“.

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    L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfida

    Bruxelles – L’India come nuova meta, una risposta alle nuove tensioni globali e alle nuove logiche geopolitiche. L’Unione europea, ed in particolare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, puntano molto su una nuova stagione di relazioni bilaterali con Nuova Delhi. Una scelta per certi aspetti obbligata, ma che rischia di gettare il vecchio continente in una dimensione anche controproducente. Perché l’India, al pari della Cina, mantiene un ruolo di partner privilegiato con la Russia condannata e oggetto di ben sedici pacchetti di sanzioni, ed ha ancora molto da fare a livello di diritti umani. In sostanza, non è propriamente paladina di quei valori tanto sbandierati dall’Ue in questi ultimi anni.Il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro redatto per agevolare il compito degli europarlamentari, non nasconde che le relazioni Ue-India non sono prive di criticità. La prima riguarda l’agenda politica indiana. “L’Ue sta cercando di ampliare la sua cerchia di partner chiave, sullo sfondo dell’incertezza sulle relazioni transatlantiche”, la premessa del documento, ma “l‘India nel frattempo mantiene una relazione privilegiata con la Russia e sta rafforzando i legami con l’amministrazione Trump“. Un modo di porsi sullo scacchiere internazionale che certamente pone l’Ue nella scomoda posizione di dover scegliere: evitare ogni rapporto con chi non condivide principi europei, o scegliere quel pragmatismo enunciato da von der Leyen per cui bisogna saper accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyne, con il primo ministro indiano, Narendra Modi (fonte: Commissione Ue)Ue-India, il calendario per la nuova stagione di relazioniLa Commissione europea fa sul serio. Poco importa se Nuova Delhi flirta con Mosca e Washington. L’intero collegio sarà in India la prossima settimana, il 27 e 28 febbraio. Per l’occasione si riunirà anche il consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Una comunicazione congiunta su una nuova agenda strategica Ue-India è prevista per il secondo trimestre del 2025. Un vertice Ue-India potrebbe aver luogo nell’ultimo trimestre del 2025. Un calendario con date, tappe, obiettivi, a riprova di volersi mettere al riparo da nuove tensioni commerciali e nuovi ordini mondiali.L‘Ue desidera sviluppare le sue relazioni con l’India, il cui mercato e la cui crescita economica rappresentano una preziosa opportunità per le aziende europee, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. L‘India è leader nella promozione delle energie rinnovabili, viene ricordato, e questo ruolo non è nuovo. A marzo 2018 il primo ministro indiano, Narendra Modi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, ha co-presieduto la conferenza fondatrice dell’Alleanza internazionale per il solare (International Solar Alliance, Isa). La missione dell’Isa è quella di sbloccare un trilione di dollari in investimenti solari entro il 2030, riducendo al contempo i costi di tecnologia e finanziamento.La partita geopoliticaC’è poi tutta la partita geopolitica da dover considerare e da non dover sottovalutare. I ricercatori del Parlamento europeo ricordano che l’obiettivo di Nuova Delhi è “collocarsi al centro dell’equilibrio di potere globale” tra gli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e Russia e Cina (con cui partecipa all’organizzazione intergovernativa BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation) dall’altra. Allo stesso tempo, l’India mira a rappresentare e guidare il ‘Sud globale’.In questa agenda tutta indiana la Russia gioca un ruolo non indifferente, visto che storicamente l’India si sente minacciata dalla Cina (con cui esiste ancora il contenzioso sui territori dell’Aksai-Chin, rivendicati da entrambe le parti), e vede nelle relazioni con la Russia un modo per rispondere a questo senso di accerchiamento cinese. Una parte del greggio russo sanzionato dagli europei è stato acquistato dall’India, che avrebbe aiutato a far entrare in Russia materiale aeronautico europeo che non potrebbe essere venduto in Russia.C’è poi la questione diritti umani, che “rappresentano un’ulteriore causa di disagio nelle relazioni Ue-India”. Nella sua risoluzione di gennaio 2024 sulle relazioni Ue-India, il Parlamento ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della democrazia nel paese.

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    Misure di ritorsione e negoziati con l’India, l’Ue si compatta contro i dazi di Trump

    dall’inviato a Strasburgo – Reagire con misure di ritorsione, e concludere nuovi accordi commerciali, a cominciare con l’India. La risposta dell’Ue alla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi del 25 per cento all’acciaio e all’alluminio si produce nel dibattito d’Aula del Parlamento europeo, dove i principali gruppi si compattano, si crea una vera ‘maggioranza Ursula’ come mai prima dal post voto del 6-9 giugno. E’ la prova dell’emiciclo che sancisce un compattamento a dodici stelle contro le mosse di Washington, perché le reazioni preliminari non convincono.“Mi rammarico profondamente della decisione degli Stati Uniti di imporre dazi sulle esportazioni europee di acciaio e alluminio”, la reazione ufficiale della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a pochi minuti della riunione d’Aula. Von der Leyen, non presente a Strasburgo per impegni istituzionali, promette che “i dazi ingiustificati sull’Ue non rimarranno senza risposta”, e annuncia “contromisure ferme e proporzionate”. Però dai banchi de laSinistra Rudi Kennes attacca: “Mi rammarico? E’ ridicolo. Trump ride di questo”. La collega e co-presidente del gruppo, Manon Aubry, rincara la dose: “La reazione dell’Ue è nulla. Continuiamo a essere il cagnolino degli Stati Uniti anche quando colpiscono i diritti della comunità Lgtbqi e attaccano gli interessi dell’Europa. Quante provocazioni ancora dovremo subire perché i leader si sveglino?“.Il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, prova a calmare un’Aula che chiede e pretende interventi. “L’Ue non vede alcuna giustificazione per questa decisione, e risponderemo in modo proporzionato e per difendere i nostri interessi”, assicura agli europarlamentari. Ammette che una guerra commerciale a colpi di dazi “non il nostro scenario preferito”, ma si andrà avanti con decisione. Comunque, precisa Sefcovic, “restiamo aperti a negoziare“. Contro le politiche di Trump e di quanti volessero seguirne l’esempio la risposta è più commercio, sottolinea ancora il commissario Ue. Ricorda e rivendica la chiusura degli accordi con i Paesi del Mercosur e l’aggiornamento dell’accordo con il Messico voluto proprio come scudo anti-Trump. Alla luce di quanto accaduto Sefcovic anticipa l’intenzione di accelerare con India, Filippine e Thailandia.Il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic [Strasburgo, 11 febbraio 2025]Parole e strategia valgono a Sefcovic il sostegno dei popolari (Ppe). “Serve il Mercosur, e serve continuare con India e Indonesia”, sottoscrive Jorgen Warborn. Ma soprattutto occorre una risposta ferma e decisa, e perché “la frammentazione ci indebolisce”. Per la Commissione arriva però il suggerimento di “rispondere nel rispetto dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), altrimenti si creano ancora più incertezze”. Anche tra le fila dei liberali (Renew Europe) si invita a procedere con i negoziati con Nuova Delhi. “Più commercio è la risposta” ai dazi di Trump, sostiene Svenja Hahn, “e l’India è la risposta migliore” in tal senso.Socialisti (S&D), liberali (Re) e Verdi si uniscono nella richiesta di fermezza e contro-tariffe, come il Ppe. “Vogliamo che la Commissione europea risponda con misure di ritorsione“, taglia corto la socialista Kathleen Van Brempt. “Non si ferma un bullo dandogli ciò che vuole, perché altrimenti chiederà sempre di più”. Anche l’eurodeputato del Pd, Stefano Bonaccini, ritiene che “di fronte alla minaccia dell’arma protezionistica dovremo rispondere insieme, senza esitazioni”.Analoga la linea di Renew Europe, come spiegato da Karin Karlsbro: “Con gli Stati Uniti siamo pronti a rispondere”, per far capire che “Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti, non del mondo”. Niente tentennamenti, aggiunge la liberale Marie-Pierre Vedrenne: “Dobbiamo rispondere duramente”. Anche Anna Cavazzini, dei Verdi, esorta l’esecutivo comunitario a reagire: “L’Unione europea non può farsi ricattare”.Più timido il co-presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) all’Eurocamera, Nicola Procaccini: “L’unico modo per affrontare questa nuova sfida è avere un approccio equo“, sostiene. Il che vuol dire che come Unione europea “dobbiamo essere pronti, non ci piacciono i dazi, ma sappiamo che fanno parte del commercio internazionale. Lo erano ieri, lo sono ora e lo saranno in futuro”.Sulla questione si esprime anche il presidente di Eurofer Henrik Adam, secondo il quale “l’ordine esecutivo  che impone una tariffa generale del 25 per cento su tutte le importazioni di acciaio è una radicale escalation della guerra commerciale lanciata sotto la sua prima amministrazione. Esso – rileva Adam – peggiorerà ulteriormente la situazione dell’industria siderurgica europea, esacerbando un contesto di mercato già in terribile difficoltà”.Il presidente Jeo Biden aveva ammorbidito le sanzioni imposte nella prima amministrazione Trump, ma, nonostante questo, afferma il presidente di Eurofer, “le importazioni di acciaio dell’UE negli Stati Uniti sono diminuite di oltre 1 milione di tonnellate all’anno”, e secondo i suoi calcoli se i dazi dovessero essere introdotti nella misura annunciata “l’Ue potrebbe perdere fino a 3,7 milioni di tonnellate di esportazioni di acciaio verso gli Stati Uniti, il secondo mercato di esportazione per i produttori di acciaio dell’Unione, che rappresenta il16 per cento delle esportazioni totali di acciaio dell’Ue nel 2024”. Secondo Adam, inoltre, “la perdita di una parte significativa di queste esportazioni non può essere compensata dalle esportazioni verso altri mercati”.

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    L’Ue attende Trump sui dazi: “Finora solo dichiarazioni, risponderemo a notifiche ufficiali”

    Bruxelles – L’Unione europea attende gli Stati Uniti e il suo presidente, Donald Trump. Sui dazi minacciati contro beni Ue, l’esecutivo comunitario sceglie la linea del silenzio. “Non risponderemo ad annunci generici privi di dettagli o chiarimenti scritti“, spiega il comunicato ufficiale diramato a Bruxelles, dove si fa presente che “in questa fase non abbiamo ricevuto alcuna notifica ufficiale in merito all’imposizione di tariffe aggiuntive sui beni dell’Ue“, e che questo fa dunque fede. Si risponderà se e quando arriverà il momento, in sostanza. Lo spiega chiaramente Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario responsabile per il Commercio: “Stiamo ancora parlando di minacce, non c’è niente di concreto, nessun dazio è stato ancora imposto”. Per questa ragione la linea dell’esecutivo comunitario è di evitare di concentrarsi su un tema ammantato da troppi punti interrogativi. Certamente, riconosce Gill, eventuali tariffe “metterebbero in discussione relazioni tra partner” di lungo corso. Fermo restando, aggiunge, che con dazi ai prodotti Ue “gli Stati Uniti tasserebbero i propri cittadini, aumentando i costi per le imprese e alimentando l’inflazione”.Olof Gill, portavoce della Commissione europea responsabile per questioni di commercio [Bruxelles, 10 febbraio 2025]In ogni caso, ribadisce la Commissione europea, “reagiremo per proteggere gli interessi delle aziende, dei lavoratori e dei consumatori europei da misure ingiustificate”. In tal senso il team von der Leyen sottolinea che alla luce degli annunci privi di documenti di accompagnamento e così come raccontati tramite dichiarazioni pubbliche, “l’Ue non vede alcuna giustificazione per l’imposizione di tariffe sulle sue esportazioni“, anche perché la bilancia commerciale non è così sbilanciata come sostiene la Casa Bianca.Secondo la Commissione europea l’Ue ha un surplus commerciale di 154 miliardi di euro in beni con gli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti mantengono un surplus di 104 miliardi di euro in servizi con l’Ue, con un conseguente surplus commerciale complessivo dell’Ue del tre percento su un flusso commerciale totale di 1,5 trilioni di euro. Nel 2023, gli Usa erano il principale partner per le esportazioni di beni dell’Ue e il secondo partner per le importazioni di beni dell’Ue.

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    Dazi, clima, diritto internazionale: Trump detta l’agenda del Parlamento europeo

    Bruxelles – Commercio, innovazione e competitività, salute. Praticamente Donald Trump in tutte le sue declinazioni più una, l’ultima: l’attacco del presidente degli Stati Uniti alla Corte penale internazionale. L’inquilino della Casa Bianca irrompe nei lavori di un Parlamento europeo che finisce col disegnare la propria agenda attorno a quella di Trump, oggetto di tre diversi dibattiti d’Aula. La sessione plenaria prevede la questione dazi (martedì 11 febbraio alle 9), restrizione all’export di chip verso l’Ue (martedì 11 febbraio alle 18), ritiro dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’accordo sul clima (mercoledì 12 febbraio alle 16): il Parlamento europeo ruota attorno alle dichiarazioni e alle minacce del presidente Usa.C’è chiaramente la questione dazi a tenere banco, con il diffuso timore, tra i diversi gruppi, che si possa innescare una guerra commerciale che non gioverebbe a nessuno. L’approccio generale e condiviso tra le diverse anime dell’Aula, è quello di cercare di evitare quanto più possibile di arrivare ad avere sovra-costi statunitensi ai beni europei, ma di essere pronti a rispondere. I socialisti vorrebbero in particolare che la Commissione europea mettesse a punto già delle contromisure, così da avere una risposta “tempestiva e decisa” in caso di scenario peggiore.Per Popolari (Ppe) e conservatori (Ecr) la priorità resta la cooperazione per quello che si continua a considerare un partner strategico e di lungo corso. “Su Trump attendiamo, sappiamo che è un grande mediatore”, confida Denis Nesci (Fdi/Ecr), che conferma come “siamo in fase di dibattito”, e quindi “dobbiamo essere pronti a quello che può succedere ma attendere”. I Verdi vorrebbero una risposta unita e non procedere in ordine sparso, come spiega Ignazio Marino (Europa Verde/Verdi): “Su Trump purtroppo l’Europa si sta dimostrando debole e divisa”, e quindi “il bullo prevale”.Ma è il dibattito del 12 febbraio – senza risoluzioni – che rischia di infiammarsi ancora di più, perché alle questioni Oms e la seconda uscita dagli accordi di Parigi sul clima si aggiungono le minacce di sanzioni alla Corte penale internazionale. Uscite, queste ultime, che infiammano già il dibattito che verrà. “Trump sta invitando alla pulizia etnica a Gaza, e ora attacca la Corte penale internazionale, con Ursula von der Leyen che non fa niente“, le critiche che piovono da laSinistra nei confronti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “La Corte penale internazionale è un luogo quasi sacro che deve essere tutelato”, tuona Valentina Palmisano (M5S), convinta delle necessità della “protezione del diritto internazionale anche alla luce delle ultime dichiarazioni di Trump”Mentre la portavoce del gruppo dei socialisti fa notare come nonostante un’agenda dalla forte connotazione di politica estera (si parla anche del terzo anno di guerra russo-ucraina, disordini e proteste in Serbia, deterioramento della situazione in Georgia), critica l’assenza dell’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. “Sarebbe stato bello averla in Aula”, commemta.Infine le restrizioni degli Stati Uniti alle esportazioni di chip utili alla doppia transizione. Il nuovo regime voluto da Trump avrà ripercussioni per 17 Stati membri su 27 (Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria), e questo rende il dibattito necessario per organizzare una risposta.  Neppure in questo caso sono previste risoluzioni. Si vuole censurare Trump, senza censurare Trump. Che impone la sua agenda nell’agenda del Parlamento europeo

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    Von der Leyen agli ambasciatori Ue: “Abbiamo un nostro ruolo, costruiamo la politica estera europea”

    Bruxelles – “La necessità è di costruire una politica estera europea“, che sia “mirata” e che tenga fermo il principio per cui si negozia quando si può e quando si deve, ma non a tutti a costi. Tradotto: “Se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con te”. Altrimenti niente. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sprona gli ambasciatori Ue nel mondo ad una nuova diplomazia, che sia pragmatica e sappia rispondere al mondo di oggi. “Gran parte del mondo vede l’Europa come più forte di come la vediamo noi stessi, e l’Europa – insiste von der Leyen – ha molta più influenza in questo mondo di quanto a volte potremmo pensare“. Uno strumento da usare, anche nel confronto con gli amici di sempre.La presidente dell’esecutivo comunitario è brava a non fare nomi, a dire quello che deve in modo da non esporsi ma comunque affondare il colpo. Von der Leyen non chiama mai in causa Donald Trump, ma quello che lei dice ben si presta ad essere lette come riferimento al presidente degli Stati Uniti. E’ vero quando avverte gli ambasciatori che “ci sarà un uso crescente e una maggiore minaccia di strumenti di coercizione economica, quali sanzioni, controlli sulle esportazioni e dazi“. Un chiaro riferimento a Trump e il suo ‘bullismo commerciale’, contro cui von der Leyen ribadisce fermezza: “Ci prepariamo ad ogni scenario”, dice. Vuol dire anche eventualmente una guerra dai dazi Ue-Usa.Bandiere dell’Unione europea e degli Stati Uniti [foto: imagoeconomica]Non va per il sottile von der Leyen, in fin dei conti sono altri gli ambasciatori, e a loro invita a “cambiare il nostro modo di agire”. Un invito a essere pronti a “impegnarsi in difficili trattative, anche con partner di lunga data” – altro riferimento agli Stati Uniti – e un invito allo stesso ad accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”. Perché, insiste la presidente della Commissione Ue, “il principio di base della diplomazia in questo nuovo mondo è di tenere gli occhi puntati sull’obiettivo”. Ciò significa real-politik, “trovare un terreno comune con i partner per il nostro reciproco beneficio, e accettare che a volte dovremo accettare di non essere d’accordo”.Si tratta di “un nuovo approccio che riguarda la garanzia della futura sicurezza e prosperità dell’Europa”, insiste von der Leyen, e che riguarda anche le relazioni con Repubblica popolare cinese. “La Cina è uno dei paesi più intricati e importanti al mondo. E il modo in cui la gestiremo sarà un fattore determinante per la nostra futura prosperità economica e sicurezza nazionale”.

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    Niente crescita e meno commercio, per Londra la Brexit cinque anni dopo è un ‘flop’

    Bruxelles – Meglio soli che male accompagnati. Il noto detto devono conoscerlo anche oltre Manica, dove si è deciso di dire addio all’Unione europea per un futuro più radioso che però non c’è. Ecco che il noto detto mostra i suoi limiti, riassunti nei numeri certificati anche dall’Ufficio per la responsabilità di bilancio, l’ente pubblico finanziato dal Tesoro britannico. Meno crescita, meno produttività, meno commercio: ecco il Regno Unito post-Brexit, a cinque anni dalla ‘nuova indipendenza’.L’analisi dell’Ufficio governativo, certifica che essere usciti dal mercato unico non è stato un vantaggio. Al contrario, “sia le esportazioni che le importazioni saranno inferiori di circa il 15 percento nel lungo periodo rispetto a quanto sarebbe stato se il Regno Unito fosse rimasto nell’Ue“. Questo per via di costi alle dogane in termini di nuovi dazi e tempi lunghi per i nuovi controlli delle merci scattati quale effetto della Brexit. Inoltre, la libertà di decidere da sé come fare libero scambio si riflette nell’incapacità di essere davvero innovativiDavid Cameron, primo ministro del Regno Unito dall’11 maggio 2010 al 13 luglio 2016. Fu lui a volere il referendum sulla Brexit, e si dimise a seguito dell’esito del voto [foto: imagoeconomica] “I nuovi accordi commerciali con Paesi non Ue non avranno un impatto materiale e qualsiasi effetto sarà graduale”, sottolinea ancora l’Ufficio britannico. “Questo perché gli accordi conclusi fino a oggi replicano (o ‘rinnovano’) accordi di cui il Regno Unito ha già beneficiato come stato membro dell’Ue”. Inoltre, il nuovo accordo di commercio e cooperazione (Tca) Ue-Regno Unito entrato in vigore l’1 maggio 2021 “ridurrà la produttività a lungo termine del 4 percento rispetto alla permanenza nell’Ue”.Dove il Regno Unito ci guadagna dalla Brexit è sull’immigrazione. Si stima che il nuovo regime del governo possa ridurre la migrazione netta in entrata. Sempre che questo sia un vantaggio per il sistema economico e produttivo britannico. Il National Institute of Economic and Social Research di Londra rileva come a seguito della Brexit la carenza di manodopera ha messo “a dura prova l’economia” del Regno Unito. Se prima del recesso dall’Ue le imprese potevano facilmente soddisfare le loro esigenze di lavoro attraverso il mercato del lavoro integrato dell’Ue, a seguito della Brexit settori critici come agricoltura, assistenza sanitaria e ristorazione hanno incontrato carenze di manodopera, con conseguente aumento dei costi operativi e limitazioni di produzione.