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    L’accordo Ue-Usa sui dazi è “irrealizzabile” sull’energia, avverte l’Ieefa

    Bruxelles – L’accordo commerciale tra Unione europea e Stati Uniti, così com’è, non si può fare. E’ “irrealizzabile”, almeno per quanto riguarda il capitolo energetico. Lo afferma l’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria (IEEFA), organizzazione statunitense con sede in Ohio, nell’analisi dell’intesa politica raggiunta tra Ue e Usa. Perché l’Ue possa tenere fede agli impegni assunti l’unica alternativa è dare un calcio al Green Deal e ad ogni ambizione di sostenibilità, poiché “aumentare drasticamente le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) per soddisfare l’accordo è irrealizzabile“. Ciò perché “la domanda di gas in Europa è in calo e il mercato difficilmente riuscirà ad assorbire i volumi in eccesso”, denuncia l’istituto americano.Anche ammettendo che l’Ue possa sviluppare in così poco tempo una capacità di assorbimento di una risorsa energetica per cui non c’è mercato, il club a dodici stelle dovrebbe comunque investire massicciamente sui combustibili fossili, principali responsabili dei gas a effetto serra alla base del surriscaldamento planetario. Sulla base dei prezzi del 2024 e mantenendo la stessa proporzione di prodotti energetici acquistati dagli Stati Uniti rispetto alle importazioni totali di energia, l’IEEFA stima che l‘Ue “dovrà triplicare le sue importazioni di petrolio, carbone e GNL dagli Stati Uniti nel 2025 per rispettare l’impegno”. Petrolio e carbone, esattamente la ricetta opposta a quella contenuta nel Green Deal europeo.C’è anche una questione geo-strategica che rende l’accordo Ue-Usa insostenibile per gli europei. “Il progetto dell’Ue di acquistare 250 miliardi di dollari di energia americana all’anno rischia di creare un’eccessiva dipendenza da un unico fornitore”, viene messo in risalto. La versione della Commissione europea secondo cui questo accordo aiuta a svincolarsi del tutto dal fornitore russo di energia, tace sul fatto che l’Europa si sta consegnando agli Stati Uniti.  L’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria ha fatto il calcoli: per rispettare l’accordo per la parte energetica “costringerebbe l’Ue a dipendere dagli Stati Uniti per il 70 per cento delle sue importazioni energetiche“.

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    Ue-Cina, von der Leyen invoca pragmatismo: “Riequilibrio commerciale per contrastare i dazi globali”

    Bruxelles – Un summit convocato con aspettative limitate, compresso da due a un solo giorno, e concluso con l’impressione che l’Unione europea e la Cina siano tenute legate solamente dalla necessità di non farsi nuovi nemici nel sempre più precario equilibrio internazionale. I vertici Ue ripartono da Pechino con in tasca una dichiarazione congiunta sull’impegno per il clima e l’intesa per un meccanismo che faciliti l’export di terre rare dalla Cina. Sui dossier principali, la guerra in Ucraina e gli attriti commerciali, nessun significativo passo avanti.“Le nostre relazioni sono a un punto di svolta. È importante ascoltarsi a vicenda e trovare soluzioni pragmatiche“, ha esordito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a margine del 25esimo summit Ue-Cina, con cui Bruxelles e Pechino hanno celebrato i 50 anni di relazioni diplomatiche. L’Ue tira dritto sulla strategia di de-risking nei confronti del gigante asiatico: “Difendiamo i nostri interessi, nel contempo rimaniamo impegnati a favore di un dialogo franco, rispettoso e aperto”, ha spiegato la presidente dell’esecutivo comunitario. Nessuna illusione su una convergenza di vedute, ma la consapevolezza – come sottolineato dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa – che “il modo in cui interagiamo e cooperiamo è importante per il mondo”.I presidenti di Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin, tra i generali durante la parata miliare a Mosca per le celebrazioni della grande vittoria [foto: imagoeconomica]A partire dal posizionamento nei confronti della guerra d’aggressione russa in Ucraina. “In qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha un ruolo fondamentale“, hanno insistito i leader Ue, che da tre anni chiedono a Pechino di fare pressioni su Mosca per mettere fine al conflitto. O quanto meno di non sostenerla attivamente. “In tempo di guerra, le tecnologie a duplice uso sono spesso utilizzate come strumenti di guerra, abbiamo chiesto alla Cina di prestare attenzione”, ha dichiarato Costa. Di fronte alla negligenza di Pechino, che fa orecchie da mercante dall’inizio del conflitto, l’Ue ha già incluso diverse aziende cinesi nei pacchetti di sanzioni comminati alla Russia e ai suoi alleati.C’è poi il nodo commercio. Nel 2024 le relazioni commerciali bilaterali hanno raggiunto un valore di 730 miliardi di euro. Ma è cresciuto progressivamente anche il deficit dell’Ue nei confronti della Cina, che tocca ora i 305 miliardi. L’analisi di Bruxelles è nota: distorsioni sistemiche, barriere commerciali e la sovra-capacità produttiva di Pechino “aggravano le condizioni di disparità”. Von der Leyen ha attaccato: “A differenza di altri mercati importanti, l’Ue mantiene il suo mercato aperto alla Cina. Tuttavia, questa apertura non è ricambiata”. L’altro mercato è un riferimento agli Stati Uniti di Trump, ben presenti sullo sfondo – e nelle menti – dei leader impegnati al vertice. Tant’è che von der Leyen ha affermato chiaramente che “la necessità di riequilibrare le nostre relazioni è ancora più urgente a causa dell’aumento globale dei dazi“.Sulla destra la delegazione Ue con Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas, sulla sinistra il presidente cinese Xi Jinping e il suo team durante i lavori del summit Ue-Cina a PechinoBruxelles ha visto diversi contenziosi con Pechino negli ultimi anni: i dazi sui veicoli elettrici e l’esclusione delle imprese cinesi dagli appalti pubblici per dispositivi medici ne sono due esempi. D’altra parte, la Cina ha imposto misure di difesa commerciale “ingiustificate e di ritorsione” sei confronti del brandy, della carne suina e di prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Ue.Sulla reciprocità e l’accesso al mercato cinese alle aziende europee, “abbiamo convenuto di lavorare a soluzioni concrete”, ha annunciato la leader Ue. Quanto alla sovra-capacità nell’economia cinese – oltre che nei veicoli elettrici, anche nell’acciaio, nelle batterie, nei pannelli solari – “la leadership cinese ha espresso la volontà di sostenere maggiormente i consumi e meno la produzione“.L’ultimo punto, l’unico in cui von der Leyen ha strappato a Xi Jinping qualcosa in più rispetto a una generico impegno, riguarda il controllo statale sulle esportazioni di terre rare dalla Cina, che secondo Bruxelles starebbe rallentando le catene di approvvigionamento globali. Le due parti hanno raggiunto un’intesa su un nuovo “meccanismo di approvvigionamento per l’esportazione potenziato”, che dovrebbe risolvere rapidamente eventuali colli di bottiglia.Nessuna dichiarazione congiunta a corredo del vertice, salvo per un impegno scritto per l’azione contro i cambiamenti climatici, nella quale Bruxelles e Pechino hanno affermato di voler “guidare gli sforzi globali per ridurre le emissioni di gas a effetto serra“, e in cui l’Ue ha incoraggiato la Cina a proporre un piano ambizioso per la riduzione delle emissioni fino al 2035 e ad aumentare i propri contributi finanziari internazionali, “in linea con le sue dimensioni e la sua responsabilità globale”.

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    “Cambiamo insieme il Wto”. L’invito dell’Ue al Giappone (in senso anti-Trump)

    Bruxelles – “Possiamo cambiare le regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), così da rispondere alle sfide di oggi e di domani”. E’ la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a offrire il senso politico, che poi è geo-strategico, del summit Ue-Giappone ospitato dal partner asiatico. La dichiarazione finale serve a ribadire la volontà di una maggiore cooperazione bilaterale, ma il documento è anche un manifesto dichiaratamente anti-Trump.Contro le iniziative anti-commerciali dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti, recita il documento, “riaffermiamo l’importanza della cooperazione Ue-Giappone per sostenere il sistema commerciale multilaterale libero e basato su regole con l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc, o Wto) al suo centro“. Ed è qui che arriva la specifica di von der Leyen, che fa leva sul ruolo politico del Giappone in veste di membro dell’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP), l’area di libero scambio che comprende Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore e Vietnam.La Bce: “Con la Cina nel Wto meno democrazia nel mondo in nome del commercio, ma l’Ue ha le sue colpe”“Insieme, l’Ue e i paesi aderenti al CPTPP possono guidare una riforma significativa dell’Organizzazione mondiale del commercio, in modo che le regole del commercio globale riflettano le sfide odierne e i rischi futuri”, insiste von der Leyen. E’ questa la chiamata alle armi per un nuovo ordine globale che sia chiaro, certo, e prevedibile, ora più  che mai.La riforma del Wto è un obiettivo strategico per l’Unione europea, fissato nell’agenda politica a dodici stelle ormai da anni, e con cui, da più tempo ancora, ragiona sempre con Tokyo. Ora è il momento di rilanciare il processo, come conferma anche il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa: “Siamo uniti nel difendere un ordine economico prevedibile e basato su regole“. E’ questo un passaggio chiave, che è un messaggio contro l’approccio dell’America di Trump, a cui l’Ue risponde con una presa di distanze. E non finisce qui, perché, spiega ancora Costa, “in un mondo di crescente incertezza, stiamo anche intensificando gli sforzi congiunti per rafforzare la sicurezza e la resilienza economica”. Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, il primo ministro del Giappone, Shigeru Ishiba, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen [Tokyo, 23 luglio 2025]Ue e Giappone sono decisi ad approfondire le relazioni bilaterali già esistenti, che riguardano commercio, materie prime, e soprattutto difesa. E’ previsto per il prossimo anno il primo dialogo sulla difesa Ue-Giappone, oltre al lancio di una piattaforma industriale del settore. La base di aziende del comparto di entrambe le parti sarà dunque rilanciata, perché, questo il sentore comune, una maggiore sicurezza nippo-europea contribuisce ad una maggiore stabilità della regione dell’indo-pacifico cara al Giappone come all’Europa.“Relazioni forti e stabili trar Unione europea e Giappone sono essenziali per mantenere e rafforzare un ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole e sullo stato di diritto”, sottolinea il primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba. Una visione che vale soprattutto per gli aspetti economico-commerciali. “Siamo d’accordo a lavorare insieme per mantenere e rafforzare il sistema basato sulle regole”, che passa attraverso “il multilateralismo con il Wto al centro” di questo ordine. La sfida a Trump è dunque lanciata, mentre viene rilanciata l’agenda di riforma dell’organizzazione mondiale per il commercio.

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    I vertici Ue a Tokyo, Trump annuncia un accordo sui dazi con il Giappone. È la corsa ad un nuovo ordine mondiale del commercio

    Bruxelles – Meno dazi e più commercio: l’Unione europea vuole trovare in Asia alternative commerciali agli Stati Uniti, che però nel continente arrivano prima degli europei. L’Ue ha capito che occorre darsi da fare, ma gli Usa sembrano aver giocato d’anticipo. Nel momento in cui i presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, mettono piede in Giappone, proprio con Tokyo la Casa Bianca annuncia l’intesa per nuove relazioni commerciali. In estrema sintesi: per i beni giapponesi dazi ‘solo’ del 15 per cento, ma opportunità di investimento giapponese negli Usa per 550 miliardi di dollari.Le mosse dell’amministrazione Trump intendono creare una concorrenza tutta nuova che va nella direzione di un senso anti-europeo, in un momento in cui l’Ue tenta la penetrazione commerciale mondiale per stessa ammissione di von der Leyen. “Stiamo ovviamente lavorando per ristabilire il nostro partenariato commerciale con gli Stati Uniti su basi più solide, ma sappiamo anche che l’87 per cento del commercio globale avviene con altri Paesi, molti dei quali alla ricerca di stabilità e opportunità”, afferma la presidente dell’esecutivo comunitario nel discorso pronunciato in occasione del conferimento della laurea honoris causa dell’università di Keio. In questa corsa l’annuncio di Trump brucia sui tempi l’Ue, con le ripercussioni del caso.Se il Giappone cede all’intesa con Trump gli europei potrebbero correre il rischio di aver già perso un potenziale alleato nella nuova idea di commercio del futuro. “Sia l’Europa che il Giappone vedono un mondo tutto intorno a sé in cui gli istinti protezionistici crescono, le debolezze vengono trasformate in armi e ogni dipendenza viene sfruttata”, ragiona a voce alta von der Leyen, convinta che “è quindi normale che due partner con idee simili si uniscano per rafforzarsi a vicenda”. Però il governo giapponese potrebbe averla smentita, con la complicità dell’azione di governo di Trump.In America latina l’Ue è arrivata tardi e male, e ora sconta la forte presenza della CinaLa Commissione europea e la sua presidente hanno certamente goduto di un vantaggio di qualche mese. Prima dell’insediamento di Trump sono state raggiunte intese commerciali con i Paesi dell’area Mercosur (Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Uruguay) e con il Messico, chiusi entrambi proprio in previsione di un ritorno dell’attuale presidente degli Stati Uniti alla guida del Paese. Due colpi messi a segno in quella che gli Usa storicamente e tradizionalmente considerano una propria zona di interesse, se non di influenza. Ora che Trump è saldamente al suo posto l’Ue ha perso il vantaggio iniziale, e il colpo affondato sotto il naso degli europei proprio con i vertici Ue presenti sul posto ne è la riprova.C’è molto da perdere, e von der Leyen ne è ben consapevole: “Sono convinta che il periodo in cui ci troviamo ora, e il modo in cui lo gestiamo, definirà il resto di questo secolo“, la considerazione offerta al pubblico dell’università di Keio. L’America di Trump continua a marciare e conquistare terreno, gettando le basi per questo nuovo ordine, che però non è quello che hanno in mente gli europei. Von der Leyen non si arrende, e prova a far ragionare i partner: “Non possiamo accettare di cadere nella fallacia che le cose torneranno come prima, se solo una guerra in una regione finisse, o un accordo tariffario venisse raggiunto o un’elezione andasse diversamente la prossima volta”. Peccato che Trump annunci un accordo Usa-Giappone, mentre l’Ue deve attendere.

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    Summit Ue-Cina, l’Europa prova a giocare la carta asiatica contro gli Usa di Trump

    Bruxelles – Alla ricerca di cooperazione con la Cina, ma pronti a fare a meno di Pechino se le relazioni non saranno possibili. L’Unione europea intravede nella Repubblica popolare la risposta all’America di Trump, in un vertice bilaterale che arriva in una congiuntura tanto delicata quanto potenzialmente strategica. I presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, si recheranno in Asia la prossima settimana (24 e 25 luglio) per cercare di ridefinire relazioni con la Cina nel doppio tentativo di scrivere un nuovo capitolo di scambi commerciali e dotarsi di una leva di pressione per rispondere ai dazi Usa.La missione non è di quelle semplici, e a Bruxelles lo sanno bene. La Cina è un interlocutore scomodo, spigoloso, al cospetto del quale l’Ue si presenta oltretutto in una posizione poco confortevole e ancor meno invidiabile: il Paese è definito chiaramente una minaccia per l’Unione europea, i suoi interessi e la sua sicurezza, ed è stato inserito nella lista dei ‘cattivi’, ma si va a chiedere una sponda per uscire dall’angolo in cui la Casa Bianca ha spinto gli europei.Il freddo riavvicinamento tra Ue e Cina. Von der Leyen: “Rapporto complesso che dobbiamo far funzionare”Ci sono tensioni commerciali tra Bruxelles e Pechino: i dazi europei sull’auto elettrica cinese, la sovra-produzione cinese di acciaio con cui inonda i mercati globali di prodotti a basso costo e che si intreccia con le restrizioni imposte dagli Stati Uniti sullo stesso prodotto. E poi c’è la questione delle reciprocità, regole del gioco che sono ancora troppo diverse. La Cina non permette l’ingresso all’interno del proprio mercato, e distorce quello globale con sussidi pubblici. Ciò nonostante si vuole cogliere l’occasione del 25esimo summit Ue-Cina per provare quanto meno a gettare le basi per un nuovo corso, e dare anche messaggi a Trump.Von der Leyen e Costa andranno a Pechino da Xi Jinping (presidente) e Li Qiang (primo ministro) “con uno spirito positivo e costruttivo”, ammettono a Bruxelles. Del resto non avrebbe senso tenere un summit se le aspettative fossero minime e anche meno di minime. “Non siamo pronti a compromessi su valori, ma siamo pronti a commerciare se ce ne sono le condizioni“, ammettono gli addetti ai lavori a Bruxelles. “Ribadiremo che siamo un partner affidabile”, sottolineano funzionari Ue. L’obiettivo è segnare distanze e differenze con gli Stati Uniti. Certo, reciprocità e nessuna distorsione del mercato restano gli obiettivi da raggiungere, in assenza dei quali l’Ue è pronta a cercare altri mercati. “Diversificazione, e non riduzione dei rischi, è l’approccio da tenere con la Cina” in questo momento.Von der Leyen ora guarda a est: India e Cina come alternativa all’America di TrumpLo dimostra il summit con il Giappone che anticipa quello con la Cina. Von der Leyen e Costa voleranno prima a Tokyo (23 luglio) per discutere di tre argomenti principali di cooperazione: sicurezza e difesa, commercio e sicurezza economica, difesa del multilateralismo e dell’ordine internazionale fondato su regole. Gli ultimi due punti sono sempre in funzione di una risposta alle politiche degli Stati Uniti. Una logica che stride con la visita che seguirà a Pechino. Il summit Ue-Giappone sarà l’occasione per “fare pressione” sulla Repubblica popolare, ammettono a Bruxelles, su temi come ordine mondiale e regionale e divieto di sostegno alla Russia. Cose che non faranno piacere alla leadership cinese, mai favorevole a ingerenze nelle decisioni interne e alla manovre su un quadrante di mondo dove gli interessi del Dragone non sono pochi.Non c’è solo Taiwan nelle mire della Cina, che considera l’isola come parte del Paese. Nel mar cinese meridionale le isole Spratly sono oggetto di contese sino-filippine. De facto nella zona economica esclusiva di Manila,  per le contestazioni di Pechino. L’Ue ha rilanciato il partenariato con le Filippine, senza riconoscere le rivendicazioni territoriali cinesi, e di fatto riconoscendo le ragioni dell’altro. Un altro elemento che può essere usato contro l’Ue.

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    L’Ue concluderà un accordo di libero scambio con l’Indonesia entro settembre

    Bruxelles – Incapace di fare la voce grossa nel braccio di ferro sui dazi commerciali con Donald Trump, l’Unione europea ha individuato due strade per non uscirne con le ossa rotte: da un lato l’approfondimento del mercato unico da un lato, dall’altro la ricerca spasmodica di nuove partnership commerciali. In America Latina e nei Caraibi, in Asia Centrale e in Australia, Bruxelles cerca di tessere una tela di accordi di libero scambio. Ieri (13 luglio) un nuovo tassello: l’obiettivo è finalizzare entro settembre un accordo di partenariato economico globale con l’Indonesia.L’hanno annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Repubblica d’Indonesia, Prabowo Subianto. I negoziati erano in corso da 10 anni, ma la guerra commerciale globale scatenata da Trump ne ha imposto una decisa accelerazione. Se l’Ue rischia dazi del 30 per cento a partire dal primo agosto, all’Indonesia non è andata meglio: nella ‘letterina’ arrivata da Washington, all’arcipelago del sud-est asiatico sono stati annunciate tariffe del 32 per cento.Prabowo Subianto e Ursula von der Leyen a Bruxelles, 13/07/25“In tempi di sfide globali come questi, i partner devono stringere i loro legami”, ha sottolineato von der Leyen a margine dell’accordo politico raggiunto con Subianto. II Cepa (Accordo di partenariato economico globale) promuoverà il commercio e gli investimenti tra Bruxelles e Giacarta e sosterrà la cooperazione sulle materie prime critiche, estratte in gran quantità nelle isole vulcaniche della Repubblica d’Indonesia. “L’accordo aprirà nuovi mercati e creerà migliori opportunità per le nostre imprese. Contribuirà inoltre a rafforzare le catene di approvvigionamento di materie prime essenziali, fondamentali per l’industria europea delle tecnologie pulite e dell’acciaio“, ha affermato la leader Ue.Per il presidente indonesiano l’accordo “non riguarda solo il commercio, ma anche l’equità, il rispetto e la costruzione di un futuro forte insieme”. L’Indonesia, con un Pil di 1.200 miliardi di euro, è divenuta rapidamente una delle maggiori economie globali, oltre ad essere la terza democrazia più grande al mondo e il quarto Paese per popolazione. Un gigante della regione, che rappresenta più di un terzo del Pil dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean). Ma se l’Ue è il quinto partner commerciale per l’Indonesia in termini di scambio di beni e servizi, viceversa Giacarta è solo al 33esimo posto nella classifica di Bruxelles. L’anno scorso, l’Ue ha esportato beni per 9,7 miliardi di euro in Indonesia, importando invece per un totale di 17,5 miliardi di euro.L’Indonesia e il nodo deforestazioneDa Giacarta arrivano soprattutto prodotti agricoli e materie prime. Olio di palma, caffè, cacao, ma anche carbone, stagno, gomma. Prodotti che arrivano dalle foreste pluviali del Borneo, di Sumatra, di Sulawesi: quel che non dice von der Leyen è che l’Indonesia ha un tasso di deforestazione tra i più alti al mondo, in aumento costante negli ultimi anni. Dal 1990, il Paese ha perso circa il 25 per cento delle sue foreste secolari e secondo l’ong Global Forest Watch, dal 2001 al 2024 il 76 per cento della perdita di copertura arborea è legata ad attività di deforestazione. La distruzione delle foreste è dovuta appunto principalmente all’attività mineraria, alla produzione di olio di palma e al commercio di legname.L’Indonesia non è tuttavia stata inserita nella lista dei Paesi ad alto rischio di deforestazione, stilata da Bruxelles come previsto dal regolamento Eudr sulla deforestazione importata. Nell’elenco ci sono solo Russia, Bielorussia, Corea del Nord e Myanmar. Nei loro confronti l’Ue rafforzerà, a partire dal 30 dicembre 2025, i controlli alle importazioni di prodotti come carne bovina, cacao, caffè, olio di palma, gomma, soia e legno.

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    Lange: L’Europa negozia, ma l’imprevedibilità di Trump sta danneggiando l’intero pianeta

    Strasburgo – Il presidente del comitato per il commercio internazionale del Parlamento europeo, Bernd Lange, in una conferenza stampa al Parlamento europeo, ha riferito lo stato delle trattative dell’Ue con l’America di Donald Trump.In un turbine di grande confusione il presidente americano ha annunciato tra l’altro nuovi dazi del 50 percento sul rame e starebbe valutando ulteriori dazi del 200 percento sui prodotti farmaceutici.Intanto a partire dal primo agosto, prenderanno efficacia i dazi fra il 25 ed il 40 percento per i Paesi considerati non collaborativi dal tycoon, come il Giappone.Lange nella mattinata di oggi (9 luglio) ha tuttavia espresso la prontezza dell’Europa, affermando che i negoziati continueranno a svolgersi e che sono attualmente in valutazione diverse soluzioni per far fronte alle politiche commerciali di Washington e che “stiamo provando a trovare un punto d’incontro con Trump”.Il presidente del comitato si è anche mostrato piuttosto scettico riguardo i dazi su prodotti farmaceutici del 200 percento, sottolineando che i maggiori partner commerciali dell’Unione Europea nell’ambito farmaceutico sono proprio gli Stati Uniti, che assorbono circa il 38,2 percento dell’export, rendendosi clienti dell’Ue per 119 miliardi, e che in tal caso l’Europa, se necessario, adotterebbe una politica ferma e decisa, istituendo una maggiore tassazione a sua volta.Tuttavia Lange conclude sottolineando il gran numero di incognite ancora presenti nei rapporti con la Casa Bianca, e rispondendo alle domande dei presenti, ammette come “la imprevedibilità e la inaffidabilità degli Usa stanno danneggiando l’intero pianeta, e sono inaccettabili”.

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    La Bce: “Con la Cina nel Wto meno democrazia nel mondo in nome del commercio, ma l’Ue ha le sue colpe”

    Bruxelles – L’ingresso della Cina nell’organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ha segnato un arretramento del livello democratico dei partner commerciali dell’Ue. Questo sostiene la Banca centrale europea, in un’analisi pubblicata sul blog della Bce, che rappresenta un attacco frontale alla Repubblica popolare e al suo modello politico.Commercio e libero scambio fanno bene all’economia e al quieto vivere, permettendo rapporti cordiali e prosperità. Questo il credo dietro l’azione dell’Unione europea, a cui ora però, la Bce ‘fa le pulci’. Il risultato è che con il libero scambio senza ‘se’ e senza ‘ma’ è che a rimetterci sono valori, principi e diritti. In sostanza, col troppo libero commercio a rimetterci è la democrazia.La questione di fondo è la seguente: perché il profilo democratico dei partner commerciali europei è diminuito negli ultimi 25 anni? Per la Bce “è possibile che questo sviluppo sia interamente dovuto alla Cina“. Come viene messo in risalto, dopo aver trascorso decenni al di fuori del sistema commerciale internazionale, nel 2001 la Cina è entrata a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. “Dato il punteggio molto basso della Cina” nell’indice commerciale ponderato per la democrazia, “è possibile che il deterioramento osservato nel profilo democratico delle importazioni dell’Ue sia interamente dovuto al commercio dell’UE con questo partner molto influente“, afferma la Bce.I presidenti di Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin, tra i generali durante la parata miliare a Mosca per le celebrazioni della grande vittoria [foto: imagoeconomica]C’è però un problema di fondo che riguarda un più generale deterioramento globale e scelte proprie dell’Unione europea, quella di non isolare governi autoritari e illiberali. “Commerciare con i dittatori equivale a generare profitti per regimi che spesso hanno un’esplicita agenda espansionistica e militarista“, rileva l’analisi della Bce. Decidere di non chiudere le porte a determinati soggetti produce “l’aumento del rischio geopolitico ha implicazioni per tutti gli aspetti dell’ordine economico globale”. Nella lista degli aspetti figurano la politica monetaria, la stabilità finanziaria e i flussi di capitali internazionali, “soprattutto per un’economia aperta come quella europea”. In definitiva, che si tratti della Turchia dell’anti-democratico Erdogan, dell’Israele guidato da un Benjamin Netanyahu accusato di crimini contro l’umanità e o della Russia di Putin, cambia poco: “Questo può potenzialmente diventare una sfida esistenziale per l’Ue”.La Cina può aver giocato un ruolo, ma per l’Ue la sfida “più ovvia” in materia di contratti e accordi commerciali “riguarda la sua reputazione di unione economica e politica basata sui valori”. In tal senso, rileva ancora la Bce, “il declino della qualità della governance democratica del suo partner commerciale medio dal 1999 può essere percepito come incoerente con gli obiettivi di politica commerciale sostenibile dell’Ue, volti al rispetto dei diritti democratici, umani e sociali”. Considerando che negli ultimi 25 anni l’Unione “ha commerciato sempre più con autocrati e dittatori”, questo aspetto “non può essere rivendicato con successo dall’Ue”.