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    Russia ‘cinese’: Mosca vende petrolio e gas a Pechino, che vale quasi il 50% dell’import di beni

    Bruxelles – La Russia ‘cinese’. Con la guerra in Ucraina che prosegue e le sanzioni Ue che mordono, l’orso ha bisogno del dragone, che se da una parte viene in soccorso del Cremlino dall’altra penetra sempre più in quella che all’inizio del conflitto era l’11esima economia mondiale. Lo stop decretato dall’Unione europea al greggio (in vigore da dicembre 2022) e a seguire ai prodotti petroliferi (febbraio 2023) non ha fermato l’export della federazione russa. Anzi. La Banca centrale europea rileva che “il volume delle esportazioni russe di petrolio, il suo principale prodotto di esportazione, è effettivamente aumentato nonostante le sanzioni dell’Ue e del G7”.
    La dinamica non sorprende. Mosca ha risposto all’azione dell’occidente reindirizzando i flussi dall’Europa verso la Cina e la Turchia, nonché verso nuovi partner commerciali in Africa, Medio Oriente e in India. Una riorganizzazione obbligata, per continuare ad alimentare economia nazionale e mantenere vivo la macchina da guerra. Ma pure una scelta che rischia di ridisegnare gli equilibri geopolitici. Perché, rileva la Bce, questo riorientamento del Cremlino “ha reso la Russia più dipendente da partner commerciali non sanzionatori, rendendo l’economia del Paese più fragile nel complesso”.
    Un esempio su tutti è offerto dai ‘numeri’ della Repubblica popolare cinese. “A partire da gennaio 2023, la Cina da sola fornisce quasi la metà delle importazioni di merci dalla Russia“. Sopperisce, per quello che può, alla mancanza di quei prodotti che non arrivano più dall’Unione europea. Allo stato attuale, almeno a Francoforte rimane “poco chiaro” se le nuove importazioni siano della stessa qualità di quelle perse. L’industria russa faceva molto affidamento sui beni high-tech dei partner commerciali occidentali prima della guerra. Le sanzioni imposte a questi prodotti hanno fatto sì che non siano disponibili, siano stati sostituiti da alternative di bassa qualità o siano diventati molto più costosi.
    Se da una parte questa vicinanza commerciale induce ad alimentare i timori peraltro diffusi della creazione di un blocco sino-russo, dall’altra parte si assiste ad uno sbilanciamento russo verso la Cina, a cui Gazprom ha comunque iniziato a vendere più gas compensando così “parzialmente” i mancati acquisti a dodici stelle. Una penetrazione commerciale cinese in territorio russo vorrebbe dire riscrivere gli equilibri economici della regione. Cosa che sta avvenendo. La Russia ‘cinese’ può essere la nuova realtà con cui dover fare i conti.

    Mosca ha dovuto ri-orientare la sua economia per rispondere alla sanzioni Ue. Vende più petrolio, ma dipende fortemente dalla repubblica popolare

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    Washington rassicura Bruxelles: “Sapremo superare le preoccupazioni su Inflation reduction act”

    Bruxelles – Nessuno scontro, nessuna nuova guerra commerciale. Unione europea e Stati Uniti cercano un nuovo corso, con la rappresentante al Commercio di Washington, Katherine Tay, decisa a rassicurare i partner. “Sono fiduciosa che sapremo superare le preoccupazioni espresse sull’Inflation reduction act”, il provvedimento varato oltre oceano per frenare l’inflazione. Un dispositivo che nel vecchio continente è visto come uno strumento potenziale di sostegno alle imprese a stelle e strisce a scapito di quelle a dodici stelle.
    Il piano da circa 369 miliardi di dollari varato dall’ammnistrazione Biden tocca da vicino il settore delle tecnologie verdi, con l’Ue che vede minacciata la strategia politica e industriale racchiusa nel Green Deal e negli sforzi di transizione green. L’Inflation reduction act prevede, tra le altre cose, sgravi fiscali per acquistare prodotti Made in Usa tra cui automobili, batterie ed energie rinnovabili.
    “Gli incentivi e i sussidi certamente hanno un ruolo nello sviluppo delle tecnologie verdi, ma non devono mettere in discussione le regole del mercato”, ribadisce una volta di più il commissario Ue al Commercio, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa congiunta di fine incontro. Richiami che trovano l’attenzione della controparte. “Il presidente Biden mi ha incaricata di promuovere lo sviluppo sostenibile e rafforzare le relazioni con l’Unione europea”, la replica di Tay.
    In tal senso c’è l’intesa della due parti a lavorare per fare in modo che prima dell’estate sia pronta la cooperazione per le catene di approvvigionamento e la green economy. Non solo. Unione europea e Stati Uniti intendono produrre “sforzi comuni per decarbonizzare il settore dell’alluminio e dell’acciaio”.
    Tutto sembra rientrare, dunque. L’Ue vuole evitare un nuovo scontro commerciale come quello esploso durante l’amministrazione Trump, che ha investito anche il settore siderurgico ma non solo quello. Un concetto chiaro che sia Tay sia Dombrovskis precisano, una dopo l’altro. “Abbiamo molto da guadagnare a lavorare insieme invece che farci la guerra commerciale“.

    . @PaoloGentiloni “We have one of the strongest relationships in decades with the United States This crisis has consequences above all for the European economy. We need to consolidate our industry rather than start a subsidy war with the 🇺🇸” @eunewsit pic.twitter.com/aT9TnMmNQe
    — emanuele bonini (@emanuelebonini) January 17, 2023

    Un concetto, quest’ultimo, ribadito nel corso di giornata anche dal commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, in occasione dei lavori del consiglio Ecofin, diverse ore prima del bilaterale Dombrovskis-Tay. “Abbiamo uno dei partenariati transatlantici più forti degli ultimi decenni, la nostra industria va resa più solida più che esporla a lotta di sussidi con gli Stati Uniti”.

    La rappresentante per il Commercio Usa: “Biden mi ha conferito l’incarico di rafforzare le relazioni con l’Ue”. Sollievo di Dombrovskis e Gentiloni: “No a guerra commerciale”

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    Il primo summit di alto livello Ue-Asean tra Russia, energia, sicurezza e sostenibilità

    Bruxelles – Sicurezza e stabilità, a livello mondiale e regionale. Senza trascurare il commercio, la questione energetica e la transizione sostenibile. Unione europea e Asean (blocco che racchiude Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam) discutono di tutto questo nel primo summit di alto livello di sempre, a livello di capi di Stato e di governo, organizzato in occasione dei 45 anni di relazioni diplomatiche. “L’occasione di ribadire la vicinanza e la cooperazione tra i due blocchi in un momento di turbolenza”, caratterizzato dal conflitto russo-ucraino e le sue conseguenze, ma non solo, si sottolinea a Bruxelles.
    Le tensioni nel mar cinese del sud, con la rinnovata contrapposizione tra Cina e Taiwan, il colpo di Stato militare in Myanmar, membro Asean, e il cui leader non è stato invitato al summit, i cambiamenti in Afghanistan, sono tutti elementi di un’agenda ricca di sfide che i due blocchi sono decisi ad affrontare insieme. Si intende rilanciare relazioni costruite nel tempo e che i tempi moderni necessitano di aggiornare. Quello Ue-Asean è “un partenariato bilaterale strategico” che si intende rendere ancor più fondamentale, ammettono addetti ai lavori. Sul fronte comunitario le aspettative sono altre. Si guarda quanto fatto in passato e cosa fare per il futuro, incluso transizione sostenibile.
    A tal proposito la questione della cooperazione industriale ed economica intende permettere di allineare i Paesi del sud-est asiatico all’agenda verde dell’Unione. Gli Stati asiatici sono ancora fortemente dipendenti dal carbone, ma “pieni di potenziale pulito”, riconoscono a Bruxelles. Sarà fondamentale dunque investire qui, e la Commissione europea metterà sul tavolo il primo pacchetto di investimento per l’Asean da 10 miliardi di euro. Servirà per sostenere, innanzitutto con fondi pubblici, competenze, digitale, sostenibilità. Con l’obiettivo di mobilitare anche capitale privato.
    Il capitolo relativo alle relazioni economico-commerciali sarà un tema portante del summit Ue-Asean. A riprova di ciò è prevista, a margine del vertice, la firma di due partenariati con Thailandia e Malesia, nonché l’accordo comprensivo sui trasporti. Dati alla mano, l’Asean è il terzo partner commerciale dell’Ue al di fuori dell’Europa, dopo Stati Uniti e Cina. Mentre nel 2021 l’Ue è stata il secondo maggiore fornitore di investimenti diretti esteri esteri nell’area Asean. “Le relazioni commerciali sono importanti” e si intende rafforzarle. “Si promuove multilateralismo”, si sottolinea nella capitale dell’Ue. Un messaggio rivolto a chi, sullo scacchiere internazionale, preferisce protezionismi.
    Il tema più delicato è quello relativo alla Russia. La dichiarazione finale del summit prevede un passaggio sull’aggressione in Ucraina, e servirà un lavoro attento a parole e toni per trovare una formula che metta d’accordo entrambe le parti. Nulla di impossibile. A Bruxelles si dicono “certi che si troverà il linguaggio appropriato, e che mandi un messaggio chiaro e inequivocabile”.
    Nel più ampio spettro di politica estera dei Ventisette, si intende cercare quanto più possibile di attuare i principi della strategia indo-pacifica all’area del sud-est asiatico. Vuol dire lavorare assieme ai 10 Paesi dell’area per uno sviluppo sostenibile, attento al fenomeno dei cambiamenti climatici e di risposta ai disastri naturali che ne derivano. La base di partenza, qui, è il piano d’azione Ue-Asean 2023-2027, che intende sviluppare una risposta comune a queste problematica, inclusa la ripresa post-pandemica e una cooperazione nel campo della salute.
    Altro tema di quest’agenda quadriennale è la lotta allo sfruttamento del lavoro e la promozione di condizioni occupazionali rispettosi della dignità. Un aspetto, quest’ultimo, non indifferente sia per la questione dei diritti umani sia perché l’Ue tocca l’aspetto economico-commerciale. L’Ue ha deciso di non far entrare nel mercato unico prodotti frutto del lavoro forzato, e altrettanto ha deciso per tutti i ‘made in’ extra-Ue frutto del lavoro minorile. Il primo summit di alto livello Ue-Asean non è solo una passerella per i leader.

    Dopo 45 anni di relazioni diplomatiche a Bruxelles il vertice a livello di blocchi per rendere ancora più strategica un’alleanza vista come irrunciabile

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    Il Parlamento Ue vuole maggiori relazioni con Taiwan

    Bruxelles – Stabilire nuove, maggiori relazioni con Taiwan, con condanna per le manovre militari di Pechino nello stretto che separa continente e isola di Formosa. Dal Parlamento europeo arriva un voto che rischia di creare nuovi motivi di tensioni e frizioni politiche nella già tese relazioni Ue-Cina. La risoluzione approvata a larga maggioranza dall’Aula (424 favorevoli, 14 contrari e 46 astenuti) è una presa di posizione chiara, netta, sullo scacchiere internazionale. I deputati europei si schierano con la Repubblica di Cina (ROC), che l’altra Repubblica, quella Popolare, non riconosce come tale e considera, da sempre, parte integrante della PRC.
    “Nell’isola democratica di Taiwan, spetta al popolo decidere come vivere”, recita il testo adottato. Una frase, con la sottolineatura della natura democratica dell’isola, che suona come critiche al regime di Pechino, già oggetto di critiche e censure da parte dell’Eurocamera per le repressioni degli uighuri. Un passaggio che, soprattutto chiarisce che il Parlamento non riconosce le pretese annessionistiche della Cina.
    La mozione che chiede maggiori relazioni con Taipei rafforza inoltre l’alleanza tra Unione europea e Stati Uniti per Taiwan. A inizio agosto la visita ufficiale della presidente della Camera dei rappresentanti USA, Nancy Pelosi, nella capitale della ROC, ha prodotto un terremoto diplomatico. Alle reazioni di Pechino è seguito il richiamo degli ambasciatori, inclusi quelli dell’Ue. Adesso l’Aula chiedono alla Commissione europea di ravvivare il dialogo Unione europea-Taiwan e “avviare senza indugio” una valutazione d’impatto, una consultazione pubblica e un esercizio di definizione dell’ambito di un accordo bilaterale di investimento con le autorità taiwanesi. Un altro modo per riconoscere che non c’è un’unica Cina, come invece sostiene Pechino.

    L’Aula approva a larga maggioranza una risoluzione che fa prendere una posizione chiara, in senso anti-Pechino

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    Sefcovic: “Non abbiamo rapporti diretti con le autorità delle Isole Falkland”

    Bruxelles – I liberali in Parlamento europeo ripropongono la questione delle isole Falkland, territori d’oltremare britannici ma rivendicate da sempre dall’Argentina. La Brexit ha messo a nudo tutta una serie di questioni irrisolte, come quella di Gibilterra, e l’europarlamentare di RE, Jordi Cañas, invita la Commissione europea ad affrontarne uno in particolare ora che il Regno Unito non è più membro dell’Ue. Con tanto di interrogazione parlamentare, l’esponente liberale chiede se l’Ue intende avviare trattative commerciali separate con l’arcipelago del sud America visto che l’accordo di recesso non riguarda le Falklands, un aspetto che ha rilanciato le mire argentine e prodotto più di qualche attrito tra Bruxelles e Londra.
    Adesso arriva il nuovo intervento di matrice Ue in una questione ancora molto delicata per il Regno Unito. Cañas ricorda che le isole oggetto di interrogazione parlamentare sono oggetto di contenzioso. “L’Argentina chiede la restituzione del territorio per esercitare un’effettiva sovranità su di esso”, una controversia “riconosciuta dalle Nazioni Unite”.
    Sarà per questo che la risposta fornita da Maros Sefcovic è di quelle che chiarisce che si preferisce la via del quieto vivere. “La Commissione “non ritiene necessario chiedere un’autorizzazione al Consiglio per avviare negoziati con il Regno Unito su un accordo commerciale preferenziale per le Isole Falkland (Malvinas), e non ha avviato alcun dialogo con il Regno Unito al riguardo”, fa sapere il commissario per la Relazioni inter-istituzionali, che di fatto prende una posizione chiara nella mai superata questione delle isole al largo della Patagonia. La risposta, che include in nome in lingua spagnola dello stesso arcipelago, riconosce che effettivamente c’è una questione.
    Allo stesso tempo, però, Sefcovic, nel ricordare che l’accordo commerciale e di cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Regno Unito, dall’altra, “non si applica a nessuno dei territori d’oltremare che intrattengono relazioni speciali con il Regno Unito (compreso il Isole Falkland (Malvinas)”, riconosce dunque il legame con Londra, ed è per questo motivo che “la Commissione non ha rapporti diretti con le autorità delle Isole Falkland“.
    Di fronte a nuove pressioni che arrivano dal Parlamento europeo, in sostanza, l’esecutivo comunitario fa sapere di non essere disposta a intervenire laddove si preferisce mantenere le distanze. “La Commissione non ha un dialogo specifico con il Regno Unito sulle Isole Falkland (Malvinas)“, continua ancora Sefcovic, precisando che del tema si parla con il governo Johnson. ‘Las Malvinas son argentinas’, dicono gli argentini e tutti quelli che sposano questa impostazione. Per la Commissione, però, fa fede Londra, che nel 1982 ha anche combattuto una guerra con l’Argentina per confermare la propria sovranità.

    Il commissario per le Relazioni inter-istituzionali risponde a un’interrogazione in materia e chiarisce la linea dell’esecutivo comunitario sul tema del Territorio d’Oltremare britannico

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    Stop a carbone e vodka, tagliato di 15 miliardi di euro l’import-export: ecco il quinto pacchetto di sanzioni UE alla Russia

    Bruxelles – Non solo carbone, ma pure trasporti e materiali. Il quinto e ulteriore pacchetto di sanzioni approvato dal Consiglio dell’UE opera una stretta commerciale volta a ridurre le capacità di business del Cremlino così da togliere fonti di finanziamento alla guerra sferrata in Ucraina. Divieto alle esportazioni per complessivi 10 miliardi di euro, cui si aggiunge un divieto alle importazione per un valore di 5 miliardi di euro, per un totale di 15 miliardi di euro in restrizioni. Non ci sono ancora strette su gas e petrolio, come richiede il Parlamento europeo, ma il nuovo set di misure restrittive vede certamente delle novità senza precedenti.
    Carbone, stop a contratti vecchi e nuoviIl principale elemento di questo pacchetto riguarda certamente l’azione dell’UE sul carbone comprato sul mercato dell’est. Si stabilisce il divieto di stipulare nuovi contratti. Così facendo Mosca dovrebbe perdere circa otto miliardi di euro l’anno, secondo le stime della Commissione europea. Mentre per quelli in essere è stata introdotta una moratoria di quattro mesi. Da Bruxelles comunque precisano che la stretta su questa fonte fossile è di fatto iniziata ancora prima dell’adozione del nuovo pacchetto di sanzioni. “Nelle ultime quattro settimane gli acquisti di carbone russo si sono ridotti del 9 per cento in valore e del 20 per cento in volume“, fanno sapere fonti comunitarie, che non si sbilanciano su eventuali passi avanti in materia energetica. In generale, ricordando, “con tutte queste misure dobbiamo stare attenti a non avere conseguenze indesiderate per noi“.
    Restrizione per il settore trasportiPer la prima volta dall’inizio dell’invasione in Ucraina si interviene nel settore trasporti. Si introduce un divieto sul trasporto merci su strada. Riguarda le imprese stabilite in Russia, a cui viene impedito di viaggiare verso il mercato unico europeo. E soprattutto si colpisce “gran parte del trasporto dall’UE alla Russia”. Previste alcune esenzioni per “elementi essenziali”, come i prodotti agricoli e alimentari, e gli aiuti umanitari. Decretato inoltre il divieto di approdo nei porti dell’EU a tutte le imbarcazioni battenti bandiera russa.
    Export, cosa l’Europa non può più vendere Il capitolo più sostanzioso delle misure commerciali che valgono in totale 15 miliardi di euro. Il lavoro tecnico delle 27 delegazioni ha prodotto divieti all’esportazione mirati nelle aree in cui la Russia è vulnerabile a causa della sua elevata dipendenza dalle forniture dell’UE. Ciò include, ad esempio, l’informatica quantistica, semiconduttori avanzati, macchinari sensibili, trasporti e prodotti chimici. Include anche catalizzatori specializzati per l’uso nell’industria delle raffinerie. “Ciò continuerà a degradare la base tecnologica e la capacità industriale della Russia“, assicurano a Bruxelles. Ai divieti di vendite già esistenti vengono aggiunti carburante e additivi per carburante per aerei. Una misura, da sola, che vale 10 miliardi di euro, e che “rappresenta l’intero commercio degli Stati Uniti con la Russia in un anno”. Gradi di paragone non casuali. Quanto deciso, precisano fonti Ue, “è molto più significativo in termini di impatto diretto, perché ovviamente siamo molto più esposti rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti o al Regno Unito”.
    Import, cosa l’Europa non può più comprareUlteriori divieti di importazione, per un valore di 5,5 miliardi di euro, riguardano cemento, prodotti in gomma, legno, alcolici (compresa la vodka), liquori, frutti di mare di fascia alta (compreso il caviale). Solo dalla Vodka l’economia russa conoscerà una perdita stimata in 50 milioni di euro l’anno. Oltretutto il superalcolico rappresenta il 98 per cento dell’import totale dell’UE nel settore delle bevande spiritose, e dunque questa singola componente del pacchetto restrittivo da 15 miliardi di euro sull’import-export rappresenta un duro colpo per il mercato russo.

    Per la prima volta toccato anche il settore trasporti. Fermate le merci su strada da e per la Federazione russa. Tutte misure per togliere soldi a Putin da usare per la guerra contro l’Ucraina

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    Dombrovskis rilancia il TTIP: “Riaprire dibattito” su accordo commerciale UE-USA

    Bruxelles – Adesso l’UE rilancia il TTIP, l’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. Il mutato scenario internazionale, le nuove tensioni geopolitiche e la necessità di farvi fronte mostrano “quanto sia importante avere partner affidabili”, e quale miglior momento per rilanciare le relazioni transatlantiche? La vicepresidente esecutiva della Commissione Ue, Margrethe Vestager, non ha dubbi che “la situazione in Ucraina influenzerà senza dubbio la nostra cooperazione” con Washigton, ma la prende alla lontana. Il suo collega, il vicepresidente esecutivo responsabile per il Commercio, Valdis Dombrovskis, va dritto al punto. “Il TTIP è qualcosa su cui occorre discutere“, riconosce nel corso dell’audizione in commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo.
    Si riprende dunque un accordo commerciale su cui l’UE allora investì molto, fino all’avvento di Donald Trump, che decise di fermare la macchina negoziale. Anche se, anche nel vecchio continente, le riserve non mancarono. L’UE si mostrò poco convinta, con 12 Paesi sugli allora 28 decide ad andare avanti e gli altri più restii, per i dubbi legati alla sostenibilità ambientale dell’accordo e prodotti alimentari considerati troppo ‘OGM e ormoni-friendly’. Il progetto di TTIP (acronimo inglese per Parteniariato transatlantico per commercio e investimenti) “non ha avuto un lieto fine, per problemi sia nell’UE sia negli Stati Uniti”, ma a detta di Dombrovskis “il dibattito dovrebbe essere riaperto“.
    Il comitato bilaterale UE-Stati Uniti per la tecnologia e il commercio è allo stato attuale un consesso limitato, non concepito per rapporti commerciali bilaterali completi e onnicomprensivi. Rappresenta fin qui il compromesso per nuove relazioni, che gli ultimi eventi non possono non considerare. “Forti relazioni  politiche, economiche, commerciali e di sicurezza transatlantiche sono più importanti che mai“, scandisce Dombrovskis. La guerra in Ucraina “mostra che il comitato UE-USA era la cosa giusta da fare”, ma potrebbe non bastare.
    L’UE dunque rilancia il TTIP, chiede agli Stati Uniti di gettare il cuore oltre l’ostacolo e tornare a lavorare per una nuova stagiona euro-atlantica. “Se UE e USA non indicano la via per dare forma alle nostre regole, ai nostri standard e ai nostri strumenti del futuro, vediamo chiaramente quale sia l’alternativa”, insiste riferendosi al presidente russo Vladimir Putin. Resta da capire fino a che punto gli Stati Uniti potranno essere interessati a ripetere l’esperienza. Si potrà capire già giovedì (24 marzo), quando Joe Biden sarà a Bruxelles per partecipare al vertice straordinario della NATO e, poi, a quello dei capi di Stato e di governo dell’UE.

    Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea riapre un tavolo negoziale che sembrava morto e sepolto. “Occorre discuterne”

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    Le sanzioni UE non fermano il commercio della Bielorussia: nel 2021 aumentate le importazioni dei Paesi baltici

    Bruxelles – Sono stati tra i Paesi UE che hanno fatto avanzare la linea più dura nei confronti della Bielorussia di Alexander Lukashenko, ma alla prova del nove i Baltici hanno dimostrato di avere non poche difficoltà a rispettare nei fatti le proprie politiche aggressive. Nei primi dieci mesi del 2021 in Estonia, Lettonia e Lituania le importazioni dalla Bielorussia hanno toccato livelli record, nonostante le dure sanzioni economiche imposte da Bruxelles contro Minsk a giugno.
    Analizzando le statistiche degli Istituti nazionali di ricerca dei tre Paesi baltici, è facile osservare come le relazioni commerciali con la Bielorussia si siano cementate, anziché essere scoraggiate dai rapporti lacerati tra l’Unione Europea e il regime di Lukashenko. Con 522 milioni di euro complessivi, le importazioni dell’Estonia sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente (221 milioni) e anche nei mesi di crisi più acuta – tra maggio e ottobre – la media mensile non è mai scesa sotto i 50 milioni di euro. Discorso simile può essere fatto per la Lettonia, che ha registrato importazioni per 406,5 milioni di euro, il livello più alto negli ultimi 10 anni (nel 2020 si era fermato a 298,5). Ancora più esemplificativo il caso della Lituania, il Paese che per primo ha adottato dure misure per opporsi alla “guerra ibrida” di Lukashenko: nel 2021 le importazioni commerciali hanno toccato il miliardo di euro (erano 830 milioni nel 2020).
    Questi forti aumenti rivelano la complessità in termini economici per i Paesi baltici nel trovare un equilibrio con la retorica aggressiva adottata in politica estera. La Bielorussia è e rimane un importante partner commerciale per questa regione, anche considerato il flusso di merci in arrivo dall’Asia e che vi transita prima di arrivare in Europa Occidentale. Le importazioni da Minsk includono prodotti dell’industria del legno, dei fertilizzanti e del settore del petrolio, quest’ultimo nella lista delle misure restrittive UE e statunitensi.
    Dopo aver negato a dicembre qualsiasi violazione delle sanzioni, il governo estone rischia ora di farsi travolgere dalle polemiche per la crescita di un commercio che evidentemente non riguarda solo “merci di transito” attraverso il Paese. Anche il ministero degli Esteri lettone ha assicurato che gli affari commerciali stanno avvenendo nel rispetto del regime di sanzioni. Ma il rischio è quello di dover affrontare la stessa bufera che si è scatenata poche settimane fa a Vilnius, quando sia il ministro lituano degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, sia quello dei Trasporti, Marius Skuodis, hanno presentato le dimissioni (poi respinte) a causa delle rivelazioni sul trasporto mai cessato del potassio bielorusso sottoposto alle sanzioni di Bruxelles sulla rete ferroviaria nazionale.

    Nonostante le posizioni aggressive in politica estera contro il regime di Alexander Lukashenko, nel 2021 si è registrato un forte aumento delle esportazioni da Minsk in direzione Lituania, Estonia e Lettonia