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    Serbia e Kosovo hanno trovato un accordo sulle targhe grazie alla mediazione dell’Unione Europea

    Bruxelles – “Abbiamo un accordo!”. Il punto esclamativo nel tweet del rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, spiega tutta la soddisfazione per un risultato tanto sperato quanto incerto. Dopo 10 giorni di tensioni, Serbia e Kosovo sono riusciti a trovare un accordo che mette fine alla ‘battaglia delle targhe‘ e buona parte del merito va attribuito alla perseveranza dell’Unione Europe e ai suoi continui appelli a ritornare al tavolo del dialogo.
    La richiesta urgente dell’Unione Europea aveva portato a una due-giorni di incontri a Bruxelles tra i capi-delegazione di Belgrado e Pristina, Petar Petković e Besnik Beslimi, assistiti anche da Gabriel Escobar, vice-segretario statunitense responsabile della politica verso i Paesi dei Balcani Occidentali. In meno di 48 ore i due diplomatici hanno siglato un accordo che prevede il ritiro entro sabato 2 ottobre delle unità speciali di polizia kosovare dispiegate ai valichi di frontiera di Jarinje e Brnjak, con il contemporaneo smantellamento dei blocchi stradali. Da lunedì (4 ottobre) saranno applicate delle etichette adesive al posto del cambio di targa, fino a quando non sarà concordata una soluzione permanente.
    Nel frattempo, un gruppo di lavoro che comprenderà i rappresentanti dell’Unione Europea, della Serbia e del Kosovo lavorerà a una soluzione definitiva sulla base di pratiche e standard comunitari. I lavori di questo gruppo inizieranno il 21 ottobre a Bruxelles e le conclusioni dovranno essere presentate entro sei mesi. “Ringrazio i due capi negoziatori per la loro disponibilità a negoziare e ad accordarsi per il bene delle persone”, ha aggiunto su Twitter il rappresentante speciale Lajčák.
    Prima dell’accordo di oggi tra i rappresentanti di Serbia e Kosovo, la ‘battaglia delle targhe’ si era trascinata sul confine tra i due Paesi dallo scorso 20 settembre. I reparti speciali di polizia kosovara erano intervenuti a supporto dei controlli della guardia di frontiera ai due valichi, dopo la decisione del governo di Pristina di imporre il cambio delle targhe ai veicoli serbi in entrata nel territorio kosovaro. Contemporaneamente alle proteste e ai blocchi stradali, la tensione era aumentata con la risposta di Belgrado, che aveva allertato le proprie truppe nel caso di violazioni dei diritti della minoranza serba in Kosovo e aveva inviato sulla frontiera convogli ed elicotteri militari.

    We have a deal! After two days of intense negotiations, an agreement on de-escalation and the way forward has just been reached. I thank Besnik Bislimi and Petar Petkovic for their readiness to negotiate and agree for the good of the people. pic.twitter.com/OuhuUWvuG0
    — Miroslav Lajčák (@MiroslavLajcak) September 30, 2021

    Raggiunta l’intesa a Bruxelles tra i capi-negoziatori di Pristina e Belgrado, che prevede il ritiro entro sabato 2 ottobre delle unità speciali kosovare e la fine dei blocchi stradali. Entro sei mesi si dovrà trovare una soluzione definitiva

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    Dialogo Serbia-Kosovo: l’UE prende tempo, ma tra Vucic e Kurti è scontro aperto. Tutto rimandato al vertice di luglio

    Bruxelles – Non sono servite nemmeno sei ore per spegnere ogni entusiasmo europeo sul nuovo round di alto livello del dialogo tra Serbia e Kosovo mediato dall’UE, svoltosi questa mattina (martedì 15 giugno) a Bruxelles. Se erano grandi le speranze dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, sui risultati da “iniziare a produrre” nel corso del quarto confronto dal 12 luglio dello scorso anno, ci hanno pensato proprio i leader dei due Paesi balcanici a mettere tutto in soffitta. Se ne riparlerà “entro la fine di luglio, quando il processo proseguirà“, ha dichiarato Lajčák al termine dell’incontro.
    Il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák
    La Commissione Europea prende tempo: il rappresentante speciale UE parla di un “nuovo capitolo”, uno “scambio molto aperto e franco su ciò che ciascuno desidera” e che “entrambi i leader hanno confermato che non c’è altra via da seguire se non quella di normalizzare le relazioni tra Kosovo e Serbia”. Ma così non basta più, di sicuro non dopo la promessa di Borrell (che risale ormai al 12 ottobre 2020) che “l’accordo è una questione di mesi, non anni”.
    Anche perché tra le due parti – se già non correva buon sangue prima – ora è scontro aperto. Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si è detto “deluso” dall’incontro con il premier kosovaro, Albin Kurti, e che “l’unica cosa positiva della riunione è stata l’intesa a proseguire i negoziati entro fine luglio”. Il leader serbo ha parlato di posizioni “irresponsabili e fuori dalla realtà” da parte di Kurti, dal momento in cui “si rifiuta di parlare della creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo”, ma allo stesso tempo “vuole sapere quando riconosceremo l’indipendenza di Pristina”. A questa “provocazione”, Vučić ha precisato ai giornalisti con una punta di orgoglio che non lo farà “mai”.
    Piovono critiche su Belgrado, invece, dal fronte kosovaro: “Da parte nostra l’incontro è stato costruttivo”, ha spiegato il premier Kurti alla stampa, ma “dall’altra parte si riproponevano vecchie idee”. Parlando dei quattro punti proposti durante l’incontro, Kurti ha accusato Vučić di averne respinti tre e di non aver dato “nemmeno una risposta sul quarto”, ovvero la revisione dell’Accordo centro-europeo di libero scambio (CEFTA). Stando a quanto riportato dal governo di Pristina, Belgrado ha rispedito al mittente i progetti di firma di un accordo di pace tra le due parti, di istituzione in Kosovo di un Consiglio nazionale per la minoranza serba (sul modello di quello già esistente in Serbia per le minoranze albanesi e bosniache) e la rimozione del capo della Commissione serba per le persone scomparse durante il conflitto, Veljko Odalović.
    Non proprio la descrizione di un incontro soddisfacente – o “non facile”, come lo ha definito Lajčák. Ma se c’è una sola cosa incoraggiante da portare a casa in vista del nuovo vertice a Bruxelles del prossimo luglio è che entrambi i leader sembrano ormai guardare alle istituzioni europee e statunitensi come un solo attore geopolitico, una duplice garanzia sul presente e sul futuro per la stabilizzazione della regione. Il presidente serbo ha confessato di essere “fiducioso” sul fatto che l’alto rappresentante UE Borrell riferirà “in modo preciso e minuzioso” l’esito dell’incontro di oggi al presidente USA, Joe Biden. Il premier kosovaro ha invece affermato che “l’accordo con Belgrado andrà raggiunto entro la fine dei mandati di Borrell e Biden“.
    Considerando la fine naturale dei rispettivi mandati, si parla della fine del 2024 (per l’alto rappresentante UE) e dell’inizio del 2025 (per il presidente statunitense). Per allora, la dichiarazione di indipendenza del Kosovo avrà compiuto quasi 17 anni e l’inizio del dialogo Pristina-Belgrado mediato dall’UE quasi 14 anni. Ma intanto c’è da pensare al breve termine, al quinto vertice dalla ripresa del 12 luglio dello scorso anno (il confronto si era precedentemente fermato nel novembre 2018). Se arriverà davvero entro fine luglio, cadrà allo scadere del primo anniversario. E già si inizia a parlare di anni, non mesi.

    Tradisce le aspettative delle istituzioni europee il vertice a Bruxelles tra il presidente serbo Vucic e il premier kosovaro Kurti. Entrambi i leader guardano a UE e Stati Uniti come unico attore geopolitico nella regione

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    Dialogo Serbia-Kosovo, l’UE pronta a riprendere la mediazione. Ma preoccupa l’esito dell’incontro a Washington

    Politica-estera – Federico Baccini
    @federicobaccini

    4 settembre 2020

    Lunedì 7 settembre il presidente serbo Vučić e il premier kosovaro Hoti incontreranno a Bruxelles l’alto rappresentate Ue Borrell e il rappresentante speciale Lajčák. Il confronto in corso negli Stati Uniti potrebbe facilitare l’intesa economica, ma non il mutuo riconoscimento

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