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    Il piano del Kosovo per l’eliminazione delle targhe serbe entro il 2023 non soddisfa pienamente l’Ue

    Bruxelles – Ancora una volta, come un anno fa, nel giorno della visita in Serbia della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il culmine della tensione sulla cosiddetta ‘battaglia delle targhe’ in Kosovo ha trovato una soluzione temporanea. Ma, un po’ a sorpresa, le reazioni a Bruxelles non sono tra le più entusiaste nei confronti delle concessioni fornite dal governo di Pristina. “Il Kosovo ha il diritto di eliminare gradualmente le targhe, ma il processo deve avvenire secondo le modalità concordate nel dialogo” mediato dall’Ue, è il commento secco della portavoce della Commissione Ue responsabile per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Nabila Massrali, nel corso del punto quotidiano di oggi (lunedì 31 ottobre) con la stampa europea.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, a Pristina (27 ottobre 2022)
    Proprio per oggi era fissata la scadenza per la re-immatricolazione dei veicoli in Kosovo, secondo la decisione del governo guidato da Albin Kurti di imporre la sostituzione delle targhe serbe (molto diffuse tra la minoranza serba nel nord del Paese) con quelle kosovare. Rispetto alla scadenza originaria del primo agosto – dopo le tensioni scoppiate nord del Kosovo a fine luglio – Pristina aveva concesso una doppia proroga per le nuove norme sulle targhe: dal primo settembre è in vigore l’obbligo di apporre un bollo a coprire l’emblema serbo (misura identica a quella applicata da Belgrado sulle auto kosovare), mentre entro il 30 settembre – con un ulteriore rinvio al 31 ottobre – tutti i cittadini di etnia serba che vivono in Kosovo avrebbero dovuto re-immatricolare i propri veicoli, utilizzando una targa rilasciata dalle autorità di Pristina. A differenza del compromesso raggiunto lo scorso 27 agosto sul riconoscimento dei documenti d’identità nazionali, Serbia e Kosovo non sono mai riusciti a trovare un’intesa sulle targhe sostenibile, definitiva e reciproca, mettendo fine a una tensione che da più di un anno continua a riemergere ciclicamente con episodi anche violenti ai valichi di frontiera.
    Sia nel corso della sua tappa a Pristina, sia in quella a Jelašnica (Serbia), la presidente von der Leyen si era detta “fiduciosa” nei confronti di una “soluzione attraverso il dialogo”, sottolineando che “le regole devono essere chiare e devono essere rispettate”. Da Bruxelles e Washington erano arrivate richieste al Kosovo di rinviare di 10 mesi la scadenza, per avere maggiori prospettive di compromesso, ma il premier Kurti si era da subito dimostrato riluttante ad accordare un nuovo rinvio senza nessuna contropartita. Nella serata di venerdì (28 ottobre) lo stesso premier kosovaro aveva poi annunciato il nuovo piano graduale per l’applicazione delle regole sulla sostituzione delle targhe serbe: a chi non si adeguerà, tra il primo e il 21 novembre sarà emesso un avvertimento, tra il 21 novembre e il 21 gennaio una multa e tra il 21 gennaio al 21 aprile sarà applicata una targa temporanea. Dal 21 aprile in poi l’entrata in vigore sarà invece definitiva e i veicoli non conformi saranno sottoposti a sequestro.

    Today our Govt approved gradual implementation of the policy on illegal license plates announced in June, which our int’l partners confirm is fully compliant w/ Brussels agreement. The implementation decision ensures rule of law on the one hand, and peace & security on the other. pic.twitter.com/TXV67JpAVw
    — Albin Kurti (@albinkurti) October 29, 2022

    La reazione di Bruxelles al piano del Kosovo
    “In questo modo abbiamo mostrato la nostra determinazione a implementare le nostre decisioni e allo stesso modo la nostra dedizione e contributo a mantenere la pace e la sicurezza nella regione, che era anche la preoccupazione dei nostri partner internazionali”, ha commentato il premier Kurti. Ma a Bruxelles non la pensano nello stesso esatto modo: “Pur essendo un passo nella giusta direzione, la decisione non è in linea con gli accordi di dialogo, che sono vincolanti per entrambe le parti”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae). L’accordo del 2016 prevede un processo “chiaramente sequenziato e definito con un calendario di 12 mesi” per il processo di eliminazione graduale, “che non è stato seguito”. In altre parole, “il Kosovo dovrebbe prevedere un periodo di transizione più lungo“, come avevano avvertito anche i partner statunitensi: “È deludente constatare che non è stato seguito“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, a Jelešnica (28 ottobre 2022)
    Di fronte alla possibilità di uno scoppio di nuovi scontri violenti alla frontiera da parte di cittadini di etnia serba in Kosovo – da blocchi stradali a scontri con le forze dell’ordine, fino alle ritorsioni contro chi decide di adeguarsi alle norme di Pristina – l’Ue mette in chiaro che “è imperativo mantenere la calma“. L’invito “a tutte le parti interessate” è di “dar prova di moderazione ed evitare qualsiasi azione o retorica che possa mettere a repentaglio la stabilità sul campo, in particolare nel nord del Kosovo”, e che possa mettere in allarme i 3.700 soldati della forza militare internazionale della Nato, Kosovo Force (Kfor).

    Il governo di Pristina ha posticipato al 21 aprile 2023 il divieto di circolare con veicoli che abbiano targhe diverse da quelle kosovare, con un programma a tappe: “Pur essendo un passo nella giusta direzione, la decisione non è in linea con gli accordi di dialogo” mediati da Bruxelles

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    Supporto contro il caro-prezzi, gasdotti e infrastrutture transfrontaliere. L’energia tra Ue e Balcani Occidentali

    Bruxelles – Un viaggio che è andato ben oltre le solite promesse di supporto per il cammino di avvicinamento dei sei Paesi dei Balcani Occidentali all’Unione Europea. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha portato a casa dai quattro giorni nella regione (anche se l’ultima tappa di sabato 29 ottobre in Montenegro è stata annullata per “maltempo”) la consapevolezza di poter stringere il rapporto con i partner più vicini dell’Unione puntando tutto sulla questione energetica, in un momento di crisi e di prezzi alle stelle che sta colpendo tutto il continente, anche quei Paesi che ancora faticano ad allentare i rapporti con la Russia di Vladimir Putin.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, presso il cantiere della ferrovia Tirana-Durrës (27 ottobre 2022)
    In tutte le tappe la presidente von der Leyen ha ribadito tre concetti: unità, solidarietà e “Unione dell’Energia”. Il tutto si inserisce nel quadro della risposta dell’Ue alla crisi energetica scatenata dalla guerra russa in Ucraina e dalla manipolazione dei mercati da parte del Cremlino. Un tema che non riguarda solo i Ventisette, ma anche i Sei dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) che Bruxelles non può permettersi di lasciare soli nella tempesta: il rischio è enorme, perché potrebbe costringerli – o spingerli – a rendersi ancora più dipendenti dalle fonti fossili di Mosca. Ecco perché la numero uno della Commissione ha annunciato come prima cosa un sostegno diretto al bilancio per affrontare l’impatto degli alti prezzi dell’energia in ciascuno dei sei Paesi dei Balcani Occidentali: 80 milioni per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania, 75 per il Kosovo, 70 per la Bosnia ed Erzegovina, 165 per la Serbia (per il Montenegro sarà comunicato al momento della nuova visita di von der Leyen, rendono noto fonti Ue). Complessivamente oltre 470 milioni di euro di supporto immediato per famiglie e imprese vulnerabili, con le procedure che si concluderanno “entro la fine dell’anno” e i finanziamenti sborsati “a partire da gennaio”, ha assicurato von der Leyen.
    “Unione dell’Energia” significa anche interdipendenza nelle decisioni da prendere per uscire dal ricatto del gas di Putin. A livello indiretto i Paesi dei Balcani Occidentali potrebbero beneficiare delle possibili misure comunitarie sui massimali dei prezzi del gas e sullo sganciamento dei prezzi dell’elettricità da quelli del gas. Ma sarà cruciale l’impegno diretto, che può già essere messo in  pratica con la partecipazione alla piattaforma per l’approvvigionamento congiunto di gas, Gnl (gas naturale liquefatto) e idrogeno. La leader dell’esecutivo comunitario ha esteso l’invito ai sei partner, ponendo l’accento sull’importanza di “usare il nostro potere di mercato per ottenere risultati migliori dove c’è molta concorrenza, soprattutto sui prezzi”.
    I progetti energetici nei Balcani Occidentali
    Le misure immediate sono solo il primo tassello di un disegno più grande, che dovrebbe portare i Ventisette e i Balcani Occidentali (senza dimenticare la prospettiva della loro adesione all’Ue) a essere completamente indipendenti dalle fonti russe e sempre più orientati verso risorse rinnovabili e infrastrutture transfrontaliere. Ecco perché per Bruxelles non bastano gli oltre 470 milioni di euro in sostegno al bilancio, ma la Commissione ha elaborato anche un piano di sovvenzioni da 500 milioni per tutta la regione che avrà un impatto sul medio/lungo periodo. La seconda parte del sostegno energetico – “importante almeno quanto la prima parte”, ha sottolineato von der Leyen – sarà veicolata attraverso il Piano economico e di investimenti dell’Ue per i Balcani Occidentali, e avrà come pilastri le connessioni transfrontaliere, l’efficienza energetica e lo sviluppo di fonti rinnovabili, secondo le particolarità e i punti di forza di ciascun Paese.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in visita all’Università di Pristina, Kosovo (27 ottobre 2022)
    Per esempio, in Albania gli investimenti saranno indirizzati alla centrale solare galleggiante di Vau i Dejës (presso Scutari) e alla centrale idroelettrica di Fierza – che già oggi produce un quarto dell’intera produzione elettrica nazionale – in Bosnia ed Erzegovina allo sviluppo di centrali solari, eoliche e a biomassa, in Kosovo ai piani in atto di installazione di pannelli fotovoltaici e di teleriscaldamento con energia pulita. Visitando i progetti di ristrutturazione energetica delle Università di Tirana e Pristina, la stessa von der Leyen ha posto l’accento sul fatto che “l’investimento più importante per noi è quello nelle energie rinnovabili, perché non fanno solo bene al clima, ma sono di origine nazionale e creano posti di lavoro”. Per questo motivo i 500 milioni prossimamente sbloccati andranno anche a sostenere piani di più piccola portata, che avranno un impatto tangibile sulle comunità locali.
    Ma anche l’aspetto transfrontialiero è chiave nel Piano economico e di investimenti. Da un punto di vista pratico, i Balcani Occidentali sono centrali per gli interessi dell’Unione, semplicemente per una questione geografica. Non a caso la visita in Serbia della presidente von der Leyen si è svolta a Jelašnica (presso Niš, nel sud del Paese), dove “entro il prossimo anno” vedrà la luce l’interconnettore del gas Serbia-Bulgaria: il progetto – finanziato all’80 per cento da Commissione e Banca europea per gli investimenti (Bei) – prevede un collegamento di 171 chilometri tra Niš e Sofia e un flusso di 1,8 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, aumentando la sicurezza degli approvvigionamenti energetici in arrivo dai Paesi membri Ue della regione (Bulgaria e Grecia). Guardando verso sud, si dovrà sviluppare con i finanziamenti Ue anche l’interconnettore del gas Serbia-Macedonia del Nord, per completare il collegamento della regione con un’infrastruttura di 23 chilometri che si innesterà a quello Macedonia del Nord-Bulgaria presso la città di Kumanovo.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučič, a Jelašnica (28 ottobre 2022)
    A questo si aggiungono due progetti “affascinanti” – come li ha definiti von der Leyen – che hanno un respiro ancora più europeo. Il primo è il Corridoio Elettrico Trans-Balcanico, una rete di trasmissione elettrica a 400 Kilovolt che legherà l’Italia alla Bulgaria, passando da Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Serbia, e che risponderà a una delle priorità della politica energetica europea, ovvero integrare il mercato dell’elettricità dei diversi Paesi del continente. Il progetto di interconnessione prevede un cavo sottomarino tra Villanova e Lastva (Montenegro) e tre sezioni attualmente in fase di progettazione e costruzione sul territorio nazionale dei tre Paesi balcanici. E poi c’è il gasdotto Ionico-Adriatico (Iap), infrastruttura in cui è l’Albania a rivestire un ruolo centrale. Gasdotto bi-direzionale lungo 516 chilometri, con una capacità di 5 miliardi di metri cubi all’anno, si innesterà sul gasdotto Trans-Adriatico (Tap) che trasporta il gas dall’Azerbaigian all’Italia. Si svilupperà in Albania, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina, fino ad arrivare a Spalato (Croazia), dove sarà collegato al sistema di trasporto nazionale ed europeo e alle nuove infrastrutture, come il terminale di Gnl di Krk.

    Al centro del viaggio nella regione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lo sviluppo dei progetti di interconnessione del gas e del Corridoio Elettrico Trans-Balcanico. Ma anche l’annuncio di oltre 470 milioni di euro contro la crisi energetica e un piano da altri 500

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    Von der Leyen spinge la Bosnia ed Erzegovina verso l’Ue: “Siate uniti e sfruttate l’opportunità, è il sogno dei giovani”

    Bruxelles – “Nel cuore di Bruxelles c’è un pezzo di Bosnia ed Erzegovina, è un grande edificio dipinto da un giovane artista di Sarajevo, Rikardo Druškić, che manda un messaggio chiaro: siete parte dell’Europa, appartenente all’Unione Europea”. Nella quarta tappa del suo viaggio di quattro giorni nei Balcani Occidentali, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha aperto oggi (venerdì 28 ottobre) il suo discorso a Sarajevo con la storia di un giovane bosniaco, simbolo delle aspirazioni del Paese e degli sforzi del gabinetto von der Leyen per spingere la stabilità istituzionale e il processo di adesione nell’Ue. “È toccante vedere la bandiera europea proiettata sui monumenti simbolo a Sarajevo, Banja Luka e Mostar, per celebrare la nostra proposta” di garantire alla Bosnia ed Erzegovina lo status di candidato all’adesione: “La nostra bandiera sarà anche la vostra bandiera“, è la prima promessa di von der Leyen.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a colloquio con i membri della presidenza tripartita, Željko Komšić, Denis Bećirović e Milorad Dodik (Sarajevo, 28 ottobre 2022)
    Il punto di partenza è proprio la “fede nell’Europa, così grande nei giovani” in Bosnia ed Erzegovina: “Significa prosperità economica, libertà di movimento, un futuro nel Paese”. Una generazione “nata dopo la guerra” del 1992-1995, che “rispetta il passato, ma non vuole più essere divisa” e che non a caso traina l’alto supporto nazionale all’adesione all’Unione Europea: “Più di tre quarti della popolazione, una maggioranza solida in tutto il Paese“, ha puntualizzato la numero uno dell’esecutivo comunitario.
    L’adesione Ue “è parte di questo obiettivo” e ora è compito dei rappresentanti politici neo-eletti “rendere questo sogno realtà, con il vostro lavoro e con una grande responsabilità”. L’impegno si dovrà concentrare sulle riforme “cruciali” da adottare in un ampio spettro di settori – come evidenziato dal report specifico dell’ultima relazione sull’allargamento – che “non sono facili da approvare”, ha confessato von der Leyen: “Ma guardate cosa c’è alla fine di questa strada, la Bosnia potrà essere un Paese in cui tutti sono uguale davanti alla legge, che offrirà opportunità, che attrarrà investimenti, dove ognuno si sentirà rappresentato” a prescindere dall’etnia.
    Il sostegno della Commissione alla Bosnia ed Erzegovina non è mai stato così forte, come ha dimostrato la raccomandazione al Consiglio di concedere lo status di Paese candidato al vertice dei leader Ue di dicembre. “Abbiamo voluto premiare il lavoro degli ultimi quattro anni, in mezzo alle difficoltà del Covid, della guerra in Ucraina e delle divisioni politiche”, ha spiegato la presidente von der Leyen, parlando dei “progressi per quanto riguarda gli appalti pubblici, il Meccanismo di protezione civile Ue e la cooperazione con Europol”. Da tutto questo ne emerge una lezione: “Se c’è volontà politica, si trova un modo per farlo“, anche l’ingresso nell’Unione. Ecco perché la capa del gabinetto Ue ha chiesto “per favore” di sfruttare l’opportunità: “La porta è aperta, è il vostro momento”. Da parte “mia personale e di tutta la Commissione” arriva la promessa che “vi difenderemo in Consiglio” per la candidatura all’adesione: “La nostra proposta è una chiara dichiarazione politica”.

    #Sarajevo, #BanjaLuka & #Mostar tonight 👇 🇧🇦🇪🇺🙏🙏🙏 pic.twitter.com/F7W21ij6Db
    — Johann Sattler (@josattler) October 12, 2022

    La Bosnia tra crisi energetica e guerra in Ucraina
    L’adesione all’Ue è solo un punto di partenza per la Bosnia ed Erzegovina: l’orizzonte è quello di una condivisione di progetti e investimenti economici nella stessa casa europea, che parte già dal presente. “Un anno fa, durante la mia ultima visita, ho attraversato un ponte finanziato dall’Ue che collega Croazia e Bosnia ed Erzegovina”, il ponte sul fiume Sava, al valico di Svilaj, ha ricordato von der Leyen, anticipando l’inaugurazione nel pomeriggio del tunnel Ivan “che collegherà Mostar a Sarajevo e, più a nord, a Budapest”. Un segno tangibile che il Paese “è nel cuore dell’Europa e dovrebbe essere anche al centro dei nostri scambi commerciali ed economici”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Sarajevo, 28 ottobre 2022)
    Tutto ciò non può non tenere in considerazione le conseguenze della guerra russa in Ucraina, che è diventata anche una “guerra energetica di Putin” contro “famiglie e imprese di tutto il nostro continente”. Dopo gli 80 milioni per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania e i 75 milioni per il Kosovo, la numero uno della Commissione ha annunciato che il pacchetto di sostegno Ue per i Balcani Occidentali contro la crisi energetica “comprenderà 70 milioni di euro per la Bosnia ed Erzegovina, per affrontare sul breve termine le conseguenze dell’aumento dei prezzi dell’energia”. Le sovvenzioni saranno sbloccate entro la fine dell’anno e saranno disponibili da gennaio, con una seconda parte di sostegno all’orizzonte: “Con altri 500 milioni di euro per la regione accelereremo la costruzione di interconnettori con i Paesi vicini e la transizione verso le energie rinnovabili”, in particolare centrali solari, eoliche e a biomassa, “che possono essere costruite in meno di un anno”.
    La guerra russa in Ucraina ha un impatto e conseguenze particolari in Bosnia ed Erzegovina, che la presidente della Commissione non ha voluto nascondere: “So che molti cittadini si sentono in ansia, perché Putin ha lanciato un assalto alle regole internazionali che qui hanno garantito la pace dal 1995“, approfondendo il solco tra le due entità che compongono il Paese, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Republika Srpska (a maggioranza serba). Ma “la soluzione migliore è una cooperazione ancora più stretta con l’Unione Europea” e seguire l’esempio di un’altra giovane bosniaca, la nuotatrice 16enne Lana Pudar, vincitrice dell’oro europeo nei 200 metri farfalla femminili: “Non è stato facile per lei allenarsi, in una città che non ha una piscina olimpionica, ma Lana ce l’ha fatta contro ogni previsione e oggi grazie al suo successo a Mostar verrà costruita una nuova piscina olimpionica”. La giovane sportiva bosniaca “è diventata un simbolo in tutto il Paese, è stata celebrata in tutte le entità e aldilà dei confini” e l’intervento di von der Leyen si è chiuso proprio là dove si era aperto: “Questo è il sogno dei vostri giovani, un Paese unito nella diversità e con i suoi vicini in un’unica famiglia europea, lavoriamo per farlo insieme”.

    The EU stands with Bosnia and Herzegovina in the energy crisis. We have prepared an energy support package for our Western Balkan partners. 
    For 🇧🇦 it means €70 million in short-term support. And investments in more reliable sources of energy – like solar, wind or biomass. pic.twitter.com/JOyuuULPCT
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 28, 2022

    Prosegue il viaggio della presidente della Commissione nei Balcani Occidentali, con la promessa concreta a Sarajevo di sostegno alla candidatura del Paese all’Unione e 70 milioni di euro come aiuto immediato contro la crisi energetica. Rimangono centrali gli sforzi per la stabilità del Paese

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    L’Albania è già pronta a ospitare il vertice Ue-Balcani Occidentali di dicembre. Con la benedizione di von der Leyen

    Bruxelles – Terza tappa del viaggio di quattro giorni nei Balcani Occidentali, terzo giro di applausi per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. E quello di oggi pomeriggio (giovedì 27 ottobre) in Albania è sembrato quello più convinto. “Non è solo il protocollo che me lo fa dire, ma parlo davvero quando dico che è un piacere accoglierla, perché con la sua leadership siamo più vicini che mai all’Unione Europea”, ha aperto la conferenza stampa nel pomeriggio di oggi (giovedì 27 ottobre) a Tirana il primo ministro albanese, Edi Rama.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (Tirana, 27 ottobre 2022)
    L’entusiasmo del premier dell’Albania e della stragrande maggioranza del Paese è dettato principalmente dallo sblocco dello stallo sull’avvio dei negoziati di adesione Ue (dopo la risoluzione del veto bulgaro sul dossier macedone, da cui Tirana dipendeva) con il via libera ufficiale arrivato lo scorso 19 luglio. Nonostante non sia mai stato messo in dubbio il supporto della Commissione e della sua presidente, lo stesso Rama non aveva parlato nello stesso modo dopo il fallimento del vertice di Bruxelles di fine giugno (gli addetti ai lavori ricordano una conferenza stampa con il presidente serbo, Aleksandar Vučić, quantomeno discutibile per la verve polemica). Dopo quattro mesi invece le parole sono solo positive, con lo sguardo rivolto al prossimo futuro: “Il 6 dicembre tutti i leader dell’Unione e della regione arriveranno a Tirana per il vertice Ue-Balcani Occidentali, è quasi incredibile essere riusciti a ospitare un altro evento europeo di così grande importanza, dopo la finale della Conference League” (la competizione Uefa di calcio, vinta dalla Roma). “Ci rivedremo a dicembre a Tirana, sarà un incontro molto importante”, ha confermato la presidente von der Leyen.
    Tra i due vertici “sono successe tante cose”, ha ricordato la numero uno della Commissione, in particolare “il momento toccante e speciale” dell’avvio dei negoziati di adesione Ue dell’Albania: “È un vostro successo, è il risultato di molti anni di duro lavoro, anni di pazienza“. Tutto questo impegno sul percorso di avvicinamento all’Unione “sta dando i suoi frutti con i negoziati di adesione”, ha assicurato von der Leyen, come dimostrato dal pieno allineamento alla politica estera e di sicurezza dell’Ue e alle sanzioni internazionali contro la Russia: “È esemplare il modo in cui l’Albania ha difeso attivamente l’ordine internazionale basato sulle regole nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, questo vi fa onore”. Per quanto riguarda il processo di screening dei negoziati, l’ultima relazione sull’allargamento Ue “mostra tutti i progressi” del Paese su Stato di diritto, riforme del sistema giudiziario, uguaglianza e inclusione sociale, così come il rafforzamento dell’economia dopo le ondate Covid-19: “Sono tutti risultati molto tangibili e visibili”, nonostante l’impatto della guerra russa in Ucraina su tutto il continente europeo.

    Albania is moving forward on its EU path.
    This is your success.
    The result of years of efforts by the Albanian people.
    I welcome our foreign policy alignment.
    You are showing it again in your stand for a rules-based order in your UN Security Council term.
    This honours you. pic.twitter.com/ZSmsNnAuHu
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 27, 2022

    L’asse energetico tra Ue e Albania
    A proposito della guerra russa in Ucraina, come ricordato dalla presidente von der Leyen anche a Skopje e Pristina, “tutti noi sentiamo gli effetti a catena dell’aumento dei prezzi dell’energia e dell’instabilità della sicurezza dell’approvvigionamento”. Se l’Albania è “completamente indipendente dal gas russo, grazie al suo sistema idroelettrico”, nemmeno Tirana può dirsi salva dalle “perturbazioni che vediamo nel mercato dell’energia, con i prezzi alle stelle”. La risposta da Bruxelles rimane “unità e solidarietà”, anche nei confronti dei partner balcanici, che conta oggi – economicamente parlando – 235 milioni di euro. Dopo gli 80 milioni per la Macedonia del Nord e i 75 milioni per il Kosovo, l’Ue fornirà 80 milioni all’Albania “come sostegno diretto al bilancio per affrontare l’impatto degli alti prezzi dell’energia” a partire da gennaio, che saranno intercettati da “un sistema valido per sostenere le famiglie e le piccole e medie imprese”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Albania, Bajram Begaj (Tirana, 27 ottobre 2022)
    Ma la presidente von der Leyen ha ribadito anche che è soprattutto la seconda parte dell’impegno dell’Unione nei confronti dei partner balcanici al centro dell’attenzione “sul medio e lungo termine”. Si tratta del “sostegno al sistema energetico“, che attraverso il Piano economico e di investimenti veicolerà “altri 500 milioni di euro in sovvenzioni per investimenti in infrastrutture energetiche per l’intera regione“. Il Piano è già all’opera nel Paese – come ha voluto testimoniare con i propri occhi von der Leyen presso il cantiere della ferrovia Tirana-Durrës – ma ora si tratta di spingere anche sul piano energetico. È qui che si inserisce l’investimento congiunto sul gasdotto Ionico-Adriatico (Iap), come riferito dal premier Rama: collegandosi a quello Trans-Adriatico (Tap) che trasporta il gas dall’Azerbaigian, dall’Albania passerà per il Montenegro e la Bosnia ed Erzegovina, fino ad arrivare a Spalato (Croazia).
    Il piano da 500 milioni di euro nella regione svilupperà anche gli investimenti nelle energie rinnovabili, un punto “molto importante” nel discorso di von der Leyen: “È energia prodotta in loco, che crea indipendenza, dà buoni posti di lavoro e fa bene al clima”. Nello specifico, per quanto riguarda l’Albania gli investimenti saranno indirizzati alla centrale solare galleggiante di Vau i Dejës (presso Scutari), alla centrale idroelettrica di Fierza – che “produce un quarto dell’intera produzione di elettricità” nazionale – e altri progetti di più piccola portata, sull’esempio della ristrutturazione energetica del campus dell’Università di Tirana. La presidente dell’esecutivo comunitario ha visitato due università in due capitali balcaniche nello stesso giorno (quella di Pristina e, appunto, quella di Tirana), un segnale da non sottostimare per quanto riguarda le attenzioni di Bruxelles sulle possibilità di ricerca, innovazione e sviluppo sul piano energetico dei partner balcanici.

    Nella terza tappa del viaggio nella regione, la presidente della Commissione Europea ha dato appuntamento a Tirana il prossimo 6 dicembre. Da Bruxelles arrivano 80 milioni di euro contro la crisi energetica e un piano di investimenti a lungo termine in connessioni e rinnovabili

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    Frontex, energia e negoziati di adesione Ue. In Macedonia del Nord von der Leyen definisce le linee del viaggio nei Balcani

    Bruxelles – Il ritorno a Skopje dopo tre mesi e mezzo è quasi un trionfo per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che non a caso ha iniziato proprio in Macedonia del Nord il suo tour di quattro giorni nei Balcani Occidentali. Forte dell’impegno mai messo in dubbio dai partner macedoni per l’avvio dei negoziati di adesione all’Ue, per la numero uno dell’esecutivo Ue è arrivato il momento dell’incasso: “Ricordo molto chiaramente le promesse fatte quel giorno“, ha fatto riferimento von der Leyen al suo intervento alla sessione plenaria del Parlamento nazionale del 14 luglio, solo cinque giorni prima dell’avvio delle prime conferenze intergovernative con Skopje e Tirana.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski (Skopje, 26 ottobre 2022)
    “Come avevo promesso, il processo di screening dell’acquis comunitario è iniziato immediatamente, ora è in carreggiata e il processo negoziale sta guadagnando slancio”, ha rivendicato la presidente della Commissione, affiancata dal primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, in conferenza stampa ieri sera (26 ottobre). “Rispetteremo pienamente la vostra identità e la vostra lingua“, è il passaggio-chiave del suo intervento, legato alle controversie con la vicina Bulgaria e alle tensioni interne scoppiate a inizio luglio tra i nazionalisti macedoni. Lo stesso capo del governo di Skopje ha confermato che “l’Unione Europea si è dimostrata un partner credibile, non ci sono alternative alla nostra adesione, è il luogo a cui apparteniamo”.
    La dimostrazione tangibile è il primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione. Come promesso – “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen – Ue e Macedonia del Nord hanno siglato l’accordo di cooperazione operativa nella gestione delle frontiere da parte di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), tradotto anche in lingua macedone: “Dimostra che non ci sono dubbi sul fatto che è la vostra lingua e noi la rispettiamo pienamente, sono profondamente convinta che non ci vorrà molto tempo prima di avere 25 lingue ufficiali nell’Ue”.
    A proposito dell’accordo su Frontex – firmato dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, e dal ministro dell’Interno macedone, Oliver Spasovski – il corpo permanente dell’Agenzia Ue potrà effettuare operazioni congiunte con le autorità di Skopje in Macedonia del Nord nell’ambito del contrasto alla migrazione irregolare e potrà essere dispiegato sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania), come la Commissione sta spingendo per fare anche con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia. Se il piano riceverà l’approvazione del Parlamento Europeo e sarà adottato dal Consiglio dell’Ue, Frontex potrà aumentare la propria presenza in Macedonia del Nord (attualmente conta 300 agenti) attraverso un piano operativo condiviso con Skopje.

    The Frontex agreement we are signing today is important.
    Not just because it strengthens our cooperation on migration.
    But because it is translated in the Macedonian language.
    On equal footing with all 24 EU languages.
    The Macedonian language is your language. pic.twitter.com/r5cxEqFAnm
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 26, 2022

    La Macedonia del Nord e la politica energetica Ue
    Tutto questo avviene “in un contesto molto impegnativo”, in cui la Russia “sta usando l’energia come arma e manipolando pesantemente il mercato”, ha ricordato von der Leyen. Ma anche in questo caso le parole d’ordine sono “solidarietà e unità” per affrontare l’aumento dei prezzi e i problemi di sicurezza degli approvvigionamenti anche della Macedonia del Nord: “Risolveremo questa crisi e la supereremo insieme, l’Unione Europea è al vostro fianco”. Le parole della numero uno della Commissione sono state accompagnate dai fatti: “Stiamo presentando un pacchetto di sostegno energetico per l’intera regione dei Balcani occidentali, si comincia con 80 milioni di euro di sovvenzioni per la Macedonia del Nord come sostegno immediato al bilancio”. La finalizzazione è prevista entro la fine dell’anno, “in modo che possiate ottenere i finanziamenti già a gennaio”, con l’orizzonte di “altri 500 milioni di euro per l’intera regione per investire in connessioni ed efficienza energetica e risorse rinnovabili“.
    “Uniti possiamo affrontare la crisi energetica, oggi e nel futuro”, ha confermato il premier Kovačevski, facendo eco alle parole di von der Leyen. Grazie al Piano economico e di investimenti dell’Ue per i Balcani Occidentali saranno finanziari “parchi eolici, centrali solari e nuove interconnessioni di gas con Serbia e Kosovo“. Anche la Macedonia del Nord è coinvolta nel progetto di appalti comuni europei per gasdotti e Gnl (gas naturale liquefatto): “Questo rafforza il nostro potere d’acquisto, vi invitiamo a stare con noi per andare insieme sul mercato globale”. Infine, grazie allo stretto legame tra Bruxelles e Skopje, “anche voi beneficerete delle proposte legali che abbiamo adottato per ridurre i prezzi del gas e dell’elettricità nell’Unione Europea, perché siamo in un’unica Unione dell’Energia“, ha concluso con forza la presidente von der Leyen: “Qualsiasi cosa facciamo, la faremo insieme”.

    La presidente della Commissione ha iniziato a Skopje il suo tour nella regione, per ribadire il sostegno di Bruxelles ai partner prima del vertice del 6 dicembre a Tirana: “Stiamo rispondendo alla crisi energetica con unità e solidarietà”. E con un pacchetto di sovvenzioni contro il caro-prezzi

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    L’Ue è pronta a dispiegare gli agenti Frontex anche lungo le frontiere interne dei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Dopo i visti, Frontex. Non bastava l’aver alzato la voce sull’allineamento dei Paesi balcanici alla politica dei visti dell’Ue per tentare di frenare l’arrivo di persone migranti dirette verso l’Unione. Alla vigilia dell’inizio del viaggio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nelle sei capitali dei Balcani Occidentali, l’esecutivo comunitario ha adottato una raccomandazione al Consiglio per autorizzare l’avvio dei negoziati per il potenziamento degli accordi sullo status dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia,
    In altre parole, con la nuova proposta di quadro giuridico, sarà possibile dispiegare i corpi permanenti di Frontex nella regione, non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo loro poteri esecutivi. A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “I nuovi accordi sullo status sosterranno e rafforzeranno meglio la cooperazione sulla gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali”, si legge nel comunicato dell’esecutivo comunitario. La presenza potenziata di Frontex “rafforzerà la capacità dei partner nella gestione della migrazione, nella lotta al contrabbando e nel garantire la sicurezza” lungo le frontiere.
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento Frontex rivisto. Le raccomandazioni della Commissione dovranno essere adottate dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo. Questa sera (26 ottobre) invece sarà firmato dalla presidente von der Leyen a Skopje un secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà all’Agenzia Ue di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, in particolare lungo il confine meridionale con la Grecia.
    “Siamo impegnati a sostenere i nostri partner nei Balcani occidentali e a rafforzare la nostra cooperazione sulla gestione della migrazione in loco“, ha commentato la proposta sul rafforzamento di Frontex nella regione la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, puntualizzando la necessità che “le loro frontiere continuino a essere rispettate e protette in linea con le migliori pratiche europee”. Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha invece insistito sull’importanza del nuovo pacchetto di assistenza fa 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali: “Intendiamo aumentare i nostri finanziamenti del 60 per cento in totale, fino a raggiungere almeno 350 milioni di euro“.
    Oltre al sostegno di Frontex, i finanziamenti di Bruxelles – arrivati oggi a 171,7 milioni di euro – dovrebbero “sostenere lo sviluppo di sistemi efficaci di gestione della migrazione, tra cui l’asilo e l’accoglienza, la sicurezza delle frontiere e i rimpatri”, ha precisato Várhelyi. In verità serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, è quanto comunica l’esecutivo Ue.

    La Commissione ha raccomandato al Consiglio autorizzare l’avvio dei negoziati per potenziare gli accordi sullo status dell’Agenzia con Albania, Serbia, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina. A oggi i corpi permanenti possono operare (senza poteri esecutivi) solo lungo i confini dei Paesi Ue

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    INTERVISTA / Viola von Cramon: “Serve nuova strategia di allargamento. Reversibilità e benefici anticipati a candidati”

    Bruxelles – Una nuova strategia di allargamento dell’Unione Europea, che permetta di superare gli stalli e i ritardi prolungati mostrati dal processo in atto nei Balcani Occidentali. L’eurodeputata dei Verdi/Ale e membro della commissione Affari esteri (Afet), Viola von Cramon Taubadel, in un’intervista rilasciata a Eunews spiega come le istituzioni comunitarie dovrebbero cambiare rotta, anche considerate le nuove richieste di adesione che arrivano dall’Europa orientale e i rischi di destabilizzazione che alcuni Paesi lasciati fuori dall’Unione stanno correndo.
    Il punto di partenza per Viola von Cramon è la raccomandazione del Parlamento Ue relativa alla nuova strategia di allargamento, approvata in commissione Afet e ora attesa per il via libera definitivo in plenaria a novembre. Una base da cui ripartire per rinsaldare la fiducia dei partner candidati – o aspiranti tali – con un occhio al vertice Ue-Balcani Occidentali in programma a Tirana il prossimo 6 dicembre.
    Qual è la chiave di volta della raccomandazione del Parlamento Ue sulla nuova strategia di allargamento?
    Viola von Cramon: “Ci sono due elementi importanti. Il primo è la reversibilità: il messaggio che alcuni Paesi arretrano in determinate aree è importante solo se comporta conseguenze, come il blocco dei colloqui di adesione o dei fondi. Vogliamo che la condizionalità sia significativa, legata allo Stato di diritto, alla democrazia e all’allineamento alla Politica estera e di sicurezza dell’Unione”.
    E il secondo?
    Viola von Cramon: “Il secondo è legato al fatto che l’allargamento ha ricevuto un nuovo impulso con la guerra in Ucraina: è di nuovo sulla bocca di tutti e ci spinge a ripensare e a impegnarci nuovamente con nuovi approcci, per capire come accogliere i candidati. La strategia chiarisce che – a prescindere dai nuovi arrivati – dobbiamo essere credibili e mantenere i risultati nei Balcani Occidentali, altrimenti la nostra promessa a Est non sarà presa sul serio”.
    Su cosa ha focalizzato la sua attenzione negli emendamenti alla relazione?
    Viola von Cramon: “Il mio obiettivo si è concentrato sul rafforzare la condizionalità e anticipare i benefici per i partecipanti al processo. C’è un’ampia maggioranza di eurodeputati appartenenti a tutti i gruppi politici che sono favorevoli all’allargamento e, nonostante le differenze, l’obiettivo generale è chiaro per tutti i grandi gruppi”.
    Come pensa che i partner balcanici potrebbero beneficiare della nuova strategia?
    Viola von Cramon: “Non si tratta dell’ennesimo documento di Bruxelles, l’idea è quella di impegnarsi veramente con i partner dei Balcani Occidentali e di premiare quelli che lavorano per avvicinare i loro Paesi e le loro società all’Unione. In questo senso, il documento rafforza l’idea di un’integrazione accelerata, con l’introduzione graduale delle politiche settoriali una volta che i Paesi hanno soddisfatto i criteri. Un’enfasi particolare è posta sul ruolo della società civile, per molti aspetti uno stakeholder cruciale in tutta la regione per fornire valutazioni e prospettive credibili”.
    Nel Pacchetto Allargamento 2022 è contenuta la raccomandazione al Consiglio di concedere alla Bosnia ed Erzegovina lo status di candidato, nonostante l’assenza di grandi passi avanti sulle 14 priorità. È un rischio?
    Viola von Cramon: “I Verdi hanno organizzato una delegazione in Bosnia ed Erzegovina prima delle elezioni [del 3 ottobre, ndr] e abbiamo detto chiaramente che devono essere soddisfatte alcune condizioni cruciali perché ottenga lo status di candidato. Abbiamo compreso il senso di urgenza geopolitica e l’ingiustizia che poteva essere avvertita in Bosnia, a causa della concessione dello status di candidato dell’Ucraina.
    Tuttavia, la concessione incondizionata andrebbe solo a favore di opzioni politiche nazionalistiche radicate come l’Sda [bosgnacchi, ndr], l’Snsd [serbo-bosniaci, ndr] e l’Hdz BiH [croato-bosniaci, ndr], perciò vogliamo comunicare che questa è una ricompensa per i cittadini, non per le élite corrotte. Questo deve essere chiaro”.
    Nel frattempo la Serbia continua a sollevare preoccupazioni per il mancato allineamento con la politica estera e di sicurezza dell’Ue, in particolare per le sanzioni contro la Russia.
    Viola von Cramon: “I segnali sono davvero preoccupanti. Per la prima volta c’è un passo indietro nello Stato di diritto e la Serbia ha solo il 45 per cento di allineamento alla Politica estera e di sicurezza dell’Ue, con un calo del 20 per cento rispetto all’ultimo rapporto. La tendenza è chiara e la situazione è insostenibile. Abbiamo inviato un messaggio chiaro al presidente, Aleksandar Vučić: o siete con noi quando abbiamo bisogno dell’unità europea, o siete contro.
    L’equilibrismo serbo è inaccettabile e le conseguenze potrebbero essere l’effettivo arresto dei colloqui di adesione della Serbia. Noi vogliamo che la Serbia entri nell’Unione Europea, ma perché ciò accada deve fare un’inversione di rotta nella sua politica estera e dimostrare chiaramente la solidarietà con l’Ucraina”.
    Cosa pensa della proposta franco-tedesca sul dialogo tra Pristina e Belgrado?
    Viola von Cramon: “La ritengo un’iniziativa positiva e tempestiva. Le principali capitali europee sono coinvolte e abbiamo bisogno di vedere una direzione politica del dialogo Serbia-Kosovo per far progredire la situazione. Si tratta di un’opportunità unica, in quanto abbiamo la piena unità transatlantica su questo tema e non ci sono elezioni nel prossimo periodo.
    Incoraggio fortemente entrambe le parti a sfruttarla, così come a sfruttare la mediazione del rappresentante speciale dell’Unione Europea, Miroslav Lajčák, per giungere a un accordo sostenibile e completo. Senza di esso, nessuno dei due potrà aderire all’Ue”.

    L’eurodeputata dei Verdi/Ale, membro della commissione per gli Affari esteri (Afet), presenta i punti-chiave della raccomandazione del Parlamento Ue e avverte che “dobbiamo mantenere i risultati nei Balcani Occidentali, altrimenti la nostra promessa a Est non sarà presa sul serio”

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    L’attesa infinita per la liberalizzazione dei visti Schengen del Kosovo, l’unico partner europeo dell’Ue ancora non “visa free”

    Bruxelles – I Ventisette tengono il Kosovo fuori dalla porta di servizio e a nulla sembrano valere gli sforzi della Commissione Ue per portare il partner balcanico almeno dentro l’anticamera dell’Unione, al pari di tutti gli altri Paesi europei (fatta eccezione per Russia e Bielorussia). La liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari da parte dell’Ue rimane una chimera a Pristina, dopo che nemmeno il gruppo di lavoro sui visti del Consiglio che si è riunito lo scorso 13 ottobre ha sbloccato uno stallo che si protrae da più di quattro anni. La liberalizzazione del regime dei visti in ingresso nello spazio Schengen – ovvero la possibilità di viaggiare nell’area che ha abolito le frontiere interne, utilizzando il proprio passaporto senza ulteriori requisiti per soggiorni di breve durata – è in vigore per 63 Paesi di tutto il mondo, compresi i Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, ma non il Kosovo), Regno Unito, Moldova, Georgia e Ucraina.
    La presidente del Kosovo, Vjosa Osmani
    Per quanto riguarda il Kosovo, il dialogo con la Commissione Europea sulla liberalizzazione dei visti è iniziato il 19 febbraio 2012, a quattro anni dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Serbia. Nel maggio 2016 la Commissione aveva proposto al Parlamento e al Consiglio dell’Ue (che devono entrambi dare il via libera definitivo) di concedere l’esenzione per i cittadini kosovari, mentre procedevano i lavori per il rispetto degli ultimi due requisiti da parte di Pristina: la demarcazione dei confini (con il Montenegro) e il bilancio della lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione. Due anni più tardi, il 18 luglio 2018, lo stesso esecutivo comunitario aveva confermato che il Kosovo ha soddisfatto tutti i requisiti previsti dalla tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti, incoraggiando i co-legislatori ad adottare la proposta di abolirne l’obbligo in ingresso sul territorio dell’Unione. La stessa esortazione – “ancora pienamente valida” – è arrivata la scorsa settimana con la presentazione del Pacchetto Allargamento 2022.
    Ma dal 2018 niente si è mosso, almeno non in Consiglio. Il Parlamento Ue continua ad accusare i 27 Paesi membri per il “fallimento di non aver mantenuto la promessa” ai cittadini del Kosovo, ma lo stallo ha una doppia natura: cinque membri Ue non ne riconoscono l’indipendenza (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e, allo stesso tempo, altri stanno frenando l’iniziativa della Commissione. Tra questi compaiono Francia e Paesi Bassi, ultimi veri oppositori della politica di liberalizzazione dei visti che – sotto le pressioni crescenti delle istituzioni comunitarie e degli altri Stati membri – stanno sì mostrando per la prima volta segnali di apertura, ma con nuove richieste che rischiano di prolungare ancora a lungo l’attesa infinita di Pristina.
    Il nuovo possibile ostacolo per il Kosovo
    Il premier del Kosovo, Albin Kurti
    La novità è emersa proprio all’ultima riunione del gruppo di lavoro sui visti del Consiglio, quando la Francia ha presentato la proposta di collegare la liberalizzazione dei visti per il Kosovo all’entrata in vigore del Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (Etias). Si tratta di un sistema digitale per tenere traccia dei visitatori extra-comunitari nella zona Schengen, che riguarderà tutti i viaggiatori provenienti dai 63 Paesi ‘visa free’ per l’Ue e che prevederà la compilazione di un modulo d’ingresso (come per l’Electronic System for Travel Authorization negli Stati Uniti). Nonostante possa sembrare un passo in avanti per le speranze kosovare, il problema riguarda il fatto che non è ancora stato stabilito quando l’Etias sarà operativo: inizialmente previsto entro il 2022, la data di entrata in vigore è stata posticipata prima alla primavera 2023 e poi alla fine del prossimo anno (tra gli addetti ai lavori a Bruxelles si parla di novembre).
    La proposta avrebbe trovato il supporto di Belgio, Paesi Bassi, Spagna e Svezia, con l’Italia che la sta valutando e la Germania fortemente contraria all’imposizione di nuovi criteri (oltre ai 95 soddisfatti da Pristina) non previsti secondo l’accordo attualmente in vigore tra le parti. Entro la fine di questa settimana sono attese le osservazioni scritte da parte di tutti i Ventisette, mentre le nuove discussioni si terranno tra il 9 e il 10 novembre alla prossima riunione del gruppo di lavoro sui visti del Consiglio, appuntamento che potrebbe essere decisivo per il Kosovo per capire gli sviluppi del 2023. La Repubblica Ceca confida ancora di poter chiudere il dossier entro la fine della propria presidenza di turno del Consiglio dell’Ue (il 31 dicembre), ma l’unica cosa certa al momento è che i cittadini kosovari rimarranno ancora gli unici cittadini europei – insieme a russi e bielorussi – a non poter entrare nell’area Schengen senza visto.

    Dal 2018 la Commissione certifica il rispetto di Pristina di tutte le condizioni per l’esenzione del regime dei visti in ingresso. Il dossier è bloccato in Consiglio e ora la Francia ha proposto di legarlo all’entrata in vigore del Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi