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    Manovra al via in Commissione Camera, verso fiducia domani

    E’ in corso in Commissione Bilancio alla Camera l’iter della Legge di Bilancio, illustrata dalla relatrice Daniela Torto (M5s). Nell’ufficio di presidenza che ha preceduto la seduta è stato stabilito un calendario che consente di portare in Aula il testo domani pomeriggio, così da poter porre la questione di fiducia tra le 18 e le 19. Il voto si terrà il giorno successivo, poi si passerà all’esame degli ordini del giorno e a voto finale. Essendo il testo blindato sta diventando politicamente sensibile il tema degli ordini del giorno che i gruppi intendono presentare.
    “La Commissione Finanze della Camera, col sostegno di tutti i gruppi di maggioranza, ha deliberato di non esprimere il proprio parere di competenza alla Commissione Bilancio sul Disegno di Legge di Bilancio 2022”. Lo annuncia il presidente della Commissione Luigi Marattin (Iv) che protesta contro le “poche ore” con le quali la Commissione dovrebbe pronunciarsi.
    “Il rispetto delle istituzioni – dice Marattin – e il rispetto verso il lavoro di sei mesi che questa stessa commissione ha svolto nel 2021 per preparare il terreno alla riforma fiscale, ci impone di rispondere semplicemente ‘no, grazie’ quando ci si chiede di esprimerci in poche ore su un provvedimento del genere”.
    “Non è possibile rimanere anche solo un minuto in più – conclude – senza che le forze politiche si pongano il problema di riformare il funzionamento delle istituzioni di questa Repubblica”.    

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    Covid, la Cei annulla la marcia della pace di fine anno

    Il prossimo 31 dicembre 2021 non si svolgerà la tradizionale Marcia della Pace, prevista quest’anno a Savona. “L’aumento esponenziale dei contagi di Covid-19 in questi ultimi giorni e le ulteriori misure urgenti per il contenimento dell’epidemia previste dal decreto-legge 24 dicembre 2021 ci hanno portato a decidere per l’annullamento di un evento che normalmente richiama centinaia di persone e che avrebbe potuto causare assembramenti”, comunica la Cei. Al posto della Marcia ci sarà, a partire dalle 19.30, nel Duomo di Savona una Veglia con testimonianze e la messa alle 20.50 che sarà trasmessa in diretta su Tv2000.
    “Riteniamo, infatti, di non perdere l’occasione per rilanciare il Messaggio di Papa Francesco per la 55/a Giornata Mondiale della Pace (1/ogennaio 2022), dal titolo ‘Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura’”, si legge in una nota della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, della Diocesi di Savona, la Caritas Italiana, Azione Cattolica Italiana e Pax Christi Italia, organizzatrici della marcia della pace.
    “È il tema – prosegue – che fa da sfondo al numero speciale di dicembre della rivista ‘Mosaico di pace’ (www.mosaicodipace.it), promossa da Pax Christi, che organizza anche una diretta Facebook la mattina del 31 dicembre (ore 10.00) sulla propria pagina”.”Nella convinzione che la Pace è il bene prezioso che tutti insieme dobbiamo costruire, invitiamo uomini e donne di buona volontà a unirsi con noi nella preghiera e nella riflessione attraverso il canale televisivo e gli strumenti social”, conclude la nota.    

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    Sardone, tante minacce dopo il no alla moschea a Milano

    (ANSA) – MILANO, 27 DIC – “Stai bene a testa in giù”, “muori
    bruciata”, sono solo alcuni dei messaggi ricevuti
    dall’eurodeputata della Lega e consigliera comunale a Milano
    Silvia Sardone dopo le sue critiche alla decisione di Palazzo
    Marino di spostare la preghiera islamica del venerdì al parco di
    Trenno ora che il Palasharp sarà chiuso per i restauri in vista
    delle Olimpiadi invernali del 2026.   
    “Sono giorni di violentissime minacce di morte e insulti sui
    social.   
    Inviti a sgozzarmi, stuprarmi, uccidermi in casa oltre a lodi al
    terrorismo e alla guerra santa” ha spiegato Sardone allegando al
    comunicato gli screenshot dei messaggi. “Da giorni ricevo
    tantissime parole d’odio e di morte per la posizione, espressa
    dalla Lega a Milano, di contrarietà alla scelta di creare una
    moschea in Via Novara a Milano e per la nostra richiesta di
    controllare e chiudere le numerose moschee abusive che ci sono
    in città” ha proseguito. “Siamo contrari alla volontà delle
    giunta milanese di trasferire il capannone moschea dall’ex
    Palasharp all’area parcheggio di Via Novara. I cittadini sono
    contrari e il consiglio comunale aveva già escluso quest’area
    dal Piano delle attrezzature religiose, in quando inidoneo.   
    Ricordiamo che questo spazio è stato utilizzato come utilissimo
    centro per vaccini e tamponi e sarebbe sbagliato cambiarne la
    destinazione proprio ora”.   
    “Le minacce di morte che ricevo da mesi su questo tema non
    mi piegano e di sicuro non ci fanno paura” ha concluso. Il
    segretario della Lega Matteo Salvini le ha dato il suo appoggio
    chiedendo “solidarietà immediata e bipartisan”. “E al sindaco
    Sala – ha aggiunto – chiedo: davvero vuole offrire spazi a gente
    così aggressiva e intollerante?” (ANSA).   

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    Morta Sarah Weddington, la legale di 'Jane Roe' per l'aborto

    Sarah Weddington, avvocato icona per aver rappresentato ‘Jane Roe’ Norma McCorvey nel caso Roe v. Wade alla Corte Suprema, con il quale i saggi legalizzarono l’aborto negli Stati Uniti, è morta all’età di 76 anni. Lo riportano i media americani citando come fonte alcuni studenti di Weddington. A soli 26 anni Weddintgon presentò il caso di McCorvey ai saggi americani. Le due si incontrarono nel 1970, quando McCorvey era incinta e voleva abortire. Nel presentare il caso Weddington cercò di mantenere l’anonimato di McCorvey chiamandola Jane Roe. Nel 1973 la Corte Suprema, con una maggioranza di sette a due, legalizzò l’aborto negli Stati Uniti.    

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    Dal primo gennaio stretta contante, tetto scende a 1000 euro

    Stretta in arrivo sui pagamenti in contante: dal 1 gennaio il tetto scenderà dagli attuali duemila a mille euro. I nuovi paletti per i pagamenti in contante sono quelli previsti dal decreto fiscale dell’estate del 2020 durante il governo Conte-bis che fissava un decalage con una soglia a duemila euro a partire dal luglio di un anno e mezzo fa e la promessa di scendere ancora, a mille euro appunto, dal primo gennaio 2022.
    Con l’anno nuovo dunque si tornerà al livello fissato nel lontano 2011 dal decreto Salva Italia e poi cambiato a partire dal 2016. Durante l’esame della manovra non sono passate le proposte, avanzate in particolare da Fdi, per alzare nuovamente il tetto. 
    E’ una misura che punta a rafforzare la lotta al nero e la strategia cashless: una strada alla quale guarda la stretta approvata durante l’esame parlamentare del decreto legge Recovery e che prevede che negozianti e professionisti siano tenuti a accettate il bancomat o le carte di credito come forme di pagamento, di qualsiasi importo si tratti. Chi dovesse rifiutarsi incapperà in una multa: si partirà da 30 euro, somma a cui si aggiungerà una percentuale in base al valore del prodotto o del servizio acquistato.
    Margini per ulteriori modifiche prima dell’arrivo del nuovo anno ora non ce ne sono più: la manovra infatti deve ancora essere esaminata dalla Camera dei deputati ma il testo arriva a Montecitorio blindato. Il passaggio in commissione si annuncia formale, così come in Aula anche perché il via libera definitivo sarà incassato a un soffio dall’esercizio provvisorio. Confermate dunque tutte le misure più importanti della legge di bilancio del governo Draghi: la nuova Irpef a 4 aliquote (23%, 25%, 35%, 43%) e il restyling delle detrazioni con una clausola salva-bonus Irpef per i redditi bassi, l’addio all’Irap per 835mila autonomi, il pacchetto contro il caro energia, che comprende la possibilità di spalmare in 10 rate le bollette.
    Rinnovati poi tutti i bonus casa, da quello mobili a quello idrico, e soprattutto allargato il 110%. E’ stata una lunga battaglia dei partiti, M5s in testa, che alla fine l’hanno spuntata sul governo che pure rivendica le ragioni della propria contrarietà (aumento dei prezzi dei materiali e delle frodi, ha detto il presidente del Consiglio in conferenza stampa).   

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    >>>ANSA/ Gorbaciov 30 anni dopo la fine dell'Urss, 'giorni bui'

    (ANSA) – ROMA, 26 DIC – Se fosse stata riformata in tempo,
    l’Unione Sovietica sarebbe potuta sopravvivere come Unione di
    Stati sovrani, ma ormai era troppo tardi. E’ la riflessione
    consegnata alla Tass dall’ultimo presidente dell’Urss Mikhail
    Gorbaciov nel trentesimo anniversario della dissoluzione
    dell’impero sovietico.   
    Gorbaciov si dimise da presidente dell’Urss il 25 dicembre
    del 1991. La bandiera rossa sopra il Cremlino fu ammainata e
    sostituita con il tricolore russo. L’Unione Sovietica cessò di
    esistere lo stesso giorno, anche se formalmente si dissolse il
    26 dicembre per ordine del Soviet Supremo. “Furono giorni bui
    per l’Unione Sovietica, per la Russia e anche per me. Ma non
    avevo il diritto di agire diversamente”, ricorda ora Gorbaciov,
    che spiega anche perché non usò mai la forza per tentare di
    tenere insieme l’impero: “In primo luogo perché avrei smesso di
    essere me stesso. E poi una decisione del genere avrebbe
    innescato una guerra civile gravissima e dalle conseguenze
    imprevedibili. Ero certo che questo scenario dovesse essere
    evitato a tutti i costi”.   
    “È certo comunque – continua Gorbaciov – che il Paese sarebbe
    potuto sopravvivere anche dopo il tentativo di colpo di stato
    dell’agosto 1991 come Unione di Stati sovrani. Ma fin
    dall’inizio abbiamo sottovalutato la portata e la profondità dei
    problemi nelle relazioni interetniche e nei rapporti tra il
    centro e le repubbliche. Ci è voluto troppo tempo per capire che
    l’Unione aveva bisogno di rinnovamento”.   
    Gorbaciov spiega che in quei giorni confusi l’obiettivo delle
    autorità sovietiche era “preservare l’Unione e creare una vera
    federazione con reale sovranità per le repubbliche, che
    avrebbero delegato parte dei loro poteri al centro. Sicurezza,
    difesa, rete dei trasporti, moneta e diritti umani dovevano
    rimanere nelle mani delle autorità centrali in base alla bozza
    del trattato della nuova Unione. Sono certo che fosse un’opzione
    praticabile e che la maggior parte delle repubbliche l’avrebbe
    sostenuta, ma il tentato golpe travolse questa possibilità”.   
    “Anche dopo il colpo di stato comunque, quando le repubbliche
    proclamarono la loro indipendenza e i poteri del Cremlino furono
    gravemente indeboliti, ero convinto che l’Unione potesse essere
    preservata. Per questo proposi l’Unione di Stati sovrani”, dice
    Gorbaciov, ribadendo che un soggetto del genere
    sarebbe diventato una confederazione con le repubbliche
    costituenti che avrebbero goduto di poteri ancora più ampi. “Per
    prima cosa, sarebbero diventati membri delle Nazioni Unite,
    mentre l’Unione avrebbe mantenuto il seggio nel Consiglio di
    sicurezza. Le forze armate e le armi nucleari sarebbero rimaste
    sotto un unico comando. Sono certo che sarebbe stato molto
    meglio di quello che è seguito al crollo dell’Unione Sovietica”.   
    (ANSA).   

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    Il Papa: “Preoccupato per l'inverno demografico, è una tragedia”

    “Parlando delle famiglie mi viene una preoccupazione, una preoccupazione vera, almeno qui in Italia: l’inverno demografico”. Così il Papa all’Angelus. “Sembra che tanti abbiano perso l’illusione di andare avanti con figli e tante coppie preferiscono rimanere senza o con un figlio soltanto. Pensate a questo: è una tragedia. Alcuni minuti fa ho visto nel programma ‘A sua immagine’ come si parlava di questo problema grave, l’inverno demografico. Facciamo tutto il possibile per riprendere una coscienza per vincere questo inverno demografico, che va contro le nostre famiglie, contro la nostra patria, e anche contro il nostro futuro”.
    “In questi giorni ho ricevuto messaggi augurali da Roma e da altre parti del mondo – ha detto papa Francesco al termine dell’Angelus -. Purtroppo non mi è possibile rispondere a tutti, ma prego per ognuno e ringrazio specialmente per le preghiere che tanti di voi hanno promesso di fare. Pregate per me, non dimenticatevi. Grazie tante”. 
    “Rinnovo l’augurio che la contemplazione del Bambino Gesù, cuore e centro delle festività natalizie, possa suscitare atteggiamenti di fraternità e di condivisione nelle famiglie e nella comunità”, ha detto papa Francesco. “E anche per festeggiare un po’ il Natale – ha aggiunto – farà bene fare una visita al presepe e ai 100 presepi che sono sotto il colonnato. Questo ci aiuterà anche”.

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    Desmond Tutu, 'bussola morale' del nuovo Sudafrica

     Eroe non violento della lotta contro il regime segregazionista e vincitore del Nobel per la Pace nel 1984 prima, ideatore e protagonista del doloroso ma liberatorio processo di riconciliazione nazionale dopo la fine dell’apartheid, infine spina nel fianco dei potenti e delle storture della società multietnica: l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, morto a 90 anni, è stato definito la “bussola morale” del Sudafrica, Paese che ha perso così un’altra grande icona dopo Nelson Mandela e la sua controparte Frederick Willem de Clerk, che condivisero il Nobel per la Pace nel 1993. Con Mandela Tutu operò in una sorta di ideale tandem nel forgiare la nuova nazione “arcobaleno” (il termine fu ideato proprio da lui), uscita dalle ceneri di un secolo di regime della minoranza bianca.    Lungi dall’accontentarsi del nuovo status quo, Desmond Tutu non ha mancato di fustigare lo stesso partito maggioritario dell’Africa multietnica, l’African National Congress (Anc), denunciandone la deriva nepotistica e la corruzione sotto il presidente Jacob Zuma. Non ha risparmiato neanche il presidente Mandela, bacchettandolo per le paghe eccessivamente generose di alcuni ministri e collaboratori. Ha criticato duramente l’omofobia presente nella società, nel potere come anche nella Chiesa anglicana.
    Nato nel 1931 a Klerksdorp, nell’allora provincia del Transvaal, di etnia Tswana, Tutu fu ordinato sacerdote nel 1960 e divenne nel 1975 vescovo del Lesotho, poi dal 1978 segretario generale del Consiglio delle chiese del Sudafrica. In questi anni si distinse per le prediche, gli insegnamenti e le azioni nonviolente contro l’apartheid. Pur dichiarando di “comprendere le ragioni” per cui giovani neri potessero compiere azioni violente, condannò la violenza da entrambe le parti, sostenendo che la lotta armata avesse poche possibilità di vincere, e denunciò la connivenza di diverse nazioni Occidentali nei confronti del Sudafrica razzista. Promosse anche una petizione per la liberazione di Mandela. Dopo il Nobel per la Pace del 1984 fu eletto prima vescovo di Johannesburg e nel 1986 arcivescovo di Città del Capo.    Nel 1995, con Mandela presidente, per 30 mesi guidò la dolorosa fase che ha forgiato lo spirito di pacificazione, per quanto imperfetto, del Paese: il processo per la Verità e la Riconciliazione, che permise di esporre finalmente al mondo le atrocità confessate dai protagonisti grandi e piccoli della pluridecennale repressione operata dai bianchi, accordando loro il perdono giuridico e morale e consentendo ai carnefici di liberarsi le coscienze e alle vittime di elaborare il lutto.    Ritiratosi da ogni carica attiva nel 1996, dal 1997 Tutu ha dovuto fare i conti a più riprese con il cancro. Di recente ha anche preso posizione a favore della “morte compassionevole”: “Ho preparato la mia morte e voglio che sia chiaro che non voglio essere tenuto in vita a tutti i costi”, ha scritto in un editoriale del 2016 sul Washington Post. “Spero di essere trattato con compassione e che mi sia consentito di passare alla prossima fase del viaggio della vita nel modo che sceglierò”.