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    Orban e Rama unici premier, mancano i big del G7

    Mancano gli amici storici e tutto il G7, tra i pochi leader stranieri presenti ai funerali di Stato di Silvio Berlusconi, che in 30 anni di politica ha incontrato e conosciuto decine di governanti di tutto il mondo. Ma quei tempi sono ormai passati. E al Duomo di Milano hanno partecipato alle esequie solenni i capi di Stato di soli tre Paesi: l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, il presidente iracheno Abdul Latif Rashid, ed entrambi i capitani reggenti della Repubblica di San Marino, Alessandro Scarano e Adele Tonnini, seduti in prima fila insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
    In seconda fila, tra i capi di governo presenti solo il primo ministro ungherese Viktor Orban e quello albanese, Edi Rama. Dall’Europa, ha partecipato al funerale il presidente del Partito popolare europeo Manfred Weber, mentre su richiesta della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen – impegnata in una missione in America Latina – a rappresentare l’esecutivo Ue è stato il commissario per l’Economia Paolo Gentiloni.
    Il resto del mondo ha deciso di inviare ministri, diplomatici e altri rappresentanti per l’ultimo saluto al Cavaliere. Anche il leader turco Recep Tayyip Erdogan, particolarmente legato a Berlusconi, ha mandato il proprio ministro degli Esteri Hakan Fidan, di recente nomina, insieme ad Omer Celik, portavoce del partito del presidente Akp. Anche Croazia, Tunisia, Malta e Kosovo hanno inviato i capi delle loro diplomazie. Presenti inoltre i rappresentanti dei governi di Armenia, Paesi Bassi, Serbia, un inviato dal Giappone, ambasciatori e incaricati d’affari.
    Dall’elenco dei partecipanti alle esequie, più delle presenze spiccano le grandi assenze internazionali, soprattutto dei leader degli alleati storici di Roma: Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, gli altri Paesi europei e occidentali.
    Mancano poi i leader con i quali ha condiviso la sua storia politica: Bush, Blair, Merkel, Sarkozy. Ovvia infine l’assenza dell’amico Vladimir Putin, che più di tutti ha espresso parole di dolore, affetto e stima nei confronti di Berlusconi in occasione della sua morte. Ma ora il presidente russo è l’avversario dell’Italia e dell’Occidente alleati di Kiev contro l’invasione dell’Ucraina. Così il capo del Cremlino si guarda bene dal viaggiare a Milano, dove oltretutto rischierebbe l’arresto: su di lui pende infatti il mandato di cattura internazionale con l’accusa di crimini di guerra per aver deportato i bambini ucraini in Russia.

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    Bozza Ddl giustizia: ecco le novità in esame al preconsiglio dei ministri

    La bozza del ddl relativo al primo pacchetto di riforma della giustizia arriva oggi all’esame del preconsiglio dei ministri. Queste le principali novità introdotte.
    Le intercettazioniStretta sulla pubblicazione delle intercettazioni. Potranno finire su giornali e siti solo quelle il cui contenuto sia “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. Si esige anche più rigore dai pm e i giudici: dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini. Anche nella richiesta del pm e nell’ordinanza del giudice di misura cautelare non dovranno essere essere indicati i dati personali dei soggetti diversi dalle parti.
    Le influenze illecite”Riduzione dell’ambito applicativo” del reato di traffico di influenze illecite, che viene “limitato a condotte particolarmente gravi”. Aumenta, però, anche la pena minima per questo reato. Scatterà la “non punibilità” se chi ha commesso il reato collabora con la giustizia.
    I limiti all’appello dei pmIl pm non potrà più presentare appello contro le sentenze di assoluzione “relative a reati di contenuta gravità”. Viene spiegato che l’intervento tiene conto dei limiti del potere di appello dell’imputato introdotti dalla riforma Cartabia. Restano appellabili da parte del pubblico ministero le decisioni di assoluzione per i reati più gravi, compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale, tra i quali sono ricompresi i reati cosiddetti da codice rosso, come spiega la relazione allegata al ddl.
    Via l’abuso d’ufficioIl reato di abuso d’ufficio viene abrogato a causa di un'”anomalia” che persiste anche dopo le tante modifiche intervenute: lo “squilibrio” tra le iscrizioni nel registro degli indagati e le effettive condanne. Lo si legge nella relazione che accompagna la bozza del ddl sulla giustizia. Il numero delle iscrizioni nel registro degli indagati resta “ancora alto: 4.745 nel 2021 e 3.938 nel 2022; di questi procedimenti, 4.121 sono stati archiviati nel 2021 e 3.536 nel 2022”. Solo 18 invece le condanne in primo grado nel 2021. Il governo non esclude in futuro di sanzionare condotte “in forza di eventuali indicazioni di matrice euro-unitaria”.
    Descrizione del fatto nell’avviso di garanziaCambia l’avviso di garanzia: dovrà obbligatoriamente contenere una “descrizione sommaria del fatto”, oggi non prevista. E la notificazione – si legge ancora nella relazione – dovrà avvenire “con modalità che tutelino l’indagato da ogni conseguenza impropria”. Pur essendo posta a tutela della persona sottoposta alle indagini, l’informazione di garanzia” si è spesso trasformata nell’esposizione dell’indagato alla notorietà mediatica, con effetti stigmatizzanti”. Di qui l’intervento esteso anche alle modalità di consegna: nel ribadire la regola generale secondo cui la consegna dell’atto anche quando effettuata a persona diversa del destinatario dev’essere effettuata con modalità tali da garantire la riservatezza di quest’ultimo, si è limitata la possibilità di impiego della polizia giudiziaria alle sole situazioni di urgenza che non consentano il ricorso alle modalità ordinarie.
    La custodia cautelareSarà un giudice collegiale, non più un solo magistrato, a decidere , durante le indagini, l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Una novità che non varrà se la misura è adottata nell’ambito delle procedure di convalida di arresto o di fermo. Nella competenza del giudice collegiale rientrano anche “le pronunce di aggravamento che comportino l’applicazione della misura la cui adozione è ordinariamente collegiale”, e “l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza detentive”. La novità, che riprende una soluzione sperimentata nella legislazione per l’emergenza rifiuti in Campania, non entrerà in vigore subito per le carenze di organico della magistratura, ma tra 2 anni. Intanto si procederà a un incremento dell’ organico della magistratura con 250 nuove “toghe” da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado.
    Il giudice dovrà sentire l’indagato prima di decidere se sottoporlo a una misura cautelare: viene introdotto il principio del “contraddittorio preventivo” in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”. Lo scopo della norma è “evitare l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva” e mettere il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione (e anche un contatto diretto) con l’indagato prima dell’adozione della misura. Il contraddittorio preventivo sarà escluso però quando sussista un pericolo di inquinamento delle prove o di fuga dell’indagato, nei casi di urgenza o nell’ipotesi di “gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”. Quando procede all’interrogatorio preventivo, il giudice dovrà depositare tutti gli atti trasmessi dal pubblico ministero con la richiesta di applicazione della misura e l’indagato potrà prenderne visione ed estrarne copia. La misura adottata sarà nulla se l’interrogatorio preventivo non viene fatto o in mancanza di una valutazione specifica degli elementi esposti dall’indagato.
    Velocizzati i concorsi per nuovi giudiciTempi più stretti per l’espletamento del concorso di accesso alla magistratura. Entro 8 mesi dall’ultima prova scritta dovrà essere definita la graduatoria (oggi se ne chiedono 9) e entro 10 (attualmente sono 12) i vincitori di concorso dovranno iniziare il tirocinio negli uffici giudiziari. Perchè la nuova tempistica sia rispettata sono stati previsti dei rimedi organizzativi. In particolare, si prevede che, nel caso in cui i candidati che hanno consegnato gli scritti siano 2.000 (come nei concorsi degli ultimi anni), la commissione esaminatrice venga integrata passando da 29 a 33 componenti oltre il presidente e si organizzi in 9 collegi . L’obiettivo è che mensilmente vengano esaminati gli scritti di almeno 600 candidati e, in seguito, con la stessa cadenza vengano interrogati 100 candidati nelle prove orali. In caso di difficoltà la Commissione potrà essere integrata dai membri supplenti.
    Il chiarimento sui giudici popolariCon una norma di interpretazione autentica la bozza del ddl sulla giustizia evita il rischio che siano dichiarate nulle sentenze pronunciate in procedimenti per gravissimi reati di criminalità organizzata e terrorismo alle quali hanno concorso giudici popolari con più di 65 anni. La legge fissa 65 anni come età massima per i giudici popolari ma tale requisito, chiarisce la bozza, “è da intendersi rilevante solo con riferimento al momento nel quale il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio”.
    Le preoccupazioni dell’Anm”Non ha ambizioni importanti, sistematiche, ma contiene modifiche che, a mio giudizio, non vanno nella direzione giusta”. Così risponde all’ANSA il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che vede tra le “criticità più importanti” “l’eliminazione dell’abuso d’ufficio, il giudice collegiale per la custodia cautelare in carcere e la limitazione dei poteri di appello del pm contro le sentenza di proscioglimento”. Mentre la “limitazione alla pubblicazione di alcune conversazioni crea un’ulteriore tensione tra diritto dell’ informazione e diritto dell’imputato”.”L’eliminazione dell’abuso d’ufficio crea un vuoto di tutela che non riesco a spiegarmi. Che poi i processi siano pochi non vuol dire che i reati non ci siano – osserva Santalucia -. Sul Giudice collegiale vedo un’insostenibilità organizzativa soprattutto negli uffici di piccole dimensioni, nonostante l’aumento dell’organico, se e quando ci sarà in termini di forze reali in campo . Vedo poi una limitazione unilaterale del potere della parte pubblica non bilanciata, come la Corte costituzionale ha detto sia necessario, da una concorrente limitazione del potere di impugnazione delle parte private. L’alterazione dell’equilibrio è significativa per tutte le sentenze di proscioglimento di alcuni reati”. Santalucia ricorda che l’assemblea degli iscritti all’Anm ha impegnato la giunta a chiedere un incontro urgente al ministro Nordio sulla riforma: “Lo faremo”, assicura il leader dei magistrati.
    La podizione dell’Ordine dei giornalistiIl Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti esprime “preoccupazione di fronte alla bozza del Ddl giustizia portato all’esame del pre Consiglio dei ministri. I limiti che si vogliono introdurre alla conoscibilità delle intercettazioni effettuate durante le indagini preliminari rischiano di costituire un ostacolo al diritto dei cittadini di essere informati su eventi di rilevante interesse pubblico”. “Attualmente gli atti a conoscenza degli indagati (quindi dopo l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare o dopo la chiusura delle indagini) non sono più segreti – sottolineano -: il rischio è di far calare il silenzio su quasi tutto, con l’eccezione delle intercettazioni “riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. “Il Cnog, pur condividendo la legittima esigenza di tutelare i soggetti estranei alle indagini i cui nomi figurino nelle intercettazioni e di trovare il giusto equilibrio tra libertà di stampa e rispetto della dignità della persona – prosegue la nota -, ritiene che debba essere comunque garantito il diritto all’informazione, con particolare riferimento a fatti di interesse pubblico quali sono tutte le indagini penali che si avvalgono di intercettazioni, concesse soltanto nei casi dei reati più gravi. Diritto all’informazione sancito da numerose sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo che considera lecita anche la pubblicazione di atti coperti da segreto su inchieste di rilievo che riguardino personaggi pubblici”.

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    Pier Silvio ai dipendenti Mediaset, torniamo a essere azienda viva

     “Tutte le persone che gli hanno voluto bene si sono sentite toccate in qualche modo dalla sua generosità e grandezza. Da domani, però, noi facciamo un click e torniamo a essere un’azienda viva, piena di energia e forza, come è stata tutta la sua vita”. Con queste parole Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato di Mfe-Mediaset, ha salutato i dipendenti di Mediaset che lo hanno aspettato nello Studio 20 di Cologno Monzese, dopo i funerali, per fargli una sorpresa.    Tra gli altri, era presente anche Gerry Scotti. “Da domani torniamo ad essere quello che siamo sempre stati”, ha aggiunto il secondogenito dell’ex premier nel discorso improvvisato. “Lui rimarrà sempre, sempre, sempre, nei nostri cuori. Continueremo a fare il nostro lavoro. Noi siamo e saremo sempre una prova di libertà”.    

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    L’omelia, Berlusconi ‘amava la vita, le feste, gli affari’

    Un desiderio di vita, di amore, di gioia, tra le feste e gli amici. È stato questo il tragitto umano di Silvio Berlusconi che ora “trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento”. È breve l’omelia dell’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini. E spiazza tutti per la sua apparente semplicità. Apparente perché leggendo tra le righe c’è invece tutta la vita del Cavaliere che in questo momento, dopo i successi e la popolarità, è come gli altri solo “un uomo e ora incontra Dio”.
    Il vescovo a sorpresa non cita le Scritture e neanche ripercorre la vita, o ricordi e aneddoti della persona, come quasi sempre si fa nei funerali. Cita invece l’uomo politico che “ha sostenitori e oppositori”. Parla dell’uomo d’affari che “deve fare affari”, “guarda ai numeri e non ai criteri”. Delpini parla infine del “personaggio” che “è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta”.
    È una predica laica quella di Delpini, anzi non è neanche una predica perché, con delicatezza, non giudica, non fa la morale, non esalta né critica, ma semplicemente (e cristianamente) indica che, ad un certo punto, per chi crede, resta solo l’incontro con Dio e il suo giudizio.
    C’è nel racconto di Delpini tutta la pienezza di vita che in Berlusconi era davvero traboccante, “le feste” o “il gesto simpatico”. Pensiamo solo alle barzellette con le quali il Cavaliere non risparmiava neanche i Papi o i Santi, e neanche se stesso. Ma poi, alla fine della vita, si può sperimentare – sottolinea l’arcivescovo di Milano – che “la gioia è precaria”.
    La predica di Delpini divide. Alla fine, nel Duomo di Milano, in molti applaudono alle parole del presule. Ma c’è anche chi non l’ha apprezzata per niente.”La Chiesa riscatta l’abiezione del moralismo piccolo piccolo”, commenta Giuliano Ferrara. E l’attuale direttore de Il Foglio parla di “un gigantesco Delpini” che ha offerto “un saggio di vita, di fede, di anti moralismo”. “Povero Papa Francesco, è questa la Chiesa italiana che si ritrova”, sottolinea invece Stefano Sodaro, docente di diritto canonico e osservatore delle dinamiche interne della Chiesa italiana.
    Per il governatore della Liguria Giovanni Toti le parole di Delpini hanno ricordato “la caducità della vita”, mentre per Daniele Capezzone la predica è stata costruita “in modo furbo perché suscettibile di interpretazioni opposte”.E poi la voce della rete: “deludente”, “un’omelia gesuitica”, “ha fatto come Ponzio Pilato”.
    Dall’altra parte c’è invece chi premia il vescovo a pieni voti: “Oltre la vuotezza dei commenti politici, si sono ascoltate in chiesa – twitta Lucio Brunelli, ex vaticanista Rai e ex direttore della tv della Cei – le parole più vere sulla vita e la morte di Silvio Berlusconi”.    

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    ‘Da 11 anni Berlusconi regalava le mie cravatte’

    E’ lunga la strada da Torano Castello, paesino di nemmeno 5mila abitanti in provincia di Cosenza, fino a Palazzo Grazioli. A Damiano Presta, artigiano della cravatta sette pieghe, gira quindi la testa quando – 11 anni fa – mette per la prima volta piede nella residenza romana di Silvio Berlusconi: “non ci potevo credere”. Da allora diventa il fornitore ‘ufficiale’ di regali del Cavaliere. Si parla di ordini per migliaia e migliaia di cravatte – ma anche foulard per le donne – che l’ex premier amava donare ad amici ed interlocutori. Anche a personalità come Vladimir Putin e ben 5 presidenti americani, da George Bush senior a Barack Obama.
    Tutto inizia nel febbraio del 2012. Presta riceve una telefonata da un numero anonimo. E’ una donna. “Il presidente Berlusconi vorrebbe incontrarla”. Lui pensa ad uno scherzo di amici e la manda a quel paese. “Ma lei, per fortuna, insiste e mi dà un numero fisso a cui chiamare”. E’ la storica segretaria, Marinella Brambilla, che gli fissa un appuntamento a Palazzo Grazioli con l’allora leader del Pdl .
    “Se ci penso – ricorda l’artigiano – mi emoziono ancora. Mi riceve in giacca e maglione, senza camicia e cravatta e si scusa con me per l’abbigliamento informale. Una cosa che mi ha sconvolto”. Nel Natale precedente, prosegue, “Berlusconi aveva ricevuto innumerevoli regali: qualcuno gli aveva inviato una mia cravatta che gli era piaciuta molto ed aveva quindi dato disposizioni di contattarmi”. Ed ecco Presta “muto per l’emozione” al cospetto del Cavaliere che gli commissiona subito un ordine “molto importante”: mille cravatte. “Mi ha messo in grossa difficoltà – spiega – perché non avevo la capacità produttiva per realizzarle subito. Poi voleva un nuovo packaging, una brochure”. Lui si mette al lavoro e realizza la linea personalizzata per Silvio Berlusconi. “La gratificazione più grande – prosegue – è arrivata il 22 giugno di quello stesso anno quando mi chiama personalmente al telefono: ‘Damiano, la ringrazio per il bellissimo prodotto che ha realizzato, venga a fare colazione da me’. Questa era l’eleganza dell’uomo, generoso, carismatico, di grande classe”.
    Da allora, gli ordini da casa Berlusconi per il laboratorio artigianale calabrese si sono susseguiti con regolarità negli anni. “Si serviva da me in via esclusiva. Da 11 anni non ha mai comprato cravatte da altri – sottolinea Presta – ma a me piace lavorare e non apparire o fare post e non ho mai sfruttato il suo nome per farmi promozione né ho mai approfittato della sua generosità”.
    L’ultima telefonata risale allo scorso 26 dicembre. “‘Scusa Damiano, se ti chiamo in ritardo. Volevo farti i miei auguri’, mi ha detto. Era unico. Avevo in programma di andarlo a trovare quando sarebbe stato meglio, ma è arrivata la tristissima notizia della sua morte. Io gli sono grato e lo sarò per sempre”.   

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    Berlusconi: ad Arcore l’ultimo saluto della pasionaria

    Ultimo saluto a Silvio Berlusconi anche da parte di Noelle, la storica pasionaria, sempre presente anche durante i 45 giorni di ricovero dell’ex premier all’ospedale San Raffaele di Milano. Arrivata ad Arcore poco prima del rientro del feretro dopo i funerali, la storica supporter ha portato un ultimo cartellone: “Silvio Berlusconi resti vivo nel cuore del cielo, grazie”.    La pasionaria ha poi mostrato un borsalino che le fu “regalato” dal presidente di Forza Italia. “Un giorno venne e mi disse ‘te lo compro nuovo’, ma io volevo qualcosa che ha vissuto con lui”. Presente ai funerali, la fan è tornata davanti a Villa San Martino subito dopo. “È stata una omelia stupenda – ha commentato -, sembra fatta su misura. Ci ha dato molta speranza e la certezza che ci rivedremo un giorno”. .   

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    Emilio Fede ad Arcore: Berlusconi ‘è stato la mia vita’

    “Non posso pensare che non ci sia più. Un anno fa ho perso mia moglie e adesso lui, che è stato la mia vita”. Così Emilio Fede ha ricordato lo storico amico Silvio Berlusconi. Seduto su una panchina nel prato che costeggia Villa San Martino, il giornalista, commosso, ha aggiunto: “Non questo Natale ma l’altro, mi ha chiamato ma gli ho detto che non potevo venire perché ero appena caduto, ero in carrozzina e mi sembrava brutto. Sono stato con lui trent’anni”.   

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    Berlusconi: assessori Venezia comprano maxi-spazio pubblicitario

    (ANSA) – VENEZIA, JUN 14 – “Ciao presidente. Grazie per aver
    dedicato la tua vita al tuo Paese, alla tua famiglia, allo sport
    e ai tuoi collaboratori. Venezia e l’Italia ti ringraziano”. E’
    il testo di un maxi-spazio pubblicitario con la foto di Silvio
    Berlusconi, comparso stamani sulla parete di un grattacielo di
    Mestre, che costeggia la linea ferroviaria per Venezia.   
    A ‘firmare’ il messaggio destinato all’ex premier sono stati
    due assessori comunali di Venezia, Renato Boraso e Michele Zuin,
    che hanno acquistato lo spazio, ben visibile da chi percorre il
    tratto di strada che collega la terraferma alla città insulare.   
    Entrambi hanno aderito a Forza Italia. Boraso, assessore
    comunale alla Mobilità, è poi passato a Coraggio Italia, partito
    fondato dal sindaco Luigi Brugnaro; Zuin, assessore al Bilancio,
    è stato fino all’anno scorso coordinatore regionale veneto di
    Fi. (ANSA).