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    In Aula alla Camera lo striscione anti Fontana di Zan, “omofobo e pro-Putin”

    Non appena inizia la quarta votazione per eleggere il presidente della Camera, dai mbanchi del Pd  è stato esposto un grande striscione con la scritta “No a un presidente omofobo pro Putin”. Il riferimento è a Lorenzo Fontana della Lega, di lì a poco eletto presidente della Camera. Il presidente provvisorio Ettore Rosato ne ha chiesto la rimozione ai commessi.
    Lo striscione è stato esposto da Alessandro Zan, “padre” del ddl contro l’omofobia, e da due “matricole” del Pd: Rachele Scarpa è stata eletta in Veneto, mentre Sara Ferrari, trentina: è approdata a Montecitorio dopo 14 anni al Consiglio provinciale di Trento.

    Camera: Rachele Scarpa, deputata che ha contestato Fontana: ‘Posizioni gravemente reazionarie’

    Contrario all’elezione di fontana anche il segretario dem Enrico Letta. “Peggio di così nemmeno con l’immaginazione più sfrenata. L’Italia non merita questo sfregio”, ha twittato.

    Peggio di così nemmeno con l’immaginazione più sfrenata. L’Italia, non merita questo sfregio. #Fontana
    — Enrico Letta (@EnricoLetta) October 14, 2022

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    Camera: il discorso di Fontana: 'Grazie a chi mi ha votato e a chi no'

    Applauso unanime nell’Aula della Camera quando il neo presidente Lorenzo Fontana cita il capo dello Stato. Quando invece cita il neo presidente del senato Ignazio La Russa a battere le mani son solo i deputati del centrodestra. Un altro battimani unanime giunge nel ricordo del predecessore Roberto Fico, e parte una standing ovation quando Fontana cita Papa Francesco. La Lega batte le mani quando Fontana ringrazia Umberto Bossi.”Onorevoli colleghi, è con forte gratuitudine e grande commozione che mi rivolgo per la fiducia, ringrazio chi mi ha votato e chi no. Sarà mio onore dirigere il parlamento”. Lo afferma il Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel suo intervento dopo la proclamazione.”La Camera rappresenta le diverse volontà dei cittadini: la nostra è una nazione multiforme con diverse realtà storiche e territoriali che l’hanno formata e l’hanno fatta grande: la grandezza dell’Italia è la diversità. Interesse dell’Italia è sublimare le diversità”, prosegue Fontana.”Volevo dedicare un primo saluto al pontefice Francesco che rappresenta un riferimento spirituale per la maggioranza dei cittadini italiani”. Così il neoeletto presidente della Camera. Applauso dell’Aula. “Il Papa sta svolgendo un’azione diplomatica a favore della pace senza uguali”, ha aggiunto.

    Camera: Fontana apre discorso con un saluto a Mattarella e al Papa, ringraziamenti a Bossi

    “Come ricordato da Mattarella il ruolo delle autonomie è decisivo: il pluralismo delle istituzioni e nelle istituzioni rafforza la democrazia e la società. Dalle risposte che daremo dipenderà la qualità della democrazia. Serve portare avanti grande collaborazione”.”La legislatura che sta iniziando dovrà riaffermare il ruolo centrale del Parlamento come luogo delle decisioni politiche” e servirà una “rinnovata attenzione sulla qualità delle leggi che saremo chiamate a elaborare: leggi oscure o imperfette si traducono in costi per i cittadini, dispendio energie e nei casi più gravi negazione dei diritti”. Così il neoeletto presidente della Camera Lorenzo Fontana nel discorso dopo la proclamazione, sottolineando che servirà “una inversione di tendenza tra potere normativo del governo e del Parlamento”.”Bisogna assicurare a tutti i cittadini la pari dignità sociale: il Parlamento sia promotore dei diritti di tutti, soprattutto i più vulnerabili e fragili. Maggioranza e opposizione dovranno dialogare e garantire piena collaborazione con gli altri organi costituzionali”.”Desidero rivolgere un vivo e autentico saluto al Presidente della Repubblica Mattarella, perno della nostra nazione e fondamentale garante della nostra Costituzione”, ha detto Il neo presidente. Un ringraziamento a Umberto Bossi “senza il quale non avrei mai iniziato la mia carriera politica, lo ringrazio personalmente”Fontana si è congratulato con Ignazio La Russa e ha salutato il segretario generale di Montecitorio e il suo predecessore Roberto Fico.

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    Al via a Roma il XIII festival della diplomazia

       Dal 20 al 28 ottobre torna a Roma il Festival della Diplomazia, giunto alla XIII edizione, unica manifestazione al mondo interamente dedicata alla geopolitica e alle relazioni internazionali. Quest’anno con il titolo “Transitions and Contradictions: is no change an option?”.    Presentando la manifestazione, l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato scientifico del festival, ha sottolineato che si tratta di una iniziativa che si giova del raro formato di collaborazione tra privati, centri di ricerca, think tank, istituzioni italiane, istituzioni europee.
    “E’ un festival – ha poi sottolineato – tutto basato sulla promozione della consapevolezza”, perché è estremamente “importante per le nostre vite quotidiane far percepire quanto sia rilevante la situazione esterna, il contesto complessivo. Non c’è modo di identificare e promuovere l’interesse nazionale – ha aggiunto – se non attraverso il prima di una accresciuta consapevolezza”. E per questo, una attenzione particolare è rivolta ai giovani, che sono portatori” di consapevolezza.    Con queste premesse, il festival si muoverà dunque attraverso precisi pilastri, ovvero politica internazionale, attualità e cultura con un occhio puntato sui grandi temi come: energia, nucleare, cooperazione e sicurezza alimentare, intelligenza artificiale e cybersecurity, sostenibilità e politiche spaziali.    Nel suo intervento, anche il Direttore Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale della Farnesina, Pasquale Terracciano, ha sottolineato a sua volta come sia necessario rivolgere “attenzione alle giovani generazioni, che possono dare il loro contributo e lo danno, ad esempio, in settori chiave come la lotta alla disinformazione” attraverso i social media che “dominano”, divenuto ormai “strumento di guerra ibrida” per cercare di influenzare le opinioni pubbliche.    Il programma del festival, descritto nel sito web www.festivaldelladiplomazia.eu, si articola in oltre 100 eventi e la partecipazione di tanti relatori italiani e internazionali, che animeranno 25 location diverse della Capitale con conferenze, incontri ed eventi speciali per approfondire il concetto di cambiamento: dalle trasformazioni climatiche ai nuovi equilibri geopolitici ed economici; dalle accelerazioni tecnologiche alla global information war.    Si tratta di “una rassegna di grandissimo livello con una attenzione particolare alla divulgazione alla democratizzazione del dibattito sui grandi temi della politica internazionale”, ha detto ancora Terracciano, sottolineando che “il festival è ormai diventato una vera vetrina della attività diplomatica italiana internazionale”.    Che segue la linea del “nuovo sforzo di diplomazia pubblica che ha messo in campo il ministero degli Esteri, e che vuole essere un esercizio di accrescimento della consapevolezza della nostra opinione pubblica sui grandi temi le grandi sfide che toccano la vita dei nostri cittadini”.    

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    Camera: la maggioranza sulla carta a quota 237

    Sono 236 i voti potenziali su cui poteva contare Lorenzo Fontana per l’elezione a presidente della Camera , uno in meno dei 237 deputati del centrodestra, visto che l’azzurro Andrea Orsini ha annunciato che ha il Covid e non è stato presente per la votazione.  La maggioranza richiesta è pari a 201 voti.    Il centrodestra poteva contare su 119 deputati di Fdi, 66 della Lega, 45 di Fi (ma oggi sono 44) e 7 di Noi Moderati.    Per quanto riguarda gli altri gruppi parlamentari il Pd annovera tra i propri scranni 69 deputati, Alleanza Verdi-Sinistra 12, +Europa 2, Impegno civico 1, M5s 52, Azione-Italia Viva 21 (ma oggi due sono assenti giustificati).    Le minoranze linguistiche hanno 4 deputati (3 la Svp ed 1 l’Union Valdotaine), il Maie 1 e Sud contro Nord 1.    

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    Al via la terza edizione del ciclo di studi della Scuola Politica “Vivere nella Comunità”

    Al via la terza edizione del ciclo di studi promosso dalla Scuola  Politica “Vivere nella Comunità”, fondata  da Pellegrino Capaldo, Sabino Cassese, Marcello Presicci e Paolo Boccardelli insieme a numerose personalità di primo piano del mondo accademico ed aziendale come Francesco Profumo, Marta Cartabia, Bernardo Giorgio Mattarella, Maria Bianca Farina e – fra gli altri – i rappresentanti di Intesa Sanpaolo, Poste Italiane, ANSA, Ferrovie dello Stato, Banca d’Italia, Generali, Fondazione CRT, A2A, Engineering, Istituto Credito Sportivo e Compagnia di San Paolo.
    Il supervisory board della Scuola Politica ha deciso di affidare quest’anno l’apertura della nuova edizione all’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Dario Scannapieco. Titolo dell’intervento è stato: “Il ruolo di CDP nel sistema Paese”.
    Il panel è stato moderato da Massimo Lapucci, VP della Scuola Politica, ed è stato caratterizzato dagli interventi introduttivi di Francesco Profumo e Stefano Lucchini, entrambi membri del Supervisory Board della Scuola Politica. Fra i presenti nella “Sala degli Specchi” di Casina Valadier, i docenti, i membri del board e i 40 partecipanti al percorso di studio scelti su oltre 700 candidature giunte.
    Dario Scannapieco durante il suo intervento, oltre a presentare la centralità di CdP per il sistema Paese e gli impatti generati dalle attività correlate, ha ribadito l’importanza della formazione permanente per i giovani affermando: “Luoghi come questi sono molti utili poiché continuano a stimolare la crescita, il dibattito e lo scambio di idee necessarie a far crescere una comunità ed un’azienda. La Scuola Politica “Vivere nella Comunità” ha il grande merito di facilitare questa tipologia di apprendimento assolutamente preziosa per la futura classe dirigente”.
    L’iniziativa formativa, gratuita per gli studenti grazie al sostegno economico delle imprese coinvolte, intende così rafforzare la preparazione e le competenze dei partecipanti, contribuendo alla formazione di nuovi leader e di una futura classe dirigente preparata che percepisca la responsabilità di essere “civil servant”.
    Su questo tema Stefano Lucchini ha affermato: “In una fase estremamente delicata e complessa come questa è fondamentale tutelare il percorso di formazione e di lavoro dei giovani, ma anche stimolare la loro passione civile. L’ascensore sociale in Italia ha funzionato molto bene quando ha saputo coniugare il talento con la partecipazione dei giovani alla vita pubblica, alle grandi scelte economiche e sociali.  È solo da qui che il Paese può ripartire”.
    In conclusione Marcello Presicci, Segretario Generale della Scuola Politica ha ribadito:  “Anche quest’anno investiremo il nostro tempo e le nostre energie nel formare gratuitamente 40 giovani ad alto potenziale, mettendoli in contatto con alcune fra le più importanti figure accademiche ed aziendali d’ Italia. Il nostro obiettivo resta quello di investire nel capitale umano dei giovani, rafforzando le loro già solide competenze attraverso momenti di confronto e dialogo di grande valore, come quello espresso dall’ AD di CdP, Dario Scannapieco. Questo è il nostro contributo verso le istituzioni e il Paese in un momento complesso della nostra storia”.  

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    Fontana verso la Camera. Fi da sola alle consultazioni

    Oggi si vota per la presidenza della Camera, dopo l’elezione di La Russa al Senato avvenuta con il sostegno dell’opposizione. Da Forza Italia solo due voti, di Casellati e Berlusconi. “Un comportamento grave” per il Pd; “Non siamo stati noi”, ha dichiarato Renzi. Berlusconi: “E’ stato votato dal Terzo polo”, che nega. Polemiche sulla candidatura alla presidenza della Camera di Lorenzo Fontana, vicesegretario della Lega ed ex ministro, anti Lgbt e antiabortista.

    Agenzia ANSA

    Alla prima prova il centrodestra si divide. Ignazio La Russa diventa così presidente del Senato, come ha fortemente voluto Giorgia Meloni, ma col soccorso – “anonimo” – delle opposizioni. E se è vero, come dice la leader di Fdi che a contare “sono i risultati”, il malumore reso evidente da Forza Italia con la non partecipazione al voto rischia di avere strascichi sulla trattativa, ancora apertissima, per la costruzione del governo. Tanto che gli azzurri potrebbero addirittura presentarsi da soli alle consultazioni. “Oggi il centrodestra darà mostra di compattezza, lealtà e unità”, pronostica Matteo Salvini che sarà smentito pochissimo dopo dai fatti. Il leader della Lega ha riunito i suoi senatori e annuncia il “passo di lato” del candidato leghista, Roberto Calderoli. Un segno di distensione nella maggioranza dopo le acque agitate degli ultimi giorni, che portano il centrodestra all’appuntamento con l’elezione dei presidenti delle Camere senza che sia chiusa una intesa tra i tre alleati.

    Senato, Letta: ‘Alcuni senatori d’opposizione hanno fatto un regalo alla maggioranza’

     E a Montecitorio, negli stessi istanti, Silvio Berlusconi si confronta (“scontra”, raccontano in molti) di nuovo con Meloni dopo la fumata nera di ieri a Villa Grande. All’uscita entrambi assicurano che è andato tutto bene, “come sempre”. Il finale in effetti vedrà La Russa presidente ma a scapito di una lacerazione della coalizione che non sarà semplice ricomporre. Il Cavaliere arriva a Palazzo Madama allegro, scherza con Guido Crosetto (“sei sempre più alto”) ma dopo il discorso inaugurale di Liliana Segre, al dunque, riunisce i suoi fuori dall’Aula e lì matura lo strappo. C’è “disagio” per i “veti” e bisogna dare “un segnale”, è la linea che prevale tra gli azzurri. Così Forza Italia non risponde alla chiama e fa mancare 16 voti di centrodestra a La Russa, che pure viene votato da Elisabetta Casellati, che lo ha preceduto sullo scranno più alto di Palazzo Madama, e dallo stesso Berlusconi. Un gesto che servirà ai colonnelli di Fdi per minimizzare l’accaduto: il Cav ha votato, segno che alla fine prevale sempre “lo spirito di coalizione”. Ma che non basta a contenere “l’insofferenza” tra i senatori di Fratelli d’Italia. E che comunque non fa raggiungere uno degli obiettivi dell’ex premier costretto ad ammettere che non ci sarà “nessun ministero” per Licia Ronzulli. Nel frattempo in Transatlantico a Palazzo Madama scatta la caccia ai colpevoli, quasi in contemporanea all’applauso che accompagna l’elezione di La Russa: superato il quoerum dei 104 voti infatti la conta continua e i numeri si mostrano ben più ampi della somma (che sarebbe peraltro risultata insufficiente alla prima votazione) di Lega e Fdi. “Non siamo stati noi”, mette le mani avanti per primo Matteo Renzi, è il centrodestra alle prese con “regolamenti dei conti” interni. I 9 del Terzo Polo, assicura anche Carlo Calenda, hanno votato compatti scheda bianca. Ma lo stesso dicono dal Pd. Comportamento “irresponsabile oltre ogni limite”, attacca Enrico Letta, osservando che “una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza”. Un messaggio simile filtra dai 5 Stelle, dove si punta il dito contro “la finta opposizione fatta dei soliti giochini”. Bilancio finale “maggioranza divisa” ma anche “opposizione divisa”, sintetizza Pierferdinando Casini, consigliando a tutti “qualche corso di formazione politica”. Lo stesso commento del dem Dario Franceschini (“chi l’ha fatto non capisce nulla di politica”), tra i primi indiziati secondo Renzi, che però a scanso di equivoci assicura di non avere “alcuna intenzione” di fare il vicepresidente del Senato. Proprio all’elezione dei vice si guarda nei capannelli, per cercare di individuare qualche forma di “scambio”. Ora bisogna vedere cosa succederà alla Camera, dove Salvini, dopo avere di nuovo incontrato nel tardo pomeriggio Meloni, schiera il suo vice Lorenzo Fontana al posto del nome che fino a ieri era in pole, quello di Riccardo Molinari, che rimarrà al suo posto a fare il capogruppo. Sfuma così l’ipotesi, pure circolata, di Giancarlo Giorgetti terza carica dello Stato. Che è pronto comunque ad andare al Mef, “se me lo chiedono”. Ma quella per i ministeri, a questo punto, sarà tutta un’altra trattativa.Quirinale, Mattarella riceve Ignazio La Russa

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    Asse Putin-Erdogan sul gas, 'un hub in Turchia'

     “Il potenziale hub del gas in Turchia può essere la piattaforma per determinare il prezzo del gas”. Il faccia a faccia ad Astana tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan delude chi si attendeva una svolta sull’Ucraina ma rilancia una possibile via d’uscita alla crisi energetica mondiale. Se l’Europa non vuole più comprare direttamente il metano russo, è il messaggio del leader di Mosca, potrebbe farlo con l’intermediazione di Ankara, che continua a ricevere una “piena fornitura” perché si è rivelata “il partner più affidabile”. La proposta, però, è stata respinta seccamente dalla Francia, che l’ha definita “insensata”, perché contraria al progetto europeo di ridurre l’import dalla Russia.    Mentre il Cremlino assicura di essere pronto al dialogo con gli Usa, ma senza passi indietro sui suoi obiettivi in Ucraina, l’incontro tra i presidenti di Russia e Turchia si è focalizzato sull’emergenza del gas dopo quella del grano, rispetto a cui Mosca continua peraltro a lamentare ostacoli al proprio export di cereali e fertilizzanti. “Se la Turchia e i nostri possibili acquirenti in altri Paesi sono interessati, potremmo considerare la possibile costruzione di un altro sistema di gasdotti e la creazione di un hub del gas in Turchia per la vendita ad altri Paesi, a Paesi terzi, in primo luogo a quelli europei”, ha spiegato lo zar in un bilaterale di un’ora e mezza a margine della sesta Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia. “Questo hub, che potremmo allestire insieme, servirebbe sicuramente non solo come base per le forniture, ma anche per regolare i prezzi”, portandoli “a un livello di mercato normale senza alcuna politicizzazione”, ha assicurato ancora Putin, per la soddisfazione di Erdogan. Il progetto però ha bisogno di tempo, e, spiega il Cremlino, sarebbe prematuro indicare eventuali acquirenti.    La cooperazione energetica tra Ankara e Mosca è solida e sperimentata. Oltre al Turkstream, il gasdotto che passa sotto il mar Nero e dal 2020 è in grado di portare oltre 30 miliardi di metri cubi di metano, per metà già smistati verso l’Ue fino al conflitto, c’è anche la prima centrale nucleare turca che il gigante Rosatom sta costruendo ad Akkuyu, la cui inaugurazione, ha detto Erdogan, avverrà il prossimo anno, in concomitanza con il centenario della Repubblica e le elezioni presidenziali.    La prima reazione occidentale all’idea di un hub turco è arrivata da Parigi, ed è stata un secco no. E’ una proposta che “non ha senso” poiché gli europei vogliono ridurre la loro dipendenza dagli idrocarburi dalla Russia, ha affermato L’Eliseo in una nota, proprio nelle ore in cui Emmanuel Macron riceveva in una cena privata Mario Draghi. “Non ha senso per noi creare nuove infrastrutture che ci consentano di importare più gas russo”, ha sottolineato la presidenza francese.    Fuori dal colloquio tra Putin e Erdogan sarebbero rimaste le prospettive di negoziati sul conflitto. O, quantomeno, non si è discusso del presunto piano di Ankara di allestire un tavolo a cinque tra Russia, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito, che il Cremlino dice di aver appreso “dai giornali”. Ma non è certo l’unico formato su cui si lavora. E lo stesso Erdogan ha promesso di non abbandonare gli sforzi di mediazione. “Una pace giusta può essere ottenuta attraverso la diplomazia, non ci possono essere vincitori in una guerra e perdenti nella pace. Il nostro obiettivo – ha sottolineato – è che il bagno di sangue finisca il prima possibile”.    Mosca, intanto, continua a mandare messaggi di disponibilità alle trattative, senza per questo allentare i bombardamenti sull’Ucraina. “L’operazione militare speciale continua ma la Russia è aperta al dialogo per raggiungere i suoi scopi, che non sono cambiati”, ha spiegato il Cremlino, precisando comunque di non aspettarsi a breve “prospettive di negoziati”. Se poi dovessero arrivare segnali dagli Usa, sarebbe pronta a prenderli in considerazione, ha sottolineato ancora una volta il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, tenendo viva l’ipotesi di un faccia a faccia tra Putin e Joe Biden al G20 del mese prossimo a Bali.    Kiev, però, non si fida. La Russia “va isolata diplomaticamente”, la diplomazia è uno strumento “potente” ma non ci può essere finché “parlano le armi”, ha avvertito il presidente Volodymyr Zelensky, che insiste invece per nuove forniture militari. “Ci aspettiamo passi importanti dall’Italia e dalla Francia. Sinceramente – ha spiegato – abbiamo il 10% di quanto ci serve per difenderci”.