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    Toghe divise su Cospito, la decisione a Nordio

    Gli uffici giudiziari chiamati a esprimere un parere sulla revoca del 41 bis a Alfredo Cospito, si dividono. Mentre la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo apre uno spiraglio sulla possibilità di far tornare l’anarchico al regime dell’alta sicurezza, sia pure con tutte le cautele opportune, la procura generale di Torino non vede altra strada che la conferma del carcere duro. Così la palla torna tutta nelle mani del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che potrebbe decidere per la fine di questa settimana, o all’inizio della prossima.    Intanto la Cassazione anticipa al 24 febbraio l’udienza in cui dovrà pronunciarsi sul ricorso presentato dal legale di Cospito contro l’ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza di Roma ha confermato il 41 bis. Una decisione su cui non può non aver pesato l’aggravarsi delle condizioni di salute del detenuto, da 106 in sciopero della fame: ha già perso 45 chili, ma è “assolutamente determinato ad andare avanti”,pur sapendo che tutto questo lo porterà a “conseguenze irreparabili”, come riferisce il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, che ha incontrato il suo assistito nel carcere di Opera, dove è stato trasferito dal 30 gennaio scorso. E proprio nel penitenziario milanese sabato scorso a Cospito, ritenuto tra i leader della Fai, la Federazione anarchica informale, è stato notificato il rigetto dell’istanza di differimento pena da parte del magistrato di sorveglianza di Sassari.    Trapela pochissimo dei pareri giunti sul tavolo del ministro Nordio, che deve decidere se revocare, come gli ha chiesto il 12 gennaio scorso il legale di Cospito, il 41 bis, disposto il 22 maggio del 2021. Sono tre, visto che ce n’è anche uno della Direzione distrettuale di Torino. E chi li ha potuti visionare li descrive come documenti molto articolati e complessi. Decine di pagine che ricostruiscono nel dettaglio la storia processuale di Cospito, condannato a 30 anni per effetto del cumulo di più condanne emesse da diversi tribunali: una per la gambizzazione nel 2012, dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, l’altra per l’attentato del 2006 contro la Scuola carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Pagine in cui si dà conto delle caratteristiche e dell’ evoluzione della galassia anarchica. La differenza di fondo è nelle conclusioni.    Per il Pg di Torino Francesco Saluzzo non c’è altra possibilità che la conferma del 41 bis. Più problematica invece la relazione del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo: Cospito può restare al 41 bis oppure tornare al regime di alta sicurezza, però con tutte le dovute cautele; una conclusione aperta, che si affida alle valutazioni dell’autorità politica.    Il nodo da sciogliere è tutto legato al provvedimento disposto l’anno scorso dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia: “inserito al vertice dell’ associazione con finalità di terrorismo, Cospito ha fornito positiva dimostrazione di essere perfettamente in grado di collegarsi all’esterno, anche in costanza di detenzione intramuraria al regime ordinario, inviando documenti di esortazione alla prosecuzione della lotta armata di matrice anarchico insurrezionalista”, la motivazione di fondo. Che il legale di Cospito ha contestato anche allegando le motivazioni di una sentenza della Corte d’Assise di Roma che ha assolto tutti gli imputati di un centro sociale, ritenuti legati a movimenti anarchici, dall’accusa di associazione con finalità di terrorismo. In particolare in un passaggio, con riferimento ai “legami e ai confronti epistolari” intrattenuti da uno degli imputati con il leader della Fai, si dice che Cospito non “vuole manipolare” la sua personalità e “strumentalizzare il giovane anarchico facendone veicolo all’esterno della propria posizione politica”.   

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    Lep contro i divari, 5 mesi per intese Stato-Regione

       Solo in Valle d’Aosta, Umbria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Friuli-Venezia Giulia nel 2019 il 33% dei bimbi sotto i tre anni avevano un posto garantito all’asilo nido. E disomogeneità simili si trovano in vari settori, dalla formazione alla salute, dall’istruzione alla tutela dell’ambiente. Per provare a colmare i divari, nel 2001 è stato introdotto in Costituzione il concetto dei Livelli essenziali delle prestazioni, che ora sono il fulcro del disegno di legge sull’Autonomia differenziata: se una Regione vorrà esercitare una funzione finora in capo allo Stato, dovrà rispettare gli standard minimi dei Lep – che prima però devono essere definiti con un decreto del presidente del Consiglio – nonché costi e fabbisogni standard, come prevede il ddl messo a punto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli. Un testo nato per dare attuazione a quel percorso di intesa con lo Stato, delineato dall’articolo 116 della Costituzione e già avviato negli anni scorsi da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. La legge quadro (valida anche per le Regioni a statuto speciale) è composta di 10 articoli, e Calderoli si augura di vederla entrare in vigore nel 2024.
        FINALITÀ – La legge punta a semplificare le procedure, accelerare e sburocratizzare i procedimenti, per una distribuzione delle competenze che meglio si conformi ai principi di sussidiarietà e differenziazione, nel rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, indivisibilità e autonomia e in attuazione del principio di decentramento amministrativo. L’attribuzione di funzioni è subordinata alla determinazione dei Lep – previsti dalla Costituzione ma non ancora definiti -, che garantiscano i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, non solo per le Regioni che avviano l’intesa, e solo dopo che siano stanziate le risorse per coprire nuovi o maggiori oneri.
        LEP – Sono determinati con Decreto del presidente del Consiglio dei ministri, per “il pieno superamento dei divari territoriali”, come affermato nel testo dell’ultima legge di bilancio che ha istituito a Palazzo Chigi una cabina di regia, composta dal premier, dal ministro per gli Affari regionali, quello per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, quello per le Riforme istituzionali, quello dell’Economia, oltre ai ministri competenti, il presidente della Conferenza delle Regioni, e quello dell’Associazione nazionale dei comuni italiani. Il compito della cabina di regia è individuare individuare i Lep in un anno (con una ricognizione sulla spesa storica dell’ultimo triennio dello Stato in ogni Regione), quindi entro fine 2023, sulla base delle ipotesi della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, e d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni-Città. Scaduto il termine di un anno, toccherà a un commissario. Le Camere hanno 45 giorni per il parere, prima che il Dpcm sia adottato. Il finanziamento dei è approvato per legge, se determinano oneri aggiuntivi per lo Stato. Se nel corso del tempo i Lep cambiano, la Regione deve rispettarli dopo la revisione delle risorse. ITER PER L’INTESA – Dura almeno cinque mesi. Il ministro dell’Economia e quelli competenti hanno 30 giorni per valutare la richiesta della Regione, dopo che è stata trasmessa al presidente del Consiglio e al ministro per gli Affari regionali.    Poi si apre un negoziato con la Regione per l’intesa preliminare, approvata poi dal Cdm e trasmessa alla Conferenza unificata che, a sua volta, ha 30 giorni per il parere. Quindi va alle Camere: i “competenti organi parlamentari” hanno 60 giorni per “atti di indirizzo”. Successivamente il premier (o il ministro per gli Affari regionali) predispone l’intesa definitiva (con eventuale ulteriore negoziato). La Regione la approva, ed entro 30 giorni è prevista la delibera in Cdm. Il disegno di legge è trasmesso alle Camere che votano a maggioranza assoluta. L’iter dei ddl del governo in media nell’ultima legislatura è durato 81 giorni al Senato e 69 alla Camera.
        RISORSE – Le risorse umane, strumentali e finanziarie per l’esercizio delle funzioni sono determinate da una commissione paritetica Stato-Regione. Il finanziamento avviene attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali regionali.
        DURATA – Le intese hanno durata massima di 10 anni. Stato o Regione possono chiederne la cessazione, deliberata con legge a maggioranza assoluta dalle Camere. Alla scadenza, l’intesa si intende rinnovata per la sua durata, salvo che Stato o Regione manifestino volontà diversa un anno prima del termine. Il governo dispone verifiche sulle attività e sul raggiungimento dei Lep. La commissione paritetica svolge annuali valutazioni sulla compatibilità e gli oneri finanziari.
        EQUITÀ – La legge prevede misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale: anche nelle Regioni che non concludono intese, lo Stato promuove l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali, anche con interventi speciali. Dalla legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 

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    Murales in sede Pd Trieste ricorda David Sassoli

    (ANSA) – TRIESTE, 02 FEB – “La speranza siamo noi quando non
    chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo
    muri ai nostri confini, quando combattiamo ogni forma di
    ingiustizia – David Sassoli”. E’ la frase impressa, in bianco su
    sfondo blu, sul murales dedicato a David Sassoli inaugurato
    nella sede regionale del Pd, questa sera a Trieste. Accanto alla
    frase, le stelle gialle che compongono la bandiera europea.   
    Questo è un segnale, ha affermato la capogruppo dem alla
    Camera, Debora Serracchiani, “che serve anche al Pd regionale,
    ovvero a ricordarci che questo è un territorio che ha un confine
    importante, che deve essere saldamente con i piedi dentro l’Ue”;
    “siamo a un confine che va sempre monitorato nella sua
    straordinaria importanza”. Aver realizzato il murales a Trieste
    “è un segnale che diamo a un Pd che resta europeista e con una
    forte impronta internazionale dentro un contesto come quello
    della regione Fvg che deve avere veramente la voglia di questo
    protagonismo”.   
    Serracchiani ha poi ricordato David Sassoli, un uomo che
    “ha interpretato il ruolo di politico anche ad altissimo livello
    senza perdere mai di vista che i piedi vanno tenuti ben saldi a
    terra e che la testa deve essere sempre in alto per guardare
    oltre l’emergenza, oltre la giornata, oltre il momento. Ha
    saputo interpretare la politica al meglio in questo modo. Con
    lui abbiamo perso il futuro della nostra storia”, ha concluso.   
    (ANSA).   

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    Cospito: Serracchiani, su ricostruzione fango e miseria

    (ANSA) – TRIESTE, 02 FEB – “Quando siamo arrivati” al
    compound di 4 celle in cui si trovava anche quella di Cospito,
    “la polizia penitenziaria ci ha portato davanti alla cella di
    Cospito, ma io stavo già parlando con il detenuto della terza
    cella, Verini con quello della quarta. Inutile dire che ‘Cospito
    vi ha ordinato’: è una cretinata. Nessuno ci ha ordinato
    niente”.”Io ho parlato con quei detenuti come avrei parlato e ho
    parlato con qualunque detenuto incontrato quel giorno in
    carcere. Questo è fango, è miseria di chi non sa come venir
    fuori da una situazione in cui si è ficcato”. Lo ha detto Debora
    Serracchiani, ricostruendo la visita in carcere a Cospito da
    parte di una delegazione del Pd.   
    Per Serracchiani, ora c’è “una sola via d’uscita”: “le
    dimissioni dal ruolo di vicepresidente del Copasir di Donzelli e
    le dimissioni con revoca delle deleghe di Delmastro da
    sottosegretario, per giunta con delega al Dap. Perché quello che
    sta emergendo per stessa ammissione di Delmastro, che oggi ha
    detto di aver passato a Donzelli informazioni riservate, è di
    una gravità inaudita”: lo afferma la capogruppo dem alla Camera,
    Debora Serracchiani, sul caso Cospito. (ANSA).   

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    Ok all'Autonomia dal Cdm Ma i governatori si dividono

    Approvato in Consiglio dei ministri il ddl sull’Autonomia differenziata, messo a punto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli. L’approvazione è avvenuta fra gli applausi. Sul testo sono state apportate alcune modifiche rispetto alla bozza diramata lunedì sera ai Ministeri. 
    “Con il disegno di legge quadro sull’autonomia puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa”. “Il Governo avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi”. Lo dichiara la premier Giorgia Meloni. 
    “Efficienza, merito, innovazione, lavoro, più diritti per tutti i cittadini in tutta Italia, meno scuse per i politici ladri o incapaci. Autonomia approvata in Consiglio dei Ministri, altra promessa mantenuta”. È il testo del messaggio che il vicepremier e Ministro Matteo Salvini ha inviato nelle chat dei parlamentari e dei consiglieri regionali della Lega, subito dopo l’approvazione del ddl sull’Autonomia.
    “Con il via libera in Cdm inizia ufficialmente il percorso del disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata, è un giorno storico! Una riforma necessaria per rinnovare e modernizzare l’Italia, nel segno dell’efficienza, dello sviluppo e della responsabilità. L’Italia è un treno che può correre se ci sono Regioni che fanno da traino e altre che aumentano la propria velocità, in una prospettiva di coesione. Dopo l’ok compatto del Governo, lavoriamo insieme a Regioni ed enti locali con l’obiettivo di far crescere tutto il Paese e ridurre i divari territoriali”. Così il ministro per le Autonomie, Roberto Calderoli.
    Si dividono invece i governatori delle Regioni. Da una parte chi, come Bonaccini, De Luca ed Emiliano, criticano aspramente il disegno di legge; dall’altra altri presidenti, come Fontana, Zaia, Cirio e Tesei, che sostengono l’iniziativa del ministro Calderoli. 

    LA CONFERENZA STAMPA”L’esistenza di cittadini di Serie A e B è una realtà, in cui la sperequazione non riguarda solo le differenze tra Nord e Sud, ma anche tra diversi territori: un problema che va risolto e che non puo’ essere attribuito all’ Autonomia differenziata, ma è frutto di una gestione centralista”. Ha detto il ministro Roberto Calderoli nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri che ha approvato il ddl sull’autonomia differenziata. “Grazie ai suggerimenti di tutti i ministri è stato raggiunto un equilibrio complessivo non solo di natura politica ma anche geografica. Abbiamo un treno che è l’Italia e se rallenta un vagone, rallenta tutto il treno e con l’Autonomia avremo un treno ad alta velocità”. Ha detto il ministro . Il testo del ddl sull’autonomia differenziata prevede che l’intesa con la Regione debba ricevere “il parere della Conferenze delle Regioni, dopo di che dovrà essere approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta. Mi spiace dei toni di risentimento, e pregherei di leggere il testo prima di scatenare la contrarietà”. Lo ha detto il ministro Roberto Calderoli nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri che ha approvato il ddl sull’autonomia differenziata. Sull’autonomia differenziata “era d’accordo anche uno dei candidati alle primarie del Pd”. Ha detto il ministro Roberto Calderoli.  “Entro 12-13 mesi” il Parlamento dovrebbe approvare il ddl Calderoli mentre nello stesso arco di tempo la Cabina di regia dovrebbe varare i Lep, così da permettere “a inizio 2024” iniziare a esaminare “le proposte” di autonomia differenziata da parte del governo.
    “È una scommessa vinta perché il metodo che è stato usato da dimostrazione di come le ragioni del Nord e del Sud hanno trovato un equilibrio. Autonomia significa oggi una migliore allocazione delle risorse, così che tutte le Regioni possono esprimere le loro potenzialità. Ci sarà arricchimento e non depauperamento. Oggi è una giornata importante per l’Italia. Oggi le Regioni e l’Italia hanno acquisito un punto in più”. Lo ha detto Elisabetta Casellati, ministro per le Riforme istituzionali, nella conferenza stampa dopo l’approvazione in Cdm del ddl sull’Autonomia differenziata.
    “Voglio dare atto al ministro Calderoli di aver svolto un lavoro di cucitura nel rapporto con tutti gli interlocutori, sia all’interno del governo che nel sistema istituzionale, per accogliere tutti i suggerimenti e migliorare e integrare questo testo. Abbiamo un testo pienamente condiviso, che è stato approvato all’unanimità dal cdm con grande convinzione e consapevolezza”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, in conferenza stampa dopo il cdm che ha approvato il ddl sull’Autonomia differenziata.
    Immediata la replica del governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: “La bozza Calderoli sull’autonomia differenziata approvata in Consiglio dei ministri è irricevibile e noi siamo pronti alla mobilitazione perché non è stata condivisa con la Conferenza delle Regioni, cosa clamorosa e incredibile, e perché è un’autonomia differenziata che non tiene conto delle nostre proposte e va nella direzione di spaccare il Paese”. 

    IL PROVVEDIMENTOIl disegno di legge definito dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli è terreno di scontro fra maggioranza e opposizione. E nel centrodestra è soprattutto la Lega che si preparava a festeggiare l’approvazione del testo in Consiglio dei ministri, a venti giorni dalle Regionali in Lazio e Lombardia, una delle tre regioni che hanno già avviato il percorso per ottenere funzioni finora svolte dallo Stato.
    Secondo il ddl di 10 articoli, l’attribuzione delle funzioni può avvenire solo dopo la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep definiti con Dpcm, entro un anno come previsto dall’ultima legge di bilancio. L’iter per l’intesa fra Regione (anche a statuto speciale) e Stato durerà almeno 5 mesi, inclusi i 60 giorni per l’esame delle Camere. Secondo la bozza di Calderoli si sarebbero dovute esprimere le commissioni, ma fra i “ritocchi” decisi nella riunione tecnica in preparazione del Consiglio dei ministri – pare anche su input di Giorgia Meloni – si dovrebbe optare per un atto di indirizzo votato in Aula.
    Finanziare Lep prima di dare funzioni a Regioni. Se dalla determinazione dei Lep derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le funzioni possono essere trasferite dallo Stato alla Regione “solo dopo l’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica”. È quanto prevede il ddl sull’Autonomia differenziata approvato dal Consiglio dei ministri. Si tratta di una specificazione che non era prevista nella bozza del testo diramata lunedì sera.
    Autonomia:a Camere 60 giorni per atti di indirizzo su intese. Sullo schema di intesa preliminare fra Stato e Regione, dopo il parere della Conferenza unificata o comunque entro 30 giorni, le Camere hanno 60 giorni “per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono con atti di indirizzo”, udito il presidente della Giunta regionale. Lo prevede il disegno di legge sull’Autonomia differenziata approvato dal Consiglio dei ministri. 
    Per Lep ricognizione spesa storica dello Stato nella Regione. La ricognizione della cabina di regia sui Lep “dovrà estendersi alla spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio, sostenuta dallo Stato sul territorio di ogni Regione, per ciascuna propria funzione amministrativa”. Lo chiarisce la relazione illustrativa del disegno di legge sull’Autonomia differenziata, approvato dal Consiglio dei ministri. La cabina di regia entro un anno “predisporrà uno o più” decreti del presidente del Consiglio dei ministri “recanti, anche distintamente tra le 23 materie, la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard”.
    Le intese durano fino a 10 anni: possono essere rinnovate o terminate prima, con un preavviso (di Stato o Regione) portato da 6 a 12 mesi, per evitare disallineamenti con l’anno scolastico, in riferimento alle materie relative all’istruzione. Sono previste poi misure perequative per evitare squilibri economici fra le Regioni che aderiscono all’autonomia differenziata e quelle che non lo fanno. È il rischio che vuole evitare la premier. “Non ci rassegniamo all’idea che ci siano territori e servizi di serie A e B”, ha detto nei giorni scorsi Giorgia Meloni.

    Agenzia ANSA

    Intervento della premier alla presentazione del Progetto ‘Polis-Casa dei servizi digitali’ di Poste Italiane. Monito di Mattarella: ‘Non impoverire i servizi locali’ IL TESTO del Ddl sull’Autonomia differenziata (ANSA)

    L’autonomia “migliorerà” il Paese e “conviene a tutti, i comuni del centro e del sud ci guadagnerebbero di più”, assicura Matteo Salvini. “Le Regioni avranno più risorse e più poteri con l’autonomia, per gestire i servizi essenziali per i cittadini, a partire naturalmente dalla sanità – è il commento di Silvio Berlusconi -. Ogni anno 200mila cittadini raggiungono la Lombardia da altre Regioni per interventi chirurgici. Quindi, dobbiamo garantire a tutti una sanità di assoluta qualità”.
    LE VOCI DALLE REGIONIPer il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, “questa riforma non spacca un bel niente, semplicemente chiede che dei compiti che oggi svolge lo Stato vengano svolti dalle Regioni, ottenendo le cifre che oggi spende lo Stato. Quindi è soltanto una diversa organizzazione amministrativa”. Il governatore lombardo riflette che il progetto di Calderoli “non parla assolutamente delle materie, parla della procedura che si dovrà seguire per arrivare all’applicazione di una parte della Costituzione. Io credo che sia un passaggio per il momento che deve portare soltanto alla predisposizione delle modalità, poi sulle materie si discuterà”. 
    “L’ipotesi di autonomia proposta è inaccettabile, è una proposta propagandistica che spacca l’Italia”. Afferma il governatore della Campania Vincenzo De Luca commentando il provvedimento sull’autonomia regionale differenziata portata dal ministro Calderoli in Consiglio dei Ministri. “Vedremo quali decisioni – spiega De Luca – assumerà il Consiglio dei Ministri. I segnali che arrivano non sono rassicuranti. Valuteremo nel merito. Non consentiremo lo smantellamento della sanità pubblica e della scuola pubblica statale. Non consentiremo, in nessuna forma, la spaccatura dell’Italia”.
    Va all’attacco il presidente della Regione Emilia-Romagna e candidato alla segreteria dem Stefano Bonaccini: “La bozza Calderoli è proprio sbagliata e quindi non se ne farà nulla. Se vogliono andare avanti faremo una mobilitazione con tanta gente nel Paese”. Bonaccini, però è fiducioso sul fatto che alla fine “non se ne farà nulla”. Convinzione che si basa sulla “freddezza nel Governo; Fratelli d’Italia è un partito molto centralista, quindi non credo veda di buon occhio questa proposta”.  E “può un Paese rischiare di avere 20 pubbliche istruzioni diverse? Noi faremmo veramente ridere il mondo. Non so se il ministro Calderoli se ne stia rendendo conto”, aggiunge Bonaccini. “Abbiamo già un Paese a troppe velocità diverse”.
    “Questa è una giornata importante per tutti, perché dopo anni di immobilismo un Governo dimostra finalmente di avere la forza di ripensare l’assetto del nostro Paese, attuando una parte della Costituzione rimasta lettera morta per oltre 20 anni”: così il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, dopo l’approvazione in Cdm del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata. “La riforma – sottolinea Cirio – dà a tutti le dovute garanzie contro ogni possibile disparità tra le Regioni, grazie alla sapiente sintesi della presidente Meloni e del Consiglio dei ministri, che ha introdotto la preventiva definizione dei Livelli essenziali di prestazione e l’istituzione di un fondo perequativo, pronto a correggere ogni eventuale diseguaglianza”.
    In Puglia si registra, invece, l’ira del governatore Emiliano. “Ci indigna profondamente questa cosa di voler fare l’autonomia differenziata prima delle elezioni in Lombardia” per evitare di “far fare brutta figura alla Lega”, ha detto il governatore, ospite a SkyTg24. Secondo Emiliano, quindi, il governo starebbe accelerando sull’attuazione dell’Autonomia “solo per non far fare brutta figura alla Lega”.
    Dal Veneto, il governatore Luca Zaia osserva che quello odierno è il primo giorno di scuola. “Poi sarà un crescendo – aggiunge – verso la modernità, per dare vita al percorso che già prevedevano i padri costituenti. E’ una scelta di modernità e di responsabilità; non è assolutamente l’ ‘affamare’ le Regioni del sud o dividere l’Italia”. Non sarà la fine del nostro Paese, precisa, invitando a pensare a Germania e Stati Uniti, che “vengono percepite come grandi nazioni non divise ma hanno un federalismo vero”.
    Secondo Vito Bardi, governatore della Basilicata, “è stato fatto un passo avanti, ma adesso occorre dare importanza ai Livelli essenziali delle prestazioni per colmare il gap tra le varie aree del paese”. Bardi si è detto soddisfatto perché “sono state accolte le proposte dei presidenti del Sud e soprattutto è stata archiviata la spesa storica che ha penalizzato il Mezzogiorno”.
    “Siamo favorevoli alle richieste delle Regioni che chiedono maggiori livelli di autonomia. Non credo che queste richieste rappresentino in alcun modo un ostacolo alla nostra autonomia, che ha solide basi statutarie e ancoraggi internazionali”. Ha detto all’ANSA il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. “La crescita dell’autonomia in altri territori può rappresentare un’occasione importante di buon autogoverno, di cui noi siamo un modello. Inoltre, ciò legittima anche la nostra autonomia di fronte alle spinte centraliste”, ha aggiunto Fugatti.
    “Questa è una legge che si aspettava da tempo, non solo in virtù del dettato costituzionale ma anche di un referendum che ha visto protagoniste delle Regioni. Quindi credo che sia in linea con un percorso che comunque si debba fare”. E’ quanto ha affermato la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, in merito al ddl sull’autonomia differenziata. “Come Regione Umbria – ha detto all’ANSA – abbiamo partecipato ai tavoli con il ministro Calderoli che ha illustrato a tutte le Regioni la legge quadro, perché in realtà si tratta di una legge quadro. All’interno di questa normativa le Regioni potranno fare richiesta di autonomia differenziata in varie materie, in tutte quelle previste dalla Costituzione, ma anche in parte, e noi naturalmente come Regione Umbria stiamo facendo tutta una serie di valutazioni per capire che cosa è di nostro interesse”.
    Il governatore ligure Giovanni Toti osserva che “tutti coloro che si stanno stracciando le vesti in queste ore dovrebbero ricordare che i margini di autonomia differenziata tra territori sono una delle prerogative previste dal Titolo quinto della nostra Costituzione fin dai primi anni 2000 e non è  mai stato attuato”. “I livelli di prestazione sono molto differenti già oggi senza alcuna autonomia – ha ricordato Toti -, per colpa di un centralismo che spesso ha sbagliato le scelte e per colpa di classi dirigenti locali che non sono stati capaci di valorizzare i propri territori come avrebbero  dovuto e potuto”.

    LE REAZIONI POLITICHEDalle opposizioni intanto arrivano le critiche, soprattutto per la scelta discutere il ddl prima che ci siano i Lep, di affidare la loro definizione al presidente del Consiglio, nonché di non consentire al Parlamento di partecipare alla definizione delle intese. “L’articolo 8 conferma tutti i nostri sospetti – attacca il dem Francesco Boccia -: dall’applicazione del ddl ‘non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica’. È la riprova che non investono un centesimo per ridurre le diseguaglianze”.  Per la deputata e candidata alla guida del Pd, Elly Schlein, “sarebbe opportuno che le Regioni del Sud e quelle guidate dal Pd chiedessero una convocazione urgente della Conferenza Stato-Regioni. Conferenza Stato-Regioni ignorata e umiliata dal governo e da Calderoli che non ha voluto fare un passaggio preventivo col voto delle Regioni”. . “Oggi nel Consiglio dei Ministri arriva l’autonomia differenziata di Calderoli, scavalcando il confronto con le Regioni e col Parlamento, per avanzare un disegno di legge che divide il Paese”.
    “Siamo molto preoccupati” per il ddl approvato in Consiglio dei minstri sull’autonomia differenziata, “perché è un testo che già non ci piaceva prima e pare che le modifiche apportate da ultimo lo abbiano addirittura peggiorato. I nostri governatori sono già usciti dicendo che non lo considerano accettabile e quindi faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per cambiare un testo inaccettabile”. Lo ha affermato la capogruppo del Pd alla Camera, Debora Serracchiani, a margine di un incontro a Trieste. Il punto, secondo Serracchiani, è che il provvedimento “intanto non passa anche dal Parlamento, come sarebbe stato giusto che fosse, e in qualche modo esclude anche la Conferenza delle Regioni, ma soprattutto rischia di creare veramente un aumento dei divari che già esistono in questo paese, perché non fa quello che è fondamentale e cioè determinare prima i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e anche un fondo adeguato per questo”. “Nella proposta che avevamo fatto – conclude – che peraltro era anche passata all’unanimità anche in Conferenza delle Regioni, avevamo previsto non solo che venissero previsti prima i Lep, ma anche che ci fosse un fondo iniziale di 4,6 miliardi che doveva arrivare fino a 50 miliardi. Qui di risorse non si parla. Quindi fare con i fichi secchi una riforma di queste dimensioni mi sembra francamente sbagliato”.
    L’attacco della Cgil Il progetto sull’Autonomia differenziata, con il disegno di legge atteso nel pomeriggio in Cdm, “è sbagliato e va contro il Paese”, che “è già diviso, ha già troppe disuguaglianze. Non è quello di cui ha bisogno”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a margine del congresso della Cgil Roma e Lazio, sottolineando che tale “logica indebolisce il Paese, anche nel rapporto con gli altri Stati, rischia di mettere in discussione il rapporto con le parti sociali, perché non è stato discusso con nessuno, e svilisce il ruolo del Parlamento”.
    Berlusconi: “iter avviato,concluso solo con Lep”. “Con l’approvazione del testo sull’autonomia in Consiglio dei ministri, questo governo passa dalle parole ai fatti. Grazie al decisivo contributo di Forza Italia, non ci saranno cittadini di serie A e di serie B. Anche questo impegno è stato mantenuto. Questo è l’avvio di un percorso che dovrà essere condiviso in Parlamento, dove il testo potrà essere ulteriormente migliorato e che potrà ritenersi concluso soltanto dopo la definizione dei Lep e del loro effettivo finanziamento”. Così il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

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    E' scontro sulle Case Green. La Lega promette battaglia in Ue

       Il Parlamento Europeo modifica le classi energetiche proposte dalla Commissione Europea da raggiungere per gli edifici residenziali ed aumenta i fondi per sostenere le ristrutturazioni energentiche. Ma la Lega Nord, raccoglie le istanze dell’Anci e di Confedilizia fortemente critiche con Bruxelles e Strasburgo, e promette battaglia contro l’iniziativa europea.
    Il Parlamento Europeo alza gli obiettivi, classe D entro il 2033   Classi energetiche più alte da raggiungere entro il 2030 e il 2033 per gli edifici residenziali, cioè la E e la D al posto della F e della E proposte dalla Commissione europea, ma anche più fondi per sostenere le ristrutturazioni energetiche. I gruppi politici dei Popolari (Ppe), Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra hanno raggiunto, a quanto apprende l’ANSA, un accordo sugli emendamenti di compromesso sulla proposta di direttiva sulle case green. Il primo voto degli eurodeputati sul testo, più ambizioso di quello di Commissione europea e Consiglio Ue, sarà espresso il 9 febbraio. Nella loro versione della direttiva, che dovrà poi essere discussa con le altre istituzioni Ue, gli eurodeputati appoggiano la riclassificazione energetica proposta dalla Commissione (il 15% degli edifici più energivori sarà la nuova classe G) ma chiedono appunto che le classi energetiche da raggiungere entro il 2030 e il 2033 per gli edifici residenziali siano più alte, cioè la E e la D. Tra le altre modifiche suggerite dagli eurodeputati, c’è la possibilità per i Paesi membri di esentare dagli obiettivi, almeno in parte, l’edilizia sociale, qualora la ristrutturazione implicasse un eccessivo aumento degli affitti. Gli Stati dovrebbero poi indicare nei loro Piani nazionali di ristrutturazione obiettivi di riduzione della povertà energetica e quale quota dei finanziamenti di coesione, del Pnrr e del Fondo Sociale per il clima sarà utilizzata per le riqualificazioni. Autorità Ue e nazionali, sostengono gli eurodeputati, dovrebbero intervenire per facilitare i mutui e regimi di prestito agevolato per le ristrutturazioni energetiche.
    Ance: servono 630 anni per il primo step dell’Ue   “Nel periodo 2017-2019 abbiamo ristrutturato mediamente 2.900 edifici all’anno, sono necessari quindi 630 anni per raggiungere il primo step della direttiva Ue e 3.800 anni per arrivare alla decarbonizzazione completa degli edifici”. Così i rappresentanti dell’Ance in audizione alla Commissione Politiche Ue della Camera circa l’applicazione della norma Ue sull’efficienza energetica degli immobili. Ance, per obiettivi Ue servono politica e strumenti  “Abbiamo una esperienza positiva che è quella dell’ultimo biennio dove c’è stato il superbonus, sicuramente non lo si può ripetere ma va adottata una nuova politica pluriennale che permetta di riqualificare gli edifici”. Così i rappresentanti dell’Ance in audizione alla Commissione Politiche Ue della Camera circa l’applicazione della norma Ue sull’efficienza energetica degli immobili. “Nel periodo 2021-2022, mediamente, abbiamo ristrutturato 180mila edifici all’anno, che è l’obiettivo su almeno 10 anni che pone la direttiva europea all’esame delle istituzioni. Abbiamo la capacità tecnica di realizzare questi interventi, abbiamo dimostrato nell’ultimo biennio che possiamo sostenere questo ritmo ma bisogna avere la politica e gli strumenti, i finanziamenti europei e nazionali che consentono di tenere questo ritmo e raggiungere l’obiettivo”, hanno spiegato.
    Confedilizia: partiti difendano risparmio italiani.   “In Italia, tutti i partiti di maggioranza e almeno due di opposizione hanno espresso critiche radicali alla proposta di direttiva europea che prevede l’obbligo di effettuare rilevanti interventi di efficientamento energetico sugli immobili entro pochissimi anni. A questi partiti chiediamo di essere conseguenti nell’attività svolta a Bruxelles dai loro referenti”. Lo afferma in una nota il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, parlando della direttiva Ue sulle case green. “Il testo che sarà posto in votazione il prossimo 9 febbraio nella Commissione industria del Parlamento europeo, modificato o meno per effetto delle riunioni notturne di questi giorni, provocherebbe in Italia effetti devastanti (le ragioni sono ormai a tutti note e non le ripetiamo). C’è una settimana per difendere il risparmio di milioni di famiglie italiane, la bellezza del nostro patrimonio edilizio e la libertà dei Paesi europei di individuare le proprie esigenze e stabilire le proprie priorità (l’Italia, ad esempio, ha maggiore urgenza di favorire gli interventi di miglioramento sismico, che l’approvazione di questa direttiva impedirebbe di sostenere adeguatamente). Alle parole seguano i fatti”.
    Lega: sulle ‘case green’ daremo battaglia in Ue   “Le tempistiche” previste dall’accordo di compromesso sulle case green in seno al Parlamento europeo rendono la riqualificazione energetica degli immobili “irrealizzabile”. Lo ha detto all’ANSA l’eurodeputata Isabella della Lega, Isabella Tovaglieri, relatrice ombra del testo che sarà votato il 9 febbraio in commissione Industria, indicando che il suo partito è pronto, insieme al governo, a “contrastare la deriva ideologica dell’Eurocamera”. “Fermo restando che l’obiettivo è condiviso, l’auspicio è che si arrivi nei negoziati con le altre istituzioni Ue a una posizione più laica” che preveda anche “risorse europee”, ha evidenziato. L’eurodeputata ha messo in chiaro che l’obiettivo di massima dell’efficientamento energetico degli immobili è ormai definito e la Lega e l’intero governo sono “disponibili” al confronto. Ma, ha evidenziato, “tempistiche” e “risorse” sono le vere “criticità” del compromesso raggiunto dagli eurodeputati, che hanno respinto l’emendamento proposto dal Carroccio per spostare di 5 anni tutte le scadenze (fissate al 2030 e 2033) per la riclassificazione energetica. “E’ evidente – ha sottolineato Tovaglieri – che il governo italiano debba aver chiaro che l’obiettivo è comunque ormai tracciato e irreversibile, e che parallelamente sia necessario prevedere un piano di ristrutturazioni e incentivazione che tenda a quell’obiettivo: non si può aspettare o rimandare. Ma se non ci sono le risorse necessarie rischiamo di creare un boomerang soprattutto nei confronti del nostro Paese, che ha un azionariato privato di proprietari di case molto importante”. Per rendere la politica Ue “praticabile” servirà, nella visione dell’eurodeputata, rivedere dunque tempistiche e modalità di finanziamento. “E’ inutile negoziare più eccezioni” per “dare un contentino”, ha spiegato l’eurodeputata, piuttosto serve darsi “un orizzonte temporale più sostenibile” e prevedere “incentivi” europei che, fin qui “non sono stati resi noti”. Al contrario, ha aggiunto Tovaglieri, nel testo della direttiva della Commissione europea “è escluso che ci sia un contributo dell’Europa, ma è evidente che una rivoluzione di una portata tale non possa essere scaricata sui governi nazionali”. Il compromesso appoggiato da tutti i gruppi politici ad eccezione di Identità e Democrazia (ID, la famiglia europea della Lega) e dei Conservatori Ue (Ecr) guidati da Giorgia Meloni dovrà essere licenziato anche dalla plenaria del Pe nelle prossime settimane per approdare al tavolo di trattativa con gli Stati membri e la Commissione Ue. La posizione del Consiglio Ue, adottato lo scorso ottobre con l’appoggio anche del ministro Gilberto Pichetto, “è più laica – ha evidenziato Tovaglieri -, ma credo che al trilogo possa essere ancora migliorata”.

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    'Con il ritorno delle Province non aumentano i costi'

       La riforma mai compita delle Province e i tagli che ci sono stati con la spending review non hanno portato tanti benefici quanto “inefficienze”. E’ auspicabile quindi per la Corte dei Conti un riassetto delle funzioni e un riordino in materia fiscale. Anche il ritorno all’elezione diretta, secondo la magistratura contabile, non peserebbe troppo sulle casse dello Stato, ma avrebbe il vantaggio dell’accountability pubblica.
        In una nota depositata alla Commissione Affari Costituzionali del Senato nell’ambito della discussione sui disegni di legge sul ritorno all’elezione diretta delle Province, la sezione della Autonomie della Corte dei Conti sottolinea che la riforma incompiuta ha prodotto un contesto transitorio “caratterizzato da una condizione di incertezza”, il ridimensionamento del ruolo delle Province è stato accompagnato da rilevanti tagli delle risorse, “i cui effetti si sono riverberati negativamente sui servizi ai cittadini”. Occorre rivedere “l’assetto del governo locale” con le attribuzioni di Comuni e Regioni, “riconsolidando le funzioni fondamentali delle Province, a partire da quelle in materia di pianificazione territoriale, ambiente, edilizia scolastica, viabilità, raccolta ed elaborazione dati, assistenza agli enti locali, pari opportunità, già previste dalla legge”. E anche i costi del ritorno all’elezione diretta non avrebbero ripercussioni significative “nell’ambito delle grandezze di finanza pubblica”.
        Proprio quello che l’Unione delle Province da tempo sostiene e, infatti, il presidente Michele de Pascale, invita il Parlamento a valutare attentatamene le osservazioni della Corte dei Conti, “soprattutto quando sottolinea la necessità di consolidare ed ampliare le funzioni fondamentali delle Province” e che “con l’elezione diretta si ottiene una maggiore legittimazione”.
        Informazioni per un dibattito sull’architettura istituzionale e i compiti degli enti locali arrivano da un Focus dell’Istat sulle 14 città metropolitane, quella di Torino, risulta la più estesa, con 6.827 chilometri quadrati, quella di Napoli ne ha 1.179 e la più alta densità, 2.535 abitanti per chilometro quadrato, Genova è quella che si presenta più vulnerabile e, con 269 anziani ogni 100 giovani, detiene anche il primato di “città più vecchia”. E ancora, Bologna è la città metropolitana con la maggiore propensione femminile al lavoro, 51 donne ogni 100. I livelli occupazionali (tasso di occupazione 25-64 anni) più critici sono a Palermo.   

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    Un anno per la nuova Autonomia: il timing del ddl

        Con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, il disegno di legge sull’autonomia differenziata compie il primo passo per quello che si annuncia, già oggi, un lungo percorso verso la sua piena attuazione. Il traguardo è infatti fissato dal ministro Calderoli a fine anno, al termine di un tortuoso percorso che coinvolgerà, a più riprese, Governo, Parlamento, Conferenza unificata e Regioni.    Vediamo come: uscito da Palazzo Chigi, il testo andrà alla Conferenza unificata, chiamata a esprimersi sulla legge di attuazione. Parere che dovrebbe arrivare nel giro di tre settimane. Nel caso in cui la Conferenza decidesse di intervenire, il Cdm sarebbe costretto a riceverlo, riapprovarlo e inviarlo una seconda volta in questa sede. Qualora, invece, il testo non subisse interventi in Conferenza, potrebbe tornare in Consiglio dei ministri per il via libera definitivo. Dopo l’ok del governo, a quel punto toccherà al Parlamento, dove la legge seguirà il consueto iter di approvazione.    Da qui in poi, potrà parallelamente prendere le mosse l’istituzione della Cabina di regia, il cui compito sarà quello di stabilire i Livelli essenziali di prestazione (Lep) entro la fine del 2023. La definizione dei Lep è proprio il delicato meccanismo su cui la riforma ha rischiato di incepparsi. Motivo per cui, si è deciso di coinvolgere ampiamente le Aule parlamentari. La Cabina di regia, quindi, prenderà parecchi mesi per soppesare le materie a cui applicare i Livelli essenziali di prestazione e per definire i costi e i fabbisogni standard. Alla termine di questo iter, toccherà nuovamente al Consiglio dei ministri emanare un Dpcm per ogni Lep individuato. Dpcm che dovrà prima trovare l’intesa della Conferenza unificata, e poi arrivare alle Camere. E qui entreranno in gioco Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama, che dovranno esprimere il loro parere.    Da questo momento in poi sarà il turno delle Regioni, che potranno inviare la proposta di intesa al Consiglio dei ministri. Passaggio al quale seguirà la valutazione dei ministeri competenti. Potrà così cominciare il negoziato governo-Regioni, al termine del quale il Cdm approverà l’intesa preliminare. Intesa su cui diranno la loro la Conferenza unificata, prima, e le Camere, poi. Dopo l’ok delle Aule, sarà Palazzo Chigi, infine, a siglare l’intesa definitiva, che verrà approvata dalla singola Regione, per poi tornare in Cdm. Qui avrà finalmente luogo l’approvazione definitiva con disegno di legge.