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    Nepal, divieto di trekking in solitaria in tutto il Paese

    (ANSA) – ROMA, 13 MAR – Il Nepal ha disposto il divieto di
    trekking in solitaria in tutto il Paese. Lo riporta la Cnn.   
    Cinque anni fa il governo di Katmandu aveva imposto agli
    scalatori solitari di non avventurarsi sul Monte Everest.   
    Nel Nepal ci sono otto delle montagne più alte del mondo, e
    anche bellissime regioni rurali famose per il trekking. D’ora in
    poi, i viaggiatori che sperano di fare trekking nelle regioni
    più remote dovranno assumere una guida con licenza governativa o
    unirsi a un gruppo.   
    Sebbene l’industria del trekking sia una delle maggiori fonti
    di guadagno del Paese, il costo delle missioni di ricerca e
    soccorso per gli escursionisti solitari che si perdono è
    significativo.   
    “Quando si viaggia da soli, in caso di emergenza non c’è
    nessuno che possa aiutarci”, ha spiegato all’emittente Usa il
    direttore dell’Ente del Turismo del Nepal Lamicchane. “Va bene
    se si viaggia nelle città, ma nelle montagne remote le
    infrastrutture non sono adeguate. Quando i turisti scompaiono o
    vengono trovati morti, nemmeno il governo riesce a rintracciarli
    perché hanno preso strade remote”.   
    Ian Taylor, proprietario di un’apprezzata compagnia di guide
    con una lunga storia in Nepal, afferma che la mossa ha senso in
    quanto sempre più persone tentano scalate difficili in Nepal:
    “Le cose sono cambiate drasticamente nella regione nel corso
    degli anni. Un tempo nella regione si vedevano solo
    escursionisti e scalatori esperti, molti dei quali viaggiavano
    senza guide ed erano completamente autosufficienti. Oggi,
    invece, c’è un numero molto maggiore di persone che viaggiano
    nella regione e molti di loro sono turisti non autosufficienti
    in ambiente esterno e quindi hanno bisogno dell’assistenza di
    guide esperte”, ha detto. (ANSA).   

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    Kiev, due morti e due feriti in raid su Mykolaiv

    – Nella comunità di Kutsurub della regione di Mykolaiv, due persone sono state uccise e tre sono rimaste ferite, tra cui un bambino di 7 anni, a seguito del bombardamento questa mattina da parte delle forze russe. Lo riferisce Ukrinform, citando una comunicazione via Telegram del capo dell’amministrazione militare regionale di Mykolaiv, Vitaly Kim .”Un uomo e una donna nati nel 1978 e nel 1980 sono morti a seguito del bombardamento nemico questa mattina dell’insediamento della comunità di Kutsurub, il bambino di 7e anni è stato portato via da un’ambulanza”, si legge nel messaggio. Altre due persone sono rimaste ferite. (ANSA).   

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    Ramelli, Frassinetti contestata a Milano: 'Vergogna'

    (ANSA) – MILANO, 13 MAR – “Vergogna lei e il preside”. E
    ancora: “Fascisti carogne tornate nelle fogne”. Sono i cori dei
    manifestanti della Rete Milano Antifascista e dei rappresentanti
    dell’Anpi e di Adl Cobas e Usb, che hanno ‘accolto’ la
    sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti all’Itis
    Molinari di Milano dove oggi partecipa alla cerimonia di
    commemorazione di Sergio Ramelli, il militante del Fronte della
    Gioventù ucciso nel 1975. Attimi di tensione quando Frassinetti
    era nel parcheggio della scuola con i manifestanti, divisi da un
    cordone della polizia davanti al cancello dell’istituto, che
    hanno chiesto le dimissioni della sottosegretaria. (ANSA).   

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    'Ramelli era un picchiatore', Rete Milano contro Frassinetti

    (ANSA) – MILANO, 13 MAR – Sono circa una trentina, tra cui
    alcuni docenti, i rappresentanti della Rete Milano Antifascista
    Antirazzista Meticcia e Solidale, dell’Anpi e delle sigle
    sindacali Adl Cobas e Usb che stanno partecipando questa mattina
    al presidio organizzato davanti all’Itis Molinari di Milano
    contro la presenza ritenuta “strumentale” della sottosegretaria
    all’Istruzione Paola Frassinetti che oggi, insieme a una
    delegazione ristretta, parteciperà all’annuale cerimonia di
    commemorazione di Sergio Ramelli, il 19enne militante del Fronte
    della Gioventù ucciso nel 1975 da esponenti di estrema sinistra.   
    Gli studenti, tramite le proprie rappresentanti di istituto,
    fanno sapere di voler rimaner “neutrali” davanti alle polemiche:
    “Ne abbiamo parlato e siamo sereni – spiegano – non vogliamo
    schierarci ma non volevamo nemmeno perdere l’occasione di dire
    ‘no’ alla violenza in generale”. “Noi studenti – aggiungono in
    una nota – volendo tutelarci dal pericolo di strumentalizzazione
    non prendiamo una posizione ideologica ma ribadiamo la difesa
    dei valori costituzionali di libertà, condannando ogni forma di
    violenza”.   
    Sul posto presenti polizia e carabinieri, il presidio si sta
    svolgendo senza disordini. “Ramelli – dicono i manifestanti –
    viene ricordato tutti gli anni da orde barbariche che incutono
    timore”. “Noi – proseguono – Ramelli lo vogliamo ricordare per
    quello che era e senza censura: un picchiatore fascista”.   
    Secondo i presenti, Frassinetti “viene a raccontare un’altra
    storia, la loro storia”, perché “Ramelli non era soltanto un
    ragazzo con il sorriso che andava con il Ciao come dicono”.   
    Secondo l’Anpi la cerimonia “potrebbe deviare i ragazzi su
    una cosa che non conoscono” con un “episodio estrapolato da una
    situazione storica che va contestualizzata”. (ANSA).   

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    Il primo podcast del Papa, 'regalatemi la pace

    “Mi fa soffrire vedere i morti, ragazzi – sia russi che ucraini, non mi interessa – che non tornano. È dura”. Papa Francesco non ha dubbi, quindi, su cosa chiedere al mondo come regalo per questo suo decennale, che ricorre oggi: “La pace, ci vuole la pace”. Da qui, tre parole che corrispondono ai “tre sogni del Papa” per la Chiesa, per il mondo e per chi il mondo lo governa, per l’umanità: “Fratellanza, pianto, sorriso…”. E’ quanto si ascolta in Popecast, il primo podcast realizzato dal Pontefice con i media vaticani, in cui Jorge Mario Bergoglio si racconta a dieci anni dall’elezione.
    “La prima parola che mi viene è che sembra ieri…”. Realizzato dal Papa a Santa Marta con il giornalista di Vatican News Salvatore Cernuzio, non si tratta di un’intervista, come le tante che stanno uscendo in questo periodo, quanto piuttosto un riannodare il filo dei pensieri sui dieci anni del suo pontificato. Dieci anni: vissuti in “tensione”, dice, in un tempo che è superiore allo spazio e che ha visto avvicendarsi incontri, viaggi, volti.
    Francesco sorride davanti al microfono con il logo dei media vaticani e chiede: “Un podcast? Cos’è?”. “Bello, facciamolo”. Quindi la domanda: cosa sente di condividere con il mondo in occasione di questo traguardo per la sua vita e il suo ministero? “Il tempo è pressuroso… va di fretta. E quando tu vuoi cogliere l’oggi, è già ieri. Vivere così è una novità. Questi dieci anni sono stati così: una tensione, vivere in tensione”. Delle migliaia di udienze, delle centinaia di visite in Diocesi e parrocchie e dei quaranta viaggi apostolici in ogni angolo del mondo, il Papa conserva nel cuore un ricordo preciso.
    Lo identifica come “il momento più bello”: “L’incontro in piazza San Pietro con i vecchi”, l’udienza, cioè, con i nonni di tutto il mondo del 28 settembre 2014.  “I vecchi sono saggezza e mi aiutano tanto. Anche io sono vecchio, no?”.
    Di momenti brutti invece ce ne sono stati diversi e tutti legati all’orrore della guerra. Prima le visite nei cimiteri militari di Redipuglia ed Anzio, la commemorazione dello sbarco in Normandia, poi la veglia per scongiurare la guerra in Siria e ora la barbarie che si vive da oltre un anno in Ucraina. “Dietro le guerre c’è l’industria delle armi, questo è diabolico”, afferma Francesco.
    E non si aspettava lui, vescovo venuto dalla fine del mondo, di essere il Papa che guidava la Chiesa universale nel tempo della Terza guerra mondiale: “Non lo aspettavo… Pensavo che la Siria fosse una cosa singolare, poi sono arrivate le altre”.

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    Kiev: respinti 102 attacchi russi nelle ultime 24 ore

    Nelle ultime 24 ore le forze ucraine hanno respinto 102 attacchi russi nelle direzioni di Limansk, Bakhmut, Avdiivka, Maryinka e Shakhtarsk, dove le truppe di Mosca continuano le operazioni offensive nonostante le forti perdite: lo ha reso noto lo Stato Maggiore dell’esercito di Kiev nel suo rapporto quotidiano sulla situazione al fronte. Lo riportano i media nazionali.
    Nella direzione di Bakhmut, proseguono i tentativi russi di catturare la città, sottolinea il rapporto, e anche nelle direzioni Kupyansk e Limansk le forze russe stanno cercando di sfondare le difese ucraine. I russi sono sulle difensive invece nelle direzioni Zaporizhzhia e Kherson. Ieri le forze ucraine avevano colpito un sistema missilistico antiaereo russo, oltre ad un posto di comando, due aree con una forte concentrazione di soldati russi e due depositi di munizioni e carburante.
    ‘PRIME CREPE FRA USA E KIEV’Pubblicamente gli Stati Uniti e l’Ucraina sono unite, un blocco unico. Ma dietro le quinte le prime crepe iniziano a emergere fra differenze e tensioni su vari fronti: dal sabotaggio di Nord Stream alla difesa brutale ed estenuante di una città ucraina non strategica al piano di combattere per una regione dove le forze russe sono presenti da quasi dieci anni. Lo riporta Politico citando alcune fonti, secondo le quali alcuni all’interno dell’amministrazione sarebbero preoccupati dall’eccessivo uso di munizioni a Bakhmut da parte dell’Ucraina in quanto potrebbe mettere a rischio la capacità di Kiev di fronteggiare un’offensiva di primavera
       

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    La moral suasion di Mattarella divide la maggioranza

     Il braccio di ferro nel centrodestra prima del varo in Consiglio dei ministri del decreto legge sui migranti sembra destinato a ripetersi durante l’esame in prima lettura previsto al Senato. Mentre il mare continua a restituire cadaveri sulla spiaggia di Cutro e al largo della Libia si consuma un nuovo naufragio, dentro governo e maggioranza prosegue il confronto, in particolare sul nodo dell’eliminazione della protezione speciale per i vincoli familiari del richiedente asilo: anche perché sulla misura fortemente voluta dalla Lega, l’ufficio legislativo del Quirinale, si spiega in ambienti parlamentari, ha espresso dubbi nel confronto con quello di Palazzo Chigi. Nulla di incostituzionale ma di buon senso, è la portata delle valutazioni del Colle, perché l’abolizione crea il rischio per immigrati già in Italia, in attesa dell’esame sulla domanda di protezione internazionale, di essere espulsi da un giorno all’altro.    Vengono intanto smentite le voci circolate nelle ultime ore su frizioni a Palazzo Chigi fra un’ala più moderata incarnata dal sottosegretario Alfredo Mantovano e chi invece vuole mandare un messaggio più all’insegna del rigore. La protezione internazionale allo stato non si può restringere, è in sostanza il ragionamento che si fa in ambienti di governo di FdI. Giorgia Meloni, dopo la tragedia di Cutro, ha tentato di concentrare l’intervento normativo e il messaggio politico sul contrasto ai trafficanti che organizzano i viaggi della speranza nel Mediterraneo. Di fronte ha uno scenario con 900mila persone potenzialmente in fuga nei prossimi mesi dalla Tunisia, vicina al default, una lunga serie di partenze dalla Libia, senza sottovalutare gli effetti della crisi del grano sull’Egitto, primo importatore dall’Ucraina. Elementi che portano a insistere nel pressing sull’Unione europea, e a cercare misure compatibili con la cornice comunitaria.    Una visione non esattamente allineata con quella degli alleati leghisti, che in commissione Affari costituzionali al Senato, dove partirà l’esame del dl varato a Cutro dal Cdm, si preparano a presentare emendamenti ad ampio raggio. Al di là dei silenzi ufficiali, secondo fonti parlamentari del partito di Matteo Salvini, verranno ripescati gli emendamenti già presentati per il dl Ong e dichiarati inammissibili per estraneità di materia, fra cui c’era anche una stretta sui ricongiungimenti familiari e sulle procedure per la protezione internazionale dei rifugiati. La Lega starebbe anche valutando di trasformare in emendamenti alcune previsioni della proposta di legge per reintrodurre i decreti sicurezza, presentata alla Camera da Igor Iezzi, che al momento non intende ritirarla.    Scintille sono in vista, anche perché sul tavolo del confronto è entrata anche la riforma di un totem leghista come la legge Bossi-Fini, strada che Meloni intende percorrere, anche se non sarà nell’immediato. È l’unico punto di affinità con le opposizioni, con Elly Schlein che ricevendo l’investitura da segretario del Pd ha accusato l’esecutivo di “inumanità”. “Mi arrivano notizie – ha detto – di un nuovo naufragio, in cui sarebbero morte altre persone, a largo della Libia. Sembra che questa imbarcazione abbia chiesto soccorso e le sarebbe stato risposto di contattare la guardia costiera libica. È una vergogna per l’Italia e per l’Europa”.    Intanto sulla protezione speciale il governo si è riservato “una valutazione e un approfondimento”, ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. Alla luce anche dei dubbi del Quirinale, nonché del quadro europeo, fonti parlamentari di FdI osservano che difficilmente ci saranno modifiche in senso restrittivo, ferma restando la dialettica parlamentare, sia sul decreto si sulla proposta di legge della Lega. Più defilata, in questo momento, la posizione di Forza Italia: “Lontani dalle strumentalizzazioni lavoriamo per una gestione più seria e rigorosa dell’immigrazione, partendo dal principio che le vite in mare si salvano sempre”, è il pensiero del capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo che aggiunge: “Chiediamo all’Europa di essere più generosa e presente, lotta dura agli scafisti”. (ANSA).   

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    Migranti: stop alla protezione speciale, la norma in bilico

    Partirà in Senato l’esame del nuovo decreto sui migranti, varato dal Consiglio dei ministri Cutro, e mercoledì dovrebbe essere assegnato alla commissione Affari costituzionali. Occhi puntati in particolare su eventuali modifiche alle misure sulla protezione speciale umanitaria, su cui c’è stata un’interlocuzione, come accade non di rado si fa notare, fra l’ufficio legislativo del Quirinale e quello di Palazzo Chigi, prima della chiusura del testo definitivo, poi emanato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.C’è un nodo che rimane incagliato nel decreto flussi approvato dal governo dopo la strage dei migranti di Cutro: l’eliminazione della protezione speciale per i vincoli familiari del richiedente asilo. L’articolo 7 del testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, voluto fortemente della Lega, che è stato oggetto di una interlocuzione tra Quirinale e governo e che, come emerge dalle ricostruzione di alcuni quotidiani, sarebbe ancora al centro di una moral suasion da parte del Colle nei confronti di Palazzo Chigi. L’obiettivo sarebbe ammorbidire la norma che cancella la possibilità di espellere una persona ‘qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare’. Una soluzione per una versione del testo più umanitaria, da realizzare in sede di conversione in legge del decreto, che vedrebbe disponibili Fratelli d’Italia e Forza Italia, anche sulla base dei numeri: nel 2022 la norma, rinforzata dal governo Draghi, aveva permesso l’emersione dalla clandestinità di circa 10mila persone, numeri consistenti che ora tornerebbero a non avere possibilità di essere regolarizzati. La norma, la cui eliminazione è stata inserita all’ultimo momento nel testo del decreto, prevedeva che si tenesse conto ‘della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese’. La cancellazione della protezione speciale per i migranti era invece contenuta nella proposta di legge della Lega presentata alla Camera e poi ritirata.