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    Tajani: ‘il prossimo Giro parta dall’Ucraina’

       Lo sport è uno “strumento di politica estera” per “valorizzare l’Italia e le sue meraviglie”. Si spiega così l’importanza che la Farnesina attribuisce al Giro d’Italia, quest’anno con tappa finale a Roma: “una vetrina del saper fare italiano” e un volano per il “turismo”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Un grande evento con una valenza anche politica: creare “legami di solidarietà e vicinanza” con altri popoli. In questo senso, è l’auspicio di Tajani, “mi piacerebbe che il Giro del prossimo anno potesse partire dall’Ucraina. Sarebbe un segno di attenzione ad un Paese che sosteniamo con grande forza”.    Proprio l’ambasciatore di Kiev Yaroslav Melnyk era tra i diplomatici a cui il governo ha voluto presentare la 106esima edizione della Corsa Rosa. Un’iniziativa pensata nel solco della strategia di diplomazia della crescita. “Il Giro d’Italia è importante non solo in quanto grande evento sportivo, ma è anche un modo per far conoscere l’Italia. Perché spesso raggiunge luoghi e città che il grande pubblico non conosce”, ha spiegato Tajani, ricordando i “piccoli centri che sono parte del nostro patrimonio culturale”.    Nei piccoli borghi “viene prodotto il 90% dell’industria enogastronomica” e quindi “il Giro aiuterà molto il turismo”, ha confermato la ministra Daniela Santanché. Annunciando che “ad oggi le prenotazioni nelle stanze d’albergo hanno raggiunto le 38mila unità”. Inoltre, grazie ai “tantissimi stranieri che arrivano nel nostro Paese per seguire gli eventi sportivi, abbiamo il vantaggio di poter destagionalizzare” e quindi “stabilizzare tantissimi lavoratori”.    Non solo turismo, ma il Giro e lo sport rappresentano una “grande industria importante che compete a livello globale”, ha detto ancora Tajani. Mentre il presidente dell’agenzia Ice Matteo Zoppas ha ricordato il comparto delle biciclette, che vale un miliardo di euro di esportazioni. Il suo ente è impegnato per promuovere le eccellenze nei territori attraversati dalla corsa e questo sforzo è particolarmente apprezzato da Urbano Cairo. Il presidente di Rcs e patron della competizione ha “ringraziato il governo che fa sentire il Giro come un bene importante”. E per rendere la gara ancora più “spettacolare” ad un pubblico di “200 Paesi”, ha annunciato che “abbiamo migliorato le riprese tv”. Alla Farnesina il testimonial d’eccezione è stato Vincenzo Nibali. “Quando l’ho vinto venivo riconosciuto ovunque”, ha raccontato il campione siciliano, secondo cui il Giro è “una corsa che entra nelle case e nelle tv delle famiglie e stimola i ragazzi e le persone a voler intraprendere un’attività fisica”.    Il Giro 2023 chiuderà il suo percorso a Roma per la quinta volta nella sua storia, con il suggestivo arrivo ai Fori Imperiali. In un anno in cui la capitale ospiterà anche gli Europei di pallavolo e la Ryder Cup di golf, ma anche un’iniziativa politica di alto livello come la conferenza della Fao sulla sicurezza alimentare. Tutte occasioni – ha rimarcato Tajani – per dimostrare la capacità italiana nell’organizzazione e gestione di grandi eventi internazionali. E per tirare la volata alla candidatura di Roma a Expo 2030. “Una candidatura basata su accoglienza, pari dignità e collaborazioni future”, ha sottolineato l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del Comitato promotore. Il suo messaggio rivolto agli ambasciatori presenti alla Farnesina è che l’Expo a Roma “non sarà un’operazione mordi e fuggi, ma un’occasione di legarsi in maniera stabile a un grande Paese europeo, avere un accesso ad un grande mercato unico europeo. Un’importante piattaforma di business duratura e inclusiva”.   

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    Landini: ‘Sciopero generale? Non escludo nulla’

    “Io non escludo nulla. Chiediamo un cambiamento vero, se non ci saranno risposte e continueranno a non coinvolgerci, metteremo in campo tutto quello che è necessario. Il governo non ha una strategia, sta andando avanti in modo propagandistico”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a “Il cavallo e la torre” su Rai3, risponde alla domanda se non escluda lo sciopero generale. “Il governo rispetti i sindacati. Noi lo rispettiamo”, dice Landini rimarcando tra l’altro che il decreto lavoro “allarga la precarietà”. Intanto, ricorda Landini, sono in programma le tre manifestazioni unitarie i prossimi tre sabato.

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    ‘Ciao fratello’, l’addio commosso di Meloni ad Augello

    Si commuove Giorgia Meloni, ma riesce anche a strappare una mezza risata e un applauso, nell’ultimo saluto ad Andrea Augello. Era stato il senatore di Fratelli d’Italia e storico nome della destra italiana, scomparso a 62 anni e malato di cancro da due, a chiedere alla premier di ricordarlo ai suoi funerali. E lei lo fa con la promessa di considerarlo per sempre “un fratello”.
    Un “compito difficile”, quello di parlare ai suoi funerali, chiesto anche a Goffredo Bettini, avversario politico e vecchio amico. “Non era complicità di tutti con tutti. Parlo di amicizia io – sottolinea l’esponente del Pd – e gli amici si appartengono, si attraversano, si fanno palombari dell’animo umano”. Voci, aneddoti, ricordi che risuonano dal pulpito di Santa Maria in Aracoeli a Roma, la chiesa che domina il Campidoglio. Al centro, il feretro avvolto nel Tricolore e coperto di rose rosse.
    Meloni parla per ultima. Ricorda la spavalderia di Augello, la sua antiretorica, l’ironia fulminante di chi è capace di “ridere di tutto e far ridere tutti”. Succede anche quando la leader di FdI racconta il giorno in cui l’amico le rivela di essere malato: “Pensavo dovesse dirmi qualcosa di lavoro. Gli dissi: ‘Dimmi Andrea, ho solo 20 minuti’. Lui mi guarda e senza muovere un muscolo mi dice: ‘Sto morendo’. Io non riesco a dire niente. E lui: “‘Dai, Giorgia, non fare così. Pensa a me che devo dirti che devo morire in 20 minuti…’. Andrea era così!”. E in chiesa parte un applauso.
    Meloni rammenta anche l’ultimo discorso pubblico del politico, di solida fede rautiana, in cui invitava a non dimenticare il passato nonostante il riscatto vissuto di recente dalla destra con la conquista del governo. E conclude con la voce rotta: “Saremo degni dei sacrifici che quella generazione ha fatto per consentirci di vivere questo tempo. E quando penseremo a te, Andrea, useremo le stesse parole che hai usato per Tony: c’era una volta mio fratello”.
    Parole che ricalcano il titolo del libro (‘C’era una volta mio fratello’) che Augello scrisse per suo fratelloTony, anche lui militante missino , morto nel 2000 per la stessa malattia. Ora anche ad Andrea sarà intitolato il centro studi nato nel ventennale della scomparsa di Tony Augello. Lo annuncia in chiesa la moglie Roberta Angelilli, vicepresidente della Regione Lazio, che si fa portavoce di un altro messaggio lasciato dal marito: “Andrea voleva che vi trasmettessi tre parole: forza, coraggio e onore”, dice. Accanto a lei le figlie di Augello, i parenti, gran parte della sua comunità politica. Da Francesco Storace, che alla guida della Regione Lazio lo nominò assessore al Bilancio nel 2000, a Gianni Alemanno di cui Augello curò la campagna per l’elezione a sindaco di Roma, fino al presidente del Senato, Ignazio La Russa. Non mancano esponenti del governo (tra gli altri i ministri Raffaele Fitto, Eugenia Roccella, Andrea Abodi), il governatore del Lazio, Francesco Rocca e il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.

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    Sgarbi: ‘Meglio che resti sottosegretario’, la Regione Lombardia vota l’incompatibilità

    “Aspetterò la lettera di Fontana e risponderò che è più utile per la Lombardia che io resti sottosegretario anziché consigliere regionale”. Lo dice all’ANSA il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, commentando la decisione del Consiglio regionale della Lombardia di decretare l’incompatibilità tra i due incarichi. “Sarei voluto andare già oggi in Consiglio, ma andrò alla prossima convocazione, appena riceverò la lettera, per salutare i colleghi”, spiega, sottolineando che “si tratta di un atto dovuto” e che ci sono una serie di iniziative e progetti nella regione “che posso portare avanti meglio come sottosegretario”.
    Il Consiglio regionale della Lombardia ha votato l’incompatibilità per Vittorio Sgarbi tra l’incarico di sottosegretario di Stato alla Cultura e la carica di consigliere regionale.
    Il consigliere del gruppo di Noi Moderati avrà dieci giorni di tempo entro i quali dovrà optare per una delle due cariche, dopodiché l’incarico di consigliere regionale decadrà automaticamente. Al posto di Sgarbi subentrerebbe in Consiglio per Noi Moderati Nicolas Gallizi, eletto nella circoscrizione di Milano.   

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    Una nave da guerra arriva a Londra per l’incoronazione di Carlo

    Una delle navi da guerra più moderne della Royal Navy, il cacciatorpediniere Hms Diamond, è arrivata a Londra in onore dell’incoronazione di re Carlo III, in programma sabato all’abbazia di Westminster, e per ospitare vip e dignitari delle nazioni del Commonwealth invitati alle celebrazioni. La nave, con a bordo 191 membri dell’equipaggio, dopo aver attraversato la barriera del Tamigi ha risalito il fiume sino a giungere a Greenwich, nell’est della capitale britannica, dove è stata ormeggiata.
    E’ previsto che resti lì attraccata nei giorni di festa nel Regno Unito per celebrare l’incoronazione del sovrano e della regina Camilla. Le forze armate di sua maestà avranno un ruolo cerimoniale molto importante proprio sabato. Dopo il rito all’abbazia, i reali saluteranno la folla dal balcone di Buckingham Palace e ci saranno salve di cannoni, reparti militari di tutte le armi in parata e anche un sorvolo celebrativo degli aerei della Raf suggellato dal tradizionale passaggio della pattuglia acrobatica britannica, le Red Arrows.    

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    Vicine le dimissioni di Berlusconi dal San Raffaele

    A quasi un mese dal giorno del ricovero, le dimissioni di Silvio Berlusconi sembrano essere vicine. Seppur ancora con molta cautela, il leader di Forza Italia potrebbe lasciare l’ospedale già nei prossimi giorni. Alcune fonti ipotizzano addirittura entro 48 ore. Ricoverato al San Raffaele di Milano dallo scorso 5 aprile per curare una infezione polmonare insorta nel quadro di una leucemia mielomonocitica cronica, l’ex premier ha trascorso i primi 12 giorni al piano -1 del settore Q, in terapia intensiva. Il 16 aprile poi, “lo stato clinico e la risposta alle cure” hanno consentito il trasferimento in un reparto di degenza ordinaria, all’interno dello stesso padiglione, dove sono proseguiti le terapie e il monitoraggio dei parametri funzionali.
    Stando all’ultimo bollettino medico, diffuso mercoledì scorso dai professori Alberto Zangrillo e Fabio Ciceri, le condizioni di Berlusconi sarebbero in continuo miglioramento, con un “quadro clinico stabile” e “caratterizzato da una ottimale e convincente ripresa”. La prossima nota dell’ospedale sul suo stato salute è attesa per domani e stavolta potrebbe essere decisiva.
    Nonostante il riserbo da parte dei medici, infatti, circolano diverse indiscrezioni su un possibile rientro ad Arcore nelle prossime ore. Verosimilmente prima del fine settimana. Il presidente di FI, infatti, interverrà alla convention del partito prevista per il 5 e il 6 maggio: il suo nome è già stato inserito nei giorni scorsi nel programma a chiusura dell’evento. Non è ancora chiaro, però, con quali modalità terrà il discorso finale, se tramite un messaggio audio registrato o se attraverso una telefonata.
    Il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri ha spiegato che Berlusconi “sta lavorando molto per preparare” la due giorni. “Sicuramente parteciperà”, ha aggiunto, sottolineando che “sta molto meglio”. Lo storico amico dell’ex premier nelle ultime quattro settimane non ha mai mancato di fargli sentire la sua vicinanza, andando a trovarlo nella struttura quasi ogni giorno, anche se per visite brevi come quella di oggi pomeriggio, durata circa una ventina di minuti. I figli Marina, Pier Silvio, Barbara ed Eleonora si sono invece trattenuti per alcune ore. La quartogenita è arrivata per prima poco dopo l’ora di pranzo e più tardi è stata raggiunta anche dagli altri.

    Berlusconi: anche la figlia Barbara al San Raffaele

    Arrivati tutti nel pomeriggio, in momenti diversi ma a pochissimo tempo di distanza l’uno dall’altro, i figli di Berlusconi sono rimasti dentro tutti insieme con il padre. Anche il fratello di Silvio, Paolo Berlusconi, si è unito a loro intorno alle 18. Nell’arco della giornata è stato visto entrare anche Orazio Fascina, padre di Marta. Da ormai quasi un mese, la compagna del Cavaliere non è mai stata vista lasciare la struttura e il suo papà le è rimasto accanto ogni giorno. All’uscita dall’ospedale, nessuno dei familiari ha rilasciato dichiarazioni alla stampa. Tutti hanno varcato l’ingresso di via Olgettina 60 a bordo delle proprie auto senza fermarsi a parlare con i giornalisti che da settimane attendono fuori dall’ospedale.

    Berlusconi: i figli Marina e Pier Silvio in visita al padre

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    Concertone e polemiche, una storia che si ripete

    La discussione a distanza tra Carlo Rovelli e Guido Crosetto è solo l’ultimo capitolo di una lunga storia di vicende polemiche che accompagnano da sempre il Concerto del Primo Maggio, che da tradizione è trasmesso in diretta dalla Rai, e dunque soggetto all’imprevedibilità del momento.
    I primi reprobi ufficiali sono Elio e le Storie Tese: era il 1991, seconda edizione. Durante Sabbiature parlarono di una vicenda giudiziaria che aveva riguardato Giulio Andreotti: la regia allora staccò su una più rassicurante intervista di Vincenzo Mollica a Ricky Gianco nel backstage. La band milanese entrò subito nella lista dei sorvegliati speciali del Primo maggio.
    Nel 1993 scoppiò il caso Pelù, che dopo questo episodio fu tenuto lontano da piazza San Giovanni per qualche anno. I Litfiba erano all’apice del successo: nel backstage, durante un’intervista con Mollica, il frontman mise un preservativo sul microfono, provocando la reazione imbarazzata e irritata del giornalista. Poi sul palco criticò Papa Wojtyla per le sue posizioni su aborto e contraccezione.
    Nel 2003 fu Daniele Silvestri a finire nel mirino: indossando una maglietta con il ritratto dell’allora premier Silvio Berlusconi, prima del brano Il mio nemico attaccò il governo per le sue posizioni nei confronti della magistratura.
    Si arriva al 2007 per uno dei casi più rumorosi: Andrea Rivera, che conduceva il Concertone, parla contro il Vaticano per la mancata concessione dei funerali a Piergiorgio Welby.    L’Osservatore Romano scrive di “vili attacchi e di un atto di terrorismo”. Si dissociano tutti, primi tra tutti la Rai e i sindacati. L’unico a rimanere fermo sulla sua posizione è Rivera la cui carriera di sicuro non ha beneficiato di questo incidente.
    Nel 2013 è di nuovo un preservativo al centro della scena: Luca Romagnoli, cantante della band Management del Dolore Post Operatorio, oggi soltanto Management, mima l’elevazione dell’ostia usando un profilattico: la regia stacca l’inquadratura e Romagnoli perde il controllo, esibisce i suoi genitali e viene giustamente portato fuori dal palco.
    Al loro debutto al Primo Maggio, gli Stato Sociale si sono dovuti misurare con le regole della fascia protetta, dunque niente parolacce. Questa la spiegazione per evitare il loro brano ‘Mi sono rotto il cazzo’. La band rinunciò ma fece un discorso durissimo contro la censura. Tra l’altro Lodo Guenzi con questo titolo è tornato a dare fastidio, qualche anno dopo, nel 2019, da conduttore quando ha accostato il titolo galeotto a una serie di personaggi di spicco della società e della politica italiana con cognomi multipli tra cui la presidente del Senato Alberti Casellati.    Della storia dei casi del concertone fa ormai parte anche la liberatoria del 2011: il primo maggio cadeva in periodo pre elettorale e dunque, per le reti tv, in regime di par condicio.    La liberatoria è il documento che chi appare in tv firma per concedere alla rete il diritto di utilizzare la sua apparizione: ma in quella versione gli artisti si impegnavano a evitare ogni riferimento politico. Firmarono tutti ma poi qualcuno, come fece il compianto Erriquez, voce della Bandabardò, parlò di censura in aperta polemica con l’allora produttore dell’evento.    Ultimo in ordine di tempo a creare il caso è stato Fedez nel 2021, che si scagliò contro la Lega e contro Rai3, la prima per le posizioni omofobe e per l’ostruzionismo al ddl Zan, la seconda accusata di averlo sottoposto a censura preventiva.