Bruxelles – I colloqui di Istanbul sul nucleare iraniano sono andati relativamente bene, almeno nella misura in cui le parti coinvolte hanno deciso di mantenere aperte le trattative. Nella città turca si sono dati appuntamento i rappresentanti della Repubblica islamica e dei membri europei del Jcpoa, l’accordo di dieci anni fa sul programma atomico degli ayatollah, prossimo alla scadenza. Le cancellerie del Vecchio continente vogliono convincere Teheran a fare progressi sugli impegni assunti in sede Onu, minacciandola con la reintroduzione delle sanzioni pre-2015.
Ha descritto un “colloquio serio, franco e dettagliato” con le controparti europee il viceministro degli Esteri iraniano Kazem Gharibabadi in un post su X, offrendo un sintetico resoconto dell’incontro avuto stamattina (25 luglio) con gli omologhi di Francia, Germania e Regno Unito (i membri del cosiddetto gruppo E3) presso il consolato della Repubblica islamica a Istanbul. Era stato proprio il superiore di Gharibabadi, Abbas Araghchi, ad annunciare la convocazione del tavolo a inizio settimana.
دکتر تخت روانچی و من گفتگویی جدی، صریح و مفصل با مدیران سیاسی سه کشور اروپایی/اتحادیه اروپا داشتیم. آخرین تحولات مربوط به لغو تحریمها و موضوع هستهای مورد بحث و بررسی قرار گرفت. ضمن انتقاد جدی از مواضع آنها در مورد جنگ تجاوزکارانه اخیر علیه مردم ما، مواضع اصولی خود، از جمله در…
— Gharibabadi (@Gharibabadi) July 25, 2025
“Sono stati affrontati gli ultimi sviluppi riguardo la revoca delle sanzioni e la questione del nucleare“, continua il messaggio, dove il viceministro specifica che, “pur criticando in modo serio le loro posizioni riguardo la recente guerra di aggressione contro la nostra popolazione, abbiamo spiegato le nostre posizioni di principio“. Il riferimento è all’attacco israeliano del 13 giugno scorso, cui ha fatto seguito il bombardamento di tre siti nucleari della Repubblica islamica da parte degli Stati Uniti il successivo 22 giugno.
Nella millenaria città sul Bosforo – già teatro, l’altroieri, di altri colloqui tra Russia e Ucraina – le squadre negoziali di Teheran, Parigi, Berlino e Londra hanno concordato di mantenere aperto il canale diplomatico, nel primo incontro tra rappresentanti del regime degli ayatollah e potenze occidentali dal cessate il fuoco mediato da Donald Trump a conclusione della cosiddetta guerra dei 12 giorni. La precedente riunione si era tenuta a Ginevra il 20 giugno.
Uno dei temi centrali della discussione odierna è stato il cosiddetto meccanismo di snapback, tramite cui gli europei minacciano di reintrodurre le sanzioni comminate contro la Repubblica islamica prima del 2015, quando vennero sospese per effetto del Joint comprehensive plan of action (Jcpoa), lo storico accordo di cui sono parti anche Cina, Russia e Ue e dal quale Trump ritirò gli Usa nel 2018.
Le nazioni E3 hanno concordato di dare tempo l’Iran fino alla fine di agosto per riprendere seriamente le trattative, pena il ripristino di suddette misure restrittive. La scelta di questa data dipende dal fatto che la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che disciplina il Jcpoa, scadrà il prossimo 18 ottobre, e lo snapback non può venire attivato nei 30 giorni precedenti tale scadenza.
Le cancellerie europee vogliono dunque tenersi le mani libere per proporre al Consiglio di sicurezza un’eventuale reintroduzione delle sanzioni entro la prima metà di settembre. Viceversa, dopo quella data non sarà possibile far entrare in funzione il meccanismo di ripristino, e a quel punto tutte le misure restrittive decise prima del 2015 non saranno più valide a decorrere dal 18 ottobre, quando il Jcpoa cesserà di esistere. Alla vigilia dell’incontro di Istanbul, la Repubblica islamica ha fatto sapere di non essere interessata ad una potenziale proroga della risoluzione 2231.
Per dimostrare “buona fede”, gli europei hanno chiesto a Teheran di dimostrare il proprio impegno su alcuni punti chiave. Tra questi, la ripresa di colloqui diretti con la Casa Bianca, la piena e continuativa collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), e la rendicontazione di circa 400 chili di uranio altamente arricchito (quasi al 90 per cento, soglia oltre la quale è possibile sviluppare un ordigno atomico) di cui è sconosciuta l’ubicazione in seguito agli attacchi dei B-2 Spirit a stelle strisce sulle centrali di Fordo, Natanz e Isfahan.
A tirare un sospiro di sollievo, almeno parziale, è stato anche il capo dell’Aiea, Rafael Grossi, dichiaratosi “incoraggiato” dal via libera dell’Iran alla visita di una delegazione dell’agenzia “nelle prossime settimane”, suggerendo che tale apertura potrebbe spianare la strada ad un ritorno degli ispettori Onu entro la fine dell’anno. La Repubblica islamica aveva estromesso il personale dell’Aiea in seguito all’acuirsi della guerra, criticando aspramente lo stesso Grossi per la sua presunta complicità negli attacchi di Tel Aviv e Washington.