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Allargamento, il Cese: “L’integrazione sia graduale, coinvolgendo la società civile”

Bruxelles – L’allargamento è un “investimento strategico” per l’Unione, ma la “precondizione” perché funzioni è coinvolgere la società civile. A dirlo è Oliver Röpke, presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), l’organo consultivo dell’Ue in cui sono rappresentati gli interessi delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro, del terzo settore e, in generale, le istanze delle organizzazioni della società civile. L’austriaco, che guida il Comitato dall’anno scorso, insiste perché l’integrazione dei Paesi candidati sia “graduale”, permettendo loro di partecipare già prima del loro ingresso formale alla vita comunitaria.

La società civile al centro

Ad un incontro con la stampa martedì (22 ottobre), Röpke ha spiegato l’approccio che la sua istituzione sta seguendo in materia di allargamento, un tema destinato ad assumere un’importanza centrale nei prossimi anni, a partire dal ciclo istituzionale che si è aperto con le europee dello scorso giugno. “Vediamo l’allargamento come un investimento strategico” e una “storia di successo”, ha dichiarato ai giornalisti, specificando che “la precondizione” per realizzarlo correttamente è quella di “avere un coinvolgimento della società civile e dei partner sociali” che sia il più strutturata possibile.

“I problemi reali”, ha sottolineato il presidente del Cese, sono da individuarsi nelle “strutture” democratiche dei Paesi candidati: ad esempio quelle “per tutelare lo Stato di diritto, per proteggere lo spazio civico e per avere un robusto dialogo” tra le parti sociali che porti, tra le altre cose, ad una contrattazione collettiva soddisfacente. Dovremmo cioè “cominciare a rafforzare queste strutture nei Paesi candidati già ora”, anche se il loro ingresso nell’Unione avverrà in un secondo momento.

L’integrazione graduale dei Paesi candidati

La soluzione, per Röpke, è quella che ha definito “integrazione graduale”: permettere cioè ai Paesi cui Bruxelles riconosce lo status di candidati di partecipare, in qualità di osservatori, al funzionamento dell’Unione, come avviene già ad esempio con le riunioni informali del Consiglio. Il contributo del Cese a questo movimento di progressiva inclusione si è concretizzato nel progetto pilota ribattezzato Enlargement candidate members (Ecm), tramite cui il Comitato ha coinvolto 146 rappresentanti della società civile dei Paesi candidati nelle proprie attività per contribuire alla stesura di una dozzina di opinioni riguardanti tra le altre cose la politica di coesione, il mercato unico, la sostenibilità, il settore agrifood e lo Stato di diritto. Un’iniziativa che dovrebbe concludersi a fine anno ma che è piaciuta molto ai diretti interessati, come sottolineato dal premier albanese Edi Rama secondo cui questo modello andrebbe esteso anche all’Eurocamera, e che Röpke si è impegnato a trasformare da estemporanea a permanente.

Del resto, si tratta della medesima strada indicata dalla presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, nelle lettere d’incarico inviate ai commissari designati: lì “viene menzionato esplicitamente che ogni commissario deve promuovere l’integrazione graduale dei Paesi candidati”, ha sottolineato Röpke, il che coincide appunto con una delle richieste principali del Cese “per vedere cosa ogni istituzione può fare per integrare passo dopo passo gli Stati candidati già prima l’adesione completa all’Ue”.

I progressi verso l’adesione

Diverse cancellerie tra le nove in questione (Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Macedonia del nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia ed Ucraina) vorrebbero centrare l’obiettivo dell’adesione entro la fine del decennio, ma bisognerà vedere come procederà il loro percorso. Per ora, Röpke ha registrato “non solo il supporto dei partner sociali e della società civile ma anche una grande volontà da parte almeno di alcuni governi di impegnarsi” per “migliorare le proprie strutture” al fine di “soddisfare i criteri” per entrare nel club europeo. Alcuni dei progressi migliori, secondo il presidente del Cese, si sono visti in Albania e in Macedonia del nord (anche se il cammino di Tirana e Skopje verso Bruxelles è stato recentemente spacchettato), mentre ci sono stretti contatti con governo e società civile serbi e con la società civile georgiana.

Quanto alla Moldova, un grosso problema – soprattutto in alcune regioni, come la Gagauzia – è la pervasività della disinformazione russa, che è quasi riuscita a far vincere il “no” al referendum popolare celebratosi domenica scorsa che interrogava i cittadini sull’opportunità di includere l’obiettivo dell’adesione all’Ue nella Costituzione nazionale. Alla fine, ha prevalso il fronte del “sì”, il che secondo il capo del Comitato è un “risultato notevole” dati i pronostici, ma nel Paese balcanico c’è “ancora molto da fare” per consolidare le strutture democratiche di cui si parlava.

L’incontro di stamattina è servito tra le altre cose a Röpke per presentare alla stampa il Forum di alto livello sull’allargamento che si terrà il prossimo 24 ottobre a Bruxelles sotto il patrocinio del Cese (che sarà in sessione plenaria il 23 e 24 ottobre) e della Commissione, in cui verranno discussi con una serie di politici (sia dei Paesi candidati che degli Stati membri), accademici e rappresentanti della società civile i temi sociali che saranno al centro della prossima stagione di espansione del club europeo. A sua volta, questo evento anticiperà la pubblicazione, da parte dell’esecutivo Ue, del rapporto annuale sull’allargamento (anche noto come enlargement package), che quest’anno cadrà il prossimo 31 ottobre.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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