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Lega attacca su Csm ma governo tiene e procede

Una Lega in difficoltà dopo il voto delle amministrative cerca il rilancio trovandosi unita negli attacchi al governo. E lo fa sulla tormentata riforma del Csm che si trova in Aula al Senato presentando una serie di emendamenti e soprattutto chiedendo il voto segreto. Ma il tentativo non passa e si spiana la strada al provvedimento. E’ stata comunque una mossa certo non gradita al governo che in queste ore è al lavoro su diversi dossier parlamentari che segneranno i prossimi giorni toccando il livello massimo di pericolosità il 21 giugno quando il premier Mario Draghi farà le sue comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio europeo.

Una data cerchiata in rosso da palazzo Chigi che è già al lavoro per sminare le trappole sul delicatissimo tema dell’invio delle armi all’Ucraina. Anche le virgole saranno importanti nel discorso che il premier terrà al Parlamento visto il nervosismo del Movimento Cinque Stelle dopo il risultato altrettanto deludente alle elezioni di domenica scorsa. A segnalare l’innalzamento della tensione in maggioranza è il Pd che rimarca come la richiesta del voto segreto sia una tattica parlamentare che usa l’opposizione e non una forza politica che sostiene l’esecutivo: “Portare l’ostruzionismo sulla giustizia vuol dire minare le basi della convivenza stessa del governo, è un atteggiamento insostenibile”, ha accusato il segretario Enrico Letta”. “Sarebbe gravissimo se la Lega utilizzasse in Aula il voto segreto, un tipico strumento usato dall’opposizione, per mettere in difficoltà il governo. E’ una scelta irresponsabile da parte di un partito di maggioranza”, gli fa eco la presidente dei Senatori del Pd, Simona Malpezzi. Per questo i Dem consigliano al governo di porre la fiducia sul provvedimento. In serata la replica di Matteo Salvini che, pur confermando che la Lega non farà saltare il banco, tiene il punto: “noi peseremo il governo e l’incisività della Lega del governo su questo: lavoro, tasse e pensioni”, assicura a Porta a Porta facendo capire che la pressione sul governo non è destinata a scemare. Che il premier si possa trovare stretto in una tenaglia tra le strategie della Lega e dei Cinque stelle è evidente. Il partito di Salvini è in fibrillazione ma la sua leadership non sembra per ora in discussione.

Infatti l’improvvisa richiesta dei ministri leghisti di riaprire – proprio in questa fase caldissima dell’agenda politica – il nodo dell’autonomia delle regioni del nord viene letto come un tentativo di ricompattamento tra l’ala governista e quella più barricadera che spinge per un’uscita dal governo. “L’Autonomia differenziata è una richiesta di tutto il Paese, un percorso istituzionale destinato a valorizzare le capacità territoriali e soprattutto la responsabilità degli amministratori, voluto per questo dal governo”, recita infatti una nota che improvvisamente viene vergata a diramata dai “ministri della Lega”. Il tema è spinoso e covava sotto le ceneri. Al di là dei tecnicismi la materia non è stata ancora risolta a livello politico e rischia di far deflagrare un conflitto tra regioni del nord e del sud ed anche tra due ministre (non leghiste) della maggioranza, cioè Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna. 


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