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Gaza, ora anche le ong israeliane accusano Tel Aviv di genocidio

Bruxelles –  Dopo oltre 21 mesi di crimini di guerra commessi dall’esercito di Tel Aviv nella Striscia di Gaza, sono adesso le stesse ong israeliane a parlare esplicitamente di genocidio per descrivere l’immane massacro della popolazione palestinese orchestrato da Benjamin Netanyahu. Su tutte, è B’Tselem a inchiodare le autorità dello Stato ebraico alle proprie responsabilità, attraverso un elenco delle gravissime violazioni compiute ai danni dei gazawi sin dall’ottobre 2023.

Non usa mezzi termini l’ong israeliana B’Tselem, che nelle scorse ore ha pubblicato un rapporto destinato a fare molto rumore, fuori e dentro lo Stato ebraico, dal titolo inequivocabile: “Il nostro genocidio“. Nelle 88 pagine della relazione viene accuratamente documentata una lunga serie di sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali e del diritto internazionale, perpetrate da Israele ai danni della popolazione palestinese nell’enclave costiera dove da quasi due anni si sta consumando una delle campagne militari più sanguinose della storia recente.

La distruzione nel campo rifugiati palestinese di Nuseirat, nella Striscia di Gaza (foto: Eyad Baba/Afp)

“Un’analisi della politica di Israele nella Striscia di Gaza e dei suoi terribili risultati, insieme alle dichiarazioni di alti funzionari politici e comandanti militari israeliani sugli obiettivi dell’attacco, porta alla conclusione inequivocabile che Israele sta intraprendendo un’azione coordinata e deliberata per distruggere la società palestinese“, sostiene l’associazione. Il tutto, peraltro, trasmesso quotidianamente in diretta sui social e sui mezzi d’informazione di tutto il mondo, almeno finché sopravvivono ancora giornalisti sul campo.

In altre parole, dice B’Tselem, “Israele sta commettendo un genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza“, come reso evidente dal combinato disposto di “uccisioni di massa, sia dirette sia attraverso la creazione di condizioni di vita insostenibili, gravi danni fisici e mentali ad un’intera popolazione, distruzione delle infrastrutture di base in tutta la Striscia e lo sfollamento forzato su vasta scala, con la pulizia etnica che si aggiunge alla lista degli obiettivi di guerra ufficiali” del gabinetto guidato da Benjamin Netanyahu (sul cui capo pende un mandato di cattura spiccato lo scorso novembre dalla Corte penale internazionale).

Ci sono poi “gli arresti di massa e gli abusi sui palestinesi nelle prigioni israeliane, che sono diventate di fatto campi di tortura, e lo strappo del tessuto sociale di Gaza, compresa la distruzione delle istituzioni educative e culturali palestinesi”, continua il rapporto. Il tutto, afferma l’ong, risulta in un deliberato “attacco all’identità stessa dei palestinesi“, dal momento che la risposta di Tel Aviv agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 si è trasformata in uno strumento di punizione collettiva del popolo palestinese, un altro reato proibito dal diritto internazionale.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Shaul Golan/Afp)

L’Encyclopaedia Britannica definisce il genocidio come “la distruzione deliberata e sistematica di un gruppo di persone a causa della loro etnia, nazionalità, religione o razza“. La Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio è stata siglata in sede Onu nel 1948 ed è entrata in vigore nel 1951. Attualmente, ne fanno parte 149 Stati, tra cui tutti i 27 dell’Unione europea.

Il termine è stato coniato durante la Seconda guerra mondiale dal giurista polacco di origini ebree Raphael Lemkin, per designare il tentativo scientifico di eliminare gli ebrei europei da parte del Terzo Reich di Adolf Hitler. Tra gli esempi storici più noti di genocidio (considerato “il crimine dei crimini”) c’è quello perpetrato ai danni degli armeni in Turchia a inizio Novecento, quello degli ucraini orchestrato dalla dirigenza sovietica nel 1932-1933 (l’Holodomor) e quello dei bosgnacchi a Srebrenica del 1995, di cui quest’anno è stato ricordato il 30esimo anniversario.

“L’attuale offensiva contro il popolo palestinese, compresa la Striscia di Gaza, deve essere compresa nel contesto di oltre settant’anni in cui Israele ha imposto un regime violento e discriminatorio ai palestinesi“, spiega B’Tselem, riprendendo un suo precedente rapporto, risalente al 2021, in cui accusava lo Stato ebraico di aver messo in piedi un sistema di apartheid in piena regola non solo nei territori occupati – l’enclave costiera e la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est (cioè i martoriati pezzi di terra sui quali dovrebbe sorgere il futuro Stato di Palestina, del cui riconoscimento si sta parlando proprio in questi giorni al Palazzo di vetro dell’Onu) – ma in tutta l’area compresa tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo.

Il memoriale del genocidio di Srebrenica, in Bosnia-Erzegovina (foto: Elvis Barukcic/Afp)

La voce autorevole di B’Tselem si aggiunge così ad un lungo elenco di allarmi che si stanno susseguendo negli ultimi anni a proposito della carneficina portata avanti da Tel Aviv nella Striscia, ma (in coppia con quella dell’associazione di medici Physicians for human rights) acquisisce una rilevanza particolare proprio perché proviene dall’interno di Israele. L’ong londinese Amnesty international parla di genocidio fin dal dicembre 2024.

A gennaio 2024, quando la campagna israeliana nella Striscia era in corso “solo” da tre mesi, la Corte internazionale di giustizia aveva già lanciato un altolà al governo di Netanyahu sulla possibile commissione del crimine di genocidio, a partire dall’accusa del Sudafrica. Ad aprile dello stesso anno è stata la relatrice Onu per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, a puntare il dito contro le ingiustificabili violazioni di Tel Aviv (una mossa che le è valsa l’imposizione di sanzioni da parte degli Stati Uniti di Donald Trump).

Recentemente, la coalizione di giuristi Jurdi ha ricordato alle istituzioni comunitarie che, coi loro silenzi e le loro inerzie, si stanno di fatto rendendo complici di una delle peggiori catastrofi umanitarie degli ultimi decenni. Tutto quello che Bruxelles è riuscita a fare in oltre 21 mesi di eliminazione deliberata di un popolo da parte di una potenza alleata, nonostante abbia certificato nero su bianco le violazioni dei diritti umani di cui quest’ultima si è resa responsabile, è stato aprire la revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele e proporre la sospensione parziale dei fondi Horizon+ per la ricerca a partire dal 2028.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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