Bruxelles – Dopo quasi due anni di attesa, il processo di adesione è ufficialmente concluso e da oggi (7 marzo) la Svezia entra a far parte “con pari voce in capitolo nella definizione delle politiche e delle decisioni” della Nato. È quanto annunciato dal segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, sottolineando “il giorno storico” per Stoccolma e per tutta l’Alleanza: “Avrà ora il posto che le spetta al tavolo della Nato”.
Stoltenberg ha così accolto il 32esimo Paese membro dell’Alleanza Atlantica, a meno di un anno dall’ultimo ingresso, quello della Finlandia (il 4 aprile 2023). “Dopo oltre 200 anni di non allineamento la Svezia gode ora della protezione garantita dall’articolo 5, la massima garanzia per la libertà e la sicurezza degli Alleati”, ha ricordato il segretario generale Stoltenberg, che accoglie con favore “forze armate capaci e un’industria della difesa di prim’ordine”. Senza risparmiare una stoccata alla Russia sul tema della libera scelta da parte dell’Ucraina (e non solo) di poter accedere all’Alleanza in futuro: “L’adesione di oggi dimostra che la porta della Nato rimane aperta e che ogni nazione ha il diritto di scegliere la propria strada“.
A questo punto si attende solo la cerimonia dell’alzabandiera lunedì prossimo (11 marzo), quando la bandiera svedese sarà issata insieme a quelle degli altri 31 alleati presso il quartier generale della Nato a Bruxelles e in tutti i comandi in Europa e in Nord America. “Grazie a tutti gli alleati per averci accolto come 32esimo membro”, ha commentato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, dopo l’incontro a Washington con il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken: “Ci impegneremo per l’unità, la solidarietà e la condivisione degli oneri e aderiremo pienamente ai valori del Trattato di Washington”, ovvero “libertà, democrazia, libertà individuale e Stato di diritto”.
Il protocollo di adesione di Svezia era stato firmato (insieme alla Finlandia) il 5 luglio 2022 – dopo la svolta strategica storica la politica di sicurezza nazionale tradizionalmente legata al non-allineamento – e da allora per Stoccolma è stata una strada in salita. A oltre 19 mesi dal vertice di Madrid, l’Ungheria era rimasto all’inizio di quest’anno l’unico Paese membro a non aver approvato in modo formale l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza Atlantica, quando anche la Turchia aveva messo fine al suo durissimo blocco. Un mese e mezzo fa il premier ungherese, Viktor Orbán, aveva fatto cadere formalmente il suo breve ostruzionismo, ma lo stesso non aveva fatto il suo partito Fidesz, boicottando la sessione straordinaria di inizio mese. Trovatosi sotto pressione da parte degli altri membri – e messo con le spalle al muro dalla visita di Kristersson – il premier ungherese ha infine spinto i membri del suo partito a far crollare la resistenza. Il via libera da Budapest è arrivato infine lo scorso 26 febbraio, dopo l’incontro nella capitale ungherese tra i premier Orbán e Kristersson per discutere di cooperazione in materia di difesa e sicurezza.
Come si entra nella Nato
Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.
Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.