More stories

  • in

    La Svezia è diventata ufficialmente il 32esimo Paese membro Nato

    Bruxelles – Dopo quasi due anni di attesa, il processo di adesione è ufficialmente concluso e da oggi (7 marzo) la Svezia entra a far parte “con pari voce in capitolo nella definizione delle politiche e delle decisioni” della Nato. È quanto annunciato dal segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, sottolineando “il giorno storico” per Stoccolma e per tutta l’Alleanza: “Avrà ora il posto che le spetta al tavolo della Nato”.

    Da sinistra: il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, e il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergStoltenberg ha così accolto il 32esimo Paese membro dell’Alleanza Atlantica, a meno di un anno dall’ultimo ingresso, quello della Finlandia (il 4 aprile 2023). “Dopo oltre 200 anni di non allineamento la Svezia gode ora della protezione garantita dall’articolo 5, la massima garanzia per la libertà e la sicurezza degli Alleati”, ha ricordato il segretario generale Stoltenberg, che accoglie con favore “forze armate capaci e un’industria della difesa di prim’ordine”. Senza risparmiare una stoccata alla Russia sul tema della libera scelta da parte dell’Ucraina (e non solo) di poter accedere all’Alleanza in futuro: “L’adesione di oggi dimostra che la porta della Nato rimane aperta e che ogni nazione ha il diritto di scegliere la propria strada“.A questo punto si attende solo la cerimonia dell’alzabandiera lunedì prossimo (11 marzo), quando la bandiera svedese sarà issata insieme a quelle degli altri 31 alleati presso il quartier generale della Nato a Bruxelles e in tutti i comandi in Europa e in Nord America. “Grazie a tutti gli alleati per averci accolto come 32esimo membro”, ha commentato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, dopo l’incontro a Washington con il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken: “Ci impegneremo per l’unità, la solidarietà e la condivisione degli oneri e aderiremo pienamente ai valori del Trattato di Washington”, ovvero “libertà, democrazia, libertà individuale e Stato di diritto”.

    Da sinistra: il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoǧan, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, al vertice di Vilnius (10 luglio 2023)Il protocollo di adesione di Svezia era stato firmato (insieme alla Finlandia) il 5 luglio 2022 – dopo la svolta strategica storica la politica di sicurezza nazionale tradizionalmente legata al non-allineamento – e da allora per Stoccolma è stata una strada in salita. A oltre 19 mesi dal vertice di Madrid, l’Ungheria era rimasto all’inizio di quest’anno l’unico Paese membro a non aver approvato in modo formale l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza Atlantica, quando anche la Turchia aveva messo fine al suo durissimo blocco. Un mese e mezzo fa il premier ungherese, Viktor Orbán, aveva fatto cadere formalmente il suo breve ostruzionismo, ma lo stesso non aveva fatto il suo partito Fidesz, boicottando la sessione straordinaria di inizio mese. Trovatosi sotto pressione da parte degli altri membri – e messo con le spalle al muro dalla visita di Kristersson – il premier ungherese ha infine spinto i membri del suo partito a far crollare la resistenza. Il via libera da Budapest è arrivato infine lo scorso 26 febbraio, dopo l’incontro nella capitale ungherese tra i premier Orbán e Kristersson per discutere di cooperazione in materia di difesa e sicurezza.Come si entra nella NatoPer diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.

    Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergLa procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

  • in

    Via libera dall’Ungheria all’ingresso della Svezia nella Nato. L’Alleanza tocca quota 32 Paesi membri

    Bruxelles – E anche l’ultimo ostacolo di fronte alla strada della Svezia nella Nato è caduto. L’Assemblea Nazionale dell’Ungheria ha votato oggi (26 febbraio) a favore della ratifica del protocollo di adesione di Stoccolma all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord e fra pochi giorni il Paese scandinavo potrà diventare ufficialmente il 32esimo Paese membro dell’Alleanza Atlantica. “Oggi è una giornata storica”, ha esultato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson: “Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità per la sicurezza euro-atlantica”.

    Il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (credits: Javier Soriano / Afp)Il via libera è arrivato con 188 voti a favore e 6 contrari, dopo che ormai era stato chiaro dalle parole del primo ministro, Viktor Orbán, in apertura della seduta parlamentare che i deputati del partito al potere Fidesz non avrebbero più creato problemi alla ratifica. I due premier si erano incontrati venerdì scorso (23 febbraio) a Budapest per discutere di cooperazione in materia di difesa e sicurezza, e dai negoziati era emerso che l’Ungheria potrà acquistare quattro nuovi aerei da combattimento Gripen di fabbricazione svedese, mentre Stoccolma non avrebbe più visto ostruzionismo da Budapest nel suo percorso verso l’adesione all’Alleanza Atlantica. “L’ingresso della Svezia nella Nato rafforzerà la sicurezza dell’Ungheria“, ha commentato oggi Orbán, definendo la visita di Kristersson nella capitale ungherese come un passo essenziale verso la costruzione di “un rapporto equo e rispettoso tra i due Paesi”.Il protocollo di adesione di Svezia (e Finlandia, 31esimo Paese membro dal 4 aprile 2023) era stato firmato il 5 luglio 2022 – dopo la svolta strategica storica la politica di sicurezza nazionale tradizionalmente legata al non-allineamento – e da allora per Stoccolma è stata una strada in salita. A oltre 19 mesi dal vertice di Vilnius, l’Ungheria era rimasto l’unico Paese membro a non aver approvato in modo formale l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza Atlantica, quando anche la Turchia ha messo fine al suo durissimo blocco. Un mese fa Orbán aveva fatto cadere formalmente il suo breve ostruzionismo, ma lo stesso non ha fatto il suo partito Fidesz, boicottando la sessione straordinaria di inizio mese. Trovatosi sotto pressione da parte degli altri membri – e messo con le spalle al muro dalla visita di Kristersson – il premier ungherese ha infine spinto i membri del suo partito a far crollare la resistenza. “Ora che tutti gli alleati hanno approvato, la Svezia diventerà il 32esimo alleato della Nato“, ha accolto il voto favorevole dell’Assemblea Nazionale di Budapest il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, sottolineando che “l’adesione della Svezia ci renderà tutti più forti e sicuri”. La cerimonia di ingresso del nuovo membro dell’Alleanza si potrebbe tenere al quartier generale della Nato già venerdì (primo marzo). I passi della Svezia per entrare nella NatoPer diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.

    Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergLa procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

  • in

    Crolla la resistenza dell’Ungheria di Orbán alla ratifica del protocollo di adesione della Svezia alla Nato

    Bruxelles – Non è durato nemmeno 24 ore l’ostruzionismo aperto del premier ungherese, Viktor Orbán, alla ratifica del protocollo di adesione della Svezia alla Nato, dopo lo sblocco dello stallo con il voto favorevole della Grande Assemblea Nazionale Turca arrivato nella serata di ieri (23 gennaio). Rimasta l’unico Paese membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord a non aver approvato in modo formale l’ingresso di Stoccolma come 32esimo membro dell’Alleanza Atlantica, l’Ungheria ha subito le pressioni degli altri alleati della Nato – incluso il segretario generale Jens Stoltenberg – e già oggi (24 gennaio) il premier Orbán ha reso noto che “alla prima occasione possibile” arriverà il voto dell’Assemblea Nazionale di Budapest per la ratifica del protocollo di adesione di Stoccolma.

    Da sinistra: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson (credits: Jonathan Nackstrand / Afp)“Ho ribadito che il governo ungherese sostiene l’adesione della Svezia alla Nato, ho anche sottolineato che continueremo a sollecitare l’Assemblea nazionale ungherese a votare a favore dell’adesione della Svezia”, ha scritto il leader ungherese su X a seguito della telefonata con il segretario generale della Nato. Lo stesso Stoltenberg ha “accolto con favore il chiaro sostegno” di Orbán e del governo ungherese, esortando la ratifica del protocollo di adesione della Svezia “non appena il Parlamento tornerà a riunirsi”. La fine delle velleità di Orbán di tenere in ostaggio l’ingresso del nuovo membro nell’Alleanza è arrivata con il secco rifiuto del governo di Stoccolma a partecipare a un incontro a Budapest per “negoziare l’adesione della Svezia alla Nato“, come recitava l’invito recapitato ieri dal primo ministro Orbán all’omologo svedese, Ulf Kristersson.Mentre nell’ultimo anno e mezzo l’attenzione era tutta rivolta ad Ankara e alle minacce esplicite del presidente Recep Tayyip Erdoǧan di bloccare il processo in caso di non rispetto delle condizioni richieste, a Budapest il dossier della ratifica del protocollo di adesione della Svezia alla Nato non è mai avanzato soprattutto per il contrasto diplomatico tra i due Paesi membri Ue. Proprio durante il semestre di presidenza svedese del Consiglio dell’Ue (tra gennaio e luglio 2023), il premier Kristersson è stato particolarmente duro nelle sue critiche all’erosione dello Stato di diritto determinato dal governo Orbán e tutt’ora è uno dei leader più intransigenti sui ricatti del premier ungherese al tavolo del Consiglio Europeo (in particolare sulle questioni dei fondi Ue e del sostegno all’Ucraina).I passi della Svezia per entrare nella NatoPer diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.

    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

  • in

    La Turchia pronta a ratificare il protocollo di adesione Nato della Svezia. Ma manca ancora l’Ungheria

    Bruxelles – Si sta per chiudere uno dei capitoli più spinosi degli ultimi due anni all’interno della Nato: lo stallo turco sulla ratifica del protocollo di adesione della Svezia all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, ma un altro rischia di diventare ancora più imbarazzante. Mentre la Grande Assemblea Nazionale Turca è pronta a ratificare in settimana (tra oggi e giovedì) il protocollo di adesione di Stoccolma sei mesi dopo l’intesa decisiva tra i leader dei due Paesi al vertice Nato di Vilnius, il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, ha reso noto di aver invitato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, a Budapest per “negoziare l’adesione della Svezia alla Nato“.

    Da sinistra: il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoǧan, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, a Vilnius (10 luglio 2023)Quello turco sembrava l’ostacolo più arduo da superare per le aspirazioni della Svezia di diventare il 32esimo membro dell’Alleanza Atlantica, considerato il continuo rinvio imposto dal presidente Recep Tayyip Erdoǧan per una serie di criteri a suo avviso non rispettati secondo il memorandum d’intesa firmato alla vigilia del vertice di Madrid del 2022. Tra queste in particolare le richieste di estradare i membri del movimento politico-militare curdo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan). La posizione irremovibile del leader turco ha portato al punto più basso dei rapporti con gli altri alleati in occasione del via libera alla richiesta della Finlandia, quando è stato invece ribadito lo stop a Stoccolma: in questo modo è sfumato l’ingresso congiunto dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica nello stesso giorno (il 4 aprile 2023). Appena prima dell’inizio del vertice di Vilnius nel luglio dello scorso anno – e dopo aver minacciato di voler legare il percorso di allargamento della Nato a quello di adesione della Turchia all’Unione Europea – lo stesso Erdoǧan ha dato il via libera all’ingresso della Svezia in un trilaterale risolutorio con il premier Kristersson e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. A distanza di sei mesi il Parlamento turco è pronto a rispettare l’impegno di ratificare il protocollo di adesione di Stoccolma, mettendo fine al suo ostruzionismo.

    Il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (credits: Javier Soriano / Afp)Ma ora tutti gli occhi sono puntati sull’Ungheria di Orbán, che si sta distinguendo in senso negativo a Bruxelles per i suoi continui ricatti non solo all’interno dell’Unione Europea (in particolare sulle questioni dei fondi Ue e del sostegno all’Ucraina) ma anche della Nato. Mentre l’attenzione era tutta rivolta ad Ankara e alle minacce esplicite di Erdoǧan di bloccare il processo in caso di non rispetto delle condizioni richieste, a Budapest il dossier della ratifica del protocollo di adesione della Svezia alla Nato non è mai avanzato soprattutto per il contrasto diplomatico tra i due Paesi membri Ue. Proprio durante il semestre di presidenza svedese del Consiglio dell’Ue (tra gennaio e luglio 2023), il premier Kristersson è stato particolarmente duro nelle sue critiche all’erosione dello Stato di diritto determinato dal governo Orbán e tutt’ora è uno dei leader più intransigenti sui ricatti del premier ungherese al tavolo del Consiglio Europeo. Il messaggio di Orbán sul “negoziare l’adesione della Svezia alla Nato” è anche un chiaro segnale di subordinazione del Parlamento ungherese alle decisioni del premier (così come successo in Turchia), considerato anche il fatto che a oggi non è in agenda un voto per la ratifica del protocollo di adesione di Stoccolma.I passi della Svezia per entrare nella NatoPer diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.

    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

  • in

    Le minacce di Erdoğan sull’adesione Ue della Turchia dividono Bruxelles. La Commissione frena, il Consiglio apre

    Bruxelles – Le minacce del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, di sbloccare lo stallo sull’adesione della Svezia alla Nato solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea alla fine hanno avuto qualche effetto. Nonostante nella serata di ieri (10 luglio) sia stata trovata un’intesa all’ultimo minuto tra Ankara e Stoccolma prima del vertice Nato in programma tra oggi e domani a Vilnius per l’ingresso del Paese scandinavo nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, il quasi ricatto di Erdoğan ha messo in luce qualche crepa tra le istituzioni comunitarie nell’approccio al percorso di avvicinamento della Turchia all’Unione. In particolare tra Consiglio e Commissione.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, a Vilnius (10 luglio 2023)
    A mostrare che non c’è totale allineamento tra l’istituzione presieduta dal belga Charles Michel e quella guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen sono state le dichiarazioni a sorpresa del primo, al termine di un incontro a Vilnius con il presidente turco a poche ore dalle minacce su un possibile legame tra il percorso di adesione della Svezia nella Nato e quello della Turchia nell’Ue. “Abbiamo esplorato le opportunità per riportare la cooperazione Ue-Turchia in primo piano”, ha reso noto il numero uno del Consiglio al termine del bilaterale, utilizzando l’espressione controversa “rivitalizzare le nostre relazioni” per riferirsi al rilancio del dialogo tra le due parti. Che non si tratti solo di parole di circostanza lo dimostrerebbe la precisazione fatta dallo stesso Michel che coinvolge anche la Commissione: “Il Consiglio Europeo ha invitato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza [Josep Borrell, ndr] e la Commissione Europea a presentare un rapporto per procedere in modo strategico e lungimirante“. La prossima settimana i ministri degli Esteri Ue si riuniranno per discutere anche delle relazioni tra Ue e Turchia (già in programma da tempo nell’agenda del Consiglio Affari Esteri).
    Non è chiaro al momento se il presidente Michel si sia consultato con i Ventisette e con von der Leyen prima dell’incontro con Erdoğan, né il valore concreto delle sue promesse in relazione allo sblocco dell’adesione della Svezia alla Nato. Sta di fatto che solo poche ore prima era arrivata dalla Commissione una risposta gelida all’indirizzo di Ankara: “I due processi che avvengono in parallelo – l’adesione di nuovi membri alla Nato e il processo di allargamento dell’Unione Europea – sono separati“, ha messo in chiaro la portavoce dell’esecutivo comunitario, Dana Spinant. L’Unione ha un processo di allargamento “molto strutturato” e misure “molto chiare”, che sono richieste a “tutti i Paesi candidati e anche quelli che desiderano diventarlo”, è stata la netta precisazione sul fatto che “non si possono collegare i due processi“.
    Da sinistra: il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoǧan, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, a Vilnius (10 luglio 2023)
    Alcuni interrogativi su cosa abbia promesso Michel a Erdoğan si sono però sollevati a Bruxelles, dal momento in cui la decisione della Turchia di togliere il veto all’adesione della Svezia alla Nato è arrivata a stretto giro dal bilaterale con il numero uno del Consiglio Ue. Da tenere in considerazione c’è anche una condizione stabilita dall’accordo tra Turchia e Svezia proprio nel trilaterale con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, in cui è stato sbloccato l’ingresso del nuovo membro nell’Alleanza Atlatica. Considerate le minacce di Erdoǧan, la risposta piccata della Commissione e il tweet di Michel, non è di poco conto il passaggio sul sostegno “attivo” che la Svezia si è impegnata ad assumere per “rinvigorire il processo di adesione della Turchia all’Unione Europea, compresa la modernizzazione dell’Unione doganale Ue-Turchia e la liberalizzazione dei visti“.
    La Turchia nel Pacchetto Allargamento Ue 2022
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei “continui gravi passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura”, come ripete dal 2020 il commissario responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Lo stato dei rapporti tra Bruxelles e Ankara – per quanto riguarda il percorso di avvicinamento del Paese del Vicino Oriente all’Unione – è definito nel Pacchetto annuale sull’allargamento (pubblicato ogni autunno dalla Commissione Ue), come tutti i Paesi terzi candidati o che hanno fatto richiesta di adesione. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultima relazione presentata nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”.
    Le questioni riguardano sia gli affari interni, sia le relazioni con l’Unione. “Il funzionamento delle istituzioni democratiche turche presenta gravi carenze”, si legge nel rapporto dell’esecutivo comunitario, con un chiaro riferimento alle politiche di Erdoǧan: “L’architettura costituzionale ha continuato ad accentrare i poteri a livello della Presidenza senza garantire una solida ed efficace separazione dei poteri tra esecutivo, legislativo e giudiziario” e in assenza di un meccanismo di pesi e contrappesi “la responsabilità democratica del ramo esecutivo continua a essere limitata alle elezioni” (appena vinte dal leader al potere da 20 anni). La magistratura continua a prendere “sistematicamente” di mira i membri dei partiti di opposizione, mentre la democrazia locale nel Sud-est (dove vive una consistente minoranza curda) è “gravemente” ostacolata. La supervisione civile delle forze di sicurezza “non è stata consolidata” e non sono stati registrati progressi nel campo della riforma della pubblica amministrazione e della lotta anti-corruzione.
    Critico il rispetto dei diritti umani, con molte delle misure introdotte durante lo stato di emergenza del 2018 che rimangono in vigore: “La procedura d’infrazione avviata dal Consiglio d’Europa nel febbraio 2022 ha segnato l’ennesimo punto di riferimento dell’allontanamento della Turchia dagli standard per i diritti umani e le libertà fondamentali“. Un “grave arretramento” è stato registrato anche per la libertà d’espressione, considerate le cause penali e le condanne di “giornalisti, difensori dei diritti umani, avvocati, scrittori, politici dell’opposizione, studenti, artisti e utenti dei social media”, così come per la libertà di riunione e associazione. Fonte di “grave preoccupazione” è anche la violenza di genere, la discriminazione e i discorsi di odio contro le minoranze, in particolare quella Lgbtq+.
    Al centro: l’autocrate russo, Vladimir Putin, e il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, all’inaugurazione del gasdotto TurkStream nel 2020
    Considerata la volontà di Ankara di modernizzare l’Unione doganale con l’Ue, spicca la poca preparazione sul “corretto funzionamento dell’economia di mercato turca” e l’inflazione ormai alle stelle, ma soprattutto le “ampie deviazioni dagli obblighi assunti” che “ostacolano gli scambi bilaterali”. Sono in “fase iniziale” i preparativi nei settori della libera circolazione dei lavoratori, del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi, mentre “è proseguito l’arretramento della politica economica e monetaria, che riflette una politica inefficiente nel garantire la stabilità dei prezzi e nell’ancorare le aspettative di inflazione”. Al tema economico si connette anche la questione della guerra russa in Ucraina, nonostante il ruolo importante giocato da Ankara nello sblocco del grano ucraino e nella condanna dell’invasione: “Il mancato allineamento della Turchia alle misure restrittive dell’Ue” contro il Cremlino pone gravi problemi alla libera circolazione dei prodotti all’interno dell’Unione doganale, dal momento in cui “comporta il rischio di compromettere” le sanzioni Ue per i beni a duplice uso.
    Durissimo il capitolo sulle relazioni esterne. “La politica estera unilaterale della Turchia ha continuato a essere in contrasto con le priorità dell’Ue”, in particolare per le azioni militari in Siria e Iraq e per il dispiegamento di soldati in Libia. A questo si somma la questione della delimitazione delle aree marittime nel Mediterraneo, con Ankara che dal 2019 continua a mettere in discussione i confini greci – e di conseguenza le frontiere esterne dell’Unione – a sud dell’isola di Creta. L’ultimo episodio di tensione risale all’ottobre dello scorso anno, quando Ankara ha siglato un nuovo accordo preliminare sull’esplorazione energetica con la Libia e “le navi da guerra turche hanno ostacolato illegalmente le attività di rilevamento nella zona economica esclusiva cipriota”. Nel contesto mediterraneo si inserisce anche la controversia diplomatica più che quarantennale sulla divisione dell’isola di Cipro, dove solo la Turchia riconosce l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord e dal 2017 sono fermi i tentativi di compromesso.
    Da sinistra: il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoǧan, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
    Ultimo, ma non per importanza, il file sulla politica migratoria e l’asilo. Nonostante il quadro di rapporti tesi tra Bruxelles e Ankara, nel marzo 2016 il leader turco è riuscito a far pesare il proprio potere negoziale nell’accordo stretto tra l’Ue e la Turchia per bloccare e accogliere sul suo territorio i rifugiati siriani in fuga dalla guerra in cambio di finanziamenti comunitari: “Del bilancio operativo completo di 6 miliardi di euro nell’ambito dello strumento per i rifugiati, oltre 4,7 miliardi di euro sono stati erogati entro giugno 2022“, ha reso noto la Commissione. Tuttavia per Bruxelles rimangono criticità sia sull’attuazione delle disposizioni sui cittadini di Paesi terzi contenute nell’accordo di riammissione Ue-Turchia, sia il rispetto dei parametri per la liberalizzazione dei visti ancora lontano.

    Prima di sbloccare l’ingresso Nato della Svezia, il presidente turco aveva annunciato di volerlo legare al processo di allargamento dell’Unione ad Ankara. Gelida la risposta dal Berlaymont, ma il leader del Consiglio Ue, Charles Michel, ha chiesto un piano per “rivitalizzare le nostre relazioni”

  • in

    L’intesa sul suono della sirena. Erdoğan dà il via libera alla Svezia nella Nato prima del vertice di Vilnius

    Bruxelles – Quando ormai sembrava tutto destinato a slittare dopo il vertice Nato di Vilnius, lo stallo sull’adesione della Svezia all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord si è sbloccato sul suono della sirena, la notte prima dell’inizio del summit nella capitale lituana. Dopo aver minacciato (solo 24 ore fa) di voler legare il percorso di allargamento della Nato a quello di adesione della Turchia all’Unione Europea, il presidente turco Recep Tayyip Erdoǧan, ha dato il via libera all’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza Atlantica nel corso di un trilaterale risolutorio voluto dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, insieme al primo ministro svedese, Ulf Kristersson.
    Da sinistra: il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoǧan, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, a Vilnius (10 luglio 2023)
    “Sono lieto di annunciare che dopo l’incontro che ho ospitato, il presidente Erdoǧan ha accettato di trasmettere il protocollo di adesione della Svezia alla Grande Assemblea Nazionale il prima possibile e di assicurarne la ratifica“, ha reso noto con un tweet il segretario generale Stoltenberg nella serata di ieri (10 luglio), parlando di “un passo storico che rende tutti gli alleati della Nato più forti e sicuri”. Con l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza, i Paesi membri saliranno a 32 (la Finlandia è già entrata lo scorso 4 aprile). La base di partenza delle discussioni sono stati i progressi svedesi proprio secondo la lista di condizioni definite il 29 giugno dello scorso anno nel memorandum tra Stoccolma, Ankara e Helsinki: emendamenti alla Costituzione, rafforzamento delle leggi anti-terrorismo, ripresa delle esportazioni di armi verso la Turchia, ampliamento della cooperazione con Ankara sulla lotta antiterrorismo contro il movimento politico-militare curdo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan). Considerato tutto questo lavoro, “Svezia e Turchia hanno concordato di stabilire un nuovo Patto di sicurezza bilaterale“.
    L’ennesimo sgarbo di Erdoǧan all’autocrate russo Vladimir Putin sul piano militare (il primo è stato un’apertura netta all’adesione dell’Ucraina alla Nato alla vigilia del vertice di Vilnius) si basa su un accordo di cooperazione “sia nell’ambito del Meccanismo congiunto trilaterale permanente” con la Finlandia istituito a Madrid, “sia nell’ambito di un nuovo Patto di sicurezza bilaterale che si riunirà annualmente a livello ministeriale e creerà gruppi di lavoro a seconda delle necessità“. Secondo quanto messo nero su bianco dalle due parti, nel corso della prima riunione Stoccolma presenterà una tabella di marcia “come base della sua lotta continua contro il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni verso la piena attuazione di tutti gli elementi” del memorandum: “La Svezia ribadisce che non fornirà sostegno alle Unità di Protezione Popolare (Ypg) e al Partito dell’Unione Democratica (Pyd) curdi e all’organizzazione movimento di Gülen (Fetö)”. Sempre sul piano della lotta anti-terrorismo – “che continuerà anche dopo l’adesione della Svezia alla Nato” – il segretario generale Stoltenberg ha promesso di istituire all’interno dell’Alleanza la nuova carica di Coordinatore speciale per la lotta al terrorismo.
    Tra le condizioni stabilite nel corso della riunione-fiume di ieri, è di non poca importanza – considerate le minacce di ieri di Erdoǧan e la risposta piccata della Commissione Europea – il passaggio sul sostegno “attivo” della Svezia a “rinvigorire il processo di adesione della Turchia all’Unione Europea, compresa la modernizzazione dell’Unione doganale Ue-Turchia e la liberalizzazione dei visti”. Stoccolma e Ankara si sono poi impegnate a “eliminare restrizioni, barriere o sanzioni al commercio e agli investimenti nel settore della difesa” tra gli alleati e hanno concordato di “intensificare la cooperazione economica” attraverso il Comitato economico e commerciale misto turco-svedese (Jetco): “Sia la Turchia sia la Svezia cercheranno di massimizzare le opportunità per aumentare gli scambi e gli investimenti bilaterali”. Messo infine sulla carta – come annunciato da Stoltenberg – il passaggio del Protocollo di adesione Nato della Svezia alla Grande Assemblea Nazionale turca, con l’impegno dell’uomo forte di Ankara di “lavorare a stretto contatto” per garantirne la ratifica. “Un passo storico a Vilnius, accolgo con favore l’importante passo che la Turchia ha promesso di compiere, ratificando l’adesione della Svezia alla Nato”, ha commentato su Twitter la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
    Il veto di Erdoğan alla Svezia nella Nato
    La Svezia – insieme alla Finlandia – ha presentato domanda di adesione alla Nato nel maggio dello scorso anno, dando seguito alla più grande svolta strategica storica nella propria politica di sicurezza nazionale in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A sbarrare la strada a un percorso che sembrava essere destinato a procedere in modo spedito è stato proprio Erdoğan, a causa dei rapporti tesi sulla repressione della minoranza curda in Turchia. Le tensioni con Stoccolma e Helsinki sembravano essere diminuite con la firma del memorandum d’intesa alla vigilia del vertice di Madrid del 29 giugno 2022, in cui sono state definite le condizioni per lo sblocco dell’allargamento della Nato ai due Paesi scandinavi: tra queste in particolare le richieste di estradare i membri del movimento politico-militare curdo del Pkk.
    Da sinistra: il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, e il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan (credits: Adem Altan / Afp)
    La posizione irremovibile del leader turco non ha però portato a sostanziali progressi nella seconda metà dell’anno, in particolare per quanto riguarda la Svezia. Il punto più basso dei rapporti con gli altri alleati è stato raggiunto in occasione del via libera alla richiesta della Finlandia, quando è stato ribadito lo stop a Stoccolma: in questo modo è sfumato l’ingresso congiunto dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica nello stesso giorno. Il leader turco – fresco vincitore delle elezioni presidenziali di maggio – ha continuato a sostenere che il governo svedese non stesse facendo abbastanza contro quelli che Ankara definisce terroristi. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan è considerato un’organizzazione terroristica anche dall’Unione Europea – di cui Finlandia e Svezia fanno parte – ma l’attribuzione è controversa proprio per le persecuzioni messe in atto dal regime turco. Le minacce di ieri di Erdoğan sembravano far presagire il peggio, fino all’incontro risolutorio in serata che ha definitivamente spalancato le porte a Stoccolma per l’ingresso nell’Alleanza.
    Come si entra nella Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    In un trilaterale con il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, e il premier svedese, Ulf Kristersson, il leader turco ha sbloccato lo stallo sull’adesione di Stoccolma, promettendo che trasmetterà il protocollo alla Grande Assemblea Nazionale per la ratifica

  • in

    Stoltenberg spera nell’ingresso Nato della Svezia al vertice di Vilnius. Ma Erdoğan lo lega all’adesione Ue della Turchia

    Bruxelles – Una mossa a sorpresa, che sa di ricatto a due organizzazioni, una a cui appartiene a l’altra a cui vorrebbe aderire. Alla vigilia del vertice Nato di Vilnius il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, ha aggiunto una mezza minaccia alla propria opposizione all’ingresso della Svezia nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord: “Prima si aprano le porte alla Turchia verso l’Ue, poi apriremo la strada alla Svezia nella Nato come abbiamo fatto con la Finlandia”. Due processi che non hanno nulla a che fare uno con l’altro, ma che il leader turco sta cercando di collegare per aumentare il proprio potere negoziale con Bruxelles, sfruttando l’arma del veto che gli permette di continuare a tenere in ostaggio la richiesta di adesione svedese all’Alleanza Atlantica.
    Sbloccare il processo di adesione Ue per la Turchia nella speranza che la Nato possa portare a termine l’allargamento iniziato un anno fa al vertice di Madrid. Finora il veto di Erdoğan – che ha di fatto impedito al Parlamento turco di ratificare la richiesta di Stoccolma, come previsto dalla procedura per l’ingresso di un nuovo membro nell’Alleanza – è sempre stato legato alla questione curda. È per questo motivo che la nuova rivendicazione dell’autocrate turco ha spiazzato entrambe le organizzazioni, sia la Nato sia l’Unione Europea: “Sostengo le ambizioni della Turchia di diventare membro dell’Unione Europea, ma allo stesso tempo dobbiamo ricordare che la Svezia ha rispettato le condizioni concordate a Madrid“, ha voluto sottolineare alla stampa nel pre-vertice di Vilnius il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a proposito della lista di richieste fatte a Stoccolma nella riunione dei leader della Nato del 2022: “Si trattava di rimuovere le restrizioni sull’export di armi, rafforzare la cooperazione con la Turchia per combattere il terrorismo, cambiare la Costituzione e rafforzare le leggi anti-terrorismo, e tutto questo la Svezia l’ha fatto”. Ecco perché – nonostante il nuovo ricatto di Erdoğan – il segretario generale Stoltenberg si mostra ancora positivo sull’ingresso della Svezia alla Nato: “È ancora possibile avere una decisione positiva, sfrutteremo lo slancio del vertice per garantire quanti più progressi possibili”.
    Non poteva essere più netta la risposta da Bruxelles. “I due processi che avvengono in parallelo – l’adesione di nuovi membri alla Nato e il processo di allargamento dell’Unione Europea – sono separati“, ha messo in chiaro la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant, nel corso del punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. L’Unione ha un processo di allargamento “molto strutturato” e misure “molto chiare”, che sono richieste a “tutti i Paesi candidati e anche quelli che desiderano diventarlo”, ha aggiunto la portavoce dell’esecutivo comunitario, ribadendo con fermezza che “non si possono collegare i due processi“. Anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha voluto ricordare nella sua conferenza pre-vertice di Vilnius che non esistono legami tra i due allargamenti: “Non va considerato come un argomento correlato” e – fatta eccezione per le resistenze di Erdoğan – “nulla ostacola l’adesione della Svezia alla Nato”.
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati avviati nel 2005 durante il primo mandato di Erdoğan come primo ministro, ma ormai da anni sono “a un punto morto” a causa dei “continui gravi passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura”, ripete dal 2020 il commissario responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Nonostante il quadro di rapporti tesi tra Bruxelles e Ankara, nel marzo 2016 il leader turco è riuscito a far pesare il proprio potere negoziale nell’accordo stretto tra l’Ue e la Turchia per bloccare e accogliere sul suo territorio i rifugiati siriani in fuga dalla guerra in cambio di finanziamenti comunitari.
    Il veto di Erdoğan alla Svezia nella Nato
    La Svezia – insieme alla Finlandia – ha presentato domanda di adesione alla Nato nel maggio dello scorso anno, dando seguito alla più grande svolta strategica storica nella propria politica di sicurezza nazionale in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A sbarrare la strada a un percorso che sembrava essere destinato a procedere in modo spedito è stato proprio Erdoğan, a causa dei rapporti tesi sulla repressione della minoranza curda in Turchia. Le tensioni con Stoccolma e Helsinki sembravano essere diminuite con la firma del memorandum d’intesa alla vigilia del vertice di Madrid del 29 giugno 2022, in cui sono state definite le condizioni per lo sblocco dell’allargamento della Nato ai due Paesi scandinavi: tra queste in particolare le richieste di estradare i membri del movimento politico-militare curdo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan).
    Da sinistra: il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, e il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan (credits: Adem Altan / Afp)
    La posizione irremovibile del leader turco non ha però portato a sostanziali progressi nella seconda metà dell’anno, in particolare per quanto riguarda la Svezia. Il punto più basso dei rapporti con gli altri leader Nato e Ue è stato raggiunto in occasione del via libera alla richiesta della Finlandia, quando è stato ribadito lo stop a Stoccolma: in questo modo è sfumato l’ingresso congiunto dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica nello stesso giorno (il 4 aprile 2023). Il leader turco – fresco vincitore delle elezioni presidenziali di maggio – continua a sostenere che la Svezia non stia facendo abbastanza contro quelli che Ankara definisce terroristi. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan è considerato un’organizzazione terroristica anche dall’Unione Europea – di cui Finlandia e Svezia fanno parte – ma l’attribuzione è controversa proprio per le persecuzioni messe in atto dal regime turco. Nel pomeriggio di oggi si svolgerà un vertice trilaterale tra Erdoğan, Stoltenberg e il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, per cercare un punto d’intesa prima del vertice di Vilnius. Che è sempre più distante dopo l’ultimo ricatto dell’uomo forte di Ankara.

    Alla vigilia della riunione dei 31 leader dell’Alleanza Atlantica in Lituania, il segretario generale ricorda che Stoccolma “ha rispettato le condizioni concordate a Madrid”. Da Bruxelles i portavoce della Commissione respingono il ricatto inaspettato del presidente turco: “Sono processi separati”

  • in

    Al Summit di Vilnius potrebbe nascere il Consiglio Nato-Ucraina. Stoltenberg: “Vicini ad accordo per tavolo da pari”

    Bruxelles – Una nuova prima volta storica, quasi come un anno fa. Manca meno di un mese al Summit di Vilnius dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (in programma l’11-12 luglio), ma è lo stesso segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ad annunciare che l’appuntamento in Lituania potrebbe portare con sé un evento che segnerà una svolta decisiva nei rapporti tra l’Alleanza e Kiev: “Stiamo lavorando per stabilire un nuovo Consiglio Nato-Ucraina, la nostra ambizione è quella di tenere il primo incontro a Vilnius con il presidente Volodymyr Zelensky“.
    Da sinistra: il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky
    A un anno dalla più grande svolta strategica della Nato dalla fine della Guerra Fredda, i 31 Paesi membri della Nato sono pronti a fare un passo in avanti per far avvicinare l’alleato ucraino quantomeno a livello politico, prima di iniziare le vere e proprie discussioni sull’adesione all’Alleanza. È quanto si è discusso oggi (16 giugno) nel corso della riunione ministeriale a Bruxelles e, nello specifico, nella commissione Nato-Ucraina. Perché un organismo di collegamento tra l’Alleanza Atlantica e Kiev già esiste, ma non è più considerato sufficiente per gli obiettivi comuni: “Siamo vicini a finalizzare l’accordo per stabilire il Consiglio, sarà qualcosa di diverso dalla commissione, perché permetterà ai 31 alleati e all’Ucraina di sedersi al tavolo da pari, con gli stessi diritti e le stesse possibilità di consultazione e decisione sulle questioni di sicurezza di interesse comune”, ha precisato Stoltenberg.
    Le riunioni tra i rappresentanti dell’Alleanza e di Kiev al momento si tengono nella commissione Nato-Ucraina, istituita il 9 luglio 1997 e il cui compito è quello di “assicurare la corretta attuazione delle disposizioni della Carta sul Partenariato Distintivo, valutare in generale lo sviluppo delle relazioni reciproche ed esaminare la pianificazione delle attività future”, si legge nel pagina web dedicata. In altre parole, si tratta di “un forum di consultazione” su questioni di interesse comune, “tra cui la guerra della Russia contro l’Ucraina”. Quello che ora i 31 alleati – “a cui spero presto si aggiungerà anche la Svezia”, ha tenuto a precisare Stoltenberg sul continuo stallo con la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan – è “portare l’Ucraina più vicina alla Nato in termini politici”, perché “negli ultimi decenni si è già avvicinata molto, tutti i membri hanno concordato che la nostra porta è aperta“.
    Non si parla ancora esplicitamente del processo di adesione – che il presidente ucraino Zelensky vorrebbe “accelerato” – ma non c’è dubbio sul fatto che Kiev “può diventare membro dell’Alleanza, è una decisione degli alleati e dell’Ucraina, la Russia non ha nessun potere di veto“, ha ribadito con forza il segretario generale della Nato. Su questo “sono d’accordo tutti i 31 membri, per ora non discuteremo sull’invito ad aderire, ma su come possiamo portarla più vicina” e l’appuntamento anche in questo caso è per l’11-12 luglio in Lituania: “Sono fiducioso che troveremo un consenso a Vilnius su come farlo”. All’orizzonte c’è il futuro comune sul lungo termine: “Non sappiamo quando la guerra finirà, ma non appena accadrà dobbiamo essere sicuri di poter mettere in campo un quadro di sicurezza tale per cui la storia non si ripeta”.

    Il processo di adesione Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese (come l’Ucraina) deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella Nato di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione alla Nato inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “”e parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri Nato, che attualmente sono 30. A questo punto si aprono nel quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale della Nato.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato dalla Nato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    Al termine della riunione ministeriale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, il segretario generale ha annunciato il lavoro per stabilire un nuovo format con Kiev in vista del vertice dell’11-12 luglio: “L’ambizione è tenere il primo incontro con il presidente Zelensky”