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L’inconsistenza dell’Unione europea in Medio Oriente e quella difficoltà a condannare l’assedio di Gaza

Bruxelles – Sono passati ormai sei giorni dall’attacco terroristico senza precedenti sferrato da Hamas a Israele la mattina di sabato 7 ottobre e le ostilità continuano a crescere. Sarebbero già 1.200 le vittime israeliane, oltre 1.400 i morti a Gaza, in cui secondo le stime delle Nazioni Unite i raid di ritorsione di Tel Aviv avrebbero già causato 339 mila sfollati. Da entrambe le parti, chi sta pagando il prezzo più alto è la popolazione civile. L’Unione europea si è immediatamente schierata a fianco dell’amico e partner israeliano, “l’unica democrazia del Medio oriente”, e contro la barbarie del gruppo terrorista islamico. Ma è difficile non rilevare diverse criticità nell’atteggiamento che Bruxelles ha assunto di fronte al riaccendersi del conflitto israelo-palestinese.

Prima di tutto, come ha sottolineato il diplomatico francese ed ex segretario generale del Servizio europeo d’azione esterna (Eeas), Pierre Vimont, la diplomazia europea “negli ultimi anni sta progressivamente scomparendo dalla geopolitica della regione”. Il lungo elenco di richiami ad Israele a porre fine alla politica degli insediamenti illegali e di appelli alla de-escalation a entrambe le parti è rimasto inascoltato. “Oggi, l’Europa è troppo emarginata nella regione per sperare di far sentire la propria voce nel contesto dello scontro in corso”, prosegue Vimont nel suo editoriale per Carnegie Europe. E infatti per ora nessuna iniziativa è stata lanciata dai 27, la cui linea comune sul conflitto può essere riassunta con la frase “Israele ha il diritto di difendersi”.

Pierre Vimont (Photo by NICHOLAS KAMM / AFP)

Un principio sacrosanto, ma che d’altra parte palesa la mancanza di volontà e di autorità per mediare tra le parti. Se a questo si somma la confusione manifestatasi negli ultimi due giorni in seguito all’annuncio del commissario europeo, Olivér Várhelyi, di una sospensione totale di ogni assistenza Ue al popolo palestinese, senza distinzione tra Striscia di Gaza e Cisgiordania, seguita da una forte opposizione da parte di diversi Stati membri , “è una chiara indicazione delle profonde divisioni all’interno dell’Unione”, scrive ancora l’esperto diplomatico francese.

Se la polemica sui fondi europei per la popolazione palestinese sembra essere rientrata – con non poco imbarazzo -, con la Commissione europea che ha smentito Várhelyi e ha annunciato una revisione dell’assistenza a causa del rischio che le risorse Ue possano direttamente o indirettamente armare Hamas, a Bruxelles non sembrano aver ancora trovato una formula comune per condannare le atrocità sui civili palestinesi che sta compiendo Tel Aviv a Gaza. L’Ue ha denunciato con sdegno e determinazione il massacro di “neonati, bambini, donne e uomini innocenti” da parte dei terroristi di Hamas, ma pochissimo ha detto contro l’assedio totale all’enclave palestinese ordinato dal governo Netanyahu.

O meglio, la differenza sta nella coralità dell’appello: ci ha provato Borrell, che dopo la riunione d’urgenza con i 27 ministri degli Esteri a Muscat, in Oman, ha dichiarato che “Israele ha il diritto di difendersi, ma deve essere fatto in conformità con il diritto internazionale, il diritto umanitario e alcune decisioni sono contrarie al diritto internazionale”. Perché tagliare l’acqua, l’elettricità, il cibo, l’assistenza medica a una popolazione intera è una violazione del diritto internazionale. Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha rilanciato su X (ex Twitter) un messaggio del Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, secondo cui “i beni di prima necessità devono raggiungere Gaza”.

Charles Michel, Roberta Metsola, Ursula von der Leyen e l’ambasciatore israeliano a Bruxelles, Haim Regev, commemorano le vittime di Hamas (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)

Ma la posizione presa dalle Nazioni Unite non sembra essere condivisa – quanto meno nei discorsi ufficiali – dalla presidente della Commissione europea. La stessa von der Leyen che un anno fa, davanti all’Eurocamera, dichiarava che “gli attacchi della Russia contro le infrastrutture civili sono crimini di guerra” e che “tagliare l’acqua, l’elettricità e il riscaldamento a uomini, donne e bambini sono atti di puro terrore”. A riascoltare queste parole, il silenzio di von der Leyen sull’assedio di Gaza è ancora più assordante. Lo stesso che ha portato Roberta Metsola, leader del Parlamento europeo, a indire un sacrosanto momento di raccoglimento per le vittime israeliane del terrorismo di Hamas, ma senza concedere alcun cenno alle vittime civili palestinesi.

Legittimare la risposta massiva dell’esercito israeliano su una popolazione di 2 milioni e mezzo di persone, che dal 2007 vivono in una prigione a cielo aperto in una condizione di dipendenza pressoché totale dagli aiuti internazionali, potrà solamente alimentare un inasprimento delle tensioni in Medio Oriente. “Per il momento, qualsiasi mediazione – se ce n’è la possibilità – tra le parti in conflitto nella Striscia di Gaza proverrà dai Paesi della regione”, sostiene Pierre Vimont. Non da Bruxelles.

Secondo l’ex segretario generale del Seae, Pierre Vimont, la diplomazia Ue è “progressivamente scomparsa dalla geopolitica della regione”. I 27 hanno condannato duramente il terrorismo di Hamas e difeso il diritto di Israele a difendersi, ma per ora non hanno profuso nessuno sforzo di mediazione. E non richiamare Tel Aviv sull’assedio a Gaza è un errore


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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