Bruxelles – Si è conclusa con un buco nell’acqua la missione europea congiunta sull’altra sponda del Mediterraneo: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e i primi ministri di Italia e Olanda, Giorgia Meloni e Mark Rutte, rientrano dalla Tunisia senza risultati concreti, e anzi con la sensazione di essere ostaggio delle imprevedibili decisioni del presidente Kais Saied.
Lo sforzo di volontà dell’Unione c’è stato: in attesa dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che sbloccherebbe 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria da Bruxelles, von der Leyen ha promesso di mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. Ma l’accordo di salvataggio con l’Fmi, congelato da mesi, è ormai una chimera. Saied, che non sembra intenzionato a cedere di un passo alle richieste di riforme politiche e economiche, ha ribadito dopo l’incontro con i leader europei che il suo governo “non accetterà condizioni o diktat, l’Fmi deve rivedere le sue ricette dopodiché si potrà arrivare a una soluzione”.
Il presidente tunisino, sempre più intollerante a qualsiasi ingerenza estera negli affari del Paese, non cederà facilmente neanche sui migranti: già alla vigilia del vertice con von der Leyen, Meloni e Rutte Saied, Saied si era recato a Sfax, città portuale da cui partono la maggior parte dei migranti subsahariani, per mettere in chiaro che la soluzione europea per diminuire gli sbarchi in Italia “non sarà a spese della Tunisia”. Linea confermata durante i dialoghi istituzionali, in cui il leader tunisino avrebbe infatti sottolineato che “la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile“.
Sotto il pressing di Roma, terrorizzata da un’eventuale impennata di sbarchi qualora dovesse realizzarsi il drammatico scenario di un default economico del vicino nordafricano, von der Leyen ha preferito tacere sull’autoritarismo e le violazioni dei diritti umani perpetrate da Saied sull’altare dell’esternalizzazione dei confini europei. “Dal 2011 l’Ue supporta il percorso della Tunisia verso la democrazia: un percorso lungo e talvolta difficile, ma queste difficoltà possono essere risolte”, ha dichiarato la presidente dell’esecutivo comunitario nell’unico accenno alla disastrosa deriva autoritaria intrapresa da Saied dal 2019. Sembra esaurita la determinazione con cui, appena due mesi fa, i 27 ministri degli Esteri Ue avevano espresso la propria preoccupazione per i processi giudiziari contro membri dell’opposizione e l’arresto del leader politico Rached Gannouchi.
L’imperativo è rafforzare le relazioni, con tanti saluti al rispetto dello stato di diritto, come affermato dalla dichiarazione congiunta resa nota dopo i colloqui. Bruxelles e Tunisi si impegnano a dare vigore alla loro partnership attraverso un pacchetto basato su 5 pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. Nel documento si legge che “il rafforzamento del dialogo politico e strategico in seno al Consiglio di associazione Ue-Tunisia entro la fine dell’anno offrirà un’importante opportunità per rinvigorire i legami politici e istituzionali, con l’obiettivo di affrontare insieme le sfide internazionali comuni e preservare l’ordine basato sulle regole”.
L’avvicinamento sfocerà nella firma di un memorandum d’intesa tra Bruxelles e Tunisi, che Giorgia Meloni vorrebbe vedere realizzato entro il Consiglio europeo del 29-30 giugno. La premier mediatrice mette fretta, in un gioco di forze che sembra essersi ribaltato: è Saied che percepisce la possibilità di usare l’Italia e lo spauracchio degli sbarchi per veicolare tramite Roma richieste sempre maggiori all’Unione europea, aprendo e richiudendo “i rubinetti” a piacimento. Dopo la mediazione italiana infatti, gli arrivi dalle coste tunisine, che nei primi quattro mesi dell’anno erano quadruplicati rispetto al 2022, nell’ultimo mese sono diminuiti. Meloni, al secondo viaggio in Tunisia in appena 5 giorni, si è detta “molto contenta della Dichiarazione congiunta, un primo passo importante verso la creazione di un vero e proprio partenariato con l’Unione europea che possa affrontare in maniera integrata tanto la crisi migratoria quanto il tema dello sviluppo per entrambe le sponde del Mediterraneo”.