Bruxelles – La Russia va alle urne, ma l’atmosfera che si respira è da guerra fredda. Mentre in Kamčatka, nell’estremità orientale del Paese, sono già iniziate le operazioni di voto che dureranno fino a domenica (19 settembre), Mosca e Bruxelles hanno ingaggiato una battaglia diplomatica sulla trasparenza e la democraticità delle elezioni per il rinnovo della Duma di Stato, la Camera bassa dell’Assemblea Federale.
È stato il ministero degli Esteri russo ad attaccare direttamente l’Unione Europea, dopo l’approvazione della relazione del Parlamento UE che ha chiesto alle istituzioni comunitarie di tenersi pronte a non riconoscere l’esito delle elezioni parlamentari, se saranno riscontrate violazioni dei principi democratici e del diritto internazionale. “Condanniamo fermamente i tentativi di manipolare l’opinione pubblica e siamo convinti che questa azione porti al discredito definitivo del Parlamento Europeo”, ha affondato la portavoce Maria Zakharova. “Come in passato, ci difenderemo da interferenze inaccettabili nel processo democratico nazionale”, ha aggiunto.
La relazione presentata martedì (14 settembre) dall’eurodeputato lituano Andrius Kubilius (PPE) è passata con 494 voti a favore, 103 contrari e 72 astenuti. Valutando lo stato delle relazioni tra UE e Russia, gli eurodeoputati hanno definito il regime di Vladimir Putin una “cleptocrazia [modalità di governo deviata che rappresenta il culmine della corruzione politica, ndr] autoritaria stagnante guidata da un presidente a vita circondato da una cerchia di oligarchi”. Non esattamente parole al miele, ma con la precisazione che “bisogna distinguere questo regime dal popolo russo: un futuro democratico per il Paese è possibile“. Ecco perché vanno sì respinte le “politiche aggressive” dell’attuale governo (il cui destino dipenderà proprio dalle elezioni di questi giorni), ma allo stesso tempo è necessario “porre le basi per la cooperazione con una futura Russia democratica“. In questo senso deve essere contestualizzata la richiesta a Consiglio e Commissione UE di non riconoscere elezioni falsate da metodi non democratici.
Repressioni e significato del voto
La posizione dell’Eurocamera è giustificata dal contesto elettorale che ha vissuto negli ultimi mesi il regno dello zar Putin. Nonostante siano 14 i partiti che si affrontano alle urne per conquistare i 450 seggi della Duma, non si può davvero parlare di competizione elettorale: la formazione di una qualsiasi forza di opposizione significativa è stata negata o piegata con la forza, con arresti e manganellate. Basta solo citare il caso dell’oppositore Alexei Navalny – avvelenato prima e incarcerato poi – e della violenta repressione delle manifestazioni in suo sostegno a inizio dell’anno.
Non solo. A giugno la Fondazione per la lotta alla corruzione è stata dichiarata un’organizzazione estremista dalle autorità giudiziarie russe e diversi candidati sono stati esclusi dalla corsa elettorale a causa di legami presunti o reali con Navalny. Il giro di vite si è esteso anche ai media indipendenti – come il sito Meduza – che da mesi sono stati inseriti in massa nel registro degli “agenti stranieri”, etichetta che è stata applicata a tutti quei giornalisti e aziende editoriali che ricevono sostegni o finanziamenti dall’estero.
L’obiettivo principale di questa ondata di repressione sulla società civile sarebbe dimostrare che non ci sono alternative reali alla leadership di Putin. Il suo mandato presidenziale scadrà nel 2024, ma potenzialmente potrebbe durare fino al 2036, dopo l’approvazione di un apposito emendamento costituzionale nell’aprile di quest’anno. Negli ultimi giorni di campagna elettorale lo zar non è sceso direttamente nell’arena politica, dal momento in cui da martedì si è dovuto mettere in isolamento fiduciario per alcuni contatti con membri del suo entourage positivi al COVID-19. E anche se queste elezioni riguardano la formazione della Camera bassa dell’Assemblea Federale, c’è anche anche un pezzo del suo destino in ballo.
Il partito Russia Unita – che appoggia e che viene appoggiato dal Cremlino – non dovrebbe avere problemi a mantenere la maggioranza, contando anche su “partiti cuscinetto” come il Partito Liberal-Democratico e Russia Giusta. Tuttavia, la recente impennata dei prezzi dei generi alimentari e il calo dei redditi reali hanno fatto sprofondare gli indici di gradimento del partito di governo ai minimi storici. In altre parole, questa elezione rappresenta un test-chiave per l’intero sistema di potere del Paese, a tre anni dalla scadenza del mandato presidenziale.
L’incognita del “voto intelligente”
È stato lo stesso inquilino del Cremlino a definire questa tornata elettorale “l’evento più importante nella vita della nostra società e del Paese intero”, scagliando ulteriori attacchi all’Occidente per “tentare di interferire nel voto nazionale”. Dopo aver messo in ginocchio l’opposizione interna, Putin ha cercato di sbarazzarsi anche dell’ultimo strumento che potrebbe veicolare il dissenso organizzato: Smart Voting, l’applicazione online per il “voto intelligente” sviluppata dai sostenitori di Navalny. Si tratta di un sito e un’app per smartphone (qui il link) che indirizza gli elettori, collegio per collegio, nella scelta del candidato da votare, tra coloro che hanno maggiori possibilità di sconfiggere i rivali di Russia Unita.
Lo scopo di questa nuova modalità di voto tattico è soprattutto quella di spingere l’affluenza alle urne, tamponando l’evidente scoraggiamento della società civile e l’assenza di veri candidati di opposizione. È molto probabile che a incanalare il malcontento e a beneficiare dello strumento digitale sarà il Partito Comunista della Federazione Russa: delle 225 indicazioni di “voto intelligente”, più della metà sono esponenti comunisti, compresi 11 su 15 individuati nel collegio della capitale, dove il sentimento anti-Putin è più forte. Il Partito Comunista è attualmente il secondo partito per numero di membri nella Duma di Stato (43, contro i 338 di Russia Unita), anche se nella legislatura che è appena terminata non si è distinto per un’opposizione particolarmente dura.
Se è vero che all’inizio della scorsa settimana le autorità russe hanno bloccato l’accesso al sito sul territorio nazionale, Smart Voting è ancora accessibile fuori dai confini russi, anche se Facebook e Google hanno ceduto alle pressioni del ministero degli Esteri russo di cancellarlo dai loro app store. È evidente che Russia Unita e il Cremlino vedono nelle Big Tech occidentali una minaccia alla sopravvivenza dello status quo, altrimenti non si spiegherebbe l’attacco frontale di questa ultima settimana ai “giganti digitali”, accusati di “interferire negli affari interni del nostro Paese con l’aiuto del Pentagono”. Entrati nei giorni decisivi del voto, è difficile aspettarsi da queste elezioni un ribaltone politico. Ma, come hanno sottolineato gli eurodeputati, in un’atmosfera di scoraggiamento e repressione il destino della “futura Russia democratica” passa da qui.