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    La presidente della Moldova conferma l’allarme di Kiev per un possibile colpo di Stato nel Paese, sobillato da Mosca

    Bruxelles – Arrivano le conferme anche da parte della numero uno della Repubblica di Moldova, Maia Sandu, alle rivelazioni del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sul piano del Cremlino per “rompere l’ordine democratico e stabilire il controllo” russo sul Paese candidato all’adesione Ue. Nel corso di una conferenza stampa in cui non è stato lasciato quasi nulla all’immaginazione, la presidente moldava ha attaccato il Cremlino per i tentativi di “destabilizzare la Repubblica di Moldova”, così come “confermato dalle nostre istituzioni” dopo che la questione della “sicurezza nel nostro Paese è apparsa nello spazio pubblico”.
    La presidente della Repubblica di Moldova, Maia Sandu, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (18 maggio 2022)
    Dopo diversi tentativi russi di destabilizzare il Paese nel corso dell’ultimo anno – tra cui “anche lo scorso autunno” – il nuovo piano del Cremlino “per il prossimo periodo prevede azioni che coinvolgono diversivi con addestramento militare, camuffati in abiti civili, che avrebbero intrapreso azioni violente, effettuato attacchi a edifici di istituzioni statali o addirittura preso ostaggi”, è l’accusa della presidente Sandu. L’obiettivo sarebbe “un cambio di potere a Chișinău”, attraverso “azioni violente, mascherate da proteste della cosiddetta opposizione”, con il coinvolgimento anche di “cittadini stranieri”. Questo sarebbe dimostrato dalle indicazioni sui materiali intercettati, con le regole d’ingresso in Moldova per “cittadini della Federazione Russa, della Bielorussia, della Serbia e del Montenegro”.
    La richiesta della presidente moldava a “tutte le istituzioni statali, e in particolare a quelle preposte alla sicurezza e all’ordine pubblico” è quello di “mostrare la massima vigilanza”. Questo perché “gli autori si affidano a forze interne per la realizzazione del piano” che punta a “rovesciare l’ordine costituzionale e cambiare il potere legittimo con uno illegittimo, che metterebbe il nostro Paese a disposizione della Russia e fermerebbe il processo di integrazione europea“, è l’avvertimento della leader moldava. Per Mosca, Chișinău diventerebbe così uno strumento “nella guerra contro l’Ucraina”.

    ‼️The President of #Moldova said that a pro-#Russian coup is being prepared in the country
    At a briefing, Maia #Sandu spoke about the threat of destabilization of the situation in the country by the Russian special services and forces under their control. pic.twitter.com/nBrzDP9vMF
    — NEXTA (@nexta_tv) February 13, 2023

    Le dichiarazioni di Sandu arrivano a pochi giorni dall’avvertimento del leader ucraino Zelensky al Consiglio Europeo straordinario a Bruxelles, ma soprattutto dalle dimissioni a sorpresa della prima ministra europeista, Natalia Gavrilița, che ha accusato l’opinione pubblica nel Paese di non sostenere il processo verso l’adesione Ue “come i partner internazionali”. In ogni caso il nuovo premier nominato, Dorin Recean (ex-segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza ed ex-ministro degli Affari Interni), ha assicurato che sicurezza, economia e integrazione Ue saranno le priorità del suo governo, se confermato dal Parlamento nazionale. “A partire dalla Seconda Guerra Mondiale non abbiamo mai corso rischi come quelli attuali”, sono state le prime parole del premier incaricato: “Dobbiamo consolidare il sistema di sicurezza in modo tale che tutti i cittadini si sentano protetti” e puntare sulla “armonizzazione della legislazione nazionale e la realizzazione di tutte le condizioni” per l’adesione alla Ue
    A meno di quattro mesi dalla seconda riunione della Comunità Politica Europea, che il primo giugno porterà i capi di Stato e di governo di tutti i Paesi del continente proprio nella capitale moldava, si registrano sempre più tensioni nel Paese che ha ottenuto lo status di candidato dal 23 giugno dello scorso anno. Alle esplosioni della scorsa primavera nell’autoproclamata Repubblica separatista della Transnistria, lungo il confine con l’Ucraina, si sono sommate le recenti azioni di provocazione di Mosca, con il missile che la scorsa settimana ha attraversato lo spazio aereo della Moldova per colpire il territorio dell’Ucraina.
    La solidarietà degli eurodeputati alla Moldova
    “Putin vuole cambiare il potere legittimo di Chișinău in uno illegittimo, distruggendo le aspirazioni europee della Moldova”, ha attaccato dall’emiciclo del Parlamento Europeo di Strasburgo l’eurodeputata ceca del Partito Pirata Europeo (Verdi/Ale) Markéta Gregorová. Intervenendo in apertura della sessione plenaria dell’Eurocamera, Gregorová ha chiesto una “dichiarazione di sostegno alla Moldova nel suo percorso di adesione all’Ue“, dal momento in cui “tre giorni fa la premier [Gavrilița, ndr] si è dimessa e questo ha creato una situazione che rischia di portare a squilibri in un Paese che ha da alcuni mesi lo status di candidato”. Ringraziando la collega per la richiesta, anche la numero uno del Parlamento Ue, Roberta Metsola, si è detta “d’accordo” con una nuova espressione di sostegno al Paese partner.
    Anche il capo-delegazione del terzo polo al Parlamento Ue, Nicola Danti (Italia Viva), sottolineando su Twitter che “c’è un rapporto forte che lega il nostro Paese alla Moldova”, ha chiesto a Italia e Unione Europea di “garantire il massimo sostegno” a Chișinău di fronte ai “tentativi di infiltrazione russa e di golpe denunciati dalla presidente Sandu, inquietanti e da non sottovalutare“.

    C’è un rapporto forte che lega il nostro Paese 🇮🇹 alla #Moldova 🇲🇩. I tentativi di infiltrazione russa e di golpe denunciati dalla Presidente @sandumaiamd sono inquietanti e da non sottovalutare. Siamo con lei e con il Governo. Italia e Ue garantiscano il massimo sostegno.
    — Nicola Danti 🇪🇺🇮🇹 (@DantiNicola) February 13, 2023

    In conferenza stampa Maia Sandu ha denunciato il tentativo del Cremlino di “rovesciare l’ordine costituzionale e cambiare il potere legittimo a Chișinău, per fermare il processo di integrazione europea”. Il nuovo primo ministro moldavo, Dorin Recean, ribadisce l’indirizzo filo-Ue del governo

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    Lukashenko schiera l’esercito al confine con l’Ucraina. L’Ue: “La Bielorussia si astenga da escalation del conflitto”

    Bruxelles – L’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina sfonda il fronte settentrionale e rischia di coinvolgere direttamente un nuovo attore: la Bielorussia dell’autoproclamato presidente Alexander Lukashenko. Dopo i sette mesi e mezzo di supporto indiretto e logistico all’esercito russo nell’aggressione armata dell’Ucraina, Minsk è a un passo dall’entrare nella guerra anche sul piano militare, dopo l’annuncio dello stesso Lukashenko della volontà di schierare l’esercito lungo il confine con il Paese invaso dalle forze del Cremlino.
    Da sinistra: gli autocrati bielorusso, Alexander Lukashenko, e russo, Vladimir Putin
    Le giustificazioni per un possibile cambio di rotta sono del tutto pretestuose, con accuse infondate a Kiev e alla Nato di essere pronti a preparare un attacco su larga scala al territorio bielorusso: “Gli attacchi sono già pianificati dall’Ucraina”, riporta l’agenzia di stampa russa Tass, citando le parole dell’autocrate bielorusso, che addirittura ventila l’uso di “armi nucleari” da parte dell’Alleanza Atlantica. “Ci stiamo preparando da decenni, se necessario risponderemo”, ha minacciato Lukashenko, specificando di averne discusso con Putin a San Pietroburgo e di aver accordato il dispiegamento congiunto delle truppe “nella regione”.
    L’esercito della Bielorussia conta approssimativamente 60 mila soldati (oltre a 300 mila riservisti), di cui circa 4.500 sono schierati da fine febbraio in battaglioni-tattici nelle zone di confine, soprattutto con l’Ucraina. Dall’inizio dell’invasione russa, Minsk ha fornito punti di appoggio all’esercito del Cremlino sul fronte ucraino nord-orientale e ha concesso il dispiegamento di armamenti russi sul territorio nazionale. Dopo l’abbattimento parziale del ponte tra Russia e Crimea nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 ottobre, il teatro di guerra in Ucraina si è infiammato, con un nuovo coinvolgimento della Bielorussia di Lukashenko. Secondo le accuse dell’esercito ucraino e del presidente Volodymyr Zelensky, la Russia avrebbe lanciato l’attacco di ieri mattina (lunedì 10 ottobre) su Kiev e altri grandi centri urbani utilizzando non solo missili dalla Crimea ma anche droni iraniani dal territorio bielorusso. Una dimostrazione che Lukashenko, con le sue dichiarazioni contro Kiev e la Nato, sta cercando di ribaltare di 360 gradi causa ed effetto dell’aggressione.
    “Abbiamo preso nota delle false accuse del regime di Lukashenko, sono accuse infondate, ridicole, inaccettabili”, ha messo in chiaro il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano: “L’Ucraina è la vittima, il regime bielorusso deve astenersi da qualsiasi coinvolgimento dall’escalation” nel conflitto tra Mosca e Kiev. Anche la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha denunciato che “l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la Bielorussia, è una bugia di Lukashenko per giustificare la sua complicità nel terrore” contro Kiev. In un appello sui canali social Tsikhanouskaya ha invitato i militari bielorussi a “non eseguiee gli ordini criminali, rifiutatevi di partecipare alla guerra di Putin contro i nostri vicini”, perché Lukashenko sta anche violando “la nostra sicurezza nazionale”.

    Lukashenka & Putin are dragging Belarus into a full-scale war against Ukraine. Let Lukashenka know that he will face the strongest sanctions & complete political isolation. Both dictators are war criminals & must appear before the tribunal. pic.twitter.com/7xrcxTWh0P
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) October 10, 2022

    È di oggi la notizia che Tsikhanouskaya avrà a sua disposizione un ufficio offertole dal governo fiammingo (la Regione federale del Nord del Belgio), vicino alle istituzioni europee e al quartier generale della Nato, come annunciato dal ministro-presidente delle Fiandre, Jan Jambon. La presidente ad interim della Bielorussia e il suo team si trasferiranno nell’ufficio domani (mercoledì 12 ottobre), quando Jambon (esponente di N-VA, partito autonomista delle Fiandre) le consegnerà ufficialmente la chiave. In questo modo, il governo locale vuole dimostrare che “le Fiandre sostengono il movimento di opposizione pacifica contro il regime dittatoriale in Bielorussia“.

    L’autoproclamato presidente bielorusso ha annunciato di aver ordinato a parte delle forze armate di schierarsi lungo la frontiera meridionale con le forze russe, in riposta alla “minaccia nucleare della Nato”. Il governo delle Fiandre offre un ufficio alla presidente riconosciuta dall’Ue Sviatlana Tsikhanouskaya

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    Ue contro Lukashenko sulla visita ai separatisti dell’Abhkazia: “Viola sovranità della Georgia e diritto internazionale”

    Bruxelles – Il silenzio dell’autoproclamato presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, sulla scena internazionale è tornato a rompersi e le provocazioni fanno un rumore assordante. “L’Unione Europea condanna duramente la visita di Lukashenko in Abhkazia, viola la sovranità della Georgia e il diritto internazionale”, ha attaccato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, parlando oggi (giovedì 29 settembre) con la stampa europea e ribadendo che “ha comunque perso da tempo qualsiasi legittimità anche in Bielorussia”.
    Le accuse da Bruxelles hanno rinforzato quelle di Tbilisi, dopo il volo dell’autocrate bielorusso nell’autoproclamata Repubblica Autonoma di Abkhazia per incontrare le autorità di Sokhumi. “Si tratta di una violazione inaccettabile della legge georgiana sui territori occupati, dei principi delle nostre relazioni bilaterali e del diritto internazionale”, ha denunciato su Twitter la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili. Il governo georgiano ha esortato Minsk a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale del Paese caucasico all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e di non intraprendere azioni che contraddicano i principi fondamentali del diritto internazionale.
    Nell’agosto del 1992 era scoppiato un conflitto tra l’esercito georgiano e i separatisti abkhazi (sostenuti dalla Russia), durato oltre un anno. Sedici anni dopo, sempre nel mese di agosto l’esercito di Vladimir Putin aveva invaso per cinque giorni il territorio della Georgia. Da allora Tbilisi ha di fatto perso il controllo non solo dell’Abkhazia, ma anche dell’Ossezia del Sud, che sono state riconosciute come Stati indipendenti dalla Russia, con il dispiegamento di migliaia di soldati nell’area per aumentare la propria influenza nella regione della Ciscaucasia (dove è stato represso nel sangue l’indipendentismo ceceno con due guerre tra il 1994 e il 2009). Nessuna delle due autoproclamate Repubbliche è riconosciuta come indipendente e sovrana dalla comunità internazionale.

    I strongly condemn Aleksandr Lukashenko’s visit to occupied Abkhazia. This is an unacceptable violation of Georgia’s Law on Occupied Territories and of the principles of our bilateral relations and international law.
    — Salome Zourabichvili (@Zourabichvili_S) September 28, 2022

    Ma non è solo la questione georgiana a sollevare preoccupazioni per l’atteggiamento di Lukashenko. Come riportano le fonti del Presidium del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa, Minsk sarebbe pronta a ospitare oltre 120 mila soldati russi nella campagna militare invernale in Ucraina tra novembre e febbraio, in particolare tra i 300 mila riservisti richiamati alle armi da Putin la settimana scorsa. In aggiunta, l’autoproclamato presidente bielorusso potrebbe anche impegnarsi a fornire 100 mila soldati per una nuova offensiva “su larga scala”, dopo sette mesi di invasione che non stanno dando i risultati sperati dal Cremlino. “Ogni soldato russo deve lasciare la Bielorussia, non possiamo permettere che la Russia continui a usare il nostro Paese come base per gli attacchi contro l’Ucraina“, ha denunciato la presidente ad interim della Bielorussia riconosciuta dall’Unione Europea, Sviatlana Tsikhanouskaya: “Se le forze armate russe invieranno truppe mobilitate e ulteriori attrezzature sul nostro territorio, i bielorussi faranno tutto il possibile per sabotare la loro macchina da guerra”.

    Every Russian soldier must leave Belarus. We can’t allow 🇷🇺 to continue using our country as a staging ground for attacks on 🇺🇦. If the 🇷🇺 armed forces send mobilized troops & more equipment to our territory, Belarusians will do everything possible to sabotage their war machine. pic.twitter.com/ZGo4j4On8C
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) September 29, 2022

    Il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano, ha attaccato l’autoproclamato presidente bielorusso, volato nel territorio separatista riconosciuto da Mosca e pronto a ospitare oltre 120 mila riservisti russi nella campagna militare invernale in Ucraina

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    I referendum farsa nelle regioni occupate dell’Ucraina sono state un plebiscito (forzato) per l’annessione alla Russia

    Bruxelles – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Si sono concluse ieri sera (martedì 27 settembre) le operazioni di voto nelle quattro province occupate dall’esercito russo in Ucraina e l’esito del referendum è stato un plebiscito: il 99 per cento dei votanti si è espressa a favore dell’annessione alla Russia. Questa è la versione di Mosca, ma il filtro è quello degli occupanti, in un Paese invaso da ormai più di cinque mesi. La realtà dei fatti è che quanto messo in piedi dal Cremlino nelle quattro regioni orientali e meridionali dell’Ucraina sono dei referendum farsa, organizzati in maniera illegale e a cui, dati alla mano, ha partecipato una quota quasi irrisoria di cittadini ucraini, senza contare le minacce armate dei soldati russi sulla popolazione al momento del voto.
    L’esito non era minimamente in discussione, ma ora si apre una fase nuova per la guerra in Ucraina. Perché l’autocrate russo, Vladimir Putin, utilizzerà il risultato di questi referendum illegali per dichiarare l’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina occupata alla Russia: in altre parole – nella visione propagandistica del Cremlino – il conflitto si trasformerà da una “operazione speciale” offensiva a una guerra di difesa dei nuovi territori inglobati e, allo stesso tempo, la controffensiva dell’esercito ucraino sarà considerata un attacco alla sovranità russa. Non è la prima volta che Mosca ribalta a 360 gradi causa ed effetto degli eventi (basti ricordare le motivazioni dell’attacco armato a un Paese sovrano, ‘giustificate’ dalla legittima richiesta dell’Ucraina di aderire all’Unione Europea e alla Nato), ma questo momento rappresenta senza dubbio un punto di svolta per lo scenario bellico sul continente europeo. Anche perché nel frattempo sono iniziate le operazioni di arruolamento dei 300 mila riservisti russi, nonostante l’ondata di proteste e la fuga di decine di migliaia di persone dal Paese.
    Per la conferma basterà aspettare venerdì (30 settembre) quando, secondo quanto riportano le fonti d’intelligence britanniche, Putin terrà un discorso in entrambe le Camere del Parlamento (l’Assemblea Federale e la Duma di Stato), con la “realistica possibilità” che annunci formalmente l’annessione delle regioni occupate come “rivendicazione” dei successi della “operazione militare speciale”. In questo scenario, l’annessione dovrebbe avvenire già il giorno seguente, consentendo a Mosca la coscrizione forzata di civili ucraini per combattere contro il loro stesso Paese. Putin si sente forte del plebiscito dei risultati del referendum-farsa nelle quattro regioni che rappresentano circa il 15 per cento del territorio dell’Ucraina, ma sono impietosi i dati sul numero di cittadini che – in modo forzato e pilotato – hanno partecipato al voto. Nella regione di Zaporizhzhia hanno votato in totale in 39.367 su una popolazione complessiva di 1.666.515 persone, ovvero il 2,3 per cento. Nell’Oblast di Donetsk – solo parzialmente controllato dall’esercito russo – avrebbe votato il 97 per cento degli aventi diritto al voto, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa statale Ria Novosti, ma non coincidono dati sulla popolazione: per il Cremlino sarebbero poco più di due milioni, ma al gennaio 2022 Kiev ne contava oltre quattro milioni. Tutto ciò accompagnato dai soldati russi che tra il 23 e il 27 settembre si recavano casa per casa per costringere i cittadini ucraini a votare e lo scrutinio effettuato con modalità del tutto illecite.
    Rimane alta l’attenzione anche a Bruxelles sulla situazione nell’est dell’Ucraina, con le condanne a pioggia per i “referendum illegali” di annessione alla Russia, sulla falsariga di quello in Crimea nel 2014. “L’Ue denuncia lo svolgimento di referendum illegali e il loro esito falsificato, si tratta di un’altra violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, in mezzo a sistematici abusi dei diritti umani”, è l’attacco dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica sicurezza, Josep Borrell: “Lodiamo il coraggio degli ucraini, che continuano a opporsi e a resistere all’invasione russa”. Senza troppi giri di parole la condanna del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Referendum fasulli, risultati fasulli. Non riconosciamo nessuno dei due”. Le istituzioni comunitarie si preparano a varare un nuovo pacchetto di misure restrittive contro i responsabili dei referendum farsa nelle regioni occupate dell’Ucraina e il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, avverte che la Commissione ritiene “certamente un’opzione” imporre sanzioni individuali anche ai cittadini europei che sostengono quest’azione illegale di Mosca: “Tutto dipenderà dal livello di partecipazione, la responsabilità di capire se vanno adottate misure caso per caso è degli Stati membri”.

    Sham referenda.
    Sham results.
    We recognize neither.
    — Charles Michel (@CharlesMichel) September 27, 2022

    Nelle operazioni di voto “illegali” e truccate dal Cremlino negli Oblast di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, il “sì” avrebbe vinto con il 99 per cento: Putin potrebbe dichiarare il 30 settembre l’ampliamento del territorio nazionale. Dura condanna Ue: “Altra violazione della sovranità di Kiev”

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    Le previsioni dell’Ue sull’impatto delle sanzioni sulla Russia: “Il Pil crollerà dell’11 per cento, peggio della caduta dell’Urss”

    Bruxelles – Peggio della caduta dell’Unione Sovietica. Le sanzioni internazionali stanno colpendo la Russia con una violenza mai vista prima nella storia, dopo anni in cui Mosca affronta una recessione economica. La conferma arriva dal vicedirettore generale per l’Europa orientale e l’Asia centrale del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Luc Pierre Devigne, nel corso di un’audizione alla sessione congiunta della commissione Affari esteri (Afet) e della sottocommissione per la Sicurezza e la difesa (Sede) del Parlamento Ue. “Le nostre sanzioni funzionano, la Russia affronta una recessione dagli anni Novanta e ora ci aspettiamo un crollo del Pil nazionale dell’11 per cento, ancora maggiore rispetto a quello della caduta dell’Urss“.
    Nel corso dell’audizione parlamentare Devigne si è soffermato sulle motivazioni per cui è necessario un nuovo round di misure restrittive internazionali contro il Cremlino, ormai in difficoltà evidente sia sul fronte economico, sia su quello militare: “La Russia è sempre più isolata, partner importanti come Cina e India hanno dichiarato che questi non possono essere tempi di guerra e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha annunciato che i territori strappati all’Ucraina non saranno riconosciuti”. Come già ha spiegato recentemente anche il premier italiano dimissionario, Mario Draghi, e ancor prima il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, “dobbiamo essere ancora più risoluti e continuare sulla strada delle sanzioni contro la Russia, che si stanno dimostrando efficaci”, ha ribadito con forza Devigne, precisando agli eurodeputati che “non posso rivelarne il contenuto per non mettere a repentaglio la loro efficacia e per non impattare sul costo di ciò che potrebbe essere sanzionato”.
    A determinare decisione di un nuovo round di misure restrittive (arrivate a sei pacchetti e un ultimo a luglio definito maintenance and alignement, aggiornamento e allineamento) è l’ulteriore escalation militare in Ucraina, con i referendum-farsa nelle autoproclamate Repubbliche filo-russe e la mobilitazione parziale dei riservisti dichiarata da Vladimir Putin, con annesse minacce nucleari all’Occidente. “Qualsiasi riferimento all’uso di armi nucleari o di azioni contro gli impianti nucleari in Ucraina pone la Russia ai margini della civiltà”, ha attaccato il vicedirettore generale del Seae. Minacce che in ogni caso “non indeboliranno la nostra decisione di continuare sulla strada delle sanzioni” e che, al contrario, stanno portando l’esecutivo comunitario a valutare la proposta di una nuova tranche di aiuti militari a Kiev attraverso lo strumento dell’European Peace Facility, rende noto Devigne.
    Il momento è cruciale per la guerra in Ucraina perché, “senza successi militari, Putin continua sulla strada dell’escalation, cercando di intimidire l’Ucraina e i Paesi che la supportano”. Le contraddizioni sono evidenti, considerato il fatto che si parla di circa 300 mila coscritti, “anche se il Cremlino riporta di aver perso solo seimila soldati e parte del decreto di mobilitazione è secretata”. La stessa mobilitazione “parziale” potrebbe essere un modo per “non far capire al popolo russo quanto la situazione sia grave”, ma nonostante questo è già iniziata l’ondata di proteste: “Più di duemila persone sono state arrestate, ma molte di più se ne vanno dal Paese”, ha ricordato Devigne, facendo riferimento alle “file chilometriche di auto ai confini e i voli aerei andati esauriti”. Mentre l’esercito ucraino continua nella propria avanzata nella controffensiva a est, “l’escalation di Putin dimostra che la Russia sta attraversando una crisi, o quantomeno un momento critico, visto che sono state anche rafforzate le sanzioni per chi si arrende o rifiuta di arruolarsi”, ha concluso il proprio intervento il vicepresidente del Seae.

    Il vicedirettore generale per l’Europa orientale e l’Asia centrale del Servizio europeo per l’azione esterna, Luc Pierre Devigne, ribadisce che “le misure restrittive funzionano”, perché colpiscono un Paese che “affronta una recessione dagli anni Novanta e ora viene abbandonato da Cina e India”

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    Il Partito Popolare Europeo sotto attacco a Bruxelles dopo le parole di Berlusconi su Putin e l’invasione dell’Ucraina

    Bruxelles – Dagli studi di Porta a Porta su Rai1 ai corridoi del Parlamento Europeo, le dichiarazioni del presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sulla guerra di Vladimir Putin in Ucraina stanno mettendo sotto scacco l’intera famiglia politica del Ppe (Partito Popolare Europeo). E dopo gli attacchi della scorsa settimana a Strasburgo sul rischio di favorire l’avanzata dell’estrema destra a livello nazionale e comunitario, il risveglio di questa mattina del presidente del Ppe, Manfred Weber, non è stato dei più tranquilli. “È scioccante sentire queste parole. Manfred Weber, niente da dire su questo?”, è l’attacco della presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento Ue, Iratxe García Pérez.
    Probabilmente il leader dei popolari europei avrebbe qualcosa da dire al presidente di Forza Italia – dopo essersi fatto scudo in plenaria dietro ad Adenauer e Schumann “fondatori dell’Unione” – ma per il momento non trapela nessun commento pubblico. La posizione è impossibile da difendere e non è nemmeno pensabile andare allo scontro a soli due giorni dalle elezioni decisive per il futuro dell’Italia. Eppure quanto dichiarato da Berlusconi mette l’intera famiglia dei popolari europei sotto una luce ancora più tetra per il futuro dei rapporti con Kiev: “Putin è caduto in una situazione veramente difficile e drammatica“, in cui “una missione delle due Repubbliche filorusse del Donbass è andata a Mosca da lui in delegazione, dicendogli che Zelensky ha aumentato gli attacchi contro le loro forze sui confini”. E, secondo il numero uno forzista, l’autocrate russo “è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito, dai suoi ministri a inventarsi questa operazione speciale“, con riferimento proprio al modo in cui la propaganda russa impone di definire l’invasione dell’Ucraina in patria.
    Ma non è finita qui. “Le truppe russe dovevano raggiungere Kiev in una settimana, sostituire con un governo di persone per bene il governo di Zelensky e in un’altra settimana ritornare indietro”, ricorda Berlusconi, in uno dei passaggi più controversi del suo intervento. “Invece hanno trovato una resistenza imprevista e imprevedibile da parte delle truppe ucraine, che poi sono state anche foraggiate con armi di tutti i tipi da parte dell’Occidente“, con la conclusione che è quasi un’analisi ex-post del fallimento della guerra di Putin: “La situazione in Ucraina è diventata molto difficile da tenere sotto controllo, non ho capito nemmeno perché le truppe russe si sono sparse in giro per l’Ucraina, mentre secondo me dovevano soltanto fermarsi intorno a Kiev“. No comment per ora dalle fila del Partito Popolare Europeo.

    It’s shocking to hear these words. @ManfredWeber , anything to say about this ? pic.twitter.com/SdBmvxZ2zY
    — Iratxe Garcia Perez/♥️ (@IratxeGarper) September 23, 2022

    “Con l’amichevole appoggio del Partito Popolare Europeo e di Manfred Weber”, commenta con sarcasmo l’eurodeputata tedesca dei Verdi (che correrà per la co-presidenza del gruppo all’Eurocamera), Terry Reintke: “Non ho più parole, come possono i conservatori non capire che stanno commettendo un errore storico. Di nuovo”. Anche dalle fila dei liberali di Renew Europe si alzano voci scandalizzate all’indirizzo di Berlusconi: “Si comporta come un apologeta di Putin e un cattivo consigliere militare, impeditegli di mettere le mani sulle redini del potere a Roma”, attacca l’ex-capogruppo dell’Alde al Parlamento Ue ed ex-premier del Belgio, Guy Verhofstadt. Mentre il collega italiano Nicola Danti (Italia Viva) si rivolge al gruppo del Ppe – “Come può una posizione politica del genere trovare casa fra le vostre fila?” – con un affondo diretto al presidente Weber: “Con quale coraggio potete sostenere un personaggio che rilascia simili dichiarazioni? Tradisce la vostra storia e il vostro presente!”

    Cari amici del @EPP, sine ira et studio, come può una posizione politica del genere trovare casa fra le vostre fila? @ManfredWeber con quale coraggio potete sostenere un personaggio che rilascia simili dichiarazioni? Tradisce la vostra storia e il vostro presente! pic.twitter.com/4RrSuR676m
    — Nicola Danti 🇪🇺🇮🇹 (@DantiNicola) September 23, 2022

    Pioggia di critiche al presidente del Ppe, Manfred Weber, per l’intervento “scioccante” del presidente di Forza Italia (della famiglia politica europea dei popolari) sulle motivazioni che hanno spinto l’autocrate russo ad attaccare il Paese e sullo sviluppo dell’offensiva militare

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    Nell’aggiornamento delle sanzioni Ue contro Mosca ci sarà il bando dell’oro russo e l’aggiunta di Sberbank nella lista nera

    Bruxelles – Non un settimo pacchetto di sanzioni vero e proprio, ma un rafforzamento delle misure restrittive finora adottare nei quasi cinque mesi di guerra russa in Ucraina. Secondo quanto trapela da fonti diplomatiche, entro domani (mercoledì 20 luglio) dovrebbe essere approvata la proposta definitiva sulle nuove sanzioni contro Mosca, anche detta “sesto pacchetto e mezzo”, che includeranno la messa al bando delle importazioni di oro russo e l’inserimento di Sberbank, una delle più grandi banche del Paese, nella lista nera dell’Ue.
    Il pacchetto di sanzioni denominato maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento) è stato discusso ieri (lunedì 18 luglio) al Coreper (il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio) e, come sottolineano le stesse fonti, ha fatto registrare un “sostanziale” consenso tra i Ventisette. A questo punto la proposta definitiva della Commissione dovrebbe arrivare nel pomeriggio, per ricevere il via libera del Coreper di domani. Se il calendario sarà rispettato, la presidenza di turno ceca del Consiglio dell’Ue farà scattare “immediatamente” una procedura scritta con scadenza giovedì (21 luglio), con l’obiettivo di pubblicare l’aggiornamento delle misure restrittive nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea “a stretto giro”.
    A un mese e mezzo dall’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni, l’Unione è pronta dunque a prendere una serie di nuove misure per implementare il regime già in vigore contro Mosca dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina: tra queste, oltre al divieto di importazione dell’oro russo (con eccezione per quello contenuto negli articoli di gioielleria) un’altra cinquantina di individui ed entità russe nella lista nera dell’Ue, compresa Sberbank. In questo modo sarà previsto il divieto della quasi totalità di transazioni e il congelamento degli asset sul territorio comunitario per una delle maggiori banche russe. Nel corso della riunione del Coreper di ieri Ungheria, Austria e Croazia hanno chiesto una fase di adattamento prima dell’ingresso di Sberbank – presente nei tre Paesi membri – nella lista nera dell’Ue, richiesta di aggiustamento definita “non particolarmente rilevante” dalle fonti diplomatiche.

    Entro il 20 luglio dovrebbe essere approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) l’aggiornamento delle misure restrittive. A una delle più grandi banche del Paese sarà vietata la quasi totalità delle transazioni e congelati gli asset

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    L’Unione Europea ha congelato quasi 14 miliardi di euro agli oligarchi russi nei quattro mesi di guerra in Ucraina

    Bruxelles – Si stringe il cerchio attorno agli oligarchi russi della cerchia di Vladimir Putin, con il congelamento degli asset delle persone e delle entità sanzionate dall’UE dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina decisa dal Cremlino il 24 febbraio scorso. In poco più di quattro mesi di guerra oltre i confini orientali dell’Unione, è salito a 13,8 miliardi di euro il valore degli asset sequestrati agli oligarchi russi (erano 9,89 a fine maggio), grazie agli sforzi della Commissione UE di rafforzare il rintracciamento, il congelamento, la gestione e la confisca dei beni dei soggetti sottoposti ai sei pacchetti di misure restrittive.
    A riportare la cifra “piuttosto enorme” dei beni sequestrati è stato il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, in un punto con la stampa a margine del Consiglio Affari Interni informale a Praga. “Dei 13,8 miliardi di euro sequestrati, oltre 12 miliardi vengono da cinque Paesi membri“, ha puntualizzato il commissario. Per questo motivo la Commissione vuole “continuare a convincere” tutti i membri dell’Unione “a fare lo stesso”: a questo proposito, è stata inviata una lettera alle 27 capitali “per chiedere informazioni e per illustrare le migliori pratiche” per il sequestro e il congelamento di beni e proprietà. Il commissario per la Giustizia è sembrato sicuro del fatto che “nelle prossime settimane vedremo progressi in tutti i Paesi membri” anche grazie al coordinamento della task force Freeze and Seize istituita a marzo: “Più dettagli sui singoli Stati membri arriveranno dopo l’estate“, ha aggiunto Reynders.

    Sul tema del sequestro dei beni agli oligarchi russi si ricollega la questione non solo del congelamento, ma anche della confisca e riutilizzo, per chiunque violi le misure restrittive imposte dall’UE. Lo scorso 25 maggio la Commissione ha proposto un rafforzamento e un’estensione dei crimini dell’Unione Europea, includendo la violazione delle sanzioni tra i reati penali in tutti i 27 Paesi membri. “Abbiamo l’approvazione del Parlamento Europeo e il consenso al Consiglio, che approverà la proposta dopo la pausa estiva”, ha assicurato ai giornalisti Reynders: “In ottobre avremo una direttiva aggiornata e sarà possibile in tutti Paesi membri avviare procedure giudiziarie per la confisca se c’è stata una violazione”. Quanto recuperato sarà destinato a sostenere la ricostruzione dell’Ucraina, come confermato dal commissario per la Giustizia: “Dopo la confisca i soldi andranno direttamente al popolo ucraino“.
    La revisione della direttiva andrebbe a risolvere il problema della gestione dei beni congelati per i Ventisette, a causa delle spese per il loro mantenimento. Lo strumento di tipo economico al momento applicato non prevede che i beni congelati possano essere messi all’asta o assegnati ad associazioni, rimanendo proprietà degli oligarchi sanzionati: non possono essere utilizzati, ma rappresentano un costo per le finanze dello Stato. In Italia, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 109, la custodia, amministrazione e gestione delle risorse economiche “oggetto di congelamento” spettano all’Agenzia del demanio, che deve pagare tutte le spese legate a un bene sottoposto a questo strumento economico. L’Agenzia può utilizzare eventuali utili prodotti dal bene, ma in caso contrario attinge a un fondo apposito del bilancio statale. Quando il bene viene ‘scongelato’ e restituito, il proprietario deve risarcire lo Stato italiano per tutte le spese sostenute.

    La cifra è stata resa nota dal commissario per la Giustizia, Didier Reynders, a margine del Consiglio Affari interni informale a Praga: “Più di 12 miliardi provengono da cinque Paesi membri UE”, ma a ottobre arriverà la direttiva aggiornata sulla confisca e riutilizzo dei beni sequestrati