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    Costa incontra Vučić, ma non condanna lo scivolamento di Belgrado verso Mosca

    Bruxelles – L’Ue abbandona il bastone e sceglie la carota con la Serbia di Aleksandar Vučić, nonostante il leader autoritario continui a tenersi in stretti rapporti con Vladimir Putin e a gestire il Paese come un feudo personale. Il presidente del Consiglio europeo António Costa, in visita ufficiale nella capitale, ha mostrato un volto amichevole, incoraggiando lo Stato candidato a proseguire sulla via delle riforme e chiudendo un occhio sulle violazioni dello Stato di diritto.Inizia a Belgrado il tour di António Costa nei Balcani occidentali: tre giorni di incontri nelle cancellerie della regione, che si muovono in ordine sparso (e a velocità diverse) verso l’adesione al club a dodici stelle. Stamattina (13 maggio) è in Serbia, nel pomeriggio si sposterà in Bosnia-Erzegovina; quindi Montenegro, Kosovo, Macedonia del nord e infine Albania, dove venerdì (16 maggio) si terrà il sesto summit della Comunità politica europea.Adesione e riformeIl principale impegno istituzionale di Costa è stato un bilaterale con Aleksandar Vučić, il capo di Stato nazionalista al potere dal 2014 che sta trasformando la democrazia serba in un regime autoritario e sta spostando Belgrado sempre più lontana da Bruxelles e sempre più vicina a Mosca. Le rispettive delegazioni, riunitesi dopo il faccia a faccia tra i leader, si sono confrontate soprattutto sulle relazioni Ue-Serbia nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione ai Balcani occidentali, nonché sulle opportunità di cooperazione economica.There is a positive momentum for enlargement and a clear opportunity for Serbia to seize it.During my meetings today in Belgrade with President @avucic, PM Macut @SerbianGov and Parliament speaker @anabrnabic, I stressed the importance of progressing towards EU accession… pic.twitter.com/alm4DhzBGA— António Costa (@eucopresident) May 13, 2025Durante una conferenza stampa congiunta al palazzo presidenziale, i due non hanno lesinato sulle buone maniere e i convenevoli. Costa si è detto compiaciuto di sapere che “l’integrazione nell’Ue rimane una priorità assoluta” del governo serbo e ha lodato la traiettoria di quello che ha definito un “Paese stabile, pacifico e prospero, che ha affrontato l’eredità del passato e ha scelto di abbracciare il suo futuro democratico ed europeo”.Il processo di adesione, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo, non è un’imposizione di Bruxelles ma “una libera scelta di ogni Stato” cui va dato seguito attraverso una serie di azioni concrete. Per tenere fede agli impegni presi, il governo serbo deve ora lavorare alacremente alle riforme. Il terzo cluster dei negoziati verrà aperto quando Belgrado avrà compiuto progressi sufficienti sulla libertà dei media, il contrasto alla corruzione e la riforma della legge elettorale.L’asse Belgrado-Mosca (che imbarazza Bruxelles)Ma c’erano un paio di grossi elefanti nella stanza che ospitava Costa, Vučić e i giornalisti. Il primo è la vicinanza politica del presidente serbo all’omologo russo Vladimir Putin, particolarmente scomoda in questa fase storica. Una relazione tossica che, almeno teoricamente, dovrebbe creare forti imbarazzi al leader di un Paese candidato all’ingresso in Ue ma che, a quanto pare, non scalfisce eccessivamente la prima carica dello Stato balcanico.Non è passata inosservata ai cronisti la partecipazione dell’uomo forte di Belgrado alla parata della vittoria sulla Piazza Rossa a Mosca, lo scorso 9 maggio. Un vero e proprio schiaffo in faccia al capo della diplomazia comunitaria Kaja Kallas, che il mese scorso aveva esortato Stati membri e Paesi candidati a non recarsi alla corte dello zar con un ammonimento scivolato addosso tanto al presidente serbo quanto al premier slovacco Robert Fico.Il presidente russo Vladimir Putin durante le celebrazioni per l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista, il 9 maggio 2025 a Mosca (foto: Vyacheslav Prokofyev/Sputnik via Afp)Ma Costa ha gettato acqua sul fuoco, sostenendo che la visita di Vučić nella capitale della Federazione fosse unicamente intesa a “celebrare un evento del passato” (cioè gli 80 anni della vittoria sovietica sulla Germania nazista nel 1945), mentre “nel presente la Serbia è pienamente impegnata nel processo di adesione“, come certificato dal suo interlocutore.Affinché questo processo vada in porto, ha rimarcato tuttavia l’ex premier portoghese, Belgrado deve garantire “pieno allineamento” con la politica estera e di sicurezza comune (Pesc) dell’Unione, che passa attraverso la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina e il sostegno a Kiev. “Non possiamo celebrare la liberazione di 80 anni fa e non condannare l’invasione di altri Paesi oggi“, ha osservato Costa. Per poi tornare però a tendere la mano a Vučić: “Non abbiamo la stessa visione su tutto”, ha ammesso, ma “l’unico modo per affrontare le divergenze è parlare e capirsi“.Il silenzio sulle proteste antigovernativeIl secondo elefante nella stanza era la gestione di Vučić dello Stato serbo, dove la corruzione dilaga e l’impunità ostacola un vero cambiamento. Da mesi, anziché placarsi continuano a ingrossarsi quelle che potrebbero essere le più grosse proteste antigovernative nel Paese almeno dai tempi della cacciata del leader comunista Slobodan Milošević a inizio millennio, dopo il crollo della Jugoslavia. Manifestazioni oceaniche che l’apparato di sicurezza di Belgrado reprime con la violenza ricorrendo, pare, anche a strumenti banditi dalle convenzioni internazionali come i cosiddetti “cannoni sonici“.Da quando, lo scorso novembre, è crollata una pensilina a Novi Sad uccidendo 15 persone, un’ondata di malcontento popolare ha sconvolto il Paese balcanico minacciando di far traballare la presa di Vučić sul potere. Ad animare le piazze serbe è soprattutto un movimento studentesco motivato e organizzato, che giusto ieri (12 maggio) è arrivato a Bruxelles dopo una maxi-maratona a staffetta di quasi 2mila chilometri per portare di fronte al Berlaymont la protesta – ormai ampiamente trasversale e intergenerazionale – di un popolo che vuole costruire per sé un futuro europeo anziché rimanere un satellite del Cremlino.Manifestanti a Belgrado, il 15 marzo 2025 (foto: Andrej Isakovic/Afp)Su questo aspetto (un punto su cui la stessa Commissione Ue ha iniziato ad alzare la voce negli ultimi tempi), tuttavia, i due leader hanno glissato diplomaticamente. Non una parola sull’erosione dello Stato di diritto o sulla repressione del dissenso, due dinamiche che pure non si sposano troppo bene coi criteri di Copenaghen che i Paesi candidati devono soddisfare per aderire all’Unione.Per ora, Costa preferisce mantenere un tono conciliante. Da quando ha assunto l’incarico di presidente del Consiglio europeo lo scorso dicembre, si è fatto vanto di aver posto al centro dell’attenzione i partner dei Balcani occidentali nell’ottica dell’allargamento del club a dodici stelle. Prima di ripartire alla volta di Sarajevo, l’ex premier portoghese ha incontrato anche il premier Duro Macut e la presidente del Parlamento, Ana Brnabić.

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    Zelensky “convoca” Putin a Istanbul per colloqui diretti

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre tre anni di conflitto, Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin potrebbero incontrarsi di persona nei prossimi giorni. I due presidenti hanno indicato la Turchia come luogo di un potenziale colloquio, per il quale spinge fortemente anche Donald Trump, che oggi ha anche annunciato che potrebbe partecipare all’incontro “se lo ritenessi importante per raggiungere un accordo”. Ma finora la diplomazia ha messo in fila solo una serie di buchi nell’acqua, e non si vede all’orizzonte alcuna tregua nei combattimenti.Il carrozzone della diplomazia internazionale è parso rimettersi in moto durante lo scorso weekend intorno alla guerra d’Ucraina. Uno spiraglio di cauto ottimismo era sembrato pervadere le cancellerie europee dopo che, al termine di una visita a Kiev sabato (10 maggio), i leader di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito erano riusciti a portare anche il presidente statunitense dalla loro.La proposta messa sul tavolo da Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Donald Tusk e Keir Starmer – in accordo con Volodymyr Zelensky – era quella di un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni a partire da oggi (12 maggio), come dimostrazione di buona fede da parte di Vladimir Putin rispetto all’avvio di negoziati sostanziali su una soluzione politica del conflitto. Persino Donald Trump, che dal suo re-insediamento è parso allontanarsi sempre più da Kiev per avvicinarsi a Mosca, aveva dato il suo assenso.Da sinistra: il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il premier polacco Donald Tusk e quello britannico Keir Starmer a Kiev, il 10 maggio 2025 (foto: Genya Savilov/Afp)Nello stile cui ha abituato il mondo, il presidente russo ha però risposto picche sul cessate il fuoco, dichiarandosi tuttavia disponibile ad intavolare delle trattative dirette con la leadership ucraina in Turchia, evitando di legarsi le mani con qualunque precondizione. Nella Repubblica anatolica si terrà, il 14 e 15 maggio, una ministeriale informale proprio sul dossier Ucraina, e il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha ribadito per l’ennesima volta di essere disposto ad ospitare colloqui di pace tra le delegazioni di Kiev e Mosca.Tanto è bastato a Trump per tornare a mettere pressione su Zelensky. “Incontratevi ora!“, ha scritto il tycoon newyorkese sul suo social Truth, esortando l’omologo ucraino ad “accettare immediatamente” l’offerta dello zar russo. “Almeno saranno in grado di determinare se un accordo è possibile o meno e, in caso contrario, i leader europei e gli Stati Uniti sapranno come stanno le cose e potranno procedere di conseguenza“, ha ragionato l’inquilino della Casa Bianca.Ieri sera (11 maggio), Zelensky ha dunque rilanciato sfidando Putin a incontrarsi “personalmente” ad Istanbul giovedì prossimo, auspicando che “stavolta i russi non cerchino scuse” per sfilarsi dalle trattative. “Attendiamo un cessate il fuoco totale e duraturo“, ha aggiunto il presidente ucraino, “per fornire la base necessaria alla diplomazia”. Se avesse effettivamente luogo, il faccia a faccia tra i due leader sarebbe il primo da oltre tre anni a questa parte.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Ramil Sitdikov via Afp)Quella dei colloqui diretti tra Zelensky e Putin è un’opzione sulla quale entrambi i leader avevano fatto delle aperture in linea di principio già il mese scorso, ma sulla quale non si sono mai registrati progressi in termini concreti. I due belligeranti, come recentemente certificato dallo stesso Trump, rimangono distanti anni luce da una vera intesa e tutte le proposte di cessate il fuoco, da qualunque parte provenissero, sono finora cadute nel vuoto.Stando alla retorica ufficiale, Zelensky sembra mantenere la linea adottata fin qui: niente trattative senza tregua. Che è l’opposto di quella del Cremlino: prima il dialogo, poi (eventualmente) una pausa delle ostilità. Appare improbabile, tuttavia, che Kiev possa ignorare le pressioni dell’amministrazione a stelle e strisce, soprattutto alla luce della ratifica da parte del Parlamento ucraino, lo scorso 8 maggio, del famigerato accordo sullo sfruttamento delle materie prime critiche.Il giorno prima della visita di Macron, Merz, Tusk e Starmer a Kiev, Putin aveva ospitato sulla Piazza Rossa a Mosca decine di leader mondiali per le celebrazioni dell’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista nel 1945 (incluso lo slovacco Robert Fico, in barba alla conclamata unità dei Ventisette al fianco dell’Ucraina).L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (centro), e il primo ministro ucraino Denys Shmyhal (foto: European Council)Lo stesso giorno, alcuni ministri degli Esteri dell’Ue guidati dal capo della diplomazia a dodici stelle, Kaja Kallas, avevano annunciato a Leopoli l’imminente creazione di un tribunale ad hoc per i crimini d’aggressione dell’Ucraina che dovrebbe perseguire la leadership della Federazione.L’Alta rappresentante si trova in queste ore a Londra per partecipare alla riunione del gruppo Weimar+ (composto da Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna). “Dobbiamo mettere pressione sulla Russia“, ha ribadito, “affinché si sieda al tavolo e parli con l’Ucraina”. “Se non c’è un cessate il fuoco, non ci possono essere negoziati sotto il fuoco” delle bombe, ha aggiunto, accusando Mosca di “giocare” con le iniziative diplomatiche. Gli europei insistono a sostenere che, se il Cremlino non accetterà di sospendere le ostilità entro la fine della giornata, imporranno nuove sanzioni.

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    Tutti gli uomini di Putin: chi ci sarà alla parata di Mosca del 9 maggio

    Bruxelles – Se il Vecchio continente festeggia oggi (8 maggio) l’anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, in Russia le celebrazioni si terranno domani. Sulla Piazza Rossa di Mosca incombe però la minaccia dei droni ucraini, che mettono potenzialmente a repentaglio l’incolumità degli ospiti d’onore invitati da Vladimir Putin per assistere alla cerimonia in grande stile per gli 80 anni dalla vittoria sovietica sulla Germania nazista. Tra i politici di altissimo livello ci dovrebbe essere anche qualche europeo, incluso un membro dell’Ue, mentre in Ucraina si terrà una “contro-manifestazione”.Tutti (o quasi) sulla Piazza RossaÈ il pubblico delle grandi occasioni quello atteso domani (9 maggio) nella capitale della Federazione. Sulla tribuna d’onore, stando ad una lista di presenze rilasciata dal Cremlino, dovrebbero esserci quasi una trentina di leader mondiali ad affiancare lo zarVladimir Putin. L’ospite più importante è senza dubbio il leader cinese Xi Jinping, a Mosca per riaffermare quella “amicizia senza limiti” proclamata nel febbraio 2022, poco prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina.Ci saranno poi i rappresentanti di alcuni Paesi allineati più o meno esplicitamente con Mosca (o comunque disallineati da Washington): dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva al suo omologo venezuelano Nicolás Maduro, passando naturalmente per l’altro alleato di ferro di Putin, l’uomo forte di Minsk Alexandr Lukashenko. Il capo di Stato indiano Narendra Modi ha annullato la propria visita a causa delle tensioni recentemente riesplose col Pakistan, mentre la delegazione nordcoreana non dovrebbe includere il dittatore Kim Jong-un.Il presidente cinese Xi Jinping (sinistra) e il suo omologo russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Tutti insieme osserveranno la pomposa parata militare in cui sfileranno, oltre alle truppe russe, quelle di Azerbaigian, Bielorussia, Cina, Egitto, Laos, Kazakistan, Kirghizistan, Mongolia, Myanmar, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Una grande coreografia che, da un lato, celebra la storica vittoria dell’Urss nella cosiddetta “Grande guerra patriottica” (come viene chiamata la Seconda guerra mondiale in Russia) e, dall’altro, serve come dimostrazione di forza da sbattere in faccia a Kiev e ai suoi alleati occidentali.Dall’Europa con furore?Ma a destare più scalpore sono soprattutto gli ospiti europei. L’unico leader dei Ventisette nella Piazza Rossa sarà il primo ministro slovacco Robert Fico, uno dei cavalli di Troia del Cremlino nell’Ue (l’altro è il suo sodale ungherese Viktor Orbán). La sua partecipazione ha provocato uno strappo con l’Estonia, la Lettonia e la Lituania: nelle scorse ore i tre Stati baltici gli hanno interdetto il proprio spazio aereo per impedirgli di raggiungere Mosca, adducendo come motivazione ufficiale delle “preoccupazioni” per la sicurezza nazionale. Il premier di Bratislava starebbe attualmente cercando delle rotte alternative per raggiungere la sua destinazione.L’altro pezzo grosso del Vecchio continente è il presidente serbo Aleksandar Vučić, anch’egli molto vicino alla Russia. La decisione di Fico e Vučić – negli ultimi giorni la partecipazione di entrambi alle cerimonie moscovite era peraltro rimasta in dubbio a causa di problemi di salute – è uno schiaffo in faccia agli ammonimenti del capo della diplomazia comunitaria Kaja Kallas, che il mese scorso aveva cercato di dissuadere le cancellerie europee, sia dentro sia fuori l’Unione, dal recarsi alla corte di Putin. Sempre secondo il Cremlino, ci sarà anche una delegazione della Bosnia-Erzegovina, un altro Paese candidato.Il primo ministro slovacco Robert Fico (foto: Faruk Pinjo via Imagoeconomica)Dovrebbero inoltre essere presenti a Mosca alcuni eurodeputati: un manipolo dalle fila dello Smer, il partito populista (radiato dai Socialisti europei nel 2023) di Fico e del commissario al Commercio Maroš Šefčovič, più un paio di rossobruni del Bsw, l’Alleanza Sahra Wagenknecht emersa come costola filorussa della Linke tedesca. Questi ultimi hanno annunciato l’intenzione di prolungare il loro viaggio fino a Kiev una volta terminate le celebrazioni sulla Piazza Rossa. Stando ad indiscrezioni giornalistiche, potrebbe recarsi nella capitale della Federazione anche l’indipendente cipriota Fidias Panayiotou.L’asse Kiev-BruxellesDall’altra parte della barricata, l’Ucraina ha rispedito al mittente la proposta, avanzata dal presidente russo a fine aprile, di una tregua di 72 ore strumentale allo scopo, appunto, di proteggere la parata di Mosca. Volodymyr Zelensky ha dichiarato che non può garantire la sicurezza delle celebrazioni nella Piazza Rossa, e i due belligeranti si sono scambiati attacchi con droni e missili negli scorsi giorni.A Leopoli arriverà domani un gruppo di ministri degli Esteri dell’Ue direttamente da Varsavia (dove ieri e oggi si è svolto un Consiglio informale), per partecipare alla “contro-celebrazione” organizzata da Kiev. I leader di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito avevano precedentemente declinato l’invito ad un evento di alto livello nella capitale ucraina.L’Alta rappresentante dell’Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)I rappresentanti degli Stati membri arriveranno però a mani vuote, perché alla due giorni non è stato trovato alcun accordo né su nuovi aiuti alla resistenza ucraina né sul 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia di cui si parla da tempo. Kallas, che dovrebbe guidare la delegazione ministeriale, ha confermato recentemente che sono pronti due terzi dei 2 milioni di proiettili d’artiglieria che Bruxelles vuole fornire a Kiev (cioè quello che rimane dell’ambizioso piano da 40 miliardi dell’Alta rappresentante, affondato dalle stesse cancellerie).I titolari degli Esteri dovrebbero piuttosto annunciare l’imminente creazione, da parte del Consiglio d’Europa, del tribunale speciale per le violazioni commesse dall’esercito invasore: crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, più eventualmente la definizione di una nuova categoria legale (quella dei “crimini di aggressione“, come l’annessione unilaterale di territori di uno Stato sovrano), per colmare le lacune nel mandato della Corte penale internazionale.Da tre anni a questa parte, Kiev ha cambiato la data in cui ricorda la fine del secondo conflitto mondiale. Tradizionalmente si festeggiava il 9 maggio, data in cui nel 1945 si è ufficialmente conclusa la guerra secondo il fuso orario sovietico, mentre dal 2022 ha anticipato le cerimonie al giorno precedente per allinearsi ai partner a dodici stelle. L’8 maggio di 80 anni fa il Terzo Reich stipulò la capitolazione a Berlino, come chiesto proprio dall’Urss, che non riconosceva valore legale ad un analogo documento siglato tra i comandanti nazisti e gli Alleati a Reims il giorno prima: la resa incondizionata delle armate tedesche entrò in vigore alle 23:01 locali, ma a Mosca era già il giorno successivo.Eighty years ago, enemies laid down their arms.Since then, we, Europeans, have built something extraordinary: a Union of peace, democracy, and solidarity. An anchor of stability.Our Union was born as a peace project, and it remains one today. pic.twitter.com/mbmTBmBpua— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) May 8, 2025In Ue, il 9 maggio, si celebra invece la cosiddetta giornata dell’Europa, in ricordo della dichiarazione con cui nel 1950 il ministro degli Esteri francese Robert Schuman propose la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), l’embrione del progetto europeo trasformatosi successivamente nell’Unione che conosciamo oggi.

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    Ucraina, Trump: “Forse la pace non è possibile”, gli Usa considerano nuove sanzioni a Mosca

    Bruxelles – Dopo il rifiuto di Vladimir Putin alla proposta di un cessate il fuoco in Ucraina di 30 giorni avanzata da Washington, il presidente americano Donald Trump ieri sera (4 maggio), in un’intervista alla NBC News, ha dichiarato che la sua decisione di firmare il decreto legge sulle sanzioni avanzato dal senatore repubblicano Lindsey Graham: “dipenderà dal fatto che la Russia si stia muovendo o meno in direzione della pace“.Graham, stretto alleato di Trump al Congresso, ha fatto sapere lo scorso 1 maggio che almeno 72 senatori sarebbero pronti votare a favore di ulteriori sanzioni contro la Federazione Russa e per ingenti dazi verso i Paesi che la supportano. La sensazione dominante a Washington è che i negoziati per la conclusione del conflitto russo-ucraino stiano andando troppo per le lunghe, e nonostante il presidente continui a mostrarsi fiducioso nei confronti della situazione, non fa mistero della sua insoddisfazione per l’atteggiamento di Mosca. “Vogliamo che la Russia e l’Ucraina accettino un accordo. Pensiamo di essere abbastanza vicini” ha detto Trump, ma in merito al raggiungimento dell’accordo in questione, ha dichiarato: “Credo che siamo più vicini con una parte, e forse non altrettanto vicini con l’altra. Ma dovremo vedere. Non vorrei dire a quale delle due parti siamo più vicini”. L’accordo sui minerali siglato il 1 maggio con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky può tuttavia suggerire quale sia effettivamente la più vicina delle parti.Riconducendo le sorti del conflitto russo-ucraino a una diatriba tra i rispettivi leader, Trump si è lasciato andare ad una amara costatazione: “Forse la pace non è possibile, c’è dell’odio tremendo. Parliamo di odio tremendo tra questi due uomini, e tra alcuni dei soldati e generali che hanno combattuto duramente per tre anni”. Il tycoon non si è tuttavia perso d’animo, evocando ancora una volta “ottime possibilità di farcela”.Già lo scorso 26 aprile Trump si era scagliato contro Putin, definendolo “non interessato davvero a finire la guerra”. Il ruolo di mediatore che il presidente statunitense si è assunto sin dai primi giorni della sua presidenza diventa sempre meno facile e la possibilità di sfilarsene è stata minacciata in diverse occasioni.  Ucraina e Stati Uniti non hanno ricevuto segnali di apertura verso la loro proposta di tregua di un mese, con Mosca che insiste per mantenerla a tre giorni, in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Vittoria del 9 maggio. L’iniziativa fa gioco al Cremlino, che per gli 80 anni dalla vittoria sovietica nel secondo conflitto mondiale ha invitato a Mosca diversi leader, tra cui il presidente cinese Xi Jinping, in visita ufficiale nel Paese tra il 7 e il 10 maggio.Intanto, come ha riferito ieri sera il New York Times, l’esercito statunitense sta attualmente trasferendo un sistema di difesa missilistico Patriot da Israele all’Ucraina. Con l’intensificazione degli attacchi russi contro Kiev, Odessa, Karkiv e Sumy, questa decisione viene incontro alla pressante richiesta di maggiore difesa aerea avanzata da Zelensky lo scorso 13 aprile, quando si era dichiarato pronto ad acquistare 10 sistemi Patriots da dislocare nelle città più densamente popolate del Paese. Le fonti non indicano alcun dettaglio sulla posizione di Trump in merito al trasferimento, e non chiariscono se tale iniziativa sia stata avviata da lui stesso o durante l’amministrazione del suo predecessore, Joe Biden. In ogni caso, gli alleati occidentali starebbero già discutendo la logistica di un eventuale trasferimento di un’altra batteria da parte della Germania o della Grecia.

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    Putin ha proposto un cessate il fuoco temporaneo in Ucraina

    Bruxelles – Sembra continuare a crescere la pressione internazionale per porre fine alla guerra in Ucraina. Qualche ora fa, Vladimir Putin ha proposto una tregua di tre giorni a inizio maggio, rispondendo indirettamente alle recenti esortazioni di Donald Trump, spazientito per lo stallo nei negoziati. Mosca e Kiev potrebbero avviare presto dei colloqui diretti, riprendendo un canale diplomatico interrotto da tre anni. Ma ci sono ancora molte incognite, sia sul campo di combattimento sia sui tavoli delle trattative, e i prossimi giorni si annunciano intensi dal punto di vista diplomatico.L’annuncio di PutinNel primissimo pomeriggio di oggi (28 aprile), il Cremlino ha annunciato di voler sospendere i combattimenti tra l’8 e l’11 maggio per “motivi umanitari”, ritenendo che anche Kiev “debba seguire questo esempio”. Il cessate il fuoco entrerebbe in vigore in concomitanza con le celebrazioni dell’80esimo anniversario della vittoria dell’Armata rossa contro i nazifascisti nella Seconda guerra mondiale (chiamata Grande guerra patriottica in Russia).Il 9 maggio, il cosiddetto “giorno della Vittoria“, si terrà nella Piazza Rossa a Mosca una grande cerimonia alla quale parteciperanno una ventina di ospiti di alto livello – tra cui il leader cinese Xi Jinping, il dittatore bielorusso Alexandr Lukashenko e addirittura il premier slovacco Robert Fico – ed è comprensibile che Vladimir Putin voglia tenere tutti al sicuro da potenziali attacchi dei droni ucraini, dimostratisi particolarmente efficaci.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)“In caso di violazione del cessate il fuoco da parte ucraina, le forze armate della Federazione Russa forniranno una risposta adeguata ed efficace”, recita il comunicato del Cremlino diffuso su Telegram. Lì si aggiunge anche che Mosca “dichiara ancora una volta la sua disponibilità a negoziati di pace senza precondizioni, volti a eliminare le cause alla radice della crisi ucraina, e a un’interazione costruttiva con i partner internazionali”.Le reazioni di Kiev e WashingtonLa proposta russa per una tregua temporanea è stata accolta con freddezza a Kiev. Il titolare degli Esteri ucraino, Andrij Sybiha, ha fatto notare che “se la Russia vuole veramente la pace, deve cessare il fuoco immediatamente” e per almeno 30 giorni, dimostrando che si tratta di un impegno “reale, non solo per una parata”. Del resto, i soldati di Mosca hanno recentemente violato la pausa di 30 ore proposta dallo stesso Putin in occasione della Pasqua.Dall’altro lato dell’Atlantico, a Washington, si insiste sulla necessità di un cessate il fuoco permanente. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha ribadito che Donald Trump “rimane ottimista sulla possibilità di trovare un accordo” e che “vuole essere un presidente pacificatore”. Ma ha anche sottolineato che il tycoon sarebbe “sempre più frustrato coi leader di entrambi i Paesi“, i quali dovrebbero muoversi per “negoziare la loro via d’uscita” dal conflitto.If Russia truly wants peace, it must cease fire immediately.Why wait until May 8th? If the fire can be ceased now and since any date for 30 days—so it is real, not just for a parade.Ukraine is ready to support a lasting, durable, and full ceasefire. And this is what we are…— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) April 28, 2025Al rientro negli States dopo la trasferta in Vaticano, dove ha avuto un breve colloquio con Volodymyr Zelensky in occasione dei funerali di papa Francesco lo scorso 26 aprile, Trump aveva esortato il presidente russo a far tacere le armi e sedersi al tavolo delle trattative. “Non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni”, ha scritto sul suo social Truth, aggiungendo che l’atteggiamento di Putin “mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso”, ad esempio ricorrendo a nuove sanzioni.“Voglio che smetta di sparare, si sieda e firmi un accordo“, ha concluso. Solo poche ore prima, Trump aveva sostenuto che i due belligeranti sarebbero stati “molto vicini ad un accordo, e le due parti dovrebbero ora incontrarsi a livelli molto alti per ‘farla finita’” dal momento che “c’è un accordo sulla maggior parte dei punti principali“.Il nodo dei territori occupatiIn realtà, su almeno un punto fondamentale si registra ancora profondo disaccordo tra Mosca e Kiev. Nelle scorse ore, il capo della diplomazia del Cremlino, Sergei Lavrov, ha ripetuto che il riconoscimento internazionale delle rivendicazioni territoriali della Russia – che riguardano la Crimea e le porzioni occupate delle oblast’ di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Cherson – sarà “imperativo” in qualunque negoziato di pace. All’indomani dell’incontro con Zelensky, il presidente Usa si era detto convinto che Kiev cederà a Mosca la Crimea, che la Federazione occupa dal 2014.Il presidente statunitense Donald Trump (sinistra) incontra il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky nella basilica di San Pietro, in Vaticano, il 26 aprile 2025 (foto via Imagoeconomica)Tuttavia, per l’Ucraina il riconoscimento formale delle regioni occupate è una linea rossa, non solo politicamente ma anche giuridicamente: a tale scopo andrebbe modificata la Costituzione e organizzato un referendum popolare, che avrebbe scarse possibilità di successo. Secondo gli osservatori, Kiev potrà al massimo avallare un riconoscimento de facto dell’occupazione, ma solo temporaneamente (nella speranza di poterla riconquistare in futuro, militarmente o diplomaticamente) e senza accettare de jure la sovranità di Mosca.Lo stesso discorso si applica, almeno in linea di principio, anche alle altre regioni ucraine parzialmente occupate dall’esercito russo. Soprattutto, gli ucraini insistono sul fatto che qualunque discussione relativa a eventuali cessioni territoriali dev’essere avviata solo dopo che un cessate il fuoco “completo e incondizionato” sia entrato in vigore per sospendere i combattimenti terrestri, aerei e marittimi.Quale pace per l’Ucraina?Si tratterebbe, almeno stando alle indiscrezioni giornalistiche, di uno degli elementi centrali nella controproposta di Kiev per mitigare alcuni aspetti del controverso piano di pace elaborato dall’amministrazione a stelle e strisce, giudicato troppo sbilanciato a favore della Russia, di cui Zelensky avrebbe brevemente discusso con Trump a San Pietro.Tra le principali richieste ucraine c’è la rimozione di qualunque clausola che limiti le dimensioni delle forze armate nazionali e, contemporaneamente, l’ammissione nel Paese di un contingente militare europeo (quella “forza di rassicurazione” che Emmanuel Macron e Keir Starmer stanno cercando di assemblare tramite la coalizione dei volenterosi) per garantire la sicurezza. Il presidente statunitense parrebbe aperto a considerare la fornitura di supporto logistico e, soprattutto, di condividere l’intelligence con tale contingente europeo, come chiedono da tempo Parigi, Londra e Kiev.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Ole Berg-Rusten/Afp)Prossimo alla firma sembra invece (forse, stavolta, sul serio) il famigerato accordo sulle materie prime critiche ucraine, rimbalzato per mesi tra Washington e Kiev. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha confermato che “il documento non considera l’assistenza fornita prima della sua stessa stipula“, come invece avrebbe preteso Trump (che chiedeva a Zelensky un risarcimento da 500 miliardi di dollari per gli aiuti inviati dal suo predecessore Joe Biden), e ha specificato che le clausole del contratto non violeranno gli obblighi che il Paese dovrà rispettare in termini di libera concorrenza con le aziende europee nell’ottica dell’adesione all’Ue.Nelle parole del segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, quella appena iniziata sarà una “settimana decisiva” per i negoziati sul conflitto. La Casa Bianca, dice, nei prossimi giorni valuterà “se entrambe le parti vogliono davvero la pace”. “Ci sono ragioni per essere ottimisti, ma anche per essere realisti“, ha aggiunto il capo della diplomazia a stelle e strisce, osservando che “siamo vicini (ad un accordo, ndr) ma non abbastanza”. La scorsa settimana, per la prima volta da tre anni a questa parte, Putin ha aperto alla possibilità di colloqui diretti con la leadership ucraina per raggiungere un’intesa negoziale.Staremo a vedere. Di sicuro c’è che, se è vero che la piccola porzione dell’oblast’ russa di Kursk conquistata dagli ucraini la scorsa estate è effettivamente stata liberata, Putin potrà sedersi al tavolo dei negoziati da una posizione ancora più forte. Proprio stamattina, peraltro, Mosca e Pyongyang hanno ufficialmente confermato che alla controffensiva russa hanno partecipato anche soldati nordcoreani, dei quali lo Stato maggiore della Federazione ha pubblicamente elogiato “l’eroismo”.

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    La “mediazione” di Trump in Ucraina non avanza: premia Mosca e penalizza Kiev

    Bruxelles – Tira una brutta aria per l’Ucraina. Negli ultimi giorni, il processo negoziale è parso muoversi lungo due binari paralleli, nettamente separati. Da un lato gli Stati Uniti che dialogano apertamente con la Russia. Dall’altro, l’Ucraina e i suoi alleati europei, che mantengono posizioni più intransigenti ma faticano a trovare un punto di caduta definitivo.Dopo il sostanziale stallo nelle trattative seguito al buco nell’acqua dei colloqui di Riad, Donald Trump ha ora impresso l’ennesima accelerazione ai negoziati tra Russia e Ucraina. L’impressione, tuttavia, è che l’ex repubblica sovietica sia stata messa con le spalle al muro da quello che dovrebbe essere il suo più potente alleato ma che, invece, appare decisamente intenzionato a chiudere la questione il più rapidamente possibile. Anche se questo significa di fatto darla vinta a Mosca.Gioco di sponda tra Mosca e WashingtonQuando, la scorsa settimana, l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff è volato in Russia per incontrare Vladimir Putin, avrebbe ottenuto dall’inquilino del Cremlino l’impegno a fermare l’avanzata delle sue truppe, congelando di fatto la linea del fronte. Nello specifico, il presidente russo si sarebbe offerto di “cedere” a Kiev le aree ancora sotto il controllo ucraino nelle quattro oblast’ parzialmente occupate (Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson), rinunciando a completarne la conquista militare. Rinunciando, cioè, a dei territori di cui non dispone e per ottenere i quali non sono bastati tre anni di guerra.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Un’offerta che, a quanto pare, è stata giudicata soddisfacente dall’amministrazione a stelle e strisce. Da giorni, tanto il presidente quanto il suo numero due, JD Vance, minacciano di ritirare Washington dalla mediazione se i due belligeranti non raggiungeranno rapidamente un accordo. “Abbiamo fatto una proposta molto esplicita sia ai russi sia agli ucraini“, ha ribadito ieri (23 aprile) il vicepresidente, “ed è ora che ci dicano ‘sì’ oppure gli Stati Uniti abbandoneranno questo processo”.Proprio l’altro ieri, Putin si è dichiarato disponibile ad intavolare dei negoziati diretti con la controparte, un cambio di tono rispetto alle posizioni rigide mantenute fin qui che ha fatto eco ad un’analoga apertura da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non è chiaro, tuttavia, se o quando i due leader potranno incontrarsi di persona.Il piano Trump (che non piace a Kiev)Ma la proposta cui si riferisce Vance è piuttosto problematica, per usare un eufemismo. Tanto che la leadership ucraina nega di averne ricevuto notifica formale dalla Casa Bianca. Zelensky ha liquidato le indiscrezioni giornalistiche circolate nelle ultime ore come “segnali, idee, discussioni“, ma nulla di ufficiale. Un modo diplomatico per prendere tempo senza scatenare un’altra scomposta reazione del suo irascibile omologo statunitense, si direbbe. La realtà è che ci sono diversi punti del “piano Trump” che sono semplicemente irricevibili per Kiev.La stringata “offerta finale” del tycoon newyorkese prevede anzitutto il riconoscimento de jure della penisola di Crimea come parte della Federazione Russa, 11 anni dopo l’annessione unilaterale del febbraio 2014. Un secondo elemento è il riconoscimento de facto del controllo di Mosca sulla quasi totalità del Luhansk e sulle porzioni occupate delle altre tre regioni menzionate prima, che la Russia considera proprio territorio dopo il referendum farsa del settembre 2022. C’è poi la promessa che Kiev non aderirà mai alla Nato, mentre rimarrebbe aperta la porta all’ingresso nell’Unione europea.La bozza, che sembra decisamente sbilanciata a favore della Russia, menziona inoltre la rimozione di tutte le misure restrittive imposte contro il Cremlino dal 2014, anche se parrebbero esserci dei mal di pancia all’interno dell’amministrazione Usa rispetto a questo punto. Punto che rimane politicamente controverso e che presenta delle complessità legali non indifferenti, ad esempio quelle legate al fatto che molte sanzioni non sono state comminate unilateralmente da Washington ma a livello di G7.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Le concessioni che otterrebbe l’Ucraina sono invece più limitate. A Kiev verrebbe assicurata una “robusta garanzia di sicurezza” da parte degli europei e di altri Paesi, anche se il documento rimane vago sull’entità e le regole di ingaggio di tale contingente. Il riferimento più naturale sarebbe alla cosiddetta “forza di rassicurazione” che Parigi e Londra stanno cercando di assemblare con la coalizione dei volenterosi, ma l’unica cosa certa per ora è che non ci sarà il coinvolgimento di truppe statunitensi.Trump sembra intenzionato a prendersi in carico la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa attualmente occupata dai russi, e a vendere l’elettricità prodotta dall’impianto sia a Kiev sia a Mosca. Il testo menziona poi il famigerato accordo sulle materie prime critiche ucraine, che ancora non è stato finalizzato, e propone infine di consentire la libera navigazione lungo il fiume Dnipro, che attualmente segna una parte del fronte tra i due eserciti.Reazioni e controreazioniDi sicuro c’è anche che Zelensky non ha gradito il piano di Trump. Soprattutto il passaggio sulla penisola del Mar Nero, considerata da Kiev una linea rossa invalicabile: “L’Ucraina non riconoscerà l’occupazione della Crimea“, ha ribadito il presidente per l’ennesima volta, spiegando che “è il nostro territorio, il territorio del popolo d’Ucraina, non c’è nulla da discutere“. Accoglienza fredda anche per quanto riguarda l’allentamento del regime sanzionatorio contro Mosca.Una risposta, quella dell’omologo ucraino, che ha irritato l’inquilino della Casa Bianca. In un post condiviso ieri sul suo social Truth, quest’ultimo ha bollato come “molto dannosa” la posizione di Kiev sulla Crimea poiché, dice, la penisola “è stata persa anni fa” quando fu “consegnata” ai russi dal suo predecessore Barack Obama. “Sono le dichiarazioni incendiarie come quelle di Zelensky che rendono così difficile risolvere questa guerra“, ha continuato il tycoon, aggiungendo che la scelta di fronte a Kiev è ora quella tra “avere la pace” e “combattere per altri tre anni prima di perdere l’intero Paese”.“Siamo molto vicini ad un accordo“, ha concluso, “ma l’uomo che non ha carte da giocare dovrebbe finalmente darsi una mossa“, riprendendo le sue stesse parole denigratorie usate contro Zelensky durante il litigio nello Studio ovale di fine febbraio. Le conseguenze sono riverberate anche nella sfera diplomatica. Nella mattinata di ieri, i colloqui previsti a Londra tra i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Ucraina, Regno Unito, Francia e Germania sono saltati dopo che il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, e Witkoff hanno annullato all’ultimo la propria partecipazione. Una consultazione è comunque avvenuta, ma ad un livello più basso e “tecnico”.Binari separati?Nel Vecchio continente l’attivismo della Casa Bianca non è accolto positivamente. In un’ulteriore rappresentazione plastica della distanza siderale tra le due sponde dell’Atlantico, l’Eliseo ha risposto al “piano Trump” ribadendo che qualunque soluzione negoziale della crisi russo-ucraina non può prescindere dalla salvaguardia dell’integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica, chiudendo di fatto la porta alle ipotesi di riconoscimento della Crimea o di altre regioni come parte della Federazione.Una posizione, quella di Parigi, condivisa anche dall’esecutivo comunitario. “L’Ue non riconoscerà mai la Crimea come russa“, ha dichiarato il capo della diplomazia a dodici stelle, Kaja Kallas, che ha denunciato il recente attacco aereo di Mosca su Kiev come “una presa in giro” degli sforzi per raggiungere la pace. Dal Berlaymont si ribadisce che “l’Ucraina è l’unica che può decidere sulle condizioni per la pace” e che “è cruciale” difenderne “l’indipendenza, l’integrità territoriale e la sovranità”.Quanto al capitolo sanzioni, i Ventisette non intendono allentare le proprie e anzi sono al lavoro su un 17esimo pacchetto di misure restrittive, mentre a inizio maggio dovrebbe arrivare un’ulteriore stretta sulla stipula di nuovi contratti energetici con la Russia nei confronti delle aziende europee. Ma il vero problema è che l’Ue non sta toccando palla nella partita diplomatica per tentare di mettere fine alle ostilità nell’ex repubblica sovietica, bloccata dalle posizioni divergenti degli Stati membri. Da Bruxelles continuano a giungere molte dichiarazioni e qualche stanziamento finanziario, ma poco altro.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)Del resto, la riprova che i binari politici e strategici su cui si muovono Ue e Usa si sono ormai completamente separati arriva anche dalla notizia che Witkoff è nuovamente in viaggio verso Mosca, per parlare con Putin domani (25 aprile) per la quarta volta in tre mesi. L’inviato speciale di Trump ha dichiarato candidamente che sta sviluppando “un’amicizia” col presidente russo ed è tra i principali fautori della normalizzazione economica e diplomatica tra i due Paesi.Nel frattempo, proprio in queste ore il segretario generale della Nato Mark Rutte è a Washington, dove sta incontrando Rubio, il capo del Pentagono Pete Hegseth e il consigliere della Casa Bianca per la Sicurezza nazionale Michael Waltz. Non sono invece previsti in agenda, per il momento, incontri tra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente Trump, che saranno entrambi a Roma il prossimo sabato (26 aprile) per i funerali di papa Francesco insieme alle delegazioni di quasi tutti i Paesi del mondo.

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    Putin ha aperto a colloqui di pace diretti con l’Ucraina

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre tre anni, Vladimir Putin ha segnalato la volontà di intavolare colloqui diretti con Kiev per raggiungere una tregua. Per il momento, tuttavia, in pochi credono alla buona fede dell’inquilino del Cremlino, mentre crescono le pressioni internazionali sulla Casa Bianca per giungere in tempi rapidi alla stipula di un cessate il fuoco sostenibile.Parlando ai media statali ieri sera (21 aprile), il presidente russo ha affermato che la Federazione è disposta a discutere con l’ex repubblica sovietica la possibilità di sospendere gli attacchi reciproci alle infrastrutture energetiche e civili. “Abbiamo un atteggiamento positivo nei confronti di qualsiasi iniziativa di pace“, ha dichiarato, augurandosi “che i rappresentanti del regime di Kiev la pensino allo stesso modo”.Come confermato dal suo portavoce, Dmitry Peskov, “il presidente aveva in mente negoziati e discussioni con la parte ucraina”. È la prima volta che l’inquilino del Cremlino si rende disponibile a intavolare trattative dirette con l’Ucraina dopo aver lanciato l’invasione su larga scala nel febbraio 2022. Nei tempi recenti, si è sempre riferito alla leadership di Kiev come a un “regime nazista“, sostenendo di non voler negoziare col suo omologo Volodymyr Zelensky, ritenuto illegittimo.Il leader ucraino ha ribadito di essere aperto al dialogo, sostenendo che la sua amministrazione è “pronta per qualsiasi conversazione” capace di avvicinare la fine del conflitto. E ha reiterato la proposta, accettata il mese scorso dalla squadra negoziale ucraina sulla base di una proposta statunitense (ma mai presa in seria considerazione dalla parte russa), su una pausa di 30 giorni degli attacchi aerei e delle operazioni navali nel Mar Nero. Rilanciando ulteriormente, Zelensky ha scritto su X che Kiev, col sostegno dei suoi alleati occidentali, è disposta a lavorare per ottenere “un cessate il fuoco incondizionato, seguito dall’instaurazione di una pace reale e duratura“.Now, after Easter, the whole world can clearly see the real issue — the real reason why the hostilities continue. Russia is the source of this war. It is from Moscow that a real order must come for the Russian army to cease fire. And if there is no such firm Russian order for… pic.twitter.com/jS9cTiRQqd— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) April 21, 2025Nel suo intervento di ieri sera, Putin ha inoltre fatto riferimento anche ad una proposta, da lui stesso avanzata qualche giorno prima, per un’interruzione dei combattimenti nei giorni delle festività pasquali. Una tregua limitata che, tuttavia, lo stesso esercito russo non ha rispettato attaccando strutture civili, una settimana dopo il bombardamento su Sumy costato la vita ad oltre trenta persone.Del resto, storicamente gli accordi per la cessazione (parziale o totale) delle ostilità tra Russia e Ucraina non hanno quasi mai funzionato. Dopo dieci anni dalla stipula del memorandum di Budapest nel 1994 – col quale Kiev cedette a Mosca il proprio arsenale nucleare ereditato dall’Urss, in cambio dell’assicurazione che la Federazione avrebbe rispettato l’integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica – il Cremlino ha annesso unilateralmente la Crimea per poi sostenere i separatisti filorussi nel Donbass.Da allora, due deboli accordi di pace noti come protocolli di Minsk (siglati nel 2014 e 2015) avrebbero dovuto portare ad una tregua nei combattimenti ma sono stati ripetutamente violati, con entrambe le parti che si sono scambiate accuse a vicenda. Secondo Zelensky, nell’ultimo decennio l’ingombrante vicino ha infranto almeno 25 volte i termini del cessate il fuoco concordati nella capitale bielorussa.Ad ogni modo, a livello internazionale sta crescendo la pressione per giungere il più rapidamente possibile ad una qualche forma di composizione politica della crisi russo-ucraina. Dopo un apparente rallentamento a seguito degli infruttuosi colloqui di Riad, le iniziative diplomatiche si sono moltiplicate di recente con gli incontri di alto livello tra i vertici dell’amministrazione a stelle e strisce e quelli di Francia, Regno Unito e Germania. I quali si sono incontrati a Parigi la scorsa settimana e si riuniranno nuovamente a Londra domani (23 aprile), per discutere con la delegazione ucraina delle prossime mosse.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Donald Trump, che ha adottato nei confronti di Mosca posizioni decisamente più morbide rispetto al proprio predecessore e dei partner europei, sembra spazientito dalla lentezza delle trattative. Il segretario di Stato Marco Rubio ha ammonito che gli Usa potrebbero fare un passo indietro e abbandonare gli sforzi di mediazione tra i due belligeranti se non si otterranno progressi visibili nel giro di “giorni”, mentre il tycoon newyorkese ha ribadito ieri di vedere “ottime possibilità” di trovare a stretto giro una quadra su un cessate il fuoco.A quanto riferito nelle scorse ore, la Casa Bianca avrebbe elaborato una bozza di piano di pace che prevederebbe, tra le altre cose, il riconoscimento della Crimea come territorio russo de jure e l’impegno dell’Ucraina a non cercare l’adesione alla Nato. Zelensky ripete da tempo che non intende cedere nessuna delle regioni occupate da Mosca e che le garanzie di sicurezza dell’Alleanza nordatlantica sono le uniche possibili per mettere al sicuro l’ex repubblica sovietica.Ma è evidente che l’esercito ucraino non ha alcuna speranza di riconquistare con la forza le aree cadute sotto il controllo nemico, e che la Federazione tratta da una posizione nettamente più forte. Dietro le quinte si starebbe lavorando ad un incontro diretto tra Trump e Putin, anche se per il momento non è stato annunciato nulla di preciso al riguardo.Washington e Kiev sarebbero peraltro sul punto, sempre stando a indiscrezioni mediatiche, di concludere il famigerato accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie e delle materie prime critiche ucraine, la cui ultima versione presenterebbe condizioni più favorevoli all’ex repubblica sovietica rispetto alle precedenti. Ma da oltreoceano rimane ferma la contrarietà ad ogni coinvolgimento militare diretto nel monitoraggio di un’eventuale tregua che venisse raggiunta in Ucraina, con lo zio Sam che si è sfilato da tempo dalle discussioni su una potenziale “forza di rassicurazione” proposta dal presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer.

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    Le incomprensioni tra gli alleati di Kiev fanno il gioco di Mosca

    Bruxelles – Mentre l’inviato speciale della Casa Bianca incontra Putin a Mosca, in Europa gli alleati dell’Ucraina continuano a discutere su come garantire il mantenimento della pace nell’ex repubblica sovietica quando si raggiungerà una pausa nei combattimenti. Ma non tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, né tra le due sponde dell’Atlantico e nemmeno, a quanto pare, all’interno del Vecchio continente.Ad esempio, non sembrava esserci grande sintonia questa mattina (11 aprile) tra Kaja Kallas e John Healey, almeno a giudicare dalle riflessioni condivise separatamente dai due con la stampa. L’Alta rappresentante Ue per la politica estera ha sostenuto di non aver ottenuto la “chiarezza” che si aspettava dall’incontro dei ministri della Difesa della coalizione dei volenterosi, tenutasi ieri al quartier generale della Nato a Bruxelles. “Diversi Stati membri hanno opinioni diverse“, ha spiegato l’ex premier estone, “e le discussioni stanno andando avanti”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)Un’osservazione che ha spinto il titolare della Difesa britannico a offrire una precisazione qualche ora più tardi: i piani in via di definizione a livello della coalizione sono “reali, sostanziali e in fase avanzata“, ha dichiarato Healey, aggiungendo che “l’Ue non fa parte di tale pianificazione“. In effetti, le redini del gruppo – composto da una trentina di Paesi di cui fanno parte molti membri dell’Ue (ma non tutti), e di cui non fanno parte gli Stati Uniti – sono saldamente in mano a Londra e Parigi.Quanto ai contenuti di tali piani, dalla riunione di ieri sono emersi i quattro punti cardine intorno a cui si dovranno imperniare le operazioni della cosiddetta “forza di rassicurazione” (che non sarà una forza di peacekeeping): sicurezza nei cieli, sicurezza nel Mar Nero, fine dei combattimenti terrestri e rafforzamento delle forze armate ucraine. Queste ultime, ripetono da settimane gli alleati di Kiev, costituiranno l’elemento centrale della deterrenza contro potenziali nuove aggressioni russe.Il principale problema, in questa fase, è che per procedere con la definizione dei dettagli occorre conoscere i termini di un potenziale cessate il fuoco. Mancando quest’ultimo, è difficile per i vertici militari elaborare piani precisi. Inoltre, tutti i “volenterosi” continuano a ribadire la necessità che Washington fornisca un qualche tipo di asset – condivisione dell’intelligence, copertura aerea o addirittura truppe di terra – per garantire ulteriormente il mantenimento della pace, ma finora l’amministrazione a stelle e strisce ha rifiutato categoricamente ogni coinvolgimento militare nell’ex repubblica sovietica.In Brussels today, Defence Ministers and military leaders came together to build the momentum and progress of our Coalition of the Willing.We stand by Ukraine in the fight, and we will stand by Ukraine in the peace. pic.twitter.com/Y0mJkTRH5u— John Healey (@JohnHealey_MP) April 10, 2025Sia come sia, Healey ha presieduto oggi la riunione di un’altra formazione, il cosiddetto Gruppo di contatto per l’Ucraina (altrimenti noto come gruppo Ramstein), che di membri ne conta una cinquantina inclusi gli Usa, anche se il meeting odierno è stato il primo in cui Washington non faceva da padrone di casa (il capo del Pentagono, Pete Hegseth, era collegato da remoto). Al termine dell’incontro, il segretario alla Difesa di Sua Maestà ha annunciato nuovi aiuti a Kiev per un totale di oltre 21 miliardi di euro, definiti “un aumento record nel finanziamento militare per l’Ucraina”.Nel frattempo, in queste stesse ore è arrivato al Cremlino Steve Witkoff – il capo-negoziatore designato da Donald Trump per condurre le trattative tra Washington, Kiev e Mosca (nonostante il suo titolo ufficiale sia quello di inviato speciale per il Medio Oriente) – per incontrare personalmente Vladimir Putin. Prima di atterrare nella capitale della Federazione, Witkoff ha incontrato a San Pietroburgo Kirill Dmitriev, l’inviato di Putin per gli investimenti.L’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (foto: Mandel Ngan/Afp)Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha dichiarato che durante il faccia a faccia i due “potrebbero discutere” di un prossimo incontro tra Putin e Trump, ma non ha fornito ulteriori dettagli e ha anticipato che dalla visita odierna “non ci si dovrebbe aspettare alcun passo avanti” significativo. Sul suo social Truth, intanto, l’inquilino della Casa Bianca ha scritto che “la Russia deve darsi una mossa“.Le trattative diplomatiche per un cessate il fuoco sono sostanzialmente congelate da quando il presidente russo ha posto una serie di condizioni massimaliste per accettare una pausa nelle ostilità, che di conseguenza non si sono mai interrotte, nonostante Kiev si fosse dichiarata disponibile (in linea di principio) ad una tregua. Sul campo, la situazione volge da tempo a favore dell’esercito di Mosca, al punto che diversi analisti concordano nel ritenere imminente il lancio di una nuova offensiva primaverile da parte della Federazione, per far avanzare ulteriormente la linea del fronte e presentarsi al tavolo negoziale da una posizione ancora più forte.