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    Ucraina, Trump: “Forse la pace non è possibile”, gli Usa considerano nuove sanzioni a Mosca

    Bruxelles – Dopo il rifiuto di Vladimir Putin alla proposta di un cessate il fuoco in Ucraina di 30 giorni avanzata da Washington, il presidente americano Donald Trump ieri sera (4 maggio), in un’intervista alla NBC News, ha dichiarato che la sua decisione di firmare il decreto legge sulle sanzioni avanzato dal senatore repubblicano Lindsey Graham: “dipenderà dal fatto che la Russia si stia muovendo o meno in direzione della pace“.Graham, stretto alleato di Trump al Congresso, ha fatto sapere lo scorso 1 maggio che almeno 72 senatori sarebbero pronti votare a favore di ulteriori sanzioni contro la Federazione Russa e per ingenti dazi verso i Paesi che la supportano. La sensazione dominante a Washington è che i negoziati per la conclusione del conflitto russo-ucraino stiano andando troppo per le lunghe, e nonostante il presidente continui a mostrarsi fiducioso nei confronti della situazione, non fa mistero della sua insoddisfazione per l’atteggiamento di Mosca. “Vogliamo che la Russia e l’Ucraina accettino un accordo. Pensiamo di essere abbastanza vicini” ha detto Trump, ma in merito al raggiungimento dell’accordo in questione, ha dichiarato: “Credo che siamo più vicini con una parte, e forse non altrettanto vicini con l’altra. Ma dovremo vedere. Non vorrei dire a quale delle due parti siamo più vicini”. L’accordo sui minerali siglato il 1 maggio con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky può tuttavia suggerire quale sia effettivamente la più vicina delle parti.Riconducendo le sorti del conflitto russo-ucraino a una diatriba tra i rispettivi leader, Trump si è lasciato andare ad una amara costatazione: “Forse la pace non è possibile, c’è dell’odio tremendo. Parliamo di odio tremendo tra questi due uomini, e tra alcuni dei soldati e generali che hanno combattuto duramente per tre anni”. Il tycoon non si è tuttavia perso d’animo, evocando ancora una volta “ottime possibilità di farcela”.Già lo scorso 26 aprile Trump si era scagliato contro Putin, definendolo “non interessato davvero a finire la guerra”. Il ruolo di mediatore che il presidente statunitense si è assunto sin dai primi giorni della sua presidenza diventa sempre meno facile e la possibilità di sfilarsene è stata minacciata in diverse occasioni.  Ucraina e Stati Uniti non hanno ricevuto segnali di apertura verso la loro proposta di tregua di un mese, con Mosca che insiste per mantenerla a tre giorni, in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Vittoria del 9 maggio. L’iniziativa fa gioco al Cremlino, che per gli 80 anni dalla vittoria sovietica nel secondo conflitto mondiale ha invitato a Mosca diversi leader, tra cui il presidente cinese Xi Jinping, in visita ufficiale nel Paese tra il 7 e il 10 maggio.Intanto, come ha riferito ieri sera il New York Times, l’esercito statunitense sta attualmente trasferendo un sistema di difesa missilistico Patriot da Israele all’Ucraina. Con l’intensificazione degli attacchi russi contro Kiev, Odessa, Karkiv e Sumy, questa decisione viene incontro alla pressante richiesta di maggiore difesa aerea avanzata da Zelensky lo scorso 13 aprile, quando si era dichiarato pronto ad acquistare 10 sistemi Patriots da dislocare nelle città più densamente popolate del Paese. Le fonti non indicano alcun dettaglio sulla posizione di Trump in merito al trasferimento, e non chiariscono se tale iniziativa sia stata avviata da lui stesso o durante l’amministrazione del suo predecessore, Joe Biden. In ogni caso, gli alleati occidentali starebbero già discutendo la logistica di un eventuale trasferimento di un’altra batteria da parte della Germania o della Grecia.

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    Putin ha proposto un cessate il fuoco temporaneo in Ucraina

    Bruxelles – Sembra continuare a crescere la pressione internazionale per porre fine alla guerra in Ucraina. Qualche ora fa, Vladimir Putin ha proposto una tregua di tre giorni a inizio maggio, rispondendo indirettamente alle recenti esortazioni di Donald Trump, spazientito per lo stallo nei negoziati. Mosca e Kiev potrebbero avviare presto dei colloqui diretti, riprendendo un canale diplomatico interrotto da tre anni. Ma ci sono ancora molte incognite, sia sul campo di combattimento sia sui tavoli delle trattative, e i prossimi giorni si annunciano intensi dal punto di vista diplomatico.L’annuncio di PutinNel primissimo pomeriggio di oggi (28 aprile), il Cremlino ha annunciato di voler sospendere i combattimenti tra l’8 e l’11 maggio per “motivi umanitari”, ritenendo che anche Kiev “debba seguire questo esempio”. Il cessate il fuoco entrerebbe in vigore in concomitanza con le celebrazioni dell’80esimo anniversario della vittoria dell’Armata rossa contro i nazifascisti nella Seconda guerra mondiale (chiamata Grande guerra patriottica in Russia).Il 9 maggio, il cosiddetto “giorno della Vittoria“, si terrà nella Piazza Rossa a Mosca una grande cerimonia alla quale parteciperanno una ventina di ospiti di alto livello – tra cui il leader cinese Xi Jinping, il dittatore bielorusso Alexandr Lukashenko e addirittura il premier slovacco Robert Fico – ed è comprensibile che Vladimir Putin voglia tenere tutti al sicuro da potenziali attacchi dei droni ucraini, dimostratisi particolarmente efficaci.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)“In caso di violazione del cessate il fuoco da parte ucraina, le forze armate della Federazione Russa forniranno una risposta adeguata ed efficace”, recita il comunicato del Cremlino diffuso su Telegram. Lì si aggiunge anche che Mosca “dichiara ancora una volta la sua disponibilità a negoziati di pace senza precondizioni, volti a eliminare le cause alla radice della crisi ucraina, e a un’interazione costruttiva con i partner internazionali”.Le reazioni di Kiev e WashingtonLa proposta russa per una tregua temporanea è stata accolta con freddezza a Kiev. Il titolare degli Esteri ucraino, Andrij Sybiha, ha fatto notare che “se la Russia vuole veramente la pace, deve cessare il fuoco immediatamente” e per almeno 30 giorni, dimostrando che si tratta di un impegno “reale, non solo per una parata”. Del resto, i soldati di Mosca hanno recentemente violato la pausa di 30 ore proposta dallo stesso Putin in occasione della Pasqua.Dall’altro lato dell’Atlantico, a Washington, si insiste sulla necessità di un cessate il fuoco permanente. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha ribadito che Donald Trump “rimane ottimista sulla possibilità di trovare un accordo” e che “vuole essere un presidente pacificatore”. Ma ha anche sottolineato che il tycoon sarebbe “sempre più frustrato coi leader di entrambi i Paesi“, i quali dovrebbero muoversi per “negoziare la loro via d’uscita” dal conflitto.If Russia truly wants peace, it must cease fire immediately.Why wait until May 8th? If the fire can be ceased now and since any date for 30 days—so it is real, not just for a parade.Ukraine is ready to support a lasting, durable, and full ceasefire. And this is what we are…— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) April 28, 2025Al rientro negli States dopo la trasferta in Vaticano, dove ha avuto un breve colloquio con Volodymyr Zelensky in occasione dei funerali di papa Francesco lo scorso 26 aprile, Trump aveva esortato il presidente russo a far tacere le armi e sedersi al tavolo delle trattative. “Non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni”, ha scritto sul suo social Truth, aggiungendo che l’atteggiamento di Putin “mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso”, ad esempio ricorrendo a nuove sanzioni.“Voglio che smetta di sparare, si sieda e firmi un accordo“, ha concluso. Solo poche ore prima, Trump aveva sostenuto che i due belligeranti sarebbero stati “molto vicini ad un accordo, e le due parti dovrebbero ora incontrarsi a livelli molto alti per ‘farla finita’” dal momento che “c’è un accordo sulla maggior parte dei punti principali“.Il nodo dei territori occupatiIn realtà, su almeno un punto fondamentale si registra ancora profondo disaccordo tra Mosca e Kiev. Nelle scorse ore, il capo della diplomazia del Cremlino, Sergei Lavrov, ha ripetuto che il riconoscimento internazionale delle rivendicazioni territoriali della Russia – che riguardano la Crimea e le porzioni occupate delle oblast’ di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Cherson – sarà “imperativo” in qualunque negoziato di pace. All’indomani dell’incontro con Zelensky, il presidente Usa si era detto convinto che Kiev cederà a Mosca la Crimea, che la Federazione occupa dal 2014.Il presidente statunitense Donald Trump (sinistra) incontra il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky nella basilica di San Pietro, in Vaticano, il 26 aprile 2025 (foto via Imagoeconomica)Tuttavia, per l’Ucraina il riconoscimento formale delle regioni occupate è una linea rossa, non solo politicamente ma anche giuridicamente: a tale scopo andrebbe modificata la Costituzione e organizzato un referendum popolare, che avrebbe scarse possibilità di successo. Secondo gli osservatori, Kiev potrà al massimo avallare un riconoscimento de facto dell’occupazione, ma solo temporaneamente (nella speranza di poterla riconquistare in futuro, militarmente o diplomaticamente) e senza accettare de jure la sovranità di Mosca.Lo stesso discorso si applica, almeno in linea di principio, anche alle altre regioni ucraine parzialmente occupate dall’esercito russo. Soprattutto, gli ucraini insistono sul fatto che qualunque discussione relativa a eventuali cessioni territoriali dev’essere avviata solo dopo che un cessate il fuoco “completo e incondizionato” sia entrato in vigore per sospendere i combattimenti terrestri, aerei e marittimi.Quale pace per l’Ucraina?Si tratterebbe, almeno stando alle indiscrezioni giornalistiche, di uno degli elementi centrali nella controproposta di Kiev per mitigare alcuni aspetti del controverso piano di pace elaborato dall’amministrazione a stelle e strisce, giudicato troppo sbilanciato a favore della Russia, di cui Zelensky avrebbe brevemente discusso con Trump a San Pietro.Tra le principali richieste ucraine c’è la rimozione di qualunque clausola che limiti le dimensioni delle forze armate nazionali e, contemporaneamente, l’ammissione nel Paese di un contingente militare europeo (quella “forza di rassicurazione” che Emmanuel Macron e Keir Starmer stanno cercando di assemblare tramite la coalizione dei volenterosi) per garantire la sicurezza. Il presidente statunitense parrebbe aperto a considerare la fornitura di supporto logistico e, soprattutto, di condividere l’intelligence con tale contingente europeo, come chiedono da tempo Parigi, Londra e Kiev.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Ole Berg-Rusten/Afp)Prossimo alla firma sembra invece (forse, stavolta, sul serio) il famigerato accordo sulle materie prime critiche ucraine, rimbalzato per mesi tra Washington e Kiev. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha confermato che “il documento non considera l’assistenza fornita prima della sua stessa stipula“, come invece avrebbe preteso Trump (che chiedeva a Zelensky un risarcimento da 500 miliardi di dollari per gli aiuti inviati dal suo predecessore Joe Biden), e ha specificato che le clausole del contratto non violeranno gli obblighi che il Paese dovrà rispettare in termini di libera concorrenza con le aziende europee nell’ottica dell’adesione all’Ue.Nelle parole del segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, quella appena iniziata sarà una “settimana decisiva” per i negoziati sul conflitto. La Casa Bianca, dice, nei prossimi giorni valuterà “se entrambe le parti vogliono davvero la pace”. “Ci sono ragioni per essere ottimisti, ma anche per essere realisti“, ha aggiunto il capo della diplomazia a stelle e strisce, osservando che “siamo vicini (ad un accordo, ndr) ma non abbastanza”. La scorsa settimana, per la prima volta da tre anni a questa parte, Putin ha aperto alla possibilità di colloqui diretti con la leadership ucraina per raggiungere un’intesa negoziale.Staremo a vedere. Di sicuro c’è che, se è vero che la piccola porzione dell’oblast’ russa di Kursk conquistata dagli ucraini la scorsa estate è effettivamente stata liberata, Putin potrà sedersi al tavolo dei negoziati da una posizione ancora più forte. Proprio stamattina, peraltro, Mosca e Pyongyang hanno ufficialmente confermato che alla controffensiva russa hanno partecipato anche soldati nordcoreani, dei quali lo Stato maggiore della Federazione ha pubblicamente elogiato “l’eroismo”.

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    La “mediazione” di Trump in Ucraina non avanza: premia Mosca e penalizza Kiev

    Bruxelles – Tira una brutta aria per l’Ucraina. Negli ultimi giorni, il processo negoziale è parso muoversi lungo due binari paralleli, nettamente separati. Da un lato gli Stati Uniti che dialogano apertamente con la Russia. Dall’altro, l’Ucraina e i suoi alleati europei, che mantengono posizioni più intransigenti ma faticano a trovare un punto di caduta definitivo.Dopo il sostanziale stallo nelle trattative seguito al buco nell’acqua dei colloqui di Riad, Donald Trump ha ora impresso l’ennesima accelerazione ai negoziati tra Russia e Ucraina. L’impressione, tuttavia, è che l’ex repubblica sovietica sia stata messa con le spalle al muro da quello che dovrebbe essere il suo più potente alleato ma che, invece, appare decisamente intenzionato a chiudere la questione il più rapidamente possibile. Anche se questo significa di fatto darla vinta a Mosca.Gioco di sponda tra Mosca e WashingtonQuando, la scorsa settimana, l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff è volato in Russia per incontrare Vladimir Putin, avrebbe ottenuto dall’inquilino del Cremlino l’impegno a fermare l’avanzata delle sue truppe, congelando di fatto la linea del fronte. Nello specifico, il presidente russo si sarebbe offerto di “cedere” a Kiev le aree ancora sotto il controllo ucraino nelle quattro oblast’ parzialmente occupate (Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson), rinunciando a completarne la conquista militare. Rinunciando, cioè, a dei territori di cui non dispone e per ottenere i quali non sono bastati tre anni di guerra.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Un’offerta che, a quanto pare, è stata giudicata soddisfacente dall’amministrazione a stelle e strisce. Da giorni, tanto il presidente quanto il suo numero due, JD Vance, minacciano di ritirare Washington dalla mediazione se i due belligeranti non raggiungeranno rapidamente un accordo. “Abbiamo fatto una proposta molto esplicita sia ai russi sia agli ucraini“, ha ribadito ieri (23 aprile) il vicepresidente, “ed è ora che ci dicano ‘sì’ oppure gli Stati Uniti abbandoneranno questo processo”.Proprio l’altro ieri, Putin si è dichiarato disponibile ad intavolare dei negoziati diretti con la controparte, un cambio di tono rispetto alle posizioni rigide mantenute fin qui che ha fatto eco ad un’analoga apertura da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non è chiaro, tuttavia, se o quando i due leader potranno incontrarsi di persona.Il piano Trump (che non piace a Kiev)Ma la proposta cui si riferisce Vance è piuttosto problematica, per usare un eufemismo. Tanto che la leadership ucraina nega di averne ricevuto notifica formale dalla Casa Bianca. Zelensky ha liquidato le indiscrezioni giornalistiche circolate nelle ultime ore come “segnali, idee, discussioni“, ma nulla di ufficiale. Un modo diplomatico per prendere tempo senza scatenare un’altra scomposta reazione del suo irascibile omologo statunitense, si direbbe. La realtà è che ci sono diversi punti del “piano Trump” che sono semplicemente irricevibili per Kiev.La stringata “offerta finale” del tycoon newyorkese prevede anzitutto il riconoscimento de jure della penisola di Crimea come parte della Federazione Russa, 11 anni dopo l’annessione unilaterale del febbraio 2014. Un secondo elemento è il riconoscimento de facto del controllo di Mosca sulla quasi totalità del Luhansk e sulle porzioni occupate delle altre tre regioni menzionate prima, che la Russia considera proprio territorio dopo il referendum farsa del settembre 2022. C’è poi la promessa che Kiev non aderirà mai alla Nato, mentre rimarrebbe aperta la porta all’ingresso nell’Unione europea.La bozza, che sembra decisamente sbilanciata a favore della Russia, menziona inoltre la rimozione di tutte le misure restrittive imposte contro il Cremlino dal 2014, anche se parrebbero esserci dei mal di pancia all’interno dell’amministrazione Usa rispetto a questo punto. Punto che rimane politicamente controverso e che presenta delle complessità legali non indifferenti, ad esempio quelle legate al fatto che molte sanzioni non sono state comminate unilateralmente da Washington ma a livello di G7.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Le concessioni che otterrebbe l’Ucraina sono invece più limitate. A Kiev verrebbe assicurata una “robusta garanzia di sicurezza” da parte degli europei e di altri Paesi, anche se il documento rimane vago sull’entità e le regole di ingaggio di tale contingente. Il riferimento più naturale sarebbe alla cosiddetta “forza di rassicurazione” che Parigi e Londra stanno cercando di assemblare con la coalizione dei volenterosi, ma l’unica cosa certa per ora è che non ci sarà il coinvolgimento di truppe statunitensi.Trump sembra intenzionato a prendersi in carico la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa attualmente occupata dai russi, e a vendere l’elettricità prodotta dall’impianto sia a Kiev sia a Mosca. Il testo menziona poi il famigerato accordo sulle materie prime critiche ucraine, che ancora non è stato finalizzato, e propone infine di consentire la libera navigazione lungo il fiume Dnipro, che attualmente segna una parte del fronte tra i due eserciti.Reazioni e controreazioniDi sicuro c’è anche che Zelensky non ha gradito il piano di Trump. Soprattutto il passaggio sulla penisola del Mar Nero, considerata da Kiev una linea rossa invalicabile: “L’Ucraina non riconoscerà l’occupazione della Crimea“, ha ribadito il presidente per l’ennesima volta, spiegando che “è il nostro territorio, il territorio del popolo d’Ucraina, non c’è nulla da discutere“. Accoglienza fredda anche per quanto riguarda l’allentamento del regime sanzionatorio contro Mosca.Una risposta, quella dell’omologo ucraino, che ha irritato l’inquilino della Casa Bianca. In un post condiviso ieri sul suo social Truth, quest’ultimo ha bollato come “molto dannosa” la posizione di Kiev sulla Crimea poiché, dice, la penisola “è stata persa anni fa” quando fu “consegnata” ai russi dal suo predecessore Barack Obama. “Sono le dichiarazioni incendiarie come quelle di Zelensky che rendono così difficile risolvere questa guerra“, ha continuato il tycoon, aggiungendo che la scelta di fronte a Kiev è ora quella tra “avere la pace” e “combattere per altri tre anni prima di perdere l’intero Paese”.“Siamo molto vicini ad un accordo“, ha concluso, “ma l’uomo che non ha carte da giocare dovrebbe finalmente darsi una mossa“, riprendendo le sue stesse parole denigratorie usate contro Zelensky durante il litigio nello Studio ovale di fine febbraio. Le conseguenze sono riverberate anche nella sfera diplomatica. Nella mattinata di ieri, i colloqui previsti a Londra tra i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Ucraina, Regno Unito, Francia e Germania sono saltati dopo che il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, e Witkoff hanno annullato all’ultimo la propria partecipazione. Una consultazione è comunque avvenuta, ma ad un livello più basso e “tecnico”.Binari separati?Nel Vecchio continente l’attivismo della Casa Bianca non è accolto positivamente. In un’ulteriore rappresentazione plastica della distanza siderale tra le due sponde dell’Atlantico, l’Eliseo ha risposto al “piano Trump” ribadendo che qualunque soluzione negoziale della crisi russo-ucraina non può prescindere dalla salvaguardia dell’integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica, chiudendo di fatto la porta alle ipotesi di riconoscimento della Crimea o di altre regioni come parte della Federazione.Una posizione, quella di Parigi, condivisa anche dall’esecutivo comunitario. “L’Ue non riconoscerà mai la Crimea come russa“, ha dichiarato il capo della diplomazia a dodici stelle, Kaja Kallas, che ha denunciato il recente attacco aereo di Mosca su Kiev come “una presa in giro” degli sforzi per raggiungere la pace. Dal Berlaymont si ribadisce che “l’Ucraina è l’unica che può decidere sulle condizioni per la pace” e che “è cruciale” difenderne “l’indipendenza, l’integrità territoriale e la sovranità”.Quanto al capitolo sanzioni, i Ventisette non intendono allentare le proprie e anzi sono al lavoro su un 17esimo pacchetto di misure restrittive, mentre a inizio maggio dovrebbe arrivare un’ulteriore stretta sulla stipula di nuovi contratti energetici con la Russia nei confronti delle aziende europee. Ma il vero problema è che l’Ue non sta toccando palla nella partita diplomatica per tentare di mettere fine alle ostilità nell’ex repubblica sovietica, bloccata dalle posizioni divergenti degli Stati membri. Da Bruxelles continuano a giungere molte dichiarazioni e qualche stanziamento finanziario, ma poco altro.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)Del resto, la riprova che i binari politici e strategici su cui si muovono Ue e Usa si sono ormai completamente separati arriva anche dalla notizia che Witkoff è nuovamente in viaggio verso Mosca, per parlare con Putin domani (25 aprile) per la quarta volta in tre mesi. L’inviato speciale di Trump ha dichiarato candidamente che sta sviluppando “un’amicizia” col presidente russo ed è tra i principali fautori della normalizzazione economica e diplomatica tra i due Paesi.Nel frattempo, proprio in queste ore il segretario generale della Nato Mark Rutte è a Washington, dove sta incontrando Rubio, il capo del Pentagono Pete Hegseth e il consigliere della Casa Bianca per la Sicurezza nazionale Michael Waltz. Non sono invece previsti in agenda, per il momento, incontri tra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente Trump, che saranno entrambi a Roma il prossimo sabato (26 aprile) per i funerali di papa Francesco insieme alle delegazioni di quasi tutti i Paesi del mondo.

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    Putin ha aperto a colloqui di pace diretti con l’Ucraina

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre tre anni, Vladimir Putin ha segnalato la volontà di intavolare colloqui diretti con Kiev per raggiungere una tregua. Per il momento, tuttavia, in pochi credono alla buona fede dell’inquilino del Cremlino, mentre crescono le pressioni internazionali sulla Casa Bianca per giungere in tempi rapidi alla stipula di un cessate il fuoco sostenibile.Parlando ai media statali ieri sera (21 aprile), il presidente russo ha affermato che la Federazione è disposta a discutere con l’ex repubblica sovietica la possibilità di sospendere gli attacchi reciproci alle infrastrutture energetiche e civili. “Abbiamo un atteggiamento positivo nei confronti di qualsiasi iniziativa di pace“, ha dichiarato, augurandosi “che i rappresentanti del regime di Kiev la pensino allo stesso modo”.Come confermato dal suo portavoce, Dmitry Peskov, “il presidente aveva in mente negoziati e discussioni con la parte ucraina”. È la prima volta che l’inquilino del Cremlino si rende disponibile a intavolare trattative dirette con l’Ucraina dopo aver lanciato l’invasione su larga scala nel febbraio 2022. Nei tempi recenti, si è sempre riferito alla leadership di Kiev come a un “regime nazista“, sostenendo di non voler negoziare col suo omologo Volodymyr Zelensky, ritenuto illegittimo.Il leader ucraino ha ribadito di essere aperto al dialogo, sostenendo che la sua amministrazione è “pronta per qualsiasi conversazione” capace di avvicinare la fine del conflitto. E ha reiterato la proposta, accettata il mese scorso dalla squadra negoziale ucraina sulla base di una proposta statunitense (ma mai presa in seria considerazione dalla parte russa), su una pausa di 30 giorni degli attacchi aerei e delle operazioni navali nel Mar Nero. Rilanciando ulteriormente, Zelensky ha scritto su X che Kiev, col sostegno dei suoi alleati occidentali, è disposta a lavorare per ottenere “un cessate il fuoco incondizionato, seguito dall’instaurazione di una pace reale e duratura“.Now, after Easter, the whole world can clearly see the real issue — the real reason why the hostilities continue. Russia is the source of this war. It is from Moscow that a real order must come for the Russian army to cease fire. And if there is no such firm Russian order for… pic.twitter.com/jS9cTiRQqd— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) April 21, 2025Nel suo intervento di ieri sera, Putin ha inoltre fatto riferimento anche ad una proposta, da lui stesso avanzata qualche giorno prima, per un’interruzione dei combattimenti nei giorni delle festività pasquali. Una tregua limitata che, tuttavia, lo stesso esercito russo non ha rispettato attaccando strutture civili, una settimana dopo il bombardamento su Sumy costato la vita ad oltre trenta persone.Del resto, storicamente gli accordi per la cessazione (parziale o totale) delle ostilità tra Russia e Ucraina non hanno quasi mai funzionato. Dopo dieci anni dalla stipula del memorandum di Budapest nel 1994 – col quale Kiev cedette a Mosca il proprio arsenale nucleare ereditato dall’Urss, in cambio dell’assicurazione che la Federazione avrebbe rispettato l’integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica – il Cremlino ha annesso unilateralmente la Crimea per poi sostenere i separatisti filorussi nel Donbass.Da allora, due deboli accordi di pace noti come protocolli di Minsk (siglati nel 2014 e 2015) avrebbero dovuto portare ad una tregua nei combattimenti ma sono stati ripetutamente violati, con entrambe le parti che si sono scambiate accuse a vicenda. Secondo Zelensky, nell’ultimo decennio l’ingombrante vicino ha infranto almeno 25 volte i termini del cessate il fuoco concordati nella capitale bielorussa.Ad ogni modo, a livello internazionale sta crescendo la pressione per giungere il più rapidamente possibile ad una qualche forma di composizione politica della crisi russo-ucraina. Dopo un apparente rallentamento a seguito degli infruttuosi colloqui di Riad, le iniziative diplomatiche si sono moltiplicate di recente con gli incontri di alto livello tra i vertici dell’amministrazione a stelle e strisce e quelli di Francia, Regno Unito e Germania. I quali si sono incontrati a Parigi la scorsa settimana e si riuniranno nuovamente a Londra domani (23 aprile), per discutere con la delegazione ucraina delle prossime mosse.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Donald Trump, che ha adottato nei confronti di Mosca posizioni decisamente più morbide rispetto al proprio predecessore e dei partner europei, sembra spazientito dalla lentezza delle trattative. Il segretario di Stato Marco Rubio ha ammonito che gli Usa potrebbero fare un passo indietro e abbandonare gli sforzi di mediazione tra i due belligeranti se non si otterranno progressi visibili nel giro di “giorni”, mentre il tycoon newyorkese ha ribadito ieri di vedere “ottime possibilità” di trovare a stretto giro una quadra su un cessate il fuoco.A quanto riferito nelle scorse ore, la Casa Bianca avrebbe elaborato una bozza di piano di pace che prevederebbe, tra le altre cose, il riconoscimento della Crimea come territorio russo de jure e l’impegno dell’Ucraina a non cercare l’adesione alla Nato. Zelensky ripete da tempo che non intende cedere nessuna delle regioni occupate da Mosca e che le garanzie di sicurezza dell’Alleanza nordatlantica sono le uniche possibili per mettere al sicuro l’ex repubblica sovietica.Ma è evidente che l’esercito ucraino non ha alcuna speranza di riconquistare con la forza le aree cadute sotto il controllo nemico, e che la Federazione tratta da una posizione nettamente più forte. Dietro le quinte si starebbe lavorando ad un incontro diretto tra Trump e Putin, anche se per il momento non è stato annunciato nulla di preciso al riguardo.Washington e Kiev sarebbero peraltro sul punto, sempre stando a indiscrezioni mediatiche, di concludere il famigerato accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie e delle materie prime critiche ucraine, la cui ultima versione presenterebbe condizioni più favorevoli all’ex repubblica sovietica rispetto alle precedenti. Ma da oltreoceano rimane ferma la contrarietà ad ogni coinvolgimento militare diretto nel monitoraggio di un’eventuale tregua che venisse raggiunta in Ucraina, con lo zio Sam che si è sfilato da tempo dalle discussioni su una potenziale “forza di rassicurazione” proposta dal presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer.

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    Le incomprensioni tra gli alleati di Kiev fanno il gioco di Mosca

    Bruxelles – Mentre l’inviato speciale della Casa Bianca incontra Putin a Mosca, in Europa gli alleati dell’Ucraina continuano a discutere su come garantire il mantenimento della pace nell’ex repubblica sovietica quando si raggiungerà una pausa nei combattimenti. Ma non tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, né tra le due sponde dell’Atlantico e nemmeno, a quanto pare, all’interno del Vecchio continente.Ad esempio, non sembrava esserci grande sintonia questa mattina (11 aprile) tra Kaja Kallas e John Healey, almeno a giudicare dalle riflessioni condivise separatamente dai due con la stampa. L’Alta rappresentante Ue per la politica estera ha sostenuto di non aver ottenuto la “chiarezza” che si aspettava dall’incontro dei ministri della Difesa della coalizione dei volenterosi, tenutasi ieri al quartier generale della Nato a Bruxelles. “Diversi Stati membri hanno opinioni diverse“, ha spiegato l’ex premier estone, “e le discussioni stanno andando avanti”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)Un’osservazione che ha spinto il titolare della Difesa britannico a offrire una precisazione qualche ora più tardi: i piani in via di definizione a livello della coalizione sono “reali, sostanziali e in fase avanzata“, ha dichiarato Healey, aggiungendo che “l’Ue non fa parte di tale pianificazione“. In effetti, le redini del gruppo – composto da una trentina di Paesi di cui fanno parte molti membri dell’Ue (ma non tutti), e di cui non fanno parte gli Stati Uniti – sono saldamente in mano a Londra e Parigi.Quanto ai contenuti di tali piani, dalla riunione di ieri sono emersi i quattro punti cardine intorno a cui si dovranno imperniare le operazioni della cosiddetta “forza di rassicurazione” (che non sarà una forza di peacekeeping): sicurezza nei cieli, sicurezza nel Mar Nero, fine dei combattimenti terrestri e rafforzamento delle forze armate ucraine. Queste ultime, ripetono da settimane gli alleati di Kiev, costituiranno l’elemento centrale della deterrenza contro potenziali nuove aggressioni russe.Il principale problema, in questa fase, è che per procedere con la definizione dei dettagli occorre conoscere i termini di un potenziale cessate il fuoco. Mancando quest’ultimo, è difficile per i vertici militari elaborare piani precisi. Inoltre, tutti i “volenterosi” continuano a ribadire la necessità che Washington fornisca un qualche tipo di asset – condivisione dell’intelligence, copertura aerea o addirittura truppe di terra – per garantire ulteriormente il mantenimento della pace, ma finora l’amministrazione a stelle e strisce ha rifiutato categoricamente ogni coinvolgimento militare nell’ex repubblica sovietica.In Brussels today, Defence Ministers and military leaders came together to build the momentum and progress of our Coalition of the Willing.We stand by Ukraine in the fight, and we will stand by Ukraine in the peace. pic.twitter.com/Y0mJkTRH5u— John Healey (@JohnHealey_MP) April 10, 2025Sia come sia, Healey ha presieduto oggi la riunione di un’altra formazione, il cosiddetto Gruppo di contatto per l’Ucraina (altrimenti noto come gruppo Ramstein), che di membri ne conta una cinquantina inclusi gli Usa, anche se il meeting odierno è stato il primo in cui Washington non faceva da padrone di casa (il capo del Pentagono, Pete Hegseth, era collegato da remoto). Al termine dell’incontro, il segretario alla Difesa di Sua Maestà ha annunciato nuovi aiuti a Kiev per un totale di oltre 21 miliardi di euro, definiti “un aumento record nel finanziamento militare per l’Ucraina”.Nel frattempo, in queste stesse ore è arrivato al Cremlino Steve Witkoff – il capo-negoziatore designato da Donald Trump per condurre le trattative tra Washington, Kiev e Mosca (nonostante il suo titolo ufficiale sia quello di inviato speciale per il Medio Oriente) – per incontrare personalmente Vladimir Putin. Prima di atterrare nella capitale della Federazione, Witkoff ha incontrato a San Pietroburgo Kirill Dmitriev, l’inviato di Putin per gli investimenti.L’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (foto: Mandel Ngan/Afp)Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha dichiarato che durante il faccia a faccia i due “potrebbero discutere” di un prossimo incontro tra Putin e Trump, ma non ha fornito ulteriori dettagli e ha anticipato che dalla visita odierna “non ci si dovrebbe aspettare alcun passo avanti” significativo. Sul suo social Truth, intanto, l’inquilino della Casa Bianca ha scritto che “la Russia deve darsi una mossa“.Le trattative diplomatiche per un cessate il fuoco sono sostanzialmente congelate da quando il presidente russo ha posto una serie di condizioni massimaliste per accettare una pausa nelle ostilità, che di conseguenza non si sono mai interrotte, nonostante Kiev si fosse dichiarata disponibile (in linea di principio) ad una tregua. Sul campo, la situazione volge da tempo a favore dell’esercito di Mosca, al punto che diversi analisti concordano nel ritenere imminente il lancio di una nuova offensiva primaverile da parte della Federazione, per far avanzare ulteriormente la linea del fronte e presentarsi al tavolo negoziale da una posizione ancora più forte.

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    Ucraina, la Nato rimane sospettosa di Putin (e tira per la giacca Trump)

    Bruxelles – Nonostante i proclami sul cessate il fuoco in Ucraina, gli alleati europei di Kiev sono scettici circa la disponibilità del Cremlino di interrompere le ostilità e sedersi al tavolo delle trattative. Sotto i riflettori, per l’ennesima volta, le reali intenzioni della Russia nonché la linea dell’amministrazione a stelle e strisce, percepita come eccessivamente indulgente verso Mosca.Ieri e oggi (3 e 4 aprile), i ministri degli Esteri dei Paesi Nato si sono dati appuntamento al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles per coordinarsi sulla guerra ancora in corso nell’ex repubblica sovietica. Andrij Sybiha, titolare degli Esteri di Kiev, ha ripetuto l’impegno del suo Paese per una “pace duratura e globale”, ribadendo che “abbiamo accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco provvisorio di 30 giorni senza alcuna condizione”. Da Mosca si parla invece “di richieste e condizioni“, ha incalzato, aggiungendo che “la Russia deve fare sul serio per la pace“.Il messaggio, nemmeno troppo velato, condiviso da tutti i partecipanti è lo stesso: Washington non dovrebbe allentare la pressione sul Cremlino – che starebbe cercando di prendere tempo per ottenere un successo militare importante e trattare da una posizione di maggiore forza nei confronti dell’Ucraina – ma, semmai, aumentarla. Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha elogiato diplomaticamente “gli sforzi americani per superare lo stallo”, ma ha sottolineato l’importanza di “assicurarci che quando si raggiungerà un cessate il fuoco o un accordo di pace sia duraturo” e non venga infranto da nessuno dei belligeranti. Tradotto, significa che non si può lasciare carta bianca alla Russia.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In questa fase, la situazione sul campo appare favorevole alle truppe della Federazione, che starebbero ottenendo successi virtualmente lungo l’intera linea del fronte. Gli incentivi di Mosca per sospendere le ostilità appaiono dunque piuttosto scarsi, e lo sanno anche a Washington: “Continuiamo a dubitare che la squadra di Putin si presenti al tavolo con buone intenzioni“, ha ammesso un funzionario statunitense. Del resto, l’annuncio di una nuova mobilitazione per arruolare 160mila soldati non sembra esattamente una mossa distensiva.“È chiaro che Vladimir Putin non sembra avere alcuna volontà di avviare un cessate il fuoco e di iniziare negoziati di pace”, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Gli ha fatto eco l’omologo britannico, David Lammy: “Ti vediamo, Vladimir Putin. Sappiamo cosa stai facendo”. Anche per la tedesca Annalena Baerbock quelle del Cremlino sono “parole vuote“.Dopo essersi gloriato per aver convinto, a suo dire, tanto Vladimir Putin quanto Volodymyr Zelensky a sospendere i combattimenti per 30 giorni, il tycoon newyorkese ha aperto ad un alleggerimento delle sanzioni nei confronti della Russia, mentre Kiev ha rifiutato per la terza volta una bozza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe stipulare con Washington.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Recentemente è trapelata anche la notizia che il capo del Pentagono, Pete Hegseth, non parteciperà alla riunione del cosiddetto formato Ramstein (una cinquantina di Paesi che sostengono la resistenza ucraina) in calendario per il prossimo 11 aprile. Sarà la prima volta che i partner di Kiev si incontreranno senza gli Usa.Ora, dopo diversi giorni in cui sul fronte diplomatico nulla sembra muoversi (almeno non in superficie), il segretario di Stato Marco Rubio è venuto a Bruxelles a chiedere agli alleati europei di aumentare le spese per la difesa al 5 per cento del Pil, proprio mentre l’inquilino della Casa Bianca andava allo scontro con le economie del Vecchio continente imponendo dazi sull’import del 20 per cento.

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    L’Ue e gli Stati Uniti sono in disaccordo sulla questione delle sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Chiedendo di alleggerire parte delle sanzioni occidentali contro Mosca, Vladimir Putin sembra intenzionato a scavare un altro solco tra le sponde dell’Atlantico. Conta sulle aperture di Donald Trump e spera che Washington cominci a fare pressioni su Bruxelles perché ceda soprattutto sulla riammissione delle banche russe nello Swift. Per ora, dal Vecchio continente emerge la volontà di tenere la barra dritta senza cedere ai ricatti del Cremlino, ma siamo solo all’inizio di una partita geopolitica particolarmente delicata.I desiderata di PutinNelle ultime ore si è tornato a parlare con insistenza di sanzioni alla Russia, soprattutto quelle comminate dall’Ue e codificate in 16 pacchetti (l’ultimo adottato in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina lo scorso febbraio). Con una mossa da manuale, Vladimir Putin ha sparigliato le carte in tavola tirando in ballo, dopo che si erano conclusi i colloqui di Riad con gli Stati Uniti, la questione dell’allentamento di alcune misure restrittive contro Mosca.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In un comunicato con cui il Cremlino ha dato il suo resoconto dei negoziati, si menzionano una serie di condizioni poste dalla Federazione per rispettare la tregua appena concordata in Arabia Saudita. Tra tali condizioni, soprattutto, l’abolizione delle restrizioni contro la Rosselkhozbank (la banca agricola nazionale) e altri istituti bancari e assicurativi attivi nel commercio di prodotti agroalimentari e fertilizzanti, nonché di quelle contro produttori, esportatori ed armatori, e la loro riammissione sul sistema Swift, dal quale erano stati estromessi nel 2022.Non così in frettaLo Swift è un sistema informatico che collega oltre 11mila istituti in più di 200 Paesi in tutto il mondo, permettendo loro di scambiarsi qualcosa come 50 milioni di “messaggi finanziari” quotidianamente. La sede legale dell’ente si trova a La Hulpe, poco fuori Bruxelles, ed è pertanto sottoposta al diritto comunitario, incluso l’obbligo di rispettare le sanzioni decise dall’Ue.Secondo la vulgata del Cremlino, il ritiro nel luglio 2023 della Federazione dall’accordo sul grano mediato l’anno prima da Turchia e Onu (quell’iniziativa del Mar Nero che ora Mosca sta cercando di rimettere in piedi) sarebbe dovuto proprio al rifiuto degli europei e dell’amministrazione Usa di Joe Biden di ricollegare le banche russe allo Swift. Ma ora che nello Studio ovale è tornato il tycoon newyorkese, Putin ci sta riprovando. E stavolta potrebbe andargli meglio.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Di là dell’Atlantico si stanno infatti moltiplicando le voci possibiliste circa un eventuale alleggerimento del regime sanzionatorio internazionale contro la Russia, da concedere in cambio di un’entrata in vigore rapida del cessate il fuoco parziale concordato in Arabia Saudita. Trump ha dichiarato che “stiamo esaminando” le condizioni poste da Mosca, tenendo di fatto la porta aperta alle richieste di Putin (come si evinceva già dal comunicato diffuso dalla Casa Bianca dopo i colloqui sauditi). Anche il titolare del Tesoro statunitense, Scott Bessent, ritiene che “tutto sia sul tavolo” e che andrebbe iniziata “una lunga discussione” sulle modalità con cui “riportare la Russia nel sistema internazionale“.Le reazioni europeeIl problema è che non si tratta di decisioni che spettano (solo) a Washington. A Bruxelles, al contrario, c’è ben poco entusiasmo per procedere su questa strada. Tanto la Commissione quanto i Ventisette sembrano intenzionati a seguire la linea della fermezza contro l’aggressore russo. Potrebbe trattarsi del momento tanto agognato dalle cancellerie europee, in cui possono far sentire la loro voce nelle trattative sulla guerra d’Ucraina.Dall’esecutivo comunitario si fa sapere che “una delle principali precondizioni” per rivedere o abolire le sanzioni – una decisione che va presa all’unanimità dal Consiglio ogni sei mesi (e già messa a repentaglio più di una volta dall’Ungheria di Viktor Orbán) – sarà “la fine dell’aggressione russa” e “il ritiro di tutte le truppe russe” dall’ex repubblica sovietica. Le misure restrittive in questione puntano del resto a “massimizzare la pressione” su Mosca: se non fossero efficaci, il Cremlino non ci chiederebbe di rimuoverle, si ragiona al Berlaymont. Del medesimo avviso è anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, oggi a Parigi per partecipare alla riunione della coalizione dei volenterosi.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Pure tra gli Stati membri il mood sembra il medesimo. Emmanuel Macron, parlando dall’Eliseo accanto a Volodymyr Zelensky, ha detto chiaro e tondo ieri sera che “non elimineremo le sanzioni“, sostenendo che è ancora “troppo presto” per fare alla Federazione una concessione di questo genere. Per il presidente del Senato ceco, Miloš Vystrčil, accettare di rimuovere le sanzioni prima che Mosca interrompa i bombardamenti “è come se un marito picchiasse la moglie e dicesse che si fermerà solo quando la moglie smetterà di chiedere aiuto“. Sotto la spinta soprattutto di alcuni Paesi, come i baltici, si starebbe anzi lavorando in Ue al diciassettesimo pacchetto di sanzioni.Ma la partita diplomatica è complessa e il rischio di mettere il piede in fallo è dietro l’angolo. A Bruxelles c’è la consapevolezza che quelle di Putin potrebbero essere richieste strumentali, una trappola tesa dall’ex agente Kgb ai Ventisette. Se gli europei iniziano a discutere sul rinnovo delle sanzioni, le divisioni interne ai Ventisette faranno il gioco del Cremlino. Viceversa, se l’Ue dimostrasse unità nella fermezza, Mosca avrebbe una scusa per proseguire le trattative a due, dialogando esclusivamente con la Casa Bianca, poiché avrebbe “smascherato” la malafede degli europei.

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    Appena conclusi, i colloqui di Riad sulla tregua in Ucraina fanno già litigare Mosca e Kiev

    Bruxelles – Si sono concluse dopo tre giorni le trattative in Arabia Saudita tra Russia, Ucraina e Stati Uniti che dovrebbero rappresentare il primo passo di un complesso processo negoziale volto, in prospettiva, a porre fine alla sanguinosa guerra nell’ex repubblica sovietica. Ma già da ora si registrano incomprensioni, sbavature e differenze interpretative che potrebbero mettere a repentaglio quel poco che, pare, le delegazioni hanno appena concordato a Riad. Oggetto del contendere, più di ogni altra cosa, parrebbe l’eventualità di alleggerire il regime sanzionatorio nei confronti di Mosca.Le versioni di WashingtonNel pomeriggio di oggi (25 marzo), la Casa Bianca ha pubblicato due stringati comunicati contenenti i punti principali su cui sarebbero state raggiunte due intese separate, una con la delegazione di Kiev e l’altra con quella di Mosca. Tali resoconti riprendono gli aspetti centrali affrontati nei colloqui tenutisi nella capitale saudita, durante i quali la squadra a stelle e strisce ha incontrato le controparti ucraina (prima domenica 23 e poi ancora stamattina) e russa (ieri). Da un lato, la definizione dei dettagli tecnici relativi al cessate il fuoco di 30 giorni che concerne le infrastrutture. Dall’altro, la questione della navigazione nel Mar Nero.Stando alle note della Casa Bianca, i due Paesi belligeranti hanno concordato con gli Stati Uniti “di sviluppare misure per l’attuazione dell’accordo”, stipulato verbalmente da Donald Trump coi suoi omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky in due distinte telefonate, volto a “vietare gli attacchi contro le infrastrutture energetiche di Russia e Ucraina”. Con una simile formulazione viene così a chiudersi definitivamente il “caso” che si era aperto negli ultimi giorni circa le tipologie di strutture protette dalla tregua: salvi gli impianti energetici, come voleva Mosca, ma non porti e ferrovie come chiedeva Kiev.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Quanto al secondo punto, Ucraina e Russia avrebbero concordato “di garantire la sicurezza della navigazione, di eliminare l’uso della forza e di impedire l’utilizzo di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero”. Gli sforzi negoziali, in questo quadro, sono tesi a rimettere in piedi la cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, l’accordo risalente al luglio 2022 e mediato da Turchia e Onu che per un anno (finché Mosca non ne ha sospeso il rinnovo) ha permesso al grano ucraino di arrivare al resto del mondo attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e, parallelamente, ai fertilizzanti russi di venire esentati dalle sanzioni occidentali.Kiev e Mosca già in disaccordoI primi nodi stanno tuttavia già venendo al pettine, a partire dalle tempistiche e dalle modalità per l’avvio della tregua. Kiev sostiene che il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore immediatamente, mentre dal Cremlino si fa sapere che dovranno prima essere revocate le sanzioni che colpiscono le aziende russe attive nell’export di prodotti cerealicoli e fertilizzanti, ivi incluse entità quali compagnie di assicurazioni, armatori, fornitori di macchinari agricoli e istituti finanziari legati al settore commerciale in questione.Secondo quanto dichiarato in giornata dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il Segretario generale dell’Onu António Guterres sarebbe in contatto costante con Mosca per lavorare all’allentamento delle misure restrittive contro la Federazione. D’altra parte, nel comunicato della Casa Bianca si sottolinea l’impegno di Washington “a ripristinare l’accesso della Russia al mercato mondiale per le esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti, a ridurre i costi delle assicurazioni marittime e a migliorare l’accesso ai porti e ai sistemi di pagamento per tali transazioni”. Un passaggio sul quale il presidente ucraino non ha nascosto le proprie preoccupazioni.Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (foto d’archivio)Teoricamente, in base alle ricostruzioni (frammentarie e talvolta contraddittorie) disponibili al momento della pubblicazione di questo articolo, l’alleviamento delle sanzioni contro il Cremlino dovrebbe avvenire in seguito alla sospensione delle operazioni belliche da parte russa, e non prima come invece suggerito da Lavrov. Ma le sbavature della comunicazione ufficiale già sperimentate nelle ultime settimane intorno all’intero processo negoziale suggeriscono come minimo la prudenza dei condizionali.Mosca, per ora, preferisce non scoprire tutte le sue carte. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha spiegato che i contenuti dettagliati dei colloqui tecnici non verranno diffusi poiché troppo sensibili e ha affermato che sono attualmente “in fase di analisi”. Una nuova telefonata tra Putin e Trump non è attualmente in programma, ma Peskov ha sottolineato che, se del caso, potrebbe essere organizzata in tempi brevi. Alcune indiscrezioni emerse stamattina parlavano di una dichiarazione congiunta tra Cremlino e Casa Bianca, che però – sostengono fonti russe – sarebbe saltata “a causa della posizione dell’Ucraina”.Gli Stati Uniti, si legge ancora nei comunicati ufficiali, si impegnano infine “a contribuire allo scambio di prigionieri di guerra, al rilascio di detenuti civili e al ritorno dei bambini ucraini trasferiti con la forza”. L’imperativo, si ribadisce, è quello di “fermare le uccisioni da entrambe le parti” per giungere ad una “soluzione di pace duratura” tra i belligeranti. Al momento non sono però in vista colloqui a tre, che mettano cioè allo stesso tavolo i delegati ucraini, russi e statunitensi.L’Europa non ci credeIn Europa, tuttavia, non sembrano nutrirsi grandi illusioni circa le reali intenzioni di Putin e dei suoi. “Se la Russia ritiene che i confini dell’Ucraina siano solo una linea su una mappa, perché dovrebbe rispettare i confini di qualunque altro Paese?”, si è chiesto il presidente del Consiglio europeo, António Costa, intervenendo nel pomeriggio durante un evento a Bruxelles.Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo António Costa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: European Council)L’ex premier portoghese ha ribadito l’urgenza per l’Ue di costruire la propria autonomia strategica, sottolineando la necessità di uno “sforzo collettivo per rafforzare la nostra spesa per la difesa di oltre il 30 per cento, aprendo la strada a decisioni che stanno dando forma all’Europa della difesa” come appunto il piano di riarmo continentale targato Ursula von der Leyen.E continuano nel frattempo i lavori della coalizione dei volenterosi sotto l’egida di Parigi e Londra. Lo stesso Zelensky si recherà nella capitale transalpina domani (26 marzo) per incontrare l’inquilino dell’Eliseo in preparazione della riunione di giovedì, volta a finalizzare i dettagli operativi dell’iniziativa di peacekeeping che – nei piani suoi e del premier britannico Keir Starmer – dovrebbe garantire il rispetto di un’eventuale tregua totale in Ucraina. Se verrà mai stipulata.