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    Ucraina, la Nato rimane sospettosa di Putin (e tira per la giacca Trump)

    Bruxelles – Nonostante i proclami sul cessate il fuoco in Ucraina, gli alleati europei di Kiev sono scettici circa la disponibilità del Cremlino di interrompere le ostilità e sedersi al tavolo delle trattative. Sotto i riflettori, per l’ennesima volta, le reali intenzioni della Russia nonché la linea dell’amministrazione a stelle e strisce, percepita come eccessivamente indulgente verso Mosca.Ieri e oggi (3 e 4 aprile), i ministri degli Esteri dei Paesi Nato si sono dati appuntamento al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles per coordinarsi sulla guerra ancora in corso nell’ex repubblica sovietica. Andrij Sybiha, titolare degli Esteri di Kiev, ha ripetuto l’impegno del suo Paese per una “pace duratura e globale”, ribadendo che “abbiamo accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco provvisorio di 30 giorni senza alcuna condizione”. Da Mosca si parla invece “di richieste e condizioni“, ha incalzato, aggiungendo che “la Russia deve fare sul serio per la pace“.Il messaggio, nemmeno troppo velato, condiviso da tutti i partecipanti è lo stesso: Washington non dovrebbe allentare la pressione sul Cremlino – che starebbe cercando di prendere tempo per ottenere un successo militare importante e trattare da una posizione di maggiore forza nei confronti dell’Ucraina – ma, semmai, aumentarla. Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha elogiato diplomaticamente “gli sforzi americani per superare lo stallo”, ma ha sottolineato l’importanza di “assicurarci che quando si raggiungerà un cessate il fuoco o un accordo di pace sia duraturo” e non venga infranto da nessuno dei belligeranti. Tradotto, significa che non si può lasciare carta bianca alla Russia.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In questa fase, la situazione sul campo appare favorevole alle truppe della Federazione, che starebbero ottenendo successi virtualmente lungo l’intera linea del fronte. Gli incentivi di Mosca per sospendere le ostilità appaiono dunque piuttosto scarsi, e lo sanno anche a Washington: “Continuiamo a dubitare che la squadra di Putin si presenti al tavolo con buone intenzioni“, ha ammesso un funzionario statunitense. Del resto, l’annuncio di una nuova mobilitazione per arruolare 160mila soldati non sembra esattamente una mossa distensiva.“È chiaro che Vladimir Putin non sembra avere alcuna volontà di avviare un cessate il fuoco e di iniziare negoziati di pace”, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Gli ha fatto eco l’omologo britannico, David Lammy: “Ti vediamo, Vladimir Putin. Sappiamo cosa stai facendo”. Anche per la tedesca Annalena Baerbock quelle del Cremlino sono “parole vuote“.Dopo essersi gloriato per aver convinto, a suo dire, tanto Vladimir Putin quanto Volodymyr Zelensky a sospendere i combattimenti per 30 giorni, il tycoon newyorkese ha aperto ad un alleggerimento delle sanzioni nei confronti della Russia, mentre Kiev ha rifiutato per la terza volta una bozza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe stipulare con Washington.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Recentemente è trapelata anche la notizia che il capo del Pentagono, Pete Hegseth, non parteciperà alla riunione del cosiddetto formato Ramstein (una cinquantina di Paesi che sostengono la resistenza ucraina) in calendario per il prossimo 11 aprile. Sarà la prima volta che i partner di Kiev si incontreranno senza gli Usa.Ora, dopo diversi giorni in cui sul fronte diplomatico nulla sembra muoversi (almeno non in superficie), il segretario di Stato Marco Rubio è venuto a Bruxelles a chiedere agli alleati europei di aumentare le spese per la difesa al 5 per cento del Pil, proprio mentre l’inquilino della Casa Bianca andava allo scontro con le economie del Vecchio continente imponendo dazi sull’import del 20 per cento.

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    L’Ue e gli Stati Uniti sono in disaccordo sulla questione delle sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Chiedendo di alleggerire parte delle sanzioni occidentali contro Mosca, Vladimir Putin sembra intenzionato a scavare un altro solco tra le sponde dell’Atlantico. Conta sulle aperture di Donald Trump e spera che Washington cominci a fare pressioni su Bruxelles perché ceda soprattutto sulla riammissione delle banche russe nello Swift. Per ora, dal Vecchio continente emerge la volontà di tenere la barra dritta senza cedere ai ricatti del Cremlino, ma siamo solo all’inizio di una partita geopolitica particolarmente delicata.I desiderata di PutinNelle ultime ore si è tornato a parlare con insistenza di sanzioni alla Russia, soprattutto quelle comminate dall’Ue e codificate in 16 pacchetti (l’ultimo adottato in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina lo scorso febbraio). Con una mossa da manuale, Vladimir Putin ha sparigliato le carte in tavola tirando in ballo, dopo che si erano conclusi i colloqui di Riad con gli Stati Uniti, la questione dell’allentamento di alcune misure restrittive contro Mosca.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In un comunicato con cui il Cremlino ha dato il suo resoconto dei negoziati, si menzionano una serie di condizioni poste dalla Federazione per rispettare la tregua appena concordata in Arabia Saudita. Tra tali condizioni, soprattutto, l’abolizione delle restrizioni contro la Rosselkhozbank (la banca agricola nazionale) e altri istituti bancari e assicurativi attivi nel commercio di prodotti agroalimentari e fertilizzanti, nonché di quelle contro produttori, esportatori ed armatori, e la loro riammissione sul sistema Swift, dal quale erano stati estromessi nel 2022.Non così in frettaLo Swift è un sistema informatico che collega oltre 11mila istituti in più di 200 Paesi in tutto il mondo, permettendo loro di scambiarsi qualcosa come 50 milioni di “messaggi finanziari” quotidianamente. La sede legale dell’ente si trova a La Hulpe, poco fuori Bruxelles, ed è pertanto sottoposta al diritto comunitario, incluso l’obbligo di rispettare le sanzioni decise dall’Ue.Secondo la vulgata del Cremlino, il ritiro nel luglio 2023 della Federazione dall’accordo sul grano mediato l’anno prima da Turchia e Onu (quell’iniziativa del Mar Nero che ora Mosca sta cercando di rimettere in piedi) sarebbe dovuto proprio al rifiuto degli europei e dell’amministrazione Usa di Joe Biden di ricollegare le banche russe allo Swift. Ma ora che nello Studio ovale è tornato il tycoon newyorkese, Putin ci sta riprovando. E stavolta potrebbe andargli meglio.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Di là dell’Atlantico si stanno infatti moltiplicando le voci possibiliste circa un eventuale alleggerimento del regime sanzionatorio internazionale contro la Russia, da concedere in cambio di un’entrata in vigore rapida del cessate il fuoco parziale concordato in Arabia Saudita. Trump ha dichiarato che “stiamo esaminando” le condizioni poste da Mosca, tenendo di fatto la porta aperta alle richieste di Putin (come si evinceva già dal comunicato diffuso dalla Casa Bianca dopo i colloqui sauditi). Anche il titolare del Tesoro statunitense, Scott Bessent, ritiene che “tutto sia sul tavolo” e che andrebbe iniziata “una lunga discussione” sulle modalità con cui “riportare la Russia nel sistema internazionale“.Le reazioni europeeIl problema è che non si tratta di decisioni che spettano (solo) a Washington. A Bruxelles, al contrario, c’è ben poco entusiasmo per procedere su questa strada. Tanto la Commissione quanto i Ventisette sembrano intenzionati a seguire la linea della fermezza contro l’aggressore russo. Potrebbe trattarsi del momento tanto agognato dalle cancellerie europee, in cui possono far sentire la loro voce nelle trattative sulla guerra d’Ucraina.Dall’esecutivo comunitario si fa sapere che “una delle principali precondizioni” per rivedere o abolire le sanzioni – una decisione che va presa all’unanimità dal Consiglio ogni sei mesi (e già messa a repentaglio più di una volta dall’Ungheria di Viktor Orbán) – sarà “la fine dell’aggressione russa” e “il ritiro di tutte le truppe russe” dall’ex repubblica sovietica. Le misure restrittive in questione puntano del resto a “massimizzare la pressione” su Mosca: se non fossero efficaci, il Cremlino non ci chiederebbe di rimuoverle, si ragiona al Berlaymont. Del medesimo avviso è anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, oggi a Parigi per partecipare alla riunione della coalizione dei volenterosi.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Pure tra gli Stati membri il mood sembra il medesimo. Emmanuel Macron, parlando dall’Eliseo accanto a Volodymyr Zelensky, ha detto chiaro e tondo ieri sera che “non elimineremo le sanzioni“, sostenendo che è ancora “troppo presto” per fare alla Federazione una concessione di questo genere. Per il presidente del Senato ceco, Miloš Vystrčil, accettare di rimuovere le sanzioni prima che Mosca interrompa i bombardamenti “è come se un marito picchiasse la moglie e dicesse che si fermerà solo quando la moglie smetterà di chiedere aiuto“. Sotto la spinta soprattutto di alcuni Paesi, come i baltici, si starebbe anzi lavorando in Ue al diciassettesimo pacchetto di sanzioni.Ma la partita diplomatica è complessa e il rischio di mettere il piede in fallo è dietro l’angolo. A Bruxelles c’è la consapevolezza che quelle di Putin potrebbero essere richieste strumentali, una trappola tesa dall’ex agente Kgb ai Ventisette. Se gli europei iniziano a discutere sul rinnovo delle sanzioni, le divisioni interne ai Ventisette faranno il gioco del Cremlino. Viceversa, se l’Ue dimostrasse unità nella fermezza, Mosca avrebbe una scusa per proseguire le trattative a due, dialogando esclusivamente con la Casa Bianca, poiché avrebbe “smascherato” la malafede degli europei.

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    Appena conclusi, i colloqui di Riad sulla tregua in Ucraina fanno già litigare Mosca e Kiev

    Bruxelles – Si sono concluse dopo tre giorni le trattative in Arabia Saudita tra Russia, Ucraina e Stati Uniti che dovrebbero rappresentare il primo passo di un complesso processo negoziale volto, in prospettiva, a porre fine alla sanguinosa guerra nell’ex repubblica sovietica. Ma già da ora si registrano incomprensioni, sbavature e differenze interpretative che potrebbero mettere a repentaglio quel poco che, pare, le delegazioni hanno appena concordato a Riad. Oggetto del contendere, più di ogni altra cosa, parrebbe l’eventualità di alleggerire il regime sanzionatorio nei confronti di Mosca.Le versioni di WashingtonNel pomeriggio di oggi (25 marzo), la Casa Bianca ha pubblicato due stringati comunicati contenenti i punti principali su cui sarebbero state raggiunte due intese separate, una con la delegazione di Kiev e l’altra con quella di Mosca. Tali resoconti riprendono gli aspetti centrali affrontati nei colloqui tenutisi nella capitale saudita, durante i quali la squadra a stelle e strisce ha incontrato le controparti ucraina (prima domenica 23 e poi ancora stamattina) e russa (ieri). Da un lato, la definizione dei dettagli tecnici relativi al cessate il fuoco di 30 giorni che concerne le infrastrutture. Dall’altro, la questione della navigazione nel Mar Nero.Stando alle note della Casa Bianca, i due Paesi belligeranti hanno concordato con gli Stati Uniti “di sviluppare misure per l’attuazione dell’accordo”, stipulato verbalmente da Donald Trump coi suoi omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky in due distinte telefonate, volto a “vietare gli attacchi contro le infrastrutture energetiche di Russia e Ucraina”. Con una simile formulazione viene così a chiudersi definitivamente il “caso” che si era aperto negli ultimi giorni circa le tipologie di strutture protette dalla tregua: salvi gli impianti energetici, come voleva Mosca, ma non porti e ferrovie come chiedeva Kiev.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Quanto al secondo punto, Ucraina e Russia avrebbero concordato “di garantire la sicurezza della navigazione, di eliminare l’uso della forza e di impedire l’utilizzo di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero”. Gli sforzi negoziali, in questo quadro, sono tesi a rimettere in piedi la cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, l’accordo risalente al luglio 2022 e mediato da Turchia e Onu che per un anno (finché Mosca non ne ha sospeso il rinnovo) ha permesso al grano ucraino di arrivare al resto del mondo attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e, parallelamente, ai fertilizzanti russi di venire esentati dalle sanzioni occidentali.Kiev e Mosca già in disaccordoI primi nodi stanno tuttavia già venendo al pettine, a partire dalle tempistiche e dalle modalità per l’avvio della tregua. Kiev sostiene che il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore immediatamente, mentre dal Cremlino si fa sapere che dovranno prima essere revocate le sanzioni che colpiscono le aziende russe attive nell’export di prodotti cerealicoli e fertilizzanti, ivi incluse entità quali compagnie di assicurazioni, armatori, fornitori di macchinari agricoli e istituti finanziari legati al settore commerciale in questione.Secondo quanto dichiarato in giornata dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il Segretario generale dell’Onu António Guterres sarebbe in contatto costante con Mosca per lavorare all’allentamento delle misure restrittive contro la Federazione. D’altra parte, nel comunicato della Casa Bianca si sottolinea l’impegno di Washington “a ripristinare l’accesso della Russia al mercato mondiale per le esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti, a ridurre i costi delle assicurazioni marittime e a migliorare l’accesso ai porti e ai sistemi di pagamento per tali transazioni”. Un passaggio sul quale il presidente ucraino non ha nascosto le proprie preoccupazioni.Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (foto d’archivio)Teoricamente, in base alle ricostruzioni (frammentarie e talvolta contraddittorie) disponibili al momento della pubblicazione di questo articolo, l’alleviamento delle sanzioni contro il Cremlino dovrebbe avvenire in seguito alla sospensione delle operazioni belliche da parte russa, e non prima come invece suggerito da Lavrov. Ma le sbavature della comunicazione ufficiale già sperimentate nelle ultime settimane intorno all’intero processo negoziale suggeriscono come minimo la prudenza dei condizionali.Mosca, per ora, preferisce non scoprire tutte le sue carte. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha spiegato che i contenuti dettagliati dei colloqui tecnici non verranno diffusi poiché troppo sensibili e ha affermato che sono attualmente “in fase di analisi”. Una nuova telefonata tra Putin e Trump non è attualmente in programma, ma Peskov ha sottolineato che, se del caso, potrebbe essere organizzata in tempi brevi. Alcune indiscrezioni emerse stamattina parlavano di una dichiarazione congiunta tra Cremlino e Casa Bianca, che però – sostengono fonti russe – sarebbe saltata “a causa della posizione dell’Ucraina”.Gli Stati Uniti, si legge ancora nei comunicati ufficiali, si impegnano infine “a contribuire allo scambio di prigionieri di guerra, al rilascio di detenuti civili e al ritorno dei bambini ucraini trasferiti con la forza”. L’imperativo, si ribadisce, è quello di “fermare le uccisioni da entrambe le parti” per giungere ad una “soluzione di pace duratura” tra i belligeranti. Al momento non sono però in vista colloqui a tre, che mettano cioè allo stesso tavolo i delegati ucraini, russi e statunitensi.L’Europa non ci credeIn Europa, tuttavia, non sembrano nutrirsi grandi illusioni circa le reali intenzioni di Putin e dei suoi. “Se la Russia ritiene che i confini dell’Ucraina siano solo una linea su una mappa, perché dovrebbe rispettare i confini di qualunque altro Paese?”, si è chiesto il presidente del Consiglio europeo, António Costa, intervenendo nel pomeriggio durante un evento a Bruxelles.Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo António Costa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: European Council)L’ex premier portoghese ha ribadito l’urgenza per l’Ue di costruire la propria autonomia strategica, sottolineando la necessità di uno “sforzo collettivo per rafforzare la nostra spesa per la difesa di oltre il 30 per cento, aprendo la strada a decisioni che stanno dando forma all’Europa della difesa” come appunto il piano di riarmo continentale targato Ursula von der Leyen.E continuano nel frattempo i lavori della coalizione dei volenterosi sotto l’egida di Parigi e Londra. Lo stesso Zelensky si recherà nella capitale transalpina domani (26 marzo) per incontrare l’inquilino dell’Eliseo in preparazione della riunione di giovedì, volta a finalizzare i dettagli operativi dell’iniziativa di peacekeeping che – nei piani suoi e del premier britannico Keir Starmer – dovrebbe garantire il rispetto di un’eventuale tregua totale in Ucraina. Se verrà mai stipulata.

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    Ucraina, i colloqui di Riad non sembrano in grado di risolvere l’impasse

    Bruxelles – Fumata nera da Riad. I colloqui (separati) tra le delegazioni ucraina, russa e statunitense non sembrano portare a nessuna svolta cruciale nei negoziati, che al momento della pubblicazione sono ancora in corso. Vanno ancora appianate le principali divergenze che ostacolano la stipula di una tregua, mentre continuano i bombardamenti reciproci tra i due Paesi belligeranti. C’è stata, invece, una coda polemica per le osservazioni di Steve Witkoff, che a Kiev sono suonate come apologetiche nei confronti di Vladimir Putin.Shuttle diplomacy in Arabia SauditaC’è stato un grande viavai a Riad nelle ultime ore, mentre non accennano a fermarsi le bombe che piovono di qua e di là del fronte. Nella capitale dell’Arabia Saudita si sono riuniti nelle ultime 48 ore i team negoziali di Kiev, Washington e Mosca per due sessioni di bilaterali: ieri (23 marzo) gli ucraini si sono confrontati con gli emissari statunitensi, mentre questi ultimi hanno discusso oggi con la squadra russa e incontreranno poi nuovamente la delegazione ucraina.Sul tavolo soprattutto due portate. Da un lato, i dettagli tecnici del cessate il fuoco parziale concordato in linea di principio dai due belligeranti la scorsa settimana, cioè la definizione di quali infrastrutture dovrebbero essere risparmiate dai bombardamenti reciproci (se solo quelle energetiche o anche quelle civili). Dall’altro, una tregua dei combattimenti nel Mar Nero e la ripresa della cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, l’accordo mediato nel luglio 2022 dalla Turchia per il transito del grano ucraino attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli (e l’esenzione dei fertilizzanti russi dalle sanzioni occidentali) e mai più rinnovato dall’anno successivo.Domenica sera il capodelegazione ucraino, il ministro della Difesa Rustem Umerov, si era detto soddisfatto dello scambio con i negoziatori della Casa Bianca, definendolo “produttivo e mirato“. Stando al suo resoconto, le discussioni si erano incentrate intorno ad alcuni “elementi chiave inclusa l’energia”, ma non aveva fornito ulteriori dettagli. Anche Volodymyr Zelensky aveva parlato di colloqui “molto produttivi”, assicurando che la delegazione del Paese aggredito stava lavorando costruttivamente per giungere rapidamente ad una tregua sostenibile.We have concluded our meeting with the American team.The discussion was productive and focused — we addressed key points including energy.President Volodymyr Zelenskyy’s goal is to secure a just and lasting peace for our country and our people — and, by extension, for all of…— Rustem Umerov (@rustem_umerov) March 23, 2025Eppure, mentre i colloqui tra statunitensi e russi erano in corso, fonti ucraine hanno fatto sapere che la squadra di Kiev incontrerà nuovamente il team a stelle e strisce per un secondo round, presumibilmente per ricevere aggiornamenti. La sessione tra gli emissari del Cremlino e della Casa Bianca – ancora in corso mentre scriviamo – è stata descritta positivamente da parte russa: Grigory Karasin, uno dei negoziatori di Mosca, ha descritto i colloqui come “creativi” e ha sottolineato che le due delegazioni “comprendono il punto di vista l’una dell’altra”. Tuttavia, tutti gli osservatori (inclusi quelli russi) ritengono che dalla riunione odierna non uscirà alcun risultato importante capace di sbloccare lo stallo delle trattative.Gli incontri di questi giorni a Riad fanno seguito ad altri colloqui svoltisi nel regno mediorientale durante le scorse settimane, secondo il modello della cosiddetta shuttle diplomacy. L’11 marzo a Gedda le squadre di Kiev e Washington avevano concordato i termini per un cessate il fuoco totale (poi ridimensionato da Putin, che considerava quell’accordo troppo favorevole all’ex repubblica sovietica), mentre il 18 febbraio dei rappresentanti di alto livello della Casa Bianca e del Cremlino erano tornati a incontrarsi sempre nella capitale saudita, dopo tre anni in cui l’amministrazione di Joe Biden aveva isolato diplomaticamente la Federazione.Da sinistra: l’inviato statunitense per il Medio Oriente Steve Witkoff, il segretario di Stato Marco Rubio, il consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Waltz, il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan al-Saud, il consigliere per la Sicurezza nazionale Mosaad bin Mohammad al-Aiban, il consigliere del Cremlino per gli Affari esteri Yuri Ushakov e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov si incontrano a Riad, il 18 febbraio 2025 (foto: Evelyn Hockstein/Afp)Aperture a Putin?Ma i colloqui di Riad non erano iniziati sotto i migliori auspici. A far alzare un polverone erano stati alcuni interventi della vigilia da parte dell’inviato speciale di Washington per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che non è fisicamente presente in Arabia Saudita ma che – nonostante il suo titolo ufficiale suggerisca altrimenti – è stato designato dal presidente Donald Trump come capo-negoziatore per giungere ad una ricomposizione politica del conflitto.In un’intervista col cronista filo-trumpiano Tucker Carlson, Witkoff è parso amplificare la propaganda putiniana sulle cause profonde della guerra in corso: “In Russia c’è la sensazione che l’Ucraina sia un Paese falso“, ha dichiarato, aggiungendo che “la Russia considera queste cinque regioni (quelle parzialmente occupate del Cherson, Doneck, Luhansk e Zaporizhzhia, più la Crimea annessa unilateralmente nel 2014, ndr) come proprie dalla Seconda guerra mondiale ed è una cosa di cui nessuno vuole parlare”.Nel settembre 2022, Mosca ha organizzato dei referendum farsa per dare all’occupazione di quei territori una patina di legalità, ma tanto Kiev quanto i Paesi occidentali hanno finora rifiutato di considerarli validi. Witkoff si è chiesto se “il mondo riconoscerà che questi sono territori russi” e se “Zelensky può sopravvivere politicamente” ad un simile riconoscimento, sottolineando che si tratta della “questione centrale” del conflitto. L’inviato di Trump ha inoltre derubricato il tentativo del primo ministro britannico Keir Starmer di mettere in piedi con il presidente francese Emmanuel Macron una coalizione di volenterosi per monitorare un’eventuale tregua in Ucraina come un’ostentazione velleitaria.L’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (foto: Mandel Ngan/Afp)E ha ammesso candidamente che Vladimir Putin gli “piace”, che non lo considera “un cattivo ragazzo” e che, al contrario, sta sviluppando con lui una “amicizia” (i due si sono incontrati a Mosca due volte nel corso dell’ultimo mese). “Ho pensato che fosse sincero con me”, ha detto del presidente russo, sostenendo di ritenere che l’inquilino del Cremlino “vuole la pace”.Quanto basta per scatenare un ginepraio di reazioni indignate da parte di Kiev, col capo della commissione parlamentare per gli Affari esteri, Oleksandr Merezkho, spintosi a suggerire che Witkoff “dovrebbe essere rimosso come rappresentante di Trump perché scredita gli Stati Uniti e la loro politica estera”. Lo stesso Zelensky ha dichiarato in un’intervista alla rivista Time di ritenere “che la Russia sia riuscita a influenzare alcune persone del team della Casa Bianca“, convincendo diversi membri dell’amministrazione Trump “che gli ucraini non vogliono porre fine alla guerra e che bisogna fare qualcosa per costringerli”. Non esattamente il miglior viatico per le trattative in corso in Arabia Saudita.

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    Colloqui in vista a Riad tra Ucraina, Russia e Stati Uniti

    Bruxelles – Gli occhi del mondo intero saranno di nuovo puntati in Arabia Saudita lunedì (24 marzo), per passare agli infrarossi il doppio incontro della delegazione statunitense con le squadre negoziali di Russia e Ucraina. All’ordine del giorno soprattutto i dettagli della tregua nei cieli e la sicurezza della navigazione nel Mar Nero, mentre sembra espunta per il momento la questione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, su cui la Casa Bianca avrebbe messo gli occhi.Parlando ai giornalisti accanto al primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre da Oslo, dove si trovava in visita mentre i leader dei Ventisette rinnovavano da Bruxelles il loro sostegno all’ex repubblica sovietica, Volodymyr Zelensky ha confermato ieri (20 marzo) che lunedì prossimo una delegazione ucraina si recherà a Riad per incontrare i negoziatori statunitensi. Nella capitale saudita si terranno due bilaterali separati, ha spiegato il presidente: il team di esperti a stelle e strisce si siederà al tavolo prima con la squadra di Kiev e successivamente con quella di Mosca.— Jonas Gahr Støre (@jonasgahrstore) March 20, 2025Obiettivo delle trattative è trovare una quadra sugli aspetti tecnici del cessate il fuoco parziale di 30 giorni approvato sulla carta da entrambi i Paesi belligeranti ma che, per il momento, nessuno sta rispettando visto che i bombardamenti reciproci non si sono ancora interrotti. Il nodo principale da risolvere per far entrare in vigore la tregua riguarda la tipologia delle infrastrutture che dovrebbero essere risparmiate dai missili e dai droni in base all’accordo: i russi vorrebbero restringere il campo alle sole infrastrutture energetiche, laddove gli ucraini spingono per includere anche quelle civili come porti e reti ferroviarie.Gli imminenti colloqui sono stati confermati anche da parte russa. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha fatto riferimento alla cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, di cui Vladimir Putin e Donald Trump hanno discusso nella loro telefonata di martedì scorso (18 marzo). In base al confronto tra i due presidenti, una pausa nei combattimenti marittimi dovrebbe costituire un secondo step dopo lo stop ai bombardamenti aerei e un preludio ad un cessate il fuoco più ampio che includa anche le operazioni terrestri, a sua volta prerequisito per avviare i negoziati su una pace permanente.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Jim Watson/Afp)Zelensky ha negato di aver discusso con l’inquilino della Casa Bianca dell’eventuale cessione agli Usa della proprietà della centrale di Zaporizhzhia, l’impianto nucleare più grande d’Europa (nel 2021 forniva circa un quarto dell’intera produzione elettrica ucraina). Col tycoon, semmai, aveva parlato della gestione della struttura, che però è attualmente controllata dalle truppe di Mosca.Il leader ucraino ha infine dichiarato di non essersi confrontato con Trump riguardo al futuro della Crimea, la penisola formalmente parte del territorio ucraino che è stata annessa unilateralmente dalla Federazione nel 2014. Secondo molti osservatori, il presidente statunitense sarebbe propenso a cedere a Putin per accelerare le trattative verso la fine del conflitto, ma la linea ufficiale di Kiev è fermamente contraria.

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    Ucraina, Trump e Zelensky allineati sulle condizioni per la tregua

    Bruxelles – Continua a correre la diplomazia internazionale per cercare di mettere fine alla guerra d’Ucraina. Negli scorsi giorni, Donald Trump ha sentito al telefono gli omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Il presidente Usa sta cercando di portare entrambi al tavolo delle trattative e sta preparando un incontro tra i vari team negoziali in Arabia Saudita per definire gli aspetti tecnici del cessate il fuoco. Ma per il momento solo Kiev sembra essere in linea con Washington, mentre non ci sono grandi segnali di apertura da parte di Mosca.Dopo la lunga telefonata con Vladimir Putin di mercoledì (la seconda in due mesi), Donald Trump ha risollevato la cornetta ieri (19 marzo) per aggiornare Volodymyr Zelensky sullo stato dell’arte dei negoziati e per rinnovare il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina. L’ultimo confronto tra i due, avvenuto a fine febbraio nello Studio ovale, non era finito per niente bene.Quella di ieri, invece, è stata una “chiamata molto buona” secondo il tycoon, che ha segnalato di aver raggiunto un’unità d’intenti col suo interlocutore su alcuni punti fermi. Anzitutto sulla continuazione delle forniture: Washington si è impegnata a inviare a Kiev nuove batterie antiaeree e a non interrompere (di nuovo) la condivisione dell’intelligence, di fatto contravvenendo a quella che il Cremlino aveva posto come “condizione fondamentale” per accettare una tregua.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Zelensky (che ha descritto la conversazione come “forse la più produttiva che abbiamo mai avuto“) si è poi detto disposto ad implementare la proposta attualmente sul tavolo – il cessate il fuoco parziale concordato da Trump e Putin l’altroieri, che sostanzialmente annacqua la tregua totale discussa la settimana scorsa a Gedda da ucraini e statunitensi – nonostante nelle ultime ore ci siano stati diversi scambi di attacchi aerei tra la Federazione e l’ex repubblica sovietica.Dopo aver sentito l’omologo, il leader ucraino si sente talmente ottimista da sostenere che “sotto la guida americana” la pace può essere raggiunta “entro quest’anno”. Nel frattempo, nel pomeriggio di ieri è avvenuto lo scambio di prigionieri annunciato precedentemente: 175 soldati russi contro altrettanti ucraini, più 22 militari di Kiev gravemente feriti.Un’altra condizione che Putin era sembrato porre ieri implicava il riconoscimento da parte ucraina delle regioni occupate come formalmente parte del territorio della Federazione. Una richiesta irricevibile per Zelensky, che sostiene di aver ricevuto l’appoggio di Washington su questo tema delicato.Dalla telefonata è emersa anche la volontà di riunire in Arabia Saudita dei gruppi di esperti dei tre Paesi per degli incontri tecnici sull’implementazione del cessate il fuoco, ma non è chiaro se i colloqui avverranno a tre oppure se la squadra a stelle e strisce dialogherà separatamente con quelle di Kiev e Mosca. Il nodo del contendere sarebbe la definizione delle strutture che dovranno essere risparmiate dagli attacchi: gli statunitensi e gli ucraini vorrebbero estendere l’accordo sia alle infrastrutture energetiche sia a quelle civili (porti, arterie ferroviarie eccetera), mentre i russi mirerebbero a limitare il campo di applicazione solo a quelle energetiche.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Inoltre, i presidenti ucraino e statunitense hanno concordato una sorta di evoluzione del famigerato accordo sulle materie prime critiche, saltato dopo il diverbio in mondovisione alla Casa Bianca. Trump ha suggerito che gli Usa potrebbero assumersi la responsabilità di gestire le centrali nucleari ucraine, a partire da quella di Zaporizhzhia, la più grande del Paese e d’Europa, che però è attualmente sotto occupazione russa. “La proprietà americana di quegli impianti potrebbe essere la migliore protezione per quelle infrastrutture“, ha aggiunto, e fornirebbe una solida garanzia di sicurezza contro nuove aggressioni da parte di Mosca.Le sorti del conflitto in Ucraina rimangono del resto prioritarie nell’agenda politica europea. Proprio con una discussione sul tema, cui Zelensky è collegato da remoto, si è aperto il summit che riunisce a Bruxelles i leader dei Ventisette, a sole due settimane dal vertice straordinario del 6 marzo. Contemporaneamente, a Londra si sono dati appuntamento i capi di Stato maggiore dei 30 Paesi che compongono la coalizione dei volenterosi, l’iniziativa guidata da Francia e Regno Unito per inviare una forza di peacekeeping nell’ex repubblica sovietica non appena verrà effettivamente raggiunta una tregua.

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    Putin non sembra interessato ad una tregua in Ucraina

    Bruxelles – In pochi si aspettavano che Vladimir Putin accettasse di interrompere le ostilità in Ucraina rapidamente. Nonostante i colloqui in corso con gli Stati Uniti, non si registra grande disponibilità da parte russa a pervenire in tempi brevi ad una vera tregua, né a rispettare quella (parziale) che sembrava essere stata concordata ieri sera con Donald Trump. Lo dimostrano gli attacchi ordinati a stretto giro da Mosca contro l’ex repubblica sovietica, così come le condizioni avanzate dall’inquilino del Cremlino per accettare uno stop ai combattimenti, inaccettabili per Kiev.Seguendo un canovaccio cui ha ormai abituato il mondo, Vladimir Putin calcia per l’ennesima volta la palla in tribuna senza ammetterlo pubblicamente. L’aveva fatto prima di incontrare l’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (che nonostante il suo titolo sta conducendo anche le trattative sulla guerra in Ucraina), quando aveva preso tempo ponendo una serie di onerose condizioni sulla forma che un cessate il fuoco dovrebbe avere per essere accettabile da Mosca.L’ha fatto anche ieri sera, quando ha sentito al telefono Donald Trump per la seconda volta in due mesi. Ufficialmente, come si legge nel comunicato diffuso dal Cremlino dopo il colloquio, il leader russo avrebbe concordato con l’omologo statunitense una tregua di 30 giorni nei bombardamenti contro le infrastrutture energetiche e civili che andrebbe rispettata da entrambi i Paesi belligeranti.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Jim Watson/Afp)Putin si dice pronto a “collaborare con i suoi partner americani per un esame approfondito delle possibili soluzioni, che dovrebbero essere globali, sostenibili e a lungo termine”. Tali partner, naturalmente, dovranno anche tener conto della “necessità incondizionata di eliminare le cause profonde della crisi e dei legittimi interessi di sicurezza della Russia“.Ma la nota russa menziona, tra le altre cose, una condizione ritenuta “fondamentale” dalla Federazione “per prevenire l’escalation del conflitto e lavorare per la sua risoluzione” diplomatica: “La completa cessazione dell’assistenza militare straniera e la fornitura di informazioni di intelligence” a Kiev. Un punto che, stando alle dichiarazioni fornite dallo stesso Trump, non sarebbe invece stato affrontato durante la chiamata.Soprattutto, si tratta di una condizione irricevibile tanto per l’Ucraina quanto per i suoi alleati europei, che proprio in questi giorni stanno rinnovando (almeno alcuni) l’impegno a sostenere l’ex repubblica sovietica con nuovi invii di fondi, armi e munizioni. Putin avrebbe inoltre fatto presente “la necessità di fermare la mobilitazione forzata in Ucraina e il riarmo delle forze armate ucraine”. Una richiesta fatta mentre le truppe russe stanno avanzando in vari punti del fronte, dal Donbass all’oblast’ di Kursk, e che sembra pensata apposta per essere rifiutata da Kiev.Ad ulteriore testimonianza della scarsa credibilità degli impegni assunti da Mosca, poco dopo la fine della telefonata tra i due presidenti sono ripresi gli attacchi con droni sull’Ucraina, nonostante (stando al comunicato del Cremlino) Putin avesse dato ordine di interrompere immediatamente i bombardamenti contro le infrastrutture. La stampa russa ha parallelamente accusato Kiev di aver attaccato con droni diversi obiettivi sul territorio della Federazione.Il presidente finlandese Alexander Stubb (destra) accoglie a Helsinki l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky, il 19 marzo 2025 (foto: Heikki Saukkomaa/Afp)Volodymyr Zelensky, in visita a Helsinki, ha denunciato l’attacco notturno compiuto da 150 droni russi come la dimostrazione che Putin non vuole realmente una tregua: le sue parole sono “molto diverse dalla realtà“, ha dichiarato in una conferenza stampa accanto al presidente finlandese Alexander Stubb.E ha annunciato che sentirà Trump in giornata, per parlare dell’incontro previsto per domenica a Gedda (proprio dove le delegazioni di Kiev e Washington avevano elaborato la proposta per un cessate il fuoco completo, cestinata da Mosca) tra i team negoziali di Russia e Stati Uniti, in cui si dovrebbe discutere dei passi successivi della tregua a partire dall’estensione del cessate il fuoco alle operazioni nel Mar Nero.Al momento in cui scriviamo non si è ancora avuta notizia dello scambio di prigionieri annunciato ieri, che dovrebbe riguardare 175 soldati russi e altrettanti ucraini, più 23 militari di Kiev gravemente feriti in cura nelle cliniche della Federazione.

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    Putin prende tempo sul cessate il fuoco in Ucraina

    Bruxelles – Vladimir Putin prende tempo. Durante una conferenza stampa al Cremlino, ha sostenuto di essere “favorevole” in linea di principio alla cessazione delle ostilità in Ucraina, ma ha anche avvertito che ci sono ancora una serie di “questioni serie” da risolvere prima di poter dare il disco verde alla tregua. E ha poi calciato la palla in tribuna, rimandando ulteriori spiegazioni a dopo i colloqui che avrà nelle prossime ore: anzitutto con Steve Witkoff, atterrato ieri a Mosca, e poi (probabilmente) al telefono con Donald Trump.Tutto il mondo lo stava aspettando, col fiato sospeso. Ma come d’abitudine, il presidente russo non si è sbilanciato. Parlando nel pomeriggio di oggi (13 marzo) ai giornalisti accanto all’omologo bielorusso Aleksander Lukashenko, ha fornito qualche commento sulla proposta per un cessate il fuoco immediato di 30 giorni, messa nero su bianco dalle delegazioni di Kiev e Washington incontratesi l’altroieri a Gedda, in Arabia Saudita.“L’idea è buona e certamente la sosteniamo“, ha dichiarato, aggiungendo che la Russia è d’accordo con il “porre fine al conflitto in maniera pacifica”. Ma “ci sono questioni che devono essere discusse e negoziate coi nostri colleghi e partner americani, forse tramite una telefonata col presidente Trump“. Un colpo al cerchio e uno alla botte.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Putin si è detto “tecnicamente favorevole” non tanto all’accordo nella sua formulazione attuale – su cui il Cremlino già ieri aveva fatto trapelare un certo scetticismo – quanto alla necessità di giungere ad una fine delle ostilità per via diplomatica. Ma ha ribadito che ci sono diverse “sfumature” e “questioni serie” da esaminare, tra cui la situazione nell’oblast’ di Kursk, invaso dagli ucraini lo scorso agosto. In altre parole, la bozza di tregua non prende in sufficiente considerazione gli interessi cruciali della Federazione, che dovranno essere “studiate con estrema attenzione” durante i prossimi round negoziali.Nella prospettiva di Mosca, qualunque tregua accettabile dovrà “portare ad una pace duratura e rimuovere le cause alla radice di questa crisi“: una posizione che segnalerebbe, secondo alcuni analisti, come Putin non abbia affatto intenzione di abbandonare le sue richieste massimaliste legate alla complessiva architettura della sicurezza nel Vecchio continente (riguardo soprattutto al ruolo della Nato, contro cui si è scagliato per l’ennesima volta oggi attraverso una dichiarazione congiunta con Lukashenko).Prima che parlasse il presidente, un funzionario russo aveva comunicato che l’accordo negoziato dagli emissari di Kiev e Washington era sostanzialmente irricevibile poiché sarebbe solo servito a fornire “respiro” all’esercito ucraino, attualmente in ritirata dall’area di Kursk dove Putin si è recato in visita proprio ieri e sotto grande pressione lungo l’intera linea del fronte, che si estende per circa 2mila chilometri.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Putin sta parlando questa sera con Steve Witkoff, l’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente (che nonostante questo titolo sta gestendo le trattative sulla guerra in Ucraina), e potrebbe sentire al telefono il suo omologo statunitense Donald Trump nelle prossime ore, anche se non è stato ancora fissato ufficialmente un colloquio.Da Washington, pare intanto che il tycoon inizi a spazientirsi: “Dobbiamo concludere in fretta” l’accordo, ha dichiarato da Washington, poco dopo aver sostenuto che i negoziati “stanno andando bene”. Trump, che ha accolto oggi nello Studio ovale il capo della Nato Mark Rutte, ha aggiunto che troverebbe “molto deludente” se Putin rifiutasse il cessate il fuoco, mentre ieri aveva fatto alcune allusioni ad eventuali ritorsioni finanziarie con cui gli Stati Uniti potrebbero colpire la Russia se questa si sfilasse dalle trattative.