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    L’Ue adotta il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Kallas: “Allineati con gli Usa”

    Bruxelles – Poche ore prima dell’avvio del vertice Ue, in cui coi leader è presente Volodymyr Zelensky in persona, gli ambasciatori dei Ventisette hanno trovato la quadra per l’adozione del 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’approvazione formale è stata comunicata stamattina (23 ottobre) dalla presidenza danese del Consiglio e ha fatto seguito alla decisione della Slovacchia di rimuovere il proprio veto, come fanno sapere fonti diplomatiche italiane.Bratislava aveva bloccato le nuove misure restrittive sulla base di preoccupazioni legate principalmente al settore energetico, soprattutto dopo la recente approvazione delle norme sul phase-out dei combustibili fossili russi (adottate col voto contrario, appunto, di Slovacchia e Ungheria). Anche stavolta, come accaduto in passato, il primo ministro Robert Fico ha ottenuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen le garanzie che cercava riguardo all’approvvigionamento energetico e al sistema di scambio delle quote di emissioni per edifici e trasporti (Ets2).Cosa contiene il pacchettoL’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha scritto su X che il nuovo pacchetto “colpisce tra le altre cose le banche russe, gli scambi di criptovalute e le entità in India e Cina“, aggiungendo che “l’Ue sta limitando i movimenti dei diplomatici russi per contrastare i tentativi di destabilizzazione”. Il capo della diplomazia a dodici stelle aveva annunciato a inizio settimana di attendersi l’approvazione delle sanzioni – confezionate dall’esecutivo comunitario un mese fa – in concomitanza col summit dei capi di Stato e di governo.Il primo ministro slovacco, Robert Fico (sinistra), e il presidente del Consiglio europeo, António Costa (foto: Consiglio europeo)Il nuovo round di sanzioni punta a colpire, come già i precedenti, gli interessi energetici, finanziari e commerciali della Federazione. Sul primo versante, la novità principale è un divieto graduale di importazione del gas naturale liquefatto (gnl) di Mosca, su due scaglioni: i contratti a breve termine andranno rescissi entro sei mesi, mentre c’è tempo fino al primo gennaio 2027 per quelli a lungo termine. Viene poi inasprito il divieto di fare affari con due compagnie petrolifere russe, mentre si aggiungono altre 117 navi all’elenco della flotta ombra del Cremlino, per un totale di 558 imbarcazioni. Infine, vengono ampliati i criteri per individuare i porti dei Paesi terzi utilizzati per il trasferimento di Uav e missili da o per la Federazione, o per eludere le sanzioni sul greggio di Mosca.Dal punto di vista finanziario, viene introdotto un divieto totale di transazione con cinque banche russe e viene esteso quello già esistente relativamente ai sistemi di pagamento elettronico russi e a quattro banche di Bielorussia e Kazakistan. Limitazioni analoghe vengono introdotte per altre otto entità di Paesi terzi (cinque banche, due commercianti di petrolio e una piattaforma per lo scambio di criptovalute, alcune delle quali basate in Cina e in India), mentre viene introdotto il divieto totale di servizi di cripto-asset nella giurisdizione dell’Ue per cittadini ed entità russi. Introdotto anche un nuovo divieto per gli operatori europei di stipulare contratti economici con nove zone economiche speciali russe, così come il divieto di fornire riassicurazioni a aerei e navi russi nei primi cinque anni successivi alla vendita ad un Paese terzo.Sul piano del commercio, i Ventisette hanno approvato una serie di misure con l’obiettivo di migliorare il contrasto all’elusione delle sanzioni già in vigore. Vengono così individuati 45 nuovi soggetti che favoriscono l’elusione (di cui 17 al di fuori dei confini della Federazione), mentre vengono estesi i divieti di esportazione di prodotti industriali (tra cui sali, gomma, materiali da costruzione e bene tecnologici avanzati) e ad altre categorie di articoli sensibili (ad esempio i beni cosiddetti Chp, per la produzione di elettricità e calore, e quelli a duplice uso militare e civile). Viene inoltre esteso di un ulteriore anno il margine accordato alle imprese europee per disinvestire dalla Russia con l’obiettivo di cessare le attività commerciali nel Paese.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Quanto ai servizi, il nuovo pacchetto prevede un divieto per gli operatori europei di fornire servizi connessi alle attività turistiche nella Federazione, l’estensione del divieto di fornire servizi di intelligenza artificiale, cloud-computing e simili, e l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per tutti i servizi ancora consentiti (cioè non esplicitamente proibiti) e rivolti a persone o entità russe.Un’ultima novità è l’introduzione di un meccanismo per limitare la circolazione dei diplomatici russi, che prevede un sistema per cui gli Stati membri potranno notificare l’ingresso o il transito del personale diplomatico di Mosca sul proprio territorio alla Commissione, la quale potrà autorizzare le cancellerie ad adottare misure nazionali appropriate. Infine, il pacchetto comprende anche l’introduzione di nuovi elenchi relativi ai bambini ucraini rapiti dalle truppe di occupazione e di elenchi relativi al settore di ricerca e sviluppo militare della Russia.La sponda di WashingtonIl tempismo con cui è arrivato il disco verde da parte dei Ventisette per il nuovo round di misure restrittive è politicamente rilevante, dal momento che giusto ieri l’amministrazione statunitense ha comminato per la prima volta delle sanzioni ai danni delle due principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. La mossa, annunciata dal segretario al Tesoro Scott Bessent, segnala un sostanziale cambio di passo da parte del presidente Donald Trump, dopo mesi in cui era parso adottare una posizione più morbida nei confronti del Cremlino (dal faccia a faccia con Vladimir Putin in Alaska alle ritrosie sulla fornitura dei missili Tomahawk a Kiev).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Evidentemente, il tycoon è stato irritato dalle reticenze del suo omologo russo a porre fine alla guerra e ad incontrarsi personalmente a Budapest. Quel bilaterale, sbandierato come l’ennesima vittoria diplomatica del presidente Usa (nonché come successo personale del premier ungherese Viktor Orbán), è sfumato nelle scorse ore proprio a causa dell’indisponibilità dello zar ad accettare compromessi sulla fine del conflitto, a partire dal cessate il fuoco e dal congelamento della linea del fronte.Kallas ha colto la palla al balzo e ha rivendicato la ritrovata unità d’intenti sulle due sponde dell’Atlantico nei confronti del Cremlino. “Siamo molto felici dei segnali che riceviamo dall’America riguardo alle sanzioni sulla Russia”, ha dichiarato arrivando al vertice. “Penso sia un importante segnale di forza, che siamo allineati sulla questione“, ha aggiunto.Un altro tema sul tavolo dei leader Ue (di cui si discute da tempo) è quello del prestito per le riparazioni a Kiev, che andrebbe sostenuto coi proventi degli attivi russi congelati attualmente detenuti dall’istituto belga Euroclear. “Ci sono ancora alcune questioni che dobbiamo affrontare“, ammette Kallas, ma “il messaggio fondamentale è che la Russia è responsabile dei danni causati in Ucraina e deve pagare per quei danni”. L’Alta rappresentante riconosce i dubbi del governo belga, che non intende assumersi da solo la responsabilità giuridica di un’azione così forte: “Tutti sono d’accordo che nessun Paese dovrebbe sostenere i rischi o questo onere da solo“, ragiona, e garantisce che si sta lavorando ad un meccanismo per fornire garanzie al Belgio e assicurare la condivisione del rischio tra i Ventisette.

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    Trump duro con Zelensky all’incontro alla Casa Bianca. L’Ue alla finestra

    Bruxelles – L’incontro di venerdì 17 ottobre tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky è stato “turbolento”. Questa la descrizione arrivata dal Financial Times, che in queste ore sta diffondendo una serie di indiscrezioni sulla riunione tra i due leader. A quanto emerge, Trump avrebbe più volte utilizzato argomentazioni “filo-russe” per convincere Zelensky a porre fine al conflitto. La giravolta diplomatica di Trump è arrivata dopo la telefonata avuta giovedì con il suo omologo russo, Vladimir Putin. Dal colloquio telefonico sarebbero emersi i primi spiragli per un incontro tra i due leader, questa volta sul suolo dell’Unione Europea, a Budapest.La decisione non è stata accolta con entusiasmo a Bruxelles, anche se questa mattina l’Alta rappresentante dell’Unione, Kaja Kallas, a margine del Consiglio dell’UE Affari Esteri in corso, si è dichiarata favorevole a ogni possibile avanzamento dei colloqui di pace. Kallas ha precisato: “Siamo positivi rispetto a qualsiasi progresso”. Il possibile arrivo di Putin a Budapest è stato definito con diplomatica cautela “non bello da vedere”, considerato che sul presidente russo pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Kallas ha inoltre aggiunto che, in ogni caso, “verrà valutato l’esito dell’incontro”.EU prepares a new blow to the Kremlin: 19th sanctions package could be approved as early as ThursdayAccording to Kaja Kallas, the European Union may adopt its 19th package of sanctions against Russia as soon as this Thursday. Among the key topics under discussion is action… pic.twitter.com/tBjfIaoLMS— NEXTA (@nexta_tv) October 20, 2025Niente Tomahawk, in cambio una proposta irricevibileL’incontro tra Zelensky e Trump alla Casa Bianca può già essere ricondotto a un insuccesso, almeno dal punto di vista di Kyiv. L’intenzione ucraina era quella di ottenere i missili statunitensi a lungo raggio Tomahawk, un’arma strategica per colpire in profondità le difese russe. La trattativa, secondo le fonti interne consultate dal Financial Times, si sarebbe però trasformata in una “litigiosa discussione”, con Trump che “imprecava continuamente”.Il presidente americano ha spinto per il raggiungimento di un accordo di pace rapido, minacciando Zelensky di accettare un “deal” con Putin. “Se (Putin, ndr) lo vorrà, vi distruggerà”, ha sentenziato Trump nello Studio Ovale. Il punto su cui Trump ha insistito sarebbe stato la cessione completa degli oblast di Luhansk e Donetsk, oggi controllati solo per l’80 per cento da Mosca. In cambio di questa resa, Kyiv otterrebbe piccoli territori nelle regioni meridionali di Zaporizhzhia e Kherson.La proposta è, per gli ucraini, ampiamente insufficiente. “Cedere (il Donbass, ndr) alla Russia senza combattere è inaccettabile per la società ucraina, e Putin lo sa”, ha affermato Oleksandr Merezhko, presidente della Commissione per gli Affari Esteri del parlamento ucraino. L’iniziativa rappresenta, in ogni caso, uno dei primi piccoli spiragli russi all’interno delle trattative.La giravolta di TrumpIl clima teso è apparso in controtendenza rispetto alle recenti dichiarazioni del presidente americano. Nelle ultime settimane, il tycoon aveva insistito sulla qualità dell’esercito ucraino, “se vorranno, riconquisteranno tutti i territori occupati”, e aveva screditato Mosca per le sue difficoltà economiche, affermando che “è vicina al collasso”. Per interpretare le parole del presidente, però, è sempre più utile il dogma coniato dalla giornalista americana Salena Zito: “Bisogna prendere Trump seriamente, non letteralmente”. I cambi di maglia così repentini nascondono, a volte, un’obiettivo a lungo termine: l’accordo finale.La pressione di Bruxelles su MoscaIn Europa, intanto, le vie diplomatiche latitano e dunque l’Unione Europea si organizza per mettere pressione su Mosca. Nel Consiglio Affari Esteri di queste ore si discuterà dell’approvazione del diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e di un rafforzamento del sostegno all’economia ucraina. Al meeting parteciperà anche il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha. Parallelamente, nel Consiglio dell’UE sull’Energia, è stata adottata dai Paesi membri la posizione sul regolamento per la cessazione delle forniture di gas russo all’Unione Europea. L’idea è quella di fermare qualsiasi tipo di approvvigionamento entro il 2027.

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    Zelensky all’Onu: “Putin va fermato, la sicurezza si ottiene solo con le armi”

    Bruxelles – Dal podio delle Nazioni Unite, Volodymyr Zelensky ammonisce i leader globali sul pericolo posto da Vladimir Putin alla sicurezza internazionale. Rivolgendosi oggi pomeriggio (24 settembre) all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il presidente ucraino ha pronunciato un duro discorso contro il suo omologo russo e rinnovato ai suoi partner occidentali l’appello a sostenere Kiev.“Solo noi possiamo garantire la nostra sicurezza“, ha scandito all’inizio del suo attesissimo monologo, ribadendo il diritto del suo Paese a difendersi dall’aggressione lanciata dalla Federazione nel febbraio 2022. L’unica reale garanzia di sicurezza, dice, sono “gli amici con le armi“: Stati Uniti, in primis, ma anche gli alleati europei e della Nato riuniti nella coalizione dei volenterosi.Una doccia fredda di cinismo che mette a nudo una verità senza tempo, anche se normalmente omessa dalla retorica dei proclami pubblici: “Sono le armi a decidere chi sopravvive“, incalza Zelensky, e lo stesso diritto internazionale “non funziona senza armi” e senza “amici potenti veramente disposti a difenderlo”. Amici come Donald Trump, nella prospettiva del leader ucraino, che lo ha visto ieri sera in un bilaterale definito “positivo”. E pazienza se lo zio Sam, all’occorrenza, usa le sue armi anche per piegarlo, il diritto internazionale (ad esempio bombardando i siti nucleari iraniani).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e il suo omologo statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)A seguito dell’incontro di ieri, del resto, il presidente statunitense è parso cambiare idea per l’ennesima volta sul conflitto, forse in maniera ancora più clamorosa del solito. “Penso che l’Ucraina, col sostegno dell’Ue, sia in grado di combattere e riconquistare” tutti i propri territori entro i confini del 1991, ha scritto Trump su Truth, senza escludere che Kiev possa addirittura “andare oltre”, alludendo a nuovi sconfinamenti in Russia.Trump ha definito la Federazione una “tigre di carta” dal momento che “ha combattuto senza scopo per tre anni e mezzo una guerra che avrebbe dovuto richiedere meno di una settimana per essere vinta da una vera potenza militare”. “Putin e la Russia sono in grandi difficoltà economiche, e questo è il momento giusto per l’Ucraina per agire“, ha concluso, chiosando: “Continueremo a fornire armi alla Nato affinché la Nato possa disporne come vuole”. Cioè, appunto, inviarle a Kiev.Dal Palazzo di vetro, Zelensky si è poi scagliato direttamente contro l’aggressore: “Non c’è tregua perché la Russia si rifiuta” di sedersi al tavolo delle trattative, ha aggiunto. Al contrario, ammonisce, “Putin continuerà a portare avanti la guerra, ampliandola e intensificandola” ben oltre l’Ucraina. “I droni russi stanno già sorvolando l’Europa”, ricorda riferendosi alle invasioni degli spazi aerei di diversi membri orientali della Nato (Polonia, Romania e repubbliche baltiche) verificatesi negli scorsi giorni.Nel mirino di Mosca, assicura inoltre il presidente ucraino, c’è anche Chisinau. “La Moldova si sta difendendo ancora una volta dall’interferenza della Russia“, ha ribadito facendo eco ai molteplici campanelli d’allarme suonati dalla presidente della Repubblica, Maia Sandu, sulle massicce campagne di influenza orchestrate dal Cremlino per sabotare il voto del prossimo 28 settembre e riportare il piccolo Paese balcanico nella propria orbita.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per Zelensky, la stabilità del Vecchio continente verrà salvaguardata solo facendo desistere lo zar dal perseguire le sue mire neo-imperialiste. “Fermare Putin ora è meno costoso che cercare di proteggere ogni porto e ogni nave dai terroristi con droni marini”, ragiona. Al momento, tuttavia, il presidente russo non sembra intenzionato a cessare le ostilità. La Commissione europea ha da poco confezionato il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che dovranno ora essere approvate all’unanimità dai Ventisette, ma il club a dodici stelle continua a importare il petrolio e il gas russi.Infine, il presidente ucraino ha avvertito i leader globali sui rischi connessi allo sviluppo tecnologico al servizio della guerra, che si evolve più rapidamente della capacità degli Stati di difendersi. “Ora ci sono decine di migliaia di persone che sanno uccidere professionalmente usando i droni”, ha dichiarato, e sarebbe vicino il momento in cui i droni attaccheranno autonomamente “senza alcun coinvolgimento umano, tranne i pochi che controllano i sistemi di intelligenza artificiale”. “Stiamo vivendo la corsa agli armamenti più distruttiva della storia dell’umanità“, ha concluso, dopo aver appena chiesto più armi per difendersi dall’invasione.

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    Pronto il 19esimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia. Von der Leyen: “Le minacce aumentano, aumentiamo la pressione”

    Bruxelles – Energia, banche e criptovalute. Nel 19esimo pacchetto di sanzioni europee alla Russia c’è tutto quello che Ursula von der Leyen aveva anticipato pochi giorni fa al presidente statunitense Donald Trump, a partire dal cambio di marcia verso l’abbandono del gas naturale liquefatto russo. “Negli ultimi mesi la Russia ha dimostrato tutto il suo disprezzo per la diplomazia e il diritto internazionale”, ha affermato la leader Ue. Oltre ai pesanti raid su abitazioni civili e edifici governativi in Ucraina, il presunto disturbo al Gps dell’aereo della presidente della Commissione europea e le violazioni dello spazio aereo polacco e rumeno.Se “le minacce alla nostra Unione aumentano, noi rispondiamo aumentando la pressione”, ha proseguito von der Leyen. Alla fine, la stretta sugli import energetici dalla Russia arriva: “È ora di chiudere il rubinetto. Siamo pronti a farlo. Abbiamo risparmiato energia, diversificato le forniture e investito in fonti a basse emissioni di carbonio come mai prima d’ora”, ha assicurato la leader rivelando il divieto di importazione di GNL russo a partire dal primo gennaio 2027. Un anno prima dunque, rispetto al calendario previsto da REPowerEU.In più, von der Leyen ha annunciato l’abbassamento al tetto sul prezzo del petrolio russo a 47,6 dollari al barile. L’Unione stringe le maglie sulle principali compagnie energetiche del Cremlino: Rosneft e Gazprom Neft saranno “soggette al divieto totale di transazioni“, mentre saranno congelati i beni sul territorio europeo a “raffinerie, commercianti di petrolio e società petrolchimiche nei Paesi terzi, compresa la Cina”. Nella lista nera dell’Ue finiscono altre 118 navi della flotta fantasma con cui il Cremlino aggira le sanzioni sul greggio. In totale, Bruxelles ha individuato e sanzionato oltre 560 imbarcazioni.La seconda traccia seguita dalla Commissione europea sono le “scappatoie finanziarie utilizzate da Mosca per eludere le sanzioni”. E dunque, divieti di transazioni per altre banche in Russia e in Paesi terzi e “per la prima volta le nostre misure restrittive colpiranno le piattaforme per le criptovalute“. Infine, come sottolineato dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, “dobbiamo interrompere le forniture all’industria militare russa, in modo che non possa alimentare la sua macchina da guerra”. Il 19esimo pacchetto aggiunge ulteriori prodotti chimici, componenti metallici, minerali ai divieti di esportazione. “Stiamo rafforzando i controlli sulle esportazioni verso entità russe, cinesi e indiane“, ha spiegato Kallas: nell’elenco delle misure restrittive finiscono 45 nuove società in Russia e in Paesi terzi. “Il nostro messaggio è chiaro: chi sostiene la guerra della Russia e cerca di eludere le nostre sanzioni ne subirà le conseguenze”, ha proseguito il capo della diplomazia europea.Parallelamente, von der Leyen ha annunciato che “presto” la Commissione europea presenterà una proposta per l’utilizzo dei profitti generati dagli asset russi congelati in Ue per finanziare la spesa militare dell’Ucraina. La presidente della Commissione europea si è rivolta alle capitali: “Conto ora su di voi per un’adozione rapida del pacchetto”.

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    Ucraina, l’Ue promette nuove sanzioni alla Russia (ma è in ritardo sul 19esimo pacchetto). Metsola incontra Zelensky a Kiev

    Bruxelles – Scossa per l’ennesima volta da Donald Trump, l’Ue promette una nuova stretta sugli import energetici dalla Russia e cerca di coordinarsi con l’alleato transatlantico per aumentare ulteriormente la pressione sul Cremlino. Almeno a parole, Washington e Bruxelles sembrerebbero aver ritrovato una qualche unità d’intenti sul delicatissimo dossier della guerra in Ucraina. Ma dalle parole bisognerà passare ai fatti.Stando a quanto riportato da Ursula von der Leyen, lei e il tycoon avrebbero avuto una “buona conversazione” ieri sera (16 settembre), incentrata “sul rafforzamento dei nostri sforzi congiunti per aumentare la pressione economica sulla Russia” tramite un nuovo round di misure restrittive. La Commissione “presenterà presto il suo 19esimo pacchetto di sanzioni“, garantisce il capo dell’esecutivo comunitario, “che riguarderà le criptovalute, le banche e l’energia“.I had a good call with @POTUS on strengthening our joint efforts to increase economic pressure on Russia through additional measures.The Commission will soon present its 19th package of sanctions, targeting crypto, banks, and energy.Russia’s war economy, sustained by revenues…— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 16, 2025In particolare, nel mirino di von der Leyen e Trump sembrano finite le esportazioni di gas e petrolio della Federazione, uno dei principali introiti con cui Vladimir Putin finanzia la sua guerra. A tale scopo, dice la numero uno del Berlaymont, “la Commissione proporrà di accelerare l’eliminazione graduale delle importazioni di combustibili fossili” da Mosca.Per il momento non sono disponibili maggiori dettagli, ma le maglie da stringere sono quelle del regolamento con cui Bruxelles ha fissato alla fine del 2027 la scadenza per il phase-out completo dei prodotti energetici russi, adottato lo scorso giugno. Era stato del resto Trump a suggerire, sempre ieri, che “l’Europa dovrà smetterla di comprare petrolio dalla Russia“.L’inquilino della Casa Bianca ha anche strigliato nuovamente il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, sostenendo che “dovrà fare un accordo” con Putin se vuole mettere fine al conflitto. I due dovrebbero incontrarsi di persona nei prossimi giorni, ai margini dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso a New York.Sia come sia, il famigerato 19esimo pacchetto di sanzioni comunitarie – sul quale si lavora da quando è stato adottato il 18esimo, lo scorso luglio – sbandierato dalla stessa von der Leyen pochi giorni fa durante il suo discorso sullo stato dell’Unione, non si è ancora materializzato.Al Berlaymont minimizzano (non era mai stata fissata una data per la sua presentazione, dunque non c’è alcun ritardo, ragionano), ma i rappresentanti dei Ventisette avrebbero dovuto discutere la proposta già oggi. Secondo alcune ricostruzioni, il ritardo sarebbe da imputarsi proprio al tentativo di von der Leyen di coordinarsi con Trump in sede G7 (in parallelo all’accelerazione sul phase-out), anziché andare avanti da soli.La presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e quello della Verchovna Rada, Ruslan Stefanchuk (foto: Vladyslav Musiienko/Parlamento europeo)Nel frattempo, oggi la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola si è recata a Kiev per la quarta volta per portare la sua solidarietà al Paese aggredito. Il viaggio, nell’occasione dei 1300 giorni dall’inizio dell’invasione russa su larga scala, è servito anche per celebrare l’apertura di una delegazione del Parlamento europeo nella capitale ucraina, alloggiata nel medesimo edificio che ospita la delegazione dell’Ue, danneggiato da un bombardamento russo meno di un mese fa.Rivolgendosi ai deputati della Verchovna Rada, il legislativo monocamerale di Kiev, la numero uno dell’Aula di Strasburgo ha sottolineato la necessità di continuare a sostenere la resistenza contro l’aggressione e l’importanza di arrivare ad una “pace giusta e duratura” (inclusi i lavori della coalizione dei volenterosi sulle garanzie di sicurezza), così come il bisogno di alzare la pressione su Mosca.Anche l’adesione all’Ue “è di per sé una garanzia di sicurezza”, osserva Metsola. Ed esorta tanto Kiev a procedere senza indugi sulla strada delle riforme – “il ripristino dei poteri dei vostri organismi anticorruzione è stato un segnale importante”, dice riferendosi alla breve ma fulminante crisi di luglio – quanto Bruxelles a mantenere gli impegni presi, dando al più presto il via libera all’apertura del primo cluster di capitoli negoziali, quello dei cosiddetti “Fondamentali”.Il primo ministro slovacco Robert Fico (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Una decisione che tuttavia rimane ostaggio dei veti delle cancellerie, a partire dall’Ungheria di Viktor Orbán e dalla Slovacchia di Robert Fico. I due Stati membri, cavalli di Troia dello zar tra i Ventisette, stanno bloccando sistematicamente non solo l’avvio dei negoziati per far entrare Kiev nel club a dodici stelle ma anche l’imposizione delle sanzioni contro la Russia e l’esborso degli aiuti all’Ucraina. Budapest e Bratislava dicono di temere per la propria sicurezza energetica, essendo entrambe ancora dipendenti dagli idrocarburi russi.Ma la realtà è diversa. Lo sanno bene i cittadini slovacchi, che a decine di migliaia di cittadini sono scesi in piazza nelle ultime ore per protestare contro il marcato scivolamento del governo verso il Cremlino. Scivolamento la cui cartina da tornasole è, tra le altre cose, una stretta sempre più asfissiante sui diritti e le libertà fondamentali nel Paese mitteleuropeo, finalmente costata all’autoritario premier nazional-populista l’espulsione definitiva dai Socialisti europei.

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    Ucraina, 26 Paesi forniranno garanzie di sicurezza a Kiev. Ma tutti aspettano Trump

    Bruxelles – L’incontro della coalizione dei volenterosi tenutosi a Parigi stamane ha sancito la disponibilità di 26 Paesi a partecipare a vario titolo alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Gli europei offriranno a Kiev asset terrestri, aerei e marittimi per monitorare i termini un’eventuale tregua, che però ancora non si vede all’orizzonte. I leader del Vecchio continente hanno poi sentito Donald Trump, concordando maggiore coordinazione sulle future sanzioni ai danni della Russia.Pur tra mille incertezze, inizia a diradarsi la nebbia intorno alle famigerate garanzie di sicurezza che gli alleati occidentali di Kiev dovrebbero fornire all’Ucraina una volta terminata la guerra, in corso da più di tre anni e mezzo. Nella loro ennesima riunione svoltasi stamattina (4 settembre) nella capitale transalpina, i leader della coalizione dei volenterosi hanno discusso gli elementi principali intorno ai quali dovrebbe imperniarsi il mantenimento della pace nel dopoguerra, delineati ieri dai capi di Stato maggiore.Al meeting convocato da Emmanuel Macron erano fisicamente presenti, oltre a Volodymyr Zelensky, diversi leader della coalizione di 35 membri tra cui il primo ministro polacco Donald Tusk, il presidente finlandese Alexander Stubb e la premier danese Mette Frederiksen, più il presidente del Consiglio europeo António Costa, la numero uno della Commissione Ursula von der Leyen e l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff. Il premier britannico Keir Starmer ha co-presieduto l’incontro da remoto, mentre si sono collegati online anche Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Friedrich Merz.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e quello francese Emmanuel Macron (foto via Imgagoeconomica)Stando a quanto dichiarato dal padrone di casa, “26 Paesi si sono impegnati” a partecipare alla cosiddetta “forza di rassicurazione” per stabilizzare l’Ucraina nel post-conflitto, mettendo a disposizione asset di vario tipo per le tre componenti principali di tale operazione, “via terra, via mare o via aria“. Zelensky ha descritto come una “vittoria” la disponibilità di un numero così ampio di alleati, aggiungendo che “contiamo anche sul sostegno degli Stati Uniti“, che verrà definito in dettaglio “nei prossimi giorni”. Non è stato fornito un elenco ufficiale dei 26 Paesi suddetti.Il primo pilastro di tale forza di rassicurazione sarà dunque un contingente terrestre multinazionale che verrà schierato distante dal fronte, a differenza di quanto avviene nel peacekeeping tradizionale, dove i soldati stranieri si interpongono tra gli eserciti belligeranti lungo la linea di contatto. L’unica cosa certa è che dovranno essere gli europei a fornire le truppe, ma per ora non è chiaro né quanti militari verranno impegnati né, soprattutto, con quali regole d’ingaggio.Il secondo elemento sarà la protezione dei cieli ucraini, pattugliati dai caccia dei volenterosi. Anche in questo caso restano fumosi alcuni dettagli chiave, ad esempio se i piloti dovranno imporre una no-fly zone oppure alzarsi in volo solo per fornire supporto aereo in caso di necessità. Infine, verrà organizzata una missione navale per sminare le coste ucraine e rendere nuovamente navigabili le rotte commerciali del Mar Nero.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Il nodo più intricato da sciogliere rimane quello dell’invio di soldati sul campo. Gli europei sembrano restii ad esporsi direttamente, soprattutto finché gli Usa non specificheranno quale sarà il loro contributo. Si sa già che Washington non manderà truppe di terra: linea condivisa anche da Italia, Germania e Polonia. A fornire soldati ci dovrebbe pensare, tra gli altri, la Francia, che però è in preda ad una profonda crisi politica e potrebbe rimanere presto senza un governo.Meloni ha reiterato “la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington” (la clausola di mutua difesa della Nato) e ha ribadito “l’indisponibilità dell’Italia a inviare soldati in Ucraina”. La premier ha invece segnalato apertura per “iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini“.Sicuramente, non si stancano di ripetere i volenterosi, il nucleo di qualunque futura garanzia di sicurezza saranno le forze armate ucraine. “Dobbiamo trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio, indigesto per gli aggressori presenti e futuri”, ha ribadito in merito von der Leyen, promettendo che “l’Europa continuerà ad addestrare i soldati ucraini“.Concluso l’incontro, alcuni leader hanno sentito al telefono Donald Trump per aggiornarlo sull’esito dei colloqui. Secondo Macron, il presidente statunitense avrebbe concordato di collaborare più strettamente con gli alleati europei su future sanzioni contro la Russia e, potenzialmente, anche la Cina, puntando a colpire in particolare l’export energetico di Mosca. A sentire Zelensky, il tycoon si sarebbe anche detto “molto scontento” del fatto che Ungheria e Slovacchia stiano continuando ad acquistare combustibili fossili russi (proprio per questo Budapest e Bratislava sono da tempo in collisione diretta con Kiev).Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel frattempo, le iniziative diplomatiche per giungere ad una composizione della decennale crisi russo-ucraina sembrano languire su un binario morto. Dopo il faccia a faccia di ferragosto con Vladimir Putin, Trump si era mostrato fiducioso sulle possibilità di mediare un accordo in tempi brevi, da sancire tramite un bilaterale Putin-Zelensky ed eventualmente un trilaterale con lo stesso tycoon. Nelle ultime settimane, tuttavia, le prospettive di una svolta nelle trattative sono sfumate rapidamente e le posizioni dei belligeranti rimangono reciprocamente irricevibili.Lo stesso Trump, che aveva millantato in passato di poter far finire la guerra “in 24 ore”, ha recentemente ammesso che “sembra un po’ più difficile” far cessare le ostilità, mentre la Federazione continua a bombardare pesantemente l’Ucraina. L’inquilino della Casa Bianca non ha mai dato seguito alle minacce di colpire il Cremlino con “pesanti dazi” se lo zar non avesse accettato una tregua, e giusto ieri Putin ha provocato nuovamente Zelensky invitandolo a Mosca per negoziare.

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    Ucraina, i volenterosi a Parigi per definire le garanzie di sicurezza

    Bruxelles – Gli alleati di Kiev continuano a cercare la quadra sulle garanzie di sicurezza. Dopodomani a Parigi la coalizione dei volenterosi discuterà per l’ennesima volta di come sostenere l’Ucraina al termine delle ostilità, anche se le trattative sono in stallo da settimane. Ma rimane da sciogliere il nodo principale: il potenziale dispiegamento di soldati sul campo. Da Berlino sono arrivate parole nette all’indirizzo di Ursula von der Leyen, che gioca a fare il comandante in capo di una forza militare che non c’è.Il menù sul tavolo della trentina di partecipanti alla coalizione dei volenterosi, che si incontreranno giovedì (4 settembre) nella capitale transalpina, è lo stesso da mesi. La portata principale è costituita dalle ormai famigerate garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina una volta cessata la guerra, in corso da più di tre anni e mezzo. Nonostante se ne discuta da tempo, tuttavia, nessuno è ancora in grado di definirle chiaramente, indicando con precisione su quali elementi si baseranno e, soprattutto, chi fornirà cosa.Alla riunione parigina di dopodomani, co-presieduta da Emmanuel Macron e Keir Starmer, dovrebbero partecipare in presenza anche Volodymyr Zelensky, Ursula von der Leyen e il Segretario generale della Nato Mark Rutte. Il presidente ucraino chiederà nuovi aiuti e cercherà di spingere i suoi alleati ad aumentare la pressione su Vladimir Putin, che non sembra minimamente interessato a sedersi al tavolo negoziale nonostante la sceneggiata di ferragosto in Alaska con Donald Trump.Il presidente francese Emmanuel Macron (foto via Imagoeconomica)Il nodo più intricato è quello dell’invio di un contingente multinazionale sul suolo ucraino, che per essere credibile dovrebbe contare almeno 30mila soldati – al netto dell’inquadramento di una tale “forza di rassicurazione“, essenzialmente diversa dalle classiche operazione di peacekeeping (se non altro perché le truppe non monitorerebbero il fronte ma rimarrebbero nelle retrovie, pronte a sostenere l’esercito di Kiev in caso di nuova aggressione russa). Un’opportunità che parrebbe avere un qualche senso dal punto di vista strategico, ma che rimane difficile da digerire sul piano politico.Nessun capo di Stato o di governo occidentale prende alla leggera l’impegno a mandare i propri soldati all’estero, soprattutto al di fuori del cappello Nato. Al momento pare che gli unici disponibili a inviare i proverbiali “stivali sul terreno” siano proprio Macron e Starmer, anche se quest’ultimo in tempi recenti avrebbe raffreddato gli ardori dei mesi scorsi. Contrari, invece, Italia, Germania e soprattutto Stati Uniti. Washington ha accettato di offrire un non meglio specificato backstop ad ucraini ed europei, e le altre cancellerie hanno fatto ampiamente capire che senza il sostegno dello zio Sam non si va da nessuna parte.Le difficoltà su questo fronte sono emerse plasticamente ieri (primo settembre), quando il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha criticato aspramente la fuga in avanti di Ursula von der Leyen sulla questione. In una recente intervista al Financial Times, il capo dell’esecutivo comunitario ha sostenuto che i volenterosi avrebbero elaborato “piani piuttosto precisi” rispetto all’impegno nel dopoguerra, compreso un eventuale contingente terrestre.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: Dati Bendo/Commissione europea)Un passo di troppo per Berlino, dove il governo è alle prese con una complessa riforma della Bundeswehr. Con commenti caustici, Pistorius ha sottolineato che “l’Ue non ha alcuna responsabilità né competenza in materia di dispiegamento di truppe, per nessuno e per nessun motivo”, offrendo un consiglio al vetriolo per la numero uno del Berlaymont: “Mi asterrei dal confermare o commentare in alcun modo tali considerazioni“, ha rincarato, ritenendo “assolutamente sbagliato” discutere pubblicamente dei piani militari prima che i belligeranti abbiano stipulato una tregua. Lo stesso cancelliere federale Friedrich Merz ha ribadito che allo stadio attuale “nessuno sta parlando di truppe di terra“.Una soluzione politicamente politicamente più accettabile per i volenterosi potrebbe essere la fornitura di supporto aereo e logistico, inclusi la condivisione d’intelligence e l’addestramento delle forze armate di Kiev, come ventilato la scorsa settimana dall’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas. Sicuramente, come ripete da tempo von der Leyen, la strategia su cui tutti concordano è quella di fare dell’Ucraina un “porcospino d’acciaio“, rafforzando il suo esercito al punto da renderla “indigesta” per qualunque aggressore.D’altro canto, le iniziative diplomatiche per giungere alla cessazione delle ostilità sembrano giunte ad un binario morto. L’ultimo incontro diretto tra le delegazioni negoziali dei belligeranti si è risolto nell’ennesimo buco nell’acqua e non si vede all’orizzonte alcuna svolta nelle trattative. Mosca continua a bombardare il suo vicino ed è arrivata a colpire anche la sede della delegazione Ue a Kiev.Nello specifico, le posizioni dei belligeranti sulle garanzie di sicurezza sono inconciliabili: per la Russia se ne dovrebbe parlare solo una volta raggiunta l’intesa su una tregua (ma la presenza di truppe Nato è inaccettabile per Mosca), mentre l’Ucraina le ritiene un prerequisito essenziale per sedersi al tavolo. Del resto, lo zar sta infrangendo uno dopo l’altro gli ultimatum lanciati da Trump, senza che la Casa Bianca abbia messo in campo alcuna delle “gravi conseguenze” minacciate negli scorsi mesi.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel frattempo, l’inquilino del Cremlino ha sostenuto di non essere mai stato contrario all’adesione dell’Ucraina all’Ue durante un colloquio a Pechino col primo ministro slovacco Robert Fico, uno dei cavalli di Troia di Putin all’interno del club a dodici stelle. Lo zar ha dichiarato di “apprezzare molto” l’autonomia di Bratislava nel seguire una “politica estera indipendente“, mentre il suo interlocutore ha precisato che “l’Ucraina deve soddisfare tutte le condizioni per entrare nell’Ue”, sottolineando che “i criteri politici non possano prevalere sui criteri di preparazione”.Si tratta del terzo faccia a faccia tra Fico e Putin nel giro di un anno, con buona pace della pretesa di Bruxelles di aver mantenuto un fronte unitario nei confronti di Mosca. L’atro sodale di Putin nell’Unione, il premier ungherese Viktor Orbán, sta continuando a bloccare tanto l’apertura dei negoziati di adesione quanto l’esborso degli aiuti per l’Ucraina, puntando sistematicamente i piedi anche sulle sanzioni comunitarie contro il Cremlino (al momento è in preparazione il 19esimo pacchetto, dopo aver disinnescato proprio il veto di Fico). Budapest e Bratislava hanno da tempo ingaggiato un braccio di ferro con Kiev sulle forniture di gas e petrolio russo, lamentando recentemente le interruzioni dovute agli attacchi ucraini all’oleodotto Druzhba.

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    Gli alleati di Kiev cercano la quadra sulle garanzie di sicurezza. Doccia fredda da Mosca sul bilaterale Putin-Zelensky

    Bruxelles – Sono giorni frenetici per i partner occidentali dell’Ucraina, che stanno cercando di far accelerare la macchina diplomatica per raggiungere una soluzione negoziata della guerra con la Russia, nonostante le richieste del Cremlino rimangano irricevibili per Kiev. Nell’attesa di un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, gli alleati transatlantici stanno discutendo di quali garanzie di sicurezza fornire al Paese aggredito una volta cessate le ostilità.Dopo lo storico incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e una mezza dozzina di leader europei, incluso Volodymyr Zelensky, i responsabili politici e militari della Nato e della coalizione dei volenterosi si sono confrontati in una serie di riunioni per provare a definire la forma concreta che potrebbero prendere le famigerate garanzie di sicurezza promesse tante volte a Kiev in termini fumosi.Stando alle ricostruzioni circolate sulla stampa internazionale, nella giornata di ieri (21 agosto) i capi di Stato maggiore degli alleati transatlantici hanno presentato ai rispettivi consiglieri per la sicurezza nazionale diverse opzioni, di cui cominciano ad emergere alcuni dettagli parziali. L’unica cosa certa, a questo punto delle discussioni, è che i Paesi del Vecchio continente dovranno fare “la parte del leone“, come sottolineato ripetutamente dall’amministrazione a stelle e strisce.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Per quanto Trump abbia espresso disponibilità a partecipare alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina (un esito tutt’altro che scontato e dipinto dalle cancellerie del Vecchio continente come un grande successo), il tycoon ha messo in chiaro che Washington non manderà truppe, rimanendo ambiguo rispetto al tipo di supporto che gli Stati Uniti potranno fornire una volta cessate le ostilità sul campo.Ora, pare che gli europei stiano chiedendo allo zio Sam di continuare a condividere le preziose informazioni d’intelligence e, soprattutto, di garantire una qualche forma di copertura aerea. Che potrebbe declinarsi in vari modi: attraverso l’impiego diretto di piloti statunitensi, ad esempio, per facilitare eventuali operazioni di terra oppure per mettere in piedi una no-fly zone nei cieli ucraini, ma anche tramite la fornitura di ulteriori sistemi antiaerei a Kiev. Un’ulteriore ipotesi potrebbe comportare il comando Usa della missione terrestre europea.Nel solco delle discussioni che si protraggono da mesi, ad ogni modo, il nodo più delicato rimane l’invio di truppe in Ucraina. Secondo alcune stime, per proteggere un’eventuale tregua saranno necessarie svariate decine di migliaia di soldati (nell’ordine dei 30-40mila come minimo), che dovrebbero rimanere stazionati in Ucraina nel medio-lungo periodo ed essere pronti a intervenire tempestivamente in caso di necessità.Al momento attuale, tuttavia, solo la Francia sembra disposta a schierare un proprio contingente in Ucraina. Tra le altre potenze militari europee, l’Italia ha chiuso da tempo la porta a quest’opzione (a meno che non se ne parli all’interno di una cornice Onu), in Germania la discussione è accesissima (in ogni caso la Bundeswehr è tutt’altro che in buona salute), e persino il Regno Unito starebbe riconsiderando l’impiego di truppe, che pareva certo fino a poco tempo fa. La Polonia, tra i più fervidi alleati di Kiev, non intende sguarnire le sue frontiere orientali con la Bielorussia e l’exclave russa di Kaliningrad.Il presidente francese Emmanuel Macron (foto via Imagoeconomica)Di sicuro, tutti concordano nel considerare l’esercito ucraino la “prima linea” fondamentale per respingere una potenziale nuova aggressione. A questo obiettivo mirano in effetti gli aiuti militari e finanziari occidentali, e in tre anni e mezzo di guerra le forze armate di Kiev hanno aumentato sensibilmente la loro preparazione mentre l’industria bellica nazionale ha fatto progressi sostanziali, come dimostra il nuovo missile balistico Flamingo con gittata di 3mila chilometri.Ma è proprio sulla “forza di rassicurazione” internazionale che rischia di impantanarsi tutto, dal momento che il Cremlino si oppone nettamente alla presenza di truppe dell’Alleanza in Ucraina. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dichiarato nei giorni scorsi che Mosca vuole essere consultata nella definizione delle garanzie di sicurezza per Kiev, e si è addirittura spinto a suggerire che tra i garanti della pace dovrebbero esserci i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, incluse la Cina e, appunto, la Russia.A proposito del Cremlino, in queste ore stanno circolando anche le precise richieste avanzate da Vladimir Putin durante il suo faccia a faccia con Trump ad Anchorage, in Alaska, lo scorso 15 agosto. Per porre fine alla propria aggressione, Mosca esige che Kiev ceda definitivamente la Crimea e l’intero Donbass alla Federazione (quest’ultimo, costituito dalle oblast’ di Donetsk e Luhansk, è occupato solo parzialmente dai russi), rinunci per sempre all’ingresso nella Nato, mantenga uno status di neutralità permanente e non ospiti sul proprio territorio truppe occidentali.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Difficilmente la leadership ucraina potrà accettare tutti i desiderata di Putin, che pure ha ridimensionato le sue ambizioni rispetto all’anno scorso. All’epoca voleva anche le oblast’ di Kherson e Zaporizhzhia (anch’esse parzialmente occupate e, come Donetsk e Luhansk, annesse unilateralmente con un referendum farsa nel settembre 2022). Ora, lo zar sarebbe disposto a “congelare” il fronte in queste due regioni lungo l’odierna linea di contatto e a ritirare le proprie truppe da alcune aree nei dintorni di Kharkiv, Sumy e Dnipropetrovsk.Se è prevedibile che Kiev non aderisca all’Alleanza nell’immediato futuro (stante l’opposizione di svariati membri, a partire dagli Usa), Zelensky ha detto chiaro e tondo che qualunque cessione territoriale andrà discussa al massimo livello tra lui e Putin. Da giorni si parla di un possibile bilaterale tra i leader dei Paesi belligeranti, cui dovrebbe dar seguito un trilaterale con Trump, per raggiungere un accordo di pace complessivo. Finora, i tre round di colloqui tra Russia e Ucraina non hanno portato ad alcun progresso in tal senso.Del resto, lo stesso Lavrov nelle scorse ore ha raffreddato gli entusiasmi, avvertendo che per arrivare ad un simile risultato servirà una meticolosa preparazione e reiterando i dubbi sulla legittimità del presidente ucraino, il cui mandato è scaduto nel maggio 2024 (la legge marziale in vigore nel Paese impedisce tuttavia di tenere nuove elezioni). Mosca, insomma, non ha alcuna fretta e può permettersi di prendere in giro ancora un po’ il presidente statunitense e la sua megalomania, a partire dal disattendere l’ennesimo ultimatum di due settimane fissato dal tycoon.