More stories

  • in

    La Commissione Ue vuole chiarezza dall’Ungheria sul nuovo sistema di visti rapidi per russi e bielorussi

    Bruxelles – È passato appena un mese di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea per l’Ungheria, e già Budapest ha creato non pochi problemi all’unità dell’Unione nei confronti della Russia. Perché dopo la “missione di pace” del premier ungherese, Viktor Orbán, a Mosca dall’autocrate russo, Vladimir Putin, ora Budapest preoccupa Bruxelles per il potenziale buco che può creare nell’area Schengen, da cui potrebbero penetrare spie russe e bielorusse.La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson“Condivido le preoccupazioni espresse negli ultimi giorni in merito all’estensione del programma ‘Carta Nazionale’ ai cittadini di Russia e Bielorussia, entrato in vigore nei primissimi giorni della vostra presidenza”, è quanto messo nero su bianco dalla commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, in una lettera inviata ieri (primo agosto) al ministro degli Interni ungherese, Sándor Pintér, in cui ha voluto sottolineare come “l’estensione dell’elaborazione agevolata delle domande di permesso di soggiorno e di lavoro dei cittadini di Russia e Bielorussia potrebbe portare a un’elusione di fatto delle restrizioni imposte dall’Unione Europea”. Al centro della nuova contesa tra l’Ungheria di Orbán e la Commissione Ue c’è l’estensione ai cittadini di otto Paesi – prima era disponibile solo per quelli di Serbia e Ucraina – del programma ‘Carta Nazionale’, un sistema di visti rapidi per l’ingresso nel Paese e che consente di lavorare sul territorio nazionale ungherese per un massimo di due anni. Si tratta di un sistema più semplice rispetto al permesso di lavoro o al visto, e consente il ricongiungimento familiare.“Ci sono sempre più segnalazioni di sabotaggi e attacchi alle nostre infrastrutture critiche e altri atti ostili“, ricorda la commissaria Johansson a proposito della messa in campo di “ogni strumento disponibile per garantire la sicurezza dell’area Schengen”, tra cui la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti con la Russia nel settembre di due anni fa e “standard di controllo e vigilanza più elevati” per i cittadini russi in arrivo alle frontiere esterne dell’Unione. È pur sempre vero che gli Stati membri hanno la competenza per il rilascio di visti di lungo soggiorno e permessi di soggiorno, ma l’esecutivo Ue ricorda che i programmi nazionali “devono essere attentamente bilanciati per non mettere a rischio l’integrità del nostro spazio comune senza controlli alle frontiere interne e per considerare debitamente le potenziali implicazioni per la sicurezza“, senza dimenticare l’obbligo di “leale cooperazione” e di non pregiudicare “l’effetto utile delle disposizioni del diritto dell’Unione”, Schengen compreso. In questo quadro l’Ungheria (e tutti i Paesi membri Ue) devono garantire che “i cittadini russi che potrebbero rappresentare spionaggio o altre minacce alla sicurezza siano sottoposti al massimo livello di controllo“.Da sinistra: la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, e il ministro degli Interni ungherese, Sándor PintérÈ per queste ragioni che la commissaria Johansson chiede al ministro ungherese di rispondere alle domande allegate alla lettera “entro e non oltre il 19 agosto”, per fare chiarezza sul programma ‘Carta Nazionale’ e permettere all’esecutivo Ue di verificare se sia compatibile con il diritto dell’Unione o se metta a rischio il funzionamento complessivo dello spazio Schengen. “L’obbligo di valutare se gli individui che attraversano la frontiera esterna rappresentano una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali è un impegno fondamentale di tutti i membri Schengen” – conclude la titolare per gli Affari interni nel gabinetto von der Leyen – e per Russia e Bielorussia include anche “la piena e leale applicazione delle misure restrittive Ue sul divieto di ingresso o transito nei territori degli Stati membri da parte di alcuni dei suoi cittadini”. Come misura estrema la Commissione Ue potrebbe sospendere lo status Schengen di un Paese (membro Ue), ma si tratterebbe di un caso senza precedenti.

  • in

    La decima legislatura Ue si apre con la condanna condivisa alle “palesi violazioni dei Trattati” di Orbán

    dall’inviato a Strasburgo – La prima risoluzione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue nella decima legislatura è in linea di continuità con quella appena conclusasi, ma con una sfumatura nuova. Dalla destra conservatrice ai Verdi, passando per tutti i gruppi della maggioranza centrista (popolari, socialdemocratici e liberali), è “costante” il sostegno all’Ucraina invasa da quasi due anni e mezzo dalla Russia, ma anche la condanna condivisa alle “palesi violazioni dei Trattati e della politica estera comune dell’Ue” da parte del primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, che tra il 5 e l’8 luglio si è recato in visita “in maniera non coordinata e inaspettata” in Russia e in Cina.La presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), Iratxe García Pérez (17 luglio 2024)“La Russia ha intenzionalmente perpetrato atrocità sistematiche e su larga scala nei territori occupati e ha inoltre attaccato indiscriminatamente zone residenziali e infrastrutture civili, il cui esempio più recente è il bombardamento dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt”, è quanto messo nero su bianco nella risoluzione firmata da tutti e cinque i gruppi parlamentari e approvata oggi (17 luglio) con 495 voti a favore, 137 contrari e 47 astenuti. La condanna ai “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” compiuti dal regime di Vladimir Putin è il filo rosso che porta direttamente al j’accuse sulle “missioni di pace” del primo ministro ungherese: “All’indomani della cosiddetta missione di pace del primo ministro ungherese la Russia ha attaccato l’ospedale pediatrico Okhmatdyt a Kiev, il che ha dimostrato l’irrilevanza dei presunti sforzi di Orbán, che sono stati recepiti con scetticismo dalla leadership ucraina”.La risoluzione mette in chiaro il fatto che “il primo ministro ungherese non può pretendere di rappresentare l’Ue quando ne viola le posizioni comuni” e chiede che “a tale violazione seguano ripercussioni per l’Ungheria”, Paese membro che fino al 31 dicembre detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. “Nessuno deve negoziare con Putin al posto dell’Ucraina”, è l’attacco del polacco Andrzej Halicki (Ppe), a cui a fatto eco la presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), Iratxe García Pérez, rincarando la dose contro il nuovo gruppo di estrema destra (terzo per numero di membri) al Parlamento Ue: “Siamo testimoni della connivenza dell’estrema destra anche in quest’Aula con il regime di Putin, il capo del gruppo dei falsi Patrioti [per l’Europa, ndr] lo ha incontrato per denigrare l’Ue, per proclamare che ha un piano di pace che nessuno conosce e per promuovere l’espansionismo russo”.Il presidente del gruppo dei Patrioti per l’Europa (PfE), Jordan Bardella (17 luglio 2024)Di “falsi patrioti” parla anche il tedesco Sergey Lagodinsky (Verdi/Ale), mentre la presidente del gruppo di Renew Europe, Valérie Hayer, ha denunciato la “missione di pace autoproclamata, utilizzando l’Ue senza alcun mandato”. Non si schiera a favore della risoluzione il gruppo della Sinistra perché, secondo il co-presidente Martin Schirdewan, “serve una trattativa ma l’Ue non ha preso alcuna iniziativa, l’invio di ulteriori armi non porterà alla fine della guerra“. La strenua difesa dell’operato di Orbán è arrivata dal presidente di Patrioti per l’Europa, Jordan Bardella, e da quello del gruppo ancora più a destra Europa delle Nazioni Sovrane, René Aust. Il primo ha concesso che quella della Russia è “una guerra di aggressione illegale e ingiustificata”, ma ha contrattaccato, sostenendo che “la condanna a Orbán mette a rischio l’unità europea, non si può accusare l’Ungheria per mantenere contatti di pace”. Il secondo ha chiesto “un cambio di strategia”, perché “il momento è maturo per le trattative di pace e sono grato a Orbán per essersi preso la responsabilità anche se c’è resistenza”.Il nodo della prima risoluzione al Parlamento UeSe la condanna a Orbán ha unito i cinque gruppi dai conservatori ai Verdi, lo stesso non si può dire su un punto particolarmente delicato della risoluzione, vale a dire il paragrafo 5. Più precisamente la specifica secondo cui il Parlamento Ue “sostiene fermamente l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo“. Su questo punto si è verificata una spaccatura nel voto, dove – per ragioni diverse – la quasi totalità degli eurodeputati del Partito Democratico ha votato contro il passaggio che sostiene l’uso delle armi occidentali per colpire obiettivi miliari in Russia (in quanto la formulazione potrebbe intendere anche, per assurdo, il ministero della Difesa di Mosca), come i Verdi Leoluca Orlando, Cristina Guarda e Benedetta Scuderi, ma soprattutto come gli 8 esponenti leghisti di Patrioti per l’Europa (che non da oggi hanno un’impostazione filo-russa) e gli 8 membri del Movimento 5 Stelle. A proposito del gruppo della Sinistra, Domenico Lucano e Ilaria Salis si sono astenuti sulla questione, così come tutti gli eurodeputati di Fratelli d’Italia.Bocciati tutti gli emendamenti, è rimasto il testo originale senza modifiche, sostenuto infine dalla totalità dei membri di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e del Partito Democratico (fatta eccezione solo per Marco Tarquinio e Cecilia Strada, astenuti). Contrari, inevitabilmente, gli eurodeputati della Lega, ma anche quelli del Movimento 5 Stelle e i due eletti per Alleanza Verdi/Sinistra (il gruppo della Sinistra si è spaccato con un terzo a favore e un altro terzo astenuto), e soprattutto i tre Verdi italiani, gli unici a schierarsi contro la risoluzione spinta dal loro stesso gruppo per le implicazioni dei passaggi sull’invio delle armi e sulla spesa da parte degli Stati membri di “almeno lo 0,25 per cento del Pil annuo” per sostenere “militarmente” l’Ucraina.

  • in

    Orbán, scheggia impazzita alla testa del Consiglio. In Cina il terzo viaggio tenuto segreto a Bruxelles

    Bruxelles – È iniziato solo da una settimana il semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea, ma Viktor Orbán ha già fatto capire che saranno sei mesi all’insegna dell’imprevedibilità e di una tensione sempre altissima con i leader Ue e con i vertici delle altre istituzioni dell’Unione. “Missione di pace 3.0. Pechino“, annuncia così il premier ungherese con un post su X il suo terzo viaggio nel giro di pochi giorni, anche questo “a sorpresa” e senza la minima consultazione con i presidenti di Commissione e Consiglio Europeo.Da sinistra: il primo ministro dell’Ungheria e presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, Viktor Orbán, e l’autocrate russo, Vladimir Putin, a Mosca il 5 luglio 2024 (credits: Alexander Nemenov / Afp)“La Cina è una potenza chiave nel creare le condizioni per la pace nella guerra tra Russia e Ucraina“, rivendica ancora il presidente di turno del Consiglio dell’Ue, che nella sua nuova (ma temporanea) veste istituzionale sta creando non poco scompiglio a Bruxelles. Perché fino al 31 dicembre Orbán non è solo il solito primo ministro più controverso al tavolo dei Ventisette, ma è anche al vertice dell’organo che rappresenta tutti i governi nazionali e che detiene (insieme al Parlamento Europeo) il potere legislativo. Ogni sua parola dovrà sempre essere misurata con il bilancino, per capire dove finisce il suo essere premier provocatore e dove inizia la sua sfida aperta all’unità dell’Unione nei rapporti con i Paesi terzi. Così come successo la scorsa settimana a Kiev e Mosca, oggi (8 luglio) a Pechino Orbán arriva senza un mandato dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri o delle altre istituzioni Ue. Ma ciò che sta provocando forte irritazione a Bruxelles e nelle capitali è sia la scelta degli interlocutori – già a maggio aveva steso il tappeto rosso a Budapest per il leader cinese, Xi Jinping, e nell’ottobre 2023 a Pechino aveva stretto la mano dell’autocrate russo, Vladimir Putin – sia l’intenzione ormai piuttosto chiara di raggirare i partner interni all’Unione sfruttando l’esposizione istituzionale garantitagli da questi sei mesi alla guida del Consiglio dell’Ue.Da sinistra: il presidente della Cina, Xi Jinping, e il primo ministro dell’Ungheria e presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, Viktor Orbán, a Budapest il 9 maggio 2024 (credits: Szilard Koszticsak / Pool / Afp)In attesa delle nuove reazioni da Bruxelles all’ennesimo viaggio tenuto nascosto ai partner Ue (la destinazione si è saputa solo ieri attraverso il monitoraggio della rotta del suo aereo di Stato), valgono le parole dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in occasione della visita a Mosca di venerdì scorso (5 luglio): “Non comporta alcuna rappresentanza esterna dell’Unione, che spetta al presidente del Consiglio Europeo a livello di capo di Stato o di governo e all’alto rappresentante a livello ministeriale”. Eppure Orbán sembra sempre più una scheggia impazzita e dal Parlamento Europeo si alzano nuovamente voci di richiesta di attivazione della procedura secondo l’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea, ovvero il meccanismo che permette di sospendere i diritti di adesione all’Ue in caso di violazione “grave e persistente” dei principi fondanti dell’Unione da parte di un Paese membro. Al momento è “seriamente” in dubbio solo la tradizionale visita della Commissione Europea alla presidenza di turno, in programma a Budapest “subito dopo la pausa estiva”, ha spiegato il portavoce dell’esecutivo Ue, Eric Mamer.Da sinistra: la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, e il primo ministro e presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, Viktor OrbánC’è poi da ricordare che oltre alla sua “missione di pace” – che a Bruxelles viene piuttosto definita “appeasement” verso Putin – questo fine settimana è stata causa di grossa tensione la partecipazione di Orbán al vertice informale dell’Organizzazione degli Stati Turchi sabato (6 luglio) a Şuşa, in Azerbaigian. “L’Ungheria non ha ricevuto alcun mandato dal Consiglio dell’Ue per portare avanti le relazioni”, ha dovuto precisare di nuovo l’alto rappresentante Ue a seguito delle polemiche legate al fatto che il premier ungherese era seduto allo stesso tavolo dei rappresentanti dell’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord. “L’Unione Europea respinge i tentativi dell’Organizzazione degli Stati turchi di legittimare l’entità secessionista turco-cipriota”, ha messo in chiaro Borrell a proposito della controversia diplomatica più che quarantennale sulla divisione dell’isola di Cipro, con la sola Turchia che riconosce l’indipendenza dei secessionisti del nord (i negoziati sono congelati dal 2017). La questione ha creato già una prima crepa nel fronte delle destre europee, alla vigilia della formazione ufficiale del gruppo Patrioti per l’Europa al Parlamento Ue: “Patriottismo significa difendere le nazioni europee, non sostenere le occupazioni illegali“, ha attaccato Orbán il co-presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), Nicola Procaccini, eurodeputati di Fratelli d’Italia.

  • in

    Orbán a Mosca, l’ira della Commissione europea: “In dubbio la visita Ue in Ungheria”

    Bruxelles – La “missione di pace” intrapresa da Viktor Orbán “mina l’unità” dell’Unione europea. Il premier ungherese si trova oggi (5 luglio) a Mosca per discutere della situazione in Ucraina con il presidente russo Vladimir Putin. Una visita che mette in imbarazzo Bruxelles, dal momento che arriva a soli cinque giorni dall’avvio della presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Ue. E che “mette seriamente in dubbio la tradizionale visita della Commissione europea” nel Paese che detiene la guida semestrale dei 27.Mentre Orbán viene ricevuto al Cremlino, dalla capitale Ue si levano le proteste dei leader. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, aveva repentinamente chiarito già ieri sera che Orbán non ha ricevuto alcun mandato dall’Ue. In mattinata i messaggi dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e della presidente della Commissione europea: Josep Borrell ha precisato che la posizione ufficiale dei 27 sul conflitto “esclude contatti ufficiali tra l’Ue e Putin”, secondo Ursula von der Leyen “l’appeasement non fermerà Putin”.Viktor Orban e Vladimir Putin a Pechino, ottobre 2023 (credits: Grigory Sysoyev / Pool / Afp)La linea della Commissione europea sulla missione di Budapest – solo tre giorni fa Orbán si è recato a Kiev per chiedere un cessate il fuoco a Zelensky – è stata chiarita dal portavoce capo, Eric Mamer, durante il briefing quotidiano con la stampa: “Si tratta di appeasement e non di pace, e noi crediamo che mini l’unità e la determinazione che dobbiamo mostrare per porre fine a questa guerra”, ha dichiarato, precisando inoltre che “non siamo stati informati della visita, non è stata coordinata con noi e né con nessun altro”. Come non era stata coordinata con gli omologhi europei la prima fuga in avanti di Orbán, quando ad ottobre 2023 incontrò e strinse la mano a Putin durante un viaggio a Pechino.L’irritazione è tale per cui la Commissione paventa già le prime conseguenze: “Questa visita a Mosca mette seriamente in dubbio la tradizionale visita della presidenza (della Commissione, ndr) in Ungheria, che avevamo in programma subito dopo la pausa estiva”, ha annunciato Mamer. È infatti una prassi consolidata che il presidente della Commissione europea, insieme al collegio dei commissari, si rechino in visita nel Paese che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue.Il portavoce dell’esecutivo comunitario ha evidenziato che – nonostante lo stesso Orbán abbia constatato che la presidenza di turno non ha il mandato di negoziare per conto dell’Ue – “il simbolismo è molto chiaro”, perché “questo viaggio avviene cinque giorni dopo l’avvio della presidenza ungherese”. E il premier magiaro, in una foto pubblicata sul suo account X, accompagnata dalla didascalia “La missione di pace continua, seconda fermata: Mosca”, ha utilizzato il logo scelto da Budapest per il semestre di presidenza Ue. Orbán ha risposto alla tempesta di critiche ricevute tra ieri e oggi a suo modo, cioè rilanciando: “Non è possibile trovare pace stando comodamente seduti in poltrona a Bruxelles – ha attaccato -, non possiamo sederci e aspettare che la guerra finisca miracolosamente”.La “confusione” seminata a proposito da Orbán, come ha denunciato la premier estone – e candidata a sostituire Borrell a capo della diplomazia Ue – Kaja Kallas, è evidente anche nelle dichiarazioni di Putin all’arrivo dell’amico di lunga data. “Capisco che questa volta è arrivato non solo come nostro partner”, ha osservato Putin, che ha intenzione di mostrare a Orbán i dettagli delle proposta di Mosca per una soluzione pacifica del conflitto in Ucraina. Secondo l’ufficio stampa del Cremlino, il presidente russo avrebbe detto a Orbán di essere “pronto a discutere con voi le sfumature su questo tema, e mi aspetto che lei mi renda edotto della sua posizione e di quella dei partner europei“.The #peace mission continues. Second stop: #Moscow. pic.twitter.com/kPOkKBsJQm— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) July 5, 2024A proposito delle “vergognose” immagini di Orban da Puti, l’eurodeputato Sandro Gozi, segretario generale del Partito democratico europeo e membro della presidenza di Renew Europe ricorda che “con una risoluzione lo scorso 24 aprile, il Parlamento europeo aveva messo in luce tutti i dubbi e le preoccupazioni sulla reale capacità di questa presidenza di turno del Consiglio di garantire la continuità dell’agenda dell’Ue e di rappresentare il Consiglio nelle sue relazioni con le istituzioni dell’Ue e gli altri Paesi”. Secondo Gozi “purtroppo, il Consiglio fece cadere nel vuoto il nostro appello a spostare la presidenza ungherese. Scandalizzarsi oggi, dunque, da parte dei leader del Consiglio, è quanto mai ipocrita: sarebbe bastato ascoltare il Parlamento per evitare un’immagine così vergognosa che getta discredito su tutte le istituzioni europee”.

  • in

    La ‘pace di Orbán’. Dopo la visita a Kiev, previsto l’incontro con Putin. Ma Bruxelles mette in chiaro: “Nessun mandato dall’Ue”

    Bruxelles – Viktor Orbán domani al Cremlino per incontrare Vladimir Putin. A soli due giorni di distanza dalla visita a Kiev in cui Orbán aveva definito l’impegno sull’Ucraina “la questione principale dei prossimi sei mesi di presidenza ungherese dell’Ue”. Ma da Bruxelles, dopo l’endorsement al benaugurante incontro con Zelensky, arriva la rettifica immediata: “La presidenza di turno dell’Ue non ha il mandato di impegnarsi con la Russia per conto dell’Ue”.A mettere in chiaro che si tratta di un’iniziativa esclusivamente figlia dell’equilibrismo di Budapest tra l’Ue e l’amicizia con il dittatore russo, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Per l’Ue “nessuna discussione sull’Ucraina può aver luogo senza l’Ucraina”, ha dichiarato in un post su X pochi minuti dopo la notizia del viaggio a Mosca del premier magiaro, riportata dall’emittente ungherese Radio Liberty citando una fonte del governo di Budapest. Secondo Radio Liberty, Orbán sarà accompagnato dal ministro degli Esteri, Peter Szijjarto, un habitué della tratta Budapest-Mosca: dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, Szijjarto è stato nella capitale russa almeno cinque volte.Viktor Orban e Volodymyr Zelensky a Kiev, 02/07/24 (Photo by Genya SAVILOV / AFP)A soli quattro giorni dal via del temuto semestre ungherese di presidenza del Consiglio dell’Ue, il leader più filorusso d’Europa rischia già di mettere in imbarazzo l’Unione e di creare tensione con i colleghi capi di stato e di governo. Il 2 luglio, nel suo primo viaggio in Ucraina da quando è scoppiato il conflitto, Orbán aveva invitato Zelensky a ragionare sulla possibilità di “proclamare un cessate il fuoco e avviare negoziati con la Russia”. Sentendosi rispondere dal premier ucraino che “serve una pace giusta”. Una pace che parta da un presupposto ribadito ancora da Charles Michel: “La Russia è l’aggressore, l’Ucraina è la vittima”.The EU rotating presidency has no mandate to engage with Russia on behalf of the EU.The European Council is clear: Russia is the aggressor, Ukraine is the victim. No discussions about Ukraine can take place without Ukraine.— Charles Michel (@CharlesMichel) July 4, 2024

  • in

    Orbán a sorpresa in Ucraina. A Kiev per “discutere di pace” con Zelensky

    Bruxelles – Sono bastate 24 ore alla guida della presidenza di turno dell’Ue perché Viktor Orbán si imbarcasse alla volta di Kiev, per la prima volta dall’inizio dell’aggressione russa nel febbraio 2022. Il primo ministro ungherese, l’anello debole nel supporto incondizionato di Bruxelles all’Ucraina, ha incontrato Volodymyr Zelensky per “discutere di pace in Europa”, ha fatto sapere su X il suo portavoce, Zoltán Kovács.Una visita “nel solco delle decisioni dell’Ue”, ha commentato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Un “progresso” nelle relazioni tra Kiev e Budapest, l’ha definita l’ambasciatore americano in Ungheria, David Pressman. Di certo, una visita inaspettata da parte del leader più filorusso dei 27, che sta bloccando ostinatamente circa 6,5 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina attraverso lo European Peace Facility, dopo aver tenuto in ostaggio per mesi i 50 miliardi dello Strumento Ue per l’assistenza macrofinanziaria a Kiev.Viktor Orban e Volodymyr Zelensky in conferenza stampa a Kiev, 2/7/24 (Photo by Genya SAVILOV / AFP)“I colloqui si concentreranno sulle possibilità di raggiungere la pace e sulle questioni attuali delle relazioni bilaterali tra Ungheria e Ucraina”, ha precisato ancora Kovács. Secondo quanto riportato dal The Guardian, la visita di Orbán a Zelensky è stata pianificata dopo che i due Paesi hanno trovato un accordo sulla questione dei diritti delle comunità magiare in Ucraina, che vivono al di là del confine con l’Ungheria. La questione della minoranza ungherese è stata anche la principale motivazione con cui Budapest ha giustificato la sua strenua opposizione all’inizio dei negoziati di adesione all’Ue con l’Ucraina.Nel bilaterale, i due leader hanno “accettato di lasciarsi alle spalle le controversie del passato e di lavorare per migliorare le relazioni bilaterali, puntando a un accordo di cooperazione globale per l’Ucraina“, ha fatto sapere Kovács. Il portavoce ha inoltre sottolineato che ha sottolineato che Orbán riferirà gli omologhi del Consiglio europeo sulle discussioni avute con Zelensky.La scelta di recarsi a Kiev a un giorno dall’insediamento alla guida semestrale del Consiglio dell’Ue è un segnale importante da parte di Orbán. L’impegno sull’Ucraina è uno dei timori maggiori che i leader europei hanno segnalato riguardo la presidenza ungherese dell’Unione. Budapest “mira ad affrontare le sfide più urgenti che l’Unione si trova ad affrontare”, ha rivendicato il portavoce Balázs Orbán. Anche se sul percorso per riportare la pace in Ucraina, il punto di vista ungherese diverge profondamente da quello del blocco Ue, che parte dall’assunto dell’integrità territoriale del Paese aggredito: nella conferenza stampa congiunta con Zelensky, Orbán ha dichiarato che “l’Ucraina dovrebbe proclamare il cessate il fuoco e avviare negoziati con la Russia“.Con l’impegno sull’Ucraina, che Orbán ha definito “la questione principale dei prossimi 6 mesi di presidenza ungherese dell’Ue”, il premier sovranista manda un messaggio anche alle destra europea, nel bel mezzo di un processo di riconfigurazione politica. La più solida alleata di Orbán in Europa, Giorgia Meloni, presidente dei Conservatori e Riformisti Europei, è allineata alla posizione del blocco di supporto incondizionato a Kiev. Tant’è che, dopo mesi di corteggiamenti, il gruppo di Ecr ha chiuso la porta al partito di Orbán, Fidesz, che all’Eurocamera risulta ancora tra i non iscritti.Ora il primo ministro ungherese ha annunciato la nascita di una nuova alleanza, i ‘Patrioti per l’Europa’, con i populisti cechi di Ano (ex membri dei liberali) e i nazionalisti austriaci dell’Fpo (fuoriusciti dal gruppo sovranista Id, quello di Marine Le Pen e della Lega). All’alleanza hanno già aderito i portoghesi di Chega, mentre il Carroccio ammicca. Per creare un gruppo all’Eurocamera però, Orbán ha bisogno dell’adesione di partiti da 7 Paesi membri. Un atteggiamento meno oltranzista sull’Ucraina potrebbe attrarre altri ‘patrioti’, come i polacchi filoucraini di Diritto e Giustizia, ai ferri corti con Fratelli d’Italia in Ecr.

  • in

    Kiev e Bruxelles guardano alla data del 25 giugno per iniziare i negoziati di adesione Ue dell’Ucraina

    Bruxelles – Le prime indicazioni erano già arrivate dalla più alta carica del Consiglio Europeo, Charles Michel, dopo il vertice dei leader Ue di marzo, e ora le indiscrezioni che trapelano da Palazzo Europa confermano che il lavoro è intenso per iniziare i negoziati di adesione Ue con l’Ucraina già entro la fine di giugno. Più precisamente il 25 giugno, quando si riunirà il prossimo Consigli Affari Generali, responsabile per la decisione (all’unanimità) sul via libera alle conferenze intergovernative con i candidati all’ingresso nell’Unione.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (7 febbraio 2023)A confermare questa spinta a Bruxelles sono alcune fonti di Politico, che riportano come i diplomatici Ue e ucraini abbiano intensificato gli sforzi nelle ultime settimane per cercare di convincere il governo ungherese guidato da Viktor Orbán a non porre il veto e fare sì che la questione non debba riproporsi (o essere depennata fino a fine anno) proprio durante la presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Ue. Già al termine del Consiglio Europeo del 21 marzo Michel aveva confessato che la speranza era quella di “arrivare alla prima conferenza intergovernativa sotto presidenza belga“, prima del passaggio di consegne a Budapest per la guida semestrale dell’istituzione Ue (che definisce calendari e temi in agenda delle riunioni dei ministri nelle diverse composizioni del Consiglio).Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (7 febbraio 2023)Dopo la concessione dello status di Paese candidato all’Ucraina nel giugno 2022 e nonostante i progressi costanti registrati dalla Commissione Europea nel corso del successivo anno e mezzo, è stato il premier ungherese Orbán a scegliere la via dell’ostruzionismo per provare a impedire il via libera ai negoziati di adesione con Kiev. Solo attraverso una costante pressione delle istituzioni Ue – e lo sblocco da parte della Commissione di circa 10 miliardi di euro congelati a Budapest – Orbán ha compiuto un gesto abbastanza inconsueto ed eclatante al Consiglio Europeo del 14 dicembre 2023: ha lasciato la sala al momento del voto, così che gli altri 26 leader Ue potessero approvare la più attesa tra le conclusioni del vertice. Al successivo vertice di marzo è arrivato l’invito dei capi di Stato e di governo ai 27 ministri degli Affari europei ad “adottare rapidamente” i progetti di quadri di negoziazione e “a portare avanti i lavori senza indugio”.Da allora la diplomazia Ue, belga (che detiene fino al 31 giugno la presidenza di turno) e ucraina si sono impegnate intensamente con Budapest per rispondere alle preoccupazioni sulle minoranze ungheresi in Ucraina, anche attraverso la risposta da Kiev a un elenco di 11 punti stilato dall’Ungheria. La speranza è che il governo Orbán possa essere interessato a chiudere la questione dei colloqui di adesione dell’Ucraina prima di assumere la presidenza semestrale, per evitare che il proprio semestre sia costellato da pressioni e polemiche a riguardo (e considerato il fatto che non si tratta dell’ultima occasione per l’Ungheria di utilizzare il potere di veto per bloccare l’adesione Ue di Kiev). Prima però va concordato il quadro negoziale sulla base della proposta della Commissione Europea, che si trova ora al vaglio dei 27 governi e dal cui semaforo verde dipenderà l’avvio della prima conferenza intergovernativa. Forse già il 25 giugno.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.L’Ucraina e gli altri 9. A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali per le prime due.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

  • in

    Via libera dall’Ungheria all’ingresso della Svezia nella Nato. L’Alleanza tocca quota 32 Paesi membri

    Bruxelles – E anche l’ultimo ostacolo di fronte alla strada della Svezia nella Nato è caduto. L’Assemblea Nazionale dell’Ungheria ha votato oggi (26 febbraio) a favore della ratifica del protocollo di adesione di Stoccolma all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord e fra pochi giorni il Paese scandinavo potrà diventare ufficialmente il 32esimo Paese membro dell’Alleanza Atlantica. “Oggi è una giornata storica”, ha esultato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson: “Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità per la sicurezza euro-atlantica”.

    Il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (credits: Javier Soriano / Afp)Il via libera è arrivato con 188 voti a favore e 6 contrari, dopo che ormai era stato chiaro dalle parole del primo ministro, Viktor Orbán, in apertura della seduta parlamentare che i deputati del partito al potere Fidesz non avrebbero più creato problemi alla ratifica. I due premier si erano incontrati venerdì scorso (23 febbraio) a Budapest per discutere di cooperazione in materia di difesa e sicurezza, e dai negoziati era emerso che l’Ungheria potrà acquistare quattro nuovi aerei da combattimento Gripen di fabbricazione svedese, mentre Stoccolma non avrebbe più visto ostruzionismo da Budapest nel suo percorso verso l’adesione all’Alleanza Atlantica. “L’ingresso della Svezia nella Nato rafforzerà la sicurezza dell’Ungheria“, ha commentato oggi Orbán, definendo la visita di Kristersson nella capitale ungherese come un passo essenziale verso la costruzione di “un rapporto equo e rispettoso tra i due Paesi”.Il protocollo di adesione di Svezia (e Finlandia, 31esimo Paese membro dal 4 aprile 2023) era stato firmato il 5 luglio 2022 – dopo la svolta strategica storica la politica di sicurezza nazionale tradizionalmente legata al non-allineamento – e da allora per Stoccolma è stata una strada in salita. A oltre 19 mesi dal vertice di Vilnius, l’Ungheria era rimasto l’unico Paese membro a non aver approvato in modo formale l’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza Atlantica, quando anche la Turchia ha messo fine al suo durissimo blocco. Un mese fa Orbán aveva fatto cadere formalmente il suo breve ostruzionismo, ma lo stesso non ha fatto il suo partito Fidesz, boicottando la sessione straordinaria di inizio mese. Trovatosi sotto pressione da parte degli altri membri – e messo con le spalle al muro dalla visita di Kristersson – il premier ungherese ha infine spinto i membri del suo partito a far crollare la resistenza. “Ora che tutti gli alleati hanno approvato, la Svezia diventerà il 32esimo alleato della Nato“, ha accolto il voto favorevole dell’Assemblea Nazionale di Budapest il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, sottolineando che “l’adesione della Svezia ci renderà tutti più forti e sicuri”. La cerimonia di ingresso del nuovo membro dell’Alleanza si potrebbe tenere al quartier generale della Nato già venerdì (primo marzo). I passi della Svezia per entrare nella NatoPer diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.

    Il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergLa procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.