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    Ucraina e Stati Uniti verso l’accordo sulle terre rare

    Bruxelles – Dopo il terremoto, le scosse di assestamento. Lo sciame sismico che scuote l’Ucraina e l’Europa in questa inedita fase non è destinato a finire presto, anzi è appena iniziato. Una catena di eventi messi in moto dall’accelerazione impressa da Donald Trump, che ha colto in contropiede tanto gli alleati transatlantici quanto il governo di Kiev.Ma ora Volodymyr Zelensky sembra tornare ad avere una voce in capitolo, rinegoziando con la Casa Bianca i termini dell’accordo sulle terre rare e le materie prime critiche al centro delle mire di Washington, Mosca e Bruxelles. Dal canto loro, le cancellerie europee cercano di coordinarsi come possono, imbastendo frettolosamente una risposta comune.La palla torna a KievA tre anni dall’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin nel 2022 per “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina” (a sua volta drammatica escalation di una crisi iniziato nel 2014), tutto è precipitato nel giro di una manciata di giorni a metà febbraio. Per un momento – sembrato eterno sia a Kiev sia ai vertici di Ue e Nato a Bruxelles – il presidente statunitense è parso intenzionato a negoziare in solitaria col suo omologo russo, cambiando radicalmente la narrativa sul conflitto più sanguinoso scoppiato nel Vecchio continente dalla Seconda guerra mondiale (reiterando alcuni dei leitmotiv preferiti della propaganda putiniana) ed escludendo tanto l’Ucraina quanto l’Ue dal tavolo delle trattative.Ma da ieri sera (25 febbraio) la musica sembra cambiata. Magari non muterà l’intera sinfonia, ma alcuni membri importanti dell’orchestra stanno accordando meglio i propri strumenti. A partire dalla leadership ucraina. Dopo aver rifiutato per almeno due volte i termini di un accordo sulla concessione a Washington dei diritti di sfruttamento delle vaste risorse minerarie del suo Paese, Volodymyr Zelensky ha infine dato il via libera ad una sua versione che sarebbe finalmente vantaggiosa per Kiev (o almeno non svantaggiosa come le precedenti).Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto: Imagoeconomica)Citando fonti ucraine coinvolte nelle trattative, il Financial Times ha reso noto che era finalmente arrivato il disco verde da parte dei negoziatori di Kiev. Lo stesso tycoon newyorkese, in occasione della visita del presidente francese Emmanuel Macron di lunedì, aveva anticipato che l’accordo era “molto vicino” e sostenuto che il leader ucraino sarebbe volato a Washington nei prossimi giorni per siglarlo di persona nello Studio ovale, forse già venerdì (28 febbraio). Una timeline confermata anche dai funzionari ucraini.Cosa prevede l’accordoUn patto sull’accesso privilegiato degli Stati Uniti alle terre rare, alle materie prime critiche, al gas naturale e al petrolio dell’ex repubblica sovietica era stato proposto inizialmente dallo stesso Zelensky a Trump lo scorso settembre. Berillio, grafite, ittrio, lantanio, litio, scandio, titanio e uranio sono solo alcuni dei minerali indispensabili ai settori strategici al centro della competizione globale: batterie per la transizione verde, nucleare, industria aerospaziale e difesa.Le trattative si erano però complicate nelle ultime settimane a causa delle richieste massimaliste dell’amministrazione Usa. Impraticabili per Kiev le prime formulazioni, soprattutto la pretesa della Casa Bianca di ricevere 500 miliardi di dollari dalle casse statali ucraine a titolo di compenso per gli aiuti inviati in questi tre anni di guerra. Peccato che di miliardi Washington ne abbia spesi poco più di 114, dei quali solo 4 dovrebbero essere ripagati (con scadenza al 2065).Ad ogni modo, la svolta – apparentemente dovuta ad un avvicendamento all’interno del team negoziale a stelle e strisce – ha permesso di dare forma ad una cornice generale accettabile da entrambe le parti. Il governo ucraino avrebbe già fornito il proprio assenso alla sottoscrizione del patto, ma questo dovrà ora essere approvato dal Parlamento.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev il negoziatore Usa per la crisi russo-ucraina, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)Il testo prevederebbe l’istituzione di un fondo ad hoc con “proprietà congiunta” tra Washington e Kiev. Quest’ultima vi contribuirebbe per il 50 per cento con i proventi della “futura monetizzazione” delle risorse minerarie nazionali. Tale fondo dovrebbe finanziare progetti da avviare nel Paese, presumibilmente legati alla ricostruzione.Sarà invece lasciata a protocolli successivi la definizione dei dettagli tecnici. Incluso quali giacimenti includere nell’accordo e cosa fare con quelli troppo vicini al fronte, per non parlare di quelli finiti sotto occupazione russa. Soprattutto, manca un passaggio esplicito sulle garanzie di sicurezza. Un dettaglio di primissimo rilievo, ma i funzionari ucraini si ritengono soddisfatti, almeno per il momento, per essersi assicurati il sostegno del loro più potente alleato.Il “grande mercanteggiamento”Ha così inizio quello che alcuni osservatori hanno già ribattezzato “il grande mercanteggiamento“. Le ricchissime risorse del proprio sottosuolo sembrano essere l’ultima carta rimasta nella pessima mano del presidente ucraino, e sono ambite da tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella partita che si sta giocando nell’ex repubblica sovietica.Da Washington, Trump sta facendo quello che sa fare meglio: applicare alla politica internazionale l’approccio transazionale imparato nel suo passato da imprenditore. Il do ut des della Casa Bianca prevede l’acquisto di minerali e idrocarburi in cambio degli aiuti a Kiev, e viene puntellato dalle minacce del braccio destro del tycoon, il tecno-oligarca Elon Musk, di interrompere i servizi della sua rete di comunicazione satellitare Starlink dalla quale dipende l’esercito ucraino.D’altro canto, le mire imperialiste di Mosca – che ad oggi occupa poco meno di un quinto del territorio ucraino – sono sotto gli occhi del mondo. È chiaro che, oltre a motivazioni di carattere storico-culturale (di una lettura distorta della storia difesa da Putin), l’accesso alle risorse minerarie di Kiev è sempre stato uno dei moventi dell’aggressione russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Ma anche l’Ue ha messo da tempo gli occhi sul tesoro sotterraneo del vicino orientale. Come ribadito dal vicepresidente esecutivo della Commissione Stéphane Séjourné durante la visita di lunedì (24 febbraio) nella capitale ucraina, Bruxelles ha stipulato con Kiev un memorandum d’intesa nel 2021 in cui le terre rare e le materie prime svolgono un ruolo cruciale. Dei 30 materiali critici individuati dall’Unione, 21 “possono essere forniti dall’Ucraina nell’ambito di una partnership vantaggiosa per entrambe le parti“, ha dichiarato il responsabile della Strategia industriale comunitaria.L’esecutivo a dodici stelle mette così sul tavolo l’implementazione completa dell’accordo già esistente e si propone come un’alternativa più appetibile degli Stati Uniti di Trump. L’arma segreta a disposizione dell’Ue è la prospettiva dell’adesione, sulla quale Ursula von der Leyen ha promesso progressi rapidi (“prima del 2030, se Kiev continua sulla strada delle riforme”), mentre la Casa Bianca ha messo una pietra tombale sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.Quo vadis, Europa?In realtà, la partnership avanzata dalla Commissione va intesa non tanto in sostituzione quanto in aggiunta a quella a stelle e strisce. Fare concorrenza troppo diretta allo zio Sam, il cui ombrello di sicurezza rimane insostituibile per il Vecchio continente, potrebbe rivelarsi poco lungimirante in questa fase.Anche se gli europei continuano a sperare che tale ombrello rimanga aperto (a questo è servita la visita di lunedì di Macron a Washington – su cui ha aggiornato stamane i colleghi del Consiglio europeo – e a questo servirà quella del primo ministro britannico Keir Starmer di domani), la doccia gelata del Trump bis è stato un brusco risveglio dalla loro trentennale illusione post-storica à la Francis Fukuyama.Continuing to work on close European coordination, today president @EmmanuelMacron debriefed EU leaders on his meeting with @realDonaldTrump earlier this week in Washington.Very useful to prepare our special European Council on 6 March, where we will take decisions on our… pic.twitter.com/4RRCIJ4vgm— António Costa (@eucopresident) February 26, 2025Ora le cancellerie europee stanno correndo ai ripari in fretta e furia, cercando di coordinare gli sforzi per creare quell’autonomia strategica di cui tanto si è parlato ma che sarà difficile da realizzare. Si è partiti con una doppietta di incontri all’Eliseo e si continuerà domenica (2 marzo) con una riunione a Londra, dove si discuterà di come finanziare il riarmo del continente e di una strategia congiunta per la difesa.“Armiamoci e partite“: questo, in sostanza, il messaggio del tycoon newyorkese a quelli che sulla carta sarebbero i suoi più stretti alleati. Mentre porta avanti i negoziati con Putin sulla cessazione delle ostilità, Trump scarica sugli europei la responsabilità della sicurezza continentale. L’antifona è passata. “Ora è il momento di agire, di prendere decisioni, di ottenere risultati”, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo António Costa giusto ieri, ripetendo il ritornello preferito anche dal capo dell’Alleanza nordatlantica Mark Rutte. Meglio tardi che mai?

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    Passaggio a sud-est: la scommessa di von der Leyen sull’India di Modi

    Bruxelles – In un mondo che cambia, e che offre sempre meno certezze ora che alla Casa Bianca è tornato Donald Trump, l’Ue cerca nuovi partner. E rafforza la cooperazione con gli Stati che, come l’India, stanno acquistando un peso sempre maggiore nell’arena internazionale. Così, la prima visita ufficiale dell’esecutivo comunitario sarà a Nuova Delhi. Non ci si aspetta il lancio di nessuna iniziativa formale, ma sarà l’occasione per dimostrare tangibilmente l’intenzione di legare il destino dei Ventisette a quello della potenza asiatica in ascesa, per limitare i danni delle decisioni unilaterali prese dal presidente Usa.Partenariato strategicoEra il 21 gennaio quando, dal palco del World economic forum di Davos, la capa della Commissione europea Ursula von der Leyen annunciava che si sarebbe recata in India per incontrare il primo ministro Narendra Modi e il resto del suo governo. La data prescelta è alla fine del mese, precisamente giovedì 27 e venerdì 28 febbraio (anche se il primo dei due giorni sarà dedicato quasi interamente agli spostamenti). Saranno presenti 21 commissari su 27, compresa la presidente.L’obiettivo di Bruxelles è definire la nuova agenda strategica su cui (re)impostare le relazioni con Nuova Delhi, che dovrebbe venire adottata ufficialmente durante il prossimo Summit Ue-India previsto per la seconda metà dell’anno. Pertanto, gli incontri di venerdì – che includeranno una serie  di bilaterali non solo tra von der Leyen e Modi ma anche tra i commissari Ue e i loro omologhi indiani – non sono dedicati a prendere impegni specifici ma a far progredire il dialogo sulle questioni considerate cruciali, nel quadro del partenariato strategico avviato nel lontano 2004. “Il 2025 sarà l’anno delle relazioni tra Ue e India”, ha assicurato una funzionaria comunitaria.La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen parla al World economic forum di Davos, in Svizzera, il 23 gennaio 2025 (foto: World Economic Forum via Imagoeconomica)Il nodo della sicurezzaSul tavolo ci saranno, tra le altre cose, il commercio, la competitività, la sicurezza e la difesa. “L’India è cruciale per il de-risking” strategico del Vecchio continente, per “aumentare la nostra resilienza e diversificare gli investimenti“, ha puntualizzato un altro funzionario. Di più, il Paese asiatico è “una di quelle grandi potenze con cui vorremmo unire le forze” per garantire la tenuta del sistema di sicurezza internazionale, soprattutto alla luce della guerra d’aggressione russa in Ucraina che è entrata ieri nel suo quarto anno.Proprio quello relativo all’Ucraina è un capitolo importante, fanno notare dalla Commissione, soprattutto per quanto riguarda le misure restrittive imposte sul Cremlino e la loro applicazione. Nuova Delhi è sospettata di acquistare da Mosca una parte del petrolio greggio sanzionato dall’Ue e di far entrare nella Federazione materiale aeronautico europeo, ma questo tema non dovrebbe essere affrontato nei colloqui di venerdì, almeno stando alle anticipazioni ufficiali.La sicurezza eurasiatica e quella indo-pacifica sono collegate, è il ritornello al Berlaymont, e dunque il dialogo con Nuova Delhi – considerata “un campione e uno sponsor della pace” – è fondamentale. Del resto, la cooperazione è già attiva in alcuni ambiti tra cui il contrasto al terrorismo e la gestione delle crisi, mentre si dovrebbe espandere presto la collaborazione anche in materia di sicurezza informatica e nello spazio.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Sergei Supinsky/Afp)Come spiega a Eunews James Crabtree dello European council on foreign relations (Ecfr), un think tank con sede a Bruxelles che indaga la politica internazionale, “sia l’Europa che l’India si trovano in un momento di urgente ricalibrazione strategica” dovuto alla seconda presidenza Trump. “È difficile immaginare un momento migliore per rivitalizzare i legami storicamente poco solidi” tra le due parti, sostiene l’analista, dal momento che con il tycoon al potere gli Stati Uniti sono “nuovamente capricciosi” (dai dazi doganali allo stravolgimento della politica di sicurezza europea).Dialogo commercialeIn materia di commercio, un elemento importante sarà il dialogo sui progressi verso la stipula del trattato di libero scambio (Fta nell’acronimo inglese), i cui negoziati erano iniziati nel 2007 per interrompersi nel 2013 e riprendere dopo otto anni nel maggio 2021. Tra i punti su cui manca ancora la quadra ci sono, soprattutto, le barriere (doganali e non) agli scambi tra le due economie – in particolare relativamente ad alcuni prodotti chiave come le automobili e gli alcolici – che sono sbilanciate essendo più alte per le aziende europee che cercano di esportare in India. Uno dei bilaterali da tenere d’occhio sarà quello tra il responsabile del Commercio di Bruxelles, Maroš Šefčovič, e il ministro indiano Piyush Goyal.Durante la visita del Collegio a Nuova Delhi, si riunirà per la seconda volta anche il Consiglio per il commercio e la tecnologia (Ttc), dopo il primo incontro risalente al maggio 2023. A rappresentare l’Unione saranno la vicepresidente esecutiva della Commissione con delega alla Sovranità tecnologica Henna Virkkunen, il già citato Šefčovič e la titolare della Ricerca e dell’innovazione Ekaterina Zaharieva. Tra gli obiettivi principali del Ttc Ue-India c’è quello di rafforzare la collaborazione in materia di transizione digitale, tecnologie pulite, investimenti e commercio. Nello specifico, si parlerà soprattutto di infrastrutture digitali e di resilienza delle catene del valore.Il commissario al Commercio Maroš Šefčovič (foto: European Parliament)Innovazione tecnologica pulitaMa si parlerà anche di sviluppo tecnologico, un tema centrale per l’India che ospiterà il prossimo vertice mondiale sull’intelligenza artificiale, dopo aver co-presentato quello dello scorso 11 febbraio a Parigi. La cooperazione in questo settore, dall’Ia alle tecnologie pulite passando per la ricerca e l’innovazione, sarà alla base della crescita delle economie avanzate nell’immediato futuro. Questa, almeno, la lettura della Commissione, che a fine gennaio ha svelato la sua Bussola per la competitività con cui ha inteso tradurre in pratica le raccomandazioni contenute nel rapporto presentato lo scorso settembre da Mario Draghi.Il mercato indiano è un Bengodi cui Bruxelles non è disposta a rinunciare, ad esempio per quel che riguarda il potenziale nel campo delle tecnologie green e della decarbonizzazione: Nuova Delhi, insieme a Parigi, è ad esempio co-fondatrice dell’International solar alliance, che dovrebbe mobilitare 1000 miliardi entro la fine del decennio. Non figurano invece in agenda scambi sul meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alle frontiere (il Cbam), sul quale l’India è scettica.Le zone d’ombraMa mentre Bruxelles celebra la cooperazione con la democrazia più popolosa del mondo, non mancano anche diverse criticità nel rapporto con Nuova Delhi. A partire proprio dalla posizione ambigua di Modi nei confronti della Russia di Vladimir Putin e della Cina di Xi Jinping, rispettivamente acerrimo nemico e avversario strategico del club a dodici stelle.Il presidente cinese Xi Jinping (sinistra), quello russo Vladimir Putin e il primo ministro indiano Narendra Modi al summit dei Brics di Kazan, il 23 ottobre 2024 (foto: Grigory Sysoev via Imagoeconomica)La disinvoltura con cui il premier si muove sullo scacchiere internazionale (l’India è uno dei fondatori dei Brics e si presenta come paladino del Sud globale, ma fa l’equilibrista tra le potenze occidentali) potrebbe creare degli imbarazzi all’Ue, ma von der Leyen ha ampiamente dimostrato di essere capace di grande pragmatismo, anche se i critici lo denunciano come doppiopesismo. Si può quindi chiudere un occhio sulla tutela dei diritti umani, se serve a risollevare il fato di un’Europa sferzata dai colpi che Trump non smette di sferrare a destra e a manca.

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    L’Ue a pesca di alleati nei Caraibi, von der Leyen incontra i leader del Caricom

    Bruxelles – In linea con la strategia della Commissione europea per la costruzione ed intensificazione di partenariati strategici in giro per il mondo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha completato la sua visita di due giorni a Bridgetown, Barbados, dove ha partecipato alla 48esima sessione ordinaria della Conferenza della Comunità dei Caraibi (Caricom). Ospite del primo ministro delle Barbados Mia Mottley, ha incontrato i 15 leader dei paesi caraibici, riaffermando ai presenti la vicinanza delle due comunità ai capi opposti dell’Atlantico, e di come entrambe condividano il saldo supporto all’Ucraina.La visita si inserisce nel contesto dei recenti accordi con Mercosur, Messico e Malaysia. Sono previste in futuro ulteriori visite di sensibilizzazione in Sud Africa e in India, mentre un vertice Ue-Asia centrale si terrà in aprile.“In questo mondo in cui vi è un chiaro tentativo di costruire sfere di influenza, dove visioni contrastanti dell’ordine mondiale stanno portando ad un approccio transazionale agli affari globali” ha detto la presidente alludendo, senza fare nomi, all’atteggiamento di Washington e Mosca, “l’Europa vuole essere un partner corretto e fidato per tutte le regioni del mondo che vogliono lavorare con noi“.Breve scambio tra il primo ministro di Grenada Dickon Mitchell e la presidente sul tema delle riparazioni europee per la schiavitù coloniale: “La schiavitù è un crimine contro l’umanità” ha risposto lei.Cambiamento climatico, intelligenza artificiale, commercio e ambiente tra i temi trattati. Von der Leyen ha, inoltre, partecipato al lancio di 4 programmi di investimento e partenariato nei settori biomedico, farmaceutico, delle telecomunicazioni e dell’energia pulita, ed ha a inoltre annunciato un pacchetto di aiuti ad Haiti da 19,5 milioni di euro.

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    L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfida

    Bruxelles – L’India come nuova meta, una risposta alle nuove tensioni globali e alle nuove logiche geopolitiche. L’Unione europea, ed in particolare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, puntano molto su una nuova stagione di relazioni bilaterali con Nuova Delhi. Una scelta per certi aspetti obbligata, ma che rischia di gettare il vecchio continente in una dimensione anche controproducente. Perché l’India, al pari della Cina, mantiene un ruolo di partner privilegiato con la Russia condannata e oggetto di ben sedici pacchetti di sanzioni, ed ha ancora molto da fare a livello di diritti umani. In sostanza, non è propriamente paladina di quei valori tanto sbandierati dall’Ue in questi ultimi anni.Il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro redatto per agevolare il compito degli europarlamentari, non nasconde che le relazioni Ue-India non sono prive di criticità. La prima riguarda l’agenda politica indiana. “L’Ue sta cercando di ampliare la sua cerchia di partner chiave, sullo sfondo dell’incertezza sulle relazioni transatlantiche”, la premessa del documento, ma “l‘India nel frattempo mantiene una relazione privilegiata con la Russia e sta rafforzando i legami con l’amministrazione Trump“. Un modo di porsi sullo scacchiere internazionale che certamente pone l’Ue nella scomoda posizione di dover scegliere: evitare ogni rapporto con chi non condivide principi europei, o scegliere quel pragmatismo enunciato da von der Leyen per cui bisogna saper accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyne, con il primo ministro indiano, Narendra Modi (fonte: Commissione Ue)Ue-India, il calendario per la nuova stagione di relazioniLa Commissione europea fa sul serio. Poco importa se Nuova Delhi flirta con Mosca e Washington. L’intero collegio sarà in India la prossima settimana, il 27 e 28 febbraio. Per l’occasione si riunirà anche il consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Una comunicazione congiunta su una nuova agenda strategica Ue-India è prevista per il secondo trimestre del 2025. Un vertice Ue-India potrebbe aver luogo nell’ultimo trimestre del 2025. Un calendario con date, tappe, obiettivi, a riprova di volersi mettere al riparo da nuove tensioni commerciali e nuovi ordini mondiali.L‘Ue desidera sviluppare le sue relazioni con l’India, il cui mercato e la cui crescita economica rappresentano una preziosa opportunità per le aziende europee, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. L‘India è leader nella promozione delle energie rinnovabili, viene ricordato, e questo ruolo non è nuovo. A marzo 2018 il primo ministro indiano, Narendra Modi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, ha co-presieduto la conferenza fondatrice dell’Alleanza internazionale per il solare (International Solar Alliance, Isa). La missione dell’Isa è quella di sbloccare un trilione di dollari in investimenti solari entro il 2030, riducendo al contempo i costi di tecnologia e finanziamento.La partita geopoliticaC’è poi tutta la partita geopolitica da dover considerare e da non dover sottovalutare. I ricercatori del Parlamento europeo ricordano che l’obiettivo di Nuova Delhi è “collocarsi al centro dell’equilibrio di potere globale” tra gli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e Russia e Cina (con cui partecipa all’organizzazione intergovernativa BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation) dall’altra. Allo stesso tempo, l’India mira a rappresentare e guidare il ‘Sud globale’.In questa agenda tutta indiana la Russia gioca un ruolo non indifferente, visto che storicamente l’India si sente minacciata dalla Cina (con cui esiste ancora il contenzioso sui territori dell’Aksai-Chin, rivendicati da entrambe le parti), e vede nelle relazioni con la Russia un modo per rispondere a questo senso di accerchiamento cinese. Una parte del greggio russo sanzionato dagli europei è stato acquistato dall’India, che avrebbe aiutato a far entrare in Russia materiale aeronautico europeo che non potrebbe essere venduto in Russia.C’è poi la questione diritti umani, che “rappresentano un’ulteriore causa di disagio nelle relazioni Ue-India”. Nella sua risoluzione di gennaio 2024 sulle relazioni Ue-India, il Parlamento ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della democrazia nel paese.

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    Monaco, tutti gli occhi sull’Ucraina (e Vance). Zelensky: “Putin attaccherà la Nato”

    Bruxelles – La Conferenza sulla sicurezza di Monaco è col fiato sospeso. A difendere le ambizioni euro-atlantiche dell’Ucraina sembra rimasta solo Bruxelles, almeno nominalmente, mentre il vicepresidente Usa James David Vance minimizza le minacce poste dalla Russia al Vecchio continente. Prima del colloquio col numero due della Casa Bianca, Volodymyr Zelensky ha incontrato i vertici delle istituzioni comunitarie.Nel settembre 1938, Monaco di Baviera fece da cornice ad uno degli accordi più scellerati della storia europea, quando le cancellerie democratiche permisero ad Adolf Hitler di fare a pezzi l’allora Cecoslovacchia dandogli in pasto la regione dei Sudeti (oggetto delle mire pangermaniste del Partito nazionalsocialista), nella speranza di scongiurare una guerra. Il risultato ottenuto dalla strategia dell’appeasement fu l’invasione della Polonia da parte delle truppe del Reich nel giro di un anno e, da lì, la deflagrazione del conflitto più devastante di cui si abbia traccia nella storia dell’umanità.Da oggi (14 febbraio) e fino a dopodomani, a Monaco sono riuniti i leader mondiali per partecipare alla Conferenza sulla sicurezza (Msc). Mentre aleggia sopra il Bayerischer Hof lo spettro del presidente russo Vladimir Putin, la preoccupazione è che l’approccio della nuova amministrazione statunitense ai negoziati col Cremlino porti a ripetere gli stessi errori del passato.“Un’Ucraina fallita indebolirebbe l’Europa, ma anche gli Stati Uniti“, ha avvertito la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dal palco, un monito a non lasciare che sia Putin a dettare i termini del cessate il fuoco che, dopo la telefonata dell’altroieri con Donald Trump, sembra ormai a portata di mano.Dear @ZelenskyyUa, Europe stands with you for a just and lasting peace, with strong security guarantees.We will keep providing continued and stable support to Ukraine.And speed up work on your EU accession.Joint read-out with @eucopresident ↓— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 14, 2025Alla conferenza è presente anche Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino sa bene che la finestra di opportunità per impedire che Trump negozi direttamente con Putin bypassando completamente Kiev si sta chiudendo rapidamente. “Un accordo di pace non può essere firmato a Monaco, ricordiamo quello che è stato firmato qui, non lo ripeterò”, ha dichiarato, aggiungendo di non voler essere “quella persona nella storia che ha aiutato Putin a occupare il mio Paese“.Mentre aspetta il suo faccia-a-faccia con il numero due della Casa Bianca, James David Vance (con il quale si è detto disposto a “discutere l’accordo sui nostri minerali“, un’opzione ventilata dallo stesso Trump per garantire il sostegno militare a Kiev), il presidente ucraino ha incontrato i vertici Ue.Nel comunicato congiunto diffuso dopo il colloquio con il capo dell’esecutivo comunitario e il presidente del Consiglio europeo, António Costa, si legge dell’impegno a “fornire un sostegno costante e stabile all’Ucraina fino al raggiungimento di una pace giusta, globale e duratura“, l’unico esito che “porterà a un’Ucraina sovrana e prospera e garantirà la sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa“. La nota ribadisce inoltre “la volontà di porre l’Ucraina in una posizione di forza prima di qualsiasi negoziato futuro e di fornire all’Ucraina forti garanzie di sicurezza“.Cioè quanto i governi europei – soprattutto quelli baltici e scandinavi – e l’Alta rappresentante Kaja Kallas stanno ripetendo con particolare insistenza negli ultimi giorni, dopo che il segretario alla Difesa di Washington Pete Hegseth ha chiuso la porta ad ogni possibilità di impiegare truppe statunitensi in qualunque operazione di peacekeeping nell’ex repubblica sovietica (operazione che, se ci sarà, dovrà essere fuori dall’ombrello Nato). Costa, von der Leyen e Zelensky hanno reiterato infine la loro volontà condivisa di “intensificare il lavoro per accelerare il processo di adesione dell’Ucraina” al club a dodici stelle.Nello stesso momento in cui i droni russi tornano a cadere sulla centrale nucleare di Chernobyl, il leader ucraino ha avvertito che il Cremlino potrebbe presto lanciare un’aggressione dalla Bielorussia contro uno Stato lungo il fianco orientale della Nato, “forse la Polonia, forse i Baltici”, oppure sferrare una nuova offensiva verso Kiev.Il vicepresidente statunitense James David Vance parla alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il 14 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Ma gli occhi e gli orecchi degli astanti sono tutti per Vance, dichiaratosi fiducioso del fatto che “possiamo giungere ad un accordo ragionevole tra la Russia e l’Ucraina“. Il vicepresidente ha poi spiazzato la platea sostenendo che il pericolo maggiore in Europa non deriva dalle minacce esterne ma proviene dall’interno, da quelle che ha bollato come “restrizioni alla libera espressione“, che sono per definizione intrinsecamente antidemocratiche.Esortando i leader europei a “non fuggire dagli elettori“, Vance ha anche suggerito di abbandonare i “cordoni sanitari” contro l’estrema destra, ad appena nove giorni dalle elezioni federali in Germania in cui l’ultradestra post-nazista e filorussa di Alternative für Deutschland (AfD), elogiata costantemente da Elon Musk, è accreditata dai sondaggi con almeno il 20 per cento dei consensi.

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    Misure di ritorsione e negoziati con l’India, l’Ue si compatta contro i dazi di Trump

    dall’inviato a Strasburgo – Reagire con misure di ritorsione, e concludere nuovi accordi commerciali, a cominciare con l’India. La risposta dell’Ue alla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi del 25 per cento all’acciaio e all’alluminio si produce nel dibattito d’Aula del Parlamento europeo, dove i principali gruppi si compattano, si crea una vera ‘maggioranza Ursula’ come mai prima dal post voto del 6-9 giugno. E’ la prova dell’emiciclo che sancisce un compattamento a dodici stelle contro le mosse di Washington, perché le reazioni preliminari non convincono.“Mi rammarico profondamente della decisione degli Stati Uniti di imporre dazi sulle esportazioni europee di acciaio e alluminio”, la reazione ufficiale della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a pochi minuti della riunione d’Aula. Von der Leyen, non presente a Strasburgo per impegni istituzionali, promette che “i dazi ingiustificati sull’Ue non rimarranno senza risposta”, e annuncia “contromisure ferme e proporzionate”. Però dai banchi de laSinistra Rudi Kennes attacca: “Mi rammarico? E’ ridicolo. Trump ride di questo”. La collega e co-presidente del gruppo, Manon Aubry, rincara la dose: “La reazione dell’Ue è nulla. Continuiamo a essere il cagnolino degli Stati Uniti anche quando colpiscono i diritti della comunità Lgtbqi e attaccano gli interessi dell’Europa. Quante provocazioni ancora dovremo subire perché i leader si sveglino?“.Il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, prova a calmare un’Aula che chiede e pretende interventi. “L’Ue non vede alcuna giustificazione per questa decisione, e risponderemo in modo proporzionato e per difendere i nostri interessi”, assicura agli europarlamentari. Ammette che una guerra commerciale a colpi di dazi “non il nostro scenario preferito”, ma si andrà avanti con decisione. Comunque, precisa Sefcovic, “restiamo aperti a negoziare“. Contro le politiche di Trump e di quanti volessero seguirne l’esempio la risposta è più commercio, sottolinea ancora il commissario Ue. Ricorda e rivendica la chiusura degli accordi con i Paesi del Mercosur e l’aggiornamento dell’accordo con il Messico voluto proprio come scudo anti-Trump. Alla luce di quanto accaduto Sefcovic anticipa l’intenzione di accelerare con India, Filippine e Thailandia.Il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic [Strasburgo, 11 febbraio 2025]Parole e strategia valgono a Sefcovic il sostegno dei popolari (Ppe). “Serve il Mercosur, e serve continuare con India e Indonesia”, sottoscrive Jorgen Warborn. Ma soprattutto occorre una risposta ferma e decisa, e perché “la frammentazione ci indebolisce”. Per la Commissione arriva però il suggerimento di “rispondere nel rispetto dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), altrimenti si creano ancora più incertezze”. Anche tra le fila dei liberali (Renew Europe) si invita a procedere con i negoziati con Nuova Delhi. “Più commercio è la risposta” ai dazi di Trump, sostiene Svenja Hahn, “e l’India è la risposta migliore” in tal senso.Socialisti (S&D), liberali (Re) e Verdi si uniscono nella richiesta di fermezza e contro-tariffe, come il Ppe. “Vogliamo che la Commissione europea risponda con misure di ritorsione“, taglia corto la socialista Kathleen Van Brempt. “Non si ferma un bullo dandogli ciò che vuole, perché altrimenti chiederà sempre di più”. Anche l’eurodeputato del Pd, Stefano Bonaccini, ritiene che “di fronte alla minaccia dell’arma protezionistica dovremo rispondere insieme, senza esitazioni”.Analoga la linea di Renew Europe, come spiegato da Karin Karlsbro: “Con gli Stati Uniti siamo pronti a rispondere”, per far capire che “Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti, non del mondo”. Niente tentennamenti, aggiunge la liberale Marie-Pierre Vedrenne: “Dobbiamo rispondere duramente”. Anche Anna Cavazzini, dei Verdi, esorta l’esecutivo comunitario a reagire: “L’Unione europea non può farsi ricattare”.Più timido il co-presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) all’Eurocamera, Nicola Procaccini: “L’unico modo per affrontare questa nuova sfida è avere un approccio equo“, sostiene. Il che vuol dire che come Unione europea “dobbiamo essere pronti, non ci piacciono i dazi, ma sappiamo che fanno parte del commercio internazionale. Lo erano ieri, lo sono ora e lo saranno in futuro”.Sulla questione si esprime anche il presidente di Eurofer Henrik Adam, secondo il quale “l’ordine esecutivo  che impone una tariffa generale del 25 per cento su tutte le importazioni di acciaio è una radicale escalation della guerra commerciale lanciata sotto la sua prima amministrazione. Esso – rileva Adam – peggiorerà ulteriormente la situazione dell’industria siderurgica europea, esacerbando un contesto di mercato già in terribile difficoltà”.Il presidente Jeo Biden aveva ammorbidito le sanzioni imposte nella prima amministrazione Trump, ma, nonostante questo, afferma il presidente di Eurofer, “le importazioni di acciaio dell’UE negli Stati Uniti sono diminuite di oltre 1 milione di tonnellate all’anno”, e secondo i suoi calcoli se i dazi dovessero essere introdotti nella misura annunciata “l’Ue potrebbe perdere fino a 3,7 milioni di tonnellate di esportazioni di acciaio verso gli Stati Uniti, il secondo mercato di esportazione per i produttori di acciaio dell’Unione, che rappresenta il16 per cento delle esportazioni totali di acciaio dell’Ue nel 2024”. Secondo Adam, inoltre, “la perdita di una parte significativa di queste esportazioni non può essere compensata dalle esportazioni verso altri mercati”.

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    “Gaza parte essenziale del futuro stato palestinese”. L’Ue, alla fine, risponde a Trump

    Bruxelles – “Gaza è una parte essenziale di un futuro stato palestinese“. Alla fine la Commissione europea si esprime pubblicamente. E’ Anouar El Anouni, portavoce della Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, a chiarire la linea e rispondere alle provocazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, deciso a calpestare decenni di faticosi processi di una pace in Medio Oriente che l’Ue vuole. “L’Ue sostiene pienamente la soluzione dei due stati, che riteniamo sia l’unico modo per raggiungere una pace sostenibile sia per gli israeliani che per i palestinesi”, aggiunge il portavoce di Kaja Kallas.La risposta però è tardiva. La Commissione europea impiega qualcosa come 36 ore per commentare le uscite di Trump. Alle parole riecheggiate in Europa nella mattina di mercoledì, 5 febbraio, la prima replica ufficiale e pubblica è affidata a un portavoce poco dopo le 12 del giorno dopo, giovedì 6 febbraio. Una ‘calma’ che offre la riprova dell’incapacità ad agire sui grandi temi e tradendo una volta di più le aspirazioni geopolitiche morte e sepolte comunque da anni.Anouar El Anouni, portavoce dell’Alta rappresentante Ue [Bruxelles, 6 febbraio 2025]Nel frenetico attivismo delle alte sfere Ue, sempre pronte a commentare qualunque cosa e sempre smaniose di apparire, comparire e presenziare, sui mezzi d’informazione e ancor più sui social, si nota l’assenza di commenti da parte della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, come dell’Alta rappresentante Kaja Kallas, incapaci anche di esprimersi sulla volontà dichiarata di Trump di spostare la popolazione di Gaza.La questione è grossa. In Parlamento europeo non mancano malumori tra le file dei gruppi che hanno stretto alleanza con il Ppe. Si vede in von der Leyen e nella sua Commissione “assenza di leadership”. Così riferiscono fonti parlamentari. Prima della ‘questione Gaza’ si imputava all’esecutivo comunitario la mancata reazione all’imperversare di Elon Musk e le sue ingerenze nelle questioni dell’Unione europea tramite il suo social X. Adesso si aggiunge una reazione tardiva sulla questione arabo-israeliana, con la Commissione che, parole del portavoce El Anouni, “prende nota delle dichiarazioni del presidente Trump”. Non proprio una figura delle migliori per chi vorrebbe un ruolo di peso nel mondo e una politica estera europea.

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    Von der Leyen agli ambasciatori Ue: “Abbiamo un nostro ruolo, costruiamo la politica estera europea”

    Bruxelles – “La necessità è di costruire una politica estera europea“, che sia “mirata” e che tenga fermo il principio per cui si negozia quando si può e quando si deve, ma non a tutti a costi. Tradotto: “Se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con te”. Altrimenti niente. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sprona gli ambasciatori Ue nel mondo ad una nuova diplomazia, che sia pragmatica e sappia rispondere al mondo di oggi. “Gran parte del mondo vede l’Europa come più forte di come la vediamo noi stessi, e l’Europa – insiste von der Leyen – ha molta più influenza in questo mondo di quanto a volte potremmo pensare“. Uno strumento da usare, anche nel confronto con gli amici di sempre.La presidente dell’esecutivo comunitario è brava a non fare nomi, a dire quello che deve in modo da non esporsi ma comunque affondare il colpo. Von der Leyen non chiama mai in causa Donald Trump, ma quello che lei dice ben si presta ad essere lette come riferimento al presidente degli Stati Uniti. E’ vero quando avverte gli ambasciatori che “ci sarà un uso crescente e una maggiore minaccia di strumenti di coercizione economica, quali sanzioni, controlli sulle esportazioni e dazi“. Un chiaro riferimento a Trump e il suo ‘bullismo commerciale’, contro cui von der Leyen ribadisce fermezza: “Ci prepariamo ad ogni scenario”, dice. Vuol dire anche eventualmente una guerra dai dazi Ue-Usa.Bandiere dell’Unione europea e degli Stati Uniti [foto: imagoeconomica]Non va per il sottile von der Leyen, in fin dei conti sono altri gli ambasciatori, e a loro invita a “cambiare il nostro modo di agire”. Un invito a essere pronti a “impegnarsi in difficili trattative, anche con partner di lunga data” – altro riferimento agli Stati Uniti – e un invito allo stesso ad accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”. Perché, insiste la presidente della Commissione Ue, “il principio di base della diplomazia in questo nuovo mondo è di tenere gli occhi puntati sull’obiettivo”. Ciò significa real-politik, “trovare un terreno comune con i partner per il nostro reciproco beneficio, e accettare che a volte dovremo accettare di non essere d’accordo”.Si tratta di “un nuovo approccio che riguarda la garanzia della futura sicurezza e prosperità dell’Europa”, insiste von der Leyen, e che riguarda anche le relazioni con Repubblica popolare cinese. “La Cina è uno dei paesi più intricati e importanti al mondo. E il modo in cui la gestiremo sarà un fattore determinante per la nostra futura prosperità economica e sicurezza nazionale”.