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    La Russia lascia Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca senza petrolio

    Bruxelles – La Russia lascia Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca senza petrolio. Transneft, la compagnia responsabile per il trasporto del greggio, ha chiuso i rubinetti per presunte conseguenze delle sanzioni dell’Unione europea. Non sarebbe stato possibile effettuare un pagamento, effettuato il 22 luglio ma rifiutato sei giorni più tardi. Dal 4 agosto dunque niente più trasporto via Ucraina, e Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca a secco. A non funzionare più è l’oleodotto UkrTransNafta, ramo della pipeline Druzhba che passa per l’Ucraina. Le consegne a Polonia e Germania, attraverso un altro ramo dell’oleodotto Druzhba che attraversa la Bielorussia, invece al momento “proseguono normalmente”, fa sapere Transneft.
    Il trasporto di petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba è stato sospeso per diversi giorni, ma la raffineria Slovnaft di Bratislava continua a funzionare e a rifornire il mercato, ha dichiarato in un comunicato il portavoce della società slovacca Anton Molnar. “Secondo le nostre informazioni, ci sono stati problemi tecnici a livello bancario relativi al pagamento delle tasse di transito da parte russa”, ha aggiunto.
    C’è il timore che in realtà Mosca stia usando sempre di più l’energia per fare pressione sul blocco dei Ventisette, usando petrolio, gas e risorse come arma di ricatto. Prima dello stop del petrolio, per cui comunque è previsto l’embargo europeo, c’è stata la riduzione delle forniture di gas, se non addirittura lo stop completo. E’ stato il caso di Polonia e Bulgaria, Stati membri verso cui è stato impedito al gas di arrivare a destinazione. Lo stesso è capitato a Danimarca, Paesi Bassi e Finlandia, sempre per questioni legate a pagamenti, non effettuati in rubli.

    Our emergency plan to reduce gas demand across the EU is now in force.
    Several Member States have already taken valuable, voluntary measures towards our target:
    Together, we aim to reduce gas usage by at least 15%.
    Saving energy is vital to Europe’s energy security.#REPowerEU pic.twitter.com/Iy6b0O0g3O
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 9, 2022

    A Bruxelles si cerca di minimizzare. “Il nostro piano di emergenza per ridurre la domanda di Gas in tutta l’Ue è ora in vigore”, ha ricordato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Diversi Stati membri hanno già adottato misure preziose e volontarie per raggiungere il nostro obiettivo”, ovvero di “ridurre il consumo di Gas di almeno il 15 per cento”. La numero uno dell’esecutivo comunitario ribadisce che “il risparmio energetico è fondamentale per la sicurezza energetica dell’Europa” nel contesto della risposta alla guerra russa in Ucraina.

    Transneft ha smesso di trasportare il greggio. Il motivo sono problemi nei pagamenti

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    Dopo un’attesa di quasi tre anni sono iniziati i negoziati di adesione Ue di Albania e Macedonia del Nord

    Bruxelles – Dopo anni di un processo fermo ai box per trovare il giusto assetto per ripartire, il 19 luglio 2022 segna una nuova data da segnare in rosso nel calendario della politica di allargamento dell’Unione Europea nella regione dei Balcani Occidentali. Con le prime conferenze intergovernative svoltesi oggi a Bruxelles, Albania e Macedonia del Nord hanno avviato i negoziati di adesione Ue, andando a unirsi a Montenegro e Serbia (i cui processi sono iniziati rispettivamente nel 2012 e nel 2014).
    “È il vostro successo e dei vostri cittadini, avete dimostrato resistenza ai nostri valori comuni e fede in quelli dell’accesso all’Unione”, ha salutato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la giornata “storica” per l’Ue e per i due Paesi balcanici: “Avete fatto tutto questo perché era importante per i vostri Paesi, noi continueremo a supportarvi”. A questo punto inizierà l’esame dell’acquis dell’Ue, che “consentirà ad Albania e Macedonia del Nord di familiarizzare con i diritti e gli obblighi della nostra Unione”, dai trattati agli accordi internazionali, mentre parallelamente si procederà a un avvicinamento in alcune aree-chiave: “L’Albania entrerà nel Meccanismo di protezione civile dell’Ue, per aumentare la resistenza contro incendi, terremoti e alluvioni, mentre la Macedonia del Nord negozierà un accordo con Frontex per rafforzare la cooperazione in materia di migrazione”. Nel frattempo, “con i progressi nei negoziati arriveranno i benefici per il commercio, l’energia, i trasporti e la massimizzazione dei fondi europei per nuovi lavori”, ha assicurato von der Leyen, che ha esortato infine a “stare uniti fino a quando non sarete membri a pieno diritto”.

    We will now start the screening of the EU acquis – and proceed very quickly. Dear @P_Fiala, @EU2022_CZ will also play an important role in advancing this negotiations process. The people of 🇦🇱🇲🇰 deserve it. pic.twitter.com/r39GHTWGpp
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 19, 2022

    A prendere immediatamente parola è stato il premier albanese, Edi Rama, che solo un mese fa criticava aspramente l’Unione per l’incapacità di liberare i due “ostaggi” dal ricatto bulgaro: “Ringrazio la presidente von der Leyen che ha saputo lottare per l’Ue e per noi, l’ex-cancelliera tedesca, Angela Merkel, perché senza di lei non saremmo qui, e i recenti sforzi del presidente francese, Emmanuel Macron, che è arrivato a una proposta per sbloccare una situazione assurda”. Il premier Rama ha definito gli ultimi tre anni “una tempesta perfetta”, per i veti prolungati, la pandemia Covid-19, i terremoti che hanno colpito il Paese e le conseguenze della guerra russa in Ucraina: “Sappiamo che questa è solo la fine dell’inizio della prima parte del processo, ma ne avevamo bisogno per continuare a costruire un’Albania e una regione balcanica forti e democratiche“, ha sottolineato con forza Rama.
    Da sinistra: Il premier della Macedonia del Nord, Dimitar Kovačevski, dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (19 luglio 2022)
    Da rilevare nel punto con la stampa europea è stato un passaggio specifico del discorso della numero uno della Commissione. Rivolgendosi al premier macedone, Dimitar Kovačevski, la presidente von der Leyen ha assicurato di poter “contare sul mio sostegno” per garantire che tutti i passaggi del processo negoziale siano tradotti in lingua macedone, “senza note a piè di pagina, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Ue”. Una dimostrazione pratica della volontà di Bruxelles di rimanere fedele alle promesse fatte a Skopje – anche la settimana scorsa dalla stessa leader dell’esecutivo comunitario direttamente al Parlamento nazionale – in merito al riconoscimento della lingua e dell’identità macedone nella contesa identitaria con la Bulgaria. “L’Ue ci accoglierà come un Paese a cui riconosce la propria lingua madre, è un principio sancito per sempre, che non sarà sottoposto a trattative“, ha esultato il premier macedone, che ha voluto rimarcare come la proposta di mediazione francese per superare il veto della Bulgaria sia “la migliore possibile, che rispetta le nostre linee rosse, e ora siamo pronti per entrare nell’Ue con un processo veloce come è stato quello di adesione alla Nato” nel 2020. “Il nostro sogno si sta avverando”, ha commentato il premier macedone, sottolineando che “siamo una piccola Unione Europea, un Paese multietnico e multi-confessionale unito nella diversità”.
    A rendere la questione più complessa è però la posizione controversa della Bulgaria, che non si è ammorbidita nemmeno dopo la firma protocollo bilaterale che ha permesso di avviare i negoziati di adesione Ue della Macedonia del Nord. In una dichiarazione unilaterale presentata al Coreper (gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio), la delegazione bulgara ha ribadito che Sofia considera il macedone solo un dialetto della propria lingua e che il riferimento alla lingua ufficiale della Repubblica di Macedonia del Nord nei documenti di Bruxelles non ne implica il riconoscimento.
    Tre anni di stallo
    Macedonia del Nord e Albania sono Paesi candidati all’adesione Ue rispettivamente dal 2005 e dal 2014. Il processo di adesione di Skopje è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia, per la contesa identitaria e sul cambio del nome del Paese balcanico: solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Era il 19 ottobre 2019 quando il Consiglio Ue, stimolato per due volte dalla Commissione ad aprire i negoziati di adesione con Skopje e Tirana, chiudeva la porta ai due Paesi, con l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi e la richiesta di implementare le riforme strutturali prima di sedersi ai tavoli negoziali. Dopo cinque mesi, al Consiglio del 25-26 marzo 2020, era arrivato il via libera dei Ventisette, che sembrava aver risolto tutte le questioni rimaste in sospeso. Tuttavia, il 9 dicembre 2020 si era registrato – nemmeno troppo a sorpresa – lo stop della Bulgaria, con il veto all’avvio dei negoziati di adesione di Skopje.
    Da allora il processo è rimasto in stallo sia per la Macedonia del Nord, sia per l’Albania, legate dallo stesso dossier sull’allargamento. A nulla sono servite le pressioni della Commissione e di Paesi membri come l’Italia e la Germania, con due vertici Ue-Balcani Occidentali – il primo a Kranji (Slovenia) nel 2020 e il secondo lo scorso 23 giugno a Bruxelles – che hanno prodotto risultati insoddisfacenti per le ambizioni dell’allargamento dell’Unione in tutta la regione balcanica. La svolta si è concretizzata solo con la spinta decisiva del presidente francese Macron (che fino al 31 giugno era anche a capo della presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue), con la proposta di mediazione tra Sofia e Skopje per risolvere una volta per tutte una disputa che ha rischiato di far saltare il banco, a causa della frustrazione sempre più esplicita dei leader balcanici. Grazie a questa iniziativa, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi – dopo aver accantonato la prima proposta definita “irricevibile” dalla Macedonia del Nord – anche il Parlamento macedone ha dato l’approvazione nella giornata di sabato (16 luglio). Con la firma del protocollo bilaterale tra Bulgaria e Macedonia del Nord si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Skopje e Tirana, dopo un’attesa lunga quasi tre anni.

    Finito lo stallo iniziato il 19 ottobre 2019 con il primo veto in Consiglio ai due Paesi balcanici e proseguito nell’ultimo anno e mezzo con l’opposizione della Bulgaria a Skopje. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Avete dimostrato resistenza e fede nei nostri valori comuni”

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    L’Unione europea sigla un accordo con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas entro il 2027

    Bruxelles – 20 per cento. E’ la quota di gas russo proveniente da gasdotto che l’Unione europea ha importato quest’anno da Mosca. Un livello molto inferiore rispetto al 40 per cento (circa 150 miliardi di metri cubi di gas) che in media ha importato negli ultimi anni, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo di affrancare l’UE dagli idrocarburi russi. Bruxelles punta “a compensare” quel 20 per cento, diversificando i suoi fornitori e a tale scopo la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha siglato oggi (18 luglio) un protocollo d’intesa con l’Azerbaigian per raddoppiare le importazioni di gas naturale azero ad almeno 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2027.
    “Con questo protocollo d’intesa, stiamo aprendo un nuovo capitolo nella nostra cooperazione energetica con l’Azerbaigian, un partner chiave nei nostri sforzi per abbandonare i combustibili fossili russi”, ha detto in conferenza stampa a Baku la presidente dell’esecutivo, affiancata dal presidente azero Ilham Aliyev. L’UE sta cercando fornitori alternativi alla Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca e la decisione assunta a livello politico di dire addio ai combustibili fossili importati dalla Russia al più tardi entro il 2027. Secondo la Commissione europea, l’Azerbaigian sta già aumentando le consegne di gas naturale nell’UE da 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 a 12 miliardi di metri cubi previsti nel 2022, si legge nella nota dell’Esecutivo comunitario.
    Il corridoio meridionale del gas
    Il gas naturale proveniente dal giacimento gigante di Shah Deniz nel settore azero del Mar Caspio arriva in Europa attraverso il corridoio meridionale del gas, il Southern Gas Corridor, una vera e propria infrastruttura di approvvigionamento di gas naturale dalle regioni del Caspio e del Medio Oriente all’Europa, che si basa su tre componenti principali: il South Caucasus Pipeline (SCP), il gasdotto che segue la rotta dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e arriva fino al confine tra Georgia e Turchia; il gas azero, dopo essere arrivato in Turchia, prosegue poi attraverso il TANAP (Trans Anatolian Pipeline) al confine turco-greco a Kipoi, che attraversa la Grecia e l’Albania e il Mar Adriatico; prima di approdare in Italia, a San Foca (in Puglia) attraverso il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline).
    Proprio il Tap avrà un ruolo particolarmente importante per l’aumento dei flussi di gas azero, dal momento che è l’ultimo tratto del Corridoio meridionale del gas che va dalla Grecia all’Italia, e Bruxelles prevede la necessità di lavori aggiuntivi per aumentare i flussi dagli attuali 8,1 miliardi di metri cubi registrati a fine 2021 ai 12 del prossimo anno”, ha spiegato un funzionario europeo spiegando i dettagli dell’accordo. A novembre sono previsti i primi “stress test” per comprendere le potenzialità di aumento di flussi attraverso l’infrastruttura che, in quanto progetto di interesse comune europeo (PCI) è stato finanziato con sovvenzioni europee e lo stesso sarà per i lavori aggiuntivi.
    Dato l’obiettivo di aumentare i volumi di gas, il memorandum contiene anche un impegno a ridurre le emissioni di metano lungo l’intera catena di approvvigionamento del gas. Il metano è tra i peggiori gas inquinanti atmosferici che contribuisce ai cambiamenti climatici: intrappola più calore rispetto alla CO2, ma si decompone nell’atmosfera più rapidamente, quindi impegnarsi per tagliare queste emissioni dovrebbe avere un impatto più rapido sul surriscaldamento globale. Non solo gas, Bruxelles punta su Baku anche in termini di energia pulita, in particolare nell’eolico offshore e nell’idrogeno verde. Con il memorandum, ha riferito von der Leyen, “stiamo gettando le basi per una solida cooperazione in quell’area. Quindi, gradualmente, l’Azerbaigian si evolverà dall’essere un fornitore di combustibili fossili a diventare un partner di energia rinnovabile molto affidabile e importante per l’Unione Europea”.
    Von der Leyen parla dell’Azerbaigian come di un partner “affidabile” dal punto di vista energetico. Lo stesso aveva detto, appena un mese fa, dell’Egitto, quando era volata al Cairo a metà giugno per siglare un memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente. Nel quadro del suo piano ‘RepowerEu’ per liberarsi dagli idrocarburi in arrivo da Mosca, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe, principalmente gas naturale liquefatto (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri UE che dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio. L’UE ha già siglato un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030. Cresce l’insicurezza dell’Ue sugli approvvigionamenti di gas dal momento che è iniziata la scorsa settimana la manutenzione programmata del gasdotto Nord Stream 1 che porta gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico. Impianti fermi almeno fino a giovedì 21 luglio, ma si teme un prolungamento del fermo anche oltre.

    Fino a 20 miliardi di metri cubi di gas entro cinque anni. Baku “partner cruciale”, dice la presidente von der Leyen, per la diversificazione degli approvvigionamenti all’Europa e in particolare per l’Italia. Bruxelles mette in conto nuovi lavori sul tratto del gasdotto Tap (Trans Atlantic Pipeline) per portare i flussi dagli attuali 8 miliardi di metri cubi a 12 già il prossimo anno

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    Von der Leyen a Skopje ha sperimentato personalmente le divisioni in Macedonia del Nord sulla proposta francese

    Bruxelles – Non una passerella a Skopje per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ma un vero e proprio bagno di realtà sulla situazione particolarmente delicata in Macedonia del Nord, a proposito del possibile sblocco dello stallo sui negoziati di adesione all’Ue. Nel suo discorso di oggi (giovedì 14 luglio) alla sessione plenaria del Parlamento nazionale la numero uno dell’esecutivo comunitario ha vissuto in prima persona il significato delle divisioni del Paese balcanico sulla proposta francese aggiornata per superare il veto bulgaro: da una parte dell’emiciclo – quello dell’opposizione nazionalista di VMRO-DPMNE (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) – è stata fischiata, mentre la maggioranza le ha riservato una lunga standing ovation per il suo ergersi a tutela dell’identità nazionale macedone, al pari di tutte le altre nell’Unione Europea.
    “Volevo esser qui con voi per dirvelo direttamente: l’Europa vi sta aspettando e speriamo che facciate un nuovo passo verso l’Unione“, ha esordito davanti ai deputati macedoni la presidente von der Leyen. Il riferimento è al voto del Parlamento, che stabilirà se il governo guidato da Dimitar Kovačevski potrà presentare ufficialmente la risposta positiva a Bruxelles sulla nuova versione della mediazione francese, che tiene conto delle richieste della Macedonia del Nord sul riconoscimento della lingua macedone al pari di tutte le altre in uso nel Paesi membri dell’Unione e dell’esclusione delle questioni storiche, culturali e di istruzione (quelle che fanno parte della contesta identitaria con la Bulgaria) dal quadro dei negoziati a livello UE.
    “Dobbiamo cogliere l’opportunità che abbiamo davanti”, ha esortato la leader della Commissione, indicando nella “prossima settimana” il momento in cui si potrà compiere “il primo passo della proposta francese rivista”. La decisione “spetta a voi e voi solamente”, ha sottolineato von der Leyen, che però ha voluto anche ricordare che “se deciderete di approvarla, nei giorni immediatamente successivi si terrà una Conferenza intergovernativa“, il primo passo del processo negoziale. E ancora, se saranno introdotti gli emendamenti alla Costituzione sul piano dei diritti fondamentali, “questo completerà automaticamente la fase di apertura dei negoziati e si attiverà un’altra conferenza intergovernativa, senza ulteriori decisioni”. È stato a questo punto che dai banchi dell’opposizione si sono alzati fischi e proteste, con una deputata che è arrivata al podio di von der Leyen e ha appoggiato un foglio con la scritta “la Macedonia dice NO!“, con quel’нe (‘no’) che è diventato il simbolo delle proteste nazionaliste dell’ultima settimana a Skopje (anche durante il discorso della presidente della Commissione).
    La protesta dell’opposizione nazionalista al Parlamento della Macedonia del Nord durante il discorso della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (14 luglio 2022)
    Ma al Parlamento della Macedonia del Nord c’è tutto uno schieramento – che al momento costituisce la maggioranza delle forze politiche rappresentate – che ha applaudito a lungo alle parole della presidente von der Leyen. Il momento di standing ovation si è registrato dopo la “garanzia” offerta dalla presidente della Commissione Europea non solo sul fatto che “non ci possono essere dubbi che lingua macedone è la vostra lingua, né sul rispetto della vostra identità nazionale“, ma anche che “il processo si baserà su principi e standard europei non negoziabili”, a cui proprio la proposta francese aggiornata fa riferimento: “Il principio dell’autoidentificazione è importante per ognuno di noi, potete contare su di me”, ha insistito con forza von der Leyen. Altri applausi sono arrivati sulla precisazione che “Le questioni bilaterali [con la Bulgaria, ndr] come l’interpretazione della storia non sono condizioni per l’accesso all’UE“, sgombrando il campo dai dubbi che temi come l’istruzione, la storia e la cultura possano entrare nei negoziati tra Skopje e Bruxelles. Allo stesso tempo “la cooperazione regionale e le buone relazioni fanno parte del Dna europeo ed è un elemento essenziale del processo di allargamento”, ha avvertito la numero uno dell’esecutivo comunitario, per ricordare che comunque tutte queste criticità tra i due Paesi dovranno essere risolte bilateralmente. 

    I assured President @SPendarovski and Prime Minister @DKovachevski of my full support to progress towards making North Macedonia an EU Member State. pic.twitter.com/hDhEVQQKJd
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 14, 2022

    Durante il suo discorso al Parlamento nazionale, la presidente della Commissione Ue è stata fischiata dai nazionalisti sul tentativo di sblocco dei negoziati di adesione, ma applaudita a lungo dalla maggioranza per aver garantito il rispetto della lingua e dell’identità macedone

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    Dal clima alla sicurezza energetica, von der Leyen a Long Island da Guterres per rafforzare il partenariato UE-ONU

    Bruxelles – Dalla crisi alimentare, a quella dell’energia; dalla guerra di Russia in Ucraina: alla prossima COP27 che si terrà in Egitto in autunno i temi sono tanti e caldi, e portano Ursula von der Leyen, insieme a tutto il collegio dei commissari in un ritiro di lavoro di due giorni (7-8 luglio) a Long Island, a New York, con il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres e altri alti funzionari delle Nazioni Unite. Le priorità di questo incontro, che secondo l’UE porta il partenariato UE-ONU “a un livello superiore”, le ha indicate la stessa presidente della Commissione europea in una conferenza stampa fatta all’arrivo negli Stati Uniti.
    Il nodo principale è la guerra della Russia in Ucraina, che porta con sé tutta una serie di sfide su cui Ue e Onu devono lavorare insieme. A partire dalla sicurezza alimentare. Mosca “sta bloccando l’esportazione di grano dall’Ucraina, portando così la fame a milioni di persone. Il blocco del Mar Nero deve cessare”, ha ammonito von der Leyen al fianco di Guterres, ringraziandolo per il suo “instancabile lavoro nel tentativo di creare una soluzione per l’esportazione di grano ucraino attraverso il Mar Nero”. Bruxelles – ha aggiunto – cerca dal canto suo di offrire rotte alternative all’Ucraina per il passaggio del grano sia su strada, sia in treno, o ad esempio sul fiume Danubio. L’attenzione però non è solo su come sbloccare le esportazioni di beni alimentari da Kiev, ma anche come aiutare i Paesi più vulnerabili ad aumentare la capacità di produzione in loco. “Stiamo anche stanziando fondi, 5 miliardi di euro, nei prossimi anni nell’agricoltura di precisione, ad esempio nelle nanotecnologie o nella gestione dell’acqua nelle aree aride, in modo che questi paesi non siano più così dipendenti dal mercato alimentare globale, ma siano in grado di produrre il cibo di cui hanno bisogno localmente”.
    Sarà anche la crisi energetica a tenere banco. “I prezzi dei combustibili fossili stanno salendo alle stelle con un pesante impatto negativo sui mezzi di sussistenza”, ha avvertito la presidente, aggiungendo che “la migliore risposta è un massiccio investimento nelle energie rinnovabili”. Si parla di rinnovabili perché l’energia pulita avrà un ruolo di primo piano in occasione della prossima COP27, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si terrà in autunno in Egitto, a Sharm El-Sheik. Stando alle parole di von der Leyen si parlerà inoltre del prezzo del carbonio, dal momento che l’UE deve negoziare un accordo sulla nuova tassa sul carbonio alle fronte (CBAM) che avrà un impatto non indifferente sulle relazioni (soprattutto commerciali) di Bruxelles con altri Paesi.

    Il collegio a guida von der Leyen vola negli Stati Uniti per una riunione di lavoro con il Segretario Generale delle Nazioni Uniti, per discutere delle sfide connesse alla guerra di Russia in Ucraina

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    L’UE “scioccata” per l’attentato all’ex-primo ministro giapponese Shinzo Abe: è in condizioni critiche

    Bruxelles – Il mondo travolto dallo shock per le condizioni disperate di Shinzo Abe. L’ex-premier del Giappone (in carica dal 2012 al 2020) è stato gravemente ferito in un attentato nella città di Nara, dove stava tenendo un discorso per la campagna elettorale in vista delle imminenti elezioni locali. A sparare sarebbe stato un uomo di circa 40 anni residente a Nara, come riporta la televisione nazionale giapponese NHK.
    “Sono scioccato e rattristato dal vile attacco a Shinzo Abe, mentre svolgeva le sue mansioni professionali”, ha commentato attraverso un tweet il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, definendo l’ex-premier giapponese “un vero amico, strenuo difensore dell’ordine multilaterale e dei valori democratici”. Dopo il viaggio di due mesi fa a Tokyo con la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, il leader del Consiglio ha voluto esprimere la vicinanza dell’Unione al popolo giapponese e all’attuale premier, Fumio Kishida, “in questi tempi difficili”. A stretto giro sono arrivate le “profonde condoglianze” da parte della presidente von der Leyen: “Caro Shinzo Abe, rimani forte“, ha scritto su Twitter, rivolgendo “i nostri pensieri e le nostre preghiere alla tua famiglia e al popolo giapponese”. Anche l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è detto “profondamente scioccato” dall’attacco e ha ribadito la “piena solidarietà dell’Unione Europea con il Giappone in questi momenti dolorosi”.

    Dear @AbeShinzo, stay strong!
    Our thoughts and prayers are with your family and the people of Japan. pic.twitter.com/WRQTTv7jX2
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 8, 2022

    Verso le ore 11.30 locali (le 4.30 italiane) l’ex-premier Shinzo Abe aveva iniziato da circa un minuto il suo intervento elettorale nella città vicina a Kyoto e Osaka, quando è stato colpito alla schiena a pochi metri di distanza da almeno due spari di arma da fuoco. Si è subito accasciato al suolo sanguinante, con i paramedici che lo hanno circondato per prestargli i primi soccorsi, mentre le forze dell’ordine hanno bloccato il tentativo di fuga dell’attentatore e hanno sequestrato l’arma che, come emerge dalle immagini diffuse sui social media, è una grossa pistola artigianale. All’emittente nazionale NHK l’Agenzia per la gestione degli incendi e dei disastri (FDMA) ha confermato che l’ex-premier ha una ferita da proiettile sulla parte destra del collo e un’emorragia sottocutanea sotto la parte sinistra del petto. L’ex-governatore di Tokyo, Yoichi Masuzoe, ha fatto sapere in un tweet che – dopo essere stato traportato in ospedale in stato “cosciente e reattivo” – Shinzo Abe si trova ora in uno “stato di arresto cardiopolmonare“, termine spesso utilizzato in Giappone prima di dare conferma ufficiale di morte.
    (in aggiornamento)

    Colpito da due spari di arma da fuoco mentre teneva un discorso nella città di Nara, Shinzo Abe è in uno stato di arresto cardiopolmonare. Il presidente del Consiglio UE, Charles Michel: “Vile attacco a un vero amico, strenuo difensore dell’ordine multilaterale e dei valori democratici”

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    L’Unione Europea e la Nuova Zelanda hanno trovato un accordo per il libero scambio commerciale

    Bruxelles – Si stringono i rapporti tra i due estremi del globo. Sulla base di un commercio bilaterale da 7,8 miliardi di euro all’anno per le merci e da 3,7 miliardi per i servizi – con esportazioni per 5,5 miliardi e importazioni da 2,3 miliardi per Bruxelles – UE e Nuova Zelanda hanno trovato oggi (giovedì 30 giugno) un’intesa commerciale di libero scambio che copre settori come l’agricoltura, il tessile, il digitale, l’energia e, per la prima volta, l’ambiente. Un accordo “solido e moderno” che “rappresenterà un’occasione per i nostri consumatori e agricoltori”, ha voluto sottolineare la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, nel corso della conferenza stampa congiunta con la premier della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern. O, come ha ricordato il vicepresidente esecutivo dell’esecutivo comunitario, Valdis Dombrovskis, “il primo del suo genere a prevedere sanzioni in caso di violazione sostanziale dell’Accordo sul clima di Parigi”.
    La firma dell’accordo di libero scambio tra UE e Nuova Zelanda (30 giugno 2022)
    Secondo i negoziati portati avanti negli ultimi quattro anni, dal giorno dell’entrata in vigore dell’accordo (che dovrà essere prima siglato dal Consiglio e approvato dal Parlamento UE, con la contemporanea ratifica a Wellington), saranno eliminati i dazi su tutte le esportazioni di merci e prodotti industriali e alimentari dai Paesi membri UE verso la Nuova Zelanda, mentre l’Unione eliminerà “o ridurrà sostanzialmente” i dazi sulla maggior parte delle merci neozelandesi, si legge nel testo dell’intesa. Per esempio, il governo di Wellington rinuncerà a tariffe fino al 10 per cento applicate attualmente al settore automobilistico e tessile, o del 5 per cento a quelli chimico, farmaceutico e alimentare.
    Proprio per quanto riguarda quest’ultimo punto, le due parti “collaboreranno per rafforzare le politiche e definire programmi che contribuiscano allo sviluppo di sistemi alimentari sostenibili, inclusivi, sani e resilienti“, anche grazie al fatto che a beneficiare maggiormente dell’accordo saranno “gli agricoltori da entrambe le parti, anche oltre il taglio ai dazi commerciali” su cibo e fertilizzanti, ha specificato la presidente von der Leyen. In questo senso va letta la “crescita dell’80 per cento degli investimenti”, ma anche la tutela delle oltre 200 indicazioni geografiche protette dell’UE. Saranno inclusi “l’intero elenco dei vini e degli alcolici” (tra cui il Prosecco) e “le più rinomate indicazioni geografiche alimentari” (come il formaggio Asiago). Nel capitolo sul regime di protezione che sarà applicato dalla controparte neozelandese si legge che “sarà illegale la vendita di imitazioni” – come il divieto dell’uso di un termine IG “per prodotti non genuini”, o espressioni come ‘genere’, ‘tipo’, ‘stile’, ‘imitazione’ – e l’uso “ingannevole” di simboli, bandiere o immagini che suggeriscono una falsa origine geografica.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e la premier della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern (30 giugno 2022)
    Ma nell’intesa tra UE e Nuova Zelanda risalta in particolare il capitolo dedicato a Commercio e sviluppo sostenibile, che include questioni ambientali e climatiche. Le due parti si impegnano a collaborare su questioni come la determinazione del prezzo del carbonio e la transizione verso un’economia a basse emissioni, includendo “impegni sanzionabili in linea con l’Accordo di Parigi” del 2015. Nella logica di favorire tutto ciò che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi ambientali e climatici “prevenendo, limitando, minimizzando o rimediando ai danni ambientali all’acqua, all’aria e al suolo”, sarà facilitato il commercio e gli investimenti in beni, servizi e tecnologie a basse emissioni di carbonio, a partire dall’azzeramento delle tariffe su energie rinnovabili e prodotti ad alta efficienza energetica.
    A questo si riconnette il capitolo sull’energia e le materie prime, che specifica l’eliminazione delle restrizioni all’esportazione di beni energetici, rinnovabili incluse. L’intesa “vieta i monopoli”, ma anche l’intervento “ingiustificato” nella determinazione dei prezzi e la doppia tariffazione (in cui i prezzi all’esportazione vengono fissati al di sopra dei prezzi interni). Saranno invece promossi il commercio e gli investimenti per le energie rinnovabili e i prodotti ad alta efficienza energetica, “affrontando le principali barriere non tariffarie specifiche per ogni tecnologia”: accesso non discriminatorio alla rete, utilizzo da parte di un’autorità di regolamentazione indipendente, bilanciamento dei mercati e promozione della cooperazione su standard comuni.
    Di rilievo è anche la parte dell’accordo riservata alla sfera digitale e alla proprietà intellettuale. Saranno facilitati i flussi di dati transfrontalieri, vietando i requisiti “ingiustificati” di localizzazione dei dati e mantenendo il livello di protezione dei dati personali secondo il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’UE, “che contribuisce in modo significativo alla fiducia nell’ambiente digitale”. In questo modo le imprese potranno contare sulla “prevedibilità e certezza del diritto” e i cittadini comunitari e neozelandesi su “un ambiente online sicuro” nel momento in cui effettuano transazioni commerciali digitali a livello transfrontaliero. Per quanto riguarda le disposizioni in materia di proprietà intellettuale, saranno protetti il diritto d’autore, i marchi, i disegni e i modelli industriali, con un aumento degli standard accettati da Wellington: 20 anni per i diritti di autori, esecutori e produttori di registrazioni sonore e 15 anni per disegni e modelli registrati.

    La Commissione Europea e il governo guidato da Jacinda Ardern hanno siglato un’intesa sull’eliminazione dei dazi sulle rispettive esportazioni industriali e alimentari. Ma è anche la prima a prevedere sanzioni in caso di “violazione sostanziale” dell’Accordo sul clima di Parigi

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    I leader del G7 si coordinano per sostenere l’Ucraina e per affrontare le crisi di insicurezza alimentare ed energetica

    Bruxelles – Unione Europea, Stati Uniti e G7, i leader delle maggiori economie mondiali scendono in campo a sostenere l’Ucraina e a cercare soluzioni coordinate alle crisi scatenate dall’invasione russa in Ucraina: alimentare ed energetica, in primis. “Continueremo a coordinare gli sforzi per soddisfare le urgenti esigenze” di Kiev “in termini di equipaggiamento militare e di difesa”, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader G7 in Baviera, a Schloss Elmau. Il coordinamento riguarderà “la fornitura di materiale, l’addestramento e il supporto logistico, di intelligence ed economico per costruire le forze armate ucraine”, hanno messo in chiaro i leader di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti, insieme alla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e del Consiglio, Charles Michel.
    Il vertice dei leader del G7 a Schloss Elmau, Baviera (27 giugno 2022)
    A livello internazionale c’è l’intenzione di “rimanere fermi nel nostro impegno verso le misure di sanzioni coordinate senza precedenti” in risposta all’invasione russa, “il cui impatto si aggraverà nel tempo”. Sul regime di Putin sarà intensificata la pressione economica e politica – ma anche “sui suoi sostenitori in Bielorussia” – per privare il Cremlino dei mezzi economici per continuare la guerra in Ucraina: “Continueremo a utilizzare in modo mirato le sanzioni coordinate per tutto il tempo necessario, agendo all’unisono in ogni fase”, hanno concordato i leader del G7. L’uso delle misure restrittive contro Mosca “è in difesa dell’ordine internazionale basato sulle regole”, che il Cremlino ha violato “in modo così eclatante”.
    Sul capitolo della sicurezza alimentare, le conclusioni sottolineano “l’unione e la determinazione” nel sostenere l’Ucraina “nella produzione e nell’esportazione di grano, olio e altri prodotti agricoli”, percuotendo allo stesso tempo “iniziative coordinate che stimolino la sicurezza alimentare globale e affrontino le cause dell’evoluzione della crisi alimentare mondiale”. I leader del G7 hanno intimato al Cremlino di cessare “senza condizioni” gli attacchi alle infrastrutture agricole e di trasporto dei cereali, oltre a “consentire il libero passaggio delle spedizioni dai porti ucraini nel Mar Nero”. L’aggressione armata russa – “caratterizzata da bombardamenti, blocchi e furti” – in questi mesi ha “gravemente impedito” a Kiev di esportare prodotti agricoli “e sta ostacolando la sua capacità di produzione”, con “forti aumenti dei prezzi e l’aumento dell’insicurezza alimentare globale per milioni di persone“. Una situazione che il presidente Michel, ha definito un “missile alimentare lanciato dalla Russia contro i più vulnerabili”, dopo il confronto con il presidente del Senegal e dell’Unione Africana, Macky Sall: “Sostengo personalmente il suo appello perché l’UA diventi membro del G20”, ha spiegato in un tweet, sottolineando la necessità di “ripetere con l’Africa ciò che abbiamo fatto con i vaccini”, ovvero “sostenere la produzione locale di fertilizzanti sostenibili per migliorare la produzione”.

    Food missile launched by Russia against most vulnerable.
    Let’s repeat with Africa what we did on vaccines.
    Support local manufacturing of sustainable fertilisers and other inputs to enhance production.
    I personally back call of @Macky_Sall for #AU to become member of @g20org pic.twitter.com/9O6AQ3Rcm6
    — Charles Michel (@CharlesMichel) June 27, 2022

    Ma è l’energia a occupare il nucleo centrale delle discussioni tra i leader del G7 sulle conseguenze dell’aggressione russa in Ucraina. In un incontro aperto anche ad Argentina, India, Indonesia, Senegal e Sudafrica, è stato concordato l’obiettivo di “esplorare le opzioni per decarbonizzare il mix energetico e accelerare la transizione dalla dipendenza dai combustibili fossili“. A questo si aggiunge la “rapida espansione” delle fonti energetiche pulite e rinnovabili e l’efficienza energetica: tutti sforzi che includono la “graduale riduzione del carbone e l’aumento della quota di energie rinnovabili nel mix energetico”. Alla base dell’accordo globale c’è la collaborazione “con particolare attenzione” alle riforme delle politiche energetiche per “accelerare la decarbonizzazione delle economie verso l’azzeramento delle emissioni“, garantendo allo stesso tempo “l’accesso universale a un’energia sostenibile e a prezzi accessibili e offrendo benefici socioeconomici e opportunità di sviluppo in linea con l’Agenda 2030”.
    Discussioni che riguardano da vicino l’Unione Europea e, per questo motivo, si è rafforzata l’intesa con il maggiore tra i partner, gli Stati Uniti del presidente Joe Biden. Nella dichiarazione congiunta firmata dalla presidente von der Leyen è stato messo nero su bianco che Bruxelles e Washington intensificheranno gli sforzi per “ridurre ulteriormente le entrate della Russia derivanti dall’energia nei prossimi mesi“, ma anche per “ridurre la dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi, diminuendo la domanda di gas naturale, cooperando sulle tecnologie di efficienza energetica e diversificando le forniture”. Una risposta coordinata che passa dalla task force Ue-Stati Uniti sulla sicurezza energetica europea (istituita lo scorso 25 marzo), per rispondere al “continuo utilizzo del gas naturale come arma politica ed economica“, che “ha esercitato pressioni sui mercati energetici, aumentato i prezzi per i consumatori e minacciato la sicurezza energetica globale”.

    Discussion with our G7 partners on climate and health.
    Climate change affects us all. So we must maintain our ambitious climate goals. This requires close, inclusive international coordination.
    Renewables will play a key role in ensuring both ambition and security of supply. pic.twitter.com/huxchi37a8
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) June 27, 2022

    Al centro del vertice G7 a Schloss Elmau (Baviera) il proseguo degli sforzi internazionali per rispondere alle conseguenze della guerra russa contro Kiev, che si stanno ripercuotendo in particolare sul continente europeo e africano: “Rimaniamo fermi nel nostro impegno”